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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF MATEI AND TUTUNARU v. MOLDOVA

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 19246/03/2009
Stato: Moldova
Data: 2009-10-27 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

QUARTA SEZIONE
CAUSA MATEI E TUTUNARU C. MOLDAVIA
(Richiesta n. 19246/03)
SENTENZA
STRASBOURG
27 ottobre 2009
Questa sentenza diverrà definitiva nelle circostanze esposte nell’ Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Matei e Tutunaru c. Moldavia,
La Corte europea di Diritti umani (quarta Sezione), riunendosi che come una Camera, composta da:
Nicolas Bratza, Presidente, Lech Garlicki, Ljiljana Mijović, David Thór Björgvinsson, Ján Šikuta, Päivi Hirvelä, Mihai Poalelungi, giudici,
e Fatoş Aracı, Cancelliere di Sezione Aggiunto,
Avendo deliberato in privato il 6 ottobre 2009,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da una richiesta (n. 19246/03) contro la Repubblica della Moldavia depositata presso la Corte sotto Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da due cittadini Moldavi, il Sig. C. M. e la Sig.ra E. T. (“i richiedenti”), il 7 marzo 2003.
2. I richiedenti sono stati rappresentati dalla Sig.ra N. M., un avvocato che pratica a Chişinău. Il Governo Moldavo (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo Agente al tempo, il Sig. V. Pârlog.
3. I richiedenti addussero, in particolare, che i procedimenti nella loro causa erano stati smodatamente lunghi e che loro avevano perso i loro diritti di proprietà a parte della loro società come risultato di sentenze nazionali arbitrarie che includevano l’annullamento di una sentenza definitiva a loro favore.
4. L’ 8 dicembre 2004 il Presidente della quarta Sezione decise di dare avviso della richiesta al Governo. Fu deciso anche di esaminare i meriti della richiesta allo stesso tempo della sua ammissibilità (Articolo 29 § 3 della Convenzione).
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
5. I richiedenti sono entrambi nati nel 1951 e vivono rispettivamente a Ialoveni e Vorniceni.
6. I fatti della causa, come presentati dalle parti, possono essere riassunti come segue.
A. I procedimenti prima della richiesta per annullamento
7. Nel luglio 1987 i richiedenti e molte altre persone fondarono un’associazione commerciale (‘l’Associazione’). Dopo che gli altri membri dell’Associazione se ne andarono, i due richiedenti rimasero i suoi soli membri. Nel 1989 l’Associazione assunse tre altre persone secondo i richiedenti, (“gli impiegati”) che si licenziarono successivamente nel 1992. Secondo il Governo, loro erano divenuti membri dell’Associazione nel 1989.
8. Nel dicembre 1992 i richiedenti trasformarono l’Associazione in una società a responsabilità limitata. La società recentemente registrata mantenne il suo vecchio nome-V..
9. Il 1 giugno 1993 uno degli impiegati iniziò atti contro i richiedenti rivendicando si essere stato un membro dell’Associazione e richiedendo l’annullamento della trasformazione in una società a responsabilità limitata. Lui chiese anche la sua parte dei beni dell’Associazione. I due altri impiegati iniziarono procedimenti identici il 16 agosto 1994. Le cause furono congiunte.
10. Nel 1995 la Corte distrettuale di Botanica ammise i loro ricorsi. La Corte Suprema di giustizia sostenne quella sentenza. Il 27 novembre 1995 la Corte Suprema ed Assoluta di giustizia annullò quella sentenza ed ordinò un pieno riesame della causa.
11. Il 3 ottobre 1997 la Corte distrettuale di Botanica respinse le rivendicazioni degli impiegati. Il 22 gennaio 1998 la Corte Regionale di Chişinău sostenne quella sentenza. Il 10 settembre 1998 anche la Corte d’appello sostenne quella sentenza che poi divenne definitiva.
B. I procedimenti che seguono la richiesta per annullamento
12. In una data non specificata l’Accusatore Generale registrò una richiesta per l’annullamento di tutte le sentenze precedenti e perché le rivendicazioni contro i richiedenti venissero accordate in pieno. Il 26 gennaio 2000 la Corte di giustizia Suprema sostenne questa richiesta ed annullò le sentenze summenzionate. Ordinò un pieno riesame della causa.
13. Il 27 novembre 2001 la Corte distrettuale di Buiucani dichiarò priva di valore legale la trasformazione dell’Associazione in una società a responsabilità limitata. Benché gli impiegati fossero stati assunti dall’Associazione, la corte trovò che loro avevano preso parte al processo decisionale ed avevano fatto contributi finanziari ai beni comuni dell’Associazione. Di conseguenza, la corte considerò che gli impiegati avrebbero dovuto essere riconosciuti come essendo stati membri dell’Associazione. La corte ordinò “la distribuzione dei beni dell’associazione ‘V.’, situata al 99 di Decebal str. a Chişinău” fra i richiedenti e gli impiegati, ottenendo ognuno dei due gruppi i vari articoli (attrezzatura di produzione, macchine ed attrezzatura di ufficio) del bene comune. La corte specificò anche che “l’edificio del mercato ‘V.’” sarebbe dovuto rimanere di proprietà dei richiedenti.
14. L’ 11 aprile 2002 la Corte Regionale di Chişinău ha annullato questa sentenza e ne ha adottata una nuova con cui ha respinto tutte le rivendicazioni contro i richiedenti. Il 12 settembre 2002 la Corte d’appello annullò la sentenza della Corte Regionale di Chişinău e sostenne la sentenza della Corte distrettuale di Buiucani drl 27 novembre 2001 (s favore degli impiegati). Questa sentenza divenne definitiva.
C. Procedimenti di Esecuzione
1. Esecuzione della sentenza del 27 novembre 2007
15. Il 21 febbraio 2003 un ufficiale giudiziario ricevette un mandato per l’esecuzione della sentenza del 27 novembre 2001. Lo stesso giorno informò tutte le parti interessate che i beni sarebbero stati distribuiti il 26 febbraio 2003. In questa data l’ufficiale giudiziario venne ai locali di V. e procedette a distribuire alcuni dei beni, anche se i richiedenti non erano riusciti a comparire. Gli articoli che l’ufficiale giudiziario intendeva passare ai richiedenti erano immagazzinati per custodia da uno degli impiegati. I richiedenti impugnarono le azioni dell’ufficiale giudiziario in tribunale, ma il 7 aprile 2003 la Corte distrettuale di Buiucani respinse la loro azione di reclamo.
16. Il 23 giugno 2003 l’ufficiale giudiziario informò le parti che il resto dei beni sarebbe stato distribuito l’8 luglio 2003. Per ragioni ignote la piena esecuzione del madato non fu possibile in quella data ed una nuova data fu stabilita per il 23 luglio 2003.
17. Il 23 luglio 2003 l’ufficiale giudiziario riportò che uno dei richiedenti rifiutò di prendere proprietà degli articoli distribuiti a loro in conformità del mandato di esecuzione, inclusi quegli articoli già dati ad uno degli impiegati da tenere in custodia.
18. Il 24 luglio 2003 i richiedenti si lamentarono presso l’ufficio dell’ufficiale giudiziario degli eventi del giorno precedente. Loro spiegarono che loro avevano obiettato al modo in cui era stata eseguita la sentenza, in particolare di aver ricevuto la proprietà di specifiche stanze assegnata a loro dall’ufficiale giudiziario. Questi consistevano di una piccola stanza di otto metri quadrati e collocata sotto le scale appartenenti a S. un’altra società. Non erano riflessi nei documenti contabili di V. e non appartenevano a questa, mentre le altre stanze appartenenti a V. o erano state distribuite agli impiegati o non erano state distribuite affatto.
19. Il 16 ottobre 2003 il Settore dell’Esecuzione delle Decisioni del Ministero della Giustizia (“il Settore”) chiese alla Corte distrettuale di Buiucani di ordinare la restituzione del mandato di esecuzione ai richiedenti senza esecuzione, a causa del loro rifiuto di ricevere la proprietà attinente. Il 4 novembre 2003 la corte respinse questa richiesta come infondata. La corte trovò che i richiedenti non avevano rifiutato di ricevere i beni che erano stati concessi loro sotto la sentenza del 27 novembre 2001.
20. Il 18 novembre 2003 i richiedenti chiesero alla Corte distrettuale di Buiucani di spiegare come la sua sentenza del 27 novembre 2001 avrebbe dovuto essere eseguita, vale a dire, di specificare, con riferimento al piano dell’edificio, all’ indirizzo e alla misura della parte dell’edificio che avrebbe dovuto essere attribuiti a loro.
