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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF MANOLOV AND RACHEVA-MANOLOVA v. BULGARIA

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 29, P1-1
Numero: 54252/00/2008
Stato: Bulgaria
Data: 2008-12-11 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

Conclusione Parte restante inammissibile; Violazione di P1-1; danno Materiale – assegnazione; danno morale – assegnazione
QUINTA SEZIONE
CAUSA MANOLOV E RACHEVA-MANOLOVA C. BULGARIA
(Richiesta n. 54252/00)
SENTENZA
STRASBOURG
11 dicembre 2008
Questa sentenza diverrà definitiva nelle circostanze esposte nell’ Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Manolov e Racheva-Manolova c. Bulgaria,
La Corte europea dei Diritti umani (quinta Sezione), riunendosi in una Camera, composta da:
Peer Lorenzen, Presidente Rait Maruste, Karel Jungwiert Volodymyr Butkevych, Renate Jaeger il Mark Villiger, Mirjana Lazarova Trajkovska, giudici,
e Claudia Westerdiek, Cancelliere di Sezione,
Avendo deliberato in privato il 18 novembre 2008,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in questa data:
PROCEDURA
1. La causa ha origine da una richiesta (n. 54252/00) contro la Repubblica della Bulgaria depositata con la Corte sotto l’Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e le Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da due cittadini bulgari, il Sig. Z. M. ed la Sig.ra E. R. – M. (“i richiedenti”), il 4 ottobre 1999.
2. I richiedenti a cui è stato il patrocinio gratuito sono stati rappresentati dal Sig. V. S., un avvocato che pratica a Sofia. Il Governo bulgaro (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo Agente, la Sig.ra M. Kotzeva, del Ministero di Giustizia.
3. I richiedenti addussero, in particolare, che loro erano stati privati della loro proprietà in modo illegale, discriminatorio ed arbitrario e senza risarcimento.
4. Il 7 maggio 2007 la Corte decise di dare avviso della richiesta al Governo. Sotto le disposizioni dell’ Articolo 29 § 3 della Convenzione, decise di esaminare i meriti della richiesta allo stesso tempo della sua ammissibilità.
5. Il giudice Kalaydjieva, giudice eletto a riguardo della Bulgaria, si è astenuto dal riunirsi nella causa (Articolo 28 degli Articoli della Corte). Il 1 ottobre 2008, il Governo, facendo seguito all’Articolo 29 § 1 (a), ha informato la Corte di aver nominato al suo posto un altro eletto giudice, vale a dire il Giudice Lazarova Trajkovska.
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
6. I richiedenti sono marito e moglie. Sono nati rispettivamente nel 1920 e 1930 e vivono a Sofia.
7. Nel 1982 il primo richiedente che era un artista acquistò dallo Stato tramite l’Unione degli Artisti bulgari un’officina di 212 metri quadrati a Sofia. Sembra che il secondo richiedente, essendo la consorte del primo richiedente abbia acquisito una quota della proprietà. Il prezzo, 17,680 di “vecchi” lev bulgari (BGL), fu determinato in conformità con la legislazione attinente e pagato dal primo richiedente. Al tempo attinente questa somma era equivalente a non meno di 75 salari mensili medi.
8. Negli anni seguenti i richiedenti fecero delle modifiche sostanziali alla proprietà. I richiedenti usarono la proprietà come officina e come loro abitazione.
9. La proprietà, ubicata in un edificio costruito non più tardi del 1946, consisteva originalmente in tre locali separati che erano divenuti proprietà Statale nel 1976 e 1978, quando un Sig. A. ed una Sig.ra P., i proprietari avevano venduto rispettivamente i loro locali allo Stato, tramite l’Unione degli Artisti bulgari. L’operazione era stata eseguita facendo seguito al Decreto n. 60 del 1975 del Consiglio dei Ministri, a prezzi determinati dalle regolamentazioni attinenti (vedere paragrafo 19 sotto).
10. Nel 1992 gli eredi del Sig. A. e della Sig.ra P. rimborsarono il prezzo che le loro famiglie avevano ricevuto rispettivamente nel 1976 e 1978 e, rivendicando di aver ripristinato con questo il loro titolo alle rispettive parti della proprietà in virtù della Restituzione dell’Atto di Restituzione di Negozi, Officine e Depositi del 1991 (“l’Atto del 1991”), depositarono un’azione di rei vindicatio contro i richiedenti.
11. I procedimenti superarono tre livelli di giurisdizione e terminarono con una sentenza finale della Corte Suprema di Cassazione del 13 maggio 1997 che ordinava ai richiedenti di sgombrare la proprietà.
12. I tribunali notarono che in conformità con l’Atto del 1991 i precedenti proprietari di beni immobili venduti allo Stato sotto il Decreto n. 60 di 1975 avrebbero potuto ripristinare automaticamente il loro titolo rimborsando il prezzo che avevano ricevuto dallo Stato. Ai proprietari ripristinati fu concesso di richiedere la loro proprietà da qualsiasi terza persona, anche nel caso in cui i secondi l’avevano acquisita tramite un’operazione valida. I tribunali trovarono che nella causa in questione i querelanti avevano rimborsato il prezzo che le loro famiglie avevano ricevuto nel 1976 e 1978 ed avevano ripristinato il loro titolo. Sotto l’Atto del 1991 i richiedenti non erano più i proprietari e dovevano sgombrare i locali. Il fatto che loro avevano acquistato la proprietà nel 1982 tramite un’operazione valida era irrilevante.
13. Le sentenze attinenti dei tribunali nei procedimenti del 1992-1997, così come l’atto del notaio dei richiedenti, hanno descritto la proprietà come comprendente approssimativamente 212 metri quadrati su tre livelli: (i) la cantina, usata come officina (75.24 metri quadrati), (ii) la galleria d’arte (53.37 metri quadrati) e (iii) livello superiore (83.24 metri quadrati).
14. Il 28 aprile 1999 i richiedenti furono sfrattati dalla proprietà. Si trasferirono in una stanza di 12 metri quadrati appartenente un loro amico, dove vissero sino al 2001.
15. I richiedenti chiesero al municipio di Sofia di offrire loro un appartamento municipale in affitto. Il municipio concordò ma propose ai richiedenti, nell’ aprile 2000, un appartamento minuscolo e più tardi un appartamento ubicato sotto il livello del suolo che i richiedenti rifiutarono ritenendolo non adatto all’ occupazione. Nel dicembre 2002 ai richiedenti fu accordati infine, l’affitto di un appartamento municipale di due stanze a prezzi regolati.
16. In una data non specificata nel 1997 i richiedenti intrapresero un’azione sotto la sezione 2 § 1 dell’Atto del 1991, chiedendo il risarcimento per i miglioramenti nella proprietà dagli eredi del Sig. A. ed della Sig.ra P. Con una sentenza del 10 luglio 2000 la Corte Civica di Sofia assegnò 34,462 lev bulgari ai richiedenti (BGN) (l’equivalente di circa EUR 17,500) apparentemente sulla base dei prezzi aggiornati di mercato.
17. Il 18 marzo 2003 questa sentenza fu annullata dalla Corte Suprema di Cassazione che rinviò la causa per un nuovo esame indicando che il risarcimento avrebbe dovuto essere pari all’importo delle spese sborsate dai richiedenti per la ricostruzione della loro proprietà, calcolato facendo riferimento ai prezzi in vigore al tempo attinente -gli anni settanta.
18. Da allora in poi i richiedenti abbandonarono i procedimenti siccome divenne chiaro che come risultato della svalutazione della valuta bulgara, l’inflazione ed la pratica bulgara dei tribunali di rifiutare la rivalorizzazione avrebbero potuto sperare solamente di ottenere un risarcimento di pochi spiccioli. I procedimenti furono terminati in una data non specificata nel 2004.
II. DIRITTO NAZIONALE E PRATICA ATTINENTE
19. In virtù del Decreto n. 60 di 1975 del Consiglio di Ministri, le imprese Statali o municipali furono autorizzate “ad acquistare”, da individui che li possedevano, negozi, officine, depositi o locali simili. Il prezzo fu fissato tramite decisione amministrativa sulla base della legislazione. Mentre il Decreto prevedeva che il proprietario avrebbe dovuto proporre che la sua proprietà venisse acquistata, in realtà i proprietari erano messi sotto pressione per vendere la loro proprietà sotto la politica del Partito comunista di limitare l’attività economica privata (vedere sentenza della Corte Suprema n. 270 del 14 febbraio 1995 nella causa n. 4/94, notando obiter che gli individui riguardati erano stati costretti a vendere il loro negozio). Questa politica era stata implementata, fra altri mezzi, tramite l’Atto della Proprietà dei Cittadini del 1973 che limitava ad una minima proprietà privata di locali per l’attività economica.
20. Nel dicembre 1991 il Parlamento adottò l’Atto di Restituzione di Negozi, Officine e Deposito del 1991 secondo cui purché i precedenti proprietari di beni immobili venduti allo Stato sotto il Decreto n. 60 del 1975 avrebbero potuto ripristinare automaticamente il loro titolo rimborsando il prezzo che loro avevano ricevuto entro un anno dall’entrata in vigore dell’Atto (sezione 1 dell’Atto). Ai proprietari ripristinati fu concesso di richiedere la loro proprietà da qualsiasi terza persona, anche nel caso in cui i secondi l’avevano acquisita tramite un’operazione valida (vedere anche la sentenza della Corte Suprema no.1758 del 2.02.1994 nella causa n. 430/93).
21. La Sezione 2 § 1 dell’Atto del 1991 dà un titolo alle persone nella posizione dei richiedenti di richiedere il risarcimento per i miglioramenti che hanno apportato alla proprietà. Loro possono recuperare le somme spese per i miglioramenti, non un importo rappresentante l’aumento del valore risultante (vedere sentenza della Corte Suprema n. 945 di 22.10.1993 nella causa n. 390/93). In pratica, comunque queste rivendicazioni conducono solamente al ricupero di importi insignificanti dovuti all’inflazione che negli anni novanta deprezzò la valuta nazionale con un coefficiente di parecchie centinaia, e come della pratica dei tribunali bulgari di rifiutare la rivalorizzazione risultato. L’Atto del 1991 non prevede alcun ricupero da parte di persone nella posizione dei richiedenti del prezzo che loro hanno pagato per la proprietà. Teoreticamente, loro potrebbero intentare procedimenti per arricchimento indebito sotto la sezione 55 dell’ Atto dei Contratti ed Obblighi contro lo Stato o l’impresa o l’istituzione che avevano ricevuto il rimborso dai proprietari ripristinati sotto la sezione 1 dell’Atto ma non c’è nessuna giurisprudenza riportata che confermi questa possibilità.
LA LEGGE
I. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N.RO 1 ALLA CONVENZIONE
22. I richiedenti si lamentarono, appellandosi all’ Articolo 1 del Protocollo No.1 e agli Articoli 8, 13 14 e 17 della Convenzione di essere stati privati della loro proprietà in modo illegale, discriminatorio ed arbitrario e senza risarcimento. Il Governo contestò questo argomento.
23. La Corte considera che l’azione di reclamo debba essere esaminata sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento tranquillo delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, le disposizioni precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire simili leggi come ritiene necessario per controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
A. Ammissibilità
24. Il Governo non rese alcuna obiezione riguarda all’ammissibilità delle azioni di reclamo.
25. Comunque, notando che può sorgere un problema riguardo all’ottemperanza della norma dei sei mesi sotto Articolo 35 § 1 della Convenzione, la Corte considera che deve esaminare questa questione di sua propria istanza. La norma dei sei mesi delimita i limiti temporali di supervisone portata avanti dalla Corte. Non è perciò aperto alla Corte di accantonare l’applicazione di questo articolo solamente perché un Governo non ha fatto un’obiezione preliminare basata su ciò (vedere Walker c. Regno Unito (dec.), n. 34979/97, ECHR 2000-I).
26. La Corte nota che la privazione di proprietà di cui si sono lamentati fu effettuata tramite decisioni giudiziali che sono divenute definitive nel 13 maggio 1997, quando la Corte Suprema di Cassazione consegnò la sua sentenza, mentre le azioni di reclamo di fronte alla Corte furono introdotte il 4 ottobre 1999, più di due anni più tardi. La questione diventa, perciò, se la sentenza del 13 maggio 1997 fosse o meno la “decisione finale” all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 1 da cui il periodo dei sei mesi comincia a decorrere.
27. In cause bulgare simili (vedere Shoilekovi ed Altri c. Bulgaria ( dec.), N. 61330/00, 66840/01 e 69155/01 dell’8 settembre 2007), la Corte considerò che le azioni di reclamo davanti a sé includevano tutti gli effetti della legislazione contestata e pratica, incluso sviluppi legislativi e pratici riguardo allo schema di risarcimento applicabile, e, perciò, accettò che gli eventi attinenti dovessero essere considerati come una situazione continua (ibid., vedere anche Velikovi ed Altri c. Bulgaria, n. 43278/98 et al., §§ 128-139 e 161, 15 marzo 2007).
28. Nella presente causa non ci sono stati sviluppi attinenti dopo l’adozione dell’Atto del 1991 e non si può considerare perciò che gli eventi di cui si lamentavano concernevano una situazione continua.
29. Nondimeno, come in Velikovi ed Altri (citata sopra), il problema di fronte alla Corte concerne gli effetti della restituzione contestata e la legislazione del risarcimento presi nell’insieme (ibid., § 161). La Corte nota che l’Atto del 1991 conteneva nella sua sezione 2 una disposizione speciale che dava un titolo a persone nella posizioni dei richiedenti di chiedere il risarcimento per tutti i miglioramenti nella proprietà (vedere paragrafo 21 sopra). Questa disposizione formava una parte integrante della legislazione attinente. Come la Corte affermò in Velikovi ed Altri, nell’esaminare le azioni di reclamo sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 nello specifico contesto di restituzione della proprietà dopo la caduta del comunismo, deve prendere in esame, come un fattore centrale “la sofferenza subita dai richiedenti e l’adeguatezza del risarcimento ottenuto” tramite le varie procedure e possibilità disponibili a loro, come potrebbe essere in questo caso (ibid., § 190).
