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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF METALCO BT. v. HUNGARY

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 06, P1-1
Numero: 34976/05/2011
Stato: Ungheria
Data: 2011-02-01 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1; Violazione dell’ Art. 6-1; danno patrimoniale e non-patrimoniale – assegnazione
SECONDA SEZIONE
CAUSA METALCO BT. C. UNGHERIA
(Richiesta n. 34976/05)
SENTENZA
STRASBOURG
1 febbraio 2011
Questa sentenza diverrà definitiva nelle circostanze esposte nell’Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Metalco Bt. c. Ungheria,
La Corte europea dei Diritti umani (Seconda Sezione), riunendosi in una Camera, composta da:
Françoise Tulkens, Presidente, Danutë Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, Kristina Pardalos, Guido Raimondi, giudici,
e Stanley Naismith, Cancelliere di Sezione,
Avendo deliberato in privato l’11 gennaio 2011,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da una richiesta (n. 34976/05) contro la Repubblica dell’Ungheria depositata presso la Corte sotto l’Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) con un’associazione limitata ungherese, al momento sotto la liquidazione, M. Bt. “f. a.” (“la richiedente”), il 10 settembre 2005.
2. La richiedente fu rappresentata dal Sig. J. D., il suo proprietario e capo ufficiale esecutivo. Il Governo ungherese (“il Governo”) fu rappresentato dal Sig. L. Höltzl, Agente, Ministero dell’Amministrazione pubblica e della Giustizia.
3. La richiedente si lamentò che il suo contenzioso con l’ Autorità Fiscale durata un tempo irragionevolmente lungo, era ingiusta e ha dato luogo alla perdita del valore della sua quota sostenuta in un’altra società. Si appellò all’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 e all’ Articolo 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 30 marzo 2009 il Presidente della Seconda Sezione decise di dare avviso della richiesta al Governo. Fu deciso anche di decidere sull’ammissibilità e i meriti della richiesta allo stesso tempo (Articolo 29 § 1).
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
5. La richiedente è una società a responsabilità limitata sotto liquidazione, con sede a Pécs.
6. Nel 1996 l’ Autorità Fiscale stabilì che la richiedente doveva dei circa milioni di forint ungheresi (HUF) in tasse insolute. Il 10 aprile 1997 per garantire questa rivendicazione, sequestrò una quota del 100% che la richiedente aveva in un’altra società che valeva nominalmente HUF 103 milioni. Consapevole della propria intenzione della richiedente di vendere la quota il 30 giugno 1997, la Autorità Fiscale impedì l’operazione ma non procedette a venderla all’asta all’interno del termine legale massimo di due – mesi o dopo.
7. Nella conseguente procedura amministrativa della durata di due anni, il debito di imposta del richiedente fu infine annullato, ed il bene sbloccato. Comunque, entro quel tempo la società della quale faceva parte la quota era stata liquidata -dal luglio 1997-e la quota aveva perso insieme il suo valore.
8. In un certo momento del 1999 la richiedente ha citato l’ Autorità Fiscale per danni. Il 12 dicembre 2000 Corte Regionale e Provinciale di Baranya gli assegnò HUF 103 milioni. Il 13 giugno 2002 la Corte Suprema annullò questa decisione. Il 3 giugno 2003 la Corte Regionale si espresse di nuovo a favore del querelante.
9. Il 6 maggio 2004 la Corte d’appello di Pécs invertì questa sentenza su ricorso, e respinse l’azione del richiedente. Sostenne essenzialmente che non c’era stato collegamento causale fra l’omissione illegale della Autorità Fiscale nel tenere una vendita all’asta per vendere il bene sequestrato entro due mesi dal suo sequestro, come richiesto dalla sezione 116(1) dell’ Atto sull’ Esecuzione del 1994, ed il danno che la querelante aveva subito. Nella prospettiva della corte, l’onere della prova per mostrare che c’era stata una vendita tempestiva all’asta con cui la quota avrebbe potuto essere venduta con successo ad un acquirente con la liquidità richiesta spettava al richiedente. Comunque, la richiedente non è riuscita a provare questa asserzione. La corte osservò che l’acquirente suggerito dalla richiedente non aveva mai avuto, secondo i suoi libri contabili, il capitale occorrente per l’acquisizione; che la società di cui faceva parte la quota aveva perso tutto il suo proprio capitale dal primo 1997 ed era in liquidazione dal luglio 1997; e che il suo direttore era stato dichiarato colpevole di fallimento fraudolento.
10. Il 16 marzo 2005 la Corte Suprema respinse il ricorso della richiedente per revisione. Questa decisione fu notificata il 22 aprile 2005. La richiesta della richiedente per una re-apertura fu inutile.
LA LEGGE
I. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1
11. La richiedente si lamentò sotto l’Articolo 1 del Protocollo sotto N.ro 1 che la procedura delle autorità ungheresi aveva dato luogo alla perdita del valore della sua quota posseduta in un’altra società, del valore in origine di HUF 103 milioni.
L’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 recita come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, le disposizioni precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire simili leggi come ritiene necessario per controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
12. Il Governo contestò quell’argomento.
A. Ammissibilità
13. La Corte nota che questa azione di reclamo non è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile per qualsiasi altro motivo. Deve essere dichiarata perciò ammissibile.
B. Meriti
14. Il Governo presentò che l’interferenza col diritto della richiedente alla protezione della proprietà era basata sulla legge ed era stata intrapresa nell’interesse generale di garantire la raccolta dei debiti di imposta insoluti. Era stato inoltre necessaria ed era stata proporzionata in quanto la quota posseduta dalla richiedente era stato sequestrata per mancanza di altri asset sequestrabili. Nella sua prospettiva, la richiedente non era stata in grado di mostrare che il sequestro, nel suo valore aveva ecceduto significativamente l’importo dovuto; perciò, la misura non poteva essere riguardata come eccessiva.
15. La richiedente presentò che il sequestro di un valore di un asset pari a HUF 103 milioni non poteva essere giustificato con l’asserzione di un debito di imposta di HUF 10 milioni, specialmente poiché quest’ultimo fu infine annullato dall’ Autorità Fiscale. In qualsiasi caso, la rivendicazione avrebbe potuto essere garantita prendendo altri asset o ammettendo il pagamento della richiedente a rate. Inoltre, se la vendita della quota congelata fosse stata autorizzata o la sua vendita all’asta fosse stata eseguita dall’ Autorità Fiscale come richiesto dalla legge, la richiedente avrebbe potuto recuperare il suo valore che comunque era stato perso completamente a causa dell’omissione illegale dell’ Autorità Fiscale. La misura era perciò ingiustificata e sproporzionata.
16. La Corte reitera che l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 garantisce in sostanza il diritto di proprietà. Comprende tre articoli distinti. Il primo che è espresso nella prima frase del primo paragrafo ed è di natura generale, fissa il principio del godimento tranquillo della proprietà. Il secondo, nella seconda frase dello stesso paragrafo copre la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni. Il terzo, contenuto nel secondo paragrafo riconosce che agli Stati Contraenti è concesso il controllo dell’uso della proprietà in conformità con l’interesse generale o per garantire il pagamento di tasse o di altri contributi o sanzioni penali. Comunque, i tre articoli non sono “distinti” nel senso di essere distaccati: il secondo e il terzi articolo riguardano particolari istanze di interferenza col diritto al godimento tranquillo della proprietà e dovrebbero essere costruiti perciò alla luce del principio generale enunciato nel primo articolo (Gasus Dosier – und Fördertechnik GmbH c. Paesi Bassi, 23 febbraio 1995, § 55 Serie A n. 306-B). Queste forme di interferenza devono attenersi col principio della legalità e devono perseguire uno scopo legittimo tramite mezzi ragionevolmente proporzionati allo scopo che si cerca di raggiungere (Bäck c. Finlandia, n. 37598/97, § 52 ECHR 2004-VIII).
