SEZIONE DI APERTURA
CASO DI CHATZIGIANNAKOU v. GRECIA
(domanda n. 58774/12)
STOP
STRASBURGO
18 luglio 2019
DEFINITIVO
18/10/2019
Questa sentenza ? diventata definitiva ai sensi dell’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? essere soggetto a modifiche editoriali.
Nel caso di Chatzigiannakou contro la Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), che si riunisce in una sezione composta da :
Ksenija Turkovi?, Presidente,
Krzysztof Wojtyczek,
Linos-Alexander Sicilianos,
Ale? Pejchal,
Armen Harutyunyan,
Pauliine Koskelo,
Tim Eicke, giudici,
e Abel Campos, impiegato della sezione,
Dopo la delibera in Aula del Consiglio del 25 giugno 2019,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA
1. La causa ha avuto origine da un ricorso (n. 58774/12) contro la Repubblica ellenica proposto dinanzi alla Corte il 6 settembre 2012 da una cittadina di tale Stato, la sig.ra Maria-Aggeliki Chatzigiannakou (“la ricorrente”), ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. La ricorrente era rappresentata dal sig. Liappa, avvocato ad Atene. Il Governo greco (“il Governo”) era rappresentato dal delegato del suo agente, la sig.ra G. Papadaki, Assessore al Consiglio giuridico dello Stato.
3. La ricorrente deduce, in particolare, una violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1.
4. Il 25 settembre 2017 la domanda ? stata comunicata al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO
5. La ricorrente ? nata nel 1982 e risiede a Uppsala (Svezia).
6. La ricorrente ? proprietaria di una casa a due piani nel quartiere Kato Patissia di Atene, che ha acquistato dalla madre e dalla nonna con atto notarile nel 2009.
7. Nel settembre 2000, una societ? ha iniziato la costruzione di un edificio a pi? piani sul terreno adiacente alla casa del richiedente.
8. In due occasioni, nel 2001, la madre del richiedente ha invitato il Dipartimento di pianificazione urbanistica del Comune di Atene a verificare alcuni elementi del nuovo edificio in relazione alle norme antisismiche. Dopo aver effettuato un’ispezione e aver riscontrato alcune carenze, tale dipartimento ha chiesto al Dipartimento degli Edifici Illegali e Pericolosi di ordinare la cessazione dei lavori e di imporre sanzioni all’azienda.
9.Il 31 ottobre 2001 il Segretario Generale della Regione Attica ha deciso di sottoporre il cantiere alle disposizioni del Decreto del 13 aprile 1929 sui cantieri pericolosi e ha concesso all’impresa 60 giorni per l’adeguamento del cantiere alle norme antisismiche. Su richiesta della societ?, ha prorogato il suddetto termine di ulteriori sessanta giorni. Il 24 aprile 2002, il Dipartimento degli Edifici Illegali e Pericolosi ha constatato che la societ? non aveva svolto i lavori necessari. Nel frattempo, i lavori sul cantiere sono proseguiti ininterrottamente.
10. Il 24 maggio 2002 il Ministero dell’Ambiente, dell’Assetto Territoriale e dei Lavori Pubblici ha richiamato l’attenzione dell’Assessorato all’Urbanistica del Comune di Atene sulla necessit? di interrompere i lavori se la societ? si rifiutava di ottemperare alla decisione del Segretario Generale.
11. L’8 luglio 2002, la commissione per le obiezioni del comune di Atene ha accettato le obiezioni sollevate dalla societ? che ha costruito l’edificio e ha concluso che la societ? aveva effettuato i lavori necessari e quindi rispettava i requisiti della nuova licenza edilizia.
12. Considerando che i lavori di sicurezza non erano ancora stati effettuati, il 27 settembre 2002 la madre della ricorrente ha invitato il Segretario Generale della Regione Attica ad adottare tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla decisione del 31 ottobre 2001, ovvero l’evacuazione obbligatoria degli appartamenti dell’edificio e l’immediata demolizione delle parti pericolose dell’edificio.
13. Il 1o ottobre 2002 la madre della ricorrente ha presentato un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte d’appello amministrativa di Atene contro la citata decisione 8 luglio 2002, con la quale la commissione per gli addebiti del Consiglio comunale di Atene aveva accolto l’obiezione della societ? e concluso che la societ? aveva svolto i lavori necessari. Con sentenza del 23 giugno 2004 la Corte Amministrativa d’Appello ha accolto il ricorso e ha annullato la suddetta decisione. La sentenza ha inoltre chiarito che l’unica autorit? competente a decidere se le norme antisismiche contenute nella nuova licenza edilizia sono state rispettate ? il Dipartimento di pianificazione regionale di Atene e non il Consiglio comunale di Atene.
