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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ZOLOTAS c. GRÈCE (N° 2)

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, P1-1
Numero: 66610/09/2013
Stato: Grecia
Data: 2013-01-29 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusioni. Parzialmente inammissibile Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1-Rispetto dei beni, Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento

PRIMA SEZIONE

CAUSA ZOLOTAS C. Grecia (No 2)

( Richiesta no 66610/09)

SENTENZA

STRASBURGO

29 gennaio 2013

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Zolotas c. Grecia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Isabelle Berro-Lefèvre, presidentessa,
Elisabetta Steiner,
Khanlar Hajiyev,
Mirjana Lazarova Trajkovska,
Julia Laffranque,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Erik Møsehiudici e
da André Wampach, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 8 gennaio 2013, rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 66610/09) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 dicembre 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra F. Dedoussi, assessore delegato presso il Consulente legale dello stato, e la Sig.ra Z. Hadjipavlou, ascoltatrice presso il Consulente legale dello stato.
3. Il richiedente adduce in particolare una violazione del diritto garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 31 agosto 2011, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
5. Il richiedente, nato in 1924, è deceduto il 27 febbraio 2011 mentre la sua richiesta era pendente dinnanzi alla Corte. Suo figlio, il OMISSIS, ha espresso il desiderio di riprendere l’istanza.
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. L’ 11 luglio 1974, il richiedente che esercitava allora la professione di avvocato, aprì presso un conto bancario della Banca generale di Grecia su che versò la somma di 660 000 dracme (1 936,90 euro (EUR)). Dal secondo semestre 1981 fino a 2003, il richiedente non fece nessuno passo relativo a conto suo (prelevamento, deposito o iscrizione degli interessi sul blocchetto. In ragione dell’incidi problemi di salute invalidata che gli destina sé così come sua sposa, dovette allontanarsi dagli anni durante all’esteri. Il 6 febbraio 2003, chiese alla banca di informarlo sullo stato di conto suo. La banca gli rispose che come dal secondo semestre del 1981 aveva avuto non ci nessuno movimento sul conto, tutte le sue pretese egli concernente erano state colpite di prescrizione. Tuttavia, gli fece sapere che teneva aggiornata nel suo libro dei conti la scheda personale del richiedente sulla quale iscriveva gli interessi generati dal conto.
7. Il 3 giugno 2003, il richiedente investe le giurisdizioni civili di un’azione contro la banca. Richiedeva la somma che aveva depositato alla banca aumentata di interessi, o un totale di 30 550,74 euro. Il 21 aprile 2005, giudizio no 1481/2005, il tribunale di prima istanza di Atene respinse l’azione considerando che le pretese del richiedente erano state raggiunte dalla prescrizione di vent’ anni contemplati per le pretese che provengono di una convenzione di deposito irregolare, anomali parakatathiki, al senso dell’articolo 830 del codice civile, paragrafi 18-19 sotto. Più particolarmente, il tribunale precisò:
“(…) [Il richiedente] invoco l’articolo 1 del Protocollo no 1 così come il Protocollo di Parigi del 20 marzo 1952 relativo al rispetto della proprietà che non trova ad applicarsi nello specifico, perché la prescrizione, in quanto istituzione del diritto nazionale, prevali su questi. Questa prescrizione [dell’articolo 247 del codice civile] è indipendente per il fatto che, conformemente all’articolo 3 della decreto-legge no 1195/1942, i depositi in contanti e gli interessi nelle banche nazionali sono definitivamente devoluti allo stato quando non sono stati richiesti dai loro titolari, per i depositi, durante una durata di vent’ anni, e per gli interessi, durante una durata di cinque anni, (…). “
8. Il richiedente interpose appello contro questo giudizio. Si basava sulle disposizioni del diritto interno pertinente e sull’articolo 1 del Protocollo no 1. Sosteneva che il termine di prescrizione era stato sospeso a causa di forza maggiorenne o interrotta in virtù dell’articolo 260 del codice civile, perché la banca metteva aggiornata tutti i sei mesi la pratica del richiedente in c’iscrivendo gli interessi generati.
9. Il 6 aprile 2006, la corte di appello di Atene respinse l’appello, sentenza no 2452/2006, considerando che l’applicazione della prescrizione di vent’ anni per i contratti di deposito irregolare erano giustificati da un scopo di interesse pubblico: la liquidazione, per le ragioni di economia sociale, dei rapporti giuridici che erano stati creati in un passato così lontano che la loro esistenza era diventata incerta. Il fatto che la banca continuava a versare degli interessi sul conto del richiedente non costituiva, secondo la corte di appello, un atto di riconoscenza delle pretese del richiedente, suscettibile di interrompere il termine di prescrizione di vent’ anni. Nel caso di depositi bancari, il corso di questo termine non può essere interrotto che con un nuovo atto di deposito o di ritiro, un trasferimento di denaro o un deposito di interessi. La corte di appello si basò, inoltre, sulla decreto-legge no 1195/1942 che contempla che le somme di denaro posto su dei conti bancari che restano inattivi durante un periodo di vent’ anni, ritornano allo stato alla scadenza da questo termine.
10. La corte di appello respinse anche l’obiezione del richiedente secondo la quale il termine di prescrizione sarebbe stato sospeso a causa di forza maggiorenne, le malattie di sua sposa e le sue. Considerò che non c’era stato con la forza nello specifico di caso maggiore perché queste malattie non erano stati continuato durante tutto il termine della prescrizione e particolarmente non durante i sei ultimi mesi di questo, così che il richiedente non si trovava nell’impossibilità di togliere sé o tramite un rappresentante l’intimo depositata e gli interessi di questa.
11. Il richiedente si ricorse in cassazione. Si basava sull’articolo 1 del Protocollo no 1.
12. Il 12 gennaio 2009, la Corte di cassazione respinse il ricorso come infondato affermando che l’applicazione della legislazione in causa non recava offesa al diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni come definito con l’articolo 1 del Protocollo no 1, sentenza no 50/2009. Più precisamente, la Corte di cassazione considerò che:
“(…) per il fatto che la prescrizione precitata, come ogni prescrizione, è imposta dall’interesse generale che esige la regolarizzazione delle relazioni che rilevano del passato e di questo fatto è diventata incerte, e dettata anche dai motivi di economia sociale, le disposizioni controverse non sono contrarie [al Protocollo no 1]. “
13. Questa sentenza fu messa al netta e fu certificata conforme il 9 giugno 2009.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNI PERTINENTI
14. L’articolo 3 della decreto-legge no 1195/1942 “relativo alla prescrizione a favore dello stato dei depositi presso delle banche e di altri valori e pretese” si legge come segue:
Prescrizione del deposito-interessi a favore dