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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF KHUZHIN AND OTHERS v. RUSSIA

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 6, 8, 29, P1-1
Numero: 13470/02/2008
Stato: Russia
Data: 2008-10-23 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Resto inammissibile; Violazione dell’Art. 6-2; violazione dell’ Art. 6-1; violazione dell’ Art. 8; violazione di P1-1; soddisfazione Equa respinta
PRIMA SEZIONE
CAUSA KHUZHIN ED ALTRI C. RUSSIA
(Richiesta n. 13470/02)
SENTENZA
STRASBOURG
23 ottobre 2008
Questa sentenza diverrà definitiva nelle circostanze esposte nell’Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Khuzhin ed Altri c. Russia,
La Corte europea dei Diritti umani (Prima Sezione), riunendosi in una Camera, composta da:
Nina Vajić, Presidente, Anatoly Kovler, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, Giorgio Nicolaou, giudici,
ed André Wampach, Cancelliere Aggiunto di Sezione,
Avendo deliberato in privato il 2 ottobre 2008,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata i questa data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da una richiesta (n. 13470/02) contro la Federazione russa depositata con la Corte sotto l’Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e le Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da tre cittadini russi, i Sig. A. G.K,, i Sig. D. G. K. ed i Sig. M. G. K. (“i richiedenti”), il 26 febbraio 2002.
2. I richiedenti a cui era stato accordato il patrocinio gratuito furono rappresentati di fronte alla Corte dalla Sig.ra K. M. ed dalla Sig.ra V. B., avvocati presso il Centro per la Protezione Internazionale a Mosca. Il Governo russo (“il Governo”) fu rappresentato dal Sig. P. Laptev, precedente Rappresentante della Federazione russa alla Corte europea dei Diritti umani.
3. Il 1 marzo 2005 la Corte decise di dare avviso della richiesta al Governo. Fu deciso anche di esaminare i meriti della richiesta allo stesso tempo della sua ammissibilità (Articolo 29 § 3).
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
4. I richiedenti sono fratelli. Il Sig. A. e D. K. erano gemelli nati nel 1975 ed il Sig. M. K. nacque nel 1970. Loro tutti vivono nella città di Glazov nella Repubblica di Udmurtiya della Federazione russa. Il 19 giugno 2006il Sig. D. K. morì in un incidente.
A. Arresto dei richiedenti
5. Il 14 aprile 1999 il primo e il secondo richiedente furono arrestati per sospetto di rapimento commesso durante un concerto. La causa fu assegnata al Sig. K., un investigatore senior nell’ufficio dell’accusatore della Repubblica di Udmurtiya.
6. Il 12 maggio 1999 l’investigatore Sig. K. interrogò il terzo richiedente come testimone. Nello stesso giorno fu messo in custodia. Il 14 maggio 1999 l’investigatore emise una decisione formale di arrestare il terzo richiedente per sospetto di favoreggiamento di rapimento .
7. Al primo richiedente fu permesso di vedere la sua fidanzata il 17 e il 26 maggio 1999, la Sig.ra M.. Sembrerebbe che nella data seconda contrassero un matrimonio perché dal 9 giugno 1999 lei cominciò a rendergli visita in qualità di moglie e cambiò il suo nome a Sig.ra K.. Nel successivo periodo fece visita al primo richiedente su una base regolare di una volta o due volte al mese.
8. Il 2 giugno 1999 i tre richiedenti furono accusati del rapimento e tortura, reati sotto gli Articoli 117 e 126 del Codice Penale. Furono accusati di avere rapito un certo Sig. V., un vagabondo senza casa e di averlo costretto a compiere lavori fisici in un negozio all’ingrosso di frutta posseduto da loro in cambio di paghe estremamente basse. In molte occasioni V. era fuggito ma i fratelli l’avevano preso, l’avevano colpito e l’avevano torturato applicando fili elettrici alle varie parti del suo corpo.
9. Il 7 giugno 1999 il primo richiedente ed il suo consigliere richiesero all’investigatore di organizzare un confronto con V. ed un certo testimone U. Il giorno seguente l’investigatore rifiutò la loro richiesta, notando che il confronto era “indesiderabile siccome V. ed U., prima erano stati finanziariamente dipendente dai fratelli K. e durante un confronto A. K. avrebbe potuto esercitare un’influenza negativa su di loro.”
10. Il terzo richiedente ed il suo consigliere richiesero all’investigatore d’ interrogare i testimonia G., L., ed A. che avrebbero potuto testimoniare presumibilmente che V. era stato in grado muoversi liberamente e che i fratelli K. l’avevano trattato bene. Il 18 giugno 1999 l’investigatore respinse la richiesta come non comprovata. Notò che la libertà di movimento di V. era stata davvero all’inizio senza restrizioni ed i fratelli K. l’avevano messo sotto costrizione “solamente ad uno stadio successivo” e che c’era “un numero sufficiente di deposizioni da parte di testimoni e la vittima a testimonianza che i fratelli K. avevano trattato molto male V. e l’avevano umiliato.”
11. Sembra che in una data non specificata la polizia entrò ed ispezionò un negozio all’ingrosso appartenente ai richiedenti.
B. Trattazione della stampa del caso
1. Trasmissione televisiva
12. Il 20 luglio 1999 il canale televisivo Statale di Udmurtiya trasmette il programma Versiya (“ Versione”). La seconda parte del programma riguardava il caso dei richiedenti ‘. I partecipanti includevano il presentatore la Sig.ra T., l’accusatore della città di Glazov il Sig. Z., l’investigatore Sig. K., ed il Sig. N. che erano a capo della divisione per le cause particolarmente importanti nell’ufficio dell’accusatore della Repubblica di Udmurtiya così come la vittima V. la cui faccia non fu mostrata.
13. Il Sig. Z. aprì il programma con la seguente dichiarazione:
“I fratelli K. sono, per loro natura, crudeli, insolenti ed avidi; loro desiderarono ottenere il risparmio o, più precisamente, mano d’opera gratuita. Dall’altra parte la vittima V., una persona senza dimora fissa mite e gentile…”
14. Il presentatore cominciò a raccontare la storia della schiavitù di V. . Mentre stava parlando, delle fotografie in formato tessera in bianco e nero dei richiedenti furono mostrate a pieno schermo.
15. La storia del presentatore si alternava con quella della vittima V. che riferì il odo in cui era stato seviziato da K. e come aveva inutilmente tentato di scappare. Il presentatore chiese ai partecipanti se i fratelli K. avrebbero potuto essere descritti come sadici.
16. Il Sig. Z. rispose come segue:
“Noi, cioè, accusatori e polizia, conosciamo questi fratelli dal tempo in cui erano ancora minorenni… Noi investigavamo gli atti commessi di fratelli ma non potevano essere ritenuti criminalmente responsabili in virtù della loro giovane età. Dopo che raggiunsero l’età [maggiorenne], si trovarono in trappola. Tutti i tre fratelli furono dichiarati colpevoli di atti di disordine. Secondo me, quel reato è una caratteristica peculiare di tutti i fratelli K. nella loro crudeltà e brutalità ingiustificata. Io penso che le qualità personali dei fratelli K. e [il loro] desiderio di ottenere mano d’opera gratuita ha condotto a questo crimine.”
17. I partecipanti discussero successivamente perché la vittima non era venuta immediatamente alla polizia dopo che erano cominciate le bastonate, e fecero commenti su aspetti giuridici dei procedimenti pendenti:
“[ Sig. K.:] Sa quando [V.] entrò in contatto con le autorità di applicazione della legge nell’ aprile 1999, il nostro gruppo investigativo nell’ufficio dell’accusatore della città di Glazov fu scioccato dalla crudeltà di questo crimine. Quando una persona viene a chiedere protezione alle autorità di applicazione della legge , si dovrebbe esaminarlo da vicino, ascoltare attentamente la sua storia. [C.] aveva più di 187 ferite su lui. La Convenzione [per la Prevenzione] della Tortura naturalmente viene in mente.
[Il presentatore:] I fratelli K. ora sono accusati sotto due disposizioni del Codice Penale: l’Articolo 126-rapimento commesso per motivi di lucro, e l’ Articolo 117-la tortura.”
Mentre stava parlando, la prima pagina del file della causa penale fu mostrata sullo schermo.
18. Gli altri partecipanti offrirono i seguenti commenti:
[Il Sig. Z.:] l’ufficio dell’accusatore insisterà sulla reclusione come misura di punizione riguardo a tutti i tre fratelli… Per esempio, l’Articolo 126 § 2 prevede da cinque a dieci anni di reclusione, l’Articolo 117 prevede da tre a sette anni di reclusione. La corte dovrà scegliere…
[Il Sig. N.:] Un crimine sfrontato. Chiunque venga a conoscenza di fatti simili, li riporti alla polizia ed i criminali saranno puniti…
[Il presentatore:]… A settembre la Corte della Città di Glazov comincia il suo esame della causa penale. Tre fratelli uomini d’affari che si fanno un’idea falsa di essere proprietari di uno schiavo troveranno una punizione ben meritata.”
19. Il programma andò di nuovo in onda nell’ agosto 1999 e il 15 maggio e il 25 ottobre 2001.
2. Pubblicazione sui giornali
20. Il 7 agosto 1999 la giornalista Sig.ra M. pubblicò un articolo sotto il titolo “La Terra degli Schiavi” («Страна рабов») sul giornale locale Kalina Krasnaya. Cominciò come segue:
“Sono fermamente convinta che la seguente storia è solo uno fatto che emerge dalle acque oscure delle relazioni di mercato. E delle relazioni etniche allo stesso modo. Sebbene desideri essere imparziale riguardo a queste relazioni etniche – ogni persona ha i suoi studiosi illuminati ed assassini crudeli.”
21. La giornalista riferì la storia di V. che era stato sfruttato ed era stato picchiato dai fratelli K.. L’articolo menzionò che il nome di battesimo del fratello più vecchio era M., che gli altri due fratelli erano gemelli di 24 anni e che commerciavano frutta in un mercato locale. Il cognome dei rchiedenti non fu menzionato. Un vecchio amico di V. che gli aveva dato ospitalità fu menzionato come se stesse citando una dichiarazione di V. stesso, dicendo che “questi Tatari avevano stabilito tutto.” Il paragrafo definitivo si legge come segue:
“Molte, molte domande attraversarono la mia mente mentre stavo leggendo il file della causa penale. Perché la vita di un porcellino sporco è più preziosa di una vita umana? Perché masse di russi, Udmurts ed altri sono tra i disoccupati, mentre ‘loro ‘ non solo trovano lavoro per loro ma affittano anche mano d’opera ! E perché tutti in città conoscono i comportamenti di quel miglior amico di tutti i vagabondi e lo li sopportano? …”
3. Azioni di reclamo sull’ampiezza della trattazione da parte della stampa
22. I richiedenti presentarono molti reclami sull’ampiezza della trattazione da parte della stampa dei procedimenti contro di loro.
23. In una lettera del 23 marzo 2000 il Sig. N. rispose che il programma erano stato prodotto sulla base di informazioni fornite dalla divisione per le cause particolarmente importanti nell’ufficio dell’accusatore della Repubblica di Udmurtiya. Facendo seguito all’ Articolo 139 del Codice RSFSR della Procedura Penale, l’ufficio dell’accusatore aveva avuto diritto di rivelare materiali del file della causa di renderli disponibili al giornalista.
24. In una lettera del 3 maggio 2000 un accusatore aggiunto della Repubblica di Udmurtiya rispose che non c’era nessun motivo per ritenere gli ufficiali dell’ufficio dell’accusatore di Glazov criminalmente responsabili per la rivelazione dei materiali dall’indagine.
25. Il 25 agosto 2000 il Sig. Z. scrisse che non c’erano motivi di responsabilità in cui incorrere per gli ufficiali dell’ufficio dell’accusatore o per i giornalisti che avevano offerto dei servizi sui procedimenti.
26. Il 18 dicembre 2000 un accusatore aggiunto della Repubblica di Udmurtiya rispose al terzo richiedente che il Sig. Z. non poteva essere ritenuto criminalmente responsabile per le sue dichiarazioni.
27. In una lettera del 12 marzo 2001 un accusatore aggiunto della Repubblica di Udmurtiya confermò che la rivelazione del file causa ai mass media era stata in ottemperanza con l’Articolo 139 del Codice di Procedura penale. Lui notò inoltre che si era detto all’accusatore della città di Glazov (il Sig. Z.) di utilizzare “un approccio più equilibrato nel determinare la sfera delle informazioni che avrebbero potuto essere rese pubbliche in cause penali prima che la condanna diventasse definitiva.”
28. Nelle parole simile delle lettere del 25 luglio e del 15 agosto 2001, gli accusatori aggiunti della Repubblica di Udmurtiya informarono il primo e il terzo richiedente che non c’era alcun motivo per iniziare una causa penale contro il creatore del programma televisivo e che non sarebbe stata data nessuna ulteriore replica riguardante questa questione. Comunque, l’accusatore della città di Glazov fu istruito per controllare se si sarebbe dovuto aprire un’indagine penale in collegamento con l’articolo del giornale Kalina Krasnaya.
29. Il 27 settembre 2001 un investigatore dall’ufficio dell’accusatore di Glazov emise una decisione formale di non iniziare una causa penale per diffamazione contro la giornalista M. che aveva firmato l’articolo “La Terra degli Schiavi.” Sembra dalla decisione che, secondo le stesse parole di M., lei aveva ricevuto permesso formale dall’investigatore Sig. K. per consultare il file della causa e che il Sig. K. aveva approvato una bozza dell’articolo. Comunque, il Sig. K. negò di aver mai accordato l’accesso all’archivio a M. e pretese di non aver mai letto l’articolo in oggetto. Lui non negò, tuttavia, che aveva riassunto al presentatore del programma televisivo dei dettagli della causa penale. Riferendosi alla condanna dei richiedenti con la sentenza del 2 marzo 2001 (vedere sotto), l’investigatore trovò che i contenuti dell’articolo erano stati essenzialmente veri e che M. non aveva diffuso alcuna informazione falsa che danneggiava la dignità o l’onore del terzo richiedente.