17. Nella presente causa, la Corte osserva che la Autorità Fiscale sequestrò la quota posseduta dal richiedente per garantire un debito di imposta. Di certo quindi la misura era tesa così a garantire il pagamento delle tasse, ai fini del secondo paragrafo dell’ Articolo 1 (vedere Gasus Dosier -und Fördertechnik, citata sopra, § 66 in fine). Comunque, tale interferenza sarà intesa come una violazione di questo Articolo a meno non sia legale e ragionevolmente proporziona allo scopo perseguito. La Corte non considera necessario esaminare se la misura era proporzionata o meno in termini quantitativi, perché in qualsiasi caso costituì una violazione del principio della legalità per le seguenti ragioni. La Corte osserva la posizione della Corte d’appello per cui l’ Autorità Fiscale era stata sotto l’ obbligo legale di sostenere una vendita all’asta per vendere il bene sequestrato entro due mesi dal suo sequestro (vedere paragrafo 9 sopra). Per la Corte, questo obbligo formava una parte integrante della legalità dell’interferenza in oggetto, servendo allo stesso modo sia gli interessi del debitore che del creditore. Secondo le sentenze delle corti nazionali, la vendita richiesta sotto la legge non ebbe comunque mai luogo, e questo corrispose ad un’omissione illegale da parte dello Stato per cui la responsabilità da atto illecito di quest’ultimo non fu mai stabilita solamente perché il danno subito non poteva essere provato (vedere anche paragrafo 24 sotto). Ne segue che la confisca continuata dopo quel periodo non può essere considerata legale.
18. Le precedenti considerazioni sono sufficienti per permettere alla Corte di concludere che c’è stata una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1.
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE EQUITÀ DEI PROCEDIMENTI)
19. La richiedente si lamentò anche che i susseguenti procedimenti civili erano ingiusti in quanto era stata costretta a provare un elemento impossibile nelle circostanze, vale a dire che se avesse avuto luogo una vendita all’asta, ci sarebbe stato un acquirente solvibile per acquistare la quota aziendale in oggetto. Si appellò all’ Articolo 6 § 1 della Convenzione che prevede come segue nella sua parte attinente:
“ Nella determinazione dei suoi diritti civili ed obblighi… ognuno è abilitato ad un’udienza corretta… all’interno di un termine ragionevole…da[un] … tribunale …”
20. Il Governo contestò quell’argomento.
A. Ammissibilità
21. La Corte nota che questa azione di reclamo non è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile per qualsiasi altro motivo. Deve essere dichiarata perciò ammissibile.
B. Meriti
22. Il Governo presentò che, nei procedimenti civili l’onere di provare un certo fatto generalmente viene imposto alla parte il cui interesse è che la corte debba accettarlo come vero. La richiedente aveva introdotto un’azione adducendo che una quota aziendale da lei posseduta, del valore di HUF 103 milioni, aveva perso il suo valore come risultato di un’omissione illegale da parte dell’ Autorità Fiscale. Non si poteva dire che la Corte d’appello avesse violato il diritto della richiedente ad un’udienza corretta, poiché aveva avuto delle buon ragioni per ordinare alla richiedente di provare l’importo del prezzo di acquisto che avrebbe potuto ottenere per la quota se fosse stata venduta entro o fuori dalla procedura di esecuzione. Era in dubbio se sotto le circostanze di mercato ungheresi una quota commerciale acquistata per HUF 32 milioni nel 1993 avrebbe potuto essere venduta ad un prezzo tre volte più alto quando nel frattempo nessun investimento o aumento di equity era stato effettuato. Si potrebbe presumere che anche se la quota non fosse stata sequestrata nella procedura fiscale, nessun potenziale acquirente sarebbe stato disposto a pagare HUF 103 milioni in un tempo in cui la situazione finanziaria della società di cui la quota aveva fatto parte era peggiorato significativamente. Perciò non si poteva dibattere che la perdita del valore della quota in oggetto era stata una conseguenza diretta dell’ esecuzione fiscale.