14. In un documento redatto il 24 dicembre 2002 dall’Assessorato all’Urbanistica della Regione Attica, il Dipartimento ha rilevato che la decisione del 31 ottobre 2001 del Segretario Generale della Regione Attica era definitiva, ma non era ancora stata attuata nonostante fossero scaduti i termini previsti per l’impresa costruttrice proprietaria dell’edificio.
15. Il 28 gennaio 2003 la madre della ricorrente ha presentato al Consiglio di Stato un ricorso per l’annullamento del tacito rigetto della sua domanda del 27 settembre 2002 da parte del Segretario generale della Regione Attica.
16. Il Segretario Generale della Regione Attica ha dichiarato davanti al Consiglio di Stato che l’esecuzione della sua decisione del 31 ottobre 2001 ? di competenza del commissariato di polizia in collaborazione con il servizio urbanistico.
17. Il 21 luglio 2010 la denunciante, che nel frattempo era diventata proprietaria della casa (cfr. paragrafo 6), ha preso il posto della madre nel procedimento dinanzi al Consiglio di Stato.
18. Con sentenza n. 899/2012 del 7 marzo 2012, il Consiglio di Stato ha dichiarato irricevibile il ricorso di annullamento. Ha rilevato che, nella sua relazione del 24 dicembre 2002, la Regione Attica ha dichiarato che la decisione del suo Segretario Generale del 31 ottobre 2001 era definitiva e ancora in vigore, ma che non era stata attuata nonostante i termini fissati per i proprietari dell’edificio in costruzione fossero scaduti. Ha rilevato che l’amministrazione ha sollevato la questione della pericolosit? dell’edificio in costruzione e ha raccomandato misure per eliminare il pericolo mediante l’emanazione di un atto amministrativo esecutivo.
19. Tuttavia, egli ha ritenuto che la mancata demolizione delle parti pericolose dell’edificio da parte dell’amministrazione costituisse un’omissione di adottare misure concrete per attuare la decisione del Segretario generale della Regione Attica del 31 ottobre 2001 e, come tale, non ? stata oggetto di un ricorso di annullamento.
20. Uno dei consiglieri del Consiglio di Stato ha espresso un parere a parte. Secondo lui, l’amministrazione aveva omesso di redigere un atto amministrativo esecutivo che, da un lato, avrebbe stabilito il rifiuto dell’impresa di conformarsi alla decisione del Segretario generale della Regione Attica che ordinava i lavori di sicurezza e, dall’altro, avrebbe ordinato l’evacuazione dell’edificio e/o la demolizione delle parti pericolose dello stesso.
II. LA LEGISLAZIONE E LA PRASSI NAZIONALE IN MATERIA
21. L’art. 425 del Codice della legislazione urbanistica prevede che l’assessorato all’urbanistica competente in materia di rischio, a seguito di una denuncia, di una richiesta, di un avviso di polizia o d’ufficio, effettui un sopralluogo per accertare l’esistenza del rischio e rediga una relazione. Il rapporto deve descrivere in dettaglio l’edificio ispezionato e specificare il tipo e l’entit? del rischio, nonch? le misure da adottare per eliminare il rischio. Il rapporto deve inoltre indicare se ? necessario o meno evacuare gli appartamenti per applicare le misure raccomandate, fissare il termine entro il quale tali misure devono essere applicate e decidere sull’opportunit? di demolire alcune parti dove non ? possibile il restauro. Per eliminare il rischio, ? preferibile raccomandare misure morbide, come riparazioni, rinforzi, aggiunte, ecc. e ordinare la demolizione solo come ultima risorsa. Il proprietario ha l’obbligo di attuare le misure raccomandate nel rapporto di ispezione tempestivamente ed entro il termine stabilito.
22. L’articolo 425 ? 4 dello stesso codice prevede che quando il proprietario dell’edificio pericoloso non adotta le misure raccomandate nel rapporto di ispezione entro il termine prescritto, il dipartimento di pianificazione urbanistica elimina il rischio imponendo l’evacuazione degli appartamenti pericolosi e il loro non utilizzo fino a quando il proprietario non procede definitivamente all’eliminazione del rischio. Se il mancato utilizzo non ? considerato una misura sufficiente per l’eliminazione del rischio, il servizio di urbanistica proceder? alla demolizione delle parti pericolose dell’edificio.
23. L’articolo 426 dello stesso codice prevede la redazione di un rapporto di ispezione riveduto da parte del servizio di pianificazione urbanistica nel caso in cui siano state sollevate obiezioni contro il rapporto di ispezione iniziale.