21. Il 3 marzo 2004 la Corte distrettuale di Buiucani adottò una decisione che corresse parte della sua sentenza del 27 novembre 2001, vale a dire descrivendo la misura esatta e l’ indirizzo della parte dell’edificio che avrebbe dovuto essere attribuito ai richiedenti. Aggiunse che i richiedenti avevano diritto a registrare i loro diritti di proprietà presso l’Ufficio Catastale Territoriale (“il TCO”). Uno dei richiedenti non era presente all’udienza.
22. A seguito di una richiesta da parte richiedenti che non erano stati presenti all’udienza del 3 marzo 2004, la decisione del 27 aprile 2004 che spiegava la sentenza del 27 novembre 2001 fu accantonata e la causa fu spedita per un nuovo esame.
23. Il 31 maggio 2004 la Corte distrettuale di Buiucani decise che la sentenza del 27 novembre 2001 sarebbe stata eseguita precisamente come era stata formulata, “in conformità coi documenti e la descrizione della proprietà attinente come registrata dalle autorità attinenti.” Questa decisione fu sostenuta dalla Corte d’appello di Chisinau il 18 novembre 2004.
2. Registrazione dei diritti di proprietà dei richiedenti da parte del TCO
24. Il 18 giugno 2004 il Settore chiesto al TCO di emettere per uno dei richiedenti delle copie di documenti riguardo all’edificio della V. situato al 99 di Decebal str. a Chişinău. Sembra sia stato emesso nessun documento simile.
25. Il 3 agosto 2004 i richiedenti chiesero al TCO di registrare i loro diritti di proprietà sull’edificio di V. situato al 99 Decebal str. a Chişinău, facendo seguito alla sentenza del 27 novembre 2001 e la decisione del 31 maggio 2004. nella stessa data il TCO rifiutò la richiesta dei richiedenti e spiegò che l’archivio non conteneva tutti i documenti necessari. In particolare non c’era nessuna descrizione richiesta della misura e dell’ indirizzo delle stanze da registrare a nome dei richiedenti, mentre un numero di altri edifici era situato al 99 Decebal str. a Chişinău.
26. Il 7 settembre 2004 il Settore chiese alla Corte distrettuale di Buiucani di spiegare che indirizzo esatto, incluso la specifica stanza nell’edificio avrebbe dovuto essere attribuito ai richiedenti in conformità con la sentenza del 27 novembre 2001. Il 21 febbraio 2005 la corte rispose che aveva già dato tutti i chiarimenti necessari il 31 maggio 2004. La corte aggiunse che la sentenza sarebbe stata eseguita come formulata, e che specificare l’indirizzo esatto e la specifica stanza da attribuire ai richiedenti implicava un emendamento illegale della sentenza del27 novembre 2001.
27. I richiedenti impugnarono la decisione del TCO del 3 agosto 2004 in tribunale. Il 19 maggio 2005 la Corte d’appello di Chişinău accordò la loro richiesta ed accantonò questa decisione, ordinando al TCO di registrare la proprietà attinente a nome dei richiedenti.
28. Il 21 settembre 2005 la Corte di giustizia Suprema annullò la decisione del tribunale inferiore come infondata ed ordinò un riesame da parte della Corte d’appello di Chişinău. La corte notò che i richiedenti erano presenti all’udienza e che aveva esaminato i materiali dell’archivio prima di giungere alla sua decisione.
29. Il 22 dicembre 2005 la Corte d’appello di Chişinău ordinò che venisse fatto un rapporto competente. Fu chiesto ad un esperto di determinare se c’era stata un qualsiasi tipo di registrazione di V. nel registro fondiario attinente, e, in tal caso a che nome. Si chiese anche all’esperto di determinare, se tale registrazione esisteva, l’indirizzo esatto e quali stanze (la loro superficie e gli altri dettagli), erano incluse.
30. Il 21 giugno 2007 la Corte d’appello di Chişinău trovò che anche se i richiedenti avevano pagato per i servizi dell’esperto ed il TCO aveva reso disponibile il registro attinente, nessun rapporto competente era stato fatto. Il 26 aprile 2007 Il Centro Nazionale Rapporti d’Expertise (“il Centro”) restituì l’archivio della causa alla corte precisando che il suo esperto non era stato ammesso nei locali del mercato di V.. La corte trovò la ragione dell’insuccesso dell’esecuzione del rapporto competente come “manifestamente inventata” poiché non c’era nessuna prova che era stato impedito l’acceso dell’esperto all’edificio e il 2 aprile 2007 il Centro avevano informato quindi i richiedenti che, a causa di un carico di lavoro elevato, il rapporto attinente non sarebbe stato reso sino al maggio 2007. La corte ordinò di nuovo al Centro che è un’istituzione Statale di fare il rapporto nel quale si chiedeva essenzialmente di rispondere alle stesse domande di quelle sollevate nel 2005. La corte chiese anche al Centro, se V. non fosse stata registrata nei documenti attinenti, di dare una descrizione del mercato come davvero visibile nella sua ubicazione al 99 Decebal str. a Chişinău. La corte notò che anche un rappresentante della terza parte S. avrebbe dovuto essere presente.
31. Il 21 aprile 2008 il Centro presentò la sua decisione secondo la quale era stato impossibile rispondere alle domande della corte. La ragione per questo era che V. non era registrata nel registro fondiario, né a nome dei richiedenti né a qualunque altro nome.
32. Il 13 giugno 2008 la Corte d’appello di Chişinău annullò la decisione del TCO del 3 agosto 2004. Trovò che V. non era registrata nel registro fondiario e non aveva descrizione tecnica come richiesto dalla legge. Ordinò perciò che il TCO registrasse il mercato a nome dei richiedenti.
33. Il 26 novembre 2008 la Corte di giustizia Suprema annullò quella sentenza. Trovò che i diritti di proprietà di S. sull’edificio situato al 99 Decebal str. a Chişinău erano registrati nel registro fondiario. La corte concluse che i richiedenti “chiedevano una registrazione della loro proprietà su beni immobili che non esisteva, poiché l’esistenza [di un pezzo di beni immobili] è confermata solamente quando viene fatta la registrazione nel registro fondiario.”
D. Accesso all’archivio della causa
34. Il 18 luglio 2005 la Sig.ra N. M. divenne il rappresentante dei richiedenti nella loro causa di fronte alla Corte. Nello stesso giorno lei tentò di ottenere accesso all’archivio della causa ma non fu in grado di trovarlo alla Corte distrettuale di Buiucani.
35. Secondo l’avvocato dei richiedenti, il 20 luglio 2005 lei è stata informata da una persona dealla cancelleria della Corte distrettuale di Buiucani che l’archivio della causa era stato spedito all’Ufficio dell’Agente Statale il 14 gennaio 2005. L’archivio della causa fu restituito alla Corte distrettuale di Buiucani il 9 marzo 2005.
36. Il 22 luglio 2005 ha chiesto assistenza al Consiglio Supremo dell’Ordinamento giudiziario per rimuovere ostacoli aveva incontrato alla Corte distrettuale di Buiucani, vale a dire di non esserle stato concesso l’accesso all’archivio di causa.
37. Il 23 luglio 2005 la Corte distrettuale di Buiucani informò l’avvocato dei richiedenti che l’archivio della causa non si trovava in nessun luogo.
38. Secondo l’avvocato dei richiedenti, ottenne accesso all’archivio della causa il 19 ottobre 2005.
LA LEGGE
39. I richiedenti si lamentarono, sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione, della lunghezza dei procedimenti che era stata eccessiva e dell’annullamento di una sentenza definitiva a loro favore.
La parte attinente dell’ Articolo 6 si legge come segue:
“ Nella determinazione dei suoi diritti civili ed obblighi… ognuno è abilitato ad un’udienza corretta… all’interno di un termine ragionevole…da[un] tribunale…”
40. Sostennero anche di essere stati costretti a fare un’associazione commerciale con delle persone con cui non si volevano associare, contrariamente all’ Articolo 11 della Convenzione. L’Articolo 11 si legge come segue:
“1. Ognuno ha il diritto alla… libertà di associazione con altri…”
41. I richiedenti si lamentarono di una violazione del loro diritto al rispetto della loro proprietà come garantito dall’Articolo 1 del Protocollo 1 alla Convenzione che si legge:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
42. I richiedenti infine si lamentarono che l’insuccesso nel dare al loro avvocato l’accesso all’archivio in modo opportuno aveva costituito una violazione degli Articoli 1, 10 e 34 della Convenzione.
L’Articolo 1 si legge come segue:
“Le Alti Parti Contraenti garantiranno ad ognuno all’interno della loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti nella Sezione I [della] Convenzione.”