23. La richiedente dibatté che costringerla a provare ciò che non era provabile -vale a dire che se ci fosse stata una vendita all’asta un acquirente solvibile si sarebbe fatto avanti-corrispose ad una pura iniquità da parte delle corti nazionali.
24. La Corte nota che la Corte d’appello sostenne che l’onere della prova spettava alla richiedente per dimostrare che in una vendita all’asta la quota sequestrata avrebbe potuto essere venduta, ed in tal caso, poi a quale prezzo. Concorda col Governo in generalmente non è ingiusto costringere una parte ad una controversia civile provare un fatto su cui questa parte desidera appellarsi . Nella presente causa l’applicazione meccanica di questo principio condusse comunque, nella prospettiva della Corte, al non-riguardo dell’“uguaglianza delle armi”, inerente alla nozione di processo equanime all’interno del significato dell’ Articolo 6 § 1. Nella prospettiva della Corte, era precisamente la stessa omissione illegale dell’ Autorità Fiscale rispondente per sostenere una vendita all’asta (vedere paragrafi 9 e 17 sopra) che impedì alla richiedente di accertare e provare il valore della quota sequestrata. La Corte non può speculare sul valore di mercato effettivo della quota in questione o sul e opportunità di venderla ad un acquirente solvibile di fronte alle difficoltà finanziarie sperimentate dalla società di cui faceva parte. È soddisfatto nell’osservare che a causa di un’omissione illegale da parte dell’autorità rispondente alla richiedente fu richiesto di provare un fatto ipotetico. Per la Corte, la frustrazione delle rivendicazioni della richiedente in questo modo non può, come questione di processo equanime, essere approvata. Ne segue che c’è stata una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE (LUNGHEZZA DEI PROCEDIMENTI)
25. La richiedente si lamentò inoltre che i procedimenti erano durati un tempo irragionevolmente lungo. Il Governo contestò quell’argomento.
26. La Corte nota che la causa iniziò in un certo momento del 1999 e terminò nell’ aprile 2005. Durò perciò approssimativamente sei anni per tre istanze di corte.
27. La Corte nota che questa azione di reclamo non è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile per qualsiasi altro motivo. Deve essere dichiarata perciò ammissibile.
28. Avendo riguardo alle sue costatazioni a riguardo dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere paragrafo 24 sopra), la Corte considera che non è necessario esaminare separatamente questa azione di reclamo.
IV. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
29. L’Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno
30. La richiedente chiese complessivamente 224,000 euro (EUR) più interessi maturati a riguardo del danno non-patrimoniale subito perché i suoi diritti sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione furono violati. Inoltre, chiese EUR 385,000 più interessi maturati a riguardo del danno patrimoniale perché i suoi diritti sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 furono violati. Quest’ultimo importo dovrebbe corrispondere al valore della quota divenuta priva di valore, cioè. HUF 103,080,000.