C. La prova dei richiedenti
30. Il 31 luglio 2000 la Corte della Città di Glazov ha sostenuto un’udienza istruttoria e fissò l’apertura della prova al 10 agosto 2000.
31. La prova continuò nel tardo 2000 e primo 2001. Dei Testimoni per l’accusa e per la difesa, così come la vittima il Sig. V., testimoniarono in tribunale.
32. Il 2 marzo 2001 la Corte della Città di Glazov trovò i richiedenti colpevoli di rapimento e tortura sotto l’Articolo 126 § 2 e l’ Articolo 117 § 2 del Codice Penale russo. Il terzo richiedente fu condannato a cinque anni ed un mese di reclusione, mentre il primo e il secondo richiedente dovevano scontare sette anni in una colonia protetta dalle forze di sicurezza.
33. I richiedenti fecero appello contro la condanna. I loro punti di ricorso riguardarono, in particolare, il pregiudizio addotto nei confronti della loro presunzione di innocenza che era stato il risultato della pubblicazione del giornale e del programma televisivo descritti sopra. Anche l’accusa depositò un ricorso. Il file della causa fu spedito alla Corte Suprema della Repubblica di Udmurtiya per la considerazione del ricorso.
34. Il 29 ottobre 2001 il presidente attivo della Divisione Penale della Corte Suprema della Repubblica di Udmurtiya restituì il file della causa alla Corte della Città perché il giudice del processo non era riuscito a considerare i commenti dei richiedenti sulla prova registrata, a localizzare il documenti presumibilmente mancanti e a fornire ai richiedenti una copia dei punti dell’accusa del ricorso.
35. In una decisione provvisoria del 1 novembre 2001 la Corte della Città di Glazov accettò parzialmente ed in parte respinse le correzione dei richiedenti del documento di prova.
36. Il 18 dicembre 2001 la Corte Suprema della Repubblica di Udmurtiya ascoltò la causa su ricorso e sostenne la sentenza del 2 marzo 2001. La corte non prese in considerazione argomenti dei riguardo ad un danneggiamento addotto della loro presunzione d’innocenza.
D. Condizioni del trasporto dei richiedenti
37. A seguito della loro condanna, i richiedenti rimasero nella struttura di detenzione n. IZ-18/2 per ragioni non specificate.
38. Il 21 ottobre 2002 l’amministrazione della struttura di detenzione distribuì vestiti invernali ai prigionieri. I richiedenti rifiutarono di prenderli. Il 13 novembre 2002 il terzo richiedente accettò una giacca imbottita e il secondo richiedente scarpe invernali.
39. Il 26 dicembre 2002 i richiedenti furono inseriti nella lista per il trasporto dalla struttura di detenzione n. IZ-18/2 a colonie correttive. Secondo loro, la temperatura fuori quel giorno era -36o C; il Governo presentò un certificato del servizio meteorologico che mostrava che la temperatura scese a -29.8° C di notte.
40. Approssimativamente alle 5 di sera, quando i richiedenti furono portati insieme alla cella di assemblea della struttura di detenzione con dieci a dodici altri detenuti, loro stavano portando Magliette e pantaloni di una tuta sportiva. I guardiani gli offrirono giacconi invernali e cappelli che, secondo il Governo, provenivano dalle forniture degli aiuti umanitari ma erano stati lavato ed erano puliti. I richiedenti affermarono che gli articoli erano “lacerati e vecchi” e si rifiutarono di prenderli.
41. Alle 10 di sera i richiedenti, insieme con gli altri prigionieri furono sistemati in un furgone blindato e portati alla stazione ferroviaria di Glazov per salire a bordo del treno di Kirov-Kazan che arrivò alle 10.10 di sera La distanza fra la struttura e la stazione era di 800 metri ed il tempo di viaggio era meno di cinque minuti. Alle 10.05 di sera il furgone arrivò alla stazione ed i richiedenti uscirono da questo senza un abbigliamento invernale. Un ispettore della prigione gettò nel furgone, raccolse gli indumenti invernali che i richiedenti avevano lasciato dietro di sé , e li diede all’ufficiale della scorta. L’ufficiale propose di nuovo ai richiedenti di indossare l’abbigliamento ma si rifiutarono di fare così, sostenendo che erano inadatti da indossare. Secondo le dichiarazioni da parte dell’ispettore e l’ufficiale, l’abbigliamento era in una “condizione appropriata.”
42. Sembra che la discussione proseguì approssimativamente per 10 o 15 minuti. Il capo della scorta del treno si rifiutò di prendere i richiedenti senza abbigliamento appropriato ed il personale della struttura decise di riprenderli nelle celle.
43. In appoggio al fatto che sostenessero che l’abbigliamento fosse “improprio”, i richiedenti produssero alla Corte una dichiarazione scritta firmata da cinque altri detenuti che erano stati detenuti nella struttura n. IZ-18/2 a quel tempo.
44. Il 27 e 29 dicembre 2002, il 7 gennaio e l’11 aprile 2003 e in altre date i richiedenti si lamentarono di essere stati sottoposti a un trattamento inumano e degradante il 26 dicembre 2002.
45. I l 28 febbraio 2003 il Sig. Z. rispose a loro nei seguenti termini:
“E’ stato stabilito che dei vestiti invernali furono dati a Lei e che Lei rimase fuori in vestiti non appropriati per quella stagione solo perché si rifiutò di indossarli. I Suoi argomenti per i quali l’abbigliamento offerto non rispettavano gli standard sanitari di igiene non potevano essere obiettivamente confermati; non ci sono motivi per disciplinare alcun ufficiale.”
E. Confisca del furgone del terzo richiedente
46. Il 12 maggio 1999 il terzo richiedente arrivò col suo furgone alla stazione della polizia di Glazov per essere interrogato. In quel giorno fu preso in custodia (vedere sopra).
47. Il 13 maggio 1999 l’investigatore Sig. K. confiscò il furgone ed ordinò che dovesse essere tenuto nel posteggio di una società privata. L’ordine di accusa stesso non indicò i motivi sulla base dei quali era stato emesso, ma si riferì di nuovo alla decisione dell’investigatore della stessa data, di cui una copia non fu resa disponibile alla Corte.
48. Il terzo richiedente si lamentò ripetutamente alle varie autorità che il suo furgone era stato sequestrato illegalmente. Lui addusse che l’investigatore lo stava usandolo per le sue commissioni private.
49. In una lettera del 14 aprile 2000 l’accusatore attivo di Glazov ha riportato al terzo richiedente le costatazioni di un’indagine interna nelle sue azioni di reclamo. Lui trovò ciò che segue:
“Il 12 maggio 1999 il Sig. K. l’arrestò… Comunque, la macchina di Gazel nella quale Lei era arrivato, rimasta nella strada davanti ai locali della stazione della polizia di Glazov e non furono prese misure per la sua custodia sicura. La macchina rimase sino al 13 maggio 1999 là, quando il Sig. K. la confiscò… Comunque, lui non esaminò lo stato della macchina, né la mostrò a lei o a qualsiasi testimone che stava testimoniando…
La macchina confiscata fu presa da un impiegato della polizia stradale dalla stazione di polizia di Glazov, agendo in base agli ordini del Sig. K.v, e portata nei locali della [società privata]. La macchina non fu sigillata in modo appropriato…
Si deve essere notare allo stesso tempo non esistevano motivi giuridici per confiscare il veicolo, come richiesto dall’Articolo 175 § 1 del Codice RSFSR di Procedura penale. Secondo questa disposizione, un ordine di accusa potrebbe essere emesso in prospettiva di assicurare una richiesta civile o un possibile ordine di sequestro. Comunque in questa caso nessuna richiesta civile fu portata, in tutti i procedimenti e i provvedimenti legislativi sotto i quali [il terzo richiedente] fu accusato non prevedevano misure di sequestro come sanzione penale.
Così, il Sig. K. violò gli Articoli 141, 142 175 e 176 del Codice RSFSR di Procedura penale-che stabiliva i requisiti per il documento di confisca e la procedura per l’emissione di un ordine di accusa -ed anche l’Istruzione sulla procedura per sequestrare, raccogliere, immagazzinare e trasferire prove fisiche in cause penali, valori e altri beni da parte di autorità esecutive e legislative e di tribunali.
Inoltre all’indagine interna, l’accusatore della Repubblica di Udmurtiya fu consigliato di determinare se il Sig. K. avrebbe dovuto essere disciplinato.”
50. Il 13 giugno 2000 l’investigatore Sig. K. diede le chiavi e i documenti di registrazione del furgone alla Corte Civica di Glazov.
51. In lettere del 19 luglio e del 18 dicembre 2000 l’ufficio dell’accusatore della Repubblica di Udmurtiya informò il terzo richiedente che il Sig. K. era stato disciplinato per violazioni dell’Istruzione sulla procedura per immagazzinare prove fisicche ed era stato multato nella misura dell’importo del bonus del suo salario per il primo trimestre del 2000.
52. Sembra che il 4 giugno 2002 la Corte Civica di Glazov tolse l’ordine di accusa ed il furgone del terzo richiedente fu restituito alla Sig.ra K. (la moglie di suo fratello).
F. Procedimenti Civili contro l’investigatore e giornalisti
1. Azione civile contro l’investigatore ed la giornalista la Sig.ra M.
53. In una data non specificata il terzo richiedente chiamò a giudizio l’investigatore il Sig. K. per danni a causa del suo insuccesso di assicurare la custodia sicura del suo furgone; tutti i tre richiedenti portarono anche un’azione di diffamazione contro la giornalista la Sig.ra M., chiedendo il risarcimento riguardo al danno morale. La Corte Civica di Glazov ordinò la riunione delle azioni e fissò un’udienza per il 3 marzo 2003.
54. Nel febbraio 2003 i richiedenti chiesero alla corte permesso di comparire. La Sig.ra K., come un rappresentante del primo richiedente chiesero alla corte di assicurare la presenza dei richiedenti all’udienza.
55. Il 3 marzo 2003 la Corte Civica emise molte decisioni procedurali. Nella prima decisione, respinse la richiesta della Sig.ra K. per la presenza dei richiedenti , sostenendo che il Codice Penitenziario non prevedeva la possibilità di portare persone condannate da una colonia correttiva all’unità investigativa locale al fine di prendere parte ad un’udienza in una causa civile. La seconda decisione valutava l’assenza di entrambe le parti –la giornalista la Sig.ra M. ed un rappresentante del giornale non si erano presentati nonostante fosse stata loro notificata l’udienza- ed indicò che la causa sarebbe stata ascoltata in loro assenza. Sembra che la Sig.ra K. camminò poi fuori dalla sala dell’udienza in protesta contro la decisione della corte di ascoltare la causa in assenza del primo richiedente. In una terza decisione, la corte decise di procedere con la causa in sua assenza. Respinse inoltre la richiesta dei richiedenti per il permesso di comparire sulla base degli stessi motivi di sopra, aggiungendo:
“… le parti nella causa non solo hanno diritti ma anche doveri, come [il dovere] di fare osservazioni scritte e provare le loro richieste. Prendendo in considerazione il fatto che i diritti del Sig. A. K., delSig. D. K. ed del Sig. M. K. non sono ristretti e possono essere esercitati da loro nella piena misura, non ci sono motivi giuridici per assicurare la presenza di individui che hanno commesso crimini particolarmente seri, insolenti [ дерзкие].”
Infine, la Corte Civica respinse la richiesta dei richiedenti di chiamare in causa testimoni e studiare le registrazioni dell’udienza, ragionando come segue:
“La prova della richiesta di K. la richiesta cerca di ottenere una nuova valutazione delle circostanze e delle costatazioni esposte nella sentenza penale del 2 marzo 2001. Le dichiarazioni da parte dei fratelli di K. non sono ragionate o argomentate; non sono richieste procedurali di questo tipo [sic]; hanno studiato ripetutamente i materiali nel file della causa e possono studiarli di nuovo ricevendo loro copie; poiché stanno scontando una condanna imposta da una sentenza del tribunale in una struttura penitenziaria, la causa deve essere esaminata in loro assenza.”
56. Il 4 marzo 2003 la Corte Civica rifiutò per le stesse ragioni la richiesta del terzo richiedente di ottenere la presenza di testimoni e di un esperto. Decise anche di procedere con l’udienza in assenza dei rappresentanti di entrambe le parti .
57. Lo stesso giorno la Corte Civica respinse tutte le richieste dei richiedenti. Sul problema di diffamazione trovò che l’articolo “La Terra degli Schiavi” era stato basato sui fatti veri che erano stati stabiliti successivamente nella sentenza penale del 2 marzo 2001. Riguardo alla richiesta relativa al danno causato al furgone del terzo richiedente, stabilì che il veicolo era stato restituito a lui dopo aver pagato il risarcimento alla vittima il danno morale e che l’investigatore aveva agito all’interno dei suoi poteri e non aveva causato alcun danno per le sue azioni.
58. I richiedenti ed la Sig.ra K. fecero appello. Loro si lamentarono, in particolare, di una violazione del principio dell’uguaglianza dei mezzi. La Sig.ra K. indicò inoltre di non essere stata la rappresentante di D. o M. K..
59. Il 7 ottobre 2003 la Divisione Civile della Corte Suprema della Repubblica di Udmurtiya tenne un’udienza di ricorso. Sembra che né i richiedenti né la Sig.ra K. fossero presenti. La corte sostenne che non c’era stata nessuna violazione dell’uguaglianza dei mezzi perché ai richiedenti era stata debitamente notificata l’udienza ed erano stati informati del loro diritto di nominare dei rappresentanti. Il secondo e il terzo richiedente non si erano avvalsi di questo diritto, mentre il rappresentante del primo richiedente, la Sig.ra K. aveva rinunciato a prendere parte nell’udienza. Nella prospettiva della corte, la riunione delle cause era anche legale ed allineata perché il secondo richiedente era stato parte in emtrambe le richieste.
60. Secondo una lettera del 30 aprile 2003 dall’accusatore della Repubblica di Udmurtiya al secondo richiedente era in carico sull’udienza della corte una richiesta civile per decidere se la presenza del detenuto fosse necessaria. Il secondo richiedente avrebbe potuto essere scortato all’udienza se ci fosse stata una decisione da parte della Corte Civica di Glazov in questo senso.
