PRIMA SEZIONE
CASO DI ANDRZEJ RUCI?SKI c. POLONIA
(Ricorso n. 22716/12)
SENTENZA
(Merito)
Art. 1 P1 – Godimento pacifico dei beni – Controllo dell’uso dei beni – Onere individuale ed eccessivo imposto al ricorrente a seguito di restrizioni sui suoi beni personali e aziendali per un periodo di tre anni nell’ambito di un procedimento fiscale prolungato – Art. 1 P1 applicabile – L’attivit? del ricorrente ha subito perdite significative – Le autorit? nazionali non hanno preso sufficientemente in considerazione la possibilit? di misure meno invasive – Mancanza di compensazione – Il ricorrente ? stato costretto a sopportare importanti conseguenze finanziarie della prassi divergente delle autorit? pubbliche – Lo Stato deve assumersi la responsabilit? per gli errori o le omissioni risultanti dalle sue azioni – Non ? stato raggiunto un equo bilanciamento tra interessi concorrenti
STRASBURGO
5 ottobre 2023
La presente sentenza diventer? definitiva alle condizioni previste dall’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? essere soggetta a revisione editoriale.
Nel caso Andrzej Ruci?ski c. Polonia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (Prima Sezione), riunita in Camera composta da:
Marko Bo?njak, Presidente,
Alena Pol??kov?,
Krzysztof Wojtyczek,
L?tif H?seynov,
P?ter Paczolay,
Ivana Jeli?,
Gilberto Felici, giudici,
e Renata Degener, cancelliere di sezione,
visti i seguenti atti:
il ricorso (n. 22716/12) contro la Repubblica di Polonia presentato alla Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”) da un cittadino polacco, Andrzej Ruci?ski (“il ricorrente”), il 5 aprile 2012;
la decisione di notificare al Governo polacco (“il Governo”) il reclamo relativo al mancato risarcimento dei danni subiti dall’azienda del ricorrente a causa di decisioni fiscali illegittime e sproporzionate e di dichiarare irricevibile il resto del ricorso;
le osservazioni presentate dal Governo e le osservazioni in risposta presentate dal ricorrente;
le osservazioni presentate dalla Fondazione Helsinki per i Diritti Umani, alla quale ? stato concesso di intervenire dal Presidente della Sezione;
Dopo aver deliberato in privato il 12 settembre 2023,
pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE
1. Il caso riguarda la mancata compensazione per l’ingerenza sproporzionata dell’amministrazione fiscale nell’attivit? del ricorrente.
I FATTI
2. Il ricorrente ? nato nel 1958 e vive a Dobra. ? stato rappresentato dall’avvocato Z. Barwina, che esercita a Stettino.
3. Il Governo era rappresentato dal suo agente, sig. J. Sobczak, del Ministero degli Affari Esteri.
4. I fatti del caso possono essere riassunti come segue.
5. Il ricorrente aveva un’attivit? di commercio di prodotti del tabacco.
IL SEQUESTRO DEI BENI
6. Il 19 maggio 2003, a seguito di una verifica fiscale, l’Ufficio delle imposte di Stettino ha emesso due decisioni che ordinavano il sequestro dei beni del ricorrente per garantire il pagamento dei debiti fiscali della sua azienda per diversi mesi del 2002 e del 2003. Nella valutazione preliminare, tali debiti erano stati calcolati in 708.372 zloty polacchi (PLN – 163.067 euro (EUR), secondo il tasso di cambio ufficiale della Banca Nazionale di Polonia alla data in questione).
7. Le decisioni contenevano la seguente valutazione dei beni appartenenti all’azienda del richiedente, come riportato nel dicembre 2002. Il valore delle attivit? fisse dell’azienda (maj?tek trwa?y) ? stato valutato in 203.327 PLN (46.805 EUR). Le immobilizzazioni comprendono edifici e uffici, macchinari e attrezzature e veicoli. Il valore delle attivit? correnti dell’azienda (maj?tek obrotowy) ? stato valutato in 1.750.848 PLN (403.045 EUR). Tali attivit? comprendevano scorte di articoli in vendita, pagamenti dovuti per vendite, imposte, dazi doganali e assicurazioni sociali e denaro per un importo di 221.840 PLN (51.067 EUR). Il capitale proprio del richiedente ? stato stimato per un valore di 609.734 PLN (140.360 euro). L’ufficio delle imposte ha effettuato ulteriori calcoli dei debiti, dei prestiti e dei profitti del richiedente per gli anni passati, nonch? della sua liquidit? aziendale. Sulla base di tutti questi elementi, si ? concluso che l’attivit? del ricorrente non sarebbe stata in grado di generare profitti sufficienti per pagare l’imposta sul consumo in corso di accertamento e che esisteva il rischio che il ricorrente si sottraesse al pagamento di tale obbligo fiscale una volta accertato.
8. Il 26 maggio 2003 il ricorrente ha presentato ricorso contro tali decisioni sostenendo che non vi era alcun fondamento giuridico per il sequestro dei suoi beni in quanto il suo futuro debito fiscale non esisteva e non vi era alcun rischio che, qualora tale debito fosse stato accertato, egli non lo avrebbe assolto.
9. Le misure disposte sulla base delle decisioni summenzionate sono state: il congelamento dei due conti bancari dell’azienda; il sequestro di sei autovetture dell’azienda, compresi i veicoli per le consegne; la costituzione di ipoteche su quattro propriet? appartenenti al ricorrente.
10. Il 6 giugno 2003 il ricorrente ha chiesto che le misure in questione fossero sostituite con la costituzione di ipoteche su due diverse propriet? di sua propriet?.
11. Il 5 agosto 2003 il capo dell’ufficio delle imposte (naczelnik), accogliendo in parte la richiesta del ricorrente, ha revocato la misura relativa a un conto bancario e ha iscritto un’ipoteca sulle due propriet? indicate dal ricorrente, il cui valore ? stato valutato in 180.000 PLN (41.256 euro).
12. Il 5 agosto 2003 l’Ufficio delle imposte di Stettino ha emesso due decisioni che respingono i ricorsi contro le decisioni del 19 maggio 2003. L’Ufficio ha osservato, tra l’altro, che nelle decisioni l’Agenzia delle Entrate aveva effettuato un’analisi economica e finanziaria approfondita della situazione aziendale del ricorrente, giungendo alla conclusione che il valore delle immobilizzazioni dell’azienda ammontava solo al 10% del suo patrimonio totale e non raggiungeva l’importo dell’eventuale debito d’imposta.
PASSIVIT? FISCALI
13. Il 21 agosto 2003 l’Ufficio delle imposte di Stettino ha emesso nove decisioni che stabiliscono i debiti fiscali dell’azienda per diversi mesi del 2002 e del 2003. L’ufficio delle imposte ha ritenuto che, poich? l’azienda aveva venduto sigarette sulle quali non era stato indicato un prezzo massimo, fosse tenuta a pagare l’accisa ai sensi dell’articolo 37, paragrafi 7 e 8, della legge sulle imposte sul valore aggiunto e sulle accise dell’8 gennaio 1993 (Ustawa o podatku od towar?w i us?ug oraz o podatku akcyzowym – “legge sulle accise del 1993”).
14. L’importo totale dell’imposta di consumo era di 803.754 PLN (184.622 EUR).
15. Come stabilito dal tribunale civile, il 17 novembre 2003 l’Ufficio doganale di Stettino ha rifiutato una richiesta di sospensione dell’esecuzione presentata dal ricorrente in relazione alle nove decisioni da lui impugnate. Il 28 ottobre 2003 il capo dell’ufficio delle imposte aveva respinto un’obiezione (zarzut) presentata dal ricorrente al sequestro dei beni suoi e della sua azienda sulla base delle nove decisioni del 21 agosto 2003.
16. Il 2 agosto 2004 le decisioni dell’ufficio delle imposte sono state confermate dalla Camera doganale di Stettino.
17. Il Governo ha fatto presente che, mentre era in corso il procedimento di appello, il 19 luglio 2005 il Tribunale amministrativo regionale aveva sospeso l’esecuzione di tre decisioni e il 14 marzo 2006 aveva sospeso l’esecuzione di sei decisioni emesse nel caso del ricorrente. Copie di tali decisioni non sono state inviate alla Corte.
18. Il 24 aprile 2006 la Camera doganale di Stettino ha revocato tutte le sue decisioni del 2 agosto 2004, ritenendole inficiate da una violazione del diritto sostanziale. Tali decisioni avevano comportato una doppia imposizione sui beni venduti dalla ricorrente. Esse erano quindi contrarie all’articolo 38, paragrafo 2, comma 2a, della legge sull’IVA e all’articolo 12, paragrafo 1, comma 4, dell’ordinanza del Ministro delle Finanze del 22 marzo 2002 sulle accise (Rozporz?dzenie Ministra Finans?w w sprawie podatku akcyzowego – “l’ordinanza del 2002”). La Camera doganale ha inoltre sottolineato che non esisteva alcuna base giuridica per l’imposizione dell’accisa ai venditori che commerciavano in prodotti sui quali l’accisa avrebbe dovuto essere pagata dalle stesse autorit? fiscali.
19. Il Governo ha fatto presente che nella stessa data la Camera doganale di Stettino aveva emesso una decisione che accertava il pagamento in eccesso effettuato dall’azienda del ricorrente. Una copia di tale decisione non ? stata fornita alla Corte.
20. Il 25 maggio 2006 il Tribunale amministrativo regionale ha interrotto il procedimento. Esso ha ritenuto che, alla luce delle decisioni del 24 aprile 2006 con cui erano state revocate le decisioni impugnate, non vi fosse alcuna necessit? di proseguire l’esame del ricorso del ricorrente.
PROCEDIMENTO CIVILE PER IL RISARCIMENTO DI DECISIONI FISCALI ILLEGITTIME
21. Il 15 gennaio 2009 il ricorrente ha presentato un’azione civile di risarcimento contro l’erario in base alle disposizioni del Codice civile, che disciplina la responsabilit? civile dello Stato per i danni derivanti da atti e decisioni illegali (cfr. paragrafi 44-47). Ha chiesto un risarcimento di 790.839 PLN (187.191 euro) per i profitti persi dalla sua azienda nel periodo compreso tra maggio 2003 e giugno 2006. Egli ha sostenuto che il danno era derivato dal congelamento dei conti bancari dell’impresa e dal sequestro di altri beni; e che tali misure, adottate sulla base di decisioni illegittime delle autorit?, gli avevano impedito di gestire la sua attivit? nel periodo summenzionato.
22. Il 27 aprile 2010 il Tribunale regionale di Stettino (S?d Okr?gowy) ha riconosciuto al ricorrente un risarcimento di 759.999 PLN (183.132 euro secondo il calcolo del ricorrente basato sul tasso di cambio medio mensile ufficiale della Banca Nazionale per aprile 2010).
23. Il tribunale nazionale ha ritenuto che il ricorrente avesse subito un danno a causa dell’impossibilit? di continuare la sua attivit? commerciale. In primo luogo, la sua attivit? era stata costretta a pagare tasse che non avrebbero dovuto essere pagate. In secondo luogo, senza un conto bancario e senza veicoli, che erano stati sequestrati, il ricorrente non aveva potuto continuare a gestire la sua attivit?.
24. Per calcolare l’ammontare del danno in questione, il tribunale ha esaminato i registri dell’azienda e le dichiarazioni dei redditi societari e personali del ricorrente a partire dal 1999. I documenti hanno rivelato che l’attivit? del ricorrente aveva generato una perdita e le vendite erano diminuite dopo il sequestro dei beni. Il tribunale ha anche preso in considerazione la relazione e le dichiarazioni orali di un esperto nominato dal tribunale che ha valutato la perdita del ricorrente a 768.328 zloty per un periodo di trentotto mesi. Il tribunale ha tuttavia contestato tale somma, osservando che le decisioni fiscali in questione avevano influenzato la sua attivit? commerciale dal maggio 2003 all’aprile 2006 incluso, ossia per trentasei mesi.
24. Il tribunale ha poi confermato che il danno subito dal ricorrente era derivato da una serie di decisioni emesse nel corso del procedimento fiscale descritto nei paragrafi 6-20. In particolare, senza la decisione del 2 aprile 2006, il ricorrente non avrebbe avuto la possibilit? di ottenere un risarcimento. In particolare, senza la decisione del 2 agosto 2004 (si veda il paragrafo 16 supra), che aveva portato al congelamento dei conti bancari del ricorrente, egli avrebbe potuto continuare a gestire la sua attivit?.
26. Infine, il tribunale nazionale non ha avuto dubbi sul fatto che le decisioni del 21 agosto 2003 e del 2 agosto 2004 non fossero conformi alla legge (s?d nie mia? w?tpliwo?ci, ?e decyzje organ?w … nie by?y zgodne z prawem) ai sensi dell’articolo 417 del Codice civile come applicabile prima del 1? settembre 2004. Il tribunale ha anche fatto riferimento a un riconoscimento dell’ufficio delle imposte secondo cui l’articolo 38, paragrafo 2, comma 2a, della legge sull’IVA e l’articolo 12, paragrafo 1, comma 4, dell’ordinanza del 2002 erano stati violati dalle decisioni.
27. Alla luce di queste considerazioni, il tribunale nazionale ha ritenuto che fossero soddisfatte le condizioni giuridiche che l’articolo 417 del Codice civile collegava alla responsabilit? civile dello Stato, ossia l’esistenza di un danno, una decisione illegittima emessa nell’esercizio di poteri pubblici e un nesso causale tra la decisione e il danno.
28. La Tesoreria dello Stato ha presentato appello contro tale sentenza. In primo luogo, ha sostenuto che le decisioni fiscali impugnate non erano manifestamente illegittime perch? le disposizioni sull’esenzione delle sigarette dalle accise avevano dato luogo a gravi discrepanze nella loro applicazione. Il giudice di primo grado non aveva quindi qualificato la “illegittimit?” richiesta per l’applicazione dell’articolo 417 ? 1 del Codice civile. In secondo luogo, si sosteneva che il Tribunale di primo grado avesse commesso un errore nel calcolo del danno. In particolare, nelle sue dichiarazioni orali il perito nominato dal tribunale aveva sovrastimato le perdite per uno degli anni in questione.
29. Il 22 dicembre 2010 la Corte d’appello di Stettino ha accolto il ricorso presentato dalla Tesoreria dello Stato e ha respinto il ricorso del ricorrente.
30. La corte d’appello ha concordato con il tribunale di primo grado che la fonte del danno subito dal ricorrente era la decisione del 2 agosto 2004. Il giudice d’appello non ha fatto altre constatazioni in merito al danno in questione o al nesso di causalit?.
31. Ha poi confermato che la decisione del 24 aprile 2006 costituiva una pronuncia di illegittimit? come richiesto dall’articolo 4171 ? 2 del Codice Civile (si vedano i paragrafi 47, 48 e 52 di seguito).
32. Il giudice d’appello ha poi approfondito l’argomento della Tesoreria dello Stato secondo cui vi erano state gravi discrepanze nell’interpretazione delle disposizioni che regolavano la questione se le sigarette vendute dalla ricorrente in pacchetti acquistati dagli organi amministrativi di esecuzione e non contrassegnati da un prezzo di vendita individuale fossero state esenti da accisa ai sensi dell’Ordinanza del Ministro delle Finanze del 2002.
33. ? stato osservato che nelle sue due risoluzioni (del 1? giugno 2007 (I FPS 6/07) e del 19 febbraio 2009 (I FPS 3/09) la Corte Suprema Amministrativa, dopo aver esaminato le questioni giuridiche relative al problema sollevato dal caso in questione, aveva infine espresso opinioni giuridiche divergenti. Ci?, secondo il giudice d’appello, dimostrava che la questione era complessa e che aveva dato luogo a difficolt? interpretative.
34. Il giudice d’appello ha concluso che era quindi legittimo da parte dell’ufficio fiscale optare per una di queste interpretazioni. Di conseguenza, l’errore di diritto commesso dall’ufficio delle imposte non era di carattere manifesto, tale da rendere illegittima la decisione impugnata. Per far sorgere la responsabilit? civile dello Stato, un errore di diritto doveva essere qualificato (classificabile), fondamentale e manifesto (kwalifikowany, elementarny i oczywisty). Il ricorrente ? stato condannato a sostenere spese per un totale di 26.205 PLN (circa 6.566 euro).
34. Il 16 novembre 2011 la Corte suprema ha rifiutato di esaminare un ricorso per cassazione presentato dal ricorrente.
QUADRO GIURIDICO E PRASSI RILEVANTI
DIRITTO TRIBUTARIO
36. All’epoca dei fatti, le accise erano regolate dalla Legge sulle accise del 1993 e dall’Ordinanza del 2002, entrambe abrogate il 1? maggio 2004.
37. Ai sensi dell’articolo 37(7)(2) dell’Excise Tax Act del 1993, un’azienda che non fosse un produttore o un importatore di sigarette era tenuta a pagare l’accisa sulla vendita (avvenuta dopo la data limite del 1? marzo 2001) di sigarette sulle quali non era indicato un prezzo massimo di vendita al dettaglio. La Sezione 37(8) regolava l’aliquota di accisa su tali vendite.
38. La Sezione 38(2) (2a) autorizzava il Ministro delle Finanze ad esentare determinati gruppi di contribuenti dall’obbligo fiscale al fine di evitare la doppia imposizione.
39. La sezione 12(1)(4) dell’Ordinanza del 2002 recitava come segue:
“I contribuenti che vendono merci soggette ad accisa sono esentati dall’obbligo di pagare l’accisa, ad eccezione dei soggetti che vendono prodotti soggetti ad accisa per i quali tale imposta non ? gi? stata pagata.”
40. La suddetta disposizione dell’ordinanza del 2002 ha dato origine a due linee di prassi giudiziaria divergenti. La Corte Suprema Amministrativa ? stata inizialmente coerente nel concedere l’esenzione dalle accise alle imprese che vendono sigarette come descritto nell’articolo 37(7) della legge sulle accise del 1993 (si vedano le sentenze: no. I FSK 172/05 del 4 novembre 2005; n. I FSK401/05 del 4 gennaio 2006; e n. I FSK 521/05 del 20 gennaio 2006. I FSK 521/05 del 20 gennaio 2006). Il 4 aprile 2006 ha ribaltato il suo approccio (cfr. sentenza n. I FSK 762/05). Di conseguenza, il Tribunale amministrativo supremo ? stato chiamato per due volte a risolvere in modo autorevole una “questione giuridica che solleva seri dubbi”.
41. Il 1? giugno 2007 la Corte Suprema Amministrativa ha quindi emesso una risoluzione in cui si affermava che, in base alla legge applicabile nel 2003, i contribuenti delle accise che avevano venduto sigarette sulle quali non era stato indicato il prezzo massimo di vendita al dettaglio erano stati esentati dall’obbligo fiscale ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, comma 4, dell’Ordinanza del 2002 (risoluzione n. I FPS 6/07). Il 19 febbraio 2009 la Corte Suprema Amministrativa ha ribadito tale sentenza in relazione alla precedente ordinanza che regolava le accise tra il 2001 e il 2003 e all’articolo 12(1)(4) dell’ordinanza del 2002 (risoluzione n. I FPS 3/09).
RESPONSABILIT? DELLO STATO PER I DANNI CAUSATI DA DECISIONI ILLEGITTIME
42. La responsabilit? dello Stato per i danni causati da decisioni illegittime ? disciplinata dall’articolo 77 ? 1 della Costituzione polacca del 1997, entrata in vigore il 17 ottobre 1997, e dagli articoli 417 e seguenti del Codice civile polacco.
43. L’articolo 77 della Costituzione polacca recita come segue:
“1. Tutti hanno diritto al risarcimento dei danni causati dagli atti illegali di un’autorit? pubblica.
2. Nessuna legge impedisce l’accesso a un tribunale per le persone che cercano di ottenere riparazione per qualsiasi violazione delle loro libert? o diritti”.
44. Nella versione applicabile fino al 1? settembre 2004, l’articolo 417 ? 1 del Codice civile, che stabilisce una regola generale, recitava come segue:
“L’erario ? responsabile dei danni causati da un funzionario statale nell’esercizio delle funzioni affidategli”.
45. Il 1? settembre 2004 ? entrata in vigore la legge del 17 giugno 2004 sugli emendamenti al codice civile e ad altri statuti (Ustawa o zmianie ustawy – Kodeks cywilny oraz niekt?rych innych ustaw – “la legge di modifica del 2004”). Le modifiche in questione miravano essenzialmente ad ampliare l’ambito della responsabilit? dell’erario in caso di illecito.
46. Ai sensi delle disposizioni transitorie dell’articolo 5 della legge di modifica del 2004, l’articolo 417 come applicabile prima del 1? settembre 2004 si applica a tutti gli eventi e le situazioni giuridiche che esistevano prima di tale data.
47. L’articolo 417 ? 1 del Codice Civile, come applicabile dopo il 1? settembre 2004, prevede:
“Il Tesoro dello Stato, o [a seconda dei casi] un’entit? di autogoverno o un’altra persona giuridica responsabile dell’esercizio dei poteri pubblici, ? responsabile di qualsiasi danno (szkoda) causato da un’azione o un’omissione illegale [commessa] in relazione all’esercizio dei poteri pubblici.”
