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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

CASE OF GABRIC v. CROATIA

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 41, P1-1
Numero: 9702/04/2009
Stato: Croazia
Data: 2009-02-05 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione violazione di P1-1; Rimanente inammissibile; danno materiale:assegnazione.

PRIMA SEZIONE
CAUSA GABRIĆ C. CROAZIA
(Richiesta n. 9702/04)
SENTENZA
STRASBOURG
5 febbraio 2009
Questa sentenza diverrà definitivo nelle circostanze esposte nell’ Articolo 44 § 2 della Convenzione. Può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Gabrić c. Croazia,
La Corte europea dei Diritti umani (Prima Sezione), riunendosi in una Camera, composta da:
Christos Rozakis, Presidente, Nina Vajić, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, Giorgio Nicolaou, giudici,
e Søren Nielsen, Cancelliere di Sezione,
Avendo deliberato in privato il15 gennaio 2009,
Consegna la seguente sentenza che fu adottata in quella data:
PROCEDURA
1. La causa nacque da una richiesta (n. 9702/04) contro la Repubblica di Croazia depositata con la Corte sotto l’Articolo 34 della Convenzione per la Protezione dei Diritti umani e le Libertà Fondamentali (“la Convenzione”) da un cittadino di Bosnia e Herzegovina, la Sig.ra D. G. (“il richiedente”), 9 dicembre 2003.
2. Il richiedente fu rappresentato dalla Sig.ra M. T., un difensore che pratica a Slavonski Brod. Il Governo croato (“il Governo”) fu rappresentato dal suo Agente, la Sig.ra Š. Stažnik.
3. Il 14 settembre 2006 il Presidente della prima Sezione decise di comunicare l’azione di reclamo riguardo al diritto di proprietà al Governo. Fu deciso anche di esaminare i meriti della richiesta allo stesso tempo della sua ammissibilità (Articolo 29 § 3).
4. Il Governo di Bosnia e Herzegovina, che è stato informato del suo diritto ad intervenire (Articolo 36 § 1 della Convenzione e Articolo 44 § 2 (a) degli Articoli di Corte), non si è giovato di questo diritto.
I FATTI
I. LE CIRCOSTANZE DELLA CAUSA
5. Il richiedente che è di origine serba nacque nel 1952 e vive a Pforzheim ( Germania).
6. Il 2 gennaio 2002, verso le 8.35 di sera, il richiedente, sulla strada verso la Germania stava attraversando il confine fra Bosnia e Herzegovina e Croazia a Slavonski Brod. Lei fu fermata dai doganieri croati che prima perquisirono la sua macchina e trovarono dei beni non dichiarati nascosti nel suo bagagliaio. In particolare, nel posto per la ruota di ricambio gli ufficiali trovarono 61 cartoni di sigarette di varie marche e 9.5 kg di caffè.
7. I doganieri perquisirono poi il richiedente e trovarono 30,500 marchi tedeschi (DEM) che lei non aveva neanche dichiarato sotto la sezione 74a(1) dell’ Atto sulla Valuta estera e la sezione 9(2) dell’ Atto sulla Prevenzione del Riciclaggio di Denaro (vedere paragrafi 14 e 15 sotto). Loro presero DEM 20,000 mentre permisero al richiedente di tenere i DEM 10,500 rimanenti che corrispondeva approssimativamente a 40,000 kunas croati (HRK), somma che non era costretta a dichiarare facendo seguito alla legislazione summenzionata. Il rapporto redatto sulla macchia indica che il richiedente informò i doganieri che lei aveva ottenuto i soldi tramite un prestito bancario in Germania e li stava portando di nuovo là.
A. Procedimenti Penali avviati contro il richiedente
8. Il 3 gennaio 2002 l’Ufficio del Procuratore Statale e Municipale di Slavonski Brod accusò il richiedente di fronte alla Corte Municipale di Slavonski Brod per il reato penale di aver evitato controlli alla dogana, prescritto nella sezione 298(3) del Codice Penale, accusandola di non avere dichiarato 61 cartoni di sigarette. Il 4 gennaio 2002 la corte trovò il richiedente colpevole dell’accusa la condannò alla reclusione di sei mesi ma sospese la condanna (uvjetna osuda) per un periodo di due anni ammesso che in quel periodo lei non avesse commesso un ulteriore reato. La corte ordinò anche il sequestro (oduzimanje predmeta) dei 61 cartoni di sigarette come misura di sicurezza (sigurnosna mjera). Siccome il richiedente rinunciò al suo diritto a fare appello, la sentenza divenne immediatamente definitiva.
B. Procedimenti di reati Amministrativi avviati contro il richiedente
9. Il 3 gennaio 2002 le autorità doganali avviarono procedimenti di reati amministrativi (prekršajni postupak) contro il richiedente di fronte all’Ispettorato delle Valute estere del Ministero delle Finanze (Ministarstvo financija, Devizni inspektorat – “il Ministero”).
10. Il 21 marzo 2002 il Ministero trovò il richiedente colpevole di avere commesso un reato amministrativo e lo multò di HRK 6,000. Allo stesso tempo, il Ministero impose una misura protettiva (zaštitna mjera) di confisca di DEM 20,000 facendo seguito alla sezione 99a(2) dell’ Atto sulla Valuta estera. Nel decidere così sostenne ciò che segue:
“Nella sua difesa scritta l’accusato ammise di non aver dichiarato i soldi entrando nella Repubblica di Croazia perché lei non sapeva di essere obbligata a fare così. Lei presentò di aver avuto un prestito dalla sua banca in Germania e che lei stava portando i soldi in Iugoslavia per comprare un appartamento. Poiché lei non aveva trovato l’appartamento i suo gradimento aveva deciso di aspettare un po’ affinché lei trovasse qualche cosa [di più] favorevole. …
… Lei presentò che lei non era consapevole di dover dichiarare i soldi alle dogane. Chiede che i soldi sequestrati le vengano restituiti perché ha bisogno di questi per l’acquisto di un appartamento, e nel caso non compri un appartamento deve restituire i soldi alla banca.

[Il Ministero] non poteva accettare la difesa dell’accusato per cui non era a conoscenza di dover dichiarare la valuta estera alle autorità doganali, mentre considera che questo argomento non possa costituire un fatto per discolparla dalla… responsabilità. …
Nella determinazione dell’importo della multa, la situazione personale dell’accusato fu presa in considerazione, vale a dire il fatto che era divorziata e madre di due figli, così come la sua situazione finanziaria, vale a dire che guadagnava EUR 1,200 al mese e possedeva un lotto di costruzione. [Il Ministero] ha considerato come una circostanza attenuante il fatto che l’accusato aveva confessato.
La decisione di imporre la misura protettiva di confisca dell’oggetto del reato nell’importo di DEM 20,000 fu resa sulla base della sezione 99a dell’Atto sulla Valuta estera che prevede che oggetti di un reato saranno confiscati a favore del Bilancio Statale della Repubblica di Croazia. Avendo valutato i motivi del reato e le circostanze nelle quali era stato commesso, [il Ministero] non trova ragione particolarmente giustificate per non imporre la misura protettiva, o per imporre la misura protettiva del sequestro parziale degli oggetti del reato, perché la confessione dell’accusato era la sola circostanza attenuante in questa caso che di per sé (senza qualsiasi altra circostanza particolarmente attenuante) non era sufficiente per una decisione di restituzione dei soldi temporaneamente sequestrati, come oggetto del reato.”
11. La decisione del Ministero fu notificata il 24 maggio 2002 al richiedente dopo di che fece appello contro questa. Insieme col ricorso lei presentò una lettera dalla sua banca in Germania, datata 27 maggio 2002 che confermava che secondo l’accordo di prestito del 21 novembre 2001, lei aveva ricevuto un prestito di DEM 38,334.27 ai fini di comprare un appartamento nella Repubblica Federale dell’Iugoslavia.