L’Articolo 10 si legge come segue:
“1. Ognuno ha il diritto alla libertà di espressione. Questo diritto includerà la libertà di sostenere delle opinioni e ricevere ed impartire delle informazioni e delle idee senza interferenza da parte di un’ autorità pubblica e a prescindere delle frontiere. Questo Articolo non impedirà agli Stati di richiedere la licenza da emittenti radiofoniche o televisive e da imprese cinematografiche. …”
L’Articolo 34 si legge come segue:
“La Corte può ricevere richieste da qualsiasi persona, organizzazione non-governativa o gruppo di individui che sostengono di essere vittime di una violazione all’interno di una delle Alti Parti Contraenti dei diritti stabiliti nella Convenzione o nei Protocolli. Le Alti Parti Contraenti si impegnano a non impedire in qualsiasi modo l’esercizio effettivo di questo diritto.”
I. AMMISSIBILITÀ
43. I richiedenti si lamentarono, sotto l’Articolo 6 della Convenzione, dell’annullamento della sentenza definitiva a loro favore (vedere paragrafo 12 sopra). La Corte reitera che l’annullamento di una sentenza definitiva è un atto istantaneo che non crea una situazione continua, anche se comporta una riapertura dei procedimenti (vedere Frunze c. Moldavia (dec.), n. 42308/02, 14 settembre 2004). L’annullamento della sentenza definitiva in questa causa si verificò il 26 gennaio 2000. Il periodo dei sei -mesi cominciò a decorrere da questa data, mentre questa richiesta fu introdotta il 7 marzo 2003, più di tre anni più tardi.
Questa azione di reclamo è stata introdotta perciò fuori tempo-limite stabilito dall’ Articolo 35 § 1 della Convenzione e deve essere respinta come inammissibile facendo seguito all’ Articolo 35 § 4 della Convenzione.
44. La Corte nota che nella loro richiesta iniziale i richiedenti si lamentarono di una violazione dei loro diritti garantiti sotto l’Articolo 10 della Convenzione. Nella loro lettera del 16 febbraio 2006, loro chiesero comunque, alla Corte di non trattare con quell’azione di reclamo. La Corte perciò non l’esaminerà.
45. I richiedenti si lamentarono anche, sotto l’Articolo 11 della Convenzione di essere stati costretti a divenire comproprietari della loro società con persone con cui loro non volevano essere partner. La Corte considera che non riuscirono a provare la loro azione di reclamo, dato che i tribunali nazionali non ordinarono loro di essere partner degli impiegati, ma di dividere i beni della società, terminando effettivamente qualsiasi forma di cooperazione con loro. In qualsiasi caso nulla impediva ai richiedenti di lasciare la società in qualsiasi momento.
Ne segue che questa parte della richiesta deve essere respinta come manifestamente mal-fondata, facendo seguito all’ Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
46. I richiedenti si lamentarono inoltre, sotto gli Articoli 1 e 34 della Convenzione che al loro avvocato era stato impedito per tre mesi di ottenere accesso all’archivio della causa per presentare le loro osservazioni sulla causa. La Corte nota che l’avvocato non era stato davvero in grado di consultare l’archivio per tre mesi. Nota anche che i richiedenti non dibattono che l’archivio della causa fu negato a loro apposta. Piuttosto, loro vedono delle serie deficienze nell’organizzazione dell’archiviazione dei tribunali nazionali e nei sistemi di archiviazione che hanno permesso all’archivio di essere sistemato male per molto tempo. Loro menzionarono anche che all’Ufficio dell’Agente Statale era stato dato un miglior trattamento poiché l’archivio gli è stato spedito tre giorni dopo che la richiesta attinente era stata fatta.
47. La Corte considera che degli ostacoli crearono per richiedenti o per i loro avvocati nell’accesso ai documenti per fare le osservazioni richieste da lei può corrispondere ad una violazione dell’Articolo 34 della Convenzione. Comunque, dove lo Stato rispondente è in grado di mostrare che c’erano impedimenti obiettivi agli sforzi ragionevoli da parte delle autorità nazionali di assicurare l’osservanza dei diritti di un richiedente sotto l’Articolo 34, questa ultima disposizione non sarà stata violata (vedere, mutatis mutandis, Paladi c. Moldavia [GC], n. 39806/05, § 92 ECHR 10 marzo 2009). La Corte nota che nella presente causa la richiesta per accedere all’archivio fu fatta il 18 luglio 2005 (vedere paragrafo 34 sopra). Anche se i procedimenti principali erano terminati il 12 settembre 2002 (vedere paragrafo 14 sopra), i procedimenti di esecuzione, incluso il problema della registrazione della proprietà dei richiedenti di V. erano ancora in corso. Inoltre, due sentenze furono adottate poco prima e poco dopo la richiesta per accesso all’archivio (vedere paragrafi 27 e 28 sopra) che chiaramente mostra che l’archivio della causa era in uso attivo dai vari tribunali durante il periodo attinente. È sfortunato che i sistemi di archiviazione nei vari tribunali nazionali erano così confusi da impedire al personale di determinare rapidamente quale tribunale aveva l’archivio al tempo della richiesta dell’avvocato dei richiedenti. La Corte nota anche comunque, che i richiedenti frequentarono l’udienza della Corte di giustizia Suprema del 21 settembre 2005 e che la corte aveva esaminato l’archivio della causa (vedere paragrafo 28 sopra). Ne segue che i richiedenti erano consapevoli della presenza dell’archivio del 21 settembre 2005 e non vi è niente nei materiali di fronte alla Corte tale da mostrare che loro avevano chiesto di vedere l’archivio alla Corte di giustizia Suprema in quella data. Così i richiedenti hanno perso un’opportunità di accedere al loro archivio un mese prima che il loro avvocato riuscì infine ad accedere a questo.
48. La Corte non si convince perciò che le autorità nazionali avevano agito in modo incompatibile coi loro obblighi sotto l’Articolo 34 della Convenzione. Ne segue che le azioni di reclamo sotto l’Articolo 1 e 34 deve essere respinte come manifestamente mal-fondato, facendo seguito all’ Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
49. I richiedenti si lamentarono anche, sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione, di una violazione del loro diritto alla protezione della proprietà come risultato delle sentenze adottata dai tribunali nazionali. In particolare, loro si riferirono all’impossibilità continua di usare la parte dell’edificio di V. che avrebbe dovuto essere trasferito a loro in conformità con la sentenza definitivo del 27 novembre 2001. La Corte nota che, nella sua sentenza del 26 novembre 2008, la Corte di giustizia Suprema menzionò, che S. era il proprietario registrato dell’edificio contestato, mentre i richiedenti non avevano diritto registrato (vedere paragrafo 33 sopra). Se il titolo all’edificio contestato tenuto da S. è davvero valido, allora i richiedenti non possono lamentarsi di una violazione dei loro diritti di proprietà come risultato dell’insuccesso nel dare loro tale titolo in conformità con la sentenza del 27 novembre 2001. In questo collegamento, la Corte nota, che S. non partecipò ai procedimenti che diedero luogo alla sentenza del 27 novembre 2001 e che, di conseguenza, questa sentenza non vincolava S.
50. In assenza di dettagli riguardo alle circostanze nelle quali S. divenne il proprietario registrato dell’edificio, la Corte non determinerà quale persona o entità è il vero proprietario dell’edificio, poiché spetta ai tribunali nazionali deciderlo. I richiedenti non presentarono prova di aver impugnato in tribunale il titolo all’edificio posseduto da S. e ne segue che l’azione di reclamo dei richiedenti sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione è prematuro e deve essere respinto sotto l’Articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione per non-esaurimento delle vie di ricorso nazionali.
51. Riguardo alla lunghezza dell’azione di reclamo dei procedimenti, la Corte nota, che il Governo considerò che era incompatibile ratione temporis con la giurisdizione della Corte, dato che le violazioni addotte ebbero luogo nel 1993, prima che la Moldavia si unisse alla Convenzione il 12 settembre 1997. La Corte nota che i procedimenti nella presente causa durano almeno sino al 2002, quando fu adottata la sentenza definitiva (vedere paragrafo 14 sopra). Questa eccezione preliminare deve essere perciò respinta.
52. La Corte considera che l’azione di reclamo dei richiedenti sotto l’Articolo 6 della Convenzione (lunghezza dei procedimenti) solleva delle questioni di legge che sono sufficientemente serie la cui loro determinazione dovrebbe dipendere da un esame dei meriti. Non è stato stabilito alcun motivo per dichiararla inammissibile. La Corte dichiara perciò questa azione di reclamo ammissibile. In conformità con la sua decisione di applicare l’Articolo 29 § 3 della Convenzione (vedere paragrafo 4 sopra), la Corte immediatamente considererà i meriti di questa azione di reclamo.
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
A. Osservazioni delle parti
53. I richiedenti si lamentarono che la lunghezza dei procedimenti era stata eccessiva, durando dal 1993 sino ad oggi, dato che la sentenza del 27 novembre 2001 non era stata ancora attualmente eseguita. Il periodo attinente cominciò il 12 settembre 1997 quando la Moldavia si unì alla Convenzione. Loro considerarono che la causa non era molto complessa e cpoinvolgeva solamente due parti (i richiedenti da una parte e gli impiegati dall’altra), non cinque come dibattuto dal Governo. I richiedenti presentarono di aver agito diligentemente e di non aver provocato ritardo indebito. Allo stesso tempo, i tribunali avevano concesso lungo periodi d’inattività, nonostante la causa fosse molto importante per i sostentamenti dei richiedenti. Per esempio, solamente un’ udienza del tribunale era stata tenuta nel 1999 e solamente tre nel 2000. Infine, il loro rifiuto a ricevere alcuni beni di V. era stato dovuto al fatto che quegli articoli includevano un’ attrezzatura di produzione massiccia fino a quattro tonnellate di peso che aveva bisogno di spazio in cui essere collocata. Ancora la sentenza a riguardo dell’edificio non era stata eseguita e così i richiedenti non avevano alcun posto in cui immagazzinare quegli articoli.
54. Il Governo concordò che il periodo da prendere in esame cominciò il 12 settembre 1997. Presentò che questo era una delle cause più complesse da esaminare dai tribunali nazionali, coinvolgendo come faceva quattro querelanti e tre imputati. Tre testimoni erano stati ascoltati e molti rapporti competenti erano stati fatti. L’archivio della causa conteneva pressoché mille pagine. Inoltre, i richiedenti erano stati responsabili per alcuni dei ritardi, avendo, in certo numero di occasioni richiesto la proroga delle udienze del tribunale. Inoltre, il rifiuto dei richiedenti di accettare gli articoli proposti a loro dall’ufficiale giudiziario in esecuzione della sentenza del 27 novembre 2001 aveva contribuito alla lunghezza dei procedimenti. Infine, le autorità nazionali avevano preso tutti i passi ragionevoli per assicurare un esame opportuno della causa.
B. La valutazione della Corte
55. La Corte reitera che la ragionevolezza della lunghezza dei procedimenti deve essere valutata alla luce delle circostanze della causa e con riferimento ai seguenti criteri: la complessità della causa, la condotta dei richiedenti e delle autorità attinenti e cosa era in pericolo per i richiedenti nella controversia (vedere, fra molte altre autorità, Frydlender c. Francia [GC], n. 30979/96, § 43, ECHR 2000-VII, e Cravcenco c. Moldavia, n. 13012/02, § 44 15 gennaio 2008).
56. La Corte concorda che il periodo da prendere in esame cominciò il 12 settembre 1997 quando la Moldavia si unì alla Convenzione. In merito a quando questo periodo termina, si deve notare ciò che segue. I procedimenti nella causa presente terminarono il 12 settembre 2002, sostenendo la sentenza del 27 novembre 2001 (vedere paragrafo 14 citato sopra). Comunque, la sentenza definitiva che assegnava ai richiedenti, inter alia, una parte dell’edificio di V. , non fu mai eseguita. I tribunali determinarono infine che questa parte della sentenza non poteva essere eseguita poiché S. era il proprietario registrato dell’edificio (vedere paragrafo 33 sopra). Comunque, ci vollero sei anni e due mesi dalla data della sentenza definitiva della corte per raggiungere questa conclusione, nonostante il loro obbligo di verificare la base legale per assegnare dei diritti di proprietà già nei procedimenti originali. A questo riguardo la Corte si riferisce alla sentenza della Corte di giustizia Suprema per cui l’esistenza di beni immobili potrebbe essere provata solamente tramite prova della registrazione nel registro fondiario (vedere paragrafo 33 citato sopra). Ne segue che nei procedimenti che terminarono il 12 settembre 2002 i tribunali andarono a vuoto nel verificare se le parti avevano qualsiasi titolo legale sulla proprietà che loro avevano detto di appartenere a V..
57. La Corte nota che la sentenza definitiva del 10 settembre 1998 a favore dei richiedenti non richiese l’esecuzione, poiché respinse le rivendicazioni dell’altra parte contro i richiedenti. Essendo così, nessuno procedimenti era pendente fra la data summenzionata e il 26 gennaio 2000, quando la Corte di giustizia Suprema annullò la sentenza definitiva ed ordinò un nuovo processo (vedere paragrafo 12 citato sopra). Perciò, questo periodo di approssimativamente sedici mesi non sarà incluso nella lunghezza complessiva dei procedimenti.
58. La Corte considera che se il titolo detenuto da S. non è valido, allora la sentenza del 27 novembre 2001 non sarà considerata ancora eseguita. Se il titolo detenuto da S. viene provato come valido, questi significherà che anche la distribuzione originale della proprietà di V. fatta nel 27 novembre 2001 era ingiusta per i richiedenti che ricevettero meno beni a riguardo della parte dell’edificio che fu assegnata loro. Ne segue che, sino a che non viene fatta una determinazione definitiva del metodo di distribuzione di quei beni, prendendo conto dei risultati di qualsiasi verifica della validità del titolo detenuto da S., i procedimenti originali iniziati contro i richiedenti nel 1993 devono essere ancora considerati come pendenti.
59. La Corte conclude così che il periodo da contare ai fini di verificare l’ ottemperanza con l’Articolo 6 della Convenzione durò dal 12 settembre 1997 sino ad oggi. Dopo avere escluso sedici mesi come notato nel paragrafo 57 sopra, il periodo attinente ammonta approssimativamente a dieci anni ed otto mesi.
1. La complessità della causa
60. La Corte nota che i tribunali nazionali considerarono necessario ordinare molti rapporti competenti per determinare la proprietà della parte contestata dell’edificio, e che gli esperti non erano in grado di redigere tale rapporto in mancanza dei documenti attinenti. Essendo così, la causa potrebbe essere considerata piuttosto complessa. Simile complessità non può spiegare comunque di per sé, la lunghezza totale dei procedimenti, in particolare alla luce del fatto che l’esperto impiegò un anno e mezzo per annunciare di fronte al tribunale che era impossibile fare tale rapporto (vedere paragrafi 29 e 30 citati sopra). Dopo che la corte respinse questa ragione ed ordinò che venisse fatto un nuovo rapporto, l’esperto impiegò altri dieci mesi prima di riportare di nuovo che era impossibile fare un rapporto (vedere paragrafo 31 citato sopra). A questo secondo riguardo, la Corte nota, che la responsabilità principale per il ritardo dovuto all’attesa delle opinioni competenti rimane in ultimo sullo Stato (vedere Capuano c. Italia, 25 giugno 1987, § 32 Serie An. 119).
2. La condotta dei richiedenti
61. La Corte nota l’osservazione del Governo che i richiedenti erano responsabili del ritardo nei procedimenti (vedere paragrafo 54 sopra). Loro presentarono prova di tre richieste dei richiedenti per posticipare le udienze. In tutte e tre, i richiedenti chiesero ai tribunali di posticipare l’udienza perché loro erano malati, come provato da certificati medici. La Corte considera che questi ritardi erano troppo pochi e troppo brevi per spiegare la lunghezza complessiva dei procedimenti.
62. Il Governo considerò anche che, rifiutando di ricevere gli articoli propose a loro dall’ufficiale giudiziario nel 2003 (vedere paragrafi 15 e 17 citato sopra), i richiedenti avevano contribuito alla lunghezza complessiva dei procedimenti. La Corte nota che i richiedenti focalizzarono su ciò che loro vedevano come una distribuzione dei beni immobili contestati in modo che non adatto alla sentenza definitiva. Se loro erano d’accordo o meno ad ottenere il resto dei beni di V. non cambia il fatto che il problema principale del contenzioso -riguardo all’edificio-continuava ad essere esaminato da allora in poi per molti anni. Ne segue che il rifiuto a ricevere gli articoli, in assenza di spazio in cui metterli, non ha fatto in qualsiasi modo prolungare la lunghezza complessiva dei procedimenti.