2. L’azione del terzo richiedente contro l’accusatore
61. In una data non specificata il terzo richiedente portò un’azione di diffamazione contro l’accusatore il Sig. Z.. Lui impugnò come diffamatorie le dichiarazioni rese dal Sig. Z. nel programma televisivo Versiya in merito alla adolescenza delinquernte dei richiedenti, l’insolenza e l’avidità.
62. Il 14 novembre 2003 la Corte della Città di Glazov consegnò la sua sentenza. Il Sig. Z. fece osservazioni orali alla corte; il terzo richiedente non era né presente né rappresentato. La corte notò come attinenti i materiali relativi alla causa penale nel respingere l’azione di diffamazione, contro i richiedenti e, più specificamente, una lettera di riferimento per il secondo richiedente dalla sua scuola secondaria che riguardava le sue assenze non autorizzate dalla classai e il comportamento disordinato. La corte sostenne che i fatti come stabiliti nella sentenza del 2 marzo 2001 avevano giustificato i riferimenti ai richiedenti del Sig. Z. come insolenti ed avidi.
63. Il 19 dicembre 2003 e il22 gennaio 2004 il terzo richiedente depositò i suoi punti di ricorso, adducendo, in particolare, una violazione del principio dell’uguaglianza dei mezzi.
64. Alla Corte non sono state offerte informazioni sui procedimenti di ricorso.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE
65. Il Codice Penale prevede che tortura sia punibile con fino a sette anni di reclusione (Articolo 117 § 2) e il rapimento con venti anni di reclusione (Articolo 126 § 3).
66. Il Codice RSFSR di Procedura Penale (in vigore al tempo attinente) prevede ciò che segue:
Articolo 137. Riconoscimento come un rivendicatore civile
“Se l’investigatore osserva, sulla base del file della causa, che il crimine commesso ha causato ad un individuo od organizzazione danno materiale, deve spiegare a loro o ai loro rappresentanti che loro hanno diritto a depositare un‘istanza civile…
Se un’istanza civile è stata depositata, l’investigatore deve emettere una decisione che riconosce [la parte interessata] come rivendicatore civile o rifiuta simile status…”
Articolo 139. Inaccettabilità di divulgare i materiali dall’indagine preliminare
“I materiali dall’indagine preliminare possono essere resi pubblici solamente col beneplacito di un investigatore o un accusatore e nella misura in cui lo considerano possibile…”
Articolo 175. Affidamento della proprietà
“Nella prospettiva di assicurare un’istanza civile o un possibile ordine di sequestro, l’investigatore deve prendere in affidamento la proprietà della persona sospetta, imputato… o delle altre persone che possiedono la proprietà criminalmente acquisita… Se necessario, la proprietà presa in affidamento può essere confiscata…”
67. Il Codice di Procedura Civile della Federazione russa prevede che gli individui possono comparire di fronte al tribunale in persona o possono agire tramite un rappresentante (Articolo 48 § 1). Un tribunale può nominare un difensore per rappresentare un imputato la cui residenza non è conosciuta (Articolo 50). L’Atto dei Difensori (Legge n. 63-FZ del 31 maggio 2002) prevede che l’assistenza giuridica gratuita possa essere offerta ai querelanti indigenti in controversie civili riguardo al mantenimento del consorte o a pagamenti di pensioni o richieste per danno alla salute ( sezione 26 § 1).
68. Il Codice Penitenziario prevede che le persone dichiarate colpevoli possono essere trasferite da una colonia correttiva ad un’unità investigativa se la loro partecipazione è richiesta come testimoni, vittime o persone sospette in collegamento con certe misure investigative (Articolo 77.1). Il Codice non menziona la possibilità per una persona condannata di prendere parte a procedimenti civili, in qualità di querelante o imputato.
69. In molte occasioni la Corte Costituzionale ha esaminato azioni di reclamo da parte di persone condannate le cui richieste di permessi per comparire in procedimenti civili erano state rifiutate da parte dei tribunali. Ha dichiarato costantemente le azioni di reclamo inammissibili, trovando che le disposizioni contestate del Codice di Procedura Civile ed il Codice Penitenziario non restringevano, in questo modo, l’accesso al tribunale della persona condannata. Ha enfatizzato, nondimeno, che la persona condannata dovrebbe essere in grado di fare osservazioni al tribunale civile, sia tramite un rappresentante sia in qualsiasi altro modo previsto dalla legge. Se necessario, l’udienza può essere tenuta nel luogo in cui la persona condannata sta scontando la pena o l’udienza del tribunale della causa può istruire il tribunale che ha giurisdizione territoriale sulla colonia correttiva per ottenere le osservazioni del richiedente o intraprendere qualsiasi altro passo procedurale ( decisioni n. 478-O 16 ottobre 2003, n. 335-O 14 ottobre 2004, e n. 94-O 21 febbraio 2008).
LA LEGGE
I. IN MERITO ALLE CONSEGUENZE GIURIDICHE DELLA MORTE DEL RICHIEDENTE IL SIG. D. K.
70. A seguito della morte del secondo richiedente il 19 giugno 2006 (vedere paragrafo 4 sopra), gli altri due richiedenti, i suoi fratelli informarono il tribunale del loro desiderio di perseguire al suo posto i danni che aveva sollevato.
71. La Corte reitera che nelle varie cause in cui un richiedente è morto nel corso dei procedimenti, ha preso in considerazione le dichiarazioni degli eredi del richiedente dei membri di famiglia prossimi che espressero il desiderio di intraprendere i procedimenti di fronte a sé (vedere Karner c. Austria, n. 40016/98, § 25, ECHR 2003-IX, e Dalban c. Romania [GC], n. 28114/95, § 39 ECHR 1999-VI). Nella presente causa osserva che le azioni di reclamo sollevate da tutti i tre richiedenti erano simili nella sostanza e che le situazioni di cui si sono lamentati li colpivano in egual misura. Accetta perciò che il primo e il terzo richiedente possano intraprendere la richiesta fino a questo momento depositata dal secondo richiedente defunto.
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
72. I richiedenti si lamentarono sotto l’Articolo 3 della Convenzione che erano stati umiliati, intimiditi e messi sotto pressione dall’investigatore. Loro si lamentarono inoltre di essere stati trasportati in condizioni inumane il 26 dicembre 2002. Inoltre, il primo richiedente si lamentò delle condizioni degradanti della sua detenzione dal 22 aprile 1999 al 16 maggio 2002 e dal26 giugno 2002 al 16 gennaio 2003. L’Articolo 3 si legge come segue:
“Nessuno sarà sottoposto a tortura o a trattamento o punizione inumani o degradanti.”
73. La Corte osserva all’inizio che il primo richiedente sollevò per la prima volta la sua azione di reclamo sulle condizioni della sua detenzione in un’aggiunta al modulo di domanda datato 19 dicembre 2003. Poiché questa azione di reclamo si riferisce al periodo di detenzione che terminò il 16 gennaio 2003, fu presentata fuori dal tempo-limite di sei mesi e deve essere respinta in conformità con l’Articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
74. La Corte nota inoltre che le osservazioni dei richiedenti sull’intimidazione addotta e la pressione da parte dell’investigatore non furono elaborate e non furono sostenute da una qualsiasi descrizione del maltrattamento addotto. Ne consegue che questa azione di reclamo è manifestamente mal-fondata e deve essere respinta in conformità con l’Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
75. Infine, riguardo all’azione di reclamo sull’incidente del 26 dicembre 2002, le osservazioni delle parti possono essere riassunte nel seguente modo.
76. I richiedenti presentarono che erano stati sottoposti a un trattamento inumano e degradante perché erano stati messi intenzionalmente in un furgone blindato senza un abbigliamento caldo , portati alla stazione ferroviaria trattenuti là per circa trenta minuti e poi erano stati riportati alla prigione. Non erano stati dati a loro giacche imbottite e cappelli invernali prima di entrare nel furgone ma solamente alla stazione. Loro non erano stati capaci di indossarli perché le giacche si erano ristrette dopo i ripetuti lavaggi. I richiedenti chiesero che il tempo impiegato per entrare e lasciare il furgone blindato era durato circa venti minuti perché ad ogni prigioniero era stato richiesto di dichiarare il suo nome e cognome, data di nascita, le accuse contro di lui e la durata della condanna.
77. Il Governo mise enfasi sul fatto che ai richiedenti erano stati offerti ripetutamente vestiti invernali ma che si erano rifiutati di indossarli. Per ammissione, l’abbigliamento era usato ma era stato lavato e pulito in base ai requisiti di igiene applicabili. La decisione dei richiedenti di rimanere fuori al gelo senza abbigliamento appropriato era stata il risultato delle loro proprie azioni intenzionali.
78. La Corte osserva che le circostanze dell’incidente del 26 dicembre 2002 non sono affatto in controversia fra le parti. In quel giorno i richiedenti furono programmati per essere trasportati alla colonia correttiva in treno. La temperatura fuori era estremamente bassa. Siccome loro stavano lasciando la struttura di detenzione, gli ufficiali della prigione diedero loro vestiti invernali che loro si rifiutarono di indossare. La scorta del treno si rifiutò di farli salire a bordo senza i vestiti caldi ed i richiedenti furono portati in dietro alla struttura di detenzione. Tutto sommato, i richiedenti rimasero fuori dalla struttura per meno di un’ora.
79. Il solo punto di contenzioso fra le parti è se l’abbigliamento proposto ai richiedenti fosse appropriato da indossare. Nelle loro osservazioni originali i richiedenti affermarono che era “lacerato e vecchio” (vedere paragrafo 40 sopra), mentre nelle loro osservazioni sui meriti addussero che era stato troppo piccolo perché si era restretto. Comunque, la Corte non è convinta della seconda pretesa perché appare singolare che sia stata avanzata per la prima volta solamente ad un stadio avanzato dei procedimenti. Il Governo, da parte sua non ha negato che l’abbigliamento non fosse nuovo, e sostiene anche che era stato lavato in ottemperanza con i requisiti di igiene. In queste circostanze, la Corte conclude, che ai richiedenti furono offerti vestiti invernali che erano usati ma puliti.
80. La Corte reitera che l’Articolo 3 della Convenzione custodisce uno dei valori fondamentali della società democratica. Proibisce in termini assoluti la tortura o trattamenti o punizioni inumani o degradanti, a prescindere dalle circostanze ed del comportamento della vittima (vedere, per esempio, Labita c. Italia [GC], n. 26772/95, § 119 ECHR 2000-IV). Il maltrattamento deve arrivare a un livello minimo di gravità se deve incorrere all’interno della sfera dell’ Articolo 3. La valutazione di questo minimo dipende da tutte le circostanze della causa, come la durata del trattamento i suoi effetti fisici o mentali e, in alcune cause, il sesso, l’età e lo stato di salute della vittima (vedere Irlanda c. Regno Unito, 18 gennaio 1978 Serie A n. 25, p. 65, § 162).
81. Nella presente causa il trattamento inumano addotto consisteva nell’aver esposto i richiedenti ad una temperatura estremamente bassa senza abbigliamento caldo. Non era in controversia fra le parti che la loro esposizione era il risultato della scelta intenzionale dei richiedenti di non indossare l’abbigliamento che i responsabili della struttura avevano proposto ripetutamente a loro.
82. Non è stato affermato che i richiedenti erano stati messi fuori in fila per qualsiasi genere di trattamento speciale. In particolare, non sembra che i vestiti invernali dati loro erano in qualche modo diversi da quelli distribuiti agli altri prigionieri. Come la Corte ha trovato sopra, l’abbigliamento non era nuovo e probabilmente abbastanza consunto. Non c’è ciononostante, prova che fosse in tale stato atroce da rendere inaccettabile il suo utilizzo. Né è stato addotto che non offriva protezione sufficiente dal raffreddore. La Corte non può concludere perciò che le autorità nazionali mancarono nel loro dovere di fornire ai richiedenti protezione adeguata contro il tempo inclemente.
83. Avendo riguardo alle circostanze sopra, la Corte costata circa che il trattamento di cui si sono lamentati non andava oltre la soglia di un livello minimo di gravità. Ne segue che anche questa parte dell’azione di reclamo è manifestamente mal-fondata e deve essere respinta in conformità con l’Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 5 DELLA CONVENZIONE
84. I richiedenti si lamentarono sotto l’Articolo 5 della Convenzione che i loro ordini di detenzione non erano stati basati su ragioni sufficienti e che loro non erano stati rilasciati su prova pendente nonostante le loro richieste a questo proposito.
