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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ZOUBOULIDIS c. GRECE (N°2)

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, P1-1
Numero: 36963/06/2009
Stato: Grecia
Data: 2009-06-25 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione di P1-1; Danno materiale – risarcimento; Danno morale – constatazione di violazione sufficiente
PRIMA SEZIONE
CAUSA ZOUBOULIDIS C. GRECIA (NO 2)
( Richiesta no 36963/06)
SENTENZA
STRASBURGO
25 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Zouboulidis c. Grecia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36963/06) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. I. Z. (“il richiedente”), ha investito la Corte l’11 agosto 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da V. S., avvocato al foro di Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dai delegati del suo agente, Sigg. K. Georgiadis, assessore presso il Consulente legale dello stato, ed I. Bakopoulos, revisore presso il Consulente legale dello stato.
3. L’ 8 gennaio 2008, il presidente della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1960 e ha risieduto a Praga.
A. Il contesto della causa
5. Il richiedente è funzionario al ministero delle Cause estere. È sposato e padre di due bambini minorenni. Tra il 1993 e il 2002, occupava una posizione di ufficiale giudiziario all’ambasciata greca di Berlino in virtù di un contratto di diritto privato a durata indeterminata.
6. Conformemente alle disposizioni della legislazione pertinente in materia di funzionamento dei servizi del ministero delle Cause estere, la rimunerazione dei funzionari del ministero comprendeva lo stipendio di base al quale si aggiungevano i sussidi e le maggiorazioni. Il richiedente che percepiva il sussidio di trasferta, si vide negare in compenso il diritto alle maggiorazioni di questo per i bambini a carico. Il ministero negò di versargli queste maggiorazioni basandosi sulle decisioni ministeriali dell’11 marzo 1988 e del 17 marzo 1993, adottate in virtù della legge no 419/1979 che introduceva una distinzione tra i funzionari impiegati in virtù di un contratto di diritto privato e gli altri.
7. Il 22 maggio 1998, il richiedente investì le giurisdizioni civili, sollecitando che gli venissero versate le maggiorazioni del sussidio di trasferta a contare dal 1 gennaio 1993 fino al 31 maggio 1998. In applicazione della nuova legge nº 2594/1998 che annullava la distinzione tra i funzionari impiegati in virtù di un contratto di diritto privato e gli altri, il richiedente fu riconosciuto titolare del diritto di percepire le maggiorazioni del sussidio di trasferta per i bambini a carico per il periodo che andava dal 24 marzo 1998 al 31 maggio 1998 (sentenza nº 1143/2001 della Corte di cassazione del 15 giugno 2001).
B. Il procedimento controverso
8. Il 19 novembre 2001, il richiedente investì il tribunale di prima istanza di Atene, chiedendo il versamento delle maggiorazioni del sussidio di trasferta a contare dal 1 giugno 1998 fino al 31 dicembre 2001, di un importo totale di 65 432 €, aumentato di interessi moratori a contare dal giorno in cui queste maggiorazioni erano diventate esigibili.
9. Il 19 giugno 2002, il tribunale di prima istanza fece diritto all’istanza del richiedente (giudizio nº 1509/2002).
10. Il 27 settembre 2002, lo stato interpose appello a questo giudizio.
11. Il 10 settembre 2003, la corte di appello di Atene annullò il giudizio attaccato, esaminò di nuovo il merito della causa ed accolse parzialmente l’istanza del richiedente. In primo luogo, suddetta giurisdizione constatò che la sentenza nº 1143/2001 della Corte di cassazione, rivestita di autorità di cosa giudicata, aveva deliberato in modo irrevocabile sull’esistenza del diritto del richiedente a percepire suddette indennità a partire dal 24 marzo 1998. Poi, considerò che le pretese del richiedente per il periodo dal 1 giugno al 31 dicembre 1998 erano colpite da prescrizione biennale prevista dall’articolo 90 § 3 della legge nº 2362/1995 (vedere sotto paragrafo 16). Infine, concluse che il richiedente aveva diritto alle indennità sollecitate per il periodo che andava dal 1 gennaio 1999 al 31 dicembre 2001, aumentate di interessi moratori a contare della data della notificazione della sua azione allo stato (sentenza nº 6819/2003).
12. Il 23 dicembre 2003, il richiedente ricorse in cassazione. Da una parte, sollevò che il privilegio risultante dalla prescrizione biennale istituita a favore dello stato era contrario al principio di uguaglianza così come al dritto al rispetto dei beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo nº 1. A questo riguardo, sostenne che questo termine si differenziava da quello applicabile ai crediti di cui lo stato era beneficiario e che l’esistenza di due termini di prescrizione distinti secondo l’identità del debitore non sembrava conciliarsi col principio di uguaglianza e la preminenza del diritto. Dall’altra parte, il richiedente contestò la compatibilità con la Costituzione, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, della regola secondo la quale gli interessi moratori su ogni debito dello stato decorrevano a contare dalla data di notificazione dell’azione a questo ultimo. Secondo il richiedente, questo privilegio che costituiva una deroga al diritto comune del lavoro, non si trovava giustificato.
13. Il 24 gennaio 2006, la Corte di cassazione respinse il ricorso (sentenza nº 145/2006). In particolare, l’alta giurisdizione considerò che:
“L’articolo 90 § 3 della legge nº 2362/1995 che stabilisce un termine di prescrizione corto -differente dal termine per i crediti simili [del diritto privato]-è conforme alla Costituzione e non contraddice il principio di uguaglianza, come consacrato dall’articolo 4 della Costituzione, poiché l’esistenza di regole differenti è giustificata dalla natura di suddetti crediti e dalla preoccupazione di far quadrare in modo pronto i debiti dello stato.
(…)
Risulta [dall’articolo 21 del decreto legislativo del 26 giugno/10 luglio 1944] che in materia di crediti pecuniari contro lo stato, questo ultimo è tenuto a versare degli interessi moratori a partire dalla data in cui l’azione gli è stata notificata, con eccezione alle regole generali. Questo regime è giustificato dalle ragioni di interesse pubblico generale che mira a ridurre le spese dello stato in questo ambito e [a permettergli] in compenso di fare fronte ad altre spese relative alla prestazione di servizi alla società “
14. Questa sentenza fu messa in bella copia il 14 marzo 2006.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. La legge nº 2594/1998 relativa allo statuto del ministero delle Cause estere
15. L’articolo 135 della legge nº 2594/1998 si legge così:
“1. La rimunerazione dei funzionari comprende lo stipendio base corrispondente al grado e tutte le indennità e maggiorazioni accordate secondo le disposizioni pertinenti.