3. Condotta delle autorità
63. Riguardo alla condotta delle autorità giudiziali, la Corte reitera, che spetta agli Stati Contraenti organizzare i loro ordinamenti giuridici in modo tale che i loro tribunali possano garantire ad ognuno il diritto ad una decisione definitiva all’interno di un termine ragionevole nella determinazione dei suoi diritti ed obblighi civili (vedere Frydlender, citata sopra, § 45). Spetta allo Stato decidere il modo in cui un Stato prevede dei meccanismi per attenersi a questo requisito-sia aumentando il numero dei giudici, o con tempo-limiti automatici e direzioni, o con altri metodi. Se uno Stato lascia continuare i procedimenti oltre il “termine ragionevole” prescritto dall’Articolo 6 della Convenzione senza fare niente per accellerarli, sarà responsabile per il ritardo risultante (vedere Price e Lowe c. Regno Unito, N. 43185/98 e 43186/98, § 23 29 luglio 2003).
64. La Corte nota che ci sono stati dei periodi inspiegati e molto lunghi d’inattività da parte dei tribunali nella presente causa (vedere, per esempio, paragrafi 26 e 29-31 citati sopra).
65. Nota anche che la causa prima fu decisa da una sentenza definitiva di corte il 10 settembre 1998. I procedimenti furono riaperti successivamente tramite una procedura straordinaria di un tipo che è in se stesso contrario all’ Articolo 6 della Convenzione (vedere, per esempio, Brumărescu c. Romania [GC], n. 28342/95, § 65, ECHR 1999-VII, e Roşca c. Moldavia, n. 6267/02, § 29 22 marzo 2005). I richiedenti presentarono il loro reclamo w questo riguardo fuori del periodo dei sei- mese stabilito nell’ Articolo 35 della Convenzione. Comunque, rimane vero che, a seguito della riapertura di una sentenza definitiva della corte, le autorità giudiziali hanno bisogno di prendere particolare cura per assicurare una conclusione rapida ai procedimenti riaperti. La Corte presume che, poiché una sentenza definitiva fu adottata nella causa, le questioni riguardanti i fatti e quelle legali erano state risolte ampiamente. A meno che importanti fatti nuovi vengano scoperti e formino la base per la riapertura, i tribunali non hanno problemi difficili nell’ esaminare qualsiasi riapertura dei procedimenti. Comunque, nella presente causa, la maggior parte dei ritardi accaddero dopo l’annullamento della sentenza definitiva.
4. Ciò che era in pericolo per i richiedenti
66. La Corte nota che, quando i procedimenti cominciarono, V. era l’attività principale dei richiedenti. Avendo effettivamente ostacolato dal continuarla, loro furono privati di conseguenza del loro reddito. I procedimenti riguardavano così un importante problema per i richiedenti.
5. Conclusione
67. La Corte considera che la presente causa era piuttosto complessa, ma che questo non spiega di per sé la lunghezza complessiva dei procedimenti di più di dieci anni. Ai richiedenti non si poteva rimproverare alcun ritardo serio, mentre le autorità e i tribunali hanno permesso dei lunghi ritardi causati dall’ inattività. Inoltre, dopo che la causa fu risolta da una sentenza definitiva di corte, la sua riapertura richiamava una determinazione rapida dei problemi insoluti, piuttosto che un nuovo lungo esame. Alla luce di quanto sopra, la Corte conclude, che non ci si è attenuti col requisito del“termine ragionevole” stabilito nell’Articolo che 6 § 1 della Convenzione nella presente causa. C’è stata perciò una violazione di quella disposizione.
III. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
68. L’Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno materiale
69. I richiedenti chiesero il ritorno dell’edificio contestato, in conformità con la sentenza del 27 novembre 2001.
70. La Corte nota la sua costatazione che l’azione di reclamo di ottenere il titolo di proprietà sull’edificio contestato era inammissibile come prematura (vedere paragrafo 49 sopra). Respinge perciò la rivendicazione dei richiedenti per la restituzione dell’edificio contestato.
B. Danno morale
71. I richiedenti chiesero 10,000 euro (EUR) ognuno per risarcimento per danno morale causato a loro. Loro presentarono di aver patito la lunghezza eccessiva dei procedimenti durante la quale alla loro società era stato impedito di lavorare.
72. Il Governo presentò che i richiedenti non potevano chiedere qualsiasi risarcimento, in assenza di qualsiasi violazione dei loro diritti della Convenzione. In qualsiasi caso, l’importo chiesto non era comprovato ed eccessivo rispetto alle cause simili.
73. La Corte considera che ai richiedenti è stato provocato un certo livello di stress e di frustrazione come risultato della lunghezza eccessiva dei procedimenti. In considerazione della lunghezza totale dei procedimenti, e decidendo su una base equa, la Corte assegna EUR 2,000 ad ogni richiedente per danno morale.
C. Costi e spese
74. I richiedenti chiesero congiuntamente EUR 556 per costi e spese, incluso EUR 450 per spese processuali.
75. Il Governo considerò che l’importo chiesto per spese processuali era eccessivo.
76. Alla luce dei materiali nell’archivio, la Corte concede la rivendicazione dei richiedenti in pieno.
C. Interesse di mora.
77. La Corte considera appropriato che l’interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a cui si dovrebbero essere aggiungere tre punti percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’
1. Dichiara ammissibile l’azione di reclamo sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione riguardo alla lunghezza eccessiva dei procedimenti, ed il resto della richiesta inammissibile;
2. Sostiene che c’è stata una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Sostiene
(a) che lo Stato rispondente deve pagare congiuntamente ai richiedenti, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’Articolo 44 § 2 della Convenzione i seguenti importi, da convertire in lei Moldavi al tasso applicabile in data dell’ accordo:
(i) EUR 2,000 (due mila euro) ognuno, più qualsiasi tassa che può essere addebitabile, a riguardo del danno morale;
(ii) EUR 556 (cinquecento e cinquanta sei euro) congiuntamente, più qualsiasi tassa che può essere a carico dei richiedenti, a riguardo di costi e spese;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo il tasso d’interesse semplice sarà pagabile sugli importi sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;
4. Respinge il resto della rivendicazione dei richiedenti per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 27 ottobre 2009, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 dell’Ordinamento di Corte.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Cancelliere Aggiunto Presidente

Testo Tradotto

FOURTH SECTION
CASE OF MATEI AND TUTUNARU v. MOLDOVA
(Application no. 19246/03)
JUDGMENT
STRASBOURG
27 October 2009
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Matei and Tutunaru v. Moldova,
The European Court of Human Rights (Fourth Section), sitting as a Chamber composed of:
Nicolas Bratza, President,
Lech Garlicki,
Ljiljana Mijović,
David Thór Björgvinsson,
Ján Šikuta,
Päivi Hirvelä,
Mihai Poalelungi, judges,
and Fatoş Aracı, Deputy Section Registrar,
Having deliberated in private on 6 October 2009,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 19246/03) against the Republic of Moldova lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by two Moldovan nationals, Mr C. M. and Mrs E. T. (“the applicants”), on 7 March 2003.
2. The applicants were represented by Ms N. M., a lawyer practising in Chişinău. The Moldovan Government (“the Government”) were represented by their Agent at the time, Mr V. Pârlog.
3. The applicants alleged, in particular, that the proceedings in their case had been excessively long and that they had lost their property rights to part of their company as a result of arbitrary domestic judgments, which included the quashing of a final judgment in their favour.
4. On 8 December 2004 the President of the Fourth Section decided to give notice of the application to the Government. It was also decided to examine the merits of the application at the same time as its admissibility (Article 29 § 3 of the Convention).
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
5. The applicants were both born in 1951 and live in Ialoveni and Vorniceni respectively.
6. The facts of the case, as submitted by the parties, may be summarised as follows.
A. The proceedings prior to the request for annulment
7. In July 1987 the applicants and several other persons founded a business association (‘the Association’). After other members of the Association left, the two applicants remained its only members. According to the applicants, in 1989 the Association hired three other persons (“the employees”) who were subsequently dismissed in 1992. According to the Government, they had become members of the Association in 1989.
8. In December 1992 the applicants transformed the Association into a limited liability company. The newly registered company retained its old name – V..
9. On 1 June 1993 one of the employees initiated court proceedings against the applicants claiming that he had been a member of the Association and requesting the annulment of the transformation into a limited liability company. He also claimed his part of the assets of the Association. The two other employees initiated identical proceedings on 16 August 1994. The cases were joined.
10. In 1995 the Botanica District Court granted their claims. The Supreme Court of Justice upheld that judgment. On 27 November 1995 the Plenary Supreme Court of Justice quashed that judgment and ordered a full rehearing of the case.
11. On 3 October 1997 the Botanica District Court rejected the employees’ claims. On 22 January 1998 the Chişinău Regional Court upheld that judgment. On 10 September 1998 the Court of Appeal also upheld that judgment, which then became final.