85. La Corte nota che la detenzione precedente alla prova dei richiedenti è terminata con la loro condanna il 2 marzo 2001, mentre la loro richiesta fu depositata solamente il 26 febbraio 2002, più di sei mesi più tardi. Ne segue che questo reclamo è stato presentato fuori i termini e deve essere respinto in conformità con l’Articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
IV. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE NEI PROCEDIMENTI PENALI
86. I richiedenti si lamentarono sotto l’Articolo 6 §§ 1 e 3 (a), (b) e (d) che i materiali nel file di indagine erano stati resi disponibili a loro solamente alla fine dell’indagine, che loro non avevano avuto un’opportunità di mettere in dubbio i testimoni a difesa e la vittima e che il giudice del processo era stato influenzato ed aveva respinto le loro richieste. Loro dissero inoltre che la lunghezza dei procedimenti penali contro loro era stata eccessiva. Infine, loro addussero una violazione della loro presunzione d’innocenza garantita dall’ Articolo 6 § 2 della Convenzione in quanto le autorità di accusa avevano cooperato da vicino coi mass media durante la prova. Le parti attinenti dell’ Articolo 6 si leggono come segue:
“1. Nella determinazione di… qualsiasi accusa criminale contro lui, ad ognuno viene concessa un’equa udienza pubblica all’interno di un termine ragionevole da parte di un tribunale indipendente ed imparziale…
2. Ognuno accusato di un reato penale sarà presunto innocente sino a quando si dimostrerà colpevole secondo la legge.
3. Ognuno accusato di un reato penale ha i seguenti diritti minimi:
(a) essere informato prontamente, in una lingua che lui capisce ed in dettaglio, della natura e della causa dell’accusa contro lui;
(b) avere tempo adeguato e mezzi per la preparazione della sua difesa;

(d) esaminare o aver esaminato testimoni contro lui ed ottenere la presenza e l’ esame di testimoni a suo favore sotto le stesse condizioni dei testimoni contro lui…”
A. Ammissibilità
87. La Corte nota che i procedimenti penali contro i richiedenti sono durati dal 12 aprile 1999 al 18 dicembre 2001, cioè, per due anni ed otto mesi. Entro questo periodo l’indagine pre-prova è durata per un anno e tre mesi e la prova di prima istanza è continuata dal 31 luglio 2000 al 2 marzo 2001. I procedimenti di ricorso erano stati preceduti da un ritardo che è il risultato dell’insuccesso della Corte Civica di intraprendere certi passi procedurali che furono considerati indispensabili dalla Corte Suprema (vedere paragrafo 34 sopra). Una volta posto rimedio a questi difetti , i ricorsi furono ascoltati in un tempo di meno di due mesi. La Corte reitera che il fatto che i richiedenti furono trattenuti in custodia richiede una particolare diligenza da parte dei tribunali che hanno a che fare con la causa ed amministrare rapidamente la giustizia (vedere Panchenko c. Russia, n. 45100/98, § 133, 8 febbraio 2005, e Kalashnikov c. Russia, n. 47095/99, § 132 ECHR 2002-VI). Ciononostante, notando che non c’erano ritardi significativi attribuibili alle autorità, salvo per quello menzionato sopra, e facendo una valutazione globale delle circostanze della causa, la Corte non trova che la durata dei procedimenti fosse in violazione del “ termine ragionevole” richiesto nell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione.
88. Riguardo all’azione di reclamo circa il tempo presumibilmente insufficiente per la preparazione della difesa, la Corte osserva che nell’ordinamento giuridico russo è pratica normale di permettere agli imputati di studiare il file della causa dopo che l’indagine pre-prova è stata completata. Questo di per sé non va contro i requisiti dell’ Articolo 6 della Convenzione. I richiedenti non si lamentarono che il tempo per studiare il file della causa fosse insufficiente o che il loro diritto di leggere i materiali nel file fosse altrimenti ristretto.
89. La Corte osserva inoltre che la vittima V. diede prova orale durante la prova e che i richiedenti avevano perciò un’opportunità di mettere dei dubbi a suo carico. Riguardo ai testimoni a difesa che il tribunale presumibilmente si rifiutò di chiamare al banco dei testimoni, la Corte nota, che il giudice esaminò certi testimoni a difesa. I richiedenti non identificarono ulteriori testimoni che si auguravano fossero esaminati o non spiegarono perché sarebbe stato utile esaminarli nelle circostanze della causa. Né loro provarono la loro lamentela per la quale il giudice del processo aveva mancato d’imparzialità. Ne consegue che le azioni di reclamo summenzionate sono manifestamente mal-fondate e devono essere respinte in conformità con l’Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
90. Infine, la Corte considera, alla luce delle osservazioni delle parti che l’azione di reclamo riguardo al pregiudizio addotto alla presunzione di innocenza dei richiedenti solleva dei problemi seri di fatto e diritto sotto la Convenzione, la cui determinazione richiede un esame dei meriti. La Corte conclude perciò che questa azione di reclamo non sia manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nessun altro fatto per dichiararla inammissibile è stato stabilito.
B. Meriti
1. Osservazioni delle parti
91. I richiedenti presentarono che l’investigatore Sig. K. e gli altri impiegati dell’ufficio dell’accusatore non solo avevano accordato alla Sig.ra T. l’accesso senza restrizioni al file della causa penale ma avevano anche partecipato attivamente allo spettacolo televisivo. L’esposizione della copertina del file della causa nella sequenza di apertura dello spettacolo televisivo ha dimostrato che era stato reso fisicamente disponibile al giornalista. Lo show era stato registrato prima che la causa venisse assegnata per la prova; era stato pubblicizzato ampiamente con il titolo sensazionalista “Schiavitù a Glazov alla fine del ventesimo secolo” e mandato in onda molte in modo da precedere le udienze aggiornate della prova e l’udienza di ricorso. L’Articolo 139 del Codice RSFSR di Procedura penale non si poteva interpretare come giustificante un abuso della presunzione d’innocenza dei richiedenti. Il loro diritto di essere presunti innocenti sino al momento in cui vengono trovati colpevoli era stato ulteriormente danneggiato dalle dichiarazioni rese dalla giornalista la Sig.ra T., l’accusatore il Sig. Z., l’investigatore il Sig. K. e l’accusatore il Sig. N. durante lo spettacolo televisivo. Inoltre, l’accusa aveva accordato anche l’accesso al file della causa alla giornalista la Sig.ra M., l’autore dell’articolo “La Terra degli Schiavi” che era stato anche estremamente pregiudizievole nei confronti dei richiedenti. I richiedenti insistettero che la l’ampio spazio di divulgazione da parte della stampa della loro causa e le dichiarazioni da parte degli ufficiali d’accusa delle alte sfere avesse condotto il pubblico a ritenerli colpevoli.
92. Il Governo negò che l’investigatore il Sig. K. avesse reso il file della causa penale fisica disponibile alla giornalista la Sig.ra T.. Disse che aveva comunicato oralmente sue certe informazioni che aveva ritenuto appropriato rivelare in conformità con l’Articolo 139 del Codice RSFSR di Procedura Penale. Per quel momento l’indagine preliminare era stata completata e la causa era stata assegnata per la prova. Il Governo presentò che i partecipanti allo spettacolo televisivo Versiya non avevano reso alcuna dichiarazione che avrebbe potuto violare la presunzione d’innocenza dei richiedenti.
2. La valutazione della Corte
93. La Corte reitera che l’ Articolo che 6 § 2, nel suo aspetto attinente ha lo scopo di evitare di minare un’equa prova penale con dichiarazioni pregiudizievoli rese in collegamento ravvicinato con quei procedimenti. La presunzione d’innocenza contenuta nel paragrafo 2 dell’ Articolo 6 è uno degli elementi di un’equa prova penale che viene richiesta dal paragrafo 1 (vedere Allenet de Ribemont c. Francia, sentenza del 10 febbraio 1995 Serie A n. 308, § 35). Proibisce l’espressione prematura da parte del tribunale stesso dell’opinione che la persona “accusata di un reato penale” sia colpevole prima che venga dimostrato essere così secondo la legge (vedere Minelli c. Svizzera, sentenza del 25 marzo 1983 Serie A n. 62) ma copre anche dichiarazioni rese dagli altri ufficiali pubblici su indagini penali pendenti che incoraggiano il pubblico a ritenere la persona sospetta colpevole e a giudicare prematuramente la valutazione dei fatti da parte dell’autorità giudiziale competente (vedere Allenet de Ribemont, citata sopra, § 41; Daktaras c. Lituania, n. 42095/98, §§ 41-43 ECHR 2000-X; e Butkevičius c. Lituania, n. 48297/99, § 49 ECHR 2002-II).
94. L’approccio coerente della Corte è ritenere che la presunzione d’innocenza sarà violata nel caso in cui una decisione giudiziale o una dichiarazione da parte di un ufficiale pubblico riguardo ad una persona accusata di reato penale abbia riflesso un’opinione che lo ritenga colpevole prima che fosse dimostrato colpevole secondo la legge. Basta, anche in assenza di qualsiasi sentenza formale che ci siano alcuni ragionamenti che suggeriscano che il tribunale o l’ ufficiale consideri l’accusato come colpevole. Una distinzione fondamentale deve essere fatta fra una dichiarazione che qualcuno è semplicemente sospettato di avere commesso un crimine ed una dichiarazione chiara, in assenza di una condanna definitiva che un individuo abbia commesso il crimine in oggetto. La Corte ha enfatizzato costantemente l’importanza della scelta delle parole da parte dei pubblici ufficiali nelle loro dichiarazioni di fronte ad una persona che è stata accusata e giudicata colpevole di un particolare reato penale (vedere Böhmer c. Germania, n. 37568/97, §§ 54 e 56, 3 ottobre 2002, e Nešťák c. Slovacchia, n. 65559/01, §§ 88 e 89, 27 febbraio 2007).
95. Rivolgendosi ai fatti della presente causa, la Corte osserva che alcuni giorni prima dell’apertura programmata della prova nella causa dei richiedenti, un canale televisivo ha mandato in onda un talk show nel quale l’investigatore che aveva a che fare con la causa dei richiedenti, l’accusatore civico ed il capo della divisione dei crimini particolarmente seri nell’ufficio dell’accusatore regionale presero parte. I partecipanti discussero la causa dei richiedenti in dettaglio con il contributo del presentatore dello show e la vittima addotta delle loro malefatte. Successivamente lo show fu mandato di nuovo in onda in due occasioni durante la prova ed ancora una volta molti giorni prima dell’udienza di ricorso.
96. Riguardo ai contenuti dello show, la Corte nota che tutti i tre ufficiali dell’ accusa descrissero gli atti imputati ai richiedenti come un “ crimine” che era stato commesso da loro (vedere le loro dichiarazioni nei paragrafi 16, 17 e 18 sopra). Le loro dichiarazioni non furono limitate alla descrizione lo status dei procedimenti pendenti o allo “stato di sospetto” contro i richiedenti ma presentarono come un fatto stabilito senza alcuna qualifica o riserva, il loro coinvolgimento nella commissione dei reati senza menzionare anche che loro lo negavano. Inoltre, l’accusatore civico il Sig. Z. si è riferito alla fedina penale dei richiedenti, ritraendoli come criminali incalliti, e fece un’illazione secondo la quale la commissione del “ crimine” era stata il risultato delle loro “qualità personali”-“la crudeltà e la brutalità ingiustificate.” Nell’ultima dichiarazione menzionò anche che la sola scelta che il giudice dovrebbe rendere sarebbe quella di una pena di una lunghezza appropriata, presentando così la condanna dei i richiedenti come la sola possibile conseguenza dei procedimenti giudiziali (vedere paragrafo 18 sopra). La Corte considera che quella dichiarazione da parte degli ufficiali pubblici corrispose ad una dichiarazione di colpevolezza dei richiedenti e pregiudicò la valutazione dei fatti da parte dell’autorità giudiziale competente. Dato che quegli ufficiali occupavano posizioni alte nella città e nelle autorità perseguenti regionali, avrebbero dovuto esercitare una particolare cautela nella loro scelta delle parole per descrivere i procedimenti penali pendenti contro i richiedenti. Comunque, avendo riguardo ai contenuti delle loro dichiarazioni come delineato sopra, la Corte costata che alcune delle loro dichiarazioni avrebbero potuto incoraggiare il pubblico a ritenere i richiedenti colpevoli prima che venissero dimostrati colpevoli secondo la legge. Di conseguenza, la Corte costata che c’è stata una violazione della presunzione d’innocenza dei richiedenti. Questa costatazione non rende necessario esaminare separatamente il motivo di reclamo dei richiedenti per il quale anche la concessione del file della causa ai giornalisti fosse pregiudizievole alla loro presunzione d’innocenza.
97. C’è stata perciò una violazione del’ Articolo 6 § 2 della Convenzione.
C. VILAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE NEI PROCEDIMENTI CIVILI
98. I richiedenti si lamentarono di una violazione del principio di uguaglianza dei mezzi che deriva dall’ Articolo 6 § 1 della Convenzione, per il fatto che i tribunali nazionali che esaminavano le loro richieste civili avevano rifiutato loro di comparire . La parte attinente dell’ Articolo 6 si legge come segue:
“Nella determinazione dei suoi diritti civili ed obblighi…, ad ognuno viene concessa un’equa… udienza… da parte di [un]… tribunale…”
A. Ammissibilità
99. La Corte osserva che non ha ricevuto nessuna informazione sul risultato dei procedimenti di diffamazione avviati dal terzo richiedente contro l’accusatore il Sig. Z. (vedere paragrafo 64 sopra). Questa parte dell’azione di reclamo deve essere respinta sotto l’Articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione per non-esaurimento delle vie di ricorso nazionali in queste circostanze.
100. Riguardo all’altra richiesta depositata dai richiedenti, la Corte considera, alla luce delle osservazioni delle parti le , che l’azione di reclamo solleva dei seri problemi di fatto e diritto sotto la Convenzione, la determinazione dei quali richiede un esame dei meriti. La Corte conclude perciò che questa azione di reclamo non è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nessun è stato stabilito nessun altro fatto per dichiararla inammissibile.
B. Meriti
1. Osservazioni delle parti
101. I richiedenti enfatizzarono che la citazione aveva menzionato il loro diritto a comparire di persona di fronte alla corte civile. Comunque, poiché furono privati della loro libertà, l’esercizio di quel diritto era stato condizionale per la decisione della corte di trasferirli all’unità investigativa locale. Indicarono che la Sig.ra K. aveva lasciato il tribunale, protestando contro la decisione del tribunale del rifiuto lasciarli comparire. Sostennero che il principio dell’uguaglianza dei mezzi era stato violato perché loro non furono né presenti né furono rappresentati nei procedimenti.
102. Il Governo presentò che al tempo pertinente i richiedenti stavano scontando le loro condanne in una colonia correttiva. Erano stati chiamati debitamente in causa all’udienza ed erano stati anche informati del loro diritto di fare osservazioni scritte alla corte. La Sig.ra K., un rappresentante del primo richiedente aveva lasciato l’udienza di sua propria volontà e senza qualsiasi chiarimento. La corte aveva esaminato le osservazioni scritte da parte del secondo richiedente. Il terzo richiedente non aveva nominato un rappresentante, benché fosse stato informato del suo diritto ad agire così. Il Governo considerò che non c’era stata nessuna violazione del diritto dei richiedenti ad un processo equo perché avevano fatto uso del loro diritto di fare osservazioni scritte o nominare un rappresentante .
2. La valutazione della Corte
103. La Corte reitera che il principio dei procedimenti di confronto e dell’uguaglianza dei mezzi che è uno degli elementi del concetto più largo di un’udienza corretta richiede ad ogni parte venga data un’opportunità ragionevole di avere conoscenza e di fare commenti sulle osservazioni registrate o di avere la prova addotta dall’altra parte e presentare la sua causa sotto condizioni che non le metta a vis-à-vis di svantaggio sostanziale per lei o per il suo oppositore (vedere Krčmář ed Altri c. Repubblica ceca, n. 35376/97, § 39, 3 marzo 2000, e Dombo Beheer B.V. c. Paesi Bassi, sentenza del 27 ottobre 1993 Serie A n. 274, § 33). La Corte in precedenza ha trovato una violazione del diritto ad un’ “udienza pubblica ed equa” in molte cause contro la Russia nelle quali una parte dei procedimenti civili fu privata di un’opportunità di frequentare l’udienza a causa del tardo o del servizio difettoso nel chiamare a comparire (vedere Yakovlev c. Russia, n. 72701/01, §§ 19 et seq., 15 marzo 2005; Groshev c. Russia, n. 69889/01, §§ 27 et seq., 20 ottobre 2005; e Mokrushina c. Russia, n. 23377/02, 5 ottobre 2006). Trovò anche una violazione dell’ Articolo 6 in una causa in cui un tribunale russo rifiutò il permesso di comparire ad un richiedente imprigionato che desiderava fare osservazioni orali in merito alla sua rivendicazione secondo la quale era stato seviziato dalla polizia. Nonostante il fatto che il richiedente in che causa fosse rappresentato da sua moglie, la Corte considerò attinente che la sua richiesta fosse basata grandemente sulla sua esperienza personale e che le sue osservazioni sarebbero state perciò “un’importante parte della presentazione del querelante della causa e virtualmente il solo modo di assicurare dei procedimenti di confronto” (vedere Kovalev c. Russia, n. 78145/01, § 37 10 maggio 2007).
104. La Corte osserva che il Codice russo di Procedura Civile prevede il diritto del querelante di comparire di persona di fronte ad un tribunale civile che possa ascoltare la sua richiesta (vedere paragrafo 67 sopra). Né il Codice di Procedura Civile né il Codice Penitenziario costituiscono comunque, una disposizione speciale per l’esercizio di questo diritto da parte di individui che sono in custodia, se loro sono in detenzione pre-prova o stanno scontando una condanna. Nella presente causa le richieste dei richiedenti e del loro rappresentante per avere il permesso di comparire furono negate precisamente sul fatto che il diritto nazionale non dava alcuna disposizione affinché le persone condannate fossero portate da colonie correttive al posto in cui la loro rivendicazione civile veniva ascoltata. La Corte reitera che l’Articolo 6 della Convenzione non garantisce il diritto alla presenza personale di fronte ad un tribunale civile ma piuttosto un diritto più generale a presentare efficacemente la causa di uno di fronte al tribunale e godere dell’uguaglianza dei mezzi nei confronti dell’ avversario. L’Articolo 6 § 1 lascia allo Stato una libera scelta dei mezzi che devono essere usati per garantire ai contendenti questi diritti (vedere Steel e Maurice c. Regno Unito, n. 68416/01, §§ 59-60 ECHR 2005-II).
105. Il problema dell’esercizio dei diritti procedurali da parte dei detenuti nei procedimenti civili è stato esaminato in molte occasioni dalla Corte Costituzionale russa che ha identificato molti modi in cui si possono assicurare i loro diritti (vedere paragrafo 69 sopra). Ha enfatizzato costantemente la rappresentanza come una soluzione appropriata nelle cause in cui una parte non può comparire di persona di fronte ad un tribunale civile. Dato le difficoltà ovvie coinvolte nel trasporto di persone condannate da un’ubicazione ad un’ altra, la Corte può in principio accettare che in cause in cui la rivendicazione non è basata sulle esperienze personali del querelante, come nella causa Kovalev summenzionata, la rappresentanza del detenuto da parte di un avvocato non sarebbe in violazione del principio dell’uguaglianza dei mezzi.
106. Nella presente causa i richiedenti sono stati informati del loro diritto di nominare un rappresentante nei procedimenti civili ed il primo richiedente nominò la Sig.ra K. come suo rappresentante. Comunque, dato la natura personale della loro rivendicazione per diffamazione, loro richiesero il permesso di comparire di fronte al tribunale civile che fu rifiutata a loro dal giudice il 3 marzo 2003. Dopo che la Sig.ra K. si rifiutò di partecipare ulteriormente all’udienza per protesta contro la decisione del giudice ed uscì dalla sala d’udienza, il giudice decise di procedere con la causa in sua assenza ed anche in assenza dei richiedenti, trovando che “non c’ [era] nessun motivo giuridico per garantire la presenza di individui che hanno commesso crimini particolarmente seri, insolenti.” Il giorno seguente la corte respinse la richiesta dei richiedenti nella sua interezza.
107. La Corte nota che, dopo che la Corte Civica aveva rifiutato di lasciare comparire i richiedenti in termini che possono essere descritti solamente come pregiudizievoli, non considerò le possibilità giuridiche di garantire la loro partecipazione effettiva nei procedimenti. Inoltre, non aggiornò i procedimenti per permettere al secondo e al terzo richiedente, dopo aver saputo del rifiuto del permesso di comparire , di designare un rappresentante ed al primo richiedente di discutere il problema di un’ulteriore rappresentanza da parte della Sig.ra K. o trovare un avvocato in sostituzione. I richiedenti non erano evidentemente capaci di decidere su un ulteriore corso di azione per la difesa dei loro diritti sino al momento in cui la decisione del rifiuto di permettere loro di comparire fu comunicata a loro. Comunque, come accadde, questa decisione li raggiunse allo stesso tempo del giudizio in cui la loro richiesta fu respinta sui meriti. La corte del ricorso non fece niente per rimediare a quella situazione.
108. In queste circostanze la Corte costata che il fatto che la rivendicazione civile dei richiedenti che era è stata ascoltata senza che loro non fossero né presenti né rappresentati li ha spogliati dell’opportunità di presentare efficacemente la loro causa di fronte alla corte.
109. C’è stata perciò una violazione dell’ Articolo 6 § 1 della Convenzione in quei procedimenti.
VI. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
110. Il primo e il secondo richiedente si lamentò sotto l’Articolo 8 della Convenzione che l’investigatore aveva esercitato pressione sui loro parenti. Inoltre, il primo richiedente si lamentò sotto la stessa disposizione della radiodiffusione della sua fotografia e di dettagli personali durante lo spettacolo televisivo Versiya . L’Articolo 8 si legge come segue:
“1. Ognuno ha diritto al rispetto della suo vita privata e della sua famiglia,della sua casa e della sua corrispondenza.
2. Non ci sarà interferenza da parte di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto eccetto nel caso in cui sia in conformità con la legge e sia necessario in una società democratica negli interessi della sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica o il benessere economico del paese, per la prevenzione del disturbo o delle azioni criminali, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e le libertà altrui.”
A. Ammissibilità
111. La Corte nota che i richiedenti non fornirono alcun dettaglio della pressione che presumibilmente fu esercitata sui loro parenti. Sembra che il primo richiedente fosse in grado di ricevere visite dalla sua fidanzata (più tardi sua moglie) su una base regolare (vedere paragrafo 7 sopra), mentre il secondo richiedente non sollevò nessun torto specifico circa le visite della famiglia. In queste circostanze, la Corte è incapace di distinguere una qualsiasi interferenza con la vita famigliare di questi richiedenti . Ne consegue che questa parte dell’azione di reclamo sia manifestamente mal-fondata e deve essere respinta in conformità con l’Articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
112. Riguardo all’interferenza addotta con la vita privata del prim

Testo Tradotto

Conclusion Remainder inadmissible ; Violation of Art. 6-2 ; Violation of Art. 6-1 ; Violation of Art. 8 ; Violation of P1-1 ; Just satisfaction dismissed
FIRST SECTION
CASE OF KHUZHIN AND OTHERS v. RUSSIA
(Application no. 13470/02)
JUDGMENT
STRASBOURG
23 October 2008
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Khuzhin and Others v. Russia,
The European Court of Human Rights (First Section), sitting as a Chamber composed of:
Nina Vajić, President,
Anatoly Kovler,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, judges,
and André Wampach, Deputy Section Registrar,
Having deliberated in private on 2 October 2008,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 13470/02) against the Russian Federation lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by three Russian nationals, Mr A. G.K.n, Mr D. G. K.n and Mr M. G. K. (“the applicants”), on 26 February 2002.
2. The applicants, who had been granted legal aid, were represented before the Court by Ms K. M. and Ms V. B., lawyers with the Centre for International Protection in Moscow. The Russian Government (“the Government”) were represented by Mr P. Laptev, former Representative of the Russian Federation at the European Court of Human Rights.
3. On 1 March 2005 the Court decided to give notice of the application to the Government. It was also decided to examine the merits of the application at the same time as its admissibility (Article 29 § 3).
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
4. The applicants are brothers. Mr A. and D. K. were twins born in 1975 and Mr M. K. was born in 1970. They all live in the town of Glazov in the Udmurtiya Republic of the Russian Federation. On 19 June 2006 Mr D. K. died in an accident.
A. Arrest of the applicants
5. On 14 April 1999 the first and second applicants were arrested on suspicion of kidnapping committed in concert. The case was assigned to Mr K., a senior investigator in the prosecutor’s office of the Udmurtiya Republic.
6. On 12 May 1999 the investigator Mr K. questioned the third applicant as a witness. On the same day he was placed in custody. On 14 May 1999 the investigator issued a formal decision to arrest the third applicant on suspicion on aiding and abetting kidnapping.
7. On 17 and 26 May 1999 the first applicant was allowed to see his fiancée, Ms M.. It would appear that on the latter date they contracted a marriage because from 9 June 1999 she began visiting him as his wife and changed her name to Mrs K.. In the subsequent period she visited the first applicant on a regular basis once or twice a month.
8. On 2 June 1999 the three applicants were charged with kidnapping and torture, offences under Articles 117 and 126 of the Criminal Code. They were accused of having abducted a certain Mr V., a homeless tramp, and forced him to perform physical labour in a fruit warehouse owned by them in exchange for extremely low pay. On several occasions V. had run away but the brothers had caught him, beaten him and tortured him by applying electric wires to various parts of his body.
9. On 7 June 1999 the first applicant and his counsel requested the investigator to arrange for a confrontation with V. and a certain witness U. On the following day the investigator refused their request, noting that the confrontation was “undesirable as both V. and U. had previously been financially dependent on the K. brothers and during a confrontation Amir K. could exert a negative influence on them”.
10. The third applicant and his counsel requested the investigator to interview witnesses G., L., and A., who could allegedly testify that V. had been able to move around freely and that the K. brothers had treated him well. On 18 June 1999 the investigator dismissed the request as unsubstantiated. He noted that V.’s liberty of movement had indeed been unrestricted in the beginning and the K. brothers had restrained him “only at a later stage” and that there were “a sufficient number of depositions by witnesses and the victim to the effect that the K. brothers had treated V. very badly and humiliated him”.
11. It appears that on an unspecified date the police entered and inspected a warehouse belonging to the applicants.
B. Press coverage of the case
1. Television broadcast
12. On 20 July 1999 the State television channel Udmurtiya broadcast the Versiya (“Version”) programme. The second part of the programme concerned the applicants’ case. The participants included the presenter Ms T., the Glazov town prosecutor Mr Z., the investigator Mr K., and Mr N., who was head of the division for particularly important cases in the office of the prosecutor of the Udmurtiya Republic, as well as the victim V., whose face was not shown.
13. Mr Z. opened the programme with the following statement:
“The K. brothers are, by their nature, cruel, insolent and greedy; they wished to get cheap or, more precisely, free labour. On the other hand, the victim V., a person with no fixed abode, mild and gentle…”
14. The presenter started telling the story of V.’s enslavement. As she was speaking, black-and-white passport-size photos of the applicants were shown full screen.
15. The presenter’s story alternated with that of the victim V., who related how he had been ill-treated by the K. and had unsuccessfully attempted to escape. The presenter asked the participants whether the K. brothers could be described as sadistic.
16. Mr Z. replied as follows:
“We, that is, prosecutors and the police, have known these brothers from the time when they were still minors… We investigated the acts committed by the brothers but they could not be held criminally liable by virtue of their young age. After they reached the age [of majority], they found themselves in the dock. All three brothers were convicted of disorderly acts. In my opinion, that offence is very much characteristic of all the K. brothers in its cruelty and meaningless brutality. I think that the personal qualities of the K. brothers and [their] desire to have free labour have led to this crime.”
17. The participants subsequently discussed why the victim had not come to the police immediately after the beatings had begun, and commented on legal aspects of the pending proceedings:
“[Mr K.:] You know when [V.] came to the law-enforcement authorities in April 1999, our investigative group in the Glazov town prosecutor’s office was shocked at the cruelty of this crime. When a person comes for protection to the law-enforcement authorities, you should examine him closely, listen carefully to his story. [V.] had more than 187 injuries on him. The Convention [for the Prevention] of Torture naturally comes to mind.
[Presenter:] The K. brothers are now charged under two provisions of the Criminal Code: Article 126 – kidnapping committed for lucrative motives, and Article 117 – torture.”
As she was speaking, the first page of the criminal case file was shown on screen.
18. The other participants offered the following comments:
[Mr Z.:] The prosecutor’s office will insist on imprisonment as a measure of punishment in respect of all three brothers… For instance, Article 126 § 2 provides for five to ten years’ imprisonment, Article 117 provides for three to seven years’ imprisonment. The court will have to choose…
[Mr N.:] A brazen crime. If anyone knows about similar facts, report them to the police and the criminals will be punished…
[Presenter:] … In September the Glazov Town Court begins its examination of the criminal case. Three businessman brothers who got a false idea of being slave-owners will get a well-deserved punishment.”
19. The programme was broadcast again in August 1999 and on 15 May and 25 October 2001.
2. Newspaper publication
20. On 7 August 1999 the journalist Ms M. published an article under the headline “The Land of Slaves” («Страна рабов») in the local newspaper Kalina Krasnaya. It began as follows:
“I am firmly convinced that the following story is just one fact that emerged from the dim waters of market relations. And ethnic relations as well. Though I wish I were impartial as regards these ethnic relations – each people has its enlightened scholars and cruel murderers.”
21. The journalist related the story of V., who had been exploited and beaten by the K. brothers. The article mentioned that the elder brother’s first name was Marat, that the two other brothers were twins aged 24 and that they traded in fruit at a local market. The applicants’ last names were not listed. A former classmate of V. who had given him refuge was quoted as citing a statement by V. himself, to the effect that “these Tatars have everything fixed up”. The final paragraph read as follows:
“Many, many questions crossed my mind as I was reading the criminal case file. Why is the life of a dirty piglet more valuable than a human life? Why are masses of Russians, Udmurts and others among the unemployed, while ‘they’ not only find work for themselves but also use hired labour! And why does everyone in the town know about the doings of that best friend of all tramps and put up with it? …”
3. Complaints about press coverage
22. The applicants lodged several complaints about the press coverage of proceedings against them.
23. In a letter of 23 March 2000 Mr N. replied that the programme had been produced on the basis of information supplied by the division for particularly important cases in the office of the prosecutor of the Udmurtiya Republic. Pursuant to Article 139 of the RSFSR Code of Criminal Procedure, the prosecutor’s office had had the right to disclose materials in the case file and make them available to the journalist.
24. In a letter of 3 May 2000 a deputy prosecutor of the Udmurtiya Republic replied that there were no grounds to hold officials of the Glazov prosecutor’s office criminally liable for disclosure of materials from the investigation.
25. On 25 August 2000 Mr Z. wrote that there were no grounds for liability to be incurred either by officials of the prosecutor’s office or by journalists who had provided coverage of the proceedings.
26. On 18 December 2000 a deputy prosecutor of the Udmurtiya Republic replied to the third applicant that Mr Z. could not be held criminally liable for his statements.
27. In a letter of 12 March 2001 a deputy prosecutor of the Udmurtiya Republic confirmed that the disclosure of the case file to the mass media had been in compliance with Article 139 of the Code of Criminal Procedure. He further noted that the Glazov town prosecutor (Mr Z.) had been told to use “a more balanced approach in determining the scope of information that could be made public in criminal cases before the conviction has become final”.
28. In similarly worded letters of 25 July and 15 August 2001, deputy prosecutors of the Udmurtiya Republic informed the first and third applicants that there were no grounds to initiate a criminal case against the maker of the television programme and that no further replies concerning that matter would be given. The Glazov town prosecutor was, however, instructed to check whether a criminal investigation should be opened in connection with the article in the Kalina Krasnaya newspaper.
29. On 27 September 2001 an investigator from the Glazov prosecutor’s office issued a formal decision not to initiate a criminal case for libel against the journalist M., who had authored the article “The Land of Slaves”. It appears from the decision that, in M.’s own words, she had received formal permission from the investigator Mr K. to consult the case file and that Mr K. had approved a draft of the article. Mr K., however, denied any memory of granting access to the file to M. and claimed he had never read the article in question. He did not deny, though, that he had briefed the presenter of the television programme on details of the criminal case. Referring to the applicants’ conviction by the judgment of 2 March 2001 (see below), the investigator found that the contents of the article had been essentially true and that M. had not disseminated any false information damaging the third applicant’s dignity or honour.
C. The applicants’ trial
30. On 31 July 2000 the Glazov Town Court held a directions hearing and scheduled the opening of the trial for 10 August 2000.
31. The trial continued in late 2000 and early 2001. Witnesses for the prosecution and defence, as well as the victim Mr V., testified in court.
32. On 2 March 2001 the Glazov Town Court found the applicants guilty of kidnapping and torture under Article 126 § 2 and Article 117 § 2 of the Russian Criminal Code. The third applicant was sentenced to five years and one month’s imprisonment, whilst the first and second applicants were to serve seven years in a high-security colony.
33. The applicants appealed against the conviction. Their points of appeal concerned, in particular, the alleged prejudice to their presumption of innocence which had resulted from the newspaper publication and television programme described above. The prosecution also lodged an appeal. The case file was sent to the Supreme Court of the Udmurtiya Republic for consideration on appeal.
34. On 29 October 2001 the acting president of the Criminal Division of the Supreme Court of the Udmurtiya Republic returned the case file to the Town Court because the trial judge had failed to consider the applicants’ comments on the trial record, to locate the allegedly missing documents and to provide the applicants with a copy of the prosecution’s points of appeal.
35. In an interim decision of 1 November 2001 the Glazov Town Court partly accepted and partly rejected the applicants’ corrections of the trial record.
36. On 18 December 2001 the Supreme Court of the Udmurtiya Republic heard the case on appeal and upheld the judgment of 2 March 2001. The court did not address the applicants’ arguments concerning an alleged impairment of their presumption of innocence.
D. Conditions of the applicants’ transport
37. Following their conviction, the applicants remained in detention facility no. IZ-18/2 for unspecified reasons.
38. On 21 October 2002 the facility administration distributed winter clothing to the prisoners. The applicants refused to take it. On 13 November 2002 the third applicant accepted a padded jacket and the second applicant winter shoes.
39. On 26 December 2002 the applicants were listed for transport from detention facility no. IZ-18/2 to correctional colonies. According to them, the outside temperature on that day was -36o C; the Government submitted a certificate from the meteorological service showing that the temperature fell to -29.8 o C in the night.
40. At about 5 p.m., when the applicants were taken to the assembly cell of the detention facility together with ten to twelve other detainees, they were wearing T-shirts and tracksuit bottoms. The wardens offered them winter jackets and hats which, according to the Government, hailed from the humanitarian-aid supplies but had been washed and were neat. The applicants claimed that the items were “torn and old” and refused to take them.
41. At 10 p.m. the applicants, together with other prisoners, were put into a prison van and taken to Glazov railway station to board the Kirov-Kazan train that arrived at 10.10 p.m. The distance between the facility and the station was 800 metres and the journey time was less than five minutes. At 10.05 p.m. the van arrived at the station and the applicants emerged from it without winter clothing. A prison inspector dashed into the van, collected the winter clothing which the applicants had left behind, and gave it to the escorting officer. The officer again offered the clothing to the applicants to put on but they refused to do so, claiming that it was unfit to wear. According to the statements by the inspector and the officer, the clothing was in an “appropriate condition”.
42. It appears that the argument went on for about 10 to 15 minutes. The head of the train escort refused to take the applicants in without appropriate clothing and the facility personnel decided to take them back into the cells.
43. In support of their claim that the clothing had been “inappropriate”, the applicants produced to the Court a written statement signed by five other detainees who had been held in facility no. IZ-18/2 at that time.
44. On 27 and 29 December 2002, 7 January and 11 April 2003 and other dates the applicants complained that they had been subjected to inhuman and degrading treatment on 26 December 2002.
45. On 28 February 2003 Mr Z. responded to them in the following terms:
“It has been established that winter clothing was given to you and that you remained outside in clothing inappropriate for that season only because you refused to put it on. Your arguments that the clothing offered did not meet sanitary and hygiene standards could not have been objectively confirmed; there are no grounds for disciplining any officials.”
E. Impounding of the third applicant’s van
46. On 12 May 1999 the third applicant arrived in his van at the Glazov police station for questioning. On that day he was taken into custody (see above).
47. On 13 May 1999 the investigator Mr K. impounded the van and ordered that it should be kept in the car park of a private company. The charging order itself did not indicate the grounds on which it had been issued, but referred back to the investigator’s decision of the same date, a copy of which was not made available to the Court.
48. The third applicant repeatedly complained to various authorities that his van had been unlawfully seized. He alleged that the investigator was using it for his private errands.
49. In a letter of 14 April 2000 the acting Glazov prosecutor reported to the third applicant the findings of an internal inquiry into his complaints. He found as follows:
“On 12 May 1999 Mr K. arrested you… However, the Gazel car, in which you had arrived, remained in the street outside the premises of the Glazov police station, and measures for its safe keeping were not taken. The car remained there until 13 May 1999, when Mr K. impounded it… However, he did not examine the state of the car, nor did he show it to you or any attesting witnesses…
The impounded car was taken by a road police employee from Glazov police station, acting on Mr K.’s orders, into the premises of the [private company]. The car was not properly sealed…
It must be noted at the same time that there existed no legal grounds for impounding the vehicle, as required by Article 175 § 1 of the RSFSR Code of Criminal Procedure. According to that provision, a charging order could be issued with a view to securing a civil claim or a possible confiscation order. However, in this case no civil claim was brought throughout the proceedings and the criminal-law provisions under which [the third applicant] was charged do not provide for confiscation measures as a penal sanction.
Thus, Mr K. breached Articles 141, 142, 175 and 176 of the RSFSR Code of Criminal Procedure – which set out the requirements for the record of impounding and the procedure for issuing charging orders – and also the Instruction on the procedure for seizing, accounting, storing and transferring physical evidence in criminal cases, values and other assets by law-enforcement authorities and courts.
Further to the internal inquiry, the prosecutor of the Udmurtiya Republic was advised to determine whether Mr Kurbatov should be disciplined.”
50. On 13 June 2000 the investigator Mr K. handed the keys and registration documents of the van to the Glazov Town Court.
51. In letters of 19 July and 18 December 2000 the Udmurtiya Republic prosecutor’s office informed the third applicant that Mr K. had been disciplined for breaches of the Instruction on the procedure for storing physical evidence and fined in the amount of his bonus salary for the first quarter of 2000.
52. It appears that on 4 June 2002 the Glazov Town Court lifted the charging order and the third applicant’s van was returned to Mrs K. (his brother’s wife).
F. Civil proceedings against the investigator and journalists
1. Civil action against the investigator and the journalist Ms M.
53. On an unspecified date the third applicant sued the investigator Mr K. for damages on account of his failure to ensure the safe keeping of his van; all three applicants also brought a defamation action against the journalist Ms M., seeking compensation in respect of non-pecuniary damage. The Glazov Town Court ordered the joinder of both actions and listed a hearing for 3 March 2003.
54. In February 2003 the applicants asked the court for leave to appear. Mrs K., as a representative of the first applicant, asked the court to ensure the attendance of the applicants at the hearing.
55. On 3 March 2003 the Town Court issued several procedural decisions. In the first decision, it rejected Mrs K.’s request for the applicants’ attendance, holding that the Penitentiary Code did not provide for the possibility of bringing convicted persons from a correctional colony to the local investigative unit for the purpose of taking part in a hearing in a civil case. The second decision took stock of the absence of both parties – the journalist Ms M. and a representative of the newspaper had not shown up despite having been notified of the hearing – and indicated that the case would be heard in their absence. It appears that Mrs K. then walked out of the courtroom in protest against the court’s decision to hear the case in the absence of the first applicant. In a third decision, the court decided to proceed with the case in her absence. It additionally rejected the applicants’ request for leave to appear on the same grounds as above, adding:
“…parties to the case do not just have rights but also have duties, such as [a duty] to make written submissions and substantiate their claims. Taking into account the fact that the rights of Mr A. K., Mr D. K. and Mr M. K. are not restricted and can be exercised by them in full measure, there are no legal grounds to ensure the attendance of individuals who have committed particularly serious, insolent [дерзкие] crimes.”
Lastly, the Town Court rejected the applicants’ requests to summon witnesses and study the hearing records, reasoning as follows:
“The substantiation of the K.s’ claim seeks to obtain a new assessment of the circumstances and findings set out in the criminal judgment of 2 March 2001. The statements by the K. brothers are not reasoned or argued; they are not procedural requests as such [sic]; they have repeatedly studied the materials in the case file and can study them again by receiving copies of them; since they are serving a sentence imposed by a court judgment in a penitentiary institution, the case must be examined in their absence.”
56. On 4 March 2003 the Town Court refused for the same reasons the third applicant’s request to obtain attendance of witnesses and an expert. It also decided to proceed with the hearing in the absence of both parties’ representatives.
57. On the same day the Town Court dismissed all of the applicants’ claims. On the defamation issue it found that the article “The Land of Slaves” had been based on the true facts which had subsequently been established in the criminal judgment of 2 March 2001. As regards the claim relating to the damage caused to the third applicant’s van, it established that the vehicle had been returned to him after he had paid compensation to the victim for non-pecuniary damage and that the investigator had acted within his powers and had not caused any damage through his actions.
58. The applicants and Mrs K. appealed. They complained, in particular, of a breach of the principle of equality of arms. Mrs K. additionally pointed out that she had not been the representative of either D. or M. K..
59. On 7 October 2003 the Civil Division of the Supreme Court of the Udmurtiya Republic held an appeal hearing. It appears that neither the applicants nor Mrs K. were in attendance. The court held that there had been no breach of equality of arms because the applicants had been duly notified of the hearing and informed of their right to appoint representatives. The second and third applicants had not made use of that right, whereas the first applicant’s representative, Mrs K., had declined to take part in the hearing. In the court’s view, the joinder of the cases was also lawful and justified because the second applicant had been a party to both claims.
60. According to a letter of 30 April 2003 from the prosecutor of the Udmurtiya Republic to the second applicant, it was incumbent on the court hearing a civil claim to decide whether the detainee’s presence was necessary. The second applicant could have been escorted to the hearing if there had been a decision of the Glazov Town Court to that effect.
2. The third applicant’s action against the prosecutor
61. On an unspecified date the third applicant brought a defamation action against the prosecutor Mr Z.. He challenged as defamatory the statements made by Mr Z. in the Versiya television programme about the applicants’ adolescent delinquency, insolence and greediness.
62. On 14 November 2003 the Glazov Town Court delivered its judgment. Mr Z. made oral submissions to the court; the third applicant was neither present nor represented. In dismissing the defamation action, the court noted as relevant the materials relating to the criminal case against the applicants and, more specifically, a reference letter for the second applicant from his secondary school that concerned his unauthorised absences from classes and disorderly behaviour. The court held that the facts as established in the judgment of 2 March 2001 had justified Mr Z.’s reference to the applicants as insolent and greedy.
63. On 19 December 2003 and 22 January 2004 the third applicant lodged his points of appeal, alleging, in particular, a violation of the principle of equality of arms.
64. The Court has not been provided with any information about the appeal proceedings.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW
65. The Criminal Code provides that torture is punishable with up to seven years’ imprisonment (Article 117 § 2) and kidnapping with up to twenty years’ imprisonment (Article 126 § 3).
66. The RSFSR Code of Criminal Procedure (in force at the material time) provided as follows:
Article 137. Recognition as a civil claimant
“If the investigator observes, on the basis of the case file, that the crime committed caused pecuniary damage to an individual or organisation, he must explain to them or to their representatives that they have a right to lodge a civil claim…
If a civil claim has been lodged, the investigator must issue a reasoned decision recognising [the interested party] as a civil claimant or refusing such status…”
Article 139. Unacceptability of divulging the materials from the preliminary investigation
“Materials from the preliminary investigation may only be made public with the consent of an investigator or a prosecutor and to the extent they consider it possible…”
Article 175. Charging of property
“With a view to securing a civil claim or a possible confiscation order, the investigator must charge the property of the suspect, defendant … or of the other persons who keep criminally acquired property… If necessary, the charged property may be impounded…”
67. The Code of Civil Procedure of the Russian Federation provides that individuals may appear before the court in person or act through a representative (Article 48 § 1). A court may appoint an advocate to represent a defendant whose place of residence is not known (Article 50). The Advocates Act (Law no. 63-FZ of 31 May 2002) provides that free legal assistance may be provided to indigent plaintiffs in civil disputes concerning alimony or pension payments or claims for health damage (section 26 § 1).
68. The Penitentiary Code provides that convicted persons may be transferred from a correctional colony to an investigative unit if their participation is required as witnesses, victims or suspects in connection with certain investigative measures (Article 77.1). The Code does not mention the possibility for a convicted person to take part in civil proceedings, whether as a plaintiff or defendant.
69. On several occasions the Constitutional Court has examined complaints by convicted persons whose requests for leave to appear in civil proceedings had been refused by courts. It has consistently declared the complaints inadmissible, finding that the contested provisions of the Code of Civil Procedure and the Penitentiary Code did not, as such, restrict the convicted person’s access to court. It has emphasised, nonetheless, that the convicted person should be able to make submissions to the civil court, either through a representative or in any other way provided by law. If necessary, the hearing may be held at the location where the convicted person is serving the sentence or the court hearing the case may instruct the court having territorial jurisdiction over the correctional colony to obtain the applicant’s submissions or carry out any other procedural steps (decisions no. 478-O of 16 October 2003, no. 335-O of 14 October 2004, and no. 94-O of 21 February 2008).
THE LAW
I. AS TO THE LEGAL CONSEQUENCES OF THE DEATH OF THE APPLICANT MR DAMIR KHUZHIN
70. Following the death of the second applicant on 19 June 2006 (see paragraph 4 above), the other two applicants, his brothers, informed the Court of their wish to pursue in his stead the grievances he had raised.
71. The Court reiterates that in various cases where an applicant has died in the course of the proceedings, it has taken into account the statements of the applicant’s heirs or close family members who expressed the wish to pursue the proceedings before it (see Karner v. Austria, no. 40016/98, § 25, ECHR 2003-IX, and Dalban v. Romania [GC], no. 28114/95, § 39, ECHR 1999-VI). In the instant case it observes that the complaints raised by all three applicants were similar in substance and that the situations they complained about affected them in an equal measure. It therefore accepts that the first and third applicants may pursue the application in so far as it was lodged by the late second applicant.
II. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 3 OF THE CONVENTION
72. The applicants complained under Article 3 of the Convention that they had been humiliated, intimidated and pressurised by the investigator. They further complained that they had been transported in inhuman conditions on 26 December 2002. In addition, the first applicant complained of the degrading conditions of his detention from 22 April 1999 to 16 May 2002 and from 26 June 2002 to 16 January 2003. Article 3 reads as follows:
“No one shall be subjected to torture or to inhuman or degrading treatment or punishment.”
73. The Court observes at the outset that the first applicant raised his complaint about the conditions of his detention for the first time in an addendum to the application form dated 19 December 2003. Since this complaint relates to the period of detention which ended on 16 January 2003, it was submitted outside the six-month time-limit and must be rejected in accordance with Article 35 §§ 1 and 4 of the Convention.
74. The Court further notes that the applicants’ submissions about the alleged intimidation and pressure on the part of the investigator were not elaborated on and did not contain any description of the alleged ill-treatment. It follows that this complaint is manifestly ill-founded and must be rejected in accordance with Article 35 §§ 3 and 4 of the Convention.
75. Finally, as regards the complaint about the incident on 26 December 2002, the parties’ submissions may be summarised in the following manner.
76. The applicants submitted that they had been subjected to inhuman and degrading treatment because they had been deliberately put in a prison van without warm clothing, taken to the railway station, held there for some thirty minutes and then taken back to the prison. Padded jackets and winter hats had not been given to them before they had entered the van but only at the station. They had been unable to put them on because the jackets had shrunk after repeated washes. The applicants claimed that the time taken to enter and leave the prison van had been as long as twenty minutes because each prisoner had been required to state his full name, date of birth, the charges against him and the duration of the sentence.
77. The Government put emphasis on the fact that the applicants had repeatedly been offered winter clothing but had refused to put it on. Admittedly, the clothing had been used but had been clean and neat as per the applicable sanitary and hygiene requirements. The applicants’ decision to stay outside in the frost without appropriate clothing had been the result of their own deliberate actions.
78. The Court observes that the circumstances of the incident on 26 December 2002 are largely not in dispute between the parties. On that day the applicants were scheduled to be transported to the correctional colony by train. The outside temperature was extremely low. As they were leaving the detention facility, prison officers handed them winter clothing, which they declined to put on. The train escort refused to take them in without warm clothes and the applicants were brought back to the detention facility. By all accounts, the applicants stayed outside the facility for less than one hour.
79. The only contentious point between the parties is whether the clothing offered to the applicants was fit to wear. In their original submissions the applicants claimed that it had been “torn and old” (see paragraph 40 above), whereas in their submissions on the merits they alleged that it had been too small because it had shrunk. However, the Court is not convinced by the latter claim because it appears peculiar that it transpired for the first time only at an advanced stage of proceedings. The Government, for their part, did not deny that the clothing had not been new, yet they maintained that it had been washed in compliance with hygiene requirements. In these circumstances, the Court concludes that the applicants were offered winter clothing which was used but clean.
80. The Court reiterates that Article 3 of the Convention enshrines one of the most fundamental values of democratic society. It prohibits in absolute terms torture or inhuman or degrading treatment or punishment, irrespective of the circumstances and the victim’s behaviour (see, for example, Labita v. Italy [GC], no. 26772/95, § 119, ECHR 2000-IV). Ill-treatment must attain a minimum level of severity if it is to fall within the scope of Article 3. The assessment of this minimum depends on all the circumstances of the case, such as the duration of the treatment, its physical or mental effects and, in some cases, the sex, age and state of health of the victim (see Ireland v. the United Kingdom, 18 January 1978, Series A no. 25, p. 65, § 162).
81. In the instant case the alleged inhuman treatment consisted in the applicants’ being exposed to an extremely low outside temperature without warm clothing. It was not in dispute between the parties that their exposure was the result of the applicants’ deliberate choice not to put on the clothing that the facility wardens had repeatedly offered to them.
82. It has not been claimed that the applicants were singled out for any kind of special treatment. In particular, it does not appear that the winter clothing which was handed to them was any different from that distributed to other prisoners. As the Court has found above, the clothing was not new and was probably quite worn. Nevertheless, there is no evidence that it was in such a dire state as to be unacceptable to wear. Nor has it been alleged that it did not offer sufficient protection from the cold. The Court therefore cannot conclude that the domestic authorities failed in their duty to provide the applicants with adequate protection against inclement weather.
83. Having regard to the above circumstances, the Court finds that the treatment complained about did not go beyond the threshold of a minimum level of severity. It follows that this part of the complaint is also manifestly ill-founded and must be rejected in accordance with Article 35 §§ 3 and 4 of the Convention.
III. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 5 OF THE CONVENTION
84. The applicants complained under Article 5 of the Convention that their detention orders had not been based on sufficient reasons and that they had not been released pending trial despite their applications to that effect.
85. The Court notes that the applicants’ pre-trial detention ended with their conviction on 2 March 2001, whereas their application was only lodged on 26 February 2002, more than six months later. It follows that this complaint has been lodged out of time and must be rejected in accordance with Article 35 §§ 1 and 4 of the Convention.
IV. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 OF THE CONVENTION IN THE CRIMINAL PROCEEDINGS
86. The applicants complained under Article 6 §§ 1 and 3 (a), (b) and (d) that the materials in the investigation file had been made available to them only at the end of the investigation, that they had not had an opportunity to question the witnesses for the defence and the victim and that the trial judge had been biased and had dismissed their challenges. They further claimed that the length of the criminal proceedings against them had been excessive. Finally, they alleged a breach of their presumption of innocence guaranteed by Article 6 § 2 of the Convention in that the prosecution authorities had closely cooperated with the mass media during the trial. The relevant parts of Article 6 read as follows:
“1. In the determination of … any criminal charge against him, everyone is entitled to a fair and public hearing within a reasonable time by an independent and impartial tribunal…
2. Everyone charged with a criminal offence shall be presumed innocent until proved guilty according to law.
3. Everyone charged with a criminal offence has the following minimum rights:
(a) to be informed promptly, in a language which he understands and in detail, of the nature and cause of the accusation against him;
(b) to have adequate time and facilities for the preparation of his defence;

(d) to examine or have examined witnesses against him and to obtain the attendance and examination of witnesses on his behalf under the same conditions as witnesses against him…”
A. Admissibility
87. The Court notes that the criminal proceedings against the applicants lasted from 12 April 1999 to 18 December 2001, that is, for two years and eight months. Within that period the pre-trial investigation lasted for one year and three months and the trial at first instance continued from 31 July 2000 to 2 March 2001. The appeal proceedings had been preceded by a delay resulting from the Town Court’s failure to take certain procedural steps which were considered indispensable by the Supreme Court (see paragraph 34 above). Once those defects had been remedied, the appeals were heard in less than two months’ time. The Court reiterates that the fact that the applicants were held in custody required particular diligence on the part of the courts dealing with the case to administer justice expeditiously (see Panchenko v. Russia, no. 45100/98, § 133, 8 February 2005, and Kalashnikov v. Russia, no. 47095/99, § 132, ECHR 2002-VI). Nevertheless, noting that there were no significant delays attributable to the authorities, save for the one mentioned above, and making a global assessment of the circumstances of the case, the Court does not find that the duration of proceedings was in breach of the “reasonable time” requirement in Article 6 § 1 of the Convention.
88. As regards the complaint about the allegedly insufficient time for the preparation of the defence, the Court observes that in the Russian legal system it is normal practice to allow defendants to study the case file after the pre-trial investigation has been completed. This does not in itself run counter to the requirements of Article 6 of the Convention. The applicants did not complain that the time for studying the case file was insufficient or that their right to read the materials in the file was otherwise restricted.
89. The Court further observes that the victim V. gave oral evidence during the trial and that the applicants therefore had an opportunity to put questions to him. As to the witnesses for the defence whom the court allegedly refused to call to the witness stand, the Court notes that the trial court did examine certain witnesses for the defence. The applicants did not identify further witnesses they wished to have examined or explain why it would have been useful to examine them in the circumstances of the case. Nor did they substantiate their claim that the trial judge had lacked impartiality. It follows that the above-mentioned complaints are manifestly ill-founded and must be rejected in accordance with Article 35 §§ 3 and 4 of the Convention.
90. Finally, the Court considers, in the light of the parties’ submissions, that the complaint concerning the alleged prejudice to the applicants’ presumption of innocence raises serious issues of fact and law under the Convention, the determination of which requires an examination of the merits. The Court concludes therefore that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. No other ground for declaring it inadmissible has been established.
B. Merits
1. Submissions by the parties
91. The applicants submitted that the investigator Mr K. and other employees of the prosecutor’s office had not only granted Ms T. unrestricted access to the criminal case file but had also actively participated in the television show. The showing of the front cover of the case file in the opening sequence of the television show demonstrated that it had been made physically available to the journalist. The show had been recorded before the case had been referred for trial; it had been extensively advertised with the sensationalist line “Slavery in Glazov at the end of the twentieth century” and aired at such times as to precede the adjourned trial hearings and the appeal hearing. Article 139 of the RSFSR Code of Criminal Procedure could not be interpreted as justifying an encroachment on the applicants’ presumption of innocence. Their right to be presumed innocent until found guilty had been further damaged by the statements made by the journalist Ms T., the prosecutor Mr Z., the investigator Mr K. and the prosecutor Mr N. during the television show. In addition, the prosecution had also granted access to the case file to the journalist Ms M., the author of the article “The Land of Slaves”, which had also been highly prejudicial to the applicants. The applicants insisted that the extensive press coverage of their case and the statements by high-ranking prosecution officials had led the public to believe them guilty.
92. The Government denied that the investigator Mr K. had made the physical criminal case file available to the journalist Ms T.. They claimed that he had orally communicated to her certain information which he had considered appropriate to disclose in accordance with Article 139 of the RSFSR Code of Criminal Procedure. By that time the preliminary investigation had been completed and the case had been referred for trial. The Government submitted that the participants in the Versiya television show had not made any statements which could have breached the applicants’ presumption of innocence.