30. In queste circostanze può essere accettato che il tentativo del richiedente, nei procedimenti del 1997-2004, di chiedere il risarcimento per i miglioramenti benché non diretto a sopprimere l’effetto della privazione della proprietà e non capace di offrire più di una compensazione parziale, fosse attinente alla loro azione di reclamo sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 dal momento che era basato su una disposizione della legislazione contestata e poteva in principio alleviare il carico imposto sui richiedenti tramite l’applicazione di questa legislazione. Nonostante il risultato finale di questi procedimenti, la Corte considera anche, che il tentativo dei richiedenti non era irragionevole. In particolare, il primo giudice di prima istanza ha ammesso il loro ricorso e ha assegnato loro una somma di denaro che era lontana dall’essere insignificante (vedere paragrafo 16 sopra). Perciò, non può essere considerato che l’ eventuale inefficacia della via di ricorso intrapresa dai richiedenti avesse dovuto essere ovvia a loro all’inizio (vedere le decisioni seguenti concernenti il punto iniziale del tempo limite dei sei mesi in situazioni in cui i richiedenti hanno utilizzato vie di ricorso che si sono dimostrate inefficaci: Lotter e Lotter c. Bulgaria ( dec.), n. 39015/97, 6 febbraio 2003 e M.C. c. Germania ( dec.), n. 25510/94, 18 maggio 2000).
31. Nella prospettiva della Corte, ne segue che nelle specifiche circostanze della presente causa la sentenza del 13 maggio 1997 nei procedimenti di restituzione non era la “decisione finale” all’interno del significato dell’Articolo 35 § 1. Trova che i requisiti del provvedimento sono stati soddisfatti siccome i richiedenti hanno introdotto la loro azione di reclamo sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 nell’ ottobre 1999, quando i procedimenti per il risarcimento erano pendenti, e dal momento che questi procedimenti sono terminati prima della valutazione della Corte dell’ammissibilità della richiesta.
32. Infine, la Corte nota che l’azione di reclamo sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 non è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile per qualsiasi altro motivo. Deve essere dichiarata perciò ammissibile.
B. Meriti
33. I richiedenti affermarono, inter alia che loro erano stati privati della loro proprietà sulla base di una legislazione che non era nell’interesse pubblico e che violava la Costituzione e il diritto internazionale. Inoltre, era motivata da considerazioni politiche e ha imposto un carico pesante su persone che avevano acquistato legalmente pezzi di proprietà che rientravano all’interno della sfera di applicazione dell’Atto del 1991.
34. Il Governo affermò che le leggi di restituzione adottate dopo la caduta del comunismo miravano ripristinare la giustizia. Nel caso dei richiedenti i tribunali avevano applicato correttamente la legge attinente. Il giusto equilibrio richiesto non era stato sconvolto perché ai richiedenti era stato concesso, ed avevano ottenuto, l’affitto di un appartamento municipale. Inoltre, erano abilitati ad ottenere un risarcimento per i miglioramenti alla proprietà ma non erano riusciti ad intraprendere i procedimenti per ottenere simile risarcimento.
35. La Corte, notando che i richiedenti persero la loro proprietà come conseguenza dell’adozione da parte del Parlamento ed attuazione da parte dei tribunali dell’Atto del 1991 (vedere paragrafi 10-14, 20 e 21 sopra), considera che i fatti di cui si lamentano debbano essere esaminati sotto la seconda frase del primo paragrafo dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 come una privazione di proprietà – come in altre cause simili che concernevano allo stesso modo gli effetti su una terza persona della legislazione della restituzione adottata in Bulgaria dopo la caduta del comunismo (vedere Velikovi ed Altri, §§ 159-161 citata sopra).
36. La Corte deve esaminare, perciò, se la privazione di proprietà in questione era legale, era nell’interesse pubblico e prevedeva un giusto equilibrio fra le richieste dell’interesse generale della comunità ed i requisiti della protezione dei diritti essenziali dell’individuo.
37. Riguardo alla legalità, la Corte non trova, alcuna indicazione che nella presente causa i tribunali abbiano applicato arbitrariamente l’Atto del 1991 o che le loro decisioni e la privazione risultante di proprietà fossero state illegali sotto il diritto nazionale per qualsiasi altra ragione. Siccome i richiedenti hanno sollevato questioni sugli scopi del diritto nazionale attinente, la Corte considera, come in Velikovi ed Altri (vedere § 167 di questa sentenza, citata sopra), che questo problema sia inseparabile dalla questione se l’interferenza aveva un scopo legittimo ed era attinente al principio della proporzionalità.
38. Rivolgendosi a questa questione, la Corte applicherà i principi e i criteri stabiliti nella sua giurisprudenza e, in particolare, quelli svilupparono in Velikovi ed Altri c. la Bulgaria, ma avrà anche riguardo al fatto che le disposizioni dell’Atto del 1991 che sono pertinenti nella presente causa differivano da quelli della Legge della Restituzione del 1992 che era in questione in Velikovi ed Altri (vedere §§ 117-125 di questa sentenza, citata sopra, e paragrafi 19-21 sopra).
39. In Velikovi ed Altri (citata sopra, §§ 170-172), la Corte trovò che la Legge di Restituzione del 1992 che prevedeva che lo Stato dovesse ripristinare la proprietà che aveva espropriato senza risarcimento durante il regime comunista, perseguiva un importante scopo nell’interesse pubblico-compensando le vittime delle espropriazioni arbitrarie e ripristinando la giustizia e la legge. Il fatto che la Legge di Restituzione del 1992 autorizzasse i proprietari precedenti a richiedere di nuovo la loro proprietà anche da individui privati, ogni qualvolta il secondo titolo era stato contaminato dall’abuso di potere o da violazioni della legge, non rende il suo approccio illegittimo avendo riguardo allo specifico contesto del passaggio da un regime totalitario a una società democratica e all’ ampio margine di valutazione goduto dalle autorità in queste questioni (ibid, vedere anche Pincová e Pinc c. Repubblica ceca, citata sopra, § 51, e Mohylová c. Repubblica ceca ( dec.), n. 75115/01, 6 settembre 2005).
40. Nella presente causa, mentre la Corte accetta che l’Atto del 1991 perseguiva uno scopo legittimo nell’interesse pubblico, come parte della legislazione di restituzione adottata dopo la caduta del comunismo, nota anche una differenza rilevante – l’Atto del 1991 non mirava ad assicurare compensazione per le espropriazioni senza risarcimento, come faceva la Legge di Restituzione del 1992, ma a ripristinare il titolo di persone che avevano venduto la loro proprietà alle imprese Statali o Governative negli anni settanta ed avevano ricevuto pagamento per ciò (vedere paragrafi 19-21 sopra).
41. È vero che in più casi le vendite sotto il Decreto n. 60 del 1975 erano state costrette e che i proprietari dovevano aver visto l’ingiustizia risultante come particolarmente offensiva e discriminatoria in cause in cui -come qui-le loro proprietà furono vendute ad altri individui subito dopo essere state prese da loro (vedere paragrafi 7 e 9 sopra). È anche vero, che in tutti i casi, incluso questo il prezzo pagato ai proprietari precedenti era stato determinato tramite una decisione amministrativa, non tramite un contratto (vedere paragrafi 9 e 19 sopra). Il Governo, comunque, non ha sostenuto che i prezzi pagati ai proprietari precedenti negli anni settanta fossero sottovalutati grezzamente o comunque evidentemente inadeguati.