12. Il 19 giugno 2002 l’ Alta Corte per i Reati Amministrativi (Visoki prekršajni sud Republike Hrvatske) respinse il ricorso del richiedente e sostenne la decisione del Ministero, accettando le ragioni determinato in questa. La decisione fu notificata al richiedente il 2 settembre 2002.
13. Il richiedente presentò poi un reclamo costituzionale, adducendo, inter alia, una violazione del suo diritto di proprietà protetto costituzionalmente. Il 21 maggio 2003 la Corte Costituzionale (Ustavni sud Republike Hrvatske) respinse la sua azione di reclamo, non trovando violazione alcuna dei diritti costituzionali a cui era stato fatto appello, e notificò la sua decisione al richiedente il 9 giugno 2003.
II. DIRITTO NAZIONALE ATTINENTE
14. La parte attinente dell’ Atto sulla Valuta estera (Zakon o osnovama deviznog sustava, deviznog poslovanja i prometu zlata, Gazzetta Ufficiale N. 91A/93, 36/98 e 32/01), in vigore al tempo attinente, che nella parte attinente, si legge come segue:
Sezione 72(1)
“ Valuta estera e azioni in valuta estera possono essere portate liberamente nella Repubblica di Croazia.”
Sezione 74a(1)
“Tutte le persone fisiche croate ed estere che attraversano il confine Statale sono costrette a dichiarare al doganiere competente qualsiasi… soldi o assegno bancari in valuta nazionale o estera del valore previsto dallo statuto che regla la prevenzione del riciclaggio di denaro.”
Sezione 97a
“Una multa di almeno 5,000.00 kunas per un reato amministrativo sarà imposta su qualsiasi persona fisica croata o estera… che tenta di prendere o portare i soldi o assegni bancari attraverso il confine Statale del valore a cui si fa riferimento nella sezione 74a di questo Atto, senza dichiararli al doganiere competente.”
Sezione 99a
“(1) il doganiere competente prenderà temporaneamente i soldi e gli assegni bancari in valuta nazionale o estera portati attraverso il confine Statale in violazione della sezione 74a di questo Atto…, e può anche, insieme a fare un’azione di reclamo di reato amministrativo, e corrispondere l’ importo senza ritardo sul conto speciale dell’Ispettorato della Valuta estera del Ministero delle Finanze della Repubblica di Croazia.
(2) i soldi e gli assegni bancari che sono oggetto di reato amministrativo a cui si fa riferimento nella sezione 97a di questo Atto saranno confiscati in virtù della decisione sul reato amministrativo, a favore del Bilancio Statale della Repubblica di Croazia.
(3)…
(4) in situazioni particolarmente giustificate in cui esistono circostanze attenuanti speciali, l’autorità che decide sul reato amministrativo può decidere insolitamente, che i soldi e gli assegni bancari che sono gli oggetti del reato amministrativo a cui si fa riferimento nei paragrafi 1 e 2 di questa sezione non saranno confiscati o saranno confiscati solamente in parte.”
15. La Sezione 9(1) dell’Atto sulla Prevenzione del Riciclaggio di denaro (Zakon o sprječavanju pranja novca, Gazzetta Ufficiale N. 69/97, 106/97 (corrigendum), 67/01 e 114/01), come in vigore al tempo attinente, si legge come segue:
“Le [autorità]. Doganali .. informeranno l’Ufficio [per la Prevenzione del Riciclaggio di Denaro] di qualsiasi trasferimento legale o tentato di trasferimento illegale attraverso il confine Statale dei soldi o di assegni bancari in valuta nazionale o estera del valore di 40,000 kunas o più, entro il periodo di tre giorni dalla scoperta di simile trasferimento o tentativo di trasferimento illegale.”
16. La Sezione 298 del Codice Penale (Kazneni zakon, Gazzetta Ufficiale Pubblica N. 110/97, 27/98 (corrigendum), 129/00 e 51/01), come in vigore al tempo attinente, si legge come segue:
Controlli di evasione doganale
Sezione 298
“(1) chiunque porti una grande quantità di beni od oggetti di grande valore attraverso il confine doganale, evitando controlli di dogana, sarà punito con una multa o con reclusione non superiore ai tre anni.
(2) chiunque organizzi un gruppo o degli individui per la perpetrazione del reato penale a cui si fa riferimento nel paragrafo 1 di questa sezione, o una rete di ricettatori o mediatori per la vendita di beni non dichiarati alla dogana, sarà punito con una reclusione da sei mesi a cinque anni.
(3) la stessa sanzione penale a cui si fa riferimenti nel paragrafo 1 di questa sezione sarà imposta a chiunque porti attraverso il confine doganale, evitando controlli doganali di beni la cui produzione o distribuzione è ristretta o è proibita.
(4) chiunque organizzi un gruppo o degli individui per la perpetrazione del reato penale a cui si fa riferimento nel paragrafo 3 di questa sezione sarà punito con una reclusione da uno ad otto anni.
(5) un tentativo di commettere un reato penale a cui si fa riferimento nei paragrafi dall’1 al 3 di questa sezione sarà punibile.
(6) i beni che sono oggetto del reato penale a cui si fa riferimento nel paragrafo 1 di questa sezione saranno confiscati.”
LA LEGGE
I. VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N.RO 1 ALLA CONVENZIONE
17. Il richiedente si lamentò del fatto che la decisione delle autorità nazionali nei procedimenti di reati amministrativi riguardo sia alla multa che alla confisca di DEM 20,000 per non aver dichiarato questa somma alle dogane era stata eccessiva e così aveva violato il suo diritto di proprietà. Lei si appellò all’ Articolo 1 di Protocollo N.ro 1 alla Convenzione che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica è abilitata al godimento pacifico delle sue proprietà. Nessuno sarà privato delle sue proprietà eccetto che nell’interesse pubblico e soggetto alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali di diritto internazionale.
Comunque, le disposizioni precedenti non possono in qualsiasi modo danneggiare il diritto di un Stato ad eseguire simili leggi come ritiene necessario per controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale o assicurare il pagamento di tasse o gli altri contributi o sanzioni penali.”
18. Il Governo contestò questo argomento.
A. Ammissibilità
19. La Corte nota che questa azione di reclamo non è manifestamente mal-fondata all’interno del significato dell’ Articolo 35 § 3 della Convenzione. Nota inoltre che non è inammissibile per qualsiasi altro motivo. Deve essere dichiarata perciò ammissibile.
B. Meriti
1. Gli argomenti delle parti
(a) Il Governo
20. Il Governo ammise che c’era stata un’interferenza col diritto di proprietà del richiedente quando le autorità nazionali le avevano confiscato DEM 20,000. Comunque, l’interferenza era stata legale ed aveva perseguito uno scopo legittimo. Il sequestro come sanzione per il reato amministrativo in oggetto era previsto dalla sezione 99a(2) dell’ Atto sulla Valuta estera (vedere paragrafo 14 sopra), ed era stato una misura mirata a combattere il riciclaggio di denaro.
21. All’inizio, il Governo enfatizzò, che il riciclaggio di denaro era una forma particolarmente pericolosa di crimine, e così non solo era stato identificato a livello nazionale, ma anche a livello internazionale. Per esempio, molti strumenti internazionali dell’Unione europea si sono dedicati alla lotta contro il riciclaggio di denaro.
22. Riguardo alla proporzionalità, il Governo prima spiegò, che la sanzione per il reato amministrativo di cui il richiedente era stato trovato colpevole, e che coinvolgeva una violazione regolamentazioni anti riciclaggio di denaro, consisteva di due elementi: (a) l’imposizione di una multa, e (b) il sequestro obbligatorio dei soldi che erano oggetto del reato. Nel valutare la proporzionalità della sanzione, le autorità nazionali competenti presero in considerazione entrambi questi elementi. Nel caso del richiedente, circostanze attenuanti erano state prese in considerazione nell’imposizione della multa. Comunque, non erano state di tale carattere da giustificare l’eccezione all’obbligo di confisca dell’importo di soldi non dichiarati.
