A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF GRAYSON AND BARNHAM v. THE UNITED KINGDOM

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 6, 29, P1-1
Numero: 19955/05/2008
Stato: Inghilterra
Data: 2008-09-23 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

Conclusione Nessuna violazione dell? Art. 6-1; nessuna violazione di P1-1
QUARTA SEZIONE
CAUSA GRAYSON & BARNHAM C. REGNO UNITO
(Richieste N. 19955/05 e 15085/06)
SENTENZA
STRASBOURG
23 settembre 2008
Questa sentenza diverr? definitiva nelle circostanze esposte nell? Articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Grayson e Barnham c. Regno Unito,
La Corte europea dei Diritti umani (quarta Sezione), riunendosi in una Camera, composta da:
Lech Garlicki, Presidente, Nicolas Bratza, Ljiljana Mijovic, David Th?r Bj?rgvinsson, J?n ?ikuta, P?ivi Hirvel?, Mihai Poalelungi, giudici,
e Fatos Araci, Cancelliere Aggiunto di Sezione,
Avendo deliberato in privato il 2 settembre 2008,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata nella data menzionata sopra:
PROCEDURA
1. La causa ha origine da due richieste (N. 19955/05 e 15085/06) contro il Regno Unito della Gran Bretagna e dell’Irlanda Settentrionale depositate con la Corte sotto l?Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e le Libert? Fondamentali (?la Convenzione?) da due cittadini britannici, M. W. G. e J. B., rispettivamente il 20 maggio 2005 e il 10 aprile 2006.
2. Il primo richiedente al quale era stato accordato patrocinio gratuito fu rappresentato dal Sig. Q. W., un avvocato che praticava a Londra ed il secondo richiedente fu rappresentato dai Procuratori legali Levys di Manchester. Il Governo del Regno Unito (?il Governo?) fu rappresentato dal sua Agente la Sig.ra K. McCleery, Ufficio Estero e del Commonwealth.
3. Ogni richiedente addusse che, nei procedimenti di sequestro a seguito della loro condanna per reati legati alla droga, il fatto che fosse gravato su di loro l’onere giuridico della prova per mostrare che non avevano beni realizzabili equivalenti alla cifra di beneficio offese i principi di base di una procedura equa, in violazione dell? Articolo 6 della Convenzione e dell? Articolo 1 del Protocollo N.ro 1.
4. Ogni richiedente ed il Governo presentarono osservazioni scritte.
5. Sotto l’Articolo 29 ? 3 della Convenzione, la Camera decise di esaminare i meriti di ciascuna istanza allo stesso tempo della loro ammissibilit?. Decise anche di congiungere le richieste (Articolo 42 ? 1).
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
A. Il primo richiedente (il Sig. G.)
6. Il 23 gennaio 2002 il richiedente ed un co-imputato furono dichiarati colpevoli dell?intento di fornire 28 chilogrammi di eroina pura che fu sequestrata dalla polizia al tempo dell? arresto. Si valut? che l’eroina fu valutata avesse un valore all’ingrosso di oltre 1.2 milione GBP ed un valore di vendita al minuto per strada di oltre di 4 milioni GBP. Il giorno seguente il richiedente ? stato condannato alla reclusione di 22 anni.
7. Il 1 luglio 2002, dopo avere considerato le osservazioni scritte e orali dal richiedente e dall’accusa, il giudice emise un ordine di sequestro sotto l? Atto dei Traffici di Droghe del 1994 (?l’Atto del 1994?: vedere paragrafi 20-22 sotto). Sostenne che il richiedente aveva tratto profitto dai traffici di stupefacenti. Nel valutare l’importo del beneficio il giudice prese in considerazione, inter alia, le seguenti somme: GBP 18,000 soldi trovati al richiedente al tempo del suo arresto; GBP 13,000 che il richiedente aveva pagato a suo fratello quando una societ? commerciale fra loro fin?; GBP 21,000 che aveva speso, in contanti, per comprare due macchine; ulteriori GBP 8,000 che aveva speso per altre due macchine; e GBP 620,445 che era la valutazione del giudice del costo sostenuto dal richiedente per acquistare l’eroina che l?aveva portato alla condanna. Riguardo a quest?ultima somma, il giudice avendo ascoltato tutte le prove in dibattimento si persuase che il richiedente era stato il partecipante principale nel reato e che dovette contribuire in grande misura all’acquisto della droga. Comunque, essere equo nei confronti del richiedente prese in considerazione come sua quota la met? del valore della vendita all’ingrosso. Il giudice si persuase inoltre che una spedizione cos? grande non doveva rappresentare la prima speculazione del richiedente nei traffici di droghe e che aveva finanziato l’acquisto con incassi della distribuzione di droga precedente. Il richiedente non riusc? a contestare questo presupposto. La voce finale delle spese presa in considerazione dal giudice erano GBP 70,000 che un socio del richiedente che dichiar? di avere un reddito di circa GBP 40,000 all? anno aveva pagato in merito a delle parcelle legali del richiedente. Il giudice trov? che erano soldi del richiedente; che erano gli incassi dei traffici di stupefacenti ; e dimostr? che il richiedente aveva soldi altrove che non era disposto a rivelare.
8. Successivamente, il giudice esamin? le propriet? ricevute dal richiedente durante il periodo statutario di sei anni. Il pi? grande elemento emerse da un’analisi di 17 conti bancari che il richiedente aveva tenuto una volta o l? altra. Gli archivi bancari dimostrarono crediti inspiegati a favore del richiedente nei due anni di attivit? commerciale che terminarono nell? aprile 1998 e nell? aprile 2000 che eccedevano il fatturato dei suoi affari come registrato nei conti di circa GBP 153,000. Durante l’anno di mezzo, che terminava nell? aprile 1999, le dichiarazioni della banca mostrarono dei depositi pari a GBP 83,000 sotto il fatturato dell? esercizio commerciale. Il giudice consider? perci? se fosse appropriato prendere insieme i tre anni ma decise che questo non sarebbe stato corretto. Se il richiedente avesse posticipato il deposito del denaro proveniente da alcuni dei suoi profitti del 1999 all’anno seguente, ci si sarebbe aspettati di vedere uno schema di depositi molto pesanti nella prima parte del 2000, ma non era cos?. Concluse che il richiedente aveva tratto beneficio dall’importo di GBP 1,230,748.69.
9. Sotto lo schema statutario , una volta che il giudice aveva valutato l’importo del beneficio che il richiedente aveva ricevuto dal traffico di droga, il carico pass? al richiedente per dimostrare sul bilancio delle probabilit? che i suoi beni realizzabili fossero meno dell’importo del suo beneficio (vedere paragrafo 23 sotto). La polizia, avendo investigato l?ambito del richiedente, aveva trovato beni realizzabili pari a GBP 236,000, incluso i soldi trovati al richiedente al tempo del suo arresto, una macchina e delle scorta commerciali. Il giudice osserv?:
?Il fatto che la polizia abbia rintracciato un certo importo della propriet? non ? una ragione di per s? per ritenere sia la sola propriet? disponibile al [richiedente]. Anche la credibilit? ? un vero problema. Mi sono obbligato ad assumere la direzione Luca [che prima di prendere in considerazione il fatto che una persona sta mentendo, si deve dimostrare che lo stia facendo intenzionalmente; deve riferirsi ad una questione rilevante; il motivo deve essere una realizzazione di colpa ed un desiderio di celare la verit? piuttosto che altre ragione: R v Luca [1981] QB 720]. Questo Imputato ? astuto, indiretto ed intelligente. E? stato in modo crescente non credibile ed offensivo per il senso comune. Ha dato prova che cerc? di fuorviare ad ogni svolta, accorgendosi che la verit? avrebbe rivelato i beni che non voleva rivelare e che aveva nascosto prima della condanna. Ha mentito insistentemente e vistosamente e la sua credibilit? ? nulla. Deve solo biasimare se stesso se non accetto la sua prova. Sono convinto che lui ha tentato di fuorviarmi. Io non accetto il fatto che non c’erano altri beni, cos? sono giunto alla conclusione che l’ordine appropriato sia il valore all’ingrosso della droga pari a ?1,236,748. Non mi ha convinto che i suoi beni sono meno del suo beneficio…?
Predispose una reclusione supplementare di dieci anni da notificare al richiedente nel caso non avesse pagato entro dodici mesi.
10. Il richiedente fece appello alla Corte d’appello sulla base che , inter alia il giudice del processo avrebbe dovuto differire per concedergli di presentare una prova supplementare della contabilit? e che era stato contrario all? Articolo 6 della Convenzione il fatto il giudice avesse sostenuto che spettava al richiedente stabilire, sul bilancio delle probabilit? che la sua propriet? realizzabile fosse inferiore al suo beneficio. Bench? fosse stato rappresentato per tutta la prova e procedimenti di sequestro, non era stato era rappresentato in appello e espose i suoi argomenti di fronte alla corte in una serie di lettere scritte dalla prigione.
11. Il 18 maggio 2005 la Corte d’appello respinse il ricorso, bench? ridusse la sentenza in contumacia della reclusione da dieci anni, il massimo legale, ad otto anni. La corte sostenne che la prova supplementare della contabilit? che il richiedente cerc? di far ammettere non rifiut? il capo di accusa ma difatti, in gran misura, lo sostenne. La Corte aggiunse che bench? il rapporto della contabilit? sollevasse un suggerimento di possibile duplice -conteggio da parte dell?accusa quando pervenne ad un’analisi della propriet? realizzabile fosse
?irrilevante, poich? l’ordine del giudice non dipese da alcun calcolo della propriet? realizzabile. Dipese dal suo accertamento che il richiedente non era riuscito improvvisamente a dimostrare che non aveva i beni equivalenti al suo beneficio.?
La Corte d’appello si rifer? a Phillips c. Regno Unito, n. 41087/98, ECHR 2001-VII ed osserv? che:
?In quel caso la corte ha sostenuto che l’onere inverso della prova in relazione al presupposto statutario allo stadio del calcolo del beneficio fosse pienamente conforme alla Convenzione. Se l?onere inverso ? conforme alla Convenzione allo stadio in ci viene calcolata la responsabilit? primaria, ? palese che ? ugualmente conforme richiedere la prova dell? imputato per dimostrare che l’ordine di sequestro dovrebbe essere inferiore all’importo del beneficio, al motivi che non ha abbastanza propriet? realizzabili per soddisfarlo. Il livello dei beni disponibili ad un imputato ? una questione di norma che rientra principalmente all’interno della sua propria conoscenza.
In quelle circostanze, questo era, ne siamo convinti, un grande ordine di sequestro. Comunque, si trattava di un ordine che il giudice poteva giustamente adottare. Il giudice segu? lo schema dell’Atto per arrivare alle sue conclusioni, e nel contesto di un uomo che catturato mentre si trovava occupato ad importare eroina che era costata bene pi? di ?1 milione con la prospettiva di un profitto di approssimativamente tre volte quell?importo, la conclusione che c’erano grandi voci di spese inspiegate ed di beni ignoti, nelle circostanze, non sorprendeva proprio.?
