QUARTA SEZIONE
CAUSA MATEI E TUTUNARU C. MOLDAVIA
(Richiesta n. 19246/03)
SENTENZA
STRASBOURG
27 ottobre 2009
Questa sentenza diverrà definitiva nelle circostanze esposte nell’ Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.
Nella causa Matei e Tutunaru c. Moldavia,
La Corte europea di Diritti umani (quarta Sezione), riunendosi che come una Camera, composta da:
Nicolas Bratza, Presidente, Lech Garlicki, Ljiljana Mijović, David Thór Björgvinsson, Ján Šikuta, Päivi Hirvelä, Mihai Poalelungi, giudici,
e Fatoş Aracı, Cancelliere di Sezione Aggiunto,
Avendo deliberato in privato il 6 ottobre 2009,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da una richiesta (n. 19246/03) contro la Repubblica della Moldavia depositata presso la Corte sotto Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e delle Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da due cittadini Moldavi, il Sig. C. M. e la Sig.ra E. T. (“i richiedenti”), il 7 marzo 2003.
2. I richiedenti sono stati rappresentati dalla Sig.ra N. M., un avvocato che pratica a Chişinău. Il Governo Moldavo (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo Agente al tempo, il Sig. V. Pârlog.
3. I richiedenti addussero, in particolare, che i procedimenti nella loro causa erano stati smodatamente lunghi e che loro avevano perso i loro diritti di proprietà a parte della loro società come risultato di sentenze nazionali arbitrarie che includevano l’annullamento di una sentenza definitiva a loro favore.
4. L’ 8 dicembre 2004 il Presidente della quarta Sezione decise di dare avviso della richiesta al Governo. Fu deciso anche di esaminare i meriti della richiesta allo stesso tempo della sua ammissibilità (Articolo 29 § 3 della Convenzione).
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
5. I richiedenti sono entrambi nati nel 1951 e vivono rispettivamente a Ialoveni e Vorniceni.
6. I fatti della causa, come presentati dalle parti, possono essere riassunti come segue.
A. I procedimenti prima della richiesta per annullamento
7. Nel luglio 1987 i richiedenti e molte altre persone fondarono un’associazione commerciale (‘l’Associazione’). Dopo che gli altri membri dell’Associazione se ne andarono, i due richiedenti rimasero i suoi soli membri. Nel 1989 l’Associazione assunse tre altre persone secondo i richiedenti, (“gli impiegati”) che si licenziarono successivamente nel 1992. Secondo il Governo, loro erano divenuti membri dell’Associazione nel 1989.
8. Nel dicembre 1992 i richiedenti trasformarono l’Associazione in una società a responsabilità limitata. La società recentemente registrata mantenne il suo vecchio nome-V..
9. Il 1 giugno 1993 uno degli impiegati iniziò atti contro i richiedenti rivendicando si essere stato un membro dell’Associazione e richiedendo l’annullamento della trasformazione in una società a responsabilità limitata. Lui chiese anche la sua parte dei beni dell’Associazione. I due altri impiegati iniziarono procedimenti identici il 16 agosto 1994. Le cause furono congiunte.
10. Nel 1995 la Corte distrettuale di Botanica ammise i loro ricorsi. La Corte Suprema di giustizia sostenne quella sentenza. Il 27 novembre 1995 la Corte Suprema ed Assoluta di giustizia annullò quella sentenza ed ordinò un pieno riesame della causa.
11. Il 3 ottobre 1997 la Corte distrettuale di Botanica respinse le rivendicazioni degli impiegati. Il 22 gennaio 1998 la Corte Regionale di Chişinău sostenne quella sentenza. Il 10 settembre 1998 anche la Corte d’appello sostenne quella sentenza che poi divenne definitiva.
B. I procedimenti che seguono la richiesta per annullamento
12. In una data non specificata l’Accusatore Generale registrò una richiesta per l’annullamento di tutte le sentenze precedenti e perché le rivendicazioni contro i richiedenti venissero accordate in pieno. Il 26 gennaio 2000 la Corte di giustizia Suprema sostenne questa richiesta ed annullò le sentenze summenzionate. Ordinò un pieno riesame della causa.
13. Il 27 novembre 2001 la Corte distrettuale di Buiucani dichiarò priva di valore legale la trasformazione dell’Associazione in una società a responsabilità limitata. Benché gli impiegati fossero stati assunti dall’Associazione, la corte trovò che loro avevano preso parte al processo decisionale ed avevano fatto contributi finanziari ai beni comuni dell’Associazione. Di conseguenza, la corte considerò che gli impiegati avrebbero dovuto essere riconosciuti come essendo stati membri dell’Associazione. La corte ordinò “la distribuzione dei beni dell’associazione ‘V.’, situata al 99 di Decebal str. a Chişinău” fra i richiedenti e gli impiegati, ottenendo ognuno dei due gruppi i vari articoli (attrezzatura di produzione, macchine ed attrezzatura di ufficio) del bene comune. La corte specificò anche che “l’edificio del mercato ‘V.’” sarebbe dovuto rimanere di proprietà dei richiedenti.
14. L’ 11 aprile 2002 la Corte Regionale di Chişinău ha annullato questa sentenza e ne ha adottata una nuova con cui ha respinto tutte le rivendicazioni contro i richiedenti. Il 12 settembre 2002 la Corte d’appello annullò la sentenza della Corte Regionale di Chişinău e sostenne la sentenza della Corte distrettuale di Buiucani drl 27 novembre 2001 (s favore degli impiegati). Questa sentenza divenne definitiva.
C. Procedimenti di Esecuzione
1. Esecuzione della sentenza del 27 novembre 2007
15. Il 21 febbraio 2003 un ufficiale giudiziario ricevette un mandato per l’esecuzione della sentenza del 27 novembre 2001. Lo stesso giorno informò tutte le parti interessate che i beni sarebbero stati distribuiti il 26 febbraio 2003. In questa data l’ufficiale giudiziario venne ai locali di V. e procedette a distribuire alcuni dei beni, anche se i richiedenti non erano riusciti a comparire. Gli articoli che l’ufficiale giudiziario intendeva passare ai richiedenti erano immagazzinati per custodia da uno degli impiegati. I richiedenti impugnarono le azioni dell’ufficiale giudiziario in tribunale, ma il 7 aprile 2003 la Corte distrettuale di Buiucani respinse la loro azione di reclamo.
16. Il 23 giugno 2003 l’ufficiale giudiziario informò le parti che il resto dei beni sarebbe stato distribuito l’8 luglio 2003. Per ragioni ignote la piena esecuzione del madato non fu possibile in quella data ed una nuova data fu stabilita per il 23 luglio 2003.
17. Il 23 luglio 2003 l’ufficiale giudiziario riportò che uno dei richiedenti rifiutò di prendere proprietà degli articoli distribuiti a loro in conformità del mandato di esecuzione, inclusi quegli articoli già dati ad uno degli impiegati da tenere in custodia.
18. Il 24 luglio 2003 i richiedenti si lamentarono presso l’ufficio dell’ufficiale giudiziario degli eventi del giorno precedente. Loro spiegarono che loro avevano obiettato al modo in cui era stata eseguita la sentenza, in particolare di aver ricevuto la proprietà di specifiche stanze assegnata a loro dall’ufficiale giudiziario. Questi consistevano di una piccola stanza di otto metri quadrati e collocata sotto le scale appartenenti a S. un’altra società. Non erano riflessi nei documenti contabili di V. e non appartenevano a questa, mentre le altre stanze appartenenti a V. o erano state distribuite agli impiegati o non erano state distribuite affatto.
19. Il 16 ottobre 2003 il Settore dell’Esecuzione delle Decisioni del Ministero della Giustizia (“il Settore”) chiese alla Corte distrettuale di Buiucani di ordinare la restituzione del mandato di esecuzione ai richiedenti senza esecuzione, a causa del loro rifiuto di ricevere la proprietà attinente. Il 4 novembre 2003 la corte respinse questa richiesta come infondata. La corte trovò che i richiedenti non avevano rifiutato di ricevere i beni che erano stati concessi loro sotto la sentenza del 27 novembre 2001.
20. Il 18 novembre 2003 i richiedenti chiesero alla Corte distrettuale di Buiucani di spiegare come la sua sentenza del 27 novembre 2001 avrebbe dovuto essere eseguita, vale a dire, di specificare, con riferimento al piano dell’edificio, all’ indirizzo e alla misura della parte dell’edificio che avrebbe dovuto essere attribuiti a loro.
21. Il 3 marzo 2004 la Corte distrettuale di Buiucani adottò una decisione che corresse parte della sua sentenza del 27 novembre 2001, vale a dire descrivendo la misura esatta e l’ indirizzo della parte dell’edificio che avrebbe dovuto essere attribuito ai richiedenti. Aggiunse che i richiedenti avevano diritto a registrare i loro diritti di proprietà presso l’Ufficio Catastale Territoriale (“il TCO”). Uno dei richiedenti non era presente all’udienza.
22. A seguito di una richiesta da parte richiedenti che non erano stati presenti all’udienza del 3 marzo 2004, la decisione del 27 aprile 2004 che spiegava la sentenza del 27 novembre 2001 fu accantonata e la causa fu spedita per un nuovo esame.
23. Il 31 maggio 2004 la Corte distrettuale di Buiucani decise che la sentenza del 27 novembre 2001 sarebbe stata eseguita precisamente come era stata formulata, “in conformità coi documenti e la descrizione della proprietà attinente come registrata dalle autorità attinenti.” Questa decisione fu sostenuta dalla Corte d’appello di Chisinau il 18 novembre 2004.
2. Registrazione dei diritti di proprietà dei richiedenti da parte del TCO
24. Il 18 giugno 2004 il Settore chiesto al TCO di emettere per uno dei richiedenti delle copie di documenti riguardo all’edificio della V. situato al 99 di Decebal str. a Chişinău. Sembra sia stato emesso nessun documento simile.
25. Il 3 agosto 2004 i richiedenti chiesero al TCO di registrare i loro diritti di proprietà sull’edificio di V. situato al 99 Decebal str. a Chişinău, facendo seguito alla sentenza del 27 novembre 2001 e la decisione del 31 maggio 2004. nella stessa data il TCO rifiutò la richiesta dei richiedenti e spiegò che l’archivio non conteneva tutti i documenti necessari. In particolare non c’era nessuna descrizione richiesta della misura e dell’ indirizzo delle stanze da registrare a nome dei richiedenti, mentre un numero di altri edifici era situato al 99 Decebal str. a Chişinău.
26. Il 7 settembre 2004 il Settore chiese alla Corte distrettuale di Buiucani di spiegare che indirizzo esatto, incluso la specifica stanza nell’edificio avrebbe dovuto essere attribuito ai richiedenti in conformità con la sentenza del 27 novembre 2001. Il 21 febbraio 2005 la corte rispose che aveva già dato tutti i chiarimenti necessari il 31 maggio 2004. La corte aggiunse che la sentenza sarebbe stata eseguita come formulata, e che specificare l’indirizzo esatto e la specifica stanza da attribuire ai richiedenti implicava un emendamento illegale della sentenza del27 novembre 2001.
27. I richiedenti impugnarono la decisione del TCO del 3 agosto 2004 in tribunale. Il 19 maggio 2005 la Corte d’appello di Chişinău accordò la loro richiesta ed accantonò questa decisione, ordinando al TCO di registrare la proprietà attinente a nome dei richiedenti.
28. Il 21 settembre 2005 la Corte di giustizia Suprema annullò la decisione del tribunale inferiore come infondata ed ordinò un riesame da parte della Corte d’appello di Chişinău. La corte notò che i richiedenti erano presenti all’udienza e che aveva esaminato i materiali dell’archivio prima di giungere alla sua decisione.
29. Il 22 dicembre 2005 la Corte d’appello di Chişinău ordinò che venisse fatto un rapporto competente. Fu chiesto ad un esperto di determinare se c’era stata un qualsiasi tipo di registrazione di V. nel registro fondiario attinente, e, in tal caso a che nome. Si chiese anche all’esperto di determinare, se tale registrazione esisteva, l’indirizzo esatto e quali stanze (la loro superficie e gli altri dettagli), erano incluse.
30. Il 21 giugno 2007 la Corte d’appello di Chişinău trovò che anche se i richiedenti avevano pagato per i servizi dell’esperto ed il TCO aveva reso disponibile il registro attinente, nessun rapporto competente era stato fatto. Il 26 aprile 2007 Il Centro Nazionale Rapporti d’Expertise (“il Centro”) restituì l’archivio della causa alla corte precisando che il suo esperto non era stato ammesso nei locali del mercato di V.. La corte trovò la ragione dell’insuccesso dell’esecuzione del rapporto competente come “manifestamente inventata” poiché non c’era nessuna prova che era stato impedito l’acceso dell’esperto all’edificio e il 2 aprile 2007 il Centro avevano informato quindi i richiedenti che, a causa di un carico di lavoro elevato, il rapporto attinente non sarebbe stato reso sino al maggio 2007. La corte ordinò di nuovo al Centro che è un’istituzione Statale di fare il rapporto nel quale si chiedeva essenzialmente di rispondere alle stesse domande di quelle sollevate nel 2005. La corte chiese anche al Centro, se V. non fosse stata registrata nei documenti attinenti, di dare una descrizione del mercato come davvero visibile nella sua ubicazione al 99 Decebal str. a Chişinău. La corte notò che anche un rappresentante della terza parte S. avrebbe dovuto essere presente.
31. Il 21 aprile 2008 il Centro presentò la sua decisione secondo la quale era stato impossibile rispondere alle domande della corte. La ragione per questo era che V. non era registrata nel registro fondiario, né a nome dei richiedenti né a qualunque altro nome.
32. Il 13 giugno 2008 la Corte d’appello di Chişinău annullò la decisione del TCO del 3 agosto 2004. Trovò che V. non era registrata nel registro fondiario e non aveva descrizione tecnica come richiesto dalla legge. Ordinò perciò che il TCO registrasse il mercato a nome dei richiedenti.
33. Il 26 novembre 2008 la Corte di giustizia Suprema annullò quella sentenza. Trovò che i diritti di proprietà di S. sull’edificio situato al 99 Decebal str. a Chişinău erano registrati nel registro fondiario. La corte concluse che i richiedenti “chiedevano una registrazione della loro proprietà su beni immobili che non esisteva, poiché l’esistenza [di un pezzo di beni immobili] è confermata solamente quando viene fatta la registrazione nel registro fondiario.”
D. Accesso all’archivio della causa
34. Il 18 luglio 2005 la Sig.ra N. M. divenne il rappresentante dei richiedenti nella loro causa di fronte alla Corte. Nello stesso giorno lei tentò di ottenere accesso all’archivio della causa ma non fu in grado di trovarlo alla Corte distrettuale di Buiucani.
35. Secondo l’avvocato dei richiedenti, il 20 luglio 2005 lei è stata informata da una persona dealla cancelleria della Corte distrettuale di Buiucani che l’archivio della causa era stato spedito all’Ufficio dell’Agente Statale il 14 gennaio 2005. L’archivio della causa fu restituito alla Corte distrettuale di Buiucani il 9 marzo 2005.