24. Nella sentenza n. 899/2012 emessa nella presente causa, il Consiglio di Stato ha sottolineato che dalle pertinenti disposizioni del Codice della Legislazione Urbanistica consegue che, in caso di inosservanza delle misure antisismiche durante la costruzione di un edificio e di pericolo per un edificio limitrofo, l’Assessorato all’Urbanistica redige una relazione in cui indica il tipo di pericolo e le opportune misure da adottare per eliminare il pericolo, che non pu? essere altro che la demolizione della parte pericolosa dell’edificio. Se il proprietario dell’edificio non esegue in tempo i lavori indicati nel rapporto, il servizio urbanistico procede a “rimuovere il pericolo” senza ulteriori formalit?. Nel redigere il suo rapporto, l’amministrazione risolve poi – con un atto amministrativo esecutivo – la questione della pericolosit? del cantiere e delle misure da adottare per eliminare il pericolo.
25. Il Consiglio di Stato ha concluso che la mancata demolizione della parte pericolosa dell’edificio da parte del dipartimento di pianificazione urbanistica, nel caso in cui il proprietario non rispetti il termine stabilito dalla suddetta relazione per l’esecuzione dei lavori, rientra nell’ambito dell’esecuzione di un atto amministrativo esecutivo e, di conseguenza, non costituisce un’omissione soggetta a ricorso di annullamento. La questione della responsabilit? dello Stato di risarcire gli eventuali danni derivanti da tale omissione ? una questione a parte.
26. Gli articoli 105 e 106 della legge che accompagna il Codice Civile recitano come segue:
Articolo 105
“Lo Stato ha l’obbligo di risarcire i danni causati dagli atti o dalle omissioni illecite dei suoi organi nell’esercizio dei pubblici poteri, a meno che l’atto o l’omissione non siano avvenuti in violazione di una disposizione destinata a servire il pubblico interesse. La persona colpevole ? responsabile in solido con lo Stato, fatte salve le disposizioni speciali sulla responsabilit? dei ministri. ?
Articolo 106
“Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche in materia di responsabilit? delle collettivit? territoriali o di altre persone giuridiche di diritto pubblico per i danni causati dagli atti o dalle omissioni dei loro organi. ?
IN DIRITTO
I. SULLA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1
27. La ricorrente lamenta che l’incapacit? delle autorit? urbanistiche di far rispettare le proprie decisioni che ordinano che l’edificio in costruzione o, in mancanza, la demolizione delle parti pericolose dell’edificio sia portato a norma antisismica, e il cui crollo in caso di terremoto potrebbe portare alla distruzione della sua stessa casa, ha violato il suo diritto al rispetto della sua propriet?. Essa lamenta una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, che nella sua parte rilevante recita come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha il diritto al rispetto della sua propriet?. (…) ?
A. Sulla ricevibilit?
1. Inosservanza entro sei mesi
28. In primo luogo, il Governo invita la Corte a respingere la domanda per il mancato rispetto del termine di sei mesi. Sottolinea che il ricorso non avrebbe dovuto essere presentato entro sei mesi dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 899/2012, in quanto il ricorso per l’annullamento della mancata esecuzione della decisione del Segretario Generale della Regione Attica era irricevibile e quindi destinato a fallire. Infatti, la domanda avrebbe dovuto essere presentata entro sei mesi dalla sentenza n. 1450/2004 del 23 giugno 2004, che ha annullato la decisione della commissione per gli addebiti del Consiglio comunale di Atene che aveva concluso che l’impresa aveva soddisfatto i requisiti della nuova autorizzazione. A questo punto si pu? ritenere che l’amministrazione non abbia attuato la decisione di demolizione e non abbia adottato misure adeguate.
29. Il richiedente risponde di aver sottoposto la questione alla massima autorit? giudiziaria del paese, come previsto dall’articolo 35 ? 1 della Convenzione. Il fatto che il ricorso sia stato respinto da tale autorit? non significa che il ricorso al Consiglio di Stato non fosse il passo appropriato ai fini dell’esaurimento. Se non l’avesse fatto, il governo l’avrebbe criticato per non aver esaurito i rimedi interni. Infine, la ricorrente sostiene che l’asserita violazione del Protocollo n. 1 ? una situazione continuativa, in quanto ancora oggi lo Stato non ha adottato le misure che eliminerebbero il rischio per la sua propriet? e non vi sono altri rimedi al riguardo.