(…)
10. Per fare fronte alla differenza del costo della vita e delle condizioni specifiche della vita all’estero, un sussidio di trasferta viene versato in aggiunta alle indennità menzionate al paragrafo 1, in funzione del servizio e del grado. Questo sussidio è aumentato in funzione delle percentuali contemplate per i carichi familiari e l’alloggio “
B. La legge no 2362/1995 sulla contabilità pubblica
16. Le disposizioni pertinenti della legge no 2362/1995 contemplano:
Articolo 86
Prescrizione dei crediti di cui lo stato è beneficiario
“(…)
2. Un credito di cui lo stato è beneficiario, abbinato alle multe afferenti, è prescritto cinque anni dopo la fine dell’anno durante cui questo era stato registrato nel senso stretto il termine.
3. Un credito di cui lo stato è beneficiario e
a) derivante da un contratto che questo aveva concluso
(…)
c) riguardante dei crediti periodici
(…)
è prescritto vent’ anni dopo la fine dell’anno durante cui questo era stato registrato nel senso stretto il termine. “
Articolo 90
Prescrizione delle pretese contro lo stato
“1. Ogni pretesa contro lo stato è considerata prescritta dopo cinque anni .”
(…)
3. Le pretese contro lo stato di tutti i funzionari, impiegati in virtù di un contratto di dritto pubblico o di diritto privato riguardanti degli stipendi o dei trattamenti di ogni natura o delle indennità sono prescritte due anni dopo la data di nascita di suddetto diritto.
(…) “
C. Il decreto legislativo del 26 giugno e del 10 luglio 1944 che codifica le leggi sulle controversie dello stato
17. L’articolo 21 di suddetto decreto contempla:
Interessi moratori
“Il tasso degli interessi legali e degli interessi moratori su ogni debito dello stato è fissato al 6% all’ anno. Questi interessi sono dovuti a contare dalla data di notificazione dell’azione. “
D. La giurisprudenza delle alte giurisdizioni
18. In virtù di una giurisprudenza stabilita della Corte di cassazione (ΑΠ (Ολ)) 40/2002, ΑΠ 1682/2000, ΑΠ 945/2001, Α.Π. 854/2005) relativa agli stipendi, ai sussidi ed alle altre rimunerazioni, il datore di lavoro deve essere considerato come messo in ingiunzione di pagamento ai sensi dell’articolo 341 § 1 del codice civile, se è trascorso il giorno fissato (δήλη ημέρα) di versamento previsto dall’articolo 655 del codice civile ed egli sarà quindi debitore degli interessi moratori a contare da questo giorno in virtù dell’articolo 345 a) del codice civile.
19. In virtù della giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, la prescrizione prevista dall’articolo 90 § 3 della legge no 2362/95 non contraddice il principio di uguaglianza, consacrato dall’articolo 4 della Costituzione ellenica, poiché l’esistenza di regole differenti è giustificata dalla natura di suddetti crediti, dalla preoccupazione di far quadrare in modo pronto gli obblighi dello stato e di garantire il buon funzionamento dei servizi finanziari dello stato (ΑΠ 588/2007, 250/2006, 145/2006,).
20. Con la sua sentenza no 3654/2008 del 12 dicembre 2008, l’assemblea plenaria del Consiglio di stato ha giudicato che la regola della prescrizione dei due anni, relativa alle pretese degli impiegati di persone giuridiche di dritto pubblico in quanto agli stipendi, ai trattamenti di ogni natura o alle indennità, è contrario all’articolo 4 § 1 della Costituzione. L’alta giurisdizione amministrativa ha notato che il termine di prescrizione di ogni altra pretesa contro le persone giuridiche di dritto pubblico è di cinque anni. Ha considerato che il fatto che i funzionari sono sottoposti ad un regime differente da quello che regola gli impiegati del settore privato non basta a giustificare questa differenza di trattamento. In più, il Consiglio di stato ha giudicato che il termine di prescrizione di due anni non potrebbe essere giustificato dalla sola invocazione dell’interesse di proteggere il patrimonio delle persone giuridiche di dritto pubblico. Infine, l’alta giurisdizione amministrativa ha constatato la contraddizione di questa sentenza con la giurisprudenza della Corte di cassazione per lo stesso motivo e ha rinviato la causa dinnanzi alla Corte suprema speciale per decidere definitivamente la questione in causa. Risulta dalla pratica che attualmente la causa è pendente dinnanzi a suddetta giurisdizione.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO Nº 1
21. Il richiedente adduce che la determinazione del termine di prescrizione più corto di quello previsto dal codice civile ed il calcolo degli interessi moratori a contare dalla data della notificazione del ricorso allo stato, con eccezione alle regole del diritto del lavoro, ha sminuito il valore dei suoi crediti, senza che ciò fosse giustificato da qualche scopo di interesse pubblico. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
22. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
23. Il Governo ricorda la giurisprudenza della Corte secondo la quale l’articolo 1 del Protocollo nº 1 protegge solamente i beni “reali.” Ora, secondo lui, questa disposizione non è applicabile alla situazione giuridica del richiedente, poiché questo ultimo non dispone di un “bene” ai sesi dell’articolo 1 del Protocollo nº 1. Difatti, per il Governo, ai termini della legislazione in vigore, come interpretata in modo costante dalle giurisdizioni interne, il richiedente non aveva nessuno diritto a percepire delle maggiorazioni del suo sussidio di trasferta al di là del periodo di due anni previsti dall’articolo 90 § 3 della legge no 2362/1995. Parimenti, il richiedente non aveva nessuno diritto agli interessi moratori prima della data della notificazione della sua azione allo stato. Ben al contrario, l’alta giurisdizione nazionale ha respinto tutte le sue istanze in modo irrevocabile, conformemente alla giurisprudenza stabilita in materia.
24. A titolo accessorio, il Governo afferma che l’articolo 90 § 3 della legge no 2362/1995 che limita il reclamo dei crediti contro lo stato, insegue un scopo di interesse generale che è nell’occorrenza la preoccupazione di far quadrare in modo pronto i debiti dello stato e di evitare così di sovraccaricare il bilancio dello stato con delle spese impreviste. Il Governo aggiunge che la differenza di regime applicabile in caso di reclami dello stato contro gli individui è giustificata dal fatto che, in questo caso, i suddetti scopi di interesse pubblico non entrano in gioco. Parimenti, la determinazione del punto di partenza degli interessi moratori a contare dalla data di notificazione del ricorso allo stato si trova giustificata da ragioni di interesse pubblico generale che mirano a ridurre le spese impreviste.