36. Il 22 luglio 2005 ha chiesto assistenza al Consiglio Supremo dell’Ordinamento giudiziario per rimuovere ostacoli aveva incontrato alla Corte distrettuale di Buiucani, vale a dire di non esserle stato concesso l’accesso all’archivio di causa.
37. Il 23 luglio 2005 la Corte distrettuale di Buiucani informò l’avvocato dei richiedenti che l’archivio della causa non si trovava in nessun luogo.
38. Secondo l’avvocato dei richiedenti, ottenne accesso all’archivio della causa il 19 ottobre 2005.
LA LEGGE
39. I richiedenti si lamentarono, sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione, della lunghezza dei procedimenti che era stata eccessiva e dell’annullamento di una sentenza definitiva a loro favore.
La parte attinente dell’ Articolo 6 si legge come segue:
“ Nella determinazione dei suoi diritti civili ed obblighi… ognuno è abilitato ad un’udienza corretta… all’interno di un termine ragionevole…da[un] tribunale…”
40. Sostennero anche di essere stati costretti a fare un’associazione commerciale con delle persone con cui non si volevano associare, contrariamente all’ Articolo 11 della Convenzione. L’Articolo 11 si legge come segue:
“1. Ognuno ha il diritto alla… libertà di associazione con altri…”
41. I richiedenti si lamentarono di una violazione del loro diritto al rispetto della loro proprietà come garantito dall’Articolo 1 del Protocollo 1 alla Convenzione che si legge:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
42. I richiedenti infine si lamentarono che l’insuccesso nel dare al loro avvocato l’accesso all’archivio in modo opportuno aveva costituito una violazione degli Articoli 1, 10 e 34 della Convenzione.
L’Articolo 1 si legge come segue:
“Le Alti Parti Contraenti garantiranno ad ognuno all’interno della loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti nella Sezione I [della] Convenzione.”
L’Articolo 10 si legge come segue:
“1. Ognuno ha il diritto alla libertà di espressione. Questo diritto includerà la libertà di sostenere delle opinioni e ricevere ed impartire delle informazioni e delle idee senza interferenza da parte di un’ autorità pubblica e a prescindere delle frontiere. Questo Articolo non impedirà agli Stati di richiedere la licenza da emittenti radiofoniche o televisive e da imprese cinematografiche. …”
L’Articolo 34 si legge come segue:
“La Corte può ricevere richieste da qualsiasi persona, organizzazione non-governativa o gruppo di individui che sostengono di essere vittime di una violazione all’interno di una delle Alti Parti Contraenti dei diritti stabiliti nella Convenzione o nei Protocolli. Le Alti Parti Contraenti si impegnano a non impedire in qualsiasi modo l’esercizio effettivo di questo diritto.”
I. AMMISSIBILITÀ
43. I richiedenti si lamentarono, sotto l’Articolo 6 della Convenzione, dell’annullamento della sentenza definitiva a loro favore (vedere paragrafo 12 sopra). La Corte reitera che l’annullamento di una sentenza definitiva è un atto istantaneo che non crea una situazione continua, anche se comporta una riapertura dei procedimenti (vedere Frunze c. Moldavia (dec.), n. 42308/02, 14 settembre 2004). L’annullamento della sentenza definitiva in questa causa si verificò il 26 gennaio 2000. Il periodo dei sei -mesi cominciò a decorrere da questa data, mentre questa richiesta fu introdotta il 7 marzo 2003, più di tre anni più tardi.
Questa azione di reclamo è stata introdotta perciò fuori tempo-limite stabilito dall’ Articolo 35 § 1 della Convenzione e deve essere respinta come inammissibile facendo seguito all’ Articolo 35 § 4 della Convenzione.
44. La Corte nota che nella loro richiesta iniziale i richiedenti si lamentarono di una violazione dei loro diritti garantiti sotto l’Articolo 10 della Convenzione. Nella loro lettera del 16 febbraio 2006, loro chiesero comunque, alla Corte di non trattare con quell’azione di reclamo. La Corte perciò non l’esaminerà.
45. I richiedenti si lamentarono anche, sotto l’Articolo 11 della Convenzione di essere stati costretti a divenire comproprietari della loro società con persone con cui loro non volevano essere partner. La Corte considera che non riuscirono a provare la loro azione di reclamo, dato che i tribunali nazionali non ordinarono loro di essere partner degli impiegati, ma di dividere i beni della società, terminando effettivamente qualsiasi forma di cooperazione con loro. In qualsiasi caso nulla impediva ai richiedenti di lasciare la società in qualsiasi momento.