B. The proceedings following the request for annulment
12. On an unspecified date the Prosecutor General filed a request for the annulment of all previous judgments and for the claims against the applicants to be granted in full. On 26 January 2000 the Supreme Court of Justice upheld that request and quashed the above-mentioned judgments. It ordered a full rehearing of the case.
13. On 27 November 2001 the Buiucani District Court declared null and void the transformation of the Association into a limited liability company. Although the employees had been hired by the Association, the court found that they had taken part in the decision-making process and had made financial contributions to the common assets of the Association. Accordingly, the court considered that the employees should be recognised as having been members of the Association. The court ordered “the distribution of the assets of the association ‘V.’, situated at 99 Decebal str. in Chişinău” between the applicants and the employees, each of the two groups obtaining various items (production equipment, cars and office equipment) of common property. The court also specified that “the building of the ‘V.’ market” should remain the applicants’ property.
14. On 11 April 2002 the Chişinău Regional Court quashed that judgment and adopted a new one by which it rejected all the claims against the applicants. On 12 September 2002 the Court of Appeal quashed the judgment of the Chişinău Regional Court and upheld the judgment of the Buiucani District Court of 27 November 2001 (in favour of the employees). That judgment became final.
C. Enforcement proceedings
1. Enforcement of the judgment of 27 November 2007
15. On 21 February 2003 a bailiff received a warrant for the enforcement of the judgment of 27 November 2001. On the same day he informed all interested parties that the assets would be distributed on 26 February 2003. On that date the bailiff came to V.’s premises and proceeded to distribute some of the assets, even though the applicants had failed to appear. The items which the bailiff intended to transmit to the applicants were stored for safekeeping with one of the employees. The applicants challenged the bailiff’s actions in court, but on 7 April 2003 the Buiucani District Court rejected their complaint.
16. On 23 June 2003 the bailiff informed the parties that the remainder of the assets would be distributed on 8 July 2003. For unknown reasons full enforcement of the warrant was not possible on that date and a new date was set for 23 July 2003.
17. On 23 July 2003 the bailiff reported that one of the applicants refused to take possession of the items distributed to them in accordance with the enforcement warrant, including those items already given to one of the employees for safe-keeping.
18. On 24 July 2003 the applicants complained to the bailiff’s office about the events of the previous day. They explained that they had objected to the manner in which the judgment had been enforced, in particular to being given possession of specific rooms allocated to them by the bailiff. These consisted of a small room of eight square metres and space under the stairs, which belonged to S., another company. They were not reflected in V.’s accounting documents and did not belong to it, while other rooms belonging to V. had either been distributed to the employees or had not been distributed at all.
19. On 16 October 2003 the Decisions Enforcement Department of the Ministry of Justice (“the Department”) asked the Buiucani District Court to order the return of the enforcement warrant to the applicants without enforcement, due to their refusal to receive the relevant property. On 4 November 2003 the court rejected that request as unfounded. The court found that the applicants had not refused to receive the assets to which they were entitled under the judgment of 27 November 2001.
20. On 18 November 2003 the applicants asked the Buiucani District Court to explain how its judgment of 27 November 2001 should be enforced, namely, to specify, with reference to the plan of the building, the address and size of the part of the building which should be attributed to them.
21. On 3 March 2004 the Buiucani District Court adopted a decision whereby it amended part of its judgment of 27 November 2001, namely, by describing the exact size and address of the part of the building which should be attributed to the applicants. It added that the applicants had the right to register their property rights with the Territorial Cadastral Office (“the TCO”). One of the applicants was not present at the hearing.
22. Following a request by the applicants who had not been present at the hearing of 3 March 2004, on 27 April 2004 the decision explaining the judgment of 27 November 2001 was set aside and the case was sent for fresh examination.
23. On 31 May 2004 the Buiucani District Court decided that the judgment of 27 November 2001 was to be enforced exactly as it had been formulated, “in accordance with the documents and the description in the relevant property as registered with the relevant authorities”. That decision was upheld by the Chisinau Court of Appeal on 18 November 2004.
2. Registration of the applicants’ property rights with the TCO
24. On 18 June 2004 the Department asked the TCO to issue one of the applicants with copies of documents concerning V.’s building situated at 99 Decebal str. in Chişinău. It appears that no such documents were issued.
25. On 3 August 2004 the applicants asked the TCO to register their property rights to V.’s building situated at 99 Decebal str. in Chişinău, pursuant to the judgment of 27 November 2001 and the decision of 31 May 2004. On the same date the TCO refused the applicants’ request and explained that the file did not contain all the necessary documents. In particular there was no exact description of the size and address of the rooms to be registered in the applicants’ names, while a number of other buildings were situated at 99 Decebal str. in Chişinău.
26. On 7 September 2004 the Department asked the Buiucani District Court to explain which exact address, including the specific room in the building, should be attributed to the applicants in accordance with the judgment of 27 November 2001. On 21 February 2005 the court answered that it had already given all the necessary explanations on 31 May 2004. The court added that the judgment was to be enforced as formulated, and that specifying the exact address and specific room to be attributed to the applicants implied an unlawful amendment of the judgment of 27 November 2001.
27. The applicants challenged the TCO’s decision of 3 August 2004 in court. On 19 May 2005 the Chişinău Court of Appeal granted their request and set aside that decision, ordering the TCO to register the relevant property in the applicants’ names.
28. On 21 September 2005 the Supreme Court of Justice quashed the lower court’s decision as unfounded and ordered a rehearing by the Chişinău Court of Appeal. The court noted that the applicants were present at the hearing and that it had examined the materials of the file before reaching its decision.
29. On 22 December 2005 the Chişinău Court of Appeal ordered an expert report to be made. An expert was asked to determine whether there had been any kind of registration of V. in the relevant land register, and, if so, in whose name. The expert was also asked to determine, if such a registration existed, the exact address and what rooms (their surface and other details), were included.
30. On 21 June 2007 the Chişinău Court of Appeal found that even though the applicants had paid for the services of the expert and the TCO had made available the relevant register, no expert report had been made. On 26 April 2007 the National Judicial Expert Report Centre (“the Centre”) returned the case file to the court with an explanation that its expert had not been allowed onto the premises of the V. market. The court found the reason for the failure to carry out the expert report to have been “manifestly invented” since there was no evidence that the expert had been prevented from accessing the building and since on 2 April 2007 the Centre had informed the applicants that, due to a high workload, the relevant report would not be made until May 2007. The court again ordered the Centre, which is a State institution, to make the report in which it was asked to answer essentially the same questions as those raised in 2005. The court also asked the Centre, if V. was not registered in the relevant documents, to give a description of the market as actually visible at its location at 99 Decebal str. in Chişinău. The court noted that a representative of the third party S. was also to be present.
31. On 21 April 2008 the Centre submitted its decision, according to which it had been impossible to reply to the court’s questions. The reason for that was that V. was not registered in the land register, either in the applicants’ names or in anybody else’s name.
32. On 13 June 2008 the Chişinău Court of Appeal annulled the TCO’s decision of 3 August 2004. It found that V. was not registered in the land register and had no technical description as required by law. It therefore ordered the TCO to register the market in the applicants’ names.
33. On 26 November 2008 the Supreme Court of Justice quashed that judgment. It found that S.’s property rights to the building situated at 99 Decebal str. in Chişinău were registered in the land register. The court concluded that the applicants “asked for registration of their property to real estate which does not exist, since the existence [of a piece of real estate] is confirmed only when the relevant entry is made in the land register”.
D. Access to the case file
34. On 18 July 2005 Ms N. Mardari became the applicants’ representative in their case before the Court. On the same day she attempted to obtain access to the case file but was unable to find it at the Buiucani District Court.
35. According to the applicants’ lawyer, on 20 July 2005 she was informed by a person from the registry of the Buiucani District Court that the case file had been sent to the Government Agent’s Office on 14 January 2005. The case file was returned to the Buiucani District Court on 9 March 2005.
36. On 22 July 2005 she asked the Supreme Council of the Judiciary for assistance in removing obstacles she had encountered at the Buiucani District Court, namely, that she had not been given access to the case file.
37. On 23 July 2005 the Buiucani District Court informed the applicants’ lawyer that the case file was nowhere to be found.
38. According to the applicants’ lawyer, she obtained access to the case file on 19 October 2005.
THE LAW
39. The applicants complained, under Article 6 § 1 of the Convention, that the length of proceedings was excessive and about the annulment of a final judgment in their favour.