B. Il secondo richiedente (il Sig. B.)
12. Il 16 luglio 2001 il secondo richiedente ? stato dichiarato colpevole di due capi di accusa di cospirazione che prevedevano piani per importare grandi spedizioni di cannabis nel Regno Unito. Nessuna importazione aveva avuto successo ed non si conosceva dove fosse la droga. Nel corso del processo la giuria ascolt? la testimonianza di un agente di polizia segreto, ?Murray? che, spacciandosi per un riciclatore di denaro sporco aveva avuto un contatto col richiedente. La prova di Murray era che il richiedente gli aveva detto che la sua organizzazione attendeva di ricevere pagamento di GBP 12 milioni del quale la sua quota personale sarebbe stata GBP 2 milioni e chiese a Murray di aiutarlo ?a renderli puliti.?
13. Il richiedente fu condannato ad una reclusione di undici anni, in quanto il giudice lo descrisse come l’organizzatore leader di una sofisticata, consolidata e con basi internazionali attivit? di traffici di droga.
14. I procedimenti di sequestro cominciarono nel gennaio 2002, quando ebbe luogo la prima udienza per determinare il beneficio statuario del richiedente derivato dalle sue operazioni di traffici di droga . Il richiedente fu rappresentato giuridicamente. Lui non diede una prova ma concedette tramite il suo consigliere che aveva tratto profitto trafficando con la droga all’interno del significato dell’Atto del 1994. L?8 febbraio 2002 il giudice del processo decise, che il beneficio totale per il richiedente era GBP 1,525,615. Questa somma includeva GBP 27,000 che il richiedente aveva dato a Murray per consolidare la sua fiducia; vari importi pari ad un totale GBP 59,000 che il richiedente aveva menzionato a Murray durante le loro conversazioni; una macchina del valore di GBP 11,615; GBP 65,000 che il richiedente aveva speso per rinnovare il suo alloggio; GBP 23,000 che il richiedente aveva detto a Murray di aver investito per l? importazione di cannabis; GBP 500,000 con i quali il richiedente aveva acquistato la spedizione di cannabis che formava la base del primo conto per il quale era stato dichiarato colpevole; GBP 600,000 con cui il richiedente aveva acquistato un’altra spedizione di cannabis che aveva menzionato a Murray; ulteriori GBP 240,000 relativi al costo per l?acquisto di un’altra spedizione di cannabis di cui il richiedente aveva discusso con Murray. Il richiedente non fece appello contro questa decisione.
15. Nell? aprile 2002, il giudice riprese i procedimenti per valutare i beni realizzabili del richiedente. Il richiedente e sua moglie diedero prova, agli atti che il loro solo bene era il loro alloggio in Spagna che possedevano congiuntamente. Il richiedente pretese di non aver avuto affatto successo nei suoi tentativi di spaccio di droga e di essersi guadagnato la vita cantando nei bar. Fin dalla sua condanna sua moglie stava vivendo con il loro figlio in Inghilterra e si procurava da vivere facendo un lavoro di pulizie. La difesa present? che non c’era prova capace di sostenere la costatazione di beni ?nascosti? e ci? avrebbe potuto condurre ad un rischio d’ingiustizia. Della cifra del beneficio totale, fu presentato, che il 94.4% era spesa ed il rimanente 5.6% ricevuto era stato dissipato durante gli anni della reclusione del richiedente in Spagna ed in Portogallo e nel Regno Unito. Anche la sua macchina, valore GBP 11,615, era stata confiscata dalle autorit? portoghesi.
16. Il 12 aprile 2002, il giudice emise la sua direttiva. Spieg? che:
?Nel giungere alla mia costatazione devo applicare lo schema stabilito dall? Atto del 1994, soggetto a conferma dalla prova di fronte a me che nell?applicazione di qualsiasi onere inverso di prova inverso non vi ? nessun rischio serio o reale di ingiustizia come risultato di questo. Devo essenzialmente soppesare se la prova alla quale si appellava l’imputato ? stata chiara e convincente. Secondo un mio giudizio, non lo ? stata, perch? non riesce veramente a spiegare ci? che il richiedente faceva in relazione alle sue attivit? di traffici di droga .?
Il giudice trov? che il richiedente e sua moglie avevano mentito in merito alle loro attivit? e alle loro fonti di reddito. Il richiedente non aveva spiegato ci? che era accaduto alle varie spedizioni di cannabis su cui aveva avuto il controllo. Il giudice continu?:
?In qualsiasi caso, siccome non trovo che il Sig. ed la Sig.ra B. siano testimoni attendibili sui fatti materiali non sono in grado di accettare la loro prova secondo la quale non esiste nessun bene in contante derivato dai sostanziosi traffici internazionali di droga del Sig. B..
Lui non ? riuscito veramente a spiegare che cosa faceva e ci? che faceva con quello che guadagnava con ci? che faceva. Quella ? stata la sua scelta e se lascia la Corte senza una prova chiara e convincente che la persuada che il beneficio non ? pienamente realizzabile, la responsabilit? di tutto questo ? solo del Sig. .
Fu una sua scelta dire la verit? nella sua prova e di nessun altro. [Il consulente legale per la difesa] si appella alla mancanza dei beni scoperta dalla polizia dell?ovest Yorkshire… Non ?, secondo me, sorprendente che , operando particolarmente in giurisdizioni estere, degli investigatori trovino difficolt? nel rintracciare i beni in contanti derivati dai traffici di stupefacenti. ? a causa di questo, in realt?, che lo schema dell’Atto del 1994 ? quello che ?.
Mentre accetto l’altro presupposto [del consigliere della difesa] che la parte pi? grande del beneficio che io ho valutato, era sulla base della spesa per la droghe che non spiega che cosa accadde alla fine a quelle droghe per le quali quella somma fu spesa. A meno che, ? non lo faccio, dovevo trovare che il Sig. B. ha vissuto come faceva in Spagna per tutti quegli anni, importando cannabis dal Marocco senza mai aver successo da nessuna parte affatto.?
Emise un ordine di sequestro pari all’importo che aveva valutato come il beneficio, vale a dire GBP 1,525,615, con reclusione di cinque anni e tre mesi se il richiedente non avesse pagato entro 18 mesi.
17. Il richiedente fece appello contro la decisione del giudice riguardo i suoi beni realizzabili, asserendo che l?Articolo 6 ? 1 della Convenzione si applicava anche quando il giudice doveva valutare la propriet? realizzabile, e che richiedeva il procedimento giudiziario almeno per intravedere un caso prima facie dei beni realizzabili prima di spostare l’onere di prova sull’imputato. Il consigliere del richiedente asser? che c’era una differenza fra le cause in cui l’accusa ha provato il beneficio al primo stadio tramite prova e le cause in cui il beneficio era stato calcolato tramite l’uso di supposizioni. Nel secondo tipo di causa, le supposizioni continuarono ad avere effetto nel calcolo dei beni realizzabili.
18. Nella sua sentenza del 28 aprile 2005, la Corte d’appello respinse questo argomento, sostenendo ci? che segue:
?Nella nostra sentenza l’approccio corretto per la corte da prendere quando si tratta con procedimenti di sequestro al secondo stadio ? lo stesso del caso in cui il beneficio ? stato provato tramite prova in aggiunta alle supposizioni statutarie . Una volta che l’accusa ha stabilito il beneficio non viene richiesto di offrire una casa prima facie. Al secondo stadio l? onere di prova spetta ad un imputato per stabilire, se pu?, i suoi beni realizzabili a soddisfazione della corte. Al secondo stadio un imputato sapr? precisamente come la corte ha determinato il beneficio attribuibile a lui e deve provare con prova quali sono i suoi beni realizzabili. Sta a lui dimostrare perch? l’ordine di sequestro non dovrebbe essere ?il valore dei (suoi) incassi dei traffici di stupefacenti. Se lui prova che non ha alcun bene realizzabile, o almeno ne ha molti meno rispetto all’importo del beneficio determinato dalla corte l’ordine sar? reso in una somma minore. Premesso che il giudice tenga ben presente il principio che il rischio di grave ingiustizia all’imputato deve essere evitato e non rispetti solo verbalmente questo principio l’ordine sar? pari all?importo valutato o come l’importo del beneficio o una diversa somma dimostrata dall? imputato rappresentante i suoi beni realizzabili.
Sostenere che l’accusa deve, in qualche modo, mostrare un caso prima facie che l’imputato ha nascosto i beni secondo noi sconfiggerebbe l’oggetto della legislazione. ? progettato per abilitare la corte a confiscare i guadagni mal-ottenuti di un criminale. L’espressione ?i beni nascosti ‘ ? indicativo del fatto che l’accusa non pu? avere nessun mezzo per sapere come e dove un imputato avrebbe potuto avere a che fare o aver disposto degli incassi delle sue attivit? penali .?
Comunque, la Corte d’appello trov? che il giudice aveva fatto un errore di calcolo e ridusse l’ordine a GBP 1,460,615.
19. Il 6 ottobre 2005, la Corte d’appello rifiut? di certificare una questione di diritto d’importanza pubblica e generale per il ricorso alla Camera dei Lord riguardo all? Articolo 6 della Convenzione.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE
A. L? Atto dei Traffici di Droghe del 1994
20. L’Atto del 1994 stabil? uno schema per il sequestro degli incassi dei traffici di droga riguardo a dei reati commessi prima del 23 marzo 2003. Nel caso in cui tutti i reati messi a carico o in stato di accusa nei procedimenti fossero commessi dopo questa data, l’Atto del 1994 non si applicherebbe pi? ed invece la corte che sta sentenziando imporr? un ordine di sequestro sotto l? Atto dei proventi da Crimine del 2002.
21. La Sezione 2 dell’Atto del 1994 prevede che una Corte della Corona dovrebbe fare un ordine di sequestro nei confronti di un imputato apparso di fronte a lei per essere condannato in merito a uno o pi? reati di traffici di droghe di cui la corte ha scoperto di avere ricevuto in un qualunque momento un qualsiasi pagamento o altra ricompensa in collegamento con i traffici di stupefacenti.
22. Sotto la sezione 5 dell’Atto del 1994, l’ordine di sequestro doveva essere stabilito in una somma corrispondente ai profitti dei traffici di stupefacenti che la corte valuta essere stati guadagnati dall’imputato, a meno che la corte non fosse soddisfatta del fatto che , nel momento in cui l’ordine di sequestro viene reso, si fosse potuto realizzare solo una somma inferiore.
23. Al primo stadio di questo procedimento, spettava all’accusa l’onere di stabilire se l’imputato aveva tratto profitto da traffici di stupefacenti. Comunque, la sezione 4(2) e (3) dell’Atto del 1994 richiedeva alla corte di assumere che qualsiasi propriet? che sembra essere stata posseduta da lui in un periodo qualsiasi dalla sua condanna o durante il periodo di sei anni prima della data in cui i procedimenti penali furono cominciati fu ricevuta come un pagamento o una ricompensa collegamenti con traffici di droghe, e che qualsiasi spesa in cui ? incorso durante lo stesso periodo fu pagata fuori dai proventi dei traffici di stupefacenti. Questa supposizione statuaria potrebbe essere messa da parte dall’imputato in relazione a qualsiasi particolare propriet? o spesa se lui stesso dimostrasse che fosse incorretto o se ci fosse un rischio grave d’ingiustizia se venisse applicata (sezione 4(4)). Al secondo stadio della procedura, il carico si sposta all’imputato per stabilire che l’importo che dovrebbe essere realizzato ? meno dell’importo del beneficio (vedere R. c. Barwick, paragrafi 24-25 sotto). Lo standard richiesto di prova applicabile in tutti i procedimenti sotto l’Atto del 1994 era il bilancio delle probabilit? (sezione 2(8)).
B. R. c. Barwick
24. L’appellante in R. c. Barwick ([2001] 1 Cr App R (S) 129) aveva, in un periodo di anni, defraudato tre donne nella divisione di somme di denaro dell? importo totale di pi? di GBP 500,000. Si dichiar? colpevole di un certo numero di reati di disonest?. Il giudice emise un ordine di sequestro sotto l?Atto di Giustizia penale del 1988 (che stabil? uno schema per il sequestro degli incassi di crimini non diversi dal traffico di stupefacenti ). Il beneficio fu valutato a GBP 500,000 che l’appellante aveva ricevuto dalle donne, fu corretto a GBP 600,000 sulla supposizione che avrebbe investito cos? tale somma per preservare almeno il suo valore contro l’inflazione. La polizia non ? stata in grado di identificare nessun bene significativo posseduto dall?appellante o da qualcuno a suo favore o rintracciare dove i soldi rubati erano finiti, ed afferm? che aveva dovuto nasconderli, poich? non sembrava avere vissuto in modo stravagante o aver speso grandi somme di soldi. L’appellante afferm? che aveva perso una parte considerevole giocando d’azzardo, ma non c’era nessuna prova che corroborasse le sue affermazioni. Il giudice del processo giudic? la prova dell’appellante come evasiva e disonesta ma ci? nonostante decise di ridurre la cifra del beneficio a GBP 150,000 come riconoscimento che parte dei soldi probabilmente era stata spesa nel corso degli anni. L’appellante fece appello alla Corte d’appello, contendendo inter l’alia che il giudice aveva erroneamente messo il carico sull’appellante per stabilire che i suoi beni realizzabili erano inferiori all’importo del beneficio.
25. La Corte d’appello sostenne che l’Atto del 1988 stabiliva chiaramente che, mentre il carico di provare il beneficio era sull’accusa, toccava all’imputato stabilire sull’equilibrio delle probabilit? che l’importo che avrebbe potuto essere realizzato era inferiore. La Corte d’appello osserv? che, come questione di principio,
?… ? probabile che un reo pu? prendere passi per rendere gli incassi di un crimine difficili da rintracciare. Una volta che viene provato che ha ricevuto il beneficio, ? prammatico, e completamente giusto per l?imputato, mettere su di lui l’onere di mostrare (allo standard civile) che non detiene pi? i proventi o che la loro portata o valore ? diminuito.?
Continuava:
?Noi sottolineiamo che lo schema dell’Atto costringe la corte a compiere due compiti distinti e disgiunti. Prima, determinare il beneficio. In secondo luogo, determinare l’importo che si potrebbe realizzare nel momento in cui viene emesso l’ordine che pu? essere molto diverso. Inoltre, l’importo che si potrebbe realizzare potrebbe essere piuttosto non correlato ai proventi identificabili del reato, e.g. una vincita alla lotteria, un?eredit? o altra propriet? legalmente acquisita. Infine, il compito della corte al secondo stadio ? determinare l’importo ?che alla corte sembra ‘ essere l’importo che si potrebbe realizzare. Ma una volta che ? stato provato il beneficio, ? lecito e dovrebbe essere l’approccio normale della corte, concludere che il beneficio rimanga disponibile finch? l’imputato non provi altrimenti…?
C. R. c. Benjafield
26. In R. c. Benjafield [2002] UKHL 2, la Camera dei Lord sostenne unanimemente che lo schema di sequestro sotto l’Atto del 1994 era compatibile con l?Articolo 6 ? 1 della Convenzione. In R. c. Rezvi [2002] EKHL 1 giunse ad una conclusione simile riguardo allo schema di sequestro applicabile sotto l?Atto di Giustizia penale del 1988 ai proventi di altri tipi di crimine. Lord Steyn, con il quale gli altri Lord legislativi concordarono, osserv? in Rezvi:
?? un fatto noto che i criminali professionali ed abituali intraprendano frequentemente passi per celare i loro proventi da crimini. I poteri effettivi ma giusti di confiscare i proventi da crimine sono perci? essenziali. Le disposizioni dell’Atto del 1988 hanno lo scopo di privare simili criminali degli incassi della loro condotta penale. I suoi fini sono di punire i criminali dichiarati colpevole, impedire la commissione di ulteriori reati e ridurre i profitti disponibili per sovvenzionare ulteriori imprese penali. Questi obiettivi non solo riflettono la politica nazionale ma anche quella internazionale. Il Regno Unito si ? impegnato, firmando e ratificando trattati concordati sotto gli auspici delle Nazioni Unite ed il Consiglio d’Europa, a prendere le misure necessarie ad assicurare che i proventi di coloro che hanno preso parte a traffici di stupefacenti o altri crimini vengano confiscati: vedere la Convenzione delle Nazioni Unite contro il Traffico Illecito di Narcotici e Droga e Sostanze Psicotropiche (19 dicembre 1988); Consiglio della Convenzione Europea sul riciclaggio del denaro sporco, Ricerca, la Confisca ed il Sequestro dei Proventi da Crimine, Strasburgo, 8 novembre 1990. Queste Convenzioni sono attualmente operative e sono state ratificate dal Regno Unito.
? chiaro che la Legge del 1988 fu approvata in appoggio a uno scopo legittimo e che le misure sono connesse razionalmente con quello scopo… La sola questione ? se i mezzi legali adottati sono pi? ampi del necessario per portare a termine l’obiettivo. Il Consigliere dell’appellante ha presentato che i mezzi adottati sono sproporzionati all’obiettivo poich? viene messo sull’imputato un carico persuasivo. La Corte d’appello [2001] 3 WLR 75, 103 consider? attentamente questo argomento e stabil?:
?L’onere che viene messo sull’imputato non ? probatorio ma persuasivo, cos? che all’imputato verr? richiesto di assolvere l’onere della prova: vedere la terza categoria di disposizioni della Hope dei Lord in R v Direttore delle Pubbliche Accuse, Ex Kebilene, [2000] 2 A C 326, 379. Questa ? perci? una situazione in cui ? necessario considerare attentamente se l’interesse pubblico che risiede nell’essere in grado confiscare i guadagni mal-ottenuti dei criminali giustifica l’interferenza con la normale presunzione de?innocenza. Mentre la misura dell’interferenza ? sostanziale, il Parlamento ha chiaramente fatto degli sforzi per bilanciare l’interesse dell’imputato contro quello pubblico nei riguardi ambiti:
(a) qualsiasi questione del sequestro si solleva solo dopo le condanne necessarie. Questo ? significativo, perch? la prova che d? luogo alla condanna o alle condanne sar? una dove il carico usuale e lo standard di prova restano sull’accusa. Inoltre, un imputato che viene dichiarato colpevole del reato o dei reati necessari pu? essere ritenuto consapevole del fatto che se lui commettesse i reati dei quali ? stato dichiarato colpevole, lui non solo sarebbe soggetto a reclusione o a un altro giudizio, ma sarebbe anche soggetto a procedimenti di sequestro.
(b) L’accusa ha la responsabilit? di iniziare i procedimenti di sequestro a meno che la corte li giudichi impropri…
(c) c’? anche la responsabilit? messa sulla corte di non emettere un ordine di sequestro quando c’? un rischio serio d’ingiustizia. Come gi? indicato, questo comporter? per la corte, prima di emettere un ordine di sequestro, di ritirarsi e decidere se c’? rischio d’ingiustizia. Se la corte decide che c’?, l’ordine di sequestro non verr? emesso.
(d) c’? il ruolo di questa corte su appello per assicurare che non ci sia iniquit?.
? in gran parte una questione di giudizio personale riguardo a se un giusto equilibrio ? stato previsto fra interessi contraddittori. Si devono porre sulla bilancia gli interessi dell’imputato contro gli interessi del pubblico in modo tale che coloro che hanno offeso non traggano profitto dai loro atti criminali e non utilizzino la loro condotta penale per procurare ulteriori crimini. Comunque, secondo noi, se la discrezione accordata sia all’accusa che alla corte viene esercitata in modo appropriato, la soluzione adottata dal Parlamento ? una risposta ragionevole e proporzionata ad un interesse pubblico e sostanziale, e perci? giustificabile.’ (Rilievo fornito)
Da parte mia penso che questo ragionamento sia corretto, soprattutto nello spiegare il ruolo della corte quando si ritira e decide se c’? o ci sarebbe un rischio de’ingiustizia seria o reale e, se c’?, o ci sarebbe, nell?evidenziare che ci sarebbe la necessit? di emettere un ordine di sequestro . La Corona accetta che ? cos? che la corte, investita di una questione di sequestro dovrebbe avvicinarsi al suo compito. Secondo me questa concessione fu fatta in modo corretto.
In conformit? con i punti di vista unanimi della Corte dei Diritti umani in Phillips v Regno Unito (Richiesta N.41087/98) 5 luglio 2001 sosterrei che la Parte VI dell’Atto del 1988 ? una risposta proporzionata al problema a cui si rivolge.?
III. STRUMENTI INTERNAZIONALI ATTINENTI
A. La Convenzione delle Nazioni Unite contro il Traffico Illecito di Narcotici e Droga e Sostanze Psicotropiche (1988)
27. La Convenzione del 1988 di cui il Regno Unito ? parte, enuncia nell? Articolo 5 che:
?1. Ogni Parte adotter? misure tali che si rendono necessarie per permettere il sequestro di:
a) Proventi derivati da reati stabiliti in conformit? con l?articolo 3, paragrafo 1, o propriet? il cui valore corrisponde a quello di simili proventi;
b) Narcotici droghe e sostanze psicotropiche, materiali ed attrezzature o altri strumenti utilizzati o che si intendeva utilizzare in qualsiasi maniera in reati stabiliti in conformit? con l?articolo 3, paragrafo 1.
2. Ogni Parte adotter? anche misure che possono rendersi essere necessarie per permettere alle sue autorit? competenti di identificare, rintracciare, e congelare o prendere i proventi, le propriet? gli strumenti o qualsiasi altra cosa a cui si fa riferimento nel paragrafo 1 di questo articolo, al il fine di un eventuale sequestro.

7. Ogni Parte pu? considerare di assicurare che l’onere di prova sia revocato riguardo all’origine legale dei proventi addotti o altra propriet? soggetta al sequestro, nella misura in cui simile azione sia coerente coi principi del suo diritto nazionale e con la natura dei procedimenti giudiziali o di altro tipo.
8. Le disposizioni di questo articolo non saranno costruite in modo da pregiudicare i diritti di terze parti in buona fede.
9. Nessun contenuto in questo articolo colpir? il principio che le misure a cui si riferisce saranno definite e saranno perfezionate in conformit? con le disposizioni del diritto nazionale di una Parte e saranno soggette ad esse.?