31. Il Governo contestò queste rivendicazioni.
32. La Corte considera appropriato assegnare, su una base equa, EUR 50,000 alla richiedente sotto tutti i capi.
B. Costi e spese
33. La richiedente non fece richiesta per costi.
C. Interesse di mora
34. La Corte lo considera appropriato che l’interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a che dovrebbe essere aggiunto tre punti di percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Sostiene che c’è stata una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione;
3. Sostiene che c’è stata una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione a causa dell’iniquità dei procedimenti;
4. Sostiene che non è necessario esaminare separatamente l’azione di reclamo della richiedente della lunghezza dei procedimenti;
5. Sostiene
(a) che lo Stato rispondente deve pagare la richiedente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’Articolo 44 § 2 della Convenzione EUR 50,000 (cinquanta mila euro), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile, a riguardo del danno patrimoniale e non-patrimoniale da convertire in forint ungheresi al tasso applicabile in data dell’ accordo;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo l’interesse semplice sarà pagabile sull’importo sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;
6. Respinge il resto della rivendicazione del richiedente per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 1 febbraio 2011, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento di Corte.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation of P1-1 ; Violation of Art. 6-1 ; Pecuniary and non-pecuniary damage – award
SECOND SECTION
CASE OF METALCO BT. v. HUNGARY
(Application no. 34976/05)
JUDGMENT
STRASBOURG
1 February 2011
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Metalco Bt. v. Hungary,
The European Court of Human Rights (Second Section), sitting as a Chamber composed of:
Françoise Tulkens, President,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, judges,
and Stanley Naismith, Section Registrar,
Having deliberated in private on 11 January 2011,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 34976/05) against the Republic of Hungary lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by a Hungarian limited partnership, presently under liquidation, M. Bt. “f. a.” (“the applicant”), on 10 September 2005.
2. The applicant was represented by Mr J. D., its owner and chief executive officer. The Hungarian Government (“the Government”) were represented by Mr L. Höltzl, Agent, Ministry of Public Administration and Justice.
3. The applicant complained that its litigation with the Tax Authority lasted an unreasonably long time, was unfair and resulted in the loss of the value of its share held in another company. It relied on Article 1 of Protocol No. 1 and Article 6 § 1 of the Convention.
4. On 30 March 2009 the President of the Second Section decided to give notice of the application to the Government. It was also decided to rule on the admissibility and merits of the application at the same time (Article 29 § 1).
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
5. The applicant is a limited partnership under liquidation, with its seat in Pécs.
6. In 1996 the Tax Authority established that the applicant owed some 10 million Hungarian forints (HUF) in outstanding taxes. To secure this claim, on 10 April 1997 it attached a 100%-share the applicant had in another company, which was nominally worth over HUF 103 million. Aware of the applicant’s own intention to sell the share by 30 June 1997, the Tax Authority forbade the transaction but did not proceed to auctioning it within the statutory two-month deadline or afterwards.
7. In the ensuing two-year-long administrative procedure, the applicant’s tax debt was eventually cancelled and the asset unfrozen. However, by that time the company in which the share belonged had been liquidated – as of July 1997 – and the share had lost its value altogether.
8. Some time in 1999 the applicant sued the Tax Authority for damages. On 12 December 2000 the Baranya County Regional Court awarded it HUF 103 million. On 13 June 2002 the Supreme Court quashed this decision. On 3 June 2003 the Regional Court again found for the plaintiff.
9. On appeal, on 6 May 2004 the Pécs Court of Appeal reversed this judgment and rejected the applicant’s action. It held in essence that there had been no causal link between the Tax Authority’s unlawful omission to hold an auction to sell the attached asset within two months from its attachment, as required by section 116(1) of the Enforcement Act 1994, and the damage the plaintiff had sustained. In the court’s view, the burden of proof to show that had there been a timely auction the share could have successfully been sold to a buyer with the requisite liquidity lay with the applicant. However, the applicant could not prove this assertion. The court observed that the buyer suggested by the applicant had never had, according to its books, the capital needed for the acquisition; that the company in which the share belonged had lost all its own capital by early 1997 and been in liquidation as of July 1997; and that its manager had been convicted of fraudulent bankruptcy.
10. On 16 March 2005 the Supreme Court dismissed the applicant’s petition for review. This decision was served on 22 April 2005. The applicant’s request for a re-opening was to no avail.
THE LAW
I. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL NO. 1
11. The applicant complained under Article 1 of Protocol No. 1 that the procedure of the Hungarian authorities had resulted in the loss of the value of its share held in another company, originally worth over HUF 103 million.