25. Il richiedente adduce che le disposizioni in causa che hanno sminuito in modo sproporzionato i suoi crediti, recano offesa al principio della preminenza del diritto. Secondo il richiedente, la politica di bilancio dello stato, invocata dal Governo come fondamento dell’ingerenza in causa, non potrebbe essere assimilata ad un interesse pubblico o non potrebbe giustificare delle restrizioni ai diritti fondamentali dell’individuo. Peraltro, il richiedente denuncia il fatto che in ragione dell’applicazione delle disposizioni in causa, è penalizzato dal rifiuto dell’amministrazione di versargli le maggiorazioni del sussidio di trasferta, malgrado l’esistenza della sentenza nº 1143/2001 della Corte di cassazione, rivestita di autorità di cosa giudicata.
2. Valutazione della Corte
26. Secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 1 del Protocollo nº 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, prevede la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, tra l’altro, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima.
27. La Corte ricorda che la nozione di “bene”, menzionata nella prima parte dell’articolo 1 del Protocollo nº 1, ha una portata autonoma che non si limita alla proprietà di beni corporali. In ogni caso, è importante esaminare se le circostanze, considerate nel loro insieme, hanno reso il richiedente titolare di un interesse sostanziale protetto dall’articolo 1 del Protocollo nº 1 (Iatridis c. Grecia [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, Beyeler c. Italia, [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH 2000-I, e Broniowski c. Polonia [GC], nº 31443/96, § 129, CEDH 2004-V).
28. Nell’occorrenza, il richiedente aveva diritto ad un aumento del suo sussidio di trasferta in virtù della legge nº 2594/1998 che contemplava in modo generale che un sussidio di trasferta, aumentato delle percentuali contemplate per i carichi familiari e l’alloggio, verrebbe versato ad ogni funzionario impiegato all’estero (vedere sopra paragrafo 15). Questo diritto, inizialmente respinto, fu riconosciuto definitivamente al richiedente dalle sentenze numeri 1143/2001 della Corte di cassazione e 6819/2003 della corte di appello di Atene (vedere paragrafi sopra 7 e 11). Ne segue che il richiedente aveva un credito certo ed esigibile di percepire delle maggiorazioni del suo sussidio di trasferta che derivava dal suo contratto di lavoro (Angelov c. Bulgaria, no 44076/98, § 35, 22 aprile 2004, e Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 59, serie A no 301-B).
29. Parimenti, le giurisdizioni investite hanno riconosciuto che il debito dello stato nei confronti del richiedente doveva essere aumentato di interessi moratori. Avevano creato dunque, a profitto del richiedente, un credito relativo agli interessi moratori che era stabilito sufficientemente da essere esigibile (vedere nello stesso senso, Eko-Elda AVEE c. Grecia, nº 10162/02, CEDH 2006 – IV). Quindi, l’articolo 1 del Protocollo no 1 si trova ad applicare nello specifico.
30. Ora, il richiedente non è stato risarcito interamente del non-versamento di suddette maggiorazioni durante il periodo in causa, in ragione dell’applicazione da parte delle giurisdizioni interne delle disposizioni speciali di una legge afferente ai funzionari, che introduceva delle eccezioni al diritto civile ed al diritto del lavoro e che accordava allo stato dei privilegi. Si pone la questione di sapere dunque se l’applicazione delle disposizioni speciali che hanno ridotto l’importo dei crediti del richiedente, era giustificata da un scopo di interesse pubblico e ha rispettato il giusto equilibrio che deve regnare tra le salvaguardie del diritto di proprietà e le esigenze dell’interesse generale.
31. La Corte nota, al primo colpo, che il solo fatto che le pretese del richiedente erano sottoposte ad un termine di prescrizione non dà nessun problema allo riguardo della Convenzione. L’istituzione di termini di prescrizione è un tratto comune ai sistemi giuridici degli Stati contraenti, che mira a garantire la sicurezza ́giuridica fissando un termine alle azioni ed ad impedire l’ingiustizia che si potrebbe produrre se i tribunali fossero chiamati a pronunciarsi su degli avvenimenti sopraggiunti lontano nel passato (J.A. Pye (Oxford, Ltd) e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c. Regno Unito [GC], no 44302/02, § 68, CEDH 2007 -…. ; Stubbings ed altri c. Regno Unito, 22 ottobre 1996, § 51, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
32. Tuttavia, la Corte nota che il termine biennale costituisce un’eccezione al diritto civile che regola abitualmente le controversie del lavoro, e che non si trova ad applicare ai crediti di cui lo stato è beneficiario. In questo ultimo caso, la Corte osserva che l’articolo 86 della legge no 2362/1995 contempla dei termini di prescrizione che oscillano tra i cinque e i venti anni (vedere sopra paragrafo 16). Il termine durante cui lo stato può fare valere i suoi crediti è in altri termini, rispettivamente più di due volte e dieci volte superiore a quello contemplato per fare valere un credito a suo carico.
33. La Corte prende nota dell’argomento principale del Governo, confermato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione ma non dalla giurisprudenza recente del Consiglio di stato (vedere sopra paragrafo 20), ossia che il trattamento preferenziale riservato allo stato, in quanto al termine di prescrizione dei suoi obblighi verso l’individuo, si trova giustificato da due ragioni principali: la preoccupazione di far quadrare in modo pronto i debiti di questo e di evitare di sovraccaricare il suo bilancio di spese impreviste.
34. Su questo punto, la Corte osserva, innanzitutto, che la presente causa riguarda una controversia del lavoro afferente al pagamento di maggiorazioni su un sussidio di trasferta ad un agente contrattuale dello stato. La Corte rileva che, anche se il richiedente era destinato ad un servizio pubblico amministrativo, lo stato ha agito nello specifico come ogni altro datore di lavoro privato.
35. Certo, è vero che, anche nella cornice dei ricorsi ai procedimenti di diritto privato, l’amministrazione può perseguire delle missioni di diritto pubblico. Di conseguenza, dei privilegi e delle immunità le sarebbero eventualmente necessari per compiere suddetto ruolo. Tuttavia, la sola appartenenza alla struttura dello stato non basta in sé a legittimare, in ogni circostanza, l’applicazione di privilegi statali, ma occorre che ciò sia necessario al buono esercizio delle funzioni pubbliche (Meïdanis c. Grecia, no 33977/06, § 30, 22 maggio 2008). Difatti, il semplice interesse di tesoreria dello stato non può essere assimilato da solo ad un interesse pubblico o generale che giustificherebbe in ogni caso preciso l’attentato ai diritti dell’individuo. La preoccupazione di far quadrare in modo pronto i debiti di questo e di evitare di sovraccaricare il suo bilancio di spese impreviste non potrebbe dunque giustificare in sé un attentato conseguente al diritto di proprietà del richiedente.