48. L’articolo 4171 ? 2 del Codice civile recita come segue:
“Se il danno ? stato causato dalla pronuncia di una sentenza o di una decisione definitiva, il risarcimento di tale danno pu? essere richiesto dopo che l’illegittimit? [della sentenza o della decisione] sia stata accertata in un procedimento appropriato, salvo che la legge disponga diversamente.”
49. Nella prassi dei tribunali nazionali, una richiesta di risarcimento ai sensi dell’articolo 4171 del Codice civile non sorge se non ? stata dichiarata l’illegittimit? dell’azione o dell’omissione che ha causato il danno in un procedimento separato (prejudykat) (si veda la sentenza del Tribunale regionale di S?upsk del 2 febbraio 2017, IC 342/16).
50. Nella prassi giudiziaria si sono sviluppate due diverse interpretazioni del termine “illegalit?”.
51. Un approccio richiede che l’illegittimit? sia stata causata da un errore di diritto manifesto o flagrante, indiscutibile e di natura elementare e qualificata (si veda la sentenza del Tribunale regionale di Danzica del 14 novembre 2012, III Ca 140/12). Pertanto, l’emissione di una sentenza che si basa su una delle diverse possibili interpretazioni giudiziarie di una disposizione di legge non costituisce una violazione manifesta e flagrante del diritto (si vedano le sentenze della Corte Suprema del 4 dicembre 2013, II BP6/13): 4 dicembre 2013, II BP6/13; 12 settembre 2008, I BP2/08; e 9 dicembre 2020, V CSK 80/20).
52. Secondo l’altro approccio, l’illiceit? deve essere intesa in senso oggettivo, ossia come un conflitto tra l’atto/omissione e l’ordinamento giuridico definito lato sensu, il che esclude la possibilit? di qualsiasi distinzione in merito all’entit? o al grado della condotta illecita. Non vi ? quindi alcuna base giuridica o necessit? di richiedere che la responsabilit? ai sensi dell’articolo 417 del Codice Civile derivi solo da una manifesta violazione della legge (si vedano, tra le tante, le sentenze della Corte di Cassazione dell’8 gennaio 2002, I CKNN, I CKNN, I CKNNN, I CKNNN): 8 gennaio 2002, I CKN 581/99; 6 febbraio 2002, V CKN 1248/00; 18 giugno 2018, V CSK 422/09; 19 aprile 2012, IV CSK 406/11; 19 settembre 2018, ICSK 585/17; e 25 febbraio 2022, II CSKP 173/22; la risoluzione della Corte Suprema data da sette giudici del 26 aprile 2006, III CZP 125/05; e la sentenza della Corte Costituzionale del 4 dicembre 2001, SK 18/00). Il secondo approccio ritiene che la responsabilit? rigorosa delle autorit? pubbliche per le conseguenze dei loro atti illegittimi sia gi? sufficientemente garantita attraverso la valutazione dell’illegittimit? di una decisione in un procedimento separato e attraverso il requisito del nesso di causalit? tra gli atti contestati e il danno che ne deriva. Tale obiettivo non pu? essere raggiunto operando distinzioni nell’entit? o nel grado di illegittimit?, in quanto ci? andrebbe al di l? dell’ambito di applicazione della disposizione in questione e non avrebbe alcun fondamento normativo (cfr. sentenza della Corte di Cassazione del 26 aprile 2001, III CKN 966/00; sentenza del Tribunale regionale di ??d? del 22 aprile 2016, II Ca 177/16; cfr. anche la risoluzione della Corte di Cassazione resa da sette giudici, cit:dell’11 marzo 2008, II CSK 58/07; del 20 agosto 2009, II CSK 68/09; e del 18 giugno 2010, V CSK 422/09).Inoltre, il termine “flagrante violazione della legge” ha un carattere altamente discrezionale (si veda la sentenza della Corte Suprema del 19 aprile 2012, IV CSK 406/11, e la sentenza del Tribunale regionale di ??d? del 22 aprile 2016, citata sopra).La seconda interpretazione ? dominante nella prassi giudiziaria attuale (si vedano le sentenze della Corte d’appello di Varsavia del 5 novembre 2015, VI Aca 1593/14; della Corte d’appello di Stettino del 28 giugno 2017, I Aca 133/17; e del Tribunale regionale di P?ock del 23 aprile 2018, I C 863/12).
53. Per “danno”, ai sensi delle disposizioni citate, si intende il danno patrimoniale, definito dall’articolo 361 ? 2 del Codice civile come “le perdite e i mancati guadagni che la parte lesa avrebbe potuto realizzare se non avesse subito il danno”.
LA LEGGE
PRESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 DELLA CONVENZIONE
54. Il ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, che la sua impresa aveva subito gravi perdite a causa di decisioni fiscali che erano state dichiarate illegittime prima che egli presentasse il ricorso alla Corte. Il danno in questione non era stato riparato. Il tribunale civile, nel respingere l’azione del ricorrente per il risarcimento del danno patrimoniale, aveva applicato la legge in modo da proteggere in modo sproporzionato l’erario contro le pretese dei privati. Di conseguenza, le disposizioni esistenti che garantiscono il diritto al risarcimento dei danni causati da atti illegali dello Stato erano diventate, nel suo caso, inefficaci e illusorie. Nel complesso, al ricorrente era stato imposto un onere individuale eccessivo.
55. L’articolo in questione recita come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al pacifico godimento dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato dei suoi beni se non nell’interesse pubblico e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Tuttavia, le disposizioni precedenti non pregiudicano in alcun modo il diritto di uno Stato di applicare le leggi che ritiene necessarie per controllare l’uso della propriet? in conformit? all’interesse generale o per assicurare il pagamento di imposte o di altri contributi o sanzioni.”
Ammissibilit?
Obiezione preliminare del Governo
56. Il Governo ha sollevato un’obiezione preliminare, sostenendo che il ricorso ? incompatibile ratione materiae con la Convenzione.
(a) Il Governo
57. Il Governo ha sostenuto che il ricorrente non aveva alcun diritto di propriet?, bene, legittima aspettativa o interesse sostanziale che potesse rientrare nella protezione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione. In particolare, hanno sostenuto che la sentenza favorevole del tribunale di primo grado, poi annullata in appello, non aveva conferito al ricorrente alcun diritto di propriet? che potesse ricadere sotto la tutela dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.
(b) Il ricorrente
58. Il ricorrente ha sostenuto che il suo diritto a ottenere un risarcimento per i danni subiti dalla sua impresa non derivava dalla sentenza favorevole di primo grado, ma piuttosto dalle conseguenze gravi, negative e sproporzionate delle decisioni fiscali impugnate prima che fossero invalidate. Tali conseguenze erano state riconosciute dal giudice nazionale, anche se il ricorso del ricorrente per ottenere un risarcimento non era stato accolto.