Article 1 of Protocol No. 1 reads as follows:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
12. The Government contested that argument.
A. Admissibility
13. The Court notes that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
14. The Government submitted that the interference with the applicant’s right to protection of property had been based on law and pursued the general interest of securing the collection of outstanding tax debts. It had moreover been necessary and proportionate in that the share held by the applicant had been attached for want of other seizable assets. In their view, the applicant had not been able to show that the attachment, in its value, had significantly exceeded the amount it had owed; therefore, the measure could not be regarded as excessive.
15. The applicant submitted that the attachment of an asset worth over HUF 103 million could not be justified by the assertion of a tax debt of HUF 10 million, especially since the latter was eventually cancelled by the Tax Authority. In any event, the claim could have been secured by seizing other assets or allowing the applicant payment in instalments. Moreover, had the sale of the frozen share been authorised or its auction executed by the Tax Authority as was required by the law, the applicant could have recovered its value which had however been entirely lost due to the Tax Authority’s unlawful omission. The measure was therefore unjustified and disproportionate.
16. The Court reiterates that Article 1 of Protocol No. 1 guarantees in substance the right of property. It comprises three distinct rules. The first, which is expressed in the first sentence of the first paragraph and is of a general nature, lays down the principle of peaceful enjoyment of property. The second, in the second sentence of the same paragraph, covers deprivation of possessions and makes it subject to certain conditions. The third, contained in the second paragraph, recognises that the Contracting States are entitled to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties. However, the three rules are not “distinct” in the sense of being unconnected: the second and third rules are concerned with particular instances of interference with the right to peaceful enjoyment of property and should therefore be construed in the light of the general principle enunciated in the first rule (Gasus Dosier- und Fördertechnik GmbH v. the Netherlands, 23 February 1995, § 55, Series A no. 306-B). Those forms of interference must comply with the principle of lawfulness and pursue a legitimate aim by means reasonably proportionate to the aim sought to be realised (Bäck v. Finland, no. 37598/97, § 52, ECHR 2004-VIII).
17. In the present case, the Court observes that the Tax Authority attached the share held by the applicant in order to secure a tax debt. It is satisfied that the measure thus aimed at securing the payment of taxes, for the purposes of the second paragraph of Article 1 (see Gasus Dosier- und Fördertechnik, cited above, § 66 in fine). However, such an interference will mean a violation of that Article unless it is lawful and reasonably proportionate to the aim sought. The Court does not consider it necessary to examine whether or not the measure was proportionate in quantitative terms, because in any event it constituted a violation of the principle of lawfulness for the following reasons. The Court observes the Court of Appeal’s position that the Tax Authority had been under a statutory obligation to hold an auction in order to sell the attached asset within two months from its attachment (see paragraph 9 above). For the Court, this obligation formed an integral part of the lawfulness of the interference in question, equally serving the interests of debtor and creditor. However, according to the findings of the domestic courts, the sale required under the law never took place, and this amounted to an unlawful omission on the part of the State, for which the latter’s tort liability was not established only because the damage sustained could not be proven (see also paragraph 24 below). It follows that the continued seizure after that period cannot be considered lawful.
18. The foregoing considerations are sufficient to enable the Court to conclude that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1.
II. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 § 1 OF THE CONVENTION (FAIRNESS OF THE PROCEEDINGS)
19. The applicant also complained that the subsequent civil proceedings were unfair in that it had been required to prove an element impossible in the circumstances, namely that had an auction taken place, there would have been a solvent buyer to purchase the business share in question. It relied on Article 6 § 1 of the Convention which provides as relevant:
“In the determination of his civil rights and obligations … everyone is entitled to a fair … hearing within a reasonable time… by [a] … tribunal …”
20. The Government contested that argument.
A. Admissibility
21. The Court notes that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
22. The Government submitted that, in civil proceedings generally, the onus to prove a certain fact lay with that party in whose interest it was that the court should accept it as true. The applicant had brought an action alleging that a business share held by it, worth HUF 103 million, had lost its value as a result of an unlawful omission on the part of the Tax Authority. The Court of Appeal could not be said to have violated the applicant’s right to a fair hearing since it had had good reasons for ordering the applicant to prove the amount of the purchase price which it could have obtained for the share had it been sold within or outside the enforcement procedure. It was doubtful whether under Hungarian market circumstances a business share purchased for HUF 32 million in 1993 could have been sold at a price three times higher when no meantime investment or equity raise had been put in place. It could be presumed that even if the share had not been attached in the tax procedure, no potential buyer would have been willing to pay over HUF 103 million at a time when the financial situation of the company in which the share had belonged had significantly worsened. Therefore it could not be argued that the loss of the value of the share in question had been a direct consequence of tax enforcement.