42. Segue che l’ingiustizia che l’Atto del 1991 cercò di correggere era meno significativa delle espropriazioni arbitrarie per le quali fu prevista una compensazione dalla Legge di Restituzione 1992.
43. Inoltre, l’Atto del 1991 autorizzò che i proprietari precedenti chiedessero di nuovo la loro proprietà da persone private in tutte le circostanze, anche quando i secondi avevano acquistato la proprietà tramite un’operazione valida non contaminata da alcun difetto. Effettivamente, il caso dei richiedente era di questo genere che possedevano un titolo valido ed avevano pagato il prezzo richiesto per questo ma che furono privati ciononostante della loro proprietà in virtù dell’Atto del 1991 (vedere paragrafi 7, 10-12 e 20 sopra).
44. Mutatis mutandis applicando il criterio esposto nella sua sentenza Velikovi ed Altri, la Corte trova difficile accettare che lo scopo di correggere le ingiustizie come quelle che erano l’argomento dell’Atto del 1991 potrebbe giustificare la privazione dei richiedenti della loro proprietà acquisita legalmente da loro quindici anni prima. Ad ogni modo, in simili casi il principio della proporzionalità sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione richiedeva che loro avrebbero dovuto ottenere risarcimento adeguato. La Corte considera che a questo riguardo la presente causa è simile in una certa misura ai casi di Todorova ed Eneva e Dobrev, esaminati nella sua sentenza Velikovi ed Altri (vedere §§ 236-249 di questa sentenza, citata sopra), dove sostenne che nulla inferiore ad un risarcimento ragionevolmente riferito al valore di mercato della proprietà potesse ripristinare il giusto equilibrio richiesto dall’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1.
45. Il Governo non ha affermato che il risarcimento per la perdita della proprietà fosse disponibile ai richiedenti. La Corte nota che sotto l’Atto del 1991 i richiedenti avrebbero potuto chiedere solamente risarcimento per i miglioramenti che loro avevano reso alla proprietà, non il valore della proprietà stessa. La richiesta dei richiedenti per i miglioramenti avrebbe inoltre potuto dare luogo solamente, ad un’assegnazione irrisoria siccome inflazione aveva ridotto drasticamente il suo valore e una rivalorizzazione non era possibile sotto legge bulgara (vedere paragrafi 17, 18 e 21 sopra). In queste circostanze, il fatto che per un certo periodo i richiedenti abbiano potuto affittare un appartamento municipale a prezzi regolati è poco rilevante alla questione se la legge bulgaro abbia assicurato o meno ai richiedenti il diritto al risarcimento per la proprietà tolta loro.
46. La Corte considera, perciò, che l’interferenza con il diritto di proprietà dei richiedenti chiaramente è stata sproporzionata e non si è riusciti a prevedere un giusto equilibrio fra l’interesse pubblico ed il diritto dei richiedenti. Segue che i richiedenti furono privati della loro proprietà in violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione.
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
47. Nel 2007, nelle loro osservazioni in replica alle osservazioni del Governo , i richiedenti sollevarono un’azione di reclamo riguardo alla lunghezza di tutti i procedimenti nei quali furono coinvolti, appellandosi all’ Articolo 6 della Convenzione.
48. La Corte costata che questa azione di reclamo è stata presentata fuori dal tempo limite di sei mesi sotto l’Articolo 35 § 1 della Convenzione e deve essere respinta in conformità col suo Articolo 35 § 4.
III. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
49. L’Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno
1. Danno materiale
(a) Le osservazioni delle parti
50. I richiedenti hanno chiesto 442,969 euro (EUR) riguardo il valore di mercato della proprietà, come valutato da un esperto commissionato da loro, ed EUR 16,000 riguardo la perdita di utili addotta risultante dallo sfratto dei richiedenti del 1999 che impedì loro presumibilmente di continuare le loro attività professionali. I richiedenti chiesero anche rimborso delle loro spese mediche per il periodo 1999-2007 affermando che la loro salute si era deteriorata come risultato degli eventi di cui si lamentò.
51. In appoggio a queste rivendicazioni, i richiedenti presentarono un rapporto di valutazione da parte di un esperto commissionato da loro. L’esperto che affermò che la proprietà misurava circa 233 metri quadrati, determinò il suo prezzo sulla base di informazioni su appartamenti ed alloggi offerti in vendita nelle parti centrali di Sofia ed anche su informazioni dei prezzi di affitto. L’esperto non indicò l’anno in cui l’alloggio in questione fu costruito e non chiarificò la base su cui lui considerò che l’area della proprietà fosse diversa da quella indicata nei documenti attinenti (vedere paragrafo 13 sopra). I richiedenti presentarono anche documenti medici e fotografie dei loro lavori artistici.
52. Il Governo non fece commenti.
(b) la valutazione della Corte
53. Nel caso in cui la Corte abbia trovato una violazione della Convenzione in una sentenza, lo Stato rispondente è sotto l’ obbligo legale di mettere fine a questa violazione e attuare una riparazione delle sue conseguenze. Se la legge nazionale non concede -o concede solamente una riparazione parziale di ciò, l’ Articolo 41 conferisce poteri alla Corte di riconoscere alla vittima simile soddisfazione come le sembra più appropriato. La Corte gode di una certa discrezione nell’esercizio di questo potere, come l’aggettivo “equa” e la frase “se necessaria” attesta. In particolare, se uno o più capi del danno non possono essere calcolati precisamente o se la distinzione fra danno materiale e morale si dimostra difficile, la Corte può decidere di fare una valutazione globale (vedere Comingersoll S.A. c. il Portogallo [GC], n. 35382/97, § 29 ECHR 2000-IV).
54. Riguardo al danno materiale, la base su cu la Corte procede dipende dalla natura della violazione trovata. Espropriazioni illegali ed arbitrarie di proprietà in principio giustificano una restitutio in integrum e, nel caso di non-restituzione, un pagamento del pieno valore aggiornato della proprietà (vedere Papamichalopoulos ed Altri c. Grecia (Articolo 50), sentenza del 31 ottobre 1995, Serie A n. 330-B, e Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], n. 28342/95, ECHR 2001-I). Comunque, nel caso in cui la base della violazione trovata sia l’insuccesso di prevedere un giusto equilibrio fra l’interesse pubblico ed i diritti dell’individuo, piuttosto che l’illegalità , solamente la compensazione deve riflettere necessariamente l’idea togliere tutte le conseguenze dell’interferenza in oggetto e non occorre sempre che risarcimento eguagli il pieno valore della proprietà (vedere James ed Altri c. Regno Unito, sentenza del 21 febbraio 1986 Serie A n. 98, p.36, § 54, ed Il Re Precedente di Grecia ed Altri c. Grecia [GC] (soddisfazione equa), n. 25701/94, §§ 75-78 28 novembre 2002).
55. Nella presente causa, avendo riguardo alle sue sentenze sulla natura dell’interferenza coi diritti di proprietà dei richiedenti, la Corte considera che venga concesso loro un risarcimento ragionevolmente riferito al valore di mercato della proprietà (vedere Velikovi ed Altri c. la Bulgaria, n. 43278/98 et al., §§ 238 e 248, 15 marzo 2007).
56. Nel determinare l’importo, la Corte prende in considerazione il fatto a causa delle sue specifiche caratteristiche (vedere paragrafi 8, 9 e 13 sopra), la proprietà in questione non può essere comparata facilmente alle altre proprietà sul mercato e che, perciò, le informazioni a cui si sono appellati gli esperti commissionati dai richiedenti su appartamenti ed alloggi offerti in vendita devono essere usate con cautela. La Corte nota inoltre che approssimativamente un terzo dell’area della proprietà fu considerato come una cantina che, apparentemente, non poteva costituire un spazio vivente separato. Avendo riguardo a queste considerazioni, il rapporto di valutazione presentato dai richiedenti ed le informazioni a sua disposizione sull’attinente mercato della proprietà, la Corte assegna congiuntamente ai richiedenti EUR 160,000 riguardo al valore della proprietà.
57. La Corte costata anche che il resto della richiesta dei per danno materiale non è sostenuto da prove convincenti che stabiliscano che c’è un collegamento causale e diretto fra la violazione trovata ed il danno addotto o che attestino la perdita effettiva presumibilmente subita. Deve perciò essere respinto.
2. Danno morale
58. I richiedenti chiesero EUR 40,428 sotto questo capo affermando che loro avevano subito l’angoscia e la loro salute era stata colpite negativamente.
59. Il Governo non ha fatto commenti.
60. La Corte considera che i richiedenti hanno dovuto soffrire dell’angoscia come risultato di essere stati privati della loro proprietà nonostante il fatto che loro l’avessero acquistata legalmente tramite un’operazione valida più di quindici anni prima. Decidendo su una base equa, assegna EUR 5,000 ad ognuno di loro (EUR 10,000 in totale) a riguardo del danno morale.
B. Costi e spese
61. I richiedenti chiesero EUR 4,094 per parcelle legali incorse per 58 ore di lavoro legale di fronte ai tribunali nazionali e questa Corte. Loro richiesero anche importi supplementari come segue: EUR 238 per costi di traduzione, EUR 179 per il costo del rapporto di valutazione, EUR 62 per affrancatura ed EUR 466 per viaggi e spese di sussistenza sostenute dall’avvocato dei richiedenti per una visita alla Corte a Strasbourg. In appoggio a queste rivendicazioni i richiedenti presentarono fatture e ricevute concernenti parcelle giuridiche e i costi incorsi nei procedimenti nazionali, una fattura per la somma pagata da loro per il rapporto di valutazione ed un conto di un albergo di Strasbourg.
62. Il Governo non fece commenti.
63. Secondo la giurisprudenza della Corte, ad un richiedente viene concesso un rimborso di costi e spese solamente nel momenti in cui si dimostra che questi siano stati davvero e necessariamente sostenuti e siano stati ragionevoli riguardo al quantum. Nella presente causa, nessuna udienza fu tenuta ed i procedimenti furono condotti per iscritto. Segue che la rivendicazione per i costi riferiti ala visita dell’avvocato dei richiedenti alla Corte deve essere respinta. Riguardo alle rivendicazioni rimanenti, sebbene riguardino costi attinenti, la Corte deve applicare una riduzione su conto per il fatto che alcune delle azioni di reclamo furono respinte. Anche, riguardo alle parcelle legali, la Corte osserva che i documenti che hanno presentato concernevano solo parcelle legali nei procedimenti nazionali, non nei procedimenti di fronte alla Corte. Infine, si nota che i richiedenti hanno ricevuto EUR 850 come patrocinio gratuito dal Consiglio dell’Europa. La Corte assegna ai richiedenti congiuntamente EUR 1,200 come copertura di tutti i costi sotto tutti i capi sulla base di queste considerazioni.
C. Interesse di mora
64. La Corte considera appropriato che l’interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea al quale si dovrebbero aggiungere tre punti percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL’UNANIMITA’
1. Dichiara l’azione di reclamo dei richiedenti sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione ammissibile ed il resto della richiesta inammissibile;
2. Sostiene che c’è stata una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione;
3. Sostiene
(a) che lo Stato rispondente deve pagare i richiedenti, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’Articolo 44 § 2 della Convenzione i seguenti importi, da convertire in lev bulgari al tasso applicabile in data dell’ accordo:
(i) ai richiedenti congiuntamente, EUR 160,000 (cento sessanta mila euro), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile, riguardo al danno materiale;
(ii) ad ognuno dei due richiedenti, EUR 5,000 (cinque mila euro), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile, riguardo al danno morale (EUR 10,000 in totale);
(iii) ai richiedenti congiuntamente, EUR 1,200 (mille e duecento euro), più qualsiasi tassa che può essere a carico di loro, riguardo costi e spese;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo l’interesse semplice sarà pagabile sugli importi sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;
4. Respinge la parte restante della richiesta dei richiedenti per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto l’ 11 dicembre 2008, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 degli Articoli di Corte.
Claudia Westerdiek Pari Lorenzen
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Remainder inadmissible ; Violation of P1-1 ; Pecuniary damage -award ; Non-pecuniary damage – award
FIFTH SECTION
CASE OF MANOLOV AND RACHEVA-MANOLOVA v. BULGARIA
(Application no. 54252/00)
JUDGMENT
STRASBOURG
11 December 2008
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Manolov and Racheva-Manolova v. Bulgaria,
The European Court of Human Rights (Fifth Section), sitting as a Chamber composed of:
Peer Lorenzen, President,
Rait Maruste,
Karel Jungwiert,
Volodymyr Butkevych,
Renate Jaeger,
Mark Villiger,
Mirjana Lazarova Trajkovska, judges,
and Claudia Westerdiek, Section Registrar,
Having deliberated in private on 18 November 2008,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 54252/00) against the Republic of Bulgaria lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by two Bulgarian nationals, Mr Z. M. and Ms E. R.-M. (“the applicants”), on 4 October 1999.
2. The applicants, who had been granted legal aid, were represented by Mr V. S., a lawyer practising in Sofia. The Bulgarian Government (“the Government”) were represented by their Agent, Ms M. Kotzeva, of the Ministry of Justice.
3. The applicants alleged, in particular, that they had been deprived of their property in an unlawful, discriminatory and arbitrary manner and without compensation.
4. On 7 May 2007 the Court decided to give notice of the application to the Government. Under the provisions of Article 29 § 3 of the Convention, it decided to examine the merits of the application at the same time as its admissibility.
5. Judge Kalaydjieva, the judge elected in respect of Bulgaria, withdrew from sitting in the case (Rule 28 of the Rules of Court). On 1 October 2008, the Government, pursuant to Rule 29 § 1 (a), informed the Court that they had appointed in her stead another elected judge, namely Judge Lazarova Trajkovska.
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
6. The applicants are husband and wife. They were born in 1920 and 1930 respectively and live in Sofia.
7. In 1982 the first applicant, who was an artist, purchased from the State through the Union of Bulgarian Artists a workshop of 212 square metres in Sofia. It appears that the second applicant, being the first applicant’s spouse, acquired a share in the property. The price, 17,680 “old” Bulgarian levs (BGL), was determined in accordance with the relevant legislation and paid by the first applicant. At the relevant time this sum was the equivalent of not less than 75 average monthly salaries.
8. In the following years the applicants made substantial alterations to the property. The applicants used the property as a workshop and as their home.