Ne segue che questa parte della richiesta deve essere respinta come manifestamente mal-fondata, facendo seguito all’ Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
46. I richiedenti si lamentarono inoltre, sotto gli Articoli 1 e 34 della Convenzione che al loro avvocato era stato impedito per tre mesi di ottenere accesso all’archivio della causa per presentare le loro osservazioni sulla causa. La Corte nota che l’avvocato non era stato davvero in grado di consultare l’archivio per tre mesi. Nota anche che i richiedenti non dibattono che l’archivio della causa fu negato a loro apposta. Piuttosto, loro vedono delle serie deficienze nell’organizzazione dell’archiviazione dei tribunali nazionali e nei sistemi di archiviazione che hanno permesso all’archivio di essere sistemato male per molto tempo. Loro menzionarono anche che all’Ufficio dell’Agente Statale era stato dato un miglior trattamento poiché l’archivio gli è stato spedito tre giorni dopo che la richiesta attinente era stata fatta.
47. La Corte considera che degli ostacoli crearono per richiedenti o per i loro avvocati nell’accesso ai documenti per fare le osservazioni richieste da lei può corrispondere ad una violazione dell’Articolo 34 della Convenzione. Comunque, dove lo Stato rispondente è in grado di mostrare che c’erano impedimenti obiettivi agli sforzi ragionevoli da parte delle autorità nazionali di assicurare l’osservanza dei diritti di un richiedente sotto l’Articolo 34, questa ultima disposizione non sarà stata violata (vedere, mutatis mutandis, Paladi c. Moldavia [GC], n. 39806/05, § 92 ECHR 10 marzo 2009). La Corte nota che nella presente causa la richiesta per accedere all’archivio fu fatta il 18 luglio 2005 (vedere paragrafo 34 sopra). Anche se i procedimenti principali erano terminati il 12 settembre 2002 (vedere paragrafo 14 sopra), i procedimenti di esecuzione, incluso il problema della registrazione della proprietà dei richiedenti di V. erano ancora in corso. Inoltre, due sentenze furono adottate poco prima e poco dopo la richiesta per accesso all’archivio (vedere paragrafi 27 e 28 sopra) che chiaramente mostra che l’archivio della causa era in uso attivo dai vari tribunali durante il periodo attinente. È sfortunato che i sistemi di archiviazione nei vari tribunali nazionali erano così confusi da impedire al personale di determinare rapidamente quale tribunale aveva l’archivio al tempo della richiesta dell’avvocato dei richiedenti. La Corte nota anche comunque, che i richiedenti frequentarono l’udienza della Corte di giustizia Suprema del 21 settembre 2005 e che la corte aveva esaminato l’archivio della causa (vedere paragrafo 28 sopra). Ne segue che i richiedenti erano consapevoli della presenza dell’archivio del 21 settembre 2005 e non vi è niente nei materiali di fronte alla Corte tale da mostrare che loro avevano chiesto di vedere l’archivio alla Corte di giustizia Suprema in quella data. Così i richiedenti hanno perso un’opportunità di accedere al loro archivio un mese prima che il loro avvocato riuscì infine ad accedere a questo.
48. La Corte non si convince perciò che le autorità nazionali avevano agito in modo incompatibile coi loro obblighi sotto l’Articolo 34 della Convenzione. Ne segue che le azioni di reclamo sotto l’Articolo 1 e 34 deve essere respinte come manifestamente mal-fondato, facendo seguito all’ Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
49. I richiedenti si lamentarono anche, sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione, di una violazione del loro diritto alla protezione della proprietà come risultato delle sentenze adottata dai tribunali nazionali. In particolare, loro si riferirono all’impossibilità continua di usare la parte dell’edificio di V. che avrebbe dovuto essere trasferito a loro in conformità con la sentenza definitivo del 27 novembre 2001. La Corte nota che, nella sua sentenza del 26 novembre 2008, la Corte di giustizia Suprema menzionò, che S. era il proprietario registrato dell’edificio contestato, mentre i richiedenti non avevano diritto registrato (vedere paragrafo 33 sopra). Se il titolo all’edificio contestato tenuto da S. è davvero valido, allora i richiedenti non possono lamentarsi di una violazione dei loro diritti di proprietà come risultato dell’insuccesso nel dare loro tale titolo in conformità con la sentenza del 27 novembre 2001. In questo collegamento, la Corte nota, che S. non partecipò ai procedimenti che diedero luogo alla sentenza del 27 novembre 2001 e che, di conseguenza, questa sentenza non vincolava S.
50. In assenza di dettagli riguardo alle circostanze nelle quali S. divenne il proprietario registrato dell’edificio, la Corte non determinerà quale persona o entità è il vero proprietario dell’edificio, poiché spetta ai tribunali nazionali deciderlo. I richiedenti non presentarono prova di aver impugnato in tribunale il titolo all’edificio posseduto da S. e ne segue che l’azione di reclamo dei richiedenti sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione è prematuro e deve essere respinto sotto l’Articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione per non-esaurimento delle vie di ricorso nazionali.
51. Riguardo alla lunghezza dell’azione di reclamo dei procedimenti, la Corte nota, che il Governo considerò che era incompatibile ratione temporis con la giurisdizione della Corte, dato che le violazioni addotte ebbero luogo nel 1993, prima che la Moldavia si unisse alla Convenzione il 12 settembre 1997. La Corte nota che i procedimenti nella presente causa durano almeno sino al 2002, quando fu adottata la sentenza definitiva (vedere paragrafo 14 sopra). Questa eccezione preliminare deve essere perciò respinta.