The relevant part of Article 6 reads as follows:
“In the determination of his civil rights and obligations … everyone is entitled to a … hearing within a reasonable time by [a] … tribunal …”
40. They also contended that they had been forced into a business association with persons with whom they did not want to associate, contrary to Article 11 of the Convention. Article 11 reads as follows:
“1. Everyone has the right to … freedom of association with others …”
41. The applicants complained of a violation of their right to respect for their property as guaranteed by Article 1 of Protocol 1 to the Convention, which reads:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.”
42. The applicants finally complained that the failure to give their lawyer access to the file in a timely manner had constituted a violation of Articles 1, 10 and 34 of the Convention.
Article 1 reads as follows:
“The High Contracting Parties shall secure to everyone within their jurisdiction the rights and freedoms defined in Section I of [the] Convention.”
Article 10 reads as follows:
“1. Everyone has the right to freedom of expression. This right shall include freedom to hold opinions and to receive and impart information and ideas without interference by public authority and regardless of frontiers. This Article shall not prevent States from requiring the licensing of broadcasting, television or cinema enterprises. …”
Article 34 reads as follows:
“The Court may receive applications from any person, non-governmental organisation or group of individuals claiming to be the victim of a violation by one of the High Contracting Parties of the rights set forth in the Convention or the Protocols thereto. The High Contracting Parties undertake not to hinder in any way the effective exercise of this right.”
I. ADMISSIBILITY
43. The applicants complained, under Article 6 of the Convention, of the quashing of the final judgment in their favour (see paragraph 12 above). The Court reiterates that the quashing of a final judgment is an instantaneous act which does not create a continuing situation, even if it entails a reopening of the proceedings (see Frunze v. Moldova (dec.), no. 42308/02, 14 September 2004). The quashing of the final judgment in this case took place on 26 January 2000. The six-month period started running from that date, while this application was introduced on 7 March 2003, more than three years later.
This complaint has therefore been introduced outside the time-limit set down by Article 35 § 1 of the Convention and must be rejected as inadmissible pursuant to Article 35 § 4 of the Convention.
44. The Court notes that in their initial application the applicants complained of a violation of their rights guaranteed under Article 10 of the Convention. However, in their letter of 16 February 2006, they asked the Court not to deal with that complaint. The Court will not therefore examine it.
45. The applicants also complained, under Article 11 of the Convention, that they had been forced to become co-owners of their company with persons with whom they did not want to be partners. The Court considers that they failed to substantiate their complaint, given that the domestic courts did not order them to be partners with the employees, but to split the assets of the company, effectively ending any form of cooperation with them. In any event nothing prevented the applicants from leaving the company at any time.
It follows that this part of the application must be rejected as being manifestly ill-founded, pursuant to Article 35 §§ 3 and 4 of the Convention.
46. The applicants further complained, under Articles 1 and 34 of the Convention, that their lawyer had been prevented for three months from obtaining access to the case file in order to submit their observations on the case. The Court notes that the lawyer was indeed unable to consult the file for three months. It also notes that the applicants do not argue that the case file was withheld from them on purpose. Rather, they see serious deficiencies in the organisation of the domestic courts’ filing and archiving systems which allowed the file to be misplaced for a long time. They also mentioned that the Government Agent’s Office had been given better treatment since it was sent the file three days after the relevant request had been made.
47. The Court considers that obstacles created for applicants or their lawyers in accessing documents in order to make submissions requested by it may amount to a violation of Article 34 of the Convention. However, where the respondent State is able to show that there were objective impediments to reasonable efforts on the part of the domestic authorities to ensure observance of an applicant’s rights under Article 34, the latter provision will not have been breached (see, mutatis mutandis, Paladi v. Moldova [GC], no. 39806/05, § 92, ECHR 10 March 2009). The Court notes that in the present case the request to access the file was made on 18 July 2005 (see paragraph 34 above). Even though the main proceedings had ended on 12 September 2002 (see paragraph 14 above), the enforcement proceedings, including the issue of registration of the applicants’ ownership of V., were still on-going. Moreover, two judgments were adopted just before and after the request for access to the file (see paragraphs 27 and 28 above), which shows clearly that the case file was in active use by various courts during the relevant period. It is unfortunate that the filing systems in the various domestic courts were so confusing that they prevented the staff from quickly determining which court had the file at the time of the applicants’ lawyer’s request. However, the Court also notes that the applicants attended the hearing of the Supreme Court of Justice of 21 September 2005 and that the court had examined the case file (see paragraph 28 above). It follows that the applicants were aware of the whereabouts of the file on 21 September 2005 and there is nothing in the materials before the Court to show that they had asked to see the file at the Supreme Court of Justice on that date. Thus the applicants had missed an opportunity to access their file a month before their lawyer eventually managed to access it.
48. The Court is therefore not convinced that the domestic authorities had acted in a manner incompatible with their obligations under Article 34 of the Convention. It follows that the complaints under Article 1 and 34 must be rejected as being manifestly ill-founded, pursuant to Article 35 §§ 3 and 4 of the Convention.
49. The applicants also complained, under Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention, of a violation of their right to protection of property as a result of the judgments adopted by the domestic courts. In particular, they referred to the continuing impossibility to use the part of V.’s building which should have been transferred to them in accordance with the final judgment of 27 November 2001. The Court notes that, in its judgment of 26 November 2008, the Supreme Court of Justice mentioned that S. was the registered owner of the disputed building, while the applicants had no registered right (see paragraph 33 above). If the title to the disputed building held by S. is indeed valid, then the applicants cannot complain about a violation of their property rights as a result of the failure to give them such a title in accordance with the judgment of 27 November 2001. In this connection, the Court notes that S. did not participate in the proceedings which resulted in the judgment of 27 November 2001 and that, accordingly, that judgment was not binding on S.
50. In the absence of details as to the circumstances in which S. became the registered owner of the building, the Court will not determine which person or entity is the real owner of that building, since that is for the domestic courts to decide. The applicants did not submit evidence that they challenged in court the title to the building held by S. It follows that the applicants’ complaint under Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention is premature and must be rejected under Article 35 §§ 1 and 4 of the Convention for non-exhaustion of domestic remedies.
51. As to the length of the proceedings complaint, the Court notes that the Government considered that it was incompatible ratione temporis with the Court’s jurisdiction, given that the alleged violations took place in 1993, before Moldova joined the Convention on 12 September 1997. The Court notes that the proceedings in the present case lasted at least until 2002, when the final judgment was adopted (see paragraph 14 above). This preliminary objection must therefore be rejected.
52. The Court considers that the applicants’ complaint under Article 6 of the Convention (length of the proceedings) raises questions of law which are sufficiently serious that their determination should depend on an examination of the merits. No grounds for declaring it inadmissible have been established. The Court therefore declares this complaint admissible. In accordance with its decision to apply Article 29 § 3 of the Convention (see paragraph 4 above), the Court will immediately consider the merits of this complaint.
II. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 § 1 OF THE CONVENTION
A. Submissions by the parties
53. The applicants complained that the length of the proceedings had been excessive, lasting from 1993 until the present, given that the judgment of 27 November 2001 had not yet been enforced to date. The relevant period started on 12 September 1997 when Moldova joined the Convention. They considered that the case was not very complex and involved only two parties (the applicants on the one hand and the employees on the other), not five as argued by the Government. The applicants submitted that they had acted diligently and had not caused undue delay. At the same time, the courts had allowed lengthy periods of inactivity, despite the case being very important for the livelihoods of the applicants. For instance, only one court hearing had been held in 1999 and only three in 2000. Finally, their refusal to receive some of V.’s assets had been due to the fact that those items had included massive production equipment of up to four tons in weight which needed space in which to be placed. Yet the judgment in respect of the building had not been enforced and so the applicants had no place in which to store those items.
54. The Government agreed that the period to be taken into consideration started on 12 September 1997. They submitted that this was one of the most complex cases to have been examined by the domestic courts, involving as it did four plaintiffs and three defendants. Three witnesses had been heard and several expert reports had been made. The case file contained almost a thousand pages. In addition, the applicants had been responsible for some of the delays, having, on a number of occasions, requested the postponement of court hearings. Moreover, the applicants’ refusal to accept the items proposed to them by the bailiff in enforcement of the judgment of 27 November 2001 had contributed to the length of the proceedings. Finally, the domestic authorities had taken all reasonable steps to ensure a timely examination of the case.
B. The Court’s assessment
55. The Court reiterates that the reasonableness of the length of proceedings must be assessed in the light of the circumstances of the case and with reference to the following criteria: the complexity of the case, the conduct of the applicants and the relevant authorities and what was at stake for the applicants in the dispute (see, among many other authorities, Frydlender v. France [GC], no. 30979/96, § 43, ECHR 2000-VII, and Cravcenco v. Moldova, no. 13012/02, § 44, 15 January 2008).