23. In secondo luogo, il Governo presentò che le autorità nazionali avevano interpretato restrittivamente, ma coerentemente le disposizioni attinenti al sequestro di soldi come una sanzione per violazioni delle regolamentazioni anti riciclaggio di denaro Questa interpretazione era, nella prospettiva del Governo, all’interno del “margine di valutazione” lasciato alle autorità nazionali. A causa di questa coerenza nell’ interpretazione, alla sanzione imposta al richiedente mancò l’arbitrarietà, e la presente causa sarebbe distinta perciò dalla causa Baklanov c. Russia (n. 68443/01, 9 giugno 2005), dove la Corte aveva condannato discordanze nell’interpretazione di disposizioni simili.
24. In terzo luogo, il Governo dibatté che il richiedente avrebbe dovuto essere consapevole che il trasferimento di un importo considerevole di soldi attraverso il confine era soggetto a certe restrizioni previste dalla legge. Ci si sarebbe dovuti ragionevolmente aspettare perciò, che facesse delle indagini su questa questione prima di programmare un viaggio. I fatti presentati nei procedimenti nazionali non indicarono che la sua ignoranza addotta fosse stata in qualsiasi modo giustificata.
25. In quarto luogo, il Governo non desiderava speculare sul fine effettivo dei soldi confiscati dal richiedente ma ciononostante sottolineò, in termini astratti che il mero fatto che i soldi venivano da fonti legittime non voleva dire necessariamente che erano destinati a fini legittimi (in questo collegamento citò, per esempio, l’Articolo 5 del Consiglio di Convenzione di Europa sul Riciclaggio, la Confisca ed il Sequestro degli Incassi da Crimine e sul Finanziamento del Terrorismo (CETS n. 198) che specificamente faceva riferimento alla confisca della proprietà acquisita da fonti legittime che erano state mescolate a proprietà derivate da incassi da crimine). Nell’osservazione del Governo, le circostanze della presente causa indicavano, che i soldi in oggetto era stato destinati a fini diffidenti. Notò in questo collegamento che le circostanze complessive in cui era stato commesso il reato amministrativo non fossero attenuanti per il richiedente: separatamente dal portare una grande somma di soldi in contanti, era stata trovata mentre contrabbandava una grande quantità di sigarette e caffè. Siccome la sezione 99a(4) dell’ Atto sulla Valuta estera (vedere paragrafo 14 sopra) faceva riferimento a cause particolarmente giustificate e circostanze particolarmente attenuanti, era ovvio che questi requisiti non erano stati soddisfatti nella caso del richiedente. Questo non voleva dire che gli argomenti del richiedente non fossero stati presi in considerazione; in determinate circostanze erano stati semplicemente insufficienti per giustificare l’applicazione della sezione 99a(4) dell’Atto sulla Valuta estera.
26. In prospettiva di ciò che precede, il Governo presentò, che non c’era stata nessuna violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione nella causa del richiedente.
(b) Il richiedente
27. Il richiedente indicò che immediatamente dopo che i doganieri avevano scoperto i soldi che lei stava portando, li aveva informati della loro origine e del loro fine ed aveva prodotto documenti originali dalla sua banca in Germania che provavano che i soldi erano stati ottenuti tramite un prestito per l’alloggio. Col suo ricorso presso l’ Alta Corte per Reati Amministrativi aveva incluso inoltre, una lettera dalla sua banca in cui la banca aveva confermato le sue dichiarazioni riguardo l’origine ed il fine dei soldi.
28. Il richiedente ammise di non aver dichiarato i soldi alle dogane ed accettò che lei doveva essere multata per questo . Non c’era stata comunque, nessuna ragione valida di confiscarle l’importo intero di DEM 20,000. Lei era divorziata , era madre di due figli, una lavoratrice semi-qualificata con beni modesti e salario ottenuto come “lavoratore ospite” (Gastarbeiter) in Germania su una base provvisoria, e non era ben qualificato nella legge. A causa di una malattia professionale causata dal lavorare nell’industria chimica, era stata spesso in congedo per malattia durante cui aveva ricevuto una retribuzione mensile di solamente DEM 2,000. Perciò, l’importo confiscato -con cui intendeva comprarsi un appartamento nella Repubblica Federale dell’Iugoslavia dove poter vivere dopo il suo pensionamento-aveva rappresentato una “ vera fortuna” per lei.
29. L’imposizione della misura di sequestro era stata anche completamente non autorizzata in prospettiva del fatto che fosse ovvio che il richiedente non aveva commesso il reato amministrativo in oggetto volontariamente ma solamente per negligenza.
30. Comunque, a dispetto di tutte queste considerazioni, le autorità nazionali avevano trattato, e infine punito, il richiedente come un noto criminale ed un contrabbandiere pericoloso che obiettivamente lei non era. Loro non erano riusciti perciò a prevedere il giusto equilibrio richiesto fra l’interesse generale della comunità ed il suo diritto di proprietà.
2. La valutazione della Corte
31. La Corte reitera che l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 garantisce in sostanza il diritto di proprietà e comprende tre articoli distinti. Il primo che è espresso nella prima frase del primo paragrafo e che è di natura generale, stabilisce il principio del pacifico godimento della proprietà. Il secondo articolo, nella seconda frase dello stesso paragrafo copre la privazione di proprietà e la rende soggetta a certe condizioni. Il terzo, contenuto nel secondo paragrafo riconosce che agli Stati Contraenti viene concesso, fra le altre cose, di controllare l’uso di proprietà in conformità con l’interesse generale. Il secondo e il terzo articolo concernenti particolari esempi di interferenza col diritto al pacifico godimento della proprietà saranno costruiti alla luce del principio generale stabilito nel primo articolo (vedere, fra le altre autorità, Draon c. Francia [GC], n. 1513/03, § 69 6 ottobre 2005).
32. La “ proprietà” in questione nella presente causa un importo di soldi che era in marchi tedeschi fu confiscato dal richiedente con una decisione delle autorità amministrative, successivamente sostenuta dalle autorità giudiziali. Non è contestato fra le parti che il sequestro costituì un’interferenza col diritto del richiedente alla proprietà, e che l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 è perciò applicabile. Rimane da determinare se la misura era coperta dal primo o secondo paragrafo di quell’Articolo.
33. La Corte reitera il suo approccio coerente che una misura di sequestro, anche se comporta una privazione di proprietà, ciononostante costituisce un controllo dell’uso di proprietà all’interno del significato del secondo paragrafo dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 (vedaere Riela ed Altri c. Italia (dec.), n. 52439/99, 4 settembre 2001; Arcuri ed Altri c. Italia (dec.), n. 52024/99, ECHR 2001-VII; C.M. c. Francia (dec.), n. 28078/95, ECHR 2001-VII; Air Canada c. Regno Unito, 5 maggio 1995, § 34 Serie A n. 316-un; ed AGOSI c. Regno Unito, 24 ottobre 1986, § 34 Serie A n. 108). Di conseguenza, considera che lo stesso approccio deve essere seguito nella causa presente.
34. La Corte nota inoltre che le parti concordavano anche che l’interferenza fosse legale, siccome il sequestro era basato sulle sezioni 74a(1) e 99a della’Atto sulla Valuta estera, preso in concomitanza con la sezione 9(1) dell’Atto sulla Prevenzione del Riciclaggio di Denaro. Inoltre, era fatto comune che l’interferenza perseguisse uno scopo legittimo nell’interesse generale, vale a dire la prevenzione del riciclaggio di denaro. La Corte non vede nessuna ragione di sostenere altrimenti.
35. Di conseguenza, la sola questione per la Corte da determinare è se c’era una relazione ragionevole della proporzionalità fra i mezzi utilizzati dalle autorità per realizzare quello scopo e la protezione del diritto del richiedente al pacifico godimento della sua proprietà. La Corte deve esaminare in particolare se l’interferenza prevedeva il giusto equilibrio richiesto fra le richieste dell’interesse generale del pubblico ed i requisiti della protezione del diritto di proprietà del richiedente, e se ha imposto un carico sproporzionato ed eccessivo su lei, con particolare riguardo alla gravità della sanzione.
36. Il reato amministrativo del quale il richiedente fu trovato colpevole consisteva nel suo insuccesso nel dichiarare DEM 20,000 in contanti che lei stava portando, alle autorità doganali. È importante notare che l’atto di portare valuta estera in contanti in Croazia non era illegale sotto la legge croata, come era espressamente concesso dalla sezione 72(1) dell’Atto sulla Valuta estera (vedere paragrafo 14 sopra). Non solo era legale importare valuta estera come tale ma anche la somma che potrebbe essere trasferita legalmente, o, come nella presente causa, portata fisicamente attraverso il confine doganale croato, non era in principio ristretta (vedere paragrafo 14 sopra). Questo elemento distingue la presente causa da cause in cui la misura di sequestro viene applicata o a beni la cui importazione era proibita (vedere AGOSI, citata sopra, riguardo ad una proibizione sull’ importazione di monete d’oro, e Bosforo Hava Yolları Turizm ve Ticaret Anonim Şirketi c. Irlanda [GC], n. 45036/98, ECHR 2005-VI riguardo all’ interdizione di un aereo iugoslavo che ricade sotto le sanzioni economiche) o a veicoli usati per il trasporto di sostanze proibite o il traffico di esseri umani (vedere Air Canada, citata sopra; C.M. c. Francia (dec.), citata sopra; e Yildirim c. Italia (dec.), n. 38602/02, ECHR 2003-IV).
37. Nei procedimenti di fronte al Ministero delle Finanze il richiedente spiegò inoltre, che lei aveva ottenuto i soldi tramite un prestito bancario in Germania al fine di comprare un appartamento nella Repubblica Federale della Iugoslavia (vedere paragrafo 10 sopra). Insieme col suo ricorso contro la decisione di prima istanza lei presentò prova documentaria in appoggio di quelle dichiarazioni che riguardavano i fatti (vedere paragrafo 11 sopra). Comunque, sembra che le autorità nazionali non si rivolsero a questa questione in particolare siccome apparentemente lo considerarono irrilevante, almeno per l’imposizione della misura di sequestro. La Corte considera perciò che l’origine legale dei soldi confiscati non era contestata. Per questo la presente causa si distingue da cause in cui la misura di sequestro si estendeva a beni che erano gli incassi di un reato penale (vedere Phillips c. Regno Unito, n. 41087/98, §§ 9-18 ECHR 2001-VII) che si riteneva fossero stati acquisito illegalmente (vedere Riela ed Arcuri, entrambe citate sopra, e Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, § 29 Serie A n. 281-a) o erano destinati all’ uso in attività illegali (vedere Butler c. Regno Unito (dec.), n. 41661/98, 27 giugno 2002).
38. La Corte nota inoltre che il richiedente non aveva una fedina penale e che lei non era stata sospettata di, o accusata di qualsiasi reato penale prima dell’incidente in questione. È vero, come indicato dal Governo che nella stessa occasione i doganieri trovarono altri beni non dichiarati nella macchina del richiedente, in particolare 61 cartoni di sigarette e per cui fu dichiarata colpevole criminalmente a questo riguardo. Comunque, per non riuscire a dichiarare i cartoni di sigarette il richiedente fu dichiarato colpevole in una forma meno seria del reato penale di evitare controlli di dogane prescritti nel paragrafo 3 della sezione 298 del Codice Penale, e non, come presentò il Governo (vedere paragrafo 25 sopra), di contrabbando, come una forma aggravata dello stesso reato previsto nei paragrafi 2 e 4 di questa sezione (vedere paragrafi 8 e 16 sopra). Il richiedente non fu dichiarato colpevole criminalmente o anche più importante, non fu perseguito per non aver dichiarato i soldi in oggetto, siccome facendo così non corrispondeva ad un reato penale ma solamente ad un reato amministrativo. Non c’è perciò nulla che suggerisca che confiscando l’importo di DEM 20,000 dal richiedente le autorità cercassero di prevenire qualsiasi attività penale, come il riciclaggio di denaro, il traffico di droga, o l’evasione dei doveri doganali. I soldi che lei ha portato erano stati ottenuti legalmente ed era lecito portare quell’ importo in Croazia dal momento che lo avesse dichiarato alle autorità doganali. Ne segue che la condotta illegale (ma non penale) che potrebbe essere attribuita a lei riguardo i soldi era la sua mancanza di dichiarazione alle dogane.
39. La Corte considera che per essere proporzionata l’interferenza dovrebbe corrispondere alla gravità della violazione, e la sanzione alla gravità del reato che si intende punire -nella presente causa l’inosservanza del requisito di dichiarazione-piuttosto che la gravità di qualsiasi violazione addotta che non è, comunque, davvero stata stabilita (come un reato di riciclaggio di denaro o evasione dei doveri doganali). La misura di sequestro in oggetto non poteva presentarsi come risarcimento materiale per danno- siccome lo Stato non aveva subito alcuna perdita come risultato dell’insuccesso del richiedente nel dichiarare i soldi -ma era deterrente e punitiva nel suo fine (confronta Bendenoun c. Francia, 24 febbraio 1994, § 47 Serie A n. 284). Nella presente causa il richiedente era già stato multato per il reato amministrativo di non aver dichiarato i soldi alle dogane. Non è stato mostrato o dibattuto in modo davvero convincente dal Governo che questa sanzione da sola non fosse sufficiente a realizzare il deterrente desiderato e l’ effetto punitivo e a prevenire violazioni future del requisito di dichiarazione. In queste circostanze, il sequestro dell’ intero importo dei soldi che avrebbero dovuto essere dichiarati, alla fine era come una sanzione supplementare, nella prospettiva della Corte, sproporzionata, in quanto impose un carico eccessivo sul richiedente.
40. C’è stata di conseguenza una violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1.
II. ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE DELLA CONVENZIONE
41. Sulla base degli stessi fatti il richiedente addotti in appoggio della sua azione di reclamo sotto l’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1, si lamentò anche sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione che i procedimenti dei reati amministrativi summenzionati erano ingiusti e che i tribunali nazionali coinvolti non erano imparziali, così come sotto l’Articolo 14 per essere stata discriminata sulla base della sua nazionalità e l’ origine etnica. Questi Articoli nella loro parte attinente si leggono come segue:
Articolo 6 § 1
“Nella determinazione di… qualsiasi accusa criminale contro qualcuno,ad ognuno viene concessa un’equa udienza… da parte di un… tribunale imparziale stabilito dalla legge.”
Articolo 14
“Il godimento dei diritti e le libertà stabiliti [dalla] Convenzione verranno garantiti senza discriminazione su qualsiasi fatto come il sesso, la razza, colore,la lingua,la religione,l’ opinione politica o altro, la cittadinanza o l’origine sociale, l’associazione con una minoranza nazionale, la proprietà, la nascita o altro status.”
42. La Corte nota che il richiedente in sostanza si lamentò del risultato dei procedimenti che, a meno che non ci fosse stata qualche arbitrarietà, non è in grado di esaminare sotto l’Articolo 6 § 1 della Convenzione. Alla luce di tutto il materiale in sua proprietà, la Corte considera, che nei procedimenti impugnati il richiedente era in grado di presentare i suoi argomenti di fronte ai tribunali che si sono rivolti a questi in decisioni che sono state debitamente ragionate e non arbitrarie. Inoltre, nessun specifico fatto o argomento che potrebbe condurre alla conclusione che i tribunali avessero mancato d’imparzialità o che i procedimenti erano stati altrimenti non equi era stato presentato dal richiedente, e la causa non sembra sollevare qualsiasi problema a quel riguardo.