B. Il Consiglio della Convenzione Europea sul riciclo del denaro sporco , la Ricerca, la Confisca ed il Sequestro dei Proventi da Crimine (1990)
28. La Convenzione qui sopra che entr? in vigore nel settembre 1993 mirava a facilitare la co-operazione internazionale e l?assistenza reciproca nell?investigare e rintracciare, quantificare e confiscare i proventi in questione. Le Parti si impegnano in particolare a criminalizzare il riciclaggio dei proventi da crimine e a confiscare gli strumenti ed i proventi (o propriet? il cui valore corrisponde a simili proventi).
LA LEGGE
I. L’AMMISSIBILIT? DELLE AZIONI DI RECLAMO
29. Ogni richiedente addusse che il carico su di lui per provare che la sua propriet? realizzabile era meno dell’importo che era stato valutato come profitto tratto dal traffico di stupefacenti ha violato il suo diritto ad un’udienza equa sotto l?Articolo 6 ? 1 della Convenzione. Inoltre, si lamentarono che i procedimenti di sequestro avevano violato il loro diritto sotto l?Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione.
30. La Corte considera che queste azioni di reclamo pongono questioni giuridiche che sono sufficientemente serie la cui determinazione dovrebbe dipendere da un esame dei meriti. Dovrebbero essere dichiarati perci? ammissibili. Facendo seguito all? Articolo 29 ? 3 della Convenzione, la Corte ora considerer? i meriti delle azioni di reclamo dei richiedenti .
II. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL? ARTICOLO 6 ? 1 DELLA CONVENZIONE
31. L?Articolo 6 ? 1 della Convenzione prevede:
?Nella determinazione di… una qualsiasi accusa criminale contro se stesso, ad ognuno viene concessa un?equa… udienza… da parte di [un]… tribunale…?
A. Le osservazioni delle parti
32. Il Governo present? che i giudizi nella causa Phillips c. Regno Unito (citata sopra) ed nella causa R. c. Benjafield (vedere paragrafo 26 sopra) avevano riconosciuto che l’Atto del 1994 era stato disegnato per combattere il grave problema del traffico di stupefacenti, punendo gli offensori condannati impedendo altri reati e riducendo i profitti disponibili per procurare futuri affari derivati dal traffico di stupefacenti . Gli obiettivi della legislazione non solo riflettevano la politica nazionale ma anche quella internazionale, come fu reso evidente dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro il Traffico Illecito di Narcotici e Droga (vedere paragrafo 27 sopra). Inoltre, come ? stato anche trovato in quelle sentenze, l’operazione della legislazione era compatibile con Articolo 6 della Convenzione e prevedeva un certo numero di salvaguardie per l’imputato.
33. Riguardo al primo richiedente, il Sig. G., il Governo enfatizz? che lui era stato arrestato in possesso di una quantit? massiccia di eroina. Le circostanze che circondano il pagamento delle spese processuali del richiedente indicavano che aveva accesso a finanziamenti che lui non aveva rivelato ed i suoi conti bancari rivelarono un numero di operazioni finanziarie che non potevano essere spiegate. Il giudice, avendo ascoltato tutte le prove, si convinse che il richiedente era un vistoso e persistente bugiardo che non era riuscito a produrre una qualsiasi prova documentaria a sostegno della sua causa. Una volta che fu stabilito che il richiedente aveva tratto profitti dal traffico di stupefacenti per pi? di GBP 1.2 milioni ed aveva avuto accesso a finanziamenti inspiegati, non era ingiusto mettere l’onere su di lui per dimostrare, sull’equilibrio delle probabilit? l?entit? della sua propriet? realizzabile.
34. Riguardo al secondo richiedente, il Sig. B., il Governo present? che una volta che era stato accertato come fatto che il richiedente era il leader di un gruppo internazionale di trafficanti di stupefacenti e che aveva tratto profitto da questo traffico nella misura di GBP 1.5 milioni e che aveva sotto il suo controllo un? enorme quantit? di droga, allora aspettava al richiedente dimostrare che l’importo realizzabile era inferiore al suo beneficio. Il richiedente che fu rappresentato legalmente per tutto il periodo , venne a conoscenza dalla decisione del giudice come era stato precisamente determinato il beneficio attribuibile a lui. A nessuno stadio della sua prova cerc? di rispondere ai punti sollevati dall’accusa o di produrre qualche prova, documento o altro, per mostrare che lui non possedeva pi? nessun provento delle sue attivit? penali o per spiegare quello che era accaduto a questi proventi . La sua prova corrispose ad un semplice rifiuto del fatto che lui avesse qualsiasi bene realizzabile che non fosse il suo alloggio. Se il conto del richiedente delle sue distribuzioni finanziarie fosse stato vero non sarebbe stato difficile per lui intraprendere dei passi per dimostrare la sua posizione finanziaria. Inoltre una volta che ? stato stabilito che il richiedente aveva ricevuto una spedizione di cannabis non era ingiusto costringerlo a spiegare ci? che era accaduto a questa.
35. Il primo richiedente sottoline? che riguardo ai suoi beni realizzabili gli era stato richiesto di provare un negativo. Il giudice emise l’ordine di sequestro al pieno importo dell’importo di beneficio solamente sulla base del fatto che il richiedente aveva mentito.
36. Il secondo richiedente contese che la pi? grande parte del beneficio che gli fu valutato di aver tratto dal traffico di stupefacenti consisteva nel prezzo di acquisto di tre spedizioni di cannabis, dell’importo totale di GBP 1,340,000. Sotto l’Atto del 1994, si presunse che avesse pagato queste spedizioni con gli incassi traffici passati di stupefacenti. Comunque, queste spedizioni non potevano essere contate all?interno dei suoi beni realizzabili, poich? non c’? un mercato legale di droghe controllate . Durante il secondo stadio dei procedimenti di sequestro, al richiedente non fu richiesto di spiegare che fine avessero fatto le 2.5 tonnellate di cannabis o o i proventi della sua vendita; invece sopport? il carico di dimostrare che lui non aveva beni, provenienti da qualsiasi fonte con cui pagare un ordine di sequestro dell?importo totale di pi? di GBP 1.5 milioni. In effetti al richiedente fu richiesto di provare un negativo: che lui non aveva beni all?infuori della sua casa matrimoniale.
B. La valutazione della Corte
37. In Phillips c. il Regno Unito (n. 41087/98, ?? 35 e 39, ECHR 2001-VII) la Corte sostenne che l?emissione di un ordine di sequestro sotto l’Atto del 1994 era analoga ad una procedura di formazione di giudizio. L?Articolo 6 ? 1 che si applica alla totalit? dei procedimenti per ?la determinazione di… una qualsiasi accusa criminale?, incluso procedimenti per i quali viene fissata una sentenza, era perci? applicabile (vedere anche Welch c. Regno Unito, sentenza del 9 febbraio 1995 Serie A n. 307-a).
38. La Corte richiama che durante il primo stadio della procedura sotto l’Atto del 1994 l’onere era sull’accusa per stabilire, sull’equilibrio di probabilit? che l’imputato aveva speso o aveva ricevuto le specifiche somme di denaro durante i sei anni precedenti l?inizio del reato. Alla corte che stava sentenziando fu poi richiesto, sotto la sezione 4 dell’Atto, di presumere che queste ricevute o voci di spesa derivavano dagli incassi di traffici di stupefacenti. Il carico pass? poi all’imputato per mostrare, di nuovo sull’equilibrio delle probabilit? che i soldi era venuto invece da una fonte legittima (vedere paragrafo 23 sopra).
39. L?emissione di un ordine di sequestro sotto l’Atto del 1994 era diversa dall’imposizione standard di una sentenza a seguito della condanna da parte di un tribunale penale perch? la gravit? dell’ordine – sia in termini dell’importo di denaro che deve essere pagato sia per la lunghezza della reclusione che deve essere notificata in contumacia – dipendeva dalla determinazione di beneficio dalla condotta criminale passata a riguardo della quale l’imputato non era stato necessariamente dichiarato colpevole. Per questa ragione, la Corte in Phillips osserv?, che, oltre ad essere specificamente menzionato nell? Articolo 6 ? 2, il diritto di una persona in una causa penale di essere ritenuto come presunto innocente e richiedere all’accusa di sopportare l’onere di provare le dichiarazioni contro di lui forma parte della nozione generale di un’udienza equa sotto l?Articolo 6 ? 1 (op. cit., ? 40 e vedere, mutatis mutandis, Saunders c. Regno Unito, sentenza del 17 dicembre 1996, Relazioni delle Sentenze e delle Decisioni 1996-VI ? 68).
40. Comunque, la Corte in Phillips continu? a richiamare la sua giurisprudenza all’effetto che il diritto alla presunzione d’innocenza non ? assoluto, poich? le presunzioni di fatto o di legge operano in ogni sistema di giurisprudenza penale. Se la Convenzione non considera simili presunzioni con indifferenza, non sono proibite in principio, fino a quando gli Stati rimangono all’interno di limiti ragionevoli, mentre prendono in considerazione l’importanza di ci? che ? in pericolo e mantengono i diritti della difesa (vedere Salabiaku c. Francia, sentenza del 7 ottobre 1988 Serie A n. 141-a, ? 28).
41. Nella causa Phillips la Corte ha trovato che l’operazione di questo spostamento dell? onere della prova era compatibile con Articolo 6 ? 1 della Convenzione poich?, nel valutare l’importo di beneficio da attribuire al Sig. P., il giudice si era convinto, sulla base sia delle ammissioni del richiedente che della prova addotta dall’accusa, riguardo ad ogni voce presa in considerazione che il richiedente aveva posseduto la propriet? o aveva speso i soldi, e che l’inferenza ovvia era che erano venuti da una fonte illegale (op. cit., ? 44). Cos?, come la Corte riassunse in Geerings c. Paesi Bass,( n. 30810/03, ? 44, 1 marzo 2007):
?… il richiedente possedeva in modo dimostrabile i beni la cui provenienza non poteva essere stabilita;… si presunse ragionevolmente che questi beni erano stati ottenuti tramite attivit? illegali; e… il richiedente non era riuscito ad offrire un chiarimento alternativo e soddisfacente.?
42. Il compito della Corte, in una causa che comporta un procedimento d’imposizione di un ordine di sequestro sotto l’Atto del 1994 ? determinare se il modo in cui le assunzioni legali sono applicate nei particolari procedimenti hanno recato offesa ai principi di base di una procedura equa inerenti all? Articolo 6 ? 1 (Phillips, ? 41). Comunque, non rientra nell?ambito della Corte europea sostituire la sua propria valutazione dei fatti con quella delle corti nazionali e, come regola generale, spetta a queste corti valutare la prova di fronte a loro. Il compito della Corte ? accertare se i procedimenti nella loro interezza, incluso il modo in cui fu presa la prova sono stati equi (Edwards c. Regno Unito, sentenza del 6 dicembre 1992 la Serie An. 247-B, ? 34).