56. The Court agrees that the period to be taken into consideration started on 12 September 1997 when Moldova joined the Convention. As for when that period ends, the following must be noted. The proceedings in the present case ended on 12 September 2002, upholding the judgment of 27 November 2001 (see paragraph 14 cited above). However, the final judgment awarding the applicants, inter alia, a part of V.’s building, was never enforced. The courts eventually determined that that part of the judgment could not be enforced since S. was the registered owner of the building (see paragraph 33 above). However, it took them six years and two months from the date of the final court judgment to reach that conclusion, despite their obligation to verify the legal basis for awarding property rights already in the original proceedings. In this respect the Court refers to the finding of the Supreme Court of Justice that the existence of real estate could be proved only with evidence of registration in the land register (see paragraph 33 cited above). It follows that in the proceedings which ended on 12 September 2002 the courts failed to verify whether the parties had any legal title to the property which they had claimed to belong to V..
57. The Court notes that the final judgment of 10 September 1998 in the applicants’ favour required no enforcement, since it rejected the other party’s claims against the applicants. As such, no proceedings were pending between the above-mentioned date and 26 January 2000, when the Supreme Court of Justice quashed the final judgment and ordered a retrial (see paragraph 12 cited above). Therefore, this period of approximately sixteen months is not to be included in the overall length of the proceedings.
58. The Court considers that if the title held by S. is not valid, then the judgment of 27 November 2001 is to be considered not yet enforced. If the title held by S. is proved to be valid, this will also mean that the original distribution of V.’s property made on 27 November 2001 was unfair to the applicants, who received fewer assets on account of the part of the building which they were awarded. It follows that, until a final determination of the manner of distributing those assets is made, taking account of the results of any verification of the validity of the title held by S., the original proceedings initiated against the applicants in 1993 must still be considered as pending.
59. The Court thus concludes that the period to be counted for the purposes of verifying compliance with Article 6 of the Convention lasted from 12 September 1997 until the present. After excluding sixteen months as noted in paragraph 57 above, the relevant period equals approximately ten years and eight months.
1. Complexity of the case
60. The Court notes that the domestic courts considered it necessary to order several expert reports in order to determine the ownership of the disputed part of the building, and that the experts were unable to make such a report for lack of relevant documents. As such, the case could be considered somewhat complex. However, such complexity cannot in itself explain the total length of the proceedings, particularly in the light of the fact that the expert took a year and a half to announce before the court that it was impossible to make such a report (see paragraphs 29 and 30 cited above). After the court rejected that reason and ordered a new report to be made, the expert took another ten months before again reporting that it was impossible to make a report (see paragraph 31 cited above). In this latter respect, the Court notes that the principal responsibility for the delay due to waiting for the expert opinions rests ultimately with the State (see Capuano v. Italy, 25 June 1987, § 32, Series A no. 119).
2. The applicants’ conduct
61. The Court notes the Government’s submission that the applicants were responsible for some delay in the proceedings (see paragraph 54 above). They submitted evidence of three requests by the applicants to postpone the hearings. In all three, the applicants asked the courts to postpone the hearing because they were ill, as proved by medical certificates. The Court considers that these delays were too few and too short to explain the overall length of the proceedings.
62. The Government also considered that, by refusing to receive items offered to them by the bailiff in 2003 (see paragraphs 15 and 17 cited above), the applicants had contributed to the overall length of the proceedings. The Court notes that the applicants focused on what they saw as a distribution of the disputed real estate in a manner not conforming to the final judgment. Whether or not they agreed to obtain the remainder of V.’s assets did not change the fact that the main contentious issue – concerning the building – continued to be examined for many years thereafter. It follows that the refusal to receive the items, in the absence of space in which to put them, did not in any way extend the overall length of the proceedings.
3. Conduct of the authorities
63. As to the conduct of the judicial authorities, the Court reiterates that it is for the Contracting States to organise their legal systems in such a way that their courts can guarantee to everyone the right to a final decision within a reasonable time in the determination of his or her civil rights and obligations (see Frydlender, cited above, § 45). The manner in which a State provides for mechanisms to comply with this requirement – whether by way of increasing the numbers of judges, or by automatic time-limits and directions, or by some other method – is for the State to decide. If a State lets proceedings continue beyond the “reasonable time” prescribed by Article 6 of the Convention without doing anything to advance them, it will be responsible for the resultant delay (see Price and Lowe v. the United Kingdom, nos. 43185/98 and 43186/98, § 23, 29 July 2003).
64. The Court notes that there were very long unexplained periods of inactivity by the courts in the present case (see, for instance, paragraphs 26 and 29-31 cited above).
65. It also notes that the case was first decided by a final court judgment on 10 September 1998. The proceedings were subsequently reopened through an extraordinary procedure of a type that is in itself contrary to Article 6 of the Convention (see, for instance, Brumărescu v. Romania [GC], no. 28342/95, § 65, ECHR 1999-VII, and Roşca v. Moldova, no. 6267/02, § 29, 22 March 2005). The applicants lodged their complaint in this respect outside the six-month period established in Article 35 of the Convention. However, it remains true that, following the reopening of a final court judgment, the judicial authorities need to take particular care to ensure a swift conclusion to the reopened proceedings. The Court assumes that, since a final judgment was adopted in the case, the factual and legal issues had largely been resolved. Unless new important facts are discovered and form the ground for the reopening, the courts do not have difficult issues to examine in any reopened proceedings. However, in the present case, most of the delays occurred after the quashing of the final judgment.
4. What was at stake for the applicants
66. The Court notes that, when the proceedings started, V. was the applicants’ main activity. Having been effectively prevented from continuing it, they were consequently deprived of their income. The proceedings thus concerned an important issue for the applicants.
5. Conclusion
67. The Court considers that the present case was somewhat complex, but that this in itself does not explain the overall length of the proceedings of more than ten years. The applicants could not be reproached for any serious delays, while the authorities and the courts allowed lengthy delays caused by inactivity. Moreover, after the case was resolved by a final court judgment, its reopening called for a swift determination of the outstanding issues, rather than a lengthy fresh examination. In the light of the above, the Court concludes that the requirement of a “reasonable time” laid down in Article 6 § 1 of the Convention was not complied with in the present case. There has therefore been a breach of that provision.
III. APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
68. Article 41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
A. Pecuniary damage
69. The applicants sought the return of the disputed building, in accordance with the judgment of 27 November 2001.
70. The Court notes its finding that the complaint about obtaining title to the disputed building was inadmissible as premature (see paragraph 49 above). It therefore rejects the applicants’ claim for return of the disputed building.
B. Non-pecuniary damage
71. The applicants claimed 10,000 euros (EUR) each in compensation for non-pecuniary damage caused to them. They submitted that they had suffered from the excessive length of the proceedings, during which their company had been prevented from working.
72. The Government submitted that the applicants could not claim any compensation, in the absence of any violation of their Convention rights. In any event, the amount claimed was unsubstantiated and excessive in comparison with similar cases.
73. The Court considers that the applicants must have been caused a certain level of stress and frustration as a result of the excessive length of the proceedings. Considering the total length of the proceedings, and deciding on an equitable basis, the Court awards each applicant EUR 2,000 for non-pecuniary damage.
C. Costs and expenses
74. The applicants claimed jointly EUR 556 for costs and expenses, including EUR 450 for legal costs.
75. The Government considered that the amount claimed for legal costs was excessive.
76. In the light of the materials in the file, the Court allows the applicants’ claim in full.
C. Default interest
77. The Court considers it appropriate that the default interest should be based on the marginal lending rate of the European Central Bank, to which should be added three percentage points.
FOR THESE REASONS, THE COURT UNANIMOUSLY
1. Declares admissible the complaint under Article 6 § 1 of the Convention concerning the excessive length of the proceedings, and the remainder of the application inadmissible;
2. Holds that there has been a violation of Article 6 § 1 of the Convention;
3. Holds
(a) that the respondent State is to pay the applicants jointly, within three months from the date on which the judgment becomes final in accordance with Article 44 § 2 of the Convention, the following amounts, to be converted into Moldovan lei at the rate applicable at the date of settlement:
(i) EUR 2,000 (two thousand euros) each, plus any tax that may be chargeable, in respect of non-pecuniary damage;
(ii) EUR 556 (five hundred and fifty six euros) jointly, plus any tax that may be chargeable to the applicants, in respect of costs and expenses;
(b) that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amounts at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period plus three percentage points;
4. Dismisses the remainder of the applicants’ claim for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 27 October 2009, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Deputy Registrar President

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