43. Similmente, l’azione di reclamo del richiedente sotto l’Articolo 14 sembra non comprovata siccome lei non fornì nessun dettaglio. Non c’è nessuna prova che suggerisca che nel decidere come avevano fatto le autorità nazionali furono guidate da motivi impropri, come la nazionalità del richiedente o l’origine etnica.
44. Queste azioni di reclamo sono perciò manifestamente inammissibili sotto l’Articolo 35 § 3 come mal-fondate e devono essere respinte facendo seguito all’ Articolo 35 § 4 della Convenzione.
III. L’APPLICAZIONE DELL’ ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
45. L’Articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte costata che c’è stata una violazione della Convenzione o dei Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente riguardata permette una riparazione solamente parziale, la Corte può, se necessario, riconoscere una soddisfazione equa alla vittima.”
A. Danno
46. Il richiedente chiese EUR 10,000 riguardo il danno materiale insieme con l’interesse di mora accumulato al tasso annuale dell’ 8% a partire dal 2 gennaio 2002, data del sequestro, sino al pagamento. Lei spiegò che l’importo di EUR 10,000 corrispondeva all’importo di DEM 20,000 a lei confiscati dalle autorità croate e che il tasso di interesse era uguale al tasso convenuto nell’accordo di prestito che lei aveva concluso il 21 novembre 2001 con la sua banca in Germania. Lei rivendicò anche EUR 2,000 riguardo il danno morale.
47. Il Governo contestò queste rivendicazioni.
48. La Corte ha trovato che la somma principale chiesta dal richiedente fu confiscata a lei in violazione dell’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1. Accetta perciò la rivendicazione del richiedente riguardo il danno materiale ed assegna EUR 10,000 sotto questo capo, più qualsiasi tassa che può essere addebitabile su quell’importo.
49. Riguardo al danno morale, la Corte considera che la costatazione di violazione dell’ Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione costituisce di per sé una soddisfazione equa sufficiente nelle circostanze.
B. Costi e spese
50. Il richiedente chiese anche HRK 6,100 per i costi e spese incorsi di fronte ai tribunali nazionali e HRK 12,200 per quelli incorsi di fronte alla Corte.
51. Il Governo contestò queste rivendicazioni.
52. Secondo la giurisprudenza della Corte, ad un richiedente viene concesso il rimborso dei costi e spese solo dal momento che viene mostrato che questi siano stato sostenuti davvero e necessariamente e siano stati ragionevoli riguardo al quantum. Nella presente causa, avuto riguardo alle informazioni in sua possesso ed al criterio sopra, la Corte considera ragionevole assegnare la somma di EUR 150 per costi e spese nei procedimenti nazionali ed EUR 1,700 per i procedimenti di fronte alla Corte.
C. Interesse di mora
53. La Corte lo considera appropriato che l’interesse di mora dovrebbe essere basato sul tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea a cui si dovrebbero aggiungere tre punti percentuale.
PER QUESTE RAGIONI, LA CORTE UNANIMAMENTE
1. Dichiara l’azione di reclamo riguardo al diritto di proprietà ammissibile ed il resto della richiesta inammissibile;
2. Sostiene che c’è stata una violazione dell’Articolo 1 del Protocollo N.ro 1 alla Convenzione;
3. Sostiene
(a) che lo Stato rispondente debba pagare il richiedente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diviene definitiva in conformità con l’ Articolo 44 § 2 della Convenzione i seguenti importi:
(i) EUR 10,000 (dieci mila euro), più qualsiasi tassa che può essere a carico del richiedente, riguardo al danno materiale;
(l’ii) EUR 1,850 (mille ottocento e cinquanta euro), più qualsiasi tassa che può essere a carico del richiedente, riguardo i costi e spese;
(b) che dalla scadenza dei tre mesi summenzionati sino ad accordo l’ interesse semplice sarà pagabile sugli importi sopra ad un tasso uguale al tasso di prestito marginale della Banca Centrale europea durante il periodo predefinito più tre punti percentuale;
4. Respinge il resto della rivendicazione del richiedente per la soddisfazione equa.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 5 febbraio 2009, facendo seguito all’Articolo 77 §§ 2 e 3 degli Articoli di Corte.
Søren Nielsen Christos Rozakis
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation of P1-1 ; Remainder inadmissible ; Pecuniary damage – award

FIRST SECTION
CASE OF GABRIĆ v. CROATIA
(Application no. 9702/04)
JUDGMENT
STRASBOURG
5 February 2009
This judgment will become final in the circumstances set out in Article 44 § 2 of the Convention. It may be subject to editorial revision.

In the case of Gabrić v. Croatia,
The European Court of Human Rights (First Section), sitting as a Chamber composed of:
Christos Rozakis, President,
Nina Vajić,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, judges,
and Søren Nielsen, Section Registrar,
Having deliberated in private on 15 January 2009,
Delivers the following judgment, which was adopted on that date:
PROCEDURE
1. The case originated in an application (no. 9702/04) against the Republic of Croatia lodged with the Court under Article 34 of the Convention for the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) by a citizen of Bosnia and Herzegovina, Mrs D. G.(“the applicant”), on 9 December 2003.
2. The applicant was represented by Mrs M. T., an advocate practising in Slavonski Brod. The Croatian Government (“the Government”) were represented by their Agent, Mrs Š. Stažnik.
3. On 14 September 2006 the President of the First Section decided to communicate the complaint concerning the right of property to the Government. It was also decided to examine the merits of the application at the same time as its admissibility (Article 29 § 3).
4. The Government of Bosnia and Herzegovina, having been informed of their right to intervene (Article 36 § 1 of the Convention and Rule 44 § 2 (a) of the Rules of Court), did not avail themselves of this right.
THE FACTS
I. THE CIRCUMSTANCES OF THE CASE
5. The applicant, who is of Serbian origin, was born in 1952 and lives in Pforzheim (Germany).
6. On 2 January 2002, at around 8.35 p.m., the applicant, on her way to Germany, was crossing the border between Bosnia and Herzegovina and Croatia at Slavonski Brod. She was stopped by the Croatian customs officers, who first searched her car and found undeclared goods hidden in its luggage compartment. In particular, in the place for the spare wheel the officers found 61 cartons of cigarettes of various brands and 9.5 kg of coffee.
7. The customs officers then searched the applicant and found 30,500 German marks (DEM), which she had also failed to declare under section 74a(1) of the Foreign Currency Act and section 9(2) of the Prevention of Money Laundering Act (see paragraphs 14 and 15 below). They seized DEM 20,000 while allowing the applicant to keep the remaining DEM 10,500 as that amount roughly corresponded to 40,000 Croatian kunas (HRK), the sum she was not required to declare pursuant to the above-mentioned legislation. The report drafted on the spot indicates that the applicant informed the customs officers that she had obtained the money through a bank loan in Germany and had been carrying it back there.
A. Criminal proceedings instituted against the applicant
8. On 3 January 2002 the Slavonski Brod Municipal State Attorney’s Office indicted the applicant before the Slavonski Brod Municipal Court for the criminal offence of avoiding customs controls, prescribed in section 298(3) of the Criminal Code, accusing her of not having declared 61 cartons of cigarettes. On 4 January 2002 the court found the applicant guilty as charged and sentenced her to six months’ imprisonment but suspended the sentence (uvjetna osuda) for a period of two years provided that in that period she did not commit a further offence. The court also ordered the confiscation (oduzimanje predmeta) of 61 cartons of cigarettes as a security measure (sigurnosna mjera). As the applicant waived her right to appeal, the judgment immediately became final.