59. Il ricorrente ha affermato che la sentenza di primo grado era rilevante in quanto confermava che la causalit? e le altre condizioni per la responsabilit? civile dello Stato erano state soddisfatte nelle circostanze del suo caso. Ha sottolineato che l’esistenza delle decisioni illegittime impugnate, il danno subito e il nesso di causalit? tra i due erano indiscutibili. Il ricorrente ha sostanzialmente sostenuto che, poich? l’interferenza con il suo diritto al pacifico godimento dei beni era incontestata, aveva una legittima aspettativa che la richiesta di risarcimento danni, che secondo la legge derivava da tale interferenza, sarebbe stata soddisfatta.
La valutazione della Corte
(a) Principi generali
60. La Corte ribadisce che l’articolo 1 del Protocollo n. 1, che garantisce il diritto alla protezione della propriet?, contiene tre norme distinte: la prima norma, contenuta nella prima frase del primo paragrafo, ? di carattere generale ed enuncia il principio del pacifico godimento della propriet?; la seconda norma, contenuta nella seconda frase del primo paragrafo, riguarda la privazione del possesso e la sottopone a determinate condizioni; la terza norma, enunciata nel secondo paragrafo, riconosce agli Stati contraenti il diritto, tra l’altro, di controllare l’uso della propriet? in funzione dell’interesse generale. Le tre norme, tuttavia, non sono “distinte” nel senso di non collegate. La seconda e la terza norma riguardano casi particolari di interferenza con il diritto al pacifico godimento della propriet? e devono quindi essere interpretate alla luce del principio generale enunciato nella prima norma (si vedano, tra le molte altre autorit?, James e altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, ? 37, Serie A n. 98, e altri casi ivi citati; J.A. Pye (Oxford) Ltd e J.A. Pye (Oxford) Land Ltd c. Regno Unito [GC], no. 44302/02, ? 52, CEDU 2007-III; Iatridis c. Grecia [GC], no. 31107/96, ? 55, CEDU 1999-II; Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no. 22774/93, ? 44, CEDU 1999-V; e H?benczius c. Ungheria, no. 44473/06, ? 27, 21 ottobre 2014).
61. Il sequestro di beni nell’ambito di un procedimento giudiziario riguarda normalmente il controllo dell’uso dei beni, che rientra nell’ambito del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (si veda, tra le molte altre autorit?, ?ysak c. Polonia, n. 1631/16, ? 76, 7 ottobre 2021). Lo stesso vale per le perdite commerciali derivanti da restrizioni generali alla vendita di un determinato prodotto o dal ritiro di una licenza individuale (cfr. Tre Trakt?rer AB c. Svezia, 7 luglio 1989, ?? 54-55, Serie A n. 159, in relazione al ritiro di una licenza per alcolici a un ristorante; Pinnacle Meat Processors Company e altri c. Regno Unito (dec.), n. 33298/96, 21 ottobre 1998). 33298/96, 21 ottobre 1998, in relazione alla perdita di attivit? di lavorazione della carne derivante dalle restrizioni imposte sull’uso di materiale bovino specifico; e Ian Edgar (Liverpool) Ltd contro Regno Unito (dec.), no. 37683/97, CEDU 2000-I in relazione alla perdita di attivit? derivante dal divieto di porto d’armi). La Corte ha inoltre ammesso l’esistenza di un controllo sull’uso dei beni quando la societ? ricorrente, avendo perso opportunit? sul mercato, aveva subito una diminuzione del suo valore d’impresa (cfr. K?nyv-T?r Kft e altri c. Ungheria, n. 21623/13, ? 43, 16 ottobre 2018, in relazione a una diminuzione del valore patrimoniale a seguito della creazione di un monopolio di Stato nel mercato della distribuzione dei libri scolastici, e Pannon Plak?t Kft e altri c. Ungheria, no. 39859/14, ?? 44 e 46, 6 dicembre 2022, in relazione a una diminuzione del valore d’impresa della societ? e alla perdita parziale del valore economico dei beni inflessibili e non variabili della societ? a causa delle restrizioni legali all’attivit? della societ? (cartelloni pubblicitari stradali) per la quale erano stati utilizzati i beni in questione.
62. A prescindere da quanto sopra, in alcune circostanze, una “legittima aspettativa” di ottenere un “bene” pu? anche godere della protezione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. Pertanto, quando un diritto di propriet? ha la natura di una pretesa, la persona che ne ? titolare pu? essere considerata come avente una “legittima aspettativa” se esiste una base sufficiente per l’interesse nel diritto nazionale, ad esempio se esiste una giurisprudenza consolidata dei tribunali nazionali che ne conferma l’esistenza (si veda Kopeck? c. Slovacchia [GC], no. 44912/98, ? 52, CEDU 2004-IX; Draon c. Francia [GC], n. 1513/03, ? 68, 6 ottobre 2005; Anheuser-Busch Inc. c. Portogallo [GC], n. 73049/01, ? 65, CEDU 2007-I; e Pressos Compania Naviera S.A. e altri c. Belgio, 20 novembre 1995, ? 31, Serie A n. 332).
63. Non si pu? dire che sorga un legittimo affidamento, tuttavia, quando vi ? una controversia sulla corretta interpretazione e applicazione del diritto interno e le argomentazioni del richiedente sono successivamente respinte dai giudici nazionali (si veda Kopeck?, sopra citata, ? 50).
64. A questo proposito, spetta in primo luogo alle autorit? nazionali, e in particolare ai giudici, interpretare e applicare il diritto interno. La competenza della Corte a verificare che il diritto interno sia stato correttamente interpretato e applicato ? limitata e non ? sua funzione sostituirsi ai tribunali nazionali; piuttosto, il suo ruolo ? quello di garantire che le decisioni di tali tribunali non siano viziate da arbitrariet? o comunque manifestamente irragionevoli (si vedano Topallaj c. Albania, no. 32913/03, ? 89, 21 aprile 2016, e Weitz c. Polonia (dec.), no. 37727/05, 23 giugno 2009).
(b) Applicazione di questi principi al caso di specie
65. Nel caso di specie, l’eccezione di incompatibilit? del Governo si ? incentrata sull’asserita mancanza di una legittima aspettativa di ottenere una sentenza favorevole in materia di risarcimento per la perdita di attivit? (si veda il precedente paragrafo 57).
66. L’argomentazione del ricorrente, a sua volta, si basava sia sulla dottrina del controllo dell’uso della propriet? sia sulla dottrina del legittimo affidamento. Il ricorrente ha quindi sostenuto che il suo diritto di propriet? derivava in primo luogo dal danno che aveva subito, vale a dire le perdite derivanti dalle decisioni fiscali illegittime riguardanti la sua attivit? e dal sequestro dei suoi beni (si vedano i paragrafi 58 e 59 supra). A tal proposito, il ricorrente ha calcolato il profitto che la sua azienda avrebbe perso nel periodo compreso tra il maggio 2003 e il giugno 2006, ossia durante il periodo in cui i suoi diritti di propriet? sui beni dell’azienda e sui suoi beni privati erano stati colpiti dalle decisioni di sequestro provvisorio (del 19 maggio 2003) e dalle successive decisioni relative alle sue accise (del 21 agosto 2003 e del 2 agosto 2004; si vedano i paragrafi 6, 7, 13, 14, 16 e 21) Davanti al giudice nazionale, il ricorrente ha quindi sostenuto di aver subito un danno patrimoniale pari a circa 190.403 euro (calcolato al tasso di cambio del gennaio 2009; si veda il paragrafo 21). Inoltre, il ricorrente ha essenzialmente sostenuto di aver avuto una legittima aspettativa di ottenere un risarcimento perch? la sua domanda civile aveva soddisfatto tutti i requisiti legali (si vedano i paragrafi 54, 58 e 59 supra).