30. La Corte ricorda che, in linea di principio, il termine di sei mesi inizia a decorrere dalla data della decisione finale nel processo di esaurimento dei rimedi interni. Tuttavia, qualora sia chiaro fin dall’inizio che il richiedente non dispone di un rimedio efficace, il termine di sei mesi inizia a decorrere dalla data degli atti o dei provvedimenti contestati o dalla data in cui l’interessato ne viene a conoscenza o ne avverte gli effetti o i danni. Inoltre, l’art. 35 ? 1 non pu? essere interpretato in modo tale da imporre al ricorrente di presentare il suo reclamo alla Corte prima che la situazione relativa alla questione in questione sia stata definitivamente decisa a livello nazionale. Di conseguenza, se un richiedente si avvale di un rimedio apparentemente disponibile e solo successivamente viene a conoscenza dell’esistenza di circostanze che lo rendono inefficace, pu? essere opportuno prendere come punto di partenza per il periodo di sei mesi la data in cui il richiedente ? venuto o avrebbe dovuto venire a conoscenza di tale situazione per la prima volta (Varnava e altri contro la Turchia [GC], nn. 16064/90 e segg., ? 157, CEDU 2009).
31. La Corte rileva che il ricorrente ha presentato istanza alla Corte il 6 settembre 2012, ossia entro sei mesi dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 899/2012. La domanda della ricorrente al Consiglio di Stato chiedeva l’annullamento del tacito rifiuto del Segretario generale della Regione Attica di dare seguito alla sua richiesta di adottare le misure necessarie per l’esecuzione della sua decisione 31 ottobre 2001 che ordinava la demolizione delle parti pericolose dell’edificio adiacente al suo.
32. La Corte non condivide l’argomentazione del Governo secondo cui il periodo di sei mesi avrebbe dovuto iniziare a decorrere dalla sentenza della Corte amministrativa d’appello del 23 giugno 2004. Essa rileva che con tale sentenza la Corte amministrativa d’appello ha accolto il ricorso della madre della ricorrente per l’annullamento della decisione della commissione d’opposizione del Consiglio comunale di Atene, che aveva ritenuto che fossero stati effettuati i necessari lavori di conformit?. In tale contesto, la Corte ritiene che la ricorrente non avesse attualmente alcun motivo di adire la Corte, poich? la sentenza della Corte amministrativa d’appello aveva indubbiamente creato in lei l’aspettativa che la demolizione decisa dal Segretario generale della Regione Attica avrebbe finalmente avuto luogo.
33. La Corte ha poi respinto l’obiezione preliminare su questo punto.
2. Non esaurimento dei rimedi domestici
34. In secondo luogo, il Governo sostiene che la ricorrente non ha esaurito i rimedi nazionali per la mancata presentazione di un’azione di risarcimento danni ai sensi dell’art. 105 della legge che accompagna il codice civile, che si applica in relazione ad un’illegittima mancata demolizione di una struttura pericolosa. Inoltre, nella sentenza n. 899/2012, il Consiglio di Stato ha anche fatto riferimento alla possibilit? per il ricorrente di proporre tale ricorso. Infine, il Governo ha sottolineato che, nel suo ricorso, la ricorrente stessa aveva dichiarato che, presentando il ricorso al Tribunale, chiedeva il risarcimento dei danni da lei subiti.
35. La ricorrente risponde che il ricorso per risarcimento danni previsto dagli artt. 105 e 106 di cui sopra non poteva essere proposto contemporaneamente al ricorso per annullamento dinanzi al Consiglio di Stato per costringere lo Stato ad adottare misure adeguate.
36. La Corte ribadisce che spetta al Governo che invoca la non esaurimento soddisfare la Corte che il rimedio era efficace e disponibile in teoria e in pratica all’epoca dei fatti, vale a dire che era accessibile, era in grado di offrire al ricorrente un rimedio per i suoi reclami e offriva ragionevoli prospettive di successo (Sejdovic c. Italia [GC], n. 56581/00, ? 46, CEDU 2006-II).
37. La Corte rileva che i reclami della ricorrente riguardano la mancata adozione da parte dell’amministrazione delle misure necessarie per demolire la parte pericolosa di un edificio che, in caso di terremoto, minaccerebbe la casa della ricorrente. Ritiene quindi ragionevole la scelta della firmataria di adire i tribunali amministrativi, ovvero la Corte d’Appello Amministrativo e il Consiglio di Stato, i ricorsi che le hanno consentito, rispettivamente, di contestare la constatazione dell’amministrazione che il proprietario dell’edificio pericoloso aveva rispettato la nuova licenza edilizia e il tacito rifiuto del Segretario Generale della Regione Attica di far valere la sua decisione che ordinava la demolizione della parte pericolosa dell’edificio.
38. A parere della Corte, il ricorrente ha quindi soddisfatto i requisiti dell’articolo 35 della Convenzione relativi all’esaurimento dei mezzi di ricorso interni.