43. Nella presente causa, la Corte nota che il primo richiedente fu dichiarato colpevole di un reato che comportava l’importazione di pi? di 28 chilogrammi di eroina pura con un valore all’ingrosso di circa GBP 1.2 milioni. Nel valutare l’importo di beneficio che lui aveva ricevuto dal traffico di stupefacenti durante il periodo legale di sei anni, il giudice che aveva ascoltato tutta la prova a giudizio oltre ad aver preso in considerazione ogni prova orale e scritta addotta durante i procedimenti di sequestro, trov? che il richiedente era stato il partecipante principale nell?affare ed aveva sostenuto che il fatto che lui era stato in grado, con un suo co-accusato, di acquistare una grande spedizione di questo tipo indicava che questo non era il suo primo affare nel traffico di stupefacenti. Il giudice trov? inoltre che l’accusa aveva stabilito, sull’equilibrio delle probabilit? che nel corso dell? attinente periodo il richiedente aveva speso o aveva ricevuto un numero di grandi somme di denaro. La prova del richiedente relativa ai suoi esercizi d’impresa non spieg? in modo soddisfacente da dove era venuto questo denaro ed il giudice trov? perci? che il richiedente aveva tratto profitto dai traffici di stupefacenti per un totale di GBP 1,230,748.69.
44. Il secondo richiedente fu descritto dal giudice che aveva presieduto alla sua prova come l’organizzatore leader di un giro di affari internazionalmente basato sul traffico di stupefacenti (vedere paragrafo 13 sopra). Durante il primo stadio dei procedimenti di sequestro il giudice consider? la prova, inter l’alia, dall’agente segreto della polizia che il richiedente aveva creduto fosse un riciclatore di denaro sporco e trov? che, in un periodo di sei anni, il richiedente aveva speso grandi somme di denaro in vari affari di cannabis e che questo denaro era entrato a sua svolta dal precedente spaccio di droga. Il richiedente scelse di non dare una prova orale a questo stadio dei procedimenti e non fece appello contro la decisione del beneficio.
45. In tutti questi procedimenti, i diritti della difesa furono protetti dalle salvaguardie costruite nel sistema. Cos?, in ogni causa la valutazione fu eseguita da un tribunale con una procedura giudiziale che includeva un’udienza pubblica, una rivelazione in anticipo del capo d?accusa e l’opportunit? per il richiedente di addurre documenti e prove orali (vedere anche Phillips, citata sopra, ? 43). Ogni richiedente fu rappresentato da un consigliere di sua propria scelta. Il carico era sull’accusa per stabilire che il richiedente aveva posseduto beni in oggetto durante il periodo attinente. Bench? la corte fosse costretta dalla legge a presumere che i beni derivavano da traffici di stupefacenti, questa assunzione avrebbe potuto essere rifiutata se il richiedente avesse dimostrato che aveva acquisito la propriet? tramite mezzi legittimi. Inoltre, il giudice aveva la discrezione di non applicare l’assunzione nel caso in cui avesse considerato che la sua applicazione avrebbe generato un rischio serio d’ingiustizia (vedere R. c. Benjafield: paragrafo 27 sopra).
46. Di fronte alla Corte, nessun richiedente present? serie azioni di reclamo in merito all?equit? di questo primo stadio della procedura di sequestro, dal quale fu calcolato il beneficio tratto dai traffici di stupefacenti. La Corte non considera che in ambo i casi, in principio o in pratica, fosse incompatibile col concetto di un processo equanime sotto l?Articolo 6 di mettere l’onere sul richiedente, una volta dichiarato colpevole di un reato notevole di traffici di droga, per stabilire che la fonte del denaro o dei beni che si era dimostrato aveva posseduto negli anni precedenti il reato era legale. Dato l’esistenza delle salvaguardie a cui si ? fatto riferimento sopra, il carico su di lui non ha superato i limiti ragionevoli.
47. Il secondo stadio della procedura comport? il calcolo del valore dei beni realizzabili attualmente disponibile al richiedente. La legislazione a questo stadio non richiese alla corte che stava sentenziando di rendere alcuna assunzione sull’attivit? penale passata: ha dovuto invece fare una valutazione dei mezzi del richiedente al tempo in cui l’ordine ? stato emesso. Come la Corte d’appello spieg? in R. c. Barwick (vedere paragrafi 24-25 sopra), il carico a questo stadio era sull’imputato per stabilire allo standard civile che l’importo che avrebbe potuto essere realizzato era inferiore all’importo valutato come beneficio.
48. Ognuno dei richiedenti presenti scelse di dare prova orale relativa ai suoi beni realizzabili. Di nuovo, avevano il vantaggio delle salvaguardie a cui si ? fatto riferimento nel paragrafo 45 sopra. Loro furono rappresentati giuridicamente e furono informati precisamente, dalle decisioni dettagliate dei giudici, di come la cifra del beneficio era stata calcolata. Ad ogni richiedente fu data l’opportunit? di spiegare la sua situazione finanziaria e di descrivere ci? che era accaduto ai beni che il giudice aveva preso in considerazione nello stabilire la cifra di beneficio. Il primo richiedente per il quale si era stato trovato che aveva grandi somme di denaro inspiegate che passavano per i suoi conti bancari e di avervi avuto accesso tramite un socio, fino a concorrenza di GBP 70,000 per le sue parcelle legali non riusc? a dare alcun chiarimento credibile per queste anomalie. Anche il secondo richiedente non tent? di spiegare ci? che era accaduto alle varie spedizioni di cannabis che si era accertato avesse acquistato. In ogni caso il giudice trov? che la prova del richiedente fosse stata completamente disonesta e che avesse mancato di credibilit? (vedere paragrafi 9 e 16 sopra). Come enunciato in precedenza, non spetta alla Corte europea di sostituire la sua propria valutazione della prova con quella dei tribunali nazionali.
49. La Corte si conf? alle sentenze della Corte d’appello nelle presenti cause (vedere paragrafi 11 e 18 e vedere anche R. c. Barwick, paragrafi 25-26 sopra), in merito al fatto che nei procedimenti penali non ? incompatibile con la nozione di un’udienza equa mettere l’onere su ogni richiedente per rendere conto in modo credibile della loro attuale situazione finanziaria. In ogni caso, dal momento che ? stato provato che essi sono stati coinvolti in un massiccio e lucroso spaccio di stupefacenti per un periodo di anni, non era irragionevole aspettarsi che i richiedenti spiegassero ci? che era accaduto a tutti i soldi per i quali l’accusa aveva dimostrato essere stati in loro possesso ,nondimeno era irragionevole al primo stadio della procedura aspettarsi che loro mostrassero la legittimit? della fonte di simile denaro o di tali beni. Simili questioni rientravano all’interno della particolare conoscenza dei richiedenti e non sarebbe stato difficile soddisfare il carico su ognuno di loro se i loro conti dei loro affari finanziari fossero stati veri.
50. Qui, perci?, non c?? stata nessuna violazione dell? Articolo 6 ? 1 della Convenzione riguardo entrambi i richiedenti.
III. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL? ARTICOLO 1 DI PROTOCOLLO N.RO 1
51. L?Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 prevede:
?Ogni persona fisica o giuridica ? abilitata al godimento tranquillo della sua propriet?. Nessuno sar? privato della sua propriet? eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, i provvedimenti precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire tali leggi se ritiene necessario controllare l’uso della propriet? in conformit? con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.?

52. La Corte richiama che nella causa Phillips ha trovato che la richiesta fatta al Sig. P. di pagare del denaro sotto un ordine di sequestro emesso in ottemperanza con l?Articolo 6 ? 1 non costitu? un’interferenza sproporzionata col suo diritto al tranquillo godimento delle sue propriet? (Phillips, citata sopra, ?? 48-53).
53. La Corte non considera che le presenti richieste possano essere distinte da Phillips a questo riguardo. Ne segue che non c’? stata nessuna violazione dell? Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 in questa causa.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE ALL?UNANIMITA?
1. Congiunge le richieste;
2. Dichiara la causa ammissibile;
3. Sostiene che non c’? stata nessuna violazione dell?Articolo 6 ? 1 della Convenzione;
4. Sostiene che non c’? stata nessuna violazione dell? Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione.

Fatto in inglesi, e notificato per iscritto il 23 settembre 2008, facendo seguito all?Articolo 77 ?? 2 e 3 degli Articoli di Corte.
Fatos Araci Lech Garlicki
Cancelliere Aggiunto Presidente

Testo Tradotto

Conclusion No violation of Art. 6-1; No violation of P1-1
FOURTH SECTION
CASE OF GRAYSON & BARNHAM v. THE UNITED KINGDOM
(Applications nos. 19955/05 and 15085/06)
JUDGMENT
STRASBOURG
23 September 2008
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 ? 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.]

In the case of Grayson and Barnham v. the United Kingdom,
The European Court of Human Rights (Fourth Section), sitting as a Chamber composed of:
Lech Garlicki, President,
Nicolas Bratza,
Ljiljana Mijovic,
David Th?r Bj?rgvinsson,
J?n ?ikuta,
P?ivi Hirvel?,
Mihai Poalelungi, judges,
and Fatos Araci, Deputy Section Registrar,
Having deliberated in private on 2 September 2008,
Delivers the following judgment, which was adopted on the last-mentioned date:
PROCEDURE
1. The case originated in two applications (nos. 19955/05 and 15085/06) against the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (?the Convention?) by two British nationals, M. W. G. and J. B., on 20 May 2005 and 10 April 2006 respectively
2. The first applicant, who had been granted legal aid, was represented by Mr Q. W., a lawyer practising in London and the second applicant was represented by L. Solicitors of Manchester. The United Kingdom Government (?the Government?) were represented by their Agent, Ms K. McCleery, Foreign and Commonwealth Office.
3. Each applicant alleged that, in confiscation proceedings following his conviction for drugs offences, the fact that the legal burden of proof was on him to show that he did not have realisable assets equivalent to the benefit figure offended the basic principles of a fair procedure, in breach of Article 6 of the Convention and Article 1 of Protocol No. 1.
4. Each applicant and the Government filed written observations.
5. Under Article 29 ? 3 of the Convention, the Chamber decided to examine the merits of each application at the same time as its admissibility. It also decided to join the applications (Rule 42 ? 1).
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
A. The first applicant (Mr G.)
6. On 23 January 2002 the applicant and a co-defendant were convicted with intent to supply over 28 kilograms of pure heroin, which was seized by the police at the time of arrest. The heroin was assessed to have a wholesale value in excess of GBP 1.2 million and a street value in excess of GBP 4 million. The following day the applicant was sentenced to 22 years? imprisonment.
7. On 1 July 2002, after considering written and oral submissions from the applicant and the prosecution, the judge made a confiscation order under the Drug Trafficking Act 1994 (?the 1994 Act?: see paragraphs 20-22 below). He held that the applicant had benefited from drug trafficking. In assessing the amount of the benefit the judge took into account, inter alia, the following sums: GBP 18,000 cash found on the applicant at the time of his arrest; GBP 13,000 that the applicant had paid to his brother when a business partnership between them came to an end; GBP 21,000 that he had spent, in cash, on buying two cars; a further GBP 8,000 which he had spent on another two cars; and GBP 620,445 which was the judge?s assessment of the cost to the applicant of purchasing the heroin which had led to the conviction. As regards this last sum, the judge, having heard all the evidence at trial, was satisfied that the applicant had been the principal participant in the offence and must have contributed to a large extent to the purchase of the drugs. However, to be fair to the applicant he took as his share one half of the wholesale value. The judge was further satisfied that so large a consignment would not have represented the applicant?s first venture into drug trafficking and that he had financed the purchase with the proceeds of previous drug dealing. The applicant failed to rebut this assumption. The final item of expenditure taken into account by the judge was GBP 70,000 which an associate of the applicant, who claimed to have an income of approximately GBP 40,000 a year, had paid in respect of the applicant?s legal fees. The judge found that it was the applicant?s money; that it was the proceeds of drug trafficking; and that it demonstrated that the applicant had money elsewhere he was not prepared to reveal.