67. La Corte ribadisce che l’articolo 1 del Protocollo n. 1 si applica solo ai beni esistenti di una persona e non crea un diritto all’acquisto di beni (si veda Stummer c. Austria [GC], n. 37452/02, ? 82, CEDU 2011). I redditi futuri non possono essere considerati “beni” a meno che non siano gi? stati guadagnati o siano sicuramente esigibili (si veda Anheuser-Busch Inc. v. Portugal [GC], no. 73049/01, ? 64, CEDU 2007 I; e Juszczyszyn v. Poland, no. 35599/20, ? 344, 6 ottobre 2022, con ulteriori riferimenti). Detto questo, la Corte non dubita che i legittimi diritti commerciali e di propriet? del ricorrente siano stati pregiudicati dalle restrizioni imposte da una serie di decisioni delle autorit? fiscali sull’uso dei beni appartenenti all’azienda del ricorrente e dei suoi beni privati. A tal fine, la Corte ha affermato in numerose occasioni che qualsiasi sequestro comporta un danno (si veda, ad esempio, Borzhonov c. Russia, n. 18274/04, ? 61, 22 gennaio 2009). Pi? specificamente, la Corte ha anche affermato che un sequestro che ha posto una restrizione temporanea all’alienazione dei beni del richiedente associati alla sua attivit? commerciale lecita ha inevitabilmente influito sulla capacit? di tale attivit? di operare normalmente (cfr. JGK Statyba Ltd e Guselnikovas c. Lituania, ?? 115 e 129, 5 novembre 2013, e D?ini? c. Croazia, no. 38359/13, ? 61 e 68 in fine, 17 maggio 2016, con ulteriori riferimenti; si confronti anche Jucys c. Lituania, no. 5457/03, ? 34, 8 gennaio 2008). ? implicito in tale stato di cose che l’attivit? del ricorrente abbia subito anche un danno al suo valore economico, all’avviamento e alla clientela che erano stati liberamente acquisiti nel corso degli anni di attivit?. L’esistenza di tale danno ? stata infatti confermata dal tribunale civile di primo grado (si vedano i paragrafi 23-27 supra), anche se tale questione non ? stata ulteriormente affrontata dai tribunali superiori in considerazione degli argomenti sollevati dalla convenuta in appello.
68.
69.68. Alla luce delle considerazioni che precedono e della sua giurisprudenza consolidata, come sopra descritta, la Corte ritiene che gli interessi del ricorrente rientrino nei diritti tutelati dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione (si vedano i paragrafi 60 e 61 supra).
Conclusione sull’ammissibilit?
69. Dalle considerazioni che precedono risulta che il ricorso non pu? essere respinto in quanto incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione o dei suoi Protocolli.
70. La Corte osserva che il ricorso non ? manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35 ? 3 (a) della Convenzione, n? ? irricevibile per altri motivi. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
Il merito
Argomentazioni delle parti
(a) Il ricorrente
70. Il ricorrente ha sostenuto che la costituzione di ipoteche sui suoi beni immobili, il congelamento dei conti bancari della sua impresa e il sequestro delle sue autovetture, nonch? l’esecuzione di debiti fiscali, tutti autorizzati nell’ambito di procedimenti tributari giudicati illegittimi, avevano perturbato la sua attivit? imprenditoriale a tal punto che la sua impresa aveva registrato gravi perdite.
71. Il ricorrente ha sostenuto che l’onere che aveva dovuto sostenere era stato eccessivo. In primo luogo, l’interesse finanziario dello Stato sarebbe stato sufficientemente garantito dall’imposizione di ipoteche solo sui suoi beni immobili, poich? il loro valore era molte volte superiore a quello dei debiti fiscali contestati. In secondo luogo, le misure non erano state revocate il prima possibile, come sostenuto dal Governo. Infatti, se le autorit? fiscali fossero state in grado di concludere, prima di qualsiasi armonizzazione da parte della Corte Suprema Amministrativa, che la decisione fiscale contestata era illegittima, avrebbero dovuto revocare le misure in questione molto prima, mentre in realt? erano rimaste in vigore per ben tre anni. In terzo luogo, il danno subito dall’azienda del ricorrente non era stato risarcito a causa della drastica limitazione della responsabilit? dell’erario nei confronti dei privati. La possibilit? di chiedere un risarcimento era quindi teorica e inefficace. Il requisito della flagranza o della manifesta illegittimit?, che era una qualificazione soggettiva, lasciava un margine troppo ampio di discrezionalit? non verificabile e di arbitrariet? da parte del giudice nazionale che giudicava il caso.
Il Governo
73. Il Governo ha sostenuto che esiste un quadro giuridico efficace per offrire un risarcimento per eventuali danni causati da decisioni illegittime delle autorit? statali.
74. Le decisioni che determinavano i debiti fiscali del ricorrente, tuttavia, non erano illegittime di per s?, ma piuttosto erano viziate da un errore di diritto derivante dall’esistenza di due linee di interpretazione contraddittorie della legge fiscale. La successiva armonizzazione dell’interpretazione giudiziaria da parte della Corte Suprema Amministrativa negli anni 2007 e 2009 non ha reso illegittime le precedenti decisioni fiscali solo perch? avevano seguito un’interpretazione valida all’epoca.
75. Inoltre, l’imposizione delle misure era stata giustificata, come motivato nelle decisioni pertinenti, dalla necessit? di proteggere gli interessi dell’erario e perch? il valore delle immobilizzazioni dell’impresa del ricorrente non era stato sufficiente a coprire i suoi debiti fiscali e c’era stato il rischio che non li avrebbe assolti.
76. Il Governo ha inoltre sostenuto che le misure impugnate non erano state sproporzionatamente onerose per il ricorrente. Il valore degli oggetti garantiti rifletteva l’importo dei suoi debiti fiscali. L’esecuzione delle misure era stata parzialmente sospesa nel 2005 e nel 2006. Subito dopo l’invalidazione delle misure, era stata emessa una decisione che dichiarava che il ricorrente aveva pagato in eccesso le sue imposte.
77. Nel complesso, il Governo ha sostenuto che le autorit? nazionali hanno raggiunto un giusto equilibrio tra gli interessi individuali del ricorrente e gli interessi pubblici nel caso di specie.
(c) Il terzo
78. La Fondazione Helsinki per i Diritti Umani (“la Fondazione”) ha affermato che il sistema del diritto tributario polacco si basa su un meccanismo di autovalutazione fiscale. In altre parole, era responsabilit? del contribuente determinare, sulla base della normativa fiscale applicabile, se e quanto fosse tenuto a pagare, e versare il relativo importo alle autorit? fiscali. Secondo la Fondazione, un sistema di autovalutazione combinato con il principio costituzionale dello Stato di diritto e il principio della fiducia nello Stato richiedeva che la legge fiscale fosse coerente, sufficientemente specifica, stabile, funzionale e chiaramente strutturata.
79. La legge fiscale polacca, secondo la Fondazione, non soddisfaceva questi requisiti; era complicata e difficile da interpretare. Ogni anno, le autorit? fiscali emettevano interpretazioni ufficiali di varie disposizioni fiscali in relazione a 33.000 domande individuali. Negli anni 2008-16 sono state emesse quasi 302.000 interpretazioni fiscali ufficiali. Una richiesta cos? elevata di interpretazioni fiscali dimostra che la legge fiscale ? molto ambigua per i contribuenti. Inoltre, la legge fiscale era imprevedibile e in continua evoluzione. Ad esempio, nei sette anni successivi all’entrata in vigore della legge sull’IVA (2004-11), 698 disposizioni sono state soggette a modifiche, tra cui una sezione che ? stata modificata quattordici volte. Solo nel 2013 la legge sull’IVA ? stata modificata sei volte. Nel 2016 era stata nuovamente modificata, poich? erano entrate in vigore 1.784 pagine di nuova legislazione che disciplinavano direttamente la materia fiscale.
79. La Fondazione ha anche affermato che i contribuenti sono stati scoraggiati dal fare causa allo Stato per decisioni fiscali illegittime a causa dei costi elevati e delle scarse possibilit? di successo di tali procedimenti. Hanno fornito statistiche che mostrano che tra il 2010 e il 2016, 112 azioni di risarcimento per decisioni fiscali illegittime sono state esaminate dai tribunali polacchi. Novantaquattro di queste cause sono state vinte dall’erario.
La valutazione della Corte
(a) Principi generali
81. Nel contesto di un’ingerenza nei diritti di propriet?, il primo e pi? importante requisito dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 ? che essa sia legittima: il secondo paragrafo riconosce che gli Stati hanno il diritto di controllare l’uso della propriet? applicando le “leggi” (si vedano Iatridis, sopra citato, ? 58; Ex Re di Grecia e altri c. Grecia [GC], n. 25701/94, ? 79, CEDU 2000-XII; e Broniowski c. Polonia [GC], no. 31443/96, ? 147, CEDU 2004-V). Ci? significa che l’ingerenza deve essere conforme al diritto interno e che il diritto stesso deve essere di qualit? sufficiente per consentire al richiedente di prevedere le conseguenze della sua condotta. Per quanto riguarda la conformit? al diritto interno, la Corte ha un potere limitato al riguardo, poich? si tratta di una questione che rientra principalmente nella competenza dei tribunali nazionali (si veda OAO Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia, n. 14902/04, ? 559, 20 settembre 2011, con ulteriori riferimenti).
82. Inoltre, sia che il caso venga analizzato in termini di un dovere positivo dello Stato o di un’interferenza da parte di un’autorit? pubblica che deve essere giustificata, i criteri da applicare non differiscono nella sostanza. In particolare, si deve tenere conto dell’equo equilibrio da raggiungere tra gli interessi concorrenti dell’individuo e della comunit? nel suo complesso. ? altres? vero che gli obiettivi menzionati nell’articolo 1 del Protocollo n. 1 possono essere di una certa rilevanza nel valutare se sia stato raggiunto un equilibrio tra le esigenze dell’interesse pubblico coinvolto e il diritto fondamentale di propriet? del richiedente. In entrambi i contesti lo Stato gode di un certo margine di apprezzamento nel determinare le misure da adottare per garantire il rispetto della Convenzione (cfr. Broniowski, sopra citata, ? 144, e JGK Statyba Ltd e Guselnikovas, sopra citata, ? 118, con ulteriori riferimenti).
83. Gli obblighi positivi inerenti all’articolo 1 del Protocollo n. 1 possono comportare l’adozione di misure necessarie a tutelare i diritti di propriet?, in particolare quando esiste un legame diretto tra le misure che un richiedente pu? legittimamente aspettarsi dalle autorit? e il suo effettivo godimento dei propri beni, anche nei casi di controversie tra soggetti privati. Ci? significa, in particolare, che gli Stati hanno l’obbligo di fornire un meccanismo giudiziario per risolvere efficacemente le controversie in materia di propriet? e di garantire la conformit? di tali meccanismi con le garanzie procedurali e materiali sancite dalla Convenzione. Questo principio si applica a maggior ragione quando ? lo Stato stesso a essere in lite con un individuo (si veda Plechanow c. Polonia, n. 22279/04, ?? 99 e 100, 7 luglio 2009).
84. Il diritto all’indennizzo non ? insito nel secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione relativo al controllo dell’uso della propriet? (cfr. J.A. Pye (Oxford) Ltd e J.A. Pye (Oxford) Land Ltd, sopra citato, ? 79; e Ban?r c. Svezia, n. 11763/85, decisione della Commissione del 9 marzo 1989, Decisions and Reports 60, p. 128, a p. 142). Ne consegue che, quando ? in questione una misura che controlla l’uso della propriet?, la mancanza di compensazione non ? di per s? sufficiente a costituire una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1. ?, tuttavia, un fattore che deve essere considerato come una violazione dell’articolo 1 del Protocollo. Tuttavia, ? un fattore da prendere in considerazione per determinare se sia stato raggiunto un giusto equilibrio (si veda Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia, no. 35332/05, ? 45, 21 febbraio 2008, e Depalle c. Francia [GC], no. 34044/02, ? 91, CEDU 2010, con ulteriori riferimenti). Ad esempio, in un caso in cui le autorit? avevano sequestrato e trattenuto degli oggetti come prova fisica in un procedimento penale, la Corte ha ritenuto che – nel contesto dell’articolo 13 in combinato disposto con l’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione – la legislazione nazionale dovesse prevedere la possibilit? di avviare un procedimento contro lo Stato e di chiedere un risarcimento per qualsiasi danno derivante dall’incapacit? delle autorit? di mantenere gli oggetti al sicuro e in condizioni ragionevolmente buone. Ci? ? particolarmente vero nei casi in cui l’interferenza stessa risulti illegittima (si veda, mutatis mutandis, Karamitrov e altri c. Bulgaria, no. 53321/99, ? 77, 10 gennaio 2008).
Applicazione dei suddetti principi al caso di specie
85. La Corte osserva che il presente ricorso riguarda una serie di restrizioni poste in essere a seguito delle decisioni di imposizione di misure provvisorie di sequestro (del 19 maggio 2003) e delle successive decisioni relative ai debiti del ricorrente in materia di accise (del 21 agosto 2003 e del 2 agosto 2004). Tali restrizioni hanno inciso sull’esercizio dei diritti di propriet? del ricorrente in relazione ai beni della sua azienda e ai suoi beni privati (cfr. paragrafi 23, 25 e 30) e, come sostenuto dal ricorrente, gli hanno causato un danno patrimoniale misurabile (perdita di attivit?). Le decisioni fiscali in questione sono state successivamente dichiarate illegittime e revocate (cfr. paragrafi 18 e 19 supra).
86. Il Governo ha sostenuto che le decisioni che hanno determinato i debiti fiscali del ricorrente non erano illegittime di per s?, ma piuttosto erano viziate da un errore di diritto derivante dall’esistenza di due linee interpretative contraddittorie del diritto interno (si veda il paragrafo 40 sopra). La prassi nazionale era stata successivamente armonizzata dalla Corte Suprema Amministrativa, ma all’epoca dei fatti l’esito iniziale del procedimento fiscale aveva rispecchiato una delle interpretazioni giudiziarie delle disposizioni rilevanti in materia di accise (cfr. paragrafo 41). Il ricorrente, invece, sosteneva che le decisioni che avevano stabilito le sue imposte sul consumo erano illegittime, indipendentemente dall’esistenza di diverse interpretazioni giudiziarie delle disposizioni in materia; infatti, le decisioni impugnate erano state invalidate prima dell’armonizzazione della prassi. Inoltre, egli ha sostanzialmente sostenuto che la normativa in materia di accise non era chiara (cfr. paragrafi 79 e 80). La Corte prende quindi atto delle posizioni divergenti delle parti in merito alla legittimit? dell’ingerenza.
87. La Corte ritiene importante ribadire che, nel caso di specie, le misure che hanno comportato il sequestro dei beni del ricorrente erano finalizzate a garantire il pagamento delle accise dovute dalla sua impresa. I suoi debiti fiscali sono stati dapprima esaminati (a partire dal 19 maggio 2003; si vedano i paragrafi 6-9) e successivamente sono stati accertati e sono diventati esecutivi a seguito delle nove decisioni emesse dalle autorit? fiscali di primo e secondo grado (a partire dal 21 agosto 2003; si vedano i paragrafi 13, 14 e 16). Le misure sono rimaste in vigore (presumibilmente con una graduale sospensione dell’esecuzione nel 2005 e all’inizio del 2006; cfr. paragrafo 17 supra) fino al 24 aprile 2006, quando sono state revocate le decisioni fiscali impugnate relative alle accise del ricorrente (cfr. paragrafo 18 supra).
88. Nelle circostanze del caso di specie, la Corte ritiene che la limitazione del diritto del ricorrente al pacifico godimento dei suoi beni non sia di per s? criticabile, soprattutto in considerazione dello scopo legittimo perseguito e del margine di apprezzamento previsto dal secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione. Tuttavia, il rischio di un tale sistema ? che possa limitare in modo irragionevole la capacit? del richiedente di amministrare i propri beni, soprattutto se il procedimento si protrae nel tempo, come nel caso in esame. Inoltre, la Corte non ? convinta che le autorit? nazionali abbiano preso sufficientemente in considerazione la possibilit? di adottare misure meno intrusive nei confronti dei beni del ricorrente.
89. La Corte osserva inoltre che il giudice di primo grado ha accolto il ricorso del ricorrente e ha concesso un risarcimento di importo prossimo a quello da lui richiesto. Il giudice nazionale, tenuto conto del parere dell’esperto, ha ritenuto che, a seguito del congelamento del suo conto bancario e del sequestro dei suoi veicoli, il ricorrente non era stato in grado di continuare a gestire la sua attivit? e aveva subito perdite significative (cfr. paragrafi 22 e 24 supra). Questo tribunale ha anche considerato che, tra le numerose decisioni emesse dalle autorit? a partire dal 19 maggio 2003, era stata la decisione del 2 agosto 2004 della Camera doganale di Stettino a essere fatale per l’attivit? del ricorrente. Tale decisione aveva portato al congelamento dei conti bancari del ricorrente e aveva di fatto ostacolato le sue transazioni commerciali (si veda il paragrafo 25 supra).
90. La Corte ritiene che, nonostante l’annullamento definitivo di tale sentenza da parte della corte d’appello, l’accertamento dei fatti effettuato dal giudice di primo grado indica che il ricorrente aveva effettivamente subito un danno pecuniario significativo e che il danno in questione era stato direttamente causato dalle misure disposte da varie autorit? statali (si veda, mutatis mutandis, Tarnawczyk c. Polonia, n. 27480/02, ? 104, 7 dicembre 2010).
91. Il ricorrente ? stato quindi costretto a sopportare importanti conseguenze finanziarie della prassi divergente delle autorit? pubbliche, mentre spetta allo Stato assumersi la responsabilit? per gli errori o le omissioni derivanti dalle loro azioni.
92. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, la Corte ritiene che le restrizioni imposte sui beni personali e aziendali del ricorrente per tre anni abbiano costituito un onere individuale ed eccessivo per lui, sconvolgendo il “giusto equilibrio” che dovrebbe essere raggiunto tra la tutela del diritto di propriet? e le esigenze dell’interesse generale (si vedano, mutatis mutandis, D?ini?, sopra citata, e Lachikhina c. Russia, no. 38783/07, 10 ottobre 2017).
93. Di conseguenza, vi ? stata una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
94. L’articolo 41 della Convenzione prevede:
“Se la Corte constata che vi ? stata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se la legge interna dell’Alta Parte Contraente interessata consente solo un risarcimento parziale, la Corte deve, se necessario, dare giusta soddisfazione alla parte lesa.”
95. La ricorrente ha chiesto 183,132 euro (EUR) per danni pecuniari. Ha spiegato che tale importo era equivalente alle perdite subite mentre non era in grado di gestire la sua attivit? a causa delle misure di sequestro contestate. Essa era anche in linea con la sentenza pronunciata dal giudice di primo grado nel procedimento civile (si veda il precedente paragrafo 22). Nel caso in cui il Tribunale non abbia pronunciato alcuna sentenza per danni pecuniari, egli ha chiesto 100.000 EUR per danni morali causati da “difficolt? nella sua vita professionale e privata”.
96. Il Governo sosteneva che il credito della ricorrente relativo al danno pecuniario era infondato e che il credito relativo al danno morale era impreciso, ingiustificato e, in ogni caso, esorbitante.
97. Nelle circostanze del caso di specie, il Tribunale ritiene che, per quanto riguarda la sentenza da pronunciare in merito al danno, la questione del l’applicazione del l’articolo 41 non sia ancora pronta per la decisione (vedi ?ysak, sopra citata, ? 96). Di conseguenza, tale questione deve essere riservata e la procedura successiva deve essere fissata, tenuto conto di qualsiasi accordo che possa essere raggiunto tra il governo e la ricorrente (articolo 75, paragrafi 1 e 4, del regolamento della Corte).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE ALL’UNANIMIT?,
dichiara il ricorso ricevibile;
ritiene che vi sia stata violazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione;
sostiene che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non ? pronta per la decisione e, di conseguenza,
(a)si riserva di rispondere a tale domanda;
(b) invita il Governo e la ricorrente a presentare, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventa definitiva, ai sensi dell’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le loro osservazioni scritte sull’importo da attribuire alla ricorrente per danni e in particolare, notificare alla Corte qualsiasi accordo che possano raggiungere;
(c)Si riserva l’ulteriore procedura e delegati al Presidente della Camera il potere di fissare lo stesso, se necessario.
Fatto in inglese, e notificato per iscritto il 5 ottobre 2023, ai sensi della regola 77 ?? 2 e 3 del regolamento della Corte.
Renata Degener Marko Bo?njak
Cancelliere Presidente