39. La Corte valuter? tuttavia qui di seguito, alla luce dell’articolo 13, se i rimedi non esercitati dal richiedente possano essere considerati efficaci (paragrafi 58-61).
40. Ritenendo che questo reclamo non sia manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 ? 3 (a) della Convenzione e che non sia altrimenti inammissibile per qualsiasi altro motivo, la Corte lo dichiara ammissibile.
B. I meriti
1. Argomenti delle parti
41. La ricorrente sostiene che, dal 2001, essa corre il rischio costante di vedersi distrutta la casa in caso di terremoto, fenomeno molto comune in Grecia, a causa del mancato rispetto della normativa in materia da parte dello Stato e dei suoi organi e del fatto che le norme antisismiche non sono state rispettate dal costruttore dell’edificio adiacente al suo. Esiste quindi un nesso causale diretto tra questa situazione e il mancato rispetto del suo diritto al rispetto della sua propriet?. Basandosi sulla sentenza della Corte d’appello amministrativa del 23 giugno 2004, sottolinea che l’unica autorit? competente che avrebbe dovuto decidere se le norme antisismiche contenute nella nuova licenza edilizia fossero state rispettate era l’Ufficio urbanistico della regione dell’Attica e non il Consiglio comunale di Atene. Ricorda inoltre che, a seguito della richiesta della madre del 26 settembre 2002 di adottare misure di esecuzione immediata, il Dipartimento di pianificazione non ha emanato un nuovo atto amministrativo esecutivo per imporre tali misure al costruttore dell’edificio adiacente al suo.
42. Il Governo sostiene che non esiste un nesso causale tra le misure indicate nella decisione del Segretario Generale della Regione Attica per la rimozione della pericolosit? a lungo termine dell’edificio in costruzione e l’effettivo godimento dei beni del ricorrente. Inoltre, la ricorrente non sostiene che la sua abitazione abbia subito danni di qualsiasi tipo, dal punto di vista statico o strutturale, e tali danni non sono stati riscontrati nel corso dei numerosi sopralluoghi effettuati sul sito. N? al richiedente ? impedito da un atto amministrativo di disporre, utilizzare, ristrutturare o affittare la sua propriet?.
2. Valutazione della Corte
a) La norma applicabile
43. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, l’art. 1 del Protocollo n. 1, che garantisce in sostanza il diritto di propriet?, contiene tre norme distinte: la prima, contenuta nella prima frase del primo comma e di carattere generale, sancisce il principio del rispetto della propriet?; la seconda, contenuta nella seconda frase dello stesso comma, fa riferimento alla privazione della propriet? e la subordina a determinate condizioni; quanto alla terza, contenuta nel secondo comma, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra l’altro, di disciplinare l’uso della propriet? in conformit? all’interesse generale. La seconda e la terza norma, che riguardano particolari esempi di violazione del diritto di propriet?, devono essere interpretate alla luce del principio sancito dalla prima.
44. Nella presente causa, il Tribunale osserva che l’inosservanza da parte delle autorit? amministrative della decisione del Segretario generale della Regione Attica del 31 ottobre 2001 ha comportato il mantenimento in stato di conservazione dell’edificio adiacente alla casa della ricorrente, costruito in violazione delle norme di sicurezza antisismica. Tale manutenzione esponeva la casa della ricorrente a gravi danni in caso di terremoto e ne riduceva ulteriormente il valore. In tali circostanze, le autorit? sono state responsabili di aver interferito con il diritto di propriet? del richiedente (Fotopoulou c. Grecia, n. 66725/01, ? 32, 18 novembre 2004). L’ingerenza in questione non equivale ad un esproprio o ad una regolamentazione dell’uso del bene, ma rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, primo comma, prima frase del primo periodo.
b) Osservanza dell’articolo 1 del protocollo n. 1
45. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo n. 1 richiede, in primo luogo, che qualsiasi ingerenza della pubblica autorit? nel godimento del diritto al rispetto della propriet? debba essere lecita: il secondo periodo del primo comma di tale articolo autorizza la privazione della propriet? solo “secondo le modalit? previste dalla legge”; il secondo comma riconosce il diritto degli Stati di regolamentare l’uso della propriet? mettendo in vigore “leggi”. Inoltre, lo Stato di diritto, uno dei principi fondamentali di una societ? democratica, ? insito in tutti gli articoli della Convenzione e implica il dovere dello Stato o di un’autorit? pubblica di rispettare una sentenza o una decisione pronunciata nei loro confronti. Ne consegue che la necessit? di accertare se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della collettivit? e gli imperativi di tutela dei diritti fondamentali della persona pu? essere avvertita solo quando ? stato accertato che l’ingerenza in questione ? stata conforme al principio di legalit? e non ? stata arbitraria (Iatridis v. Grecia [GC], n. 31107/96, ? 58, CEDU 1999-II, Fotopoulou, citata, ?? 35-36, Paudicio c. Italia, n. 77606/01, ?? 41-42, 24 maggio 2007, Vitiello c. Italia, n. 6870/03, ?? 32-33, 17 luglio 2007).