2. The Court’s assessment
93. The Court reiterates that Article 6 § 2, in its relevant aspect, is aimed at preventing the undermining of a fair criminal trial by prejudicial statements made in close connection with those proceedings. The presumption of innocence enshrined in paragraph 2 of Article 6 is one of the elements of the fair criminal trial that is required by paragraph 1 (see Allenet de Ribemont v. France, judgment of 10 February 1995, Series A no. 308, § 35). It prohibits the premature expression by the tribunal itself of the opinion that the person “charged with a criminal offence” is guilty before he has been so proved according to law (see Minelli v. Switzerland, judgment of 25 March 1983, Series A no. 62) but also covers statements made by other public officials about pending criminal investigations which encourage the public to believe the suspect guilty and prejudge the assessment of the facts by the competent judicial authority (see Allenet de Ribemont, cited above, § 41; Daktaras v. Lithuania, no. 42095/98, §§ 41-43, ECHR 2000-X; and Butkevičius v. Lithuania, no. 48297/99, § 49, ECHR 2002-II).
94. It has been the Court’s consistent approach that the presumption of innocence will be violated if a judicial decision or a statement by a public official concerning a person charged with a criminal offence reflects an opinion that he is guilty before he has been proved guilty according to law. It suffices, even in the absence of any formal finding, that there is some reasoning suggesting that the court or the official regards the accused as guilty. A fundamental distinction must be made between a statement that someone is merely suspected of having committed a crime and a clear declaration, in the absence of a final conviction, that an individual has committed the crime in question. The Court has consistently emphasised the importance of the choice of words by public officials in their statements before a person has been tried and found guilty of a particular criminal offence (see Böhmer v. Germany, no. 37568/97, §§ 54 and 56, 3 October 2002, and Nešťák v. Slovakia, no. 65559/01, §§ 88 and 89, 27 February 2007).
95. Turning to the facts of the present case, the Court observes that a few days before the scheduled opening of the trial in the applicants’ case, a State television channel broadcast a talk show, in which the investigator dealing with the applicants’ case, the town prosecutor and the head of the particularly serious crimes division in the regional prosecutor’s office took part. The participants discussed the applicants’ case in detail with some input from the show’s presenter and the alleged victim of their wrongdoings. Subsequently the show was aired again on two occasions during the trial and once more several days before the appeal hearing.
96. As regards the contents of the show, the Court notes that all three prosecution officials described the acts imputed to the applicants as a “crime” which had been committed by them (see their statements in paragraphs 16, 17 and 18 above). Their statements were not limited to describing the status of the pending proceedings or a “state of suspicion” against the applicants but represented as an established fact, without any qualification or reservation, their involvement in the commission of the offences, without even mentioning that they denied it. In addition, the town prosecutor Mr Z. referred to the applicants’ criminal record, portraying them as hardened criminals, and made a claim that the commission of the “crime” had been the result of their “personal qualities” – “cruelty and meaningless brutality”. In the closing statement he also mentioned that the only choice the trial court would have to make would be that of a sentence of an appropriate length, thus presenting the applicants’ conviction as the only possible outcome of the judicial proceedings (see paragraph 18 above). The Court considers that those statements by the public officials amounted to a declaration of the applicants’ guilt and prejudged the assessment of the facts by the competent judicial authority. Given that those officials held high positions in the town and regional prosecuting authorities, they should have exercised particular caution in their choice of words for describing pending criminal proceedings against the applicants. However, having regard to the contents of their statements as outlined above, the Court finds that some of their statements could not but have encouraged the public to believe the applicants guilty before they had been proved guilty according to law. Accordingly, the Court finds that there was a breach of the applicants’ presumption of innocence. This finding makes it unnecessary to examine separately the applicants’ grievance that the release of the case file to the journalists was also prejudicial to their presumption of innocence.
97. There has therefore been a violation of Article 6 § 2 of the Convention.
V. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 OF THE CONVENTION IN THE CIVIL PROCEEDINGS
98. The applicants complained of a breach of the equality-of-arms principle flowing from Article 6 § 1 of the Convention, in that the domestic courts examining their civil claims had refused them leave to appear. The relevant part of Article 6 reads as follows:
“In the determination of his civil rights and obligations …, everyone is entitled to a fair … hearing … by [a] … tribunal …”
A. Admissibility
99. The Court observes that it has not received any information about the outcome of the defamation proceedings instituted by the third applicant against the prosecutor Mr Z. (see paragraph 64 above). In these circumstances, this part of the complaint must be rejected under Article 35 §§ 1 and 4 of the Convention for non-exhaustion of domestic remedies.
100. As regards the other claim lodged by the applicants, the Court considers, in the light of the parties’ submissions, that the complaint raises serious issues of fact and law under the Convention, the determination of which requires an examination of the merits. The Court concludes therefore that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. No other ground for declaring it inadmissible has been established.
B. Merits
1. Submissions by the parties
101. The applicants emphasised that the summons had mentioned their right to appear in person before the civil court. However, since they were deprived of their liberty, the exercise of that right had been conditional on the court’s decision to have them transferred to the local investigative unit. They pointed out that Mrs K. had left the court, protesting against the court’s decision to refuse them leave to appear. They maintained that the principle of equality of arms had been breached because they had not been present or represented in the proceedings.
102. The Government submitted that at the relevant time the applicants had been serving their sentences in a correctional colony. They had been duly summoned to the hearing and also informed of their right to make written submissions to the court. Mrs K., a representative of the first applicant, had left the hearing of her own will and without any explanation. The court had examined written submissions by the second applicant. The third applicant had not appointed a representative, although he had been informed of his right to do so. The Government considered that there had been no violation of the applicants’ right to a fair trial because they had made use of their right to make written submissions or to appoint a representative.
2. The Court’s assessment
103. The Court reiterates that the principle of adversarial proceedings and equality of arms, which is one of the elements of the broader concept of a fair hearing, requires that each party be given a reasonable opportunity to have knowledge of and comment on the observations filed or evidence adduced by the other party and to present his case under conditions that do not place him or her at a substantial disadvantage vis-à-vis his or her opponent (see Krčmář and Others v. the Czech Republic, no. 35376/97, § 39, 3 March 2000, and Dombo Beheer B.V. v. the Netherlands, judgment of 27 October 1993, Series A no. 274, § 33). The Court has previously found a violation of the right to a “public and fair hearing” in several cases against Russia, in which a party to civil proceedings was deprived of an opportunity to attend the hearing because of the belated or defective service of the summons (see Yakovlev v. Russia, no. 72701/01, §§ 19 et seq., 15 March 2005; Groshev v. Russia, no. 69889/01, §§ 27 et seq., 20 October 2005; and Mokrushina v. Russia, no. 23377/02, 5 October 2006). It also found a violation of Article 6 in a case where a Russian court refused leave to appear to an imprisoned applicant who had wished to make oral submissions on his claim that he had been ill-treated by the police. Despite the fact that the applicant in that case was represented by his wife, the Court considered it relevant that his claim had been largely based on his personal experience and that his submissions would therefore have been “an important part of the plaintiff’s presentation of the case and virtually the only way to ensure adversarial proceedings” (see Kovalev v. Russia, no. 78145/01, § 37, 10 May 2007).
104. The Court observes that the Russian Code of Civil Procedure provides for the plaintiff’s right to appear in person before a civil court hearing his claim (see paragraph 67 above). However, neither the Code of Civil Procedure nor the Penitentiary Code make special provision for the exercise of that right by individuals who are in custody, whether they are in pre-trial detention or are serving a sentence. In the present case the applicants’ and their representative’s requests for leave to appear were denied precisely on the ground that the domestic law did not make provision for convicted persons to be brought from correctional colonies to the place where their civil claim was being heard. The Court reiterates that Article 6 of the Convention does not guarantee the right to personal presence before a civil court but rather a more general right to present one’s case effectively before the court and to enjoy equality of arms with the opposing side. Article 6 § 1 leaves to the State a free choice of the means to be used in guaranteeing litigants these rights (see Steel and Morris v. the United Kingdom, no. 68416/01, §§ 59-60, ECHR 2005-II).
105. The issue of the exercise of procedural rights by detainees in civil proceedings has been examined on several occasions by the Russian Constitutional Court, which has identified several ways in which their rights can be secured (see paragraph 69 above). It has consistently emphasised representation as an appropriate solution in cases where a party cannot appear in person before a civil court. Given the obvious difficulties involved in transporting convicted persons from one location to another, the Court can in principle accept that in cases where the claim is not based on the plaintiff’s personal experiences, as in the above-mentioned Kovalev case, representation of the detainee by an advocate would not be in breach of the principle of equality of arms.
106. In the instant case the applicants were informed of their right to appoint a representative in civil proceedings and the first applicant nominated Mrs K. as his representative. However, given the personal nature of their claim for defamation, they sought leave to appear before the civil court, which was refused to them by the judge on 3 March 2003. After Mrs K. refused to participate further in the hearing in protest against the judge’s decision and walked out of the courtroom, the judge decided to proceed with the case in her absence and also in the absence of the applicants, finding that “there [were] no legal grounds to ensure the attendance of individuals who have committed particularly serious, insolent crimes”. On the following day the court dismissed the applicants’ claim in its entirety.
107. The Court notes that, after the Town Court had refused the applicants leave to appear in terms that can only be described as prejudicial, it did not consider the legal possibilities for securing their effective participation in the proceedings. Furthermore, it did not adjourn the proceedings to enable the second and third applicants, on having learnt of the refusal of leave to appear, to designate a representative and the first applicant to discuss the issue of further representation with Mrs K. or to find a replacement lawyer. The applicants were obviously unable to decide on a further course of action for the defence of their rights until such time as the decision refusing them leave to appear was communicated to them. However, as it happened, that decision reached them at the same time as the judgment in which their claim was dismissed on the merits. The appeal court did nothing to remedy that situation.
108. In these circumstances the Court finds that the fact that the applicants’ civil claim was heard with them being neither present nor represented deprived them of the opportunity to present their case effectively before the court.
109. There has therefore been a violation of Article 6 § 1 of the Convention in those proceedings.
VI. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 8 OF THE CONVENTION
110. The first and second applicants complained under Article 8 of the Convention that the investigator had exerted pressure on their relatives. In addition, the first applicant complained under the same provision about the broadcasting of his photo and personal details during the Versiya television show. Article 8 reads as follows:
“1. Everyone has the right to respect for his private and family life, his home and his correspondence.
2. There shall be no interference by a public authority with the exercise of this right except such as is in accordance with the law and is necessary in a democratic society in the interests of national security, public safety or the economic well-being of the country, for the prevention of disorder or crime, for the protection of health or morals, or for the protection of the rights and freedoms of others.”
A. Admissibility
111. The Court notes that the applicants did not furnish any details of the pressure allegedly put on their relatives. It appears that the first applicant was able to receive visits from his fiancée (later his wife) on a regular basis (see paragraph 7 above), whereas the second applicant did not raise any specific grievances about family visits. In these circumstances, the Court is unable to discern any interference with these applicants’ family life. It follows that this part of the complaint is manifestly ill-founded and must be rejected in accordance with Article 35 §§ 3 and 4 of the Convention.
112. As regards the alleged interference with the first applicant’s private life, the Court considers that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
1. Submissions by the parties
113. The first applicant submitted that the black-and-white photo of him which had been shown during the television programme had been the one from his passport which had been appended to the criminal case file. This proved that the journalist had obtained it from the prosecuting authorities. He considered that the broadcasting of his photograph had not served any legitimate purpose and was in breach of Article 8 of the Convention.
114. The Government did not mention the broadcasting of the applicants’ photographs in their observations. They indicated, nevertheless, that, in the assessment made by the Prosecutor General’s Office, there had been no violation of Article 8 § 1 in respect of the applicants.
2. The Court’s assessment
115. The Court reiterates that the concept of private life includes elements relating to a person’s right to his or her image and that the publication of a photograph falls within the scope of private life (see Gurgenidze v. Georgia, no. 71678/01, § 55, 17 October 2006; Sciacca v. Italy, no. 50774/99, § 29, ECHR 2005-I; and Von Hannover v. Germany, no. 59320/00, §§ 50-53, ECHR 2004-VI). In the Gurgenidze and Von Hannover cases the State failed to offer adequate protection to the applicants against the publication of their photographs taken by journalists, whereas in the Sciacca case the applicant’s published photograph had been released to the press by the police without her consent (see Sciacca, cited above, §§ 16, 26 and 28). The Court found that the fact that Mrs Sciacca was the subject of criminal proceedings did not curtail the scope of the enlarged protection of her private life which she enjoyed as an “ordinary person” (§ 29).
116. The situation in the instant case was similar in substance to that obtaining in the Sciacca case. Without his consent, the first applicant’s passport photograph was taken by the police from the materials in the criminal case file and made available to a journalist, who used it in a television show. The Court finds that there has been an interference with the first applicant’s right to respect for his private life.
117. As regards the justification for the interference, the Court observes that none has been put forward by the Government. The Court considers that where a photograph published in the context of reporting on pending criminal proceedings has no information value in itself, there must be compelling reasons to justify an interference with the defendant’s right to respect for his private life (compare News Verlags GmbH & Co.KG v. Austria, no. 31457/96, § 58 et passim, ECHR 2000-I). Even assuming that Article 139 of the RSFSR Code of Criminal Procedure could be a lawful basis for granting the press access to the case file, in the instant case the Court does not see any legitimate aim for the interference with the first applicant’s right to respect for his private life. Being in custody at the material time, he was not a fugitive from justice and the showing of his photograph could not have been necessary for enlisting public support to determine his whereabouts. Nor could it be said to have bolstered the public character of judicial proceedings because at the time of the recording and the first airing of the television show the trial had not yet begun. Accordingly, the Court finds that in the circumstances of the present case the release of the first applicant’s photograph from the criminal file to the press did not pursue any of the legitimate aims enumerated in paragraph 2 of Article 8.
118. There has therefore been a violation of Article 8 of the Convention in respect of the first applicant.
VII. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL No. 1
119. The applicants complained under Article 1 of Protocol No. 1 about the unlawful impounding and retention of the third applicant’s van. They also alleged a violation of that provision on account of the police’s forceful entry into the warehouse, the locks of which had been damaged as a result. Article 1 of Protocol No. 1 provides as follows:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
A. Admissibility
120. The Court observes that the applicants did not raise the complaint about the alleged damage to the warehouse in any domestic proceedings. It follows that it must be rejected under Article 35 §§ 1 and 4 of the Convention for non-exhaustion of domestic remedies.
121. It is not in dispute that the third applicant was the sole owner of the

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