9. The property, located in a building constructed not later than 1946, had originally consisted of three separate premises which had become State property in 1976 and 1978, when a Mr A. and a Ms P., the owners, had each sold their premises to the State, through the Union of Bulgarian Artists. The transaction had been executed pursuant to Council of Ministers Decree no. 60 of 1975, at prices determined by the relevant regulations (see paragraph 19 below).
10. In 1992 the heirs of Mr A. and Mrs P. reimbursed the price their families had received in 1976 and 1978 respectively and, claiming that they had thereby restored their title to the respective parts of the property by virtue of the Restitution of Stores, Workshops and Storage Houses Act 1991 (“the 1991 Act”), filed a rei vindicatio action against the applicants.
11. The proceedings went through three levels of jurisdiction and ended with a final judgment of the Supreme Court of Cassation of 13 May 1997 ordering the applicants to vacate the property.
12. The courts noted that in accordance with the 1991 Act the former owners of real estate sold to the State under Decree no. 60 of 1975 could automatically restore their title by reimbursing the price they had received from the State. The restored owners were entitled to claim their property from any third person, even where the latter had acquired it by means of a valid transaction. The courts found that in the case at hand the plaintiffs had reimbursed the price their families had received in 1976 and 1978 and had restored their title. Under the 1991 Act the applicants were no longer the owners and had to vacate the premises. The fact that they had purchased the property in 1982 by means of a valid transaction was immaterial.
13. The relevant court judgments in the 1992-1997 proceedings, as well as the applicants’ notary deed, described the property as covering approximately 212 square metres on three levels: (i) basement, used as a workshop (75.24 square metres), (ii) art gallery (53.37 square metres) and (iii) upper level (83.24 square metres).
14. On 28 April 1999 the applicants were evicted from the property. They moved into a room of 12 square metres belonging to a friend of theirs, where they lived until 2001.
15. The applicants asked the Sofia municipality to provide them with a municipal flat for rent. The municipality agreed but proposed to the applicants, in April 2000, a squatted flat and later on a flat located below ground level, which the applicants refused as being unsuitable for occupation. Eventually, in December 2002 the applicants were granted the tenancy of a two-room municipal flat at regulated prices.
16. On an unspecified date in 1997 the applicants brought an action under section 2 § 1 of the 1991 Act, seeking compensation for improvements in the property from the heirs of Mr A. and Mrs P. By a judgment of 10 July 2000 the Sofia City Court awarded the applicants 34,462 Bulgarian levs (BGN) (the equivalent of approximately EUR 17,500) apparently on the basis of up-to-date market prices.
17. On 18 March 2003 this judgment was quashed by the Supreme Court of Cassation which referred the case for renewed examination indicating that the compensation should be in the amount of the expenses disbursed by the applicants for the reconstruction of their property, calculated with reference to prices as in force at the relevant time – the 1970s.
18. Thereafter the applicants abandoned the proceedings as it became clear that as a result of the devaluation of the Bulgarian currency, inflation and the Bulgarian courts’ practice of refusing revalorisation they could only hope to obtain a token compensation. The proceedings were terminated on an unspecified date in 2004.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW AND PRACTICE
19. By virtue of Council of Ministers Decree no. 60 of 1975, the State or municipal enterprises were authorised to “buy up”, from the individuals who owned them, stores, workshops, storage houses or similar premises. The price was fixed by administrative decision on the basis of legislation. While the Decree provided that the owner should propose that his or her property be purchased, in reality the owners were pressured to sell their property under the Communist Party’s policy of limiting private economic activity (see Supreme Court judgment no. 270 of 14 February 1995 in case no. 4/94, noting, obiter, that the individuals concerned had been forced to sell their shop). This policy had been implemented, among other means, via the Citizens’ Property Act 1973, which limited to a minimum private ownership of premises for economic activity.
20. In December 1991 Parliament adopted the Restitution of Stores, Workshops and Storage Houses Act 1991, which provided that the former owners of real property sold to the State under Decree no. 60 of 1975 could restore their title automatically by reimbursing the price they had received within one year of the Act’s entry into force (section 1 of the Act). The restored owners were entitled to claim their property from any third person, even where the latter had acquired it by means of a valid transaction (see also Supreme Court judgment no.1758 of 2.02.1994 in case no. 430/93).
21. Section 2 § 1 of the 1991 Act entitles persons in the applicants’ position to seek compensation for improvements they have made to the property. They can recover the sums spent for the improvements, not an amount representing the resulting value increase (see Supreme Court judgment no. 945 of 22.10.1993 in case no. 390/93). In practice, however, these claims only lead to recovery of insignificant amounts owing to inflation, which in the 1990s depreciated the national currency by a factor of several hundred, and as a result of the Bulgarian courts’ practice of refusing revalorisation. The 1991 Act does not provide for recovery by persons in the applicants’ position of the price they paid for the property. Theoretically, they could bring proceedings for unjust enrichment under section 55 of the Contracts and Obligations Act against the State or the enterprise or institution which had received reimbursement from the restored owners under section 1 of the Act but there is no reported case-law confirming this possibility.
THE LAW
I. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL No. 1 TO THE CONVENTION
22. The applicants complained, relying on Article 1 of Protocol No.1 and Articles 8, 13, 14 and 17 of the Convention, that they had been deprived of their property in an unlawful, discriminatory and arbitrary manner and without compensation. The Government contested that argument.
23. The Court considers that the complaint falls to be examined under Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention, which reads as follows:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
A. Admissibility
24. The Government did not make any objection as to the admissibility of the complaints.
25. However, noting that an issue may arise in respect of compliance with the six-month rule under Article 35 § 1 of the Convention, the Court considers that it must examine this question of its own motion. The six-month rule marks out the temporal limits of supervision carried out by the Court. It is therefore not open to the Court to set aside the application of this rule solely because a Government have not made a preliminary objection based on it (see Walker v. the United Kingdom (dec.), no. 34979/97, ECHR 2000-I).
26. The Court notes that the deprivation of property complained of was effected by judicial decisions that became final on 13 May 1997, when the Supreme Court of Cassation delivered its judgment, whereas the complaints before the Court were introduced on 4 October 1999, more than two years later. The question arises, therefore, whether or not the judgment of 13 May 1997 was the “final decision” within the meaning of Article 35 § 1, from which the six-month period starts running.
27. In similar Bulgarian cases (see Shoilekovi and Others v. Bulgaria (dec.), nos. 61330/00, 66840/01 and 69155/01, 8 September 2007), the Court considered that the complaints before it encompassed all effects of the impugned legislation and practice, including legislative and practical developments concerning the applicable compensation scheme, and, therefore, accepted that the relevant events must be seen as a continuing situation (ibid., see also Velikovi and Others v. Bulgaria, no. 43278/98 et al., §§ 128-139 and 161, 15 March 2007).
28. In the present case there have been no relevant developments after the adoption of the 1991 Act and it therefore cannot be considered that the events complained of concerned a continuing situation.
29. Nonetheless, as in Velikovi and Others (cited above), the issue before the Court concerns the effects of the impugned restitution and compensation legislation taken as a whole (ibid., § 161). The Court notes that the 1991 Act contained in its section 2 a special provision entitling persons in the applicants’ position to seek compensation for all improvements in the property (see paragraph 21 above). That provision formed an integral part of the relevant legislation. As the Court stated in Velikovi and Others, when examining complaints under Article 1 of Protocol No. 1 in the specific context of restitution of property after the fall of communism, it must take into consideration, as a central factor, “the hardship suffered by the applicants and the adequacy of the compensation obtained” through various procedures and possibilities available to them, as the case may be (ibid., § 190).
30. In these circumstances it can be accepted that the applicant’s attempt, in the 1997 – 2004 proceedings, to seek compensation for improvements, although not directed at undoing the deprivation of property and not capable of providing more than a partial redress, was relevant to their complaint under Article 1 of Protocol No. 1 insofar as it was based on a provision of the impugned legislation and could in principle alleviate the burden imposed on the applicants through the application of that legislation. Also, despite the final outcome of these proceedings, the Court considers that the applicants’ attempt was not unreasonable. In particular, the first instance court granted their claim and awarded them a sum of money which was far from being insignificant (see paragraph 16 above). Therefore, it cannot be considered that the eventual ineffectiveness of the remedy employed by the applicants must have been obvious to them at the outset (see the following decisions which concerned the starting point of the six-month time-limit in situations where the applicants used remedies that proved ineffective: Lotter and Lotter v. Bulgaria (dec.), no. 39015/97, 6 February 2003 and M.C. v. Germany (dec.), no. 25510/94, 18 May 2000).
31. In the Court’s view, it follows that in the specific circumstances of the present case the judgment of 13 May 1997 in the restitution proceedings was not the “final decision” within the meaning of Article 35 § 1. It finds that the requirements of that provision have been satisfied as the applicants introduced their complaint under Article 1 Protocol No. 1 in October 1999, when the proceedings for compensation were pending, and in so far as these proceedings ended prior to the Court’s assessment of the admissibility of the application.
32. Finally, the Court notes that the complaint under Article 1 of Protocol No. 1 is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
33. The applicants stated, inter alia, that they had been deprived of their property on the basis of legislation which was not in the public interest and violated the Constitution and international law. Furthermore, it was motivated by political considerations and imposed a heavy burden on persons who had lawfully purchased pieces of property that fell within the scope of application of the 1991 Act.
34. The Government stated that the restitution laws adopted after the fall of communism aimed at restoring justice. In the applicants’ case, the courts had applied the relevant law correctly. The requisite fair balance had not been upset because the applicants had been entitled to, and had obtained, the tenancy of a municipal apartment. Furthermore, they were entitled to compensation for improvements to the property but had failed to pursue the proceedings to obtain such compensation.
35. The Court, noting that the applicants lost their property as a consequence of the adoption by Parliament and implementation by the courts of the 1991 Act (see paragraphs 10-14, 20 and 21 above), considers that the facts complained of fall to be examined under the second sentence of the first paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 as a deprivation of property – as in other similar cases which also concerned the effects on third persons of the restitution legislation adopted in Bulgaria after the fall of communism (see Velikovi and Others, §§ 159-161, cited above).
36. The Court must examine, therefore, whether the deprivation of property at issue was lawful, was in the public interest and struck a fair balance between the demands of the general interest of the community and the requirements of the protection of the individual’s fundamental rights.
37. As regards lawfulness, the Court does not find any indication that in the present case the courts applied the 1991 Act arbitrarily or that their decisions and the resulting deprivation of property was unlawful under domestic law for any other reason. In so far as the applicants raised questions about the aims of the relevant domestic law, the Court considers, as in Velikovi and Others (see § 167 of that judgment, cited above), that this issue is inseparable from the question whether the interference had a legitimate aim and was in keeping with the principle of proportionality.
38. Turning to this question, the Court will apply the principles and criteria established in its case-law and, in particular, those developed in Velikovi and Others v. Bulgaria, but will also have regard to the fact that the provisions of the 1991 Act which is pertinent in the present case differed from those of the Restitution Law 1992 that was at issue in Velikovi and Others (see §§ 117-125 of that judgment, cited above, and paragraphs 19-21 above).
39. In Velikovi and Others (cited above, §§ 170-172), the Court found that the Restitution Law 1992, which provided that the State should restore the property it had expropriated without compensation during the communist regime, pursued an important aim in the public interest – compensating the victims of arbitrary expropriations and restoring justice and the rule of law. The fact that the Restitution Law 1992 authorised the former owners to claim their property back even from private individuals, whenever the latter’s title had been tainted by abuse of power or breaches of the law, did not render its approach illegitimate as such, having regard to the specific context of the transition from a totalitarian to democratic society and the wide margin of appreciation enjoyed by the authorities in these matters (ibid, see also Pincová and Pinc v. the Czech Republic, cited above, § 51, and Mohylová v. the Czech Republic (dec.), no. 75115/01, 6 September 2005).
40. In the present case, while the Court accepts that the 1991 Act pursued a legitimate aim in the public interest, as part of the restitution legislation adopted after the fall of communism, it also notes a relevant difference – the 1991 Act did not aim at securing redress for expropriations without compensation, as the Restitution Law 1992 did, but at restoring the title of persons who had sold their property to the State or State enterprises in the 1970s and had received payment for it (see paragraphs 19-21 above).
41. It is true that in most cases the sales under Decree no. 60 of 1975 had been coerced and that the owners must have seen the resulting injustice as particularly injuring and discriminatory in cases where – as here – their properties were sold to other individuals soon after having been taken from them (see paragraphs 7 and 9 above). It is also true, that in all cases, including this one, the price paid to the former owners had been determined by administrative decision, not by contract (see paragraphs 9 and 19 above). It has not been maintained by the Government, however, that the prices paid to the former owners in the 1970s had been grossly underestimated or otherwise obviously inadequate.
42. It follows that the injustice which the 1991 Act sought to correct was less significant than the arbitrary expropriations for which redress was provided by the Restitution Law 1992.
43. Furthermore, the 1991 Act authorised the former owners to claim their property back from private persons in all circumstances, even where the latter had purchased the property through a valid transaction not tainted by any defect. Indeed, such was the case of the applicants, who possessed a valid title and had paid the required price for it but were nevertheless deprived of their property by virtue of the 1991 Act (see paragraphs 7, 10-12 and 20 above).
44. Applying mutatis mutandis the criteria set out in its Velikovi and Others judgment, the Court finds it difficult to accept that the aim of correcting injustices like those that were the subject matter of the 1991 Act could justify depriving the applicants of their property lawfully acquired by them fifteen years earlier. At all events, in such cases the principle of proportionality under Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention required that they should obtain adequate compensation. The Court considers that in this respect the present case is similar to a certain extent to the cases of Todorova and Eneva and Dobrev, examined in its Velikovi and Others judgment (see §§ 236-249 of that judgment, cited above), where it held that nothing short of compensation reasonably related to the property’s market value could restore the fair balance required by Article 1 of Protocol No. 1.
45. The Government have not claimed that compensation for the loss of the property was available to the applicants. The Court notes that under the 1991 Act the applicants could only claim compensation for the improvements they had made to the property, not the value of the property itself. Moreover, the applicants’ claim for improvements could only result in a token award as inflation had drastically reduced its value and revalorisation was not possible under Bulgarian law (see paragraphs 17, 18 and 21 above). In these circumstances, the fact that for a certain period the applicants could rent a municipal apartment at regulated prices is of little relevance to the question whether or not Bulgarian law secured to the applicants the right to compensation for the property taken away from them.