46. La Corte rileva che nelle sue osservazioni la ricorrente fa valere che nella sua causa non ? stata rispettata la procedura prevista dal Codice della legislazione urbanistica: a seguito della domanda di sua madre del 27 settembre 2002 al Segretario generale della Regione Attica, che ha chiesto al Segretario generale della Regione Attica di adottare provvedimenti per l’esecuzione della sua decisione del 31 ottobre 2001, quest’ultimo non ha emanato un nuovo atto amministrativo esecutivo che disponga tali provvedimenti. D’altra parte, in un documento redatto il 24 dicembre 2002, l’Assessorato all’Urbanistica della Regione Attica ha rilevato che la decisione del Segretario Generale del 31 ottobre 2001 era definitiva, ma non era ancora stata attuata, nonostante fossero scaduti i termini previsti per l’impresa costruttrice proprietaria dell’edificio.
47. La critica alla mancata osservanza della procedura da parte delle autorit? in materia si riflette anche nel parere separato di uno dei consiglieri del Consiglio di Stato che ha esaminato il caso. Secondo lui, l’amministrazione aveva omesso di redigere un atto amministrativo esecutivo che, da un lato, registrasse il rifiuto dell’impresa di ottemperare alla decisione del Segretario Generale della Regione Attica che ordinava i lavori di sicurezza e, dall’altro, ordinasse l’evacuazione dell’edificio e/o la demolizione delle parti pericolose dell’edificio.
48. Tuttavia, a differenza delle cause Fotopoulou, Paudicio e Vitiello, sopra citate, la Corte ritiene che i fattori summenzionati non siano sufficienti per concludere che la mancata demolizione delle parti pericolose dell’edificio in questione da parte dell’amministrazione non avesse alcun fondamento giuridico nel diritto interno. Infatti, nella sentenza n. 899/2012, il Consiglio di Stato non si ? pronunciato nel merito, ma ha dichiarato irricevibile il ricorso della ricorrente, ritenendo che la suddetta omissione non fosse oggetto di un ricorso di annullamento.
49. La Corte esaminer? quindi se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e gli imperativi di tutela dei diritti fondamentali dell’individuo.
50. La Corte rileva che il 31 ottobre 2001 il Segretario Generale della Regione Attica ha deciso di assoggettare il cantiere dell’edificio adiacente alla casa del ricorrente alle disposizioni del decreto 13 aprile 1929 sui cantieri pericolosi e ha concesso un termine di sessanta giorni all’impresa edile proprietaria dell’edificio per adeguare il cantiere alle norme antisismiche, prorogato di altri sessanta giorni su richiesta dell’impresa. Il 24 aprile 2002, il Dipartimento degli Edifici Illegali e Pericolosi ha constatato che la societ? non aveva svolto i lavori necessari. Nel frattempo, i lavori in cantiere sono proseguiti.
51. Il 24 maggio 2002 il Ministero dell’Ambiente, dell’Assetto Territoriale e dei Lavori Pubblici ha richiamato l’attenzione dell’Assessorato all’Urbanistica del Comune di Atene sulla necessit? di interrompere i lavori se la societ? si rifiutava di ottemperare alla decisione del Segretario Generale. Il 27 settembre 2002 la madre della ricorrente ha invitato il Segretario Generale della Regione Attica ad adottare tutte le misure necessarie per far rispettare la decisione del 31 ottobre 2001, ovvero l’evacuazione obbligatoria degli appartamenti dell’edificio difettoso e l’immediata demolizione delle parti pericolose dell’edificio. Il 24 dicembre 2002 l’Assessorato all’Urbanistica della Regione Attica ha riconosciuto che la decisione del 31 ottobre 2001 del Segretario Generale della Regione Attica era definitiva ma non era ancora stata attuata, nonostante fossero scaduti i termini previsti per l’impresa costruttrice proprietaria dell’edificio.
52. Il 23 giugno 2004, la Corte d’appello amministrativa ha annullato una decisione della commissione di opposizione del municipio di Atene, la quale ha concluso che l’impresa di costruzioni aveva effettuato i lavori necessari e rispettato la nuova licenza edilizia.