8. Next, the judge examined property received by the applicant during the six-year statutory period. The largest element emerged from an analysis of 17 bank accounts which the applicant had held at one time or another. The banking records demonstrated unexplained credits to the applicant?s account in the two trading years ending April 1998 and April 2000 which exceeded the turnover of his business as recorded in the accounts by approximately GBP 153,000. During the intervening year, ending April 1999, the bank statements showed deposits at GBP 83,000 below the business trading turnover. The judge therefore considered whether it was appropriate to take the three years together but decided that this would not be correct. If the applicant had delayed banking some of his 1999 profits until the following year, one would have expected to have seen a pattern of very heavy deposits in the first part of 2000, but this was not the case. He concluded that the applicant had benefited to the amount of GBP 1,230,748.69.
9. Under the statutory scheme, once the judge had assessed the amount of benefit which the applicant had received from drug trafficking, the burden passed to the applicant to show on the balance of probabilities that his realisable assets were less than the amount of his benefit (see paragraph 23 below). The police, having investigated the applicant?s background, had found realisable assets of GBP 236,000, including the cash found on the applicant at the time of his arrest, a car and some business stock. The judge observed:
?The fact that the police have traced a certain amount of property is not of itself a reason to find it is the only property available to the [applicant]. Also credibility is a real issue. I have given myself a Lucas direction [that before reliance can be placed on the fact of a person?s lying, it must be shown to be deliberate; it must relate to a material issue; the motive must be a realisation of guilt and a wish to conceal the truth rather than some other reason: R v Lucas [1981] QB 720]. This Defendant is cunning, devious and intelligent. He was increasingly unbelievable and offensive to common sense. Giving evidence he sought to mislead at every turn, wary that the truth would reveal assets he didn?t want to and that he had hidden assets prior to conviction. He has lied persistently and blatantly and his credibility is nil. He has only himself to blame if I do not accept his evidence. I am convinced that he has tried to mislead me. I do not accept that there were no other assets, so I have reached the conclusion that the appropriate order be the wholesale value of the drugs, that being ?1,236,748. He has not satisfied me that his assets are less than his benefit …?
He set an additional ten years? imprisonment to be served by the applicant if he had not paid within twelve months.
10. The applicant appealed to the Court of Appeal on the grounds, inter alia, that the trial judge should have adjourned to allow him to submit additional accountancy evidence and that it had been contrary to Article 6 of the Convention for the judge to hold that it was for the applicant to establish, on the balance of probabilities, that his realisable property was less than his benefit. Although he had been represented throughout the trial and confiscation proceedings, he was unrepresented for the appeal and put his arguments before the court in a series of letters written from prison.
11. On 18 May 2005 the Court of Appeal dismissed the appeal, although it reduced the default sentence of imprisonment from ten years, the statutory maximum, to eight years. The court held that the additional accountancy evidence which the applicant sought to have admitted did not rebut the prosecution case but in fact, to a large extent, supported it. The Court added that although the accountancy report raised a suggestion of possible double-counting by the prosecution when it came to an analysis of realisable property, that was
?irrelevant, since the judge?s order did not depend upon any calculation of realisable property. It depended upon his finding that the applicant had utterly failed to demonstrate that he had not got assets equivalent to his benefit.?
The Court of Appeal referred to Phillips v. the United Kingdom, no. 41087/98, ECHR 2001-VII, and observed that:
?In that case the court held that the reverse onus of proof in relation to the statutory assumption at the calculation of the benefit stage is fully Convention compliant. If reverse onus is Convention compliant at the stage at which primary liability is calculated, it is plain that it is equally compliant to require of the defendant evidence to demonstrate that the order for confiscation should be less than the amount of benefit, on the grounds that he does not have enough realisable property to meet it. The level of assets available to a defendant is normally peculiarly a matter within his own knowledge.
In those circumstances, this was, we are satisfied, a large confiscation order. It was, however, one which it was plainly proper for the judge to make. The judge followed the scheme of the Act in arriving at his conclusions, and in the context of a man who was caught when engaged in importing heroin which had cost well over ?1 million with the prospect of a profit of approximately three times that amount, the conclusion that there were large items of unexplained expenditure and hidden assets is, in the circumstances, hardly surprising.?
B. The second applicant (Mr B.)
12. On 16 July 2001 the second applicant was convicted of two conspiracy charges involving plans to import large consignments of cannabis into the United Kingdom. Neither importation had been successful and the whereabouts of the drugs were unknown. In the course of the trial the jury heard evidence from an undercover police officer, ?Murray?, who, posing as a money launderer, had made contact with the applicant. Murray?s evidence was that the applicant had told him that his organisation was expected to receive payment of GBP 12 million, of which his personal share would be GBP 2 million, which he asked Murray to help him ?launder?.
13. The applicant was sentenced to eleven years? imprisonment, the judge describing him as the lead organiser in a sophisticated, established and internationally based drug trafficking business.
14. The confiscation proceedings commenced in January 2002, when the first hearing took place to determine the statutory benefit to the applicant from his drug trafficking operations. The applicant was legally represented. He did not give evidence but conceded through his counsel that he had benefited from drug trafficking within the meaning of the 1994 Act. On 8 February 2002, the trial judge ruled that the total benefit to the applicant was GBP 1,525,615. This sum included GBP 27,000 that the applicant had given to Murray to establish his trust; various amounts totalling GBP 59,000 which the applicant had mentioned to Murray during their conversations; a car worth GBP 11,615; GBP 65,000 which the applicant had spent on renovating his house; GBP 23,000 which the applicant had told Murray he had invested in cannabis importation; GBP 500,000 with which the applicant had purchased the consignment of cannabis which formed the basis of the first count of which he had been convicted; GBP 600,000 with which the applicant had purchased another consignment of cannabis which he had mentioned to Murray; a further GBP 240,000 which related to the cost of purchasing yet another consignment of cannabis which the applicant had discussed with Murray. The applicant did not appeal against that ruling.
15. In April 2002, the judge resumed the proceedings to assess the applicant?s realisable assets. The applicant and his wife gave evidence, to the effect that their only asset was their house in Spain, which they owned jointly. The applicant claimed to have been entirely unsuccessful in his attempts at drug dealing and to have earned a living by singing in bars. Since his conviction his wife was living with their son in England and supporting herself with a cleaning job. The defence submitted that there was no evidence capable of supporting a finding of assumed ?hidden? assets and such would lead to a risk of injustice. Of the total benefit figure, it was submitted that 94.4% was expenditure and the remaining 5.6% received had been dissipated over the years of the applicant?s imprisonment in Spain and Portugal and in the United Kingdom. His car, worth GBP 11,615, had also been confiscated by the Portuguese authorities.
16. On 12 April 2002, the judge made his ruling. He explained that:
?In reaching my determination I have to apply the scheme laid down by the 1994 Act, subject to ensuring from the evidence before me that in applying any reverse burden of proof there is no ascertained real or serious risk of injustice resulting from this. Essentially I have to weigh whether the evidence relied on by the defendant is both clear and cogent. In my judgment, it is not, because it fails to explain truthfully what the applicant did in relation to his drug trafficking activities.?
The judge found that the applicant and his wife had lied about their activities and their sources of income. The applicant had not explained what had happened to the various consignments of cannabis he had had under his control. The judge continued:
?In any event, as I do not find Mr and Mrs B. are truthful witnesses on material facts I am unable to accept their evidence that no cash assets exist from Mr B.?s substantial international drug trafficking.
He has failed to explain truthfully what he did and what he did with what he earned from what he did. That has been his choice and if it leaves as it does, this Court with no clear and cogent evidence to persuade it that the benefit is not fully realisable, the responsibility for that is Mr B.?s and Mr B.?s alone.
It was his choice whether he told the truth in his evidence and no-one else?s. [Counsel for the defence] relies on the lack of assets discovered by the West Yorkshire police … It is, in my view, not surprising, particularly operating in foreign jurisdictions, that investigators find difficulty in tracing cash assets derived from drug trafficking. It is because of this, indeed, that the scheme of the 1994 Act is what it is.
Whilst I accept [defence counsel?s] other submission, that the vast majority of the benefit I assessed, it was on the basis of expenditure on the drugs, that does not explain what happened in the end to those drugs upon which that sum was expended. Unless, which I do not, I was to find that Mr B. lived as he did in Spain for all those years, never ever successfully importing cannabis from Morocco to anywhere at all.?
He made a confiscation order equal to the amount which he had assessed as the benefit, namely GBP 1,525,615, with five years, three months? imprisonment if the applicant had not paid within 18 months.
17. The applicant appealed against the judge?s ruling regarding his realisable assets, asserting that Article 6 ? 1 of the Convention applied also when the judge came to assess realisable property, and that it required the prosecution at least to make out a prima facie case of realisable assets before the burden of proof shifted to the defendant. It was asserted by the applicant?s counsel that there was a difference between cases where the prosecution had proved benefit at the first stage by evidence and cases where the benefit had been calculated through the use of assumptions. In the second type of case, the assumptions continued to have effect when calculating realisable assets.
18. In its judgment of 28 April 2005, the Court of Appeal rejected this argument, holding as follows:
?In our judgment the correct approach for the court to take when dealing with confiscation proceedings at the second stage is the same whether the benefit has been proved by evidence in addition to the statutory assumptions. Once the prosecution has established the benefit there is no requirement on it to provide a prima facie case. At the second stage the burden of proof shifts to a defendant to establish, if he can, his realisable assets to the satisfaction of the court. By the second stage a defendant will know exactly how the court has determined benefit attributable to him and must prove by evidence what his realisable assets are. It is for him to show why the confiscation order should not be ?the value of (his) proceeds of drug trafficking?. If he proves that he has no, or appreciably less, realisable assets than the amount of the benefit determined by the court the order will be made in a lesser sum. Provided the judge keeps well in mind the principle that the risk of serious injustice to the defendant must be avoided and does not just pay lip service to that principle the order will be in the amount assessed as either the amount of benefit or such other sum as the defendant shows represents his realisable assets.
To hold that the prosecution must, in some way, show a prima facie case that the defendant has hidden assets in our judgment would defeat the object of the legislation. It is designed to enable the court to confiscate a criminal?s ill-gotten gains. The expression ?hidden assets? is indicative of the fact that the prosecution can have no means of knowing how and where a defendant may have dealt with or disposed of the proceeds of his criminal activities.?
The Court of Appeal found, however, that the judge had made an error of calculation and reduced the order to GBP 1,460,615.
19. On 6 October 2005, the Court of Appeal refused to certify a point of law of general public importance for appeal to the House of Lords concerning Article 6 of the Convention.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW
A. The Drug Trafficking Act 1994
20. The 1994 Act set out a scheme for the confiscation of the proceeds of drug trafficking in respects of offences committed before 23 March 2003. Where all the offences charged or indicted in the proceedings were committed after that date, the 1994 Act no longer applies and instead the sentencing court will impose a confiscation order under the Proceeds of Crime Act 2002.