B. Administrative offences proceedings instituted against the applicant
9. On 3 January 2002 the customs authorities instituted administrative offences proceedings (prekršajni postupak) against the applicant before the Foreign Currency Inspectorate of the Ministry of Finance (Ministarstvo financija, Devizni inspektorat – “the Ministry”).
10. On 21 March 2002 the Ministry found the applicant guilty of having committed an administrative offence and fined her HRK 6,000. At the same time, the Ministry imposed a protective measure (zaštitna mjera) confiscating DEM 20,000 pursuant to section 99a(2) of the Foreign Currency Act. In so deciding it held as follows:
“In her written defence the accused admitted that she had not declared the money when entering the Republic of Croatia because she had not known that she was required to do so. She submitted that she had taken out a loan from her bank in Germany and that she had been bringing the money to Yugoslavia in order to buy a flat. Since she had not found the flat to her liking she had decided to wait for a while until she found something [more] favourable. …
… She submitted that she had not been aware that she had to declare the money at the customs. She is asking that the seized money be returned to her because she needs it for the purchase of a flat, and if she does not buy a flat she has to return the money to the bank.

[The Ministry] could not accept the defence of the accused that she had not known that she had to declare foreign currency to the customs authorities, considering that this argument could not constitute a ground for exonerating her from … liability. …
In the determination of the amount of the fine, the personal situation of the accused was taken into account, namely the fact that she is divorced and a mother of two children, as well as her financial situation, namely that she is earning EUR 1,200 per month and owns a construction lot. [The Ministry] considered as a mitigating circumstance the fact that the accused had confessed.
The decision to impose the protective measure of confiscating the object of the offence in the amount of DEM 20,000 was rendered on the basis of section 99a of the Foreign Currency Act, which provides that objects of an offence are to be confiscated in favour of the State Budget of the Republic of Croatia. Having assessed the motives of the offence and the circumstances in which it had been committed, [the Ministry] found no particularly justified reasons for not imposing the protective measure, or for imposing the protective measure of partial confiscation of the objects of the offence, because the confession of the accused was the only mitigating circumstance in this case, which in itself (without any other particularly mitigating circumstances) is not sufficient for a decision to return the temporarily seized money, as the object of the offence.”
11. The Ministry’s decision was served on the applicant on 24 May 2002, after which she appealed against it. Together with the appeal she submitted a letter from her bank in Germany, dated 27 May 2002, confirming that according to the loan agreement of 21 November 2001, she had received a loan of DEM 38,334.27 for the purposes of buying a flat in the Federal Republic of Yugoslavia.
12. On 19 June 2002 the High Court for Administrative Offences (Visoki prekršajni sud Republike Hrvatske) dismissed the applicant’s appeal and upheld the Ministry’s decision, endorsing the reasons given therein. The decision was served on the applicant on 2 September 2002.
13. The applicant then lodged a constitutional complaint, alleging, inter alia, a violation of her constitutionally protected right of property. On 21 May 2003 the Constitutional Court (Ustavni sud Republike Hrvatske) dismissed her complaint, finding no violation of any of the constitutional rights relied on, and served its decision on the applicant on 9 June 2003.
II. RELEVANT DOMESTIC LAW
14. The relevant part of the Foreign Currency Act (Zakon o osnovama deviznog sustava, deviznog poslovanja i prometu zlata, Official Gazette nos. 91A/93, 36/98 and 32/01), in force at the material time, in so far as relevant, read as follows:
Section 72(1)
“Foreign currency and securities in foreign currency may be freely brought into the Republic of Croatia.”
Section 74a(1)
“All Croatian and foreign natural persons crossing the State border are required to declare to the competent customs officer any … cash or cheques in domestic or foreign currency of the value prescribed by the statute regulating prevention of money laundering.”
Section 97a
“A fine of at least 5,000.00 kunas for an administrative offence shall be imposed on any Croatian or foreign natural person … who attempts to take or takes across the State border cash or cheques of the value referred to in section 74a of this Act, without declaring them to the competent customs officer.”
Section 99a
“(1) The competent customs officer shall temporarily seize cash and cheques in domestic or foreign currency taken across the State border in contravention of section 74a of this Act …, and shall also, along with making an administrative offence complaint, pay that amount without delay into the special account of the Foreign Currency Inspectorate of the Ministry of Finance of the Republic of Croatia.
(2) The cash and cheques which are the objects of the administrative offence referred to in section 97a of this Act shall be confiscated by virtue of the decision on the administrative offence, in favour of the State Budget of the Republic of Croatia.
(3) …
(4) Exceptionally, in particularly justified situations in which special mitigating circumstances exist, the authority deciding on the administrative offence may decide that the cash and cheques which are the objects of the administrative offence referred to in paragraphs 1 and 2 of this section shall not be confiscated or shall be confiscated only in part.”
15. Section 9(1) of the Prevention of Money Laundering Act (Zakon o sprječavanju pranja novca, Official Gazette nos. 69/97, 106/97 (corrigendum), 67/01 and 114/01), as in force at the material time, read as follows:
“Customs [authorities]… shall inform the Office [for the Prevention of Money Laundering] of any legal transfer or attempted illegal transfer across the State border of cash or cheques in domestic or foreign currency of the value of 40,000 kunas or more, within the period of three days of finding out about such transfer or attempt of illegal transfer.”
16. Section 298 of the Criminal Code (Kazneni zakon, Official Gazette nos. 110/97, 27/98 (corrigendum), 129/00 and 51/01), as in force at the material time, read as follows:
Avoiding customs controls
Section 298
“(1) Anyone who carries a large quantity of goods or objects of great value across the customs border, avoiding customs controls, shall be punished by a fine or by imprisonment not exceeding three years.
(2) Anyone who organises a group or individuals for the perpetration of the criminal offence referred to in paragraph 1 of this section, or a network of resellers or middlemen for the sale of goods not cleared by customs, shall be punished by imprisonment from six months to five years.
(3) The same penalty as referred to in paragraph 1 of this section shall be imposed on anyone who carries across the customs border, avoiding customs controls, goods whose production or distribution is restricted or prohibited.
(4) Anyone who organises a group or individuals for the perpetration of the criminal offence referred to in paragraph 3 of this section shall be punished by imprisonment from one to eight years.
(5) An attempt to commit a criminal offence referred to in paragraphs 1 to 3 of this section shall be punishable.
(6) Goods that are the object of the criminal offence referred to in paragraph 1 of this section shall be confiscated.”
THE LAW
I. ALLEGED VIOLATION OF ARTICLE 1 OF PROTOCOL No. 1 TO THE CONVENTION
17. The applicant complained that that the decision of the domestic authorities in the administrative offences proceedings to both fine her and confiscate DEM 20,000 from her for having failed to declare that sum at the customs had been excessive and thus violated her right of property. She relied on Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention, which reads as follows:
“Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties.”
18. The Government contested that argument.
A. Admissibility
19. The Court notes that this complaint is not manifestly ill-founded within the meaning of Article 35 § 3 of the Convention. It further notes that it is not inadmissible on any other grounds. It must therefore be declared admissible.
B. Merits
1. The arguments of the parties
(a) The Government
20. The Government admitted that there had been an interference with the applicant’s right of property when the domestic authorities had confiscated DEM 20,000 from her. However, the interference had been lawful and had pursued a legitimate aim. The confiscation as a sanction for the administrative offence in question had been prescribed by section 99a(2) of the Foreign Currency Act (see paragraph 14 above), and had been a measure aimed at combating money laundering.
21. At the outset, the Government emphasised that money laundering was a particularly dangerous form of crime, and had been identified as such not only at national, but also at international level. For example, many international instruments of the European Union were devoted to the fight against money laundering.