Nell’occorrenza, il Governo invoca in modo astratto e generale degli interessi finanziari dello stato, senza per questo fornire degli elementi concreti e supplementari sull’impatto che avrebbe sull’equilibrio finanziario dello stato una decisione favorevole alle pretese di persone che si trovano nella stessa situazione di quella del richiedente. Ciò è tanto più vero in quanto la differenza tra i termini di prescrizione concernenti lo stato ed il richiedente, nella cornice della presente causa, era considerevole.
36. Pertanto, la Corte constata la mancanza di motivo di interesse generale sufficiente ad applicare il termine di prescrizione biennale in quanto alle pretese del richiedente contro lo stato. La stessa constatazione vale inoltre, anche in quanto al dies a quo considerato dalle giurisdizioni interne per calcolare gli interessi moratori sulla somma assegnata. In particolare, le giurisdizioni civili hanno considerato la data in cui l’azione del richiedente era stata notificata allo stato, mentre secondo il codice civile, il datore di lavoro è messo in ingiunzione di pagamento e tenuto a versare degli interessi moratori fin dal giorno in cui la somma riguardata è diventata esigibile (vedere sopra paragrafo 18). Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che la sola invocazione in astratto dell’interesse di far quadrare prontamente gli obblighi dello stato non basta per fissare in modo preferenziale per lo stato il dies a quo in quanto al versamento di interessi moratori sulla somma dovuta ad un individuo che occupa una posizione nella funzione pubblica in virtù di un contratto di diritto privato.
Del resto, la Corte nota che né il Governo né la Corte di cassazione, quando questa è stata chiamata a deliberare sulla compatibilità delle disposizioni in causa con l’articolo 1 del Protocollo nº 1, non hanno avanzato altro motivo ragionevole ed obiettivo di natura tale da giustificare la distinzione allo sguardo delle esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Meïdanis c. Grecia, no 33977/06, precitata, § 31, e, mutatis mutandis, Larkos c. Cipro [GC], no 29515/95, § 31, CEDH 1999-I).
37. Alla luce di ciò che precede, la Corte constata che l’applicazione da parte delle giurisdizioni interne delle disposizioni speciali che accordano allo stato dei privilegi, ha recato offesa al diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni e ha rotto il giusto equilibrio da predisporre tra la protezione della proprietà e le esigenze dell’interesse generale.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo nº 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
38. Il richiedente si lamenta inoltre di una violazione del principio dell’uguaglianza delle armi. Afferma che nessuno scopo di interesse pubblico giustificava il trattamento preferenziale consentito allo stato a proposito della determinazione dei termini di prescrizione e del punto di partenza degli interessi moratori. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione le cui parti pertinenti sono formulate così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Sull’ammissibilità
39. La Corte ricorda che il principio dell’uguaglianza delle armi-uno degli elementi della nozione più larga di processo equo -richiede che ogni parte si veda offrire una possibilità ragionevole di presentare la sua causa in condizioni che non la pongano in una situazione di netto svantaggio rispetto alla parte avversa (vedere, tra altre, Platakou c. Grecia, no 38460/97, § 47, CEDH 2001-I).
40. Ora, nell’occorrenza, il richiedente ha potuto presentare senza ostacoli tutti gli argomenti che giudicava pertinenti per la difesa dei suoi interessi. I suoi diritti procedurali sono stati rispettati allo stesso titolo di quelli della parte avversa ed non si è visto rifiutare nessun vantaggio di procedimento di cui avrebbe goduto quest’ ultima. Le affermazioni del richiedente riguardano difatti, esclusivamente il merito della controversia e non sono di natura tale da fare entrare in gioco il principio dell’uguaglianza delle armi.
41. Ne segue che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
42. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
1. Danno materiale
43. A titolo del danno materiale, il richiedente richiede da una parte 8 120 euro (EUR), corrispondenti alle somme non percepite a titolo del sussidio di trasferta per il periodo che va dal 1 giugno al 31 dicembre 1998 in ragione dell’applicazione della prescrizione biennale. Inoltre, richiede il versamento degli interessi moratori a contare dal giorno in cui queste maggiorazioni erano diventate esigibili. Tabelle in appoggio, con calcolo degli importi richiesti dal 1 gennaio 1999 al 31 dicembre 2001, valuta questi interessi moratori a 28 351,47 EUR.
44. Il Governo non contesta il modo di calcolo seguito dal richiedente. Tuttavia, riferendosi alla giurisprudenza della Corte secondo la quale l’articolo 1 del Protocollo nº 1 non garantisce in ogni caso il diritto ad un compenso integrale, afferma che la somma assegnata per danno materiale non dovrebbe superare 5 000 EUR.
45. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si può la situazione anteriore a questa (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], nº 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
46. Nell’occorrenza, la Corte ha constatato già che il richiedente è stato privato dell’importo corrispondente alle maggiorazioni del sussidio di trasferta per il periodo che va dal 1 giugno al 31 dicembre 1998 così come degli interessi moratori sulla somma che gli era stata assegnata dalle giurisdizioni interne per il periodo che va dal 1 gennaio 1999 al 21 novembre 2001. La Corte rileva che il Governo non contesta il calcolo del richiedente relativo agli importi dovuti a questo titolo. In queste circostanze, avuto riguardo all’insieme degli elementi di cui dispone e deliberando in equità, come richiede l’articolo 41 della Convenzione, gli accorda 35 000 EUR per danno materiale.
2. Danno morale
47. Il richiedente richiede inoltre 30 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbe subito.
48. Il Governo afferma che una constatazione di violazione costituirebbe in sé una soddisfazione equa sufficiente a titolo del danno morale.
49. Nell’occorrenza, la Corte stima il danno morale sufficientemente riparato dalla constatazione di violazione della presente sentenza.
B. Oneri e spese
50. Il richiedente chiede anche 30 000 EUR per gli oneri e spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e per quelli sostenuti dinnanzi alla Corte. Non produce nessuna fattura o nota di parcella.
51. Il Governo afferma che il richiedente non ha prodotto dinnanzi alla Corte dei giustificativi necessari che portavano una prova dei suoi oneri e spese.
52. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, il sussidio di oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità e, in più, il carattere ragionevole del loro tasso (Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], precitata, § 54).
53. La Corte osserva che le pretese del richiedente a titolo degli oneri e spese non sono corredati dai giustificativi necessari. Conviene dunque respingere la sua richiesta.