52. La Corte considera che l’azione di reclamo dei richiedenti sotto l’Articolo 6 della Convenzione (lunghezza dei procedimenti) solleva delle questioni di legge che sono sufficientemente serie la cui loro determinazione dovrebbe dipendere da un esame dei meriti. Non è stato stabilito alcun motivo per dichiararla inammissibile. La Corte dichiara perciò questa azione di reclamo ammissibile. In conformità con la sua decisione di applicare l’Articolo 29 § 3 della Convenzione (vedere paragrafo 4 sopra), la Corte immediatamente considererà i meriti di questa azione di reclamo.
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
A. Osservazioni delle parti
53. I richiedenti si lamentarono che la lunghezza dei procedimenti era stata eccessiva, durando dal 1993 sino ad oggi, dato che la sentenza del 27 novembre 2001 non era stata ancora attualmente eseguita. Il periodo attinente cominciò il 12 settembre 1997 quando la Moldavia si unì alla Convenzione. Loro considerarono che la causa non era molto complessa e cpoinvolgeva solamente due parti (i richiedenti da una parte e gli impiegati dall’altra), non cinque come dibattuto dal Governo. I richiedenti presentarono di aver agito diligentemente e di non aver provocato ritardo indebito. Allo stesso tempo, i tribunali avevano concesso lungo periodi d’inattività, nonostante la causa fosse molto importante per i sostentamenti dei richiedenti. Per esempio, solamente un’ udienza del tribunale era stata tenuta nel 1999 e solamente tre nel 2000. Infine, il loro rifiuto a ricevere alcuni beni di V. era stato dovuto al fatto che quegli articoli includevano un’ attrezzatura di produzione massiccia fino a quattro tonnellate di peso che aveva bisogno di spazio in cui essere collocata. Ancora la sentenza a riguardo dell’edificio non era stata eseguita e così i richiedenti non avevano alcun posto in cui immagazzinare quegli articoli.
54. Il Governo concordò che il periodo da prendere in esame cominciò il 12 settembre 1997. Presentò che questo era una delle cause più complesse da esaminare dai tribunali nazionali, coinvolgendo come faceva quattro querelanti e tre imputati. Tre testimoni erano stati ascoltati e molti rapporti competenti erano stati fatti. L’archivio della causa conteneva pressoché mille pagine. Inoltre, i richiedenti erano stati responsabili per alcuni dei ritardi, avendo, in certo numero di occasioni richiesto la proroga delle udienze del tribunale. Inoltre, il rifiuto dei richiedenti di accettare gli articoli proposti a loro dall’ufficiale giudiziario in esecuzione della sentenza del 27 novembre 2001 aveva contribuito alla lunghezza dei procedimenti. Infine, le autorità nazionali avevano preso tutti i passi ragionevoli per assicurare un esame opportuno della causa.
B. La valutazione della Corte
55. La Corte reitera che la ragionevolezza della lunghezza dei procedimenti deve essere valutata alla luce delle circostanze della causa e con riferimento ai seguenti criteri: la complessità della causa, la condotta dei richiedenti e delle autorità attinenti e cosa era in pericolo per i richiedenti nella controversia (vedere, fra molte altre autorità, Frydlender c. Francia [GC], n. 30979/96, § 43, ECHR 2000-VII, e Cravcenco c. Moldavia, n. 13012/02, § 44 15 gennaio 2008).
56. La Corte concorda che il periodo da prendere in esame cominciò il 12 settembre 1997 quando la Moldavia si unì alla Convenzione. In merito a quando questo periodo termina, si deve notare ciò che segue. I procedimenti nella causa presente terminarono il 12 settembre 2002, sostenendo la sentenza del 27 novembre 2001 (vedere paragrafo 14 citato sopra). Comunque, la sentenza definitiva che assegnava ai richiedenti, inter alia, una parte dell’edificio di V. , non fu mai eseguita. I tribunali determinarono infine che questa parte della sentenza non poteva essere eseguita poiché S. era il proprietario registrato dell’edificio (vedere paragrafo 33 sopra). Comunque, ci vollero sei anni e due mesi dalla data della sentenza definitiva della corte per raggiungere questa conclusione, nonostante il loro obbligo di verificare la base legale per assegnare dei diritti di proprietà già nei procedimenti originali. A questo riguardo la Corte si riferisce alla sentenza della Corte di giustizia Suprema per cui l’esistenza di beni immobili potrebbe essere provata solamente tramite prova della registrazione nel registro fondiario (vedere paragrafo 33 citato sopra). Ne segue che nei procedimenti che terminarono il 12 settembre 2002 i tribunali andarono a vuoto nel verificare se le parti avevano qualsiasi titolo legale sulla proprietà che loro avevano detto di appartenere a V..
57. La Corte nota che la sentenza definitiva del 10 settembre 1998 a favore dei richiedenti non richiese l’esecuzione, poiché respinse le rivendicazioni dell’altra parte contro i richiedenti. Essendo così, nessuno procedimenti era pendente fra la data summenzionata e il 26 gennaio 2000, quando la Corte di giustizia Suprema annullò la sentenza definitiva ed ordinò un nuovo processo (vedere paragrafo 12 citato sopra). Perciò, questo periodo di approssimativamente sedici mesi non sarà incluso nella lunghezza complessiva dei procedimenti.