22. As to proportionality, the Government first explained that the sanction for the administrative offence of which the applicant had been found guilty, and which involved a breach of anti-money-laundering regulations, consisted of two elements: (a) imposition of a fine, and (b) mandatory confiscation of the money which was the object of the offence. When assessing the proportionality of the sanction, the competent domestic authorities took into account both of these elements. In the applicant’s case, mitigating circumstances had been taken into account when imposing the fine. However, they had not been of such a character to justify the exception to the obligation to confiscate the undeclared amount of money.
23. Secondly, the Government submitted that the domestic authorities had interpreted the relevant provisions on confiscation of money as a sanction for breaches of anti-money-laundering regulations restrictively, but consistently. That interpretation was, in the Government’s view, within the “margin of appreciation” left to the domestic authorities. Owing to this consistency in interpretation, the sanction imposed on the applicant lacked arbitrariness, and the present case was therefore to be distinguished from the case of Baklanov v. Russia (no. 68443/01, 9 June 2005), where the Court had condemned inconsistencies in the interpretation of similar provisions.
24. Thirdly, the Government argued that the applicant should have been aware that the transfer of a considerable amount of cash across the border was subject to certain restrictions provided for by law. Therefore, she could have reasonably been expected to make some enquiries into this matter before setting out on a journey. The facts presented in the domestic proceedings did not indicate that her alleged ignorance had been in any way justified.
25. Fourthly, the Government did not wish to speculate on the actual purpose of the money confiscated from the applicant but nevertheless stressed, in abstract terms, that the mere fact that the money came from legitimate sources did not necessarily mean that it was intended for legitimate purposes (in this connection they cited, as an example, Article 5 of the Council of Europe Convention on Laundering, Search, Seizure and Confiscation of the Proceeds from Crime and on the Financing of Terrorism (CETS no. 198), which specifically referred to the seizure of property acquired from legitimate sources which had been intermingled with property derived from proceeds of crime). In the Government’s submission, the circumstances of the present case indicated that the money in question had been intended for suspicious purposes. They noted in this connection that the overall circumstances in which the administrative offence had been committed were not mitigating for the applicant: apart from carrying a large sum of money in cash, she had been found to be smuggling a large quantity of cigarettes and coffee. As section 99a(4) of the Foreign Currency Act (see paragraph 14 above) referred to particularly justified cases and particularly mitigating circumstances, it was obvious that these requirements had not been satisfied in the applicant’s case. This did not mean that the applicant’s arguments had not been taken into account; in the given circumstances they had simply been insufficient to justify the application of section 99a(4) of the Foreign Currency Act.
26. In view of the foregoing, the Government submitted that there had been no breach of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention in the applicant’s case.
(b) The applicant
27. The applicant pointed out that immediately after the customs officers had detected the money she had been carrying, she had informed them of its origin and purpose and had produced original documents from her bank in Germany proving that the money had been obtained through a housing loan. Furthermore, with her appeal to the High Court for Administrative Offences she had enclosed a letter from her bank, in which the bank had confirmed her statements as regards the origin and the purpose of the money.
28. The applicant admitted that she had failed to declare the money at the customs and accepted that she had to be fined on that account. However, there had been no valid reason to confiscate from her the entire amount of DEM 20,000. She was divorced, a mother of two children, a semi-qualified worker with modest assets and salary who was employed as a “guest worker” (Gastarbeiter) in Germany on a temporary basis, and was not well versed in the law. Owing to an occupational disease from working in the chemical industry, she had often been on sick-leave, during which she had received a monthly allowance of only DEM 2,000. Therefore, the confiscated amount – with which she had intended to buy herself a flat in the Federal Republic of Yugoslavia where she could live after her retirement – had represented a “real fortune” for her.
29. The imposition of the confiscation measure had also been completely unwarranted in view of the fact that it had been obvious that the applicant had not committed the administrative offence in question wilfully but only with negligence.
30. However, irrespective of all these considerations, the domestic authorities had treated, and eventually punished, the applicant as a notorious criminal and a dangerous smuggler, which objectively she was not. They had therefore failed to strike the requisite fair balance between the general interest of the community and her right of property.
2. The Court’s assessment
31. The Court reiterates that Article 1 of Protocol No. 1 guarantees in substance the right of property and comprises three distinct rules. The first, which is expressed in the first sentence of the first paragraph and is of a general nature, lays down the principle of peaceful enjoyment of possessions. The second rule, in the second sentence of the same paragraph, covers deprivation of possessions and makes it subject to certain conditions. The third, contained in the second paragraph, recognises that the Contracting States are entitled, amongst other things, to control the use of property in accordance with the general interest. The second and third rules, which are concerned with particular instances of interference with the right to peaceful enjoyment of property, are to be construed in the light of the general principle laid down in the first rule (see, among other authorities, Draon v. France [GC], no. 1513/03, § 69, 6 October 2005).
32. The “possession” at issue in the present case was an amount of money in German marks which was confiscated from the applicant by a decision of the administrative authorities, subsequently upheld by the judicial authorities. It is not disputed between the parties that the confiscation constituted interference with the applicant’s right of property, and that Article 1 of Protocol No. 1 is therefore applicable. It remains to be determined whether the measure was covered by the first or second paragraph of that Article.
33. The Court reiterates its consistent approach that a confiscation measure, even though it does involve a deprivation of possessions, nevertheless constitutes control of the use of property within the meaning of the second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 (see Riela and Others v. Italy (dec.), no. 52439/99, 4 September 2001; Arcuri and Others v. Italy (dec.), no. 52024/99, ECHR 2001-VII; C.M. v. France (dec.), no. 28078/95, ECHR 2001-VII; Air Canada v. the United Kingdom, 5 May 1995, § 34, Series A no. 316-A; and AGOSI v. the United Kingdom, 24 October 1986, § 34, Series A no. 108). Accordingly, it considers that the same approach must be followed in the present case.
34. The Court further notes that the parties were also in agreement that the interference was lawful, as the confiscation was based on sections 74a(1) and 99a of the Foreign Currency Act, taken in conjunction with section 9(1) of the Prevention of Money Laundering Act. Furthermore, it was common ground that the interference pursued a legitimate aim in the general interest, namely the prevention of money laundering. The Court sees no reason to hold otherwise.
35. Accordingly, the only question for the Court to determine is whether there was a reasonable relationship of proportionality between the means employed by the authorities to achieve that aim and the protection of the applicant’s right to the peaceful enjoyment of her possessions. The Court must examine in particular whether the interference struck the requisite fair balance between the demands of the general interest of the public and the requirements of the protection of the applicant’s right of property, and whether it imposed a disproportionate and excessive burden on her, regard being had in particular to the severity of the sanction.
36. The administrative offence of which the applicant was found guilty consisted of her failure to declare DEM 20,000 in cash, which she was carrying, to the customs authorities. It is important to note that the act of bringing foreign currency in cash into Croatia was not illegal under Croatian law, as it was expressly allowed by section 72(1) of the Foreign Currency Act (see paragraph 14 above). Not only was it lawful to import foreign currency as such but also the sum which could be legally transferred, or, as in the present case, physically carried across the Croatian customs border, was not in principle restricted (see paragraph 14 above). This element distinguishes the instant case from cases in which the confiscation measure applied either to goods whose importation was prohibited (see AGOSI, cited above, concerning a ban on importing gold coins, and Bosphorus Hava Yolları Turizm ve Ticaret Anonim Şirketi v. Ireland [GC], no. 45036/98, ECHR 2005-VI, concerning the banning of Yugoslav aircraft falling under the sanctions regime) or vehicles used for transporting prohibited substances or trafficking in human beings (see Air Canada, cited above; C.M. v. France (dec.), cited above; and Yildirim v. Italy (dec.), no. 38602/02, ECHR 2003-IV).