46. The Court considers, therefore, that the interference with the applicants’ property rights was clearly disproportionate and failed to strike a fair balance between the public interest and the applicants’ rights. It follows that the applicants were deprived of their property in violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention.
II. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 OF THE CONVENTION
47. In 2007, in their observations in reply to the Governments’ observations, the applicants raised a complaint concerning the length of both sets of proceedings in which they were involved, relying on Article 6 of the Convention.
48. The Court finds that this complaint was submitted outside the six-month time-limit under Article 35 § 1 of the Convention and must be rejected in accordance with its Article 35 § 4.
III. APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
49. Article 41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
A. Damage
1. Pecuniary damage
(a) The parties’ submissions
50. The applicants claimed 442,969 euros (EUR) in respect of the market value of the property, as assessed by an expert commissioned by them, and EUR 16,000 in respect of alleged loss of income resulting from the applicants’ eviction in 1999, which allegedly prevented them from continuing their professional activities. The applicants also claimed reimbursement of their medical expenses for the period 1999-2007 stating that their health had deteriorated as a result of the events complained of.
51. In support of these claims, the applicants submitted a valuation report by an expert commissioned by them. The expert, who stated that the property measured approximately 233 square metres, determined its price on the basis of information about apartments and houses offered for sale in the central parts of Sofia and also on information about rental prices. The expert did not indicate the year in which the house at issue was constructed and did not clarify the basis on which he considered that the property’s area was different from that indicated in the relevant documents (see paragraph 13 above). The applicants also submitted medical documents and photographs of their artistic works.
52. The Government did not comment.
(b) The Court’s assessment
53. Where the Court has found a breach of the Convention in a judgment, the respondent State is under a legal obligation to put an end to that breach and make reparation for its consequences. If national law does not allow – or allows only partial – reparation to be made, Article 41 empowers the Court to afford the injured party such satisfaction as appears to it to be appropriate. The Court enjoys a certain discretion in the exercise of that power, as the adjective “just” and the phrase “if necessary” attest. In particular, if one or more heads of damage cannot be calculated precisely or if the distinction between pecuniary and non-pecuniary damage proves difficult, the Court may decide to make a global assessment (see Comingersoll S.A. v. Portugal [GC], no. 35382/97, § 29, ECHR 2000-IV).
54. As regards pecuniary damage, the basis on which the Court proceeds depends on the nature of the breach found. Illegal and arbitrary dispossessions of property in principle justify restitutio in integrum and, in the event of non-restitution, payment of the up-to-date full value of the property (see Papamichalopoulos and Others v. Greece (Article 50), judgment of 31 October 1995, Series A no. 330-B, and Brumărescu v. Romania (just satisfaction) [GC], no. 28342/95, ECHR 2001-I). However, where the failure to strike a fair balance between the public interest and the individual’s rights, rather than illegality, was the basis of the violation found, just satisfaction must not necessarily reflect the idea of wiping out all the consequences of the interference in question and compensation need not always equal the full value of the property (see James and Others v. the United Kingdom, judgment of 21 February 1986, Series A no. 98, p.36, § 54, and The Former King of Greece and Others v. Greece [GC] (just satisfaction), no. 25701/94, §§ 75-78, 28 November 2002).
55. In the present case, having regard to its findings about the nature of the interference with the applicants’ property rights, the Court considers that they are entitled to compensation reasonably related to the property’s market value (see Velikovi and Others v. Bulgaria, no. 43278/98 et al., §§ 238 and 248, 15 March 2007).
56. In determining the amount, the Court takes into account the fact that owing to its specific features (see paragraphs 8, 9 and 13 above), the property at issue cannot be easily compared to other properties on the market and that, therefore, the information relied upon by the experts commissioned by the applicants about apartments and houses offered for sale must be used with caution. The Court further notes that approximately one third of the property’s area was taken up by a basement which, apparently, could not form a separate living space. Having regard to these considerations, the valuation report submitted by the applicants and information at its disposal about the relevant property market, the Court awards to the applicants jointly EUR 160,000 in respect of the value of the property.
57. The Court also finds that the remainder of the applicants’ claim for pecuniary damage is not supported by convincing evidence establishing that there is a direct causal link between the violation found and the damage alleged or evidence about the actual loss allegedly sustained. It must therefore be rejected.
2. Non-pecuniary damage
58. The applicants claimed EUR 40,428 under this head stating that they had suffered distress and their health had been adversely affected.
59. The Government did not comment.
60. The Court considers that the applicants must have suffered distress as a result of being deprived of their property despite the fact that they had lawfully purchased it by means of a valid transaction some fifteen years earlier. Deciding on an equitable basis, it awards EUR 5,000 to each of them (EUR 10,000 in total) in respect of non-pecuniary damage.
B. Costs and expenses
61. The applicants claimed EUR 4,094 for legal fees incurred for 58 hours of legal work before the domestic courts and this Court. They also claimed additional amounts as follows: EUR 238 for translation costs, EUR 179 for the cost of the valuation report, EUR 62 for postage and EUR 466 for travel and subsistence expenses incurred by the applicants’ lawyer for a visit to the Court in Strasbourg. In support of these claims the applicants submitted invoices and receipts concerning legal fees and costs incurred in the domestic proceedings, an invoice for the sum paid by them for the valuation report and a bill from a Strasbourg hotel.
62. The Government did not comment.
63. According to the Court’s case-law, an applicant is entitled to the reimbursement of costs and expenses only in so far as it has been shown that these have been actually and necessarily incurred and were reasonable as to quantum. In the present case, no hearing was held and the proceedings were conducted in writing. It follows that the claim for costs related to the applicants’ lawyer’s visit to the Court must be rejected. As regards the remaining claims, while they concern relevant costs, the Court must apply a reduction on account of the fact that some of the complaints were rejected. Also, as regards legal fees, the Court observes that the documents submitted concern solely legal fees in the domestic proceedings, not in the proceedings before the Court. Finally, it is noted that the applicants have received EUR 850 in legal aid from the Council of Europe. On the basis of these considerations, the Court awards the applicants jointly EUR 1,200 covering costs under all heads.
C. Default interest
64. The Court considers it appropriate that the default interest should be based on the marginal lending rate of the European Central Bank, to which should be added three percentage points.
FOR THESE REASONS, THE COURT UNANIMOUSLY
1. Declares the applicants’ complaint under Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention admissible and the remainder of the application inadmissible;
2. Holds that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention;
3. Holds
(a) that the respondent State is to pay the applicants, within three months from the date on which the judgment becomes final in accordance with Article 44 § 2 of the Convention, the following amounts, to be converted into Bulgarian levs at the rate applicable at the date of settlement:
(i) to the applicants jointly, EUR 160,000 (one hundred sixty thousand euros), plus any tax that may be chargeable, in respect of pecuniary damage;
(ii) to each of the two applicants, EUR 5,000 (five thousand euros), plus any tax that may be chargeable, in respect of non-pecuniary damage (EUR 10,000 in total);
(iii) to the applicants jointly, EUR 1,200 (one thousand and two hundred euros), plus any tax that may be chargeable to them, in respect of costs and expenses;
(b) that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amounts at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period plus three percentage points;
4. Dismisses the remainder of the applicants’ claim for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 11 December 2008, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Registrar President

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

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