58. La Corte considera che se il titolo detenuto da S. non è valido, allora la sentenza del 27 novembre 2001 non sarà considerata ancora eseguita. Se il titolo detenuto da S. viene provato come valido, questi significherà che anche la distribuzione originale della proprietà di V. fatta nel 27 novembre 2001 era ingiusta per i richiedenti che ricevettero meno beni a riguardo della parte dell’edificio che fu assegnata loro. Ne segue che, sino a che non viene fatta una determinazione definitiva del metodo di distribuzione di quei beni, prendendo conto dei risultati di qualsiasi verifica della validità del titolo detenuto da S., i procedimenti originali iniziati contro i richiedenti nel 1993 devono essere ancora considerati come pendenti.
59. La Corte conclude così che il periodo da contare ai fini di verificare l’ ottemperanza con l’Articolo 6 della Convenzione durò dal 12 settembre 1997 sino ad oggi. Dopo avere escluso sedici mesi come notato nel paragrafo 57 sopra, il periodo attinente ammonta approssimativamente a dieci anni ed otto mesi.
1. La complessità della causa
60. La Corte nota che i tribunali nazionali considerarono necessario ordinare molti rapporti competenti per determinare la proprietà della parte contestata dell’edificio, e che gli esperti non erano in grado di redigere tale rapporto in mancanza dei documenti attinenti. Essendo così, la causa potrebbe essere considerata piuttosto complessa. Simile complessità non può spiegare comunque di per sé, la lunghezza totale dei procedimenti, in particolare alla luce del fatto che l’esperto impiegò un anno e mezzo per annunciare di fronte al tribunale che era impossibile fare tale rapporto (vedere paragrafi 29 e 30 citati sopra). Dopo che la corte respinse questa ragione ed ordinò che venisse fatto un nuovo rapporto, l’esperto impiegò altri dieci mesi prima di riportare di nuovo che era impossibile fare un rapporto (vedere paragrafo 31 citato sopra). A questo secondo riguardo, la Corte nota, che la responsabilità principale per il ritardo dovuto all’attesa delle opinioni competenti rimane in ultimo sullo Stato (vedere Capuano c. Italia, 25 giugno 1987, § 32 Serie An. 119).
2. La condotta dei richiedenti
61. La Corte nota l’osservazione del Governo che i richiedenti erano responsabili del ritardo nei procedimenti (vedere paragrafo 54 sopra). Loro presentarono prova di tre richieste dei richiedenti per posticipare le udienze. In tutte e tre, i richiedenti chiesero ai tribunali di posticipare l’udienza perché loro erano malati, come provato da certificati medici. La Corte considera che questi ritardi erano troppo pochi e troppo brevi per spiegare la lunghezza complessiva dei procedimenti.
62. Il Governo considerò anche che, rifiutando di ricevere gli articoli propose a loro dall’ufficiale giudiziario nel 2003 (vedere paragrafi 15 e 17 citato sopra), i richiedenti avevano contribuito alla lunghezza complessiva dei procedimenti. La Corte nota che i richiedenti focalizzarono su ciò che loro vedevano come una distribuzione dei beni immobili contestati in modo che non adatto alla sentenza definitiva. Se loro erano d’accordo o meno ad ottenere il resto dei beni di V. non cambia il fatto che il problema principale del contenzioso -riguardo all’edificio-continuava ad essere esaminato da allora in poi per molti anni. Ne segue che il rifiuto a ricevere gli articoli, in assenza di spazio in cui metterli, non ha fatto in qualsiasi modo prolungare la lunghezza complessiva dei procedimenti.
3. Condotta delle autorità
63. Riguardo alla condotta delle autorità giudiziali, la Corte reitera, che spetta agli Stati Contraenti organizzare i loro ordinamenti giuridici in modo tale che i loro tribunali possano garantire ad ognuno il diritto ad una decisione definitiva all’interno di un termine ragionevole nella determinazione dei suoi diritti ed obblighi civili (vedere Frydlender, citata sopra, § 45). Spetta allo Stato decidere il modo in cui un Stato prevede dei meccanismi per attenersi a questo requisito-sia aumentando il numero dei giudici, o con tempo-limiti automatici e direzioni, o con altri metodi. Se uno Stato lascia continuare i procedimenti oltre il “termine ragionevole” prescritto dall’Articolo 6 della Convenzione senza fare niente per accellerarli, sarà responsabile per il ritardo risultante (vedere Price e Lowe c. Regno Unito, N. 43185/98 e 43186/98, § 23 29 luglio 2003).
64. La Corte nota che ci sono stati dei periodi inspiegati e molto lunghi d’inattività da parte dei tribunali nella presente causa (vedere, per esempio, paragrafi 26 e 29-31 citati sopra).