21. Section 2 of the 1994 Act provided that a Crown Court should make a confiscation order in respect of a defendant appearing before it for sentencing in respect of one or more drug-trafficking offences, whom the court found to have received at any time any payment or other reward in connection with drug trafficking.
22. Under section 5 of the 1994 Act, the confiscation order had to be set at a sum corresponding to the proceeds of drug trafficking assessed by the court to have been gained by the defendant, unless the court was satisfied that, at the time the confiscation order is made, only a lesser sum could be realised.
23. At the first stage of this procedure, the onus was on the prosecution to establish that the defendant had benefited from drug trafficking. However, section 4(2) and (3) of the 1994 Act required the court to assume that any property appearing to have been held by him at any time since his conviction or during the period of six years before the date on which the criminal proceedings were commenced was received as a payment or reward in connection with drug trafficking, and that any expenditure incurred by him during the same period was paid for out of the proceeds of drug trafficking. This statutory assumption could be set aside by the defendant in relation to any particular property or expenditure if it was shown by him to be incorrect or if there would be a serious risk of injustice if it were applied (section 4(4)). At the second stage of the procedure, the burden shifts to the defendant to establish that the amount that might be realised is less than the amount of benefit (see R. v. Barwick, paragraphs 24-25 below). The required standard of proof applicable throughout proceedings under the 1994 Act was the balance of probabilities (section 2(8)).
B. R. v. Barwick
24. The appellant in R. v. Barwick ([2001] 1 Cr App R (S) 129) had, over a period of years, defrauded three women into parting with sums of money totalling in excess of GBP 500,000. He pleaded guilty to a number of offences of dishonesty. The judge made a confiscation order under the Criminal Justice Act 1988 (which set out a scheme for the confiscation of the proceeds of crimes other than drug trafficking). The benefit was assessed as the GBP 500,000 that the appellant had received from the women, adjusted to GBP 600,000 on the assumption that he would have invested it in such a way as to preserve its value against inflation at least. The police were unable to identify any significant assets held by or on behalf of the appellant or to trace where the stolen money had gone, and claimed that he must have hidden it, since he did not appear to have lived extravagantly or spent large sums of money. The appellant claimed that he had lost a considerable part by gambling, but there was no evidence to corroborate his claims. The trial judge found the appellant?s evidence to be evasive and dishonest but nonetheless decided to reduce the benefit figure by GBP 150,000 as an acknowledgement that some of the money had probably been spent over the years. The appellant appealed to the Court of Appeal, contending inter alia that the judge had been wrong to place the burden on the appellant to establish that his realisable assets were less than the amount of the benefit.
25. The Court of Appeal held that the 1988 Act made it clear that, while the burden of proving the benefit was on the prosecution, it was for the defendant to establish on the balance of probabilities that the amount that might be realised was less. The Court of Appeal observed that, as a matter of principle,
?… it is likely that an offender may take steps to make the proceeds of crime difficult to trace. Once it is proved that he has received the benefit, it is pragmatic, and entirely fair to the defendant, to place upon him the onus of showing (to the civil standard) that he no longer has the proceeds or that their extent or value has diminished?.
It continued:
?We stress that the scheme of the Act requires the court to perform two distinct and discrete tasks. First, to determine the benefit. Secondly, to determine the amount that might be realised at the time the order is made, which may be very different. Further, the amount that might be realised may be quite unrelated to the identifiable proceeds of the offence, e.g. a lottery win, inheritance, or other lawfully acquired property. In the end, the task of the court at the second stage is to determine the amount ?appearing to the court? to be the amount that might be realised. But once the benefit has been proved, it is permissible and ought normally to be the approach of the court, to conclude that the benefit remains available until the defendant proves otherwise …?
C. R. v. Benjafield
26. In R. v. Benjafield [2002] UKHL 2, the House of Lords unanimously held that the confiscation scheme under the 1994 Act was compatible with Article 6 ? 1 of the Convention. In R. v. Rezvi [2002] EKHL 1 it reached a similar conclusion as regards the confiscation scheme applicable under the Criminal Justice Act 1988 to the proceeds of other types of crime. Lord Steyn, with whom the other Law Lords agreed, observed in Rezvi:
?It is a notorious fact that professional and habitual criminals frequently take steps to conceal their profits from crime. Effective but fair powers of confiscating the proceeds of crime are therefore essential. The provisions of the 1988 Act are aimed at depriving such offenders of the proceeds of their criminal conduct. Its purposes are to punish convicted offenders, to deter the commission of further offences and to reduce the profits available to fund further criminal enterprises. These objectives reflect not only national but also international policy. The United Kingdom has undertaken, by signing and ratifying treaties agreed under the auspices of the United Nations and the Council of Europe, to take measures necessary to ensure that the profits of those engaged in drug trafficking or other crimes are confiscated: see the United Nations Convention against Illicit Traffic in Narcotic Drugs and Psychotropic Substances (19 December 1988); Council of Europe Convention on Laundering, Search, Seizure and Confiscation of the Proceeds from Crime, Strasbourg, 8 November 1990. These Conventions are in operation and have been ratified by the United Kingdom.
It is clear that the 1988 Act was passed in furtherance of a legitimate aim and that the measures are rationally connected with that aim … The only question is whether the statutory means adopted are wider than is necessary to accomplish the objective. Counsel for the appellant submitted that the means adopted are disproportionate to the objective inasmuch as a persuasive burden is placed on the defendant. The Court of Appeal [2001] 3 WLR 75, 103 carefully considered this argument and ruled:
?The onus which is placed upon the defendant is not an evidential one but a persuasive one, so that the defendant will be required to discharge the burden of proof: see Lord Hope?s third category of provisions in R v Director of Public Prosecutions, Ex Kebilene, [2000] 2 AC 326, 379. This is therefore a situation where it is necessary carefully to consider whether the public interest in being able to confiscate the ill-gotten gains of criminals justifies the interference with the normal presumption of innocence. While the extent of the interference is substantial, Parliament has clearly made efforts to balance the interest of the defendant against that of the public in the following respects:
(a) It is only after the necessary convictions that any question of confiscation arises. This is of significance, because the trial which results in the conviction or convictions will be one where the usual burden and standard of proof rests upon the prosecution. In addition, a defendant who is convicted of the necessary offence or offences can be taken to be aware that if he committed the offences of which he has been convicted, he would not only be liable to imprisonment or another sentence, but he would also be liable to confiscation proceedings.
(b) The prosecution has the responsibility for initiating the confiscation proceedings unless the court regards them as inappropriate …
(c) There is also the responsibility placed upon the court not to make a confiscation order when there is a serious risk of injustice. As already indicated, this will involve the court, before it makes a confiscation order, standing back and deciding whether there is a risk of injustice. If the court decides there is, then the confiscation order will not be made.
(d) There is the role of this court on appeal to ensure there is no unfairness.
It is very much a matter of personal judgment as to whether a proper balance has been struck between the conflicting interests. Into the balance there must be placed the interests of the defendant as against the interests of the public, that those who have offended should not profit from their offending and should not use their criminal conduct to fund further offending. However, in our judgment, if the discretions which are given to the prosecution and the court are properly exercised, the solution which Parliament has adopted is a reasonable and proportionate response to a substantial public interest, and therefore justifiable.? (Emphasis supplied)
For my part I think that this reasoning is correct, notably in explaining the role of the court in standing back and deciding whether there is or might be a risk of serious or real injustice and, if there is, or might be, in emphasising that a confiscation order ought not be made. The Crown accepted that this is how the court, seized with a question of confiscation, should approach its task. In my view this concession was rightly made.
In agreement with the unanimous views of the Court of Human Rights in Phillips v United Kingdom (Application No 41087/98) 5 July 2001 I would hold that Part VI of the 1988 Act is a proportionate response to the problem which it addresses.?
III. RELEVANT INTERNATIONAL INSTRUMENTS
A. The United Nations Convention against Illicit Traffic in Narcotic Drugs and Psychotropic Substances (1988)
27. The 1988 Convention, to which the United Kingdom is a party, states in Article 5 that:
?1. Each Party shall adopt such measures as may be necessary to enable confiscation of:
a) Proceeds derived from offences established in accordance with article 3, paragraph 1, or property the value of which corresponds to that of such proceeds;
b) Narcotic drugs and psychotropic substances, materials and equipment or other instrumentalities used in or intended for use in any manner in offences established in accordance with article 3, paragraph 1.
2. Each Party shall also adopt such measures as may be necessary to enable its competent authorities to identify, trace, and freeze or seize proceeds, property, instrumentalities or any other things referred to in paragraph 1 of this article, for the purpose of eventual confiscation.

7. Each Party may consider ensuring that the onus of proof be reversed regarding the lawful origin of alleged proceeds or other property liable to confiscation, to the extent that such action is consistent with the principles of its domestic law and with the nature of the judicial and other proceedings.
8. The provisions of this article shall not be construed as prejudicing the rights of bona fide third parties.
9. Nothing contained in this article shall affect the principle that the measures to which it refers shall be defined and implemented in accordance with and subject to the provisions of the domestic law of a Party.?
B. The Council of Europe Convention on Laundering, Search, Seizure and Confiscation of the Proceeds from Crime (1990)
28. The above Convention, which entered into force in September 1993, aimed to facilitate international co-operation and mutual assistance in investigating crime and tracking down, seizing and confiscating the proceeds thereof. Parties undertake in particular to criminalise the laundering of the proceeds of crime and to confiscate instrumentalities and proceeds (or property the value of which corresponds to such proceeds).
THE LAW
I. ADMISSIBILITY OF THE COMPLAINTS
29. Each applicant alleged that the burden on him to prove that his realisable property was less than the amount to which he had been assessed to have benefited from drug trafficking violated his right to a fair hearing under Article 6 ? 1 of the Convention. In addition, they complained that the confiscation proceedings had breached their rights under Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention.
30. The Court considers that these complaints raise questions of law which are sufficiently serious that their determination should depend on an examination of the merits. They should therefore be declared admissible. Pursuant to Article 29 ? 3 of the Convention, the Court will now consider the merits of the applicants? complaints.
II. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 6 ? 1 OF THE CONVENTION
31. Article 6 ? 1 of the Convention provides:
?In the determination of … any criminal charge against him, everyone is entitled to a fair … hearing … by [a] … tribunal …?
A. The parties? submissions
32. The Government submitted that the judgments in Phillips v. the United Kingdom (cited above) and in R. v. Benjafield (see paragraph 26 above) had recognised that the 1994 Act was designed to combat the serious problem of drug trafficking, by punishing convicted offenders, deterring other offences and reducing the profits available to fund future drug-trafficking ventures. The objectives of the legislation reflected not only national but also international policy, as was made clear by the United Nations Convention against Illicit Traffic in Narcotic Drugs (see paragraph 27 above). Moreover, as also found in those judgments, the operation of the legislation was compatible with Article 6 of the Convention and provided a number of safeguards for the defendant.