23. The applicant argued that to require it to prove the improvable – namely that had there been an auction a solvent buyer would have come forth – amounted to genuine unfairness on the part of the domestic courts.
24. The Court notes that the Court of Appeal held that the burden of proof was on the applicant to show that in an auction the attached share could have been sold, and if so, then at which price. It agrees with the Government in that generally it is not unfair to require a party to civil litigation to prove a fact which that party wishes to rely on. However, in the Court’s view, in the instant case the mechanical application of this principle led to the non-respect of “equality of arms”, inherent in the notion of fair trial within the meaning of Article 6 § 1. In the Court’s view, it was precisely the respondent Tax Authority’s own unlawful omission to hold an auction (see paragraphs 9 and 17 above) that prevented the applicant from ascertaining and proving the value of the attached share. The Court cannot speculate about the actual market value of the share at issue or the chances of selling it to a solvent buyer in the face of the financial difficulties experienced by the company in which it belonged. It is satisfied with observing that due to an unlawful omission on the part of the respondent authority the applicant was demanded to prove a hypothetical fact. For the Court, the frustration of the applicant’s claims in this manner cannot, as a matter of fair trial, be endorsed. It follows that there has been a violation of Article 6 § 1 of the Convention.
III. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 § 1 OF THE CONVENTION (LENGTH OF THE PROCEEDINGS)
25. The applicant further complained that the proceedings had lasted an unreasonably long time. The Government contested that argument.
26. The Court notes that the litigation started some time in 1999 and ended in April 2005. It therefore lasted approximately six years for three court instances.
27. The Court notes that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
28. Having regard to its findings in respect of Article 6 § 1 of the Convention (see paragraph 24 above), the Court considers that it is not necessary to examine this complaint separately.
IV. APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
29. Article 41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
A. Damage
30. The applicant claimed altogether 224,000 euros (EUR) plus accrued interests in respect of non-pecuniary damage sustained because its rights under Article 6 § 1 of the Convention were violated. Moreover, it claimed EUR 385,000 plus accrued interests in respect of pecuniary damage because its rights under Article 1 of Protocol No. 1 were violated. The latter amount should correspond to the value of the share which became worthless, i.e. HUF 103,080,000.
31. The Government contested these claims.
32. The Court considers it appropriate to award, on an equitable basis, EUR 50,000 to the applicant under all heads.
B. Costs and expenses
33. The applicant made no costs claim.
C. Default interest
34. The Court considers it appropriate that the default interest should be based on the marginal lending rate of the European Central Bank, to which should be added three percentage points.
FOR THESE REASONS, THE COURT UNANIMOUSLY
1. Declares the application admissible;
2. Holds that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention;
3. Holds that there has been a violation of Article 6 § 1 of the Convention on account of the unfairness of the proceedings;
4. Holds that it is not necessary to examine the applicant’s complaint about the length of the proceedings separately;
5. Holds
(a) that the respondent State is to pay the applicant, within three months from the date on which the judgment becomes final in accordance with Article 44 § 2 of the Convention, EUR 50,000 (fifty thousand euros), plus any tax that may be chargeable, in respect of pecuniary and non-pecuniary damage, to be converted into Hungarian forints at the rate applicable at the date of settlement;
(b) that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amount at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period plus three percentage points;
6. Dismisses the remainder of the applicant’s claim for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 1 February 2011, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Registrar President

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

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La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 13/12/2024