53. Da parte sua, il Consiglio di Stato ha rilevato che l’amministrazione ha rilevato nella sua relazione il problema della pericolosit? dell’edificio in costruzione e ha raccomandato misure per eliminare il pericolo mediante l’emanazione di un atto amministrativo esecutivo. Tuttavia, ha ritenuto che la mancata demolizione delle parti pericolose dell’edificio da parte dell’amministrazione costituisse un’omissione di adottare misure concrete per dare attuazione alla decisione del Segretario Generale della Regione Attica del 31 ottobre 2001 e, come tale, non ? stata oggetto di un ricorso di annullamento.
54. Da tale sequenza di eventi emerge chiaramente che, nel caso della ricorrente, l’amministrazione ha ritenuto che la decisione fosse illegittima, ha indicato misure atte a porre rimedio a tale illegittimit?, ha ritenuto che le misure indicate non fossero state applicate, ma al tempo stesso ha ammesso la propria impotenza ad applicare i provvedimenti da essa stessa propugnati. A tal proposito, la Corte rileva che, dinanzi al Consiglio di Stato, il Segretario generale della Regione Attica ha dichiarato che l’esecuzione della sua decisione del 31 ottobre 2001 ? di competenza del commissariato di polizia in collaborazione con il dipartimento dell’urbanistica. Questa impotenza dell’amministrazione ? stata ulteriormente confermata dalla citata sentenza del Consiglio di Stato, che ha ritenuto che la mancata attuazione di tali misure sfuggisse al suo controllo.
55. Risulta pertanto evidente dai fatti del caso di specie che l’incapacit? della ricorrente di far eseguire una decisione dell’amministrazione, la cui rilevanza e validit? non ? mai stata messa in dubbio e che ha avuto ripercussioni significative sulla sua propriet?, ha sconvolto il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della collettivit? e gli imperativi di tutela dei diritti individuali.
56. Di conseguenza, si ? verificata una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
II. SULLA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
57. La ricorrente sottolinea che l’azione di risarcimento danni prevista dagli artt. 105 e 106 della legge che accompagna il codice civile non costituisce un rimedio effettivo in quanto non consente di obbligare l’amministrazione a rispettare le disposizioni della legge applicabile in materia.
58. Il Governo sostiene che la suddetta azione di risarcimento dei danni ? un rimedio efficace per la tutela del diritto di propriet? nei casi di mancata demolizione di costruzioni illegali. Cita come prova la sentenza n. 3636/2011 del Consiglio di Stato, che aveva ritenuto illegittima l’omissione dell’amministrazione di demolire un edificio, e la sentenza n. 1047/2014 della Corte Amministrativa d’Appello, che ha disposto il rinvio della prima, che ha riconosciuto su tale base per il danno non patrimoniale la somma di 30.000 euro. Inoltre, il Governo ha sottolineato che la ricorrente stessa ha ammesso che con la sua domanda al Tribunale chiedeva il risarcimento del danno che aveva subito a causa dell’illegittima omissione dell’amministrazione.
59. La Corte ribadisce che il rimedio richiesto dall’articolo 13 deve essere “effettivo” nella pratica e nella legge (si veda, ad esempio, ?lhan v. Turchia [GC], n. 22277/93, ? 97, CEDU 2000-VII). L'”efficacia” di un “rimedio” ai sensi dell’articolo 13 non dipende dalla certezza di un esito favorevole per il richiedente. Analogamente, l'”organismo” di cui alla presente disposizione non ? necessariamente un’istituzione giudiziaria, ma i suoi poteri e le garanzie che offre sono rilevanti per valutare l’efficacia del rimedio di cui ? investito (Dactylidi c. Grecia, n. 52903/99, ? 47, 27 marzo 2003).
60. Nel caso in esame, la Corte rileva che il rimedio invocato dal Governo ha un aspetto puramente compensativo. L’azione prevista dagli artt. 105 e 106 sopra citati consente di chiedere il risarcimento del danno in caso di atti od omissioni illecite da parte dell’amministrazione. Tuttavia, la Corte rileva che, a prescindere dalle sue prospettive di successo nel caso di specie, tale azione non avrebbe consentito alla ricorrente di presentare efficacemente il suo reclamo secondo cui l’amministrazione non avrebbe agito per costringere l’impresa di costruzioni a conformarsi alla decisione del Segretario generale della Regione Attica del 31 ottobre 2001. Di conseguenza, la Corte ritiene che vi sia stata una violazione dell’articolo 13 della Convenzione nel caso in questione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
61. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se il Tribunale dichiara che vi ? stata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente consente solo imperfettamente di eliminare le conseguenze di tale violazione, il Tribunale dar? giusta soddisfazione alla parte lesa, se del caso. ?