65. Nota anche che la causa prima fu decisa da una sentenza definitiva di corte il 10 settembre 1998. I procedimenti furono riaperti successivamente tramite una procedura straordinaria di un tipo che è in se stesso contrario all’ Articolo 6 della Convenzione (vedere, per esempio, Brumărescu c. Romania [GC], n. 28342/95, § 65, ECHR 1999-VII, e Roşca c. Moldavia, n. 6267/02, § 29 22 marzo 2005). I richiedenti presentarono il loro reclamo w questo riguardo fuori del periodo dei sei- mese stabilito nell’ Articolo 35 della Convenzione. Comunque, rimane vero che, a seguito della riapertura di una sentenza definitiva della corte, le autorità giudiziali hanno bisogno di prendere particolare cura per assicurare una conclusione rapida ai procedimenti riaperti. La Corte presume che, poiché una sentenza definitiva fu adottata nella causa, le questioni riguardanti i fatti e quelle legali erano state risolte ampiamente. A meno che importanti fatti nuovi vengano scoperti e formino la base per la riapertura, i tribunali non hanno problemi difficili nell’ esaminare qualsiasi riapertura dei procedimenti. Comunque, nella presente causa, la maggior parte dei ritardi accaddero dopo l’annullamento della sentenza definitiva.
4. Ciò che era in pericolo per i richiedenti
66. La Corte nota che, quando i procedimenti cominciarono, V. era l’attività principale dei richiedenti. Avendo effettivamente ostacolato dal continuarla, loro furono privati di conseguenza del loro reddito. I procedimenti riguardavano così un importante problema per i richiedenti.
5. Conclusione
67. La Corte considera che la presente causa era piuttosto complessa, ma che questo non spiega di per sé la lunghezza complessiva dei procedimenti di più di dieci anni. Ai richiedenti non si poteva rimproverare alcun ritardo serio, mentre le autorità e i tribunali hanno permesso dei lunghi ritardi causati dall’ inattività. Inoltre, dopo che la causa fu risolta da una sentenza definitiva di corte, la sua riapertura richiamava una determinazione rapida dei problemi insoluti, piuttosto che un nuovo lungo esame. Alla luce di quanto sopra, la Corte conclude, che non ci si è attenuti col requisito del“termine ragionevole” stabilito nell’Articolo che 6 § 1 della Convenzione nella presente causa. C’è stata perciò una violazione di quella disposizione.
III. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
68. L’Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno materiale
69. I richiedenti chiesero il ritorno dell’edificio contestato, in conformità con la sentenza del 27 novembre 2001.
70. La Corte nota la sua costatazione che l’azione di reclamo di ottenere il titolo di proprietà sull’edificio contestato era inammissibile come prematura (vedere paragrafo 49 sopra). Respinge perciò la rivendicazione dei richiedenti per la restituzione dell’edificio contestato.
B. Danno morale
71. I richiedenti chiesero 10,000 euro (EUR) ognuno per risarcimento per danno morale causato a loro. Loro presentarono di aver patito la lunghezza eccessiva dei procedimenti durante la quale alla loro società era stato impedito di lavorare.
72. Il Governo presentò che i richiedenti non potevano chiedere qualsiasi risarcimento, in assenza di qualsiasi violazione dei loro diritti della Convenzione. In qualsiasi caso, l’importo chiesto non era comprovato ed eccessivo rispetto alle cause simili.
73. La Corte considera che ai richiedenti è stato provocato un certo livello di stress e di frustrazione come risultato della lunghezza eccessiva dei procedimenti. In considerazione della lunghezza totale dei procedimenti, e decidendo su una base equa, la Corte assegna EUR 2,000 ad ogni richiedente per danno morale.
C. Costi e spese
74. I richiedenti chiesero congiuntamente EUR 556 per costi e spese, incluso EUR 450 per spese processuali.
75. Il Governo considerò che l’importo chiesto per spese processuali era eccessivo.
76. Alla luce dei materiali nell’archivio, la Corte concede la rivendicazione dei richiedenti in pieno.
C. Interesse di mora.
77. La Corte considera appropriato che l’interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a cui si dovrebbero essere aggiungere tre punti percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’
1. Dichiara ammissibile l’azione di reclamo sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione riguardo alla lunghezza eccessiva dei procedimenti, ed il resto della richiesta inammissibile;
2. Sostiene che c’è stata una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Sostiene
(a) che lo Stato rispondente deve pagare congiuntamente ai richiedenti, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’Articolo 44 § 2 della Convenzione i seguenti importi, da convertire in lei Moldavi al tasso applicabile in data dell’ accordo:
(i) EUR 2,000 (due mila euro) ognuno, più qualsiasi tassa che può essere addebitabile, a riguardo del danno morale;
(ii) EUR 556 (cinquecento e cinquanta sei euro) congiuntamente, più qualsiasi tassa che può essere a carico dei richiedenti, a riguardo di costi e spese;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo il tasso d’interesse semplice sarà pagabile sugli importi sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;
4. Respinge il resto della rivendicazione dei richiedenti per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 27 ottobre 2009, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 dell’Ordinamento di Corte.
Fatoş Aracı Nicolas Bratza
Cancelliere Aggiunto Presidente