C. Interessi moratori
54. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dal diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la constatazione di violazione della Convenzione costituisce nello specifico una soddisfazione equa sufficiente per ogni danno morale eventualmente subito dal richiedente;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 35 000 EUR (trenta cinquemila euro) per danno materiale,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 25 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Partiellement irrecevable ; Violation de P1-1 ; Dommage matériel – réparation ; Préjudice moral – constat de violation suffisant
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE ZOUBOULIDIS c. GRÈCE (no 2)
(Requête no 36963/06)
ARRÊT
STRASBOURG
25 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Zouboulidis c. Grèce (no 2),
La Cour européenne des droits de l’homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Nina Vajić, présidente,
Christos Rozakis,
Khanlar Hajiyev,
Dean Spielmann,
Sverre Erik Jebens,
Giorgio Malinverni,
George Nicolaou, juges,
et de Søren Nielsen, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 4 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 36963/06) dirigée contre la République hellénique et dont un ressortissant de cet Etat, M. I. Z. (« le requérant »), a saisi la Cour le 11 août 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me V. S., avocate au barreau d’Athènes. Le gouvernement grec (« le Gouvernement ») est représenté par les délégués de son agent, MM. K. Georgiadis, assesseur auprès du Conseil juridique de l’Etat, et I. Bakopoulos, auditeur auprès du Conseil juridique de l’Etat.
3. Le 8 janvier 2008, le président de la première section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1960 et réside à Prague.
A. Le contexte de l’affaire
5. Le requérant est fonctionnaire au ministère des Affaires étrangères. Il est marié et père de deux enfants mineurs. Entre 1993 et 2002, il occupait un poste d’huissier à l’ambassade grecque de Berlin en vertu d’un contrat de droit privé à durée indéterminée.
6. Conformément aux dispositions de la législation pertinente en matière de fonctionnement des services du ministère des Affaires étrangères, la rémunération des fonctionnaires du ministère comprend le salaire de base, auquel s’ajoutent les allocations et les majorations. Le requérant, qui percevait l’allocation d’expatriation, se vit en revanche dénier le droit aux majorations de celle-ci pour enfants à charge. Le ministère refusa de lui verser ces majorations en se fondant sur les décisions ministérielles des 11 mars 1988 et 17 mars 1993 (adoptées en vertu de la loi no 419/1979), qui introduisaient une distinction entre les fonctionnaires employés en vertu d’un contrat de droit privé et les autres.
7. Le 22 mai 1998, le requérant saisit les juridictions civiles, sollicitant que lui soient versées les majorations de l’allocation d’expatriation à compter du 1er janvier 1993 jusqu’au 31 mai 1998. En application de la nouvelle loi nº 2594/1998, qui supprimait la distinction entre les fonctionnaires employés en vertu d’un contrat de droit privé et les autres, le requérant fut reconnu titulaire du droit de percevoir les majorations de l’allocation d’expatriation pour enfants à charge pour la période allant du 24 mars 1998 au 31 mai 1998 (arrêt nº 1143/2001 de la Cour de cassation du 15 juin 2001).
B. La procédure litigieuse
8. Le 19 novembre 2001, le requérant saisit le tribunal de première instance d’Athènes, en demandant le versement des majorations de l’allocation d’expatriation à compter du 1er juin 1998 jusqu’au 31 décembre 2001, d’un montant total de 65 432 €, majoré d’intérêts moratoires à compter du jour où ces majorations étaient devenues exigibles.
9. Le 19 juin 2002, le tribunal de première instance fit droit à la demande du requérant (jugement nº 1509/2002).
10. Le 27 septembre 2002, l’Etat interjeta appel de ce jugement.
11. Le 10 septembre 2003, la cour d’appel d’Athènes infirma le jugement attaqué, examina à nouveau le fond de l’affaire et accueillit partiellement la demande du requérant. En premier lieu, ladite juridiction constata que l’arrêt nº 1143/2001 de la Cour de cassation, revêtu de l’autorité de chose jugée, avait statué de manière irrévocable sur l’existence du droit du requérant de percevoir lesdites indemnités à partir du 24 mars 1998. Ensuite, elle considéra que les prétentions du requérant pour la période du 1er juin au 31 décembre 1998 étaient atteintes par la prescription biennale prévue par l’article 90 § 3 de la loi nº 2362/1995 (voir paragraphe 16 ci-dessous). Enfin, elle conclut que le requérant avait droit aux indemnités sollicitées pour la période allant du 1er janvier 1999 au 31 décembre 2001, majorées d’intérêts moratoires à compter de la date de la notification de son action à l’Etat (arrêt nº 6819/2003).
12. Le 23 décembre 2003, le requérant se pourvut en cassation. D’une part, il souleva que le privilège résultant de la prescription biennale instituée au bénéfice de l’Etat était contraire au principe d’égalité ainsi qu’au droit au respect des biens, tel que garanti par l’article 1 du Protocole nº 1. A cet égard, il soutint que ce délai se différenciait de celui applicable aux créances dont l’Etat était bénéficiaire et que l’existence de deux délais de prescription distincts selon l’identité du débiteur ne semblait pas se concilier avec le principe d’égalité et la prééminence du droit. D’autre part, le requérant contesta la compatibilité avec la Constitution, le Pacte international relatif aux droits civils et politiques et la Convention européenne des droits de l’homme, de la règle selon laquelle les intérêts moratoires sur toute dette de l’Etat courent à compter de la date de notification de l’action à ce dernier. Selon le requérant, ce privilège, qui constituait une dérogation au droit commun du travail, ne se trouvait pas justifié.
13. Le 24 janvier 2006, la Cour de cassation rejeta le pourvoi (arrêt nº 145/2006). En particulier, la haute juridiction considéra que :
« L’article 90 § 3 de la loi nº 2362/1995 établissant un délai de prescription court – différent du délai pour les créances similaires [du droit privé] – est conforme à la Constitution et ne contredit pas le principe d’égalité, tel que consacré par l’article 4 de la Constitution, puisque l’existence de règles différentes est justifiée par la nature desdites créances et par le souci d’apurer de manière prompte les dettes de l’Etat.
(…)
Il résulte [de l’article 21 du décret législatif du 26 juin/10 juillet 1944] qu’en matière de créances pécuniaires contre l’Etat, ce dernier est tenu de verser des intérêts moratoires à partir de la date à laquelle l’action lui a été notifiée, par exception aux règles générales. Ce régime (…) est justifié par des raisons d’intérêt public général visant à réduire les dépenses de l’Etat dans ce domaine (…) et [à lui permettre] en contrepartie de faire face à d’autres dépenses relatives à la prestation de services à la société (…) »
14. Cet arrêt fut mis au net le 14 mars 2006.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. La loi nº 2594/1998 relative au statut du ministère des Affaires étrangères
15. L’article 135 de la loi nº 2594/1998 se lit ainsi :
« 1. La rémunération des fonctionnaires comprend le traitement de base correspondant au grade et toutes les indemnités et majorations accordées selon les dispositions pertinentes.