37. Furthermore, in the proceedings before the Ministry of Finance the applicant explained that she had obtained the money through a bank loan in Germany for the purposes of buying a flat in the Federal Republic of Yugoslavia (see paragraph 10 above). Together with her appeal against the first-instance decision she submitted documentary evidence in support of those factual allegations (see paragraph 11 above). However, it seems that the domestic authorities did not address that issue in particular as they apparently considered it irrelevant, at least for the imposition of the confiscation measure. The Court therefore considers that the lawful origin of the confiscated cash was not contested. On that ground it distinguishes the present case from cases in which the confiscation measure extended to assets which were the proceeds of a criminal offence (see Phillips v. the United Kingdom, no. 41087/98, §§ 9-18, ECHR 2001-VII), which were deemed to have been unlawfully acquired (see Riela and Arcuri, both cited above, and Raimondo v. Italy, 22 February 1994, § 29, Series A no. 281-A) or were intended for use in illegal activities (see Butler v. the United Kingdom (dec.), no. 41661/98, 27 June 2002).
38. The Court further notes that the applicant did not have a criminal record and that she had not been suspected of, or charged with, any criminal offence prior to the incident at issue. It is true, as pointed out by the Government, that on the same occasion the customs officers found other undeclared goods in the applicant’s car, in particular 61 cartons of cigarettes, and that she was criminally convicted on that account. However, for failing to declare the cartons of cigarettes the applicant was convicted of a less serious form of the criminal offence of avoiding customs controls prescribed in paragraph 3 of section 298 of the Criminal Code, and not, as the Government submitted (see paragraph 25 above), of smuggling, as an aggravated form of the same offence prescribed in paragraphs 2 and 4 of that section (see paragraphs 8 and 16 above). More importantly, the applicant was not criminally convicted or even prosecuted for failing to declare the money in question, as doing so did not amount to a criminal offence but only to an administrative offence. Therefore, there is nothing to suggest that by confiscating the amount of DEM 20,000 from the applicant the authorities sought to forestall any criminal activities, such as money laundering, drug trafficking, or evasion of customs duties. The money she carried had been lawfully obtained and it was permissible to bring that amount into Croatia as long as she declared it to the customs authorities. It follows that the illegal (but not criminal) conduct which could be attributed to her in respect of the money was her failure to declare it at the customs.
39. The Court considers that, in order to be proportionate, the interference should correspond to the severity of the infringement, and the sanction to the gravity of the offence it is designed to punish – in the instant case the failure to comply with the declaration requirement – rather than to the gravity of any presumed infringement which has not, however, actually been established (such as an offence of money laundering or evasion of customs duties). The confiscation measure in question was not intended as pecuniary compensation for damage – as the State had not suffered any loss as a result of the applicant’s failure to declare the money – but was deterrent and punitive in its purpose (compare Bendenoun v. France, 24 February 1994, § 47, Series A no. 284). In the instant case the applicant had already been fined for the administrative offence of failing to declare the money at the customs. It has not been convincingly shown or indeed argued by the Government that that sanction alone was not sufficient to achieve the desired deterrent and punitive effect and prevent future breaches of the declaration requirement. In these circumstances, the confiscation of the entire amount of the money that should have been declared, as an additional sanction to the fine was, in the Court’s view, disproportionate, in that it imposed an excessive burden on the applicant.
40. There has accordingly been a violation of Article 1 of Protocol No. 1.
II. OTHER ALLEGED VIOLATIONS OF THE CONVENTION
41. On the basis of the same facts the applicant adduced in support of her complaint under Article 1 of Protocol No. 1, she also complained under Article 6 § 1 of the Convention that the above-mentioned administrative offences proceedings were unfair and that the domestic courts involved were not impartial, as well as under Article 14 that she had been discriminated against on the basis of her nationality and ethnic origin. Those Articles in their relevant part read as follows:
Article 6 § 1
“In the determination of … any criminal charge against him, everyone is entitled to a fair … hearing … by an … impartial tribunal established by law.”
Article 14
“The enjoyment of the rights and freedoms set forth in [the] Convention shall be secured without discrimination on any ground such as sex, race, colour, language, religion, political or other opinion, national or social origin, association with a national minority, property, birth or other status.”
42. The Court notes that the applicant in substance complained about the outcome of the proceedings, which, unless there was any arbitrariness, it is unable to examine under Article 6 § 1 of the Convention. In the light of all the material in its possession, the Court considers that in the impugned proceedings the applicant was able to submit her arguments before the courts, which addressed them in decisions that were duly reasoned and not arbitrary. Moreover, no specific facts or arguments which could lead to the conclusion that the courts had lacked impartiality or that the proceedings had otherwise been unfair were put forward by the applicant, and the case does not appear to raise any issue in that respect.
43. Likewise, the applicant’s complaint under Article 14 appears unsubstantiated as she provided no details whatsoever. There is no evidence to suggest that in deciding as they did the domestic authorities were guided by improper motives, such as the applicant’s nationality or ethnic origin.
44. These complaints are therefore inadmissible under Article 35 § 3 as manifestly ill-founded and must be rejected pursuant to Article 35 § 4 of the Convention.
III. APPLICATION OF ARTICLE 41 OF THE CONVENTION
45. Article 41 of the Convention provides:
“If the Court finds that there has been a violation of the Convention or the Protocols thereto, and if the internal law of the High Contracting Party concerned allows only partial reparation to be made, the Court shall, if necessary, afford just satisfaction to the injured party.”
A. Damage
46. The applicant claimed EUR 10,000 in respect of pecuniary damage together with the accrued default interest at the annual rate of 8% running from 2 January 2002, the date of the confiscation, until payment. She explained that the amount of EUR 10,000 corresponded to the amount of DEM 20,000 confiscated from her by the Croatian authorities and that the interest rate was equal to the rate stipulated in the loan agreement she had concluded on 21 November 2001 with her bank in Germany. She also claimed EUR 2,000 in respect of non-pecuniary damage.
47. The Government contested these claims.
48. The Court has found that the principal sum claimed by the applicant was confiscated from her in breach of Article 1 of Protocol No. 1. It therefore accepts the applicant’s claim in respect of pecuniary damage and awards her EUR 10,000 under this head, plus any tax that may be chargeable on that amount.
49. As regards non-pecuniary damage, the Court considers that finding of a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention constitutes in itself sufficient just satisfaction in the circumstances.
B. Costs and expenses
50. The applicant also claimed HRK 6,100 for the costs and expenses incurred before the domestic courts and HRK 12,200 for those incurred before the Court.
51. The Government contested these claims.
52. According to the Court’s case-law, an applicant is entitled to the reimbursement of costs and expenses only in so far as it has been shown that these have been actually and necessarily incurred and were reasonable as to quantum. In the present case, regard being had to the information in its possession and the above criteria, the Court considers it reasonable to award the sum of EUR 150 for costs and expenses in the domestic proceedings and EUR 1,700 for the proceedings before the Court.
C. Default interest
53. The Court considers it appropriate that the default interest should be based on the marginal lending rate of the European Central Bank, to which should be added three percentage points.
FOR THESE REASONS, THE COURT UNANIMOUSLY
1. Declares the complaint concerning the right of property admissible and the remainder of the application inadmissible;
2. Holds that there has been a violation of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention;
3. Holds
(a) that the respondent State is to pay the applicant, within three months from the date on which the judgment becomes final in accordance with Article 44 § 2 of the Convention, the following amounts:
(i) EUR 10,000 (ten thousand euros), plus any tax that may be chargeable to the applicant, in respect of pecuniary damage;
(ii) EUR 1,850 (one thousand eight hundred and fifty euros), plus any tax that may be chargeable to the applicant, in respect of costs and expenses;
(b) that from the expiry of the above-mentioned three months until settlement simple interest shall be payable on the above amounts at a rate equal to the marginal lending rate of the European Central Bank during the default period plus three percentage points;
4. Dismisses the remainder of the applicant’s claim for just satisfaction.
Done in English, and notified in writing on 5 February 2009, pursuant to Rule 77 §§ 2 and 3 of the Rules of Court.
Søren Nielsen Christos Rozakis
Registrar President

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