A. Peccato
62. La ricorrente chiede l’importo di EUR 180 000 (EUR) per i danni materiali che ritiene di aver subito a causa della violazione del suo diritto di propriet?. Chiede inoltre 150 000 euro per danni morali a causa del disagio e delle sofferenze che le sono state causate dal persistente mancato rispetto della legislazione e degli atti amministrativi da parte delle autorit?.
63. Il Governo sostiene che la ricorrente non ha subito alcun danno materiale: la valutazione di un eventuale danno richiederebbe il calcolo di un rischio da parte di una compagnia di assicurazione in caso di terremoto, la cui entit? dipenderebbe dalla forza del terremoto. Per quanto riguarda i danni morali, il Governo ritiene che la somma richiesta sia eccessiva e che una constatazione di violazione costituirebbe una soddisfazione sufficiente.
64. La Corte rileva innanzitutto che nessun tribunale nazionale ha stabilito che la ricorrente ha subito un danno materiale a causa della mancata adozione da parte dell’amministrazione delle misure necessarie per conformarsi alla decisione del Segretario generale della Regione Attica. Inoltre, l’accusa che la casa del richiedente possa essere danneggiata a seguito di un terremoto si basa su un evento ipotetico, che potrebbe non verificarsi mai. La Corte ritiene pertanto che non vi siano motivi per concedere una somma a titolo di danno materiale.
65. D’altro canto, il Tribunale ammette che la ricorrente deve aver subito un danno non patrimoniale – in particolare a causa della frustrazione causata dal rifiuto o dalla mancata demolizione del muro in questione da parte dell’amministrazione per un lungo periodo di tempo e senza gravi motivi e dell’assenza nel diritto interno di un rimedio efficace per far valere i suoi diritti – che non ? sufficientemente compensato dalle constatazioni di violazioni (Dactylidi c. Grecia, citata, ? 58). La Corte, come previsto dall’articolo 41 della Convenzione, ha concesso al richiedente 10.000 euro su questo conto.
B. Costi e spese
66. La ricorrente chiede inoltre l’importo di EUR 9 314 per le spese sostenute dinanzi al Consiglio di Stato e alla Corte.
67. Il Governo sostiene che i costi e le spese relative al procedimento dinanzi al Consiglio di Stato non hanno alcun nesso causale con la presunta violazione. Ricorda inoltre che le altre fatture e gli altri documenti prodotti dalla ricorrente non dimostrano che le somme indicate siano state pagate nel caso di specie.
68. Nel caso di specie, la Corte ritiene che le spese e gli onorari sostenuti dal ricorrente dinanzi al Consiglio di Stato si riferiscano al merito della causa (cfr., mutatis mutandis, Fotopoulou, citata, ? 59). Di conseguenza, la ricorrente ha il diritto di chiedere il rimborso delle spese relative alla sua domanda dinanzi al Consiglio di Stato.
69. Per quanto riguarda le spese e i costi relativi al presente procedimento, la Corte rileva che solo due delle cinque fatture menzionano che sono state emesse in relazione al procedimento dinanzi alla Corte. Il Tribunale concede poi alla ricorrente la somma di EUR 2 000 per tali spese, somma corrispondente al tenore letterale di queste due fatture.
70. La Corte concede quindi al ricorrente la somma complessiva di EUR 4 515,39 per i procedimenti dinanzi al Consiglio di Stato e alla Corte.
C. Interessi di default
71. La Corte ritiene opportuno basare il tasso di interesse di mora sul tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, maggiorato di tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, IL TRIBUNALE, CON UNA DECISIONE UNANIME,
1. Dichiara la domanda ammissibile;
2. Trova che vi sia stata una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1;
3. Dichiara che vi ? stata una violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Dice
a) che lo Stato convenuto paghi all’istante, entro tre mesi dalla data in cui la decisione ? passata in giudicato ai sensi dell’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 10.000 euro (diecimila euro), pi? l’eventuale importo dovuto a titolo di imposta, per danni non patrimoniali;
ii. 4.515,39 euro (quattromilacinquecentocinquantaquattrocento e trentanove centesimi) pi? l’importo eventualmente dovuto dal richiedente a titolo di imposte, costi e spese;
b) dalla scadenza di detto periodo fino al pagamento, su tali importi sono dovuti interessi semplici ad un tasso pari al tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante tale periodo, maggiorato di tre punti percentuali ;
5. Respinge la richiesta per la giusta soddisfazione per il resto.
Fatto in francese, comunicato per iscritto il 18 luglio 2019, ai sensi dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del Regolamento del Tribunale.
Abel Campos Ksenija Turkovi?
Cancelliere Presidente