(…)
10. Afin de faire face à la différence du coût de la vie et des conditions spécifiques de la vie à l’étranger, une allocation d’expatriation est versée en sus des indemnités mentionnées au paragraphe 1, en fonction du service et du grade. Cette allocation est augmentée en fonction des pourcentages prévus pour les charges familiales et le logement (…) »
B. La loi no 2362/1995 sur la comptabilité publique
16. Les dispositions pertinentes de la loi no 2362/1995 prévoient :
Article 86
Prescription des créances dont l’Etat est bénéficiaire
« (…)
2. Une créance dont l’Etat est bénéficiaire, assortie des amendes y afférentes, est prescrite cinq ans après la fin de l’année au cours de laquelle celle-ci avait été enregistrée au sens strict du terme (…).
3. Une créance dont l’Etat est bénéficiaire et
a) qui découle d’un contrat que celui-ci avait conclu (…)
(…)
c) qui concerne des créances périodiques
(…)
est prescrite vingt ans après la fin de l’année au cours de laquelle celle-ci avait été enregistrée au sens strict du terme. »
Article 90
Prescription des prétentions contre l’Etat
« 1. Toute prétention contre l’Etat est considérée prescrite après cinq ans (…) ».
(…)
3. Les prétentions contre l’Etat de tous les fonctionnaires, employés en vertu d’un contrat de droit public ou de droit privé, qui concernent des salaires ou des traitements de toute nature ou des indemnités (…) sont prescrites deux ans après la date de naissance dudit droit.
(…) »
C. Le décret législatif des 26 juin et 10 juillet 1944 codifiant les lois sur les litiges de l’Etat
17. L’article 21 dudit décret prévoit :
Intérêts moratoires
« Le taux des intérêts légaux et des intérêts moratoires sur toute dette de l’Etat est fixé à 6 % par an (…). Ces intérêts sont dus à compter de la date de notification de l’action. »
D. La jurisprudence des hautes juridictions
18. En vertu d’une jurisprudence établie de la Cour de cassation (ΑΠ (Ολ.) 40/2002, ΑΠ 1682/2000, ΑΠ 945/2001, Α.Π. 854/2005), relative aux salaires, allocations et autres rémunérations, l’employeur doit être considéré comme mis en demeure au sens de l’article 341 § 1 du code civil, s’il a passé le jour fixe (δήλη ημέρα) de versement prévu par l’article 655 du code civil et il sera dès lors redevable des intérêts moratoires à compter de ce jour en vertu de l’article 345 a) du code civil.
19. En vertu de la jurisprudence constante de la Cour de cassation, la prescription prévue par l’article 90 § 3 de la loi no 2362/95 ne contredit pas le principe d’égalité, consacré par l’article 4 de la Constitution hellénique, puisque l’existence de règles différentes est justifiée par la nature desdites créances, par le souci d’apurer de manière prompte les obligations de l’Etat et de garantir le bon fonctionnement des services financiers de l’Etat (ΑΠ 588/2007, 250/2006, 145/2006).
20. Par son arrêt no 3654/2008 du 12 décembre 2008, l’assemblée plénière du Conseil d’Etat a jugé que la règle de la prescription de deux ans, relative aux prétentions des employés de personnes morales de droit public quant aux salaires, traitements de toute nature ou indemnités, est contraire à l’article 4 § 1 de la Constitution. La haute juridiction administrative a noté que le délai de prescription de toute autre prétention contre les personnes morales de droit public est de cinq ans. Elle a considéré que le fait que les fonctionnaires sont soumis à un régime différent de celui régissant les employés du secteur privé ne suffit pas pour justifier cette différence de traitement. De plus, le Conseil d’Etat a jugé que le délai de prescription de deux ans ne saurait être justifié par la seule invocation de l’intérêt de protéger le patrimoine des personnes morales de droit public. Enfin, la haute juridiction administrative a constaté la contradiction de cet arrêt avec la jurisprudence de la Cour de cassation sur le même sujet et a renvoyé l’affaire devant la Cour suprême spéciale pour trancher définitivement la question en cause. Il ressort du dossier que l’affaire est actuellement pendante devant ladite juridiction.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE Nº 1
21. Le requérant allègue que la fixation de délais de prescription plus courts que ceux prévus par le code civil et le calcul des intérêts moratoires à compter de la date de la notification du recours à l’Etat, par exception aux règles du droit du travail, a diminué la valeur de ses créances, sans que cela ne soit justifié par aucun but d’intérêt public. Il invoque l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
22. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
23. Le Gouvernement rappelle la jurisprudence de la Cour selon laquelle l’article 1 du Protocole nº 1 ne protège que les biens « actuels ». Or, selon lui, cette disposition n’est pas applicable à la situation juridique du requérant, puisque ce dernier ne dispose pas d’un « bien » au sens de l’article 1 du Protocole nº 1. En effet, pour le Gouvernement, aux termes de la législation en vigueur, telle qu’interprétée de façon constante par les juridictions internes, le requérant n’avait aucun droit à percevoir des majorations de son allocation d’expatriation au-delà de la période de deux ans prévue par l’article 90 § 3 de la loi no 2362/1995. De même, le requérant n’avait aucun droit à des intérêts moratoires avant la date de la notification de son action à l’Etat. Bien au contraire, la haute juridiction nationale a rejeté toutes ses demandes de façon irrévocable, conformément à la jurisprudence établie en la matière.
24. A titre accessoire, le Gouvernement affirme que l’article 90 § 3 de la loi no 2362/1995, qui limite la réclamation des créances contre l’Etat, poursuit un but d’intérêt général, qui est en l’occurrence le souci d’apurer de manière prompte les dettes de l’Etat et d’éviter ainsi de surcharger le budget de l’Etat avec des dépenses imprévues. Le Gouvernement ajoute que la différence de régime applicable en cas de réclamations de l’Etat contre des particuliers est justifiée par le fait que, dans ce cas-là, les buts d’intérêt public susmentionnés n’entrent pas en jeu. De même, la fixation du point de départ des intérêts moratoires à compter de la date de la notification du recours à l’Etat se trouve justifiée par des raisons d’intérêt public général visant à réduire les dépenses imprévues.
25. Le requérant allègue que les dispositions en cause, qui ont diminué de manière disproportionnée ses créances, portent atteinte au principe de la prééminence du droit. Selon le requérant, la politique budgétaire de l’Etat, invoquée par le Gouvernement comme fondement de l’ingérence en cause, ne saurait être assimilée à un intérêt public ou justifier des restrictions aux droits fondamentaux de l’individu. Par ailleurs, le requérant dénonce le fait qu’en raison de l’application des dispositions en cause, il est pénalisé par le refus de l’administration de lui verser les majorations de l’allocation d’expatriation, malgré l’existence de l’arrêt nº 1143/2001 de la Cour de cassation, revêtu de l’autorité de chose jugée.
2. Appréciation de la Cour
26. Selon la jurisprudence de la Cour, l’article 1 du Protocole nº 1 contient trois normes distinctes : la première, qui s’exprime dans la première phrase du premier alinéa et revêt un caractère général, énonce le principe du respect de la propriété ; la deuxième, figurant dans la seconde phrase du même alinéa, vise la privation de propriété et la soumet à certaines conditions ; quant à la troisième, consignée dans le second alinéa, elle reconnaît aux Etats le pouvoir, entre autres, de réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général. Il ne s’agit pas pour autant de règles dépourvues de rapports entre elles. La deuxième et la troisième ont trait à des exemples particuliers d’atteintes au droit de propriété ; dès lors, elles doivent s’interpréter à la lumière du principe consacré par la première.
27. La Cour rappelle que la notion de « bien », évoquée à la première partie de l’article 1 du Protocole nº 1, a une portée autonome qui ne se limite pas à la propriété de biens corporels. Dans chaque affaire, il importe d’examiner si les circonstances, considérées dans leur ensemble, ont rendu le requérant titulaire d’un intérêt substantiel protégé par l’article 1 du Protocole nº 1 (Iatridis c. Grèce [GC], nº 31107/96, § 54, CEDH 1999-II, Beyeler c. Italie, [GC], nº 33202/96, § 100, CEDH 2000-I, et Broniowski c. Pologne [GC], nº 31443/96, § 129, CEDH 2004-V).
28. En l’occurrence, le requérant avait droit à une augmentation de son allocation d’expatriation en vertu de la loi nº 2594/1998, qui prévoyait de manière claire qu’une allocation d’expatriation, augmentée des pourcentages prévus pour les charges familiales et le logement, serait versée à tout fonctionnaire servant à l’étranger (voir paragraphe 15 ci-dessus). Ce droit, initialement refusé, fut définitivement reconnu au requérant par les arrêts nos 1143/2001 de la Cour de cassation et 6819/2003 de la cour d’appel d’Athènes (voir paragraphes 7 et 11 ci-dessus). Il s’ensuit que le requérant avait une créance certaine et exigible de percevoir des majorations de son allocation d’expatriation, qui découlait de son contrat de travail (Angelov c. Bulgarie, no 44076/98, § 35, 22 avril 2004, et Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis c. Grèce, 9 décembre 1994, § 59, série A no 301-B).
29. De même, les juridictions saisies ont reconnu que la dette de l’Etat vis-à-vis du requérant devait être majorée d’intérêts moratoires. Elles avaient donc créé, au profit du requérant, une créance relative aux intérêts moratoires qui était suffisamment établie pour être exigible (voir dans le même sens, Eko-Elda AVEE c. Grèce, nº 10162/02, CEDH 2006 -IV). Dès lors, l’article 1 du Protocole no 1 trouve à s’appliquer en l’espèce.
30. Or, le requérant n’a pas été entièrement dédommagé du non-versement desdites majorations pendant la période en cause, en raison de l’application par les juridictions internes des dispositions spéciales d’une loi afférente aux fonctionnaires, introduisant des exceptions au droit civil et au droit du travail et accordant à l’Etat des privilèges. La question se pose donc de savoir si l’application des dispositions spéciales, qui ont réduit le montant des créances du requérant, était justifiée par un but d’intérêt public et a respecté le juste équilibre qui doit régner entre la sauvegarde du droit de propriété et les exigences de l’intérêt général.
31. La Cour note, d’emblée, que le seul fait que les prétentions du requérant étaient soumises à un délai de prescription ne pose aucun problème à l’égard de la Convention. L’institution de délais de prescription est un trait commun aux systèmes juridiques des Etats contractants, visant à garantir la sécurité́ juridique en fixant un terme aux actions et à empêcher l’injustice qui pourrait se produire si les tribunaux étaient appelés à se prononcer sur des événements survenus loin dans le passé (J.A. Pye (Oxford) Ltd et J.A. Pye (Oxford) Land Ltd c. Royaume-Uni [GC], no 44302/02, § 68, CEDH 2007-…. ; Stubbings et autres c. Royaume-Uni, 22 octobre 1996, § 51, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV).
32. Toutefois, la Cour note que le délai biennal constitue une exception au droit civil qui régit habituellement les litiges du travail, et qu’il ne trouve pas à s’appliquer aux créances dont l’Etat est bénéficiaire. Dans ce dernier cas, la Cour observe que l’article 86 de la loi no 2362/1995 prévoit des délais de prescription qui oscillent entre cinq et vingt ans (voir paragraphe 16 ci-dessus). En d’autres termes, le délai pendant lequel l’Etat peut faire valoir ses créances est respectivement plus de deux fois et dix fois supérieur à ceux prévus pour faire valoir une créance à son encontre.
33. La Cour prend note de l’argument principal du Gouvernement, confirmé par la jurisprudence de la Cour de cassation mais non par la jurisprudence récente du Conseil d’Etat (voir paragraphe 20 ci-dessus), à savoir que le traitement préférentiel réservé à l’Etat, quant au délai de prescription de ses obligations envers l’individu, se trouve justifié par deux raisons principales : le souci d’apurer de manière prompte les dettes de celui-ci et d’éviter de surcharger son budget de dépenses imprévues.
34. Sur ce point, la Cour observe, tout d’abord, que la présente affaire concerne un litige du travail afférent au paiement de majorations sur une allocation d’expatriation à un agent contractuel de l’Etat. La Cour relève que, même si le requérant était affecté à un service public administratif, l’Etat a agi en l’espèce comme tout autre employeur privé.
35. Certes, il est vrai que, même dans le cadre de recours à des procédures de droit privé, l’administration peut poursuivre des missions de droit public. Par conséquent, des privilèges et immunités lui seraient éventuellement nécessaires pour accomplir ledit rôle. Toutefois, la seule appartenance à la structure de l’Etat ne suffit pas en soi pour légitimer, en toutes circonstances, l’application de privilèges étatiques, mais il faut que cela soit nécessaire au bon exercice des fonctions publiques (Meïdanis c. Grèce, no 33977/06, § 30, 22 mai 2008). En effet, le simple intérêt de trésorerie de l’Etat ne peut pas être assimilé à lui seul à un intérêt public ou général qui justifierait dans chaque cas précis l’atteinte aux droits de l’individu. Le souci d’apurer de manière prompte les dettes de celui-ci et d’éviter de surcharger son budget de dépenses imprévues ne saurait donc justifier en soi une atteinte conséquente au droit de propriété du requérant.
En l’occurrence, le Gouvernement invoque de manière abstraite et générale des intérêts financiers de l’Etat, sans pour autant fournir des éléments concrets et supplémentaires sur l’impact qu’aurait une décision favorable aux prétentions de personnes se trouvant dans la même situation que celle du requérant sur l’équilibre financier de l’Etat. Cela est d’autant plus vrai que l’écart entre les délais de prescription concernant l’Etat et le requérant, dans le cadre de la présente affaire, était considérable.
36. Partant, la Cour constate l’absence de motif d’intérêt général suffisant pour appliquer le délai de prescription biennal quant aux prétentions du requérant contre l’Etat. En outre, le même constat vaut aussi quant au dies a quo retenu par les juridictions internes pour calculer les intérêts moratoires sur la somme allouée. En particulier, les juridictions civiles ont retenu la date à laquelle l’action du requérant avait été notifiée à l’Etat, tandis que selon le code civil, l’employeur est mis en demeure et tenu de verser des intérêts moratoires dès le jour où les sommes concernées sont devenues exigibles (voir paragraphe 18 ci-dessus). Au vu de ce qui précède, la Cour estime que l’invocation seule et dans l’abstrait de l’intérêt d’apurer promptement les obligations de l’Etat ne suffit pas pour fixer de manière préférentielle pour l’Etat le dies a quo quant au versement d’intérêts moratoires sur la somme due à un particulier occupant un poste dans la fonction publique en vertu d’un contrat de droit privé.
Au demeurant, la Cour note que ni le Gouvernement ni la Cour de cassation, lorsque celle-ci a été appelée à statuer sur la compatibilité des dispositions en cause avec l’article 1 du Protocole nº 1, n’ont avancé d’autre motif raisonnable et objectif de nature à justifier la distinction au regard des exigences de l’article 1 du Protocole no 1 (Meïdanis c. Grèce, no 33977/06, précité, § 31, et, mutatis mutandis, Larkos c. Chypre [GC], no 29515/95, § 31, CEDH 1999-I).
37. A la lumière de ce qui précède, la Cour constate que l’application par les juridictions internes des dispositions spéciales accordant à l’Etat des privilèges, a porté atteinte au droit du requérant au respect de ses biens et a rompu le juste équilibre à ménager entre la protection de la propriété et les exigences de l’intérêt général.
Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole nº 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
38. Le requérant se plaint en outre d’une violation du principe de l’égalité des armes. Il affirme qu’aucun but d’intérêt public ne justifiait le traitement préférentiel consenti à l’Etat à propos de la fixation des délais de prescription et du point de départ des intérêts moratoires. Il invoque l’article 6 § 1 de la Convention, dont les parties pertinentes sont ainsi libellées :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Sur la recevabilité
39. La Cour rappelle que le principe de l’égalité des armes – l’un des éléments de la notion plus large de procès équitable – requiert que chaque partie se voie offrir une possibilité raisonnable de présenter sa cause dans des conditions qui ne la placent pas dans une situation de net désavantage par rapport à la partie adverse (voir, parmi d’autres, Platakou c. Grèce, no 38460/97, § 47, CEDH 2001-I).
40. Or, en l’occurrence, le requérant a pu présenter sans entraves tous les arguments qu’il jugeait pertinents pour la défense de ses intérêts. Ses droits procéduraux ont été respectés au même titre que ceux de la partie adverse et il ne s’est vu refuser aucun avantage de procédure dont aurait joui ce dernier. En effet, les allégations du requérant portent exclusivement sur le fond du litige et ne sont pas de nature à faire entrer en jeu le principe de l’égalité des armes.
41. Il s’ensuit que ce grief est manifestement mal fondé et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
42. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
1. Dommage matériel
43. Au titre du dommage matériel, le requérant réclame d’une part 8 120 euros (EUR), correspondant aux sommes non perçues au titre de l’allocation d’expatriation pour la période allant du 1er juin au 31 décembre 1998 en raison de l’application de la prescription biennale. En outre, il réclame le versement des intérêts moratoires à compter du jour où ces majorations étaient devenues exigibles. Tableaux à l’appui, avec calcul des montants réclamés du 1er janvier 1999 au 31 décembre 2001, il chiffre ces intérêts moratoires à 28 351,47 EUR.
44. Le Gouvernement ne conteste pas le mode de calcul suivi par le requérant. Toutefois, en se référant à la jurisprudence de la Cour, selon laquelle l’article 1 du Protocole nº 1 ne garantit pas dans tous les cas le droit à une compensation intégrale, il affirme que la somme allouée pour dommage matériel ne saurait dépasser 5 000 EUR.
45. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], nº 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
46. En l’occurrence, la Cour a déjà constaté que le requérant a été privé des montants correspondant aux majorations de l’allocation d’expatriation pour la période allant du 1er juin au 31 décembre 1998 ainsi que des intérêts moratoires sur la somme qui lui avait été allouée par les juridictions internes pour la période allant du 1er janvier 1999 au 21 novembre 2001. La Cour relève que le Gouvernement ne conteste pas le calcul du requérant relatif aux montants dus à ce titre. Dans ces circonstances, eu égard à l’ensemble des éléments dont elle dispose et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, elle lui accorde 35 000 EUR pour dommage matériel.
2. Dommage moral
47. Le requérant réclame en outre 30 000 EUR au titre du préjudice moral qu’il aurait subi.
48. Le Gouvernement affirme qu’un constat de violation constituerait en soi une satisfaction équitable suffisante au titre du dommage moral.
49. En l’occurrence, la Cour estime le préjudice moral suffisamment réparé par le constat de violation du présent arrêt.
B. Frais et dépens
50. Le requérant demande également 30 000 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et pour ceux encourus devant la Cour. Il ne produit aucune facture ou note d’honoraires.
51. Le Gouvernement affirme que le requérant n’a pas produit devant la Cour de justificatifs nécessaires portant preuve de ses frais et dépens.
52. Selon la jurisprudence constante de la Cour, l’allocation de frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et, de plus, le caractère raisonnable de leur taux (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], précité, § 54).
53. La Cour observe que les prétentions du requérant au titre des frais et dépens ne sont pas accompagnées des justificatifs nécessaires. Il convient donc d’écarter sa demande.
C. Intérêts moratoires
54. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré du droit du requérant au respect de ses biens et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit que le constat de violation de la Convention constitue en l’espèce une satisfaction équitable suffisante pour tout préjudice moral éventuellement subi par le requérant ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 35 000 EUR (trente cinq mille euros) pour dommage matériel ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 25 juin 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Søren Nielsen Nina Vajić
Greffier Présidente

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