33. In respect of the first applicant, Mr G., the Government emphasised that he had been arrested in possession of a massive amount of heroin. The circumstances surrounding the payment of the applicant?s legal costs indicated that he had access to funds that he had not revealed and his bank accounts revealed a number of financial transactions that could not be explained. The judge, having heard all the evidence, formed the view that the applicant was a blatant and persistent liar who had failed to produce any documentary evidence to support his case. Once it was established that the applicant had benefited from drug trafficking in excess of GBP 1.2 million and had access to unexplained funds, it was not unfair to place the onus on him to demonstrate, on the balance of probabilities, the extent of his realisable property.
34. In respect of the second applicant, Mr B., the Government submitted that once it was found as a fact that the applicant was the leader of an international group of drug traffickers, that he had benefited from drug trafficking to the extent of GBP 1.5 million and that he had under his control a vast quantity of drugs, then it was for the applicant to demonstrate that the realisable amount was less than his benefit. The applicant, who was legally represented throughout, knew from the judge?s ruling exactly how the benefit attributable to him had been determined. At no stage in his evidence did he seek to answer the points raised by the prosecution or produce any evidence, documentary or otherwise, to show that he no longer retained any proceeds of his criminal activities or to explain what had happened to them. His evidence amounted to a bare denial that he had any realisable assets other than his house. Had the applicant?s account of his financial dealings been true it would not have been difficult for him to take steps to demonstrate his financial position. Moreover, once it was established that the applicant had received a shipment of cannabis it was not unfair to require him to explain what had happened to it.
35. The first applicant underlined that in respect of his realisable assets he had been required to prove a negative. The judge set the confiscation order at the full amount of the amount of benefit solely on the ground that the applicant had lied.
36. The second applicant contended that the greater part of the benefit which he was assessed to have drawn from drug trafficking consisted of the purchase price of three shipments of cannabis, totalling GBP 1,340,000. Under the 1994 Act, he was assumed to have paid for these shipments with the proceeds of past drug trafficking. These shipments could not, however, be counted towards his realisable assets, since there is no legitimate market in controlled drugs. During the second stage of the confiscation proceedings, the applicant was not required to explain what had become of the 2.5 tonnes of cannabis or the proceeds of its sale; instead he bore the burden of showing that he did not have assets, from whatever source, with which to pay a confiscation order totalling in excess of GBP 1.5 million. In effect the applicant was required to prove a negative: that he had no assets other than the matrimonial home.
B. The Court?s assessment
37. In Phillips v. the United Kingdom (no. 41087/98, ?? 35 and 39, ECHR 2001-VII) the Court held that the making of a confiscation order under the 1994 Act was analogous to a sentencing procedure. Article 6 ? 1, which applies throughout the entirety of proceedings for ?the determination of … any criminal charge?, including proceedings whereby a sentence is fixed, was therefore applicable (see also Welch v. the United Kingdom, judgment of 9 February 1995, Series A no. 307-A).
38. The Court recalls that during the first stage of the procedure under the 1994 Act the onus was on the prosecution to establish, on the balance of probabilities, that the defendant had spent or received specific sums of money during the six years preceding the trigger offence. The sentencing court was then required, under section 4 of the Act, to assume that these receipts or items of expenditure derived from the proceeds of drug trafficking. The burden then passed to the defendant to show, again on the balance of probabilities, that the money had instead come from a legitimate source (see paragraph 23 above).
39. The making of a confiscation order under the 1994 Act was different from the standard imposition of a sentence following conviction by a criminal court because the severity of the order – both in terms of the amount of money which must be paid and the length of imprisonment to be served in default – depended upon a finding of benefit from past criminal conduct in respect of which the defendant had not necessarily been convicted. For this reason, the Court in Phillips observed that, in addition to being specifically mentioned in Article 6 ? 2, a person?s right in a criminal case to be presumed innocent and to require the prosecution to bear the onus of proving the allegations against him or her forms part of the general notion of a fair hearing under Article 6 ? 1 (op. cit., ? 40 and see, mutatis mutandis, Saunders v. the United Kingdom, judgment of 17 December 1996, Reports of Judgments and Decisions 1996-VI, ? 68).
40. The Court in Phillips continued, however, by recalling its case-law to the effect that the right to the presumption of innocence is not absolute, since presumptions of fact or of law operate in every criminal-law system. While the Convention does not regard such presumptions with indifference, they are not prohibited in principle, as long as States remain within reasonable limits, taking into account the importance of what is at stake and maintaining the rights of the defence (see Salabiaku v. France, judgment of 7 October 1988, Series A no. 141-A, ? 28).
41. In the Phillips case the Court found that the operation of this shifting burden of proof was compatible with Article 6 ? 1 of the Convention since, when assessing the amount of benefit to be attributed to Mr P., the judge had been satisfied, on the basis either of the applicant?s admissions or of evidence adduced by the prosecution, in respect of every item taken into account, that the applicant had owned the property or had spent the money, and that the obvious inference was that it had come from an illegitimate source (op. cit., ? 44). Thus, as the Court summarised in Geerings v. the Netherlands, no. 30810/03, ? 44, 1 March 2007:
?…the applicant demonstrably held assets whose provenance could not be established; … these assets were reasonably presumed to have been obtained through illegal activity; and … the applicant had failed to provide a satisfactory alternative explanation?.
42. The Court?s task, in a case involving the procedure for the imposition of a confiscation order under the 1994 Act, is to determine whether the way in which the statutory assumptions were applied in the particular proceedings offended the basic principles of a fair procedure inherent in Article 6 ? 1 (Phillips, ? 41). It is not, however, within the province of the European Court to substitute its own assessment of the facts for that of the domestic courts and, as a general rule, it is for these courts to assess the evidence before them. The Court?s task is to ascertain whether the proceedings in their entirety, including the way in which evidence was taken, were fair (Edwards v. the United Kingdom, judgment of 6 December 1992, Series A no. 247-B, ? 34).
43. In the present case, the Court notes that the first applicant was convicted of an offence involving the importation of over 28 kilograms of pure heroin with a wholesale value of over GBP 1.2 million. In assessing the amount of benefit which he had received from drug trafficking during the statutory six-year period, the judge, who had heard all the evidence at the trial in addition to considering the oral and written evidence adduced during the confiscation proceedings, found that the applicant had been the principal participant in the deal and held that the fact that he had been able, with his co-accused, to purchase such a large consignment indicated that this was not his first venture into drug trafficking. The judge further found that the prosecution had established, on the balance of probabilities, that during the relevant time the applicant had spent or received a number of large sums of money. The applicant?s evidence relating to his business activities did not satisfactorily explain where this money had come from and the judge therefore found that the applicant had benefited from drug trafficking to a total of GBP 1,230,748.69.
44. The second applicant was described by the judge who had presided over his trial as the lead organiser in an internationally based drug trafficking business (see paragraph 13 above). During the first stage of the confiscation proceedings the judge considered evidence from, inter alia, the undercover police officer whom the applicant had believed to be a money launderer and found that, over the six-year period, the applicant had spent large sums of money on various cannabis deals and that this money had come in its turn from earlier drug dealing. The applicant chose not to give oral evidence at this stage of the proceedings and did not appeal against the ruling on benefit.
45. Throughout these proceedings, the rights of the defence were protected by the safeguards built into the system. Thus, in each case the assessment was carried out by a court with a judicial procedure including a public hearing, advance disclosure of the prosecution case and the opportunity for the applicant to adduce documentary and oral evidence (see also Phillips, cited above, ? 43). Each applicant was represented by counsel of his choice. The burden was on the prosecution to establish that the applicant had held the assets in question during the relevant period. Although the court was required by law to assume that the assets derived from drug trafficking, this assumption could have been rebutted if the applicant had shown that he had acquired the property through legitimate means. Furthermore, the judge had a discretion not to apply the assumption if he considered that applying it would give rise to a serious risk of injustice (see R. v. Benjafield: paragraph 27 above).
46. Before the Court, neither applicant seriously complained about the fairness of this first stage of the confiscation procedure, whereby the benefit from drug trafficking was calculated. The Court does not consider that in either case, in principle or practice, it was incompatible with the concept of a fair trial under Article 6 to place the onus on the applicant, once he had been convicted of a major offence of drug dealing, to establish that the source of money or assets which he had been shown to have possessed in the years preceding the offence was legitimate. Given the existence of the safeguards referred to above, the burden on him did not exceed reasonable limits.
47. The second stage of the procedure involved the calculation of the value of the realisable assets currently available to the applicant. The legislation at this stage did not require the sentencing court to make any assumption about past criminal activity: instead it had to make an assessment of the applicant?s means at the time the order was made. As the Court of Appeal explained in R. v. Barwick (see paragraphs 24-25 above), the burden at this stage was on the defendant to establish to the civil standard that the amount that might be realised was less than the amount assessed as benefit.
48. Each of the present applicants chose to give oral evidence relating to his realisable assets. Again, they had the advantage of the safeguards referred to in paragraph 45 above. They were legally represented and had been informed, through the judges? detailed rulings, exactly how the benefit figure had been calculated. Each applicant was given the opportunity to explain his financial situation and describe what had happened to the assets which the judge had taken into account in setting the benefit figure. The first applicant, who had been found to have had large sums of unexplained money passing through his bank accounts and to have had access, through an associate, to GBP 70,000 for his legal fees, failed to give any credible explanation for these anomalies. The second applicant did not even attempt to explain what had happened to the various consignments of cannabis he had been found to have purchased. In each case the judge found the applicant?s evidence to have been entirely dishonest and lacking in credibility (see paragraphs 9 and 16 above). As previously stated, it is not for the European Court to substitute its own assessment of the evidence for that of the national courts.
49. The Court agrees with the judgments of the Court of Appeal in the instant cases (see paragraphs 11 and 18 and see also R. v. Barwick, paragraphs 25-26 above), that it was not incompatible with the notion of a fair hearing in criminal proceedings to place the onus on each applicant to give a credible account of his current financial situation. In each case, having been proved to have been involved in extensive and lucrative drug dealing over a period of years, it was not unreasonable to expect the applicants to explain what had happened to all the money shown by the prosecution to have been in their possession, any more than it was unreasonable at the first stage of the procedure to expect them to show the legitimacy of the source of such money or assets. Such matters fell within the applicants? particular knowledge and the burden on each of them would not have been difficult to meet if their accounts of their financial affairs had been true.
50. There has, therefore, been no violation of Article 6 ? 1 of the Convention in respect of either applicant.
III. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL No. 1
51. Article 1 of Protocol No. 1 provides:
?Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.?
52. The Court recalls that in the Phillips case it found that the requirement on Mr P. to pay money under a confiscation order made in compliance with Article 6 ? 1 did not constitute a disproportionate interference with his right to peaceful enjoyment of his possessions (Phillips, cited above, ?? 48-53).
53. The Court does not consider that the present applications can be distinguished from Phillips in this respect. It follows that there has been no violation of Article 1 of Protocol No. 1 in this case.
FOR THESE REASONS, THE COURT UNANIMOUSLY
1. Joins the applications;
2. Declares the case admissible;
3. Holds that there has been no violation of Article 6 ? 1 of the Convention;
4. Holds that there has been no violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention.

Done in English, and notified in writing on 23 September 2008, pursuant to Rule 77 ?? 2 and 3 of the Rules of Court.
Fatos Araci Lech Garlicki
Deputy Registrar President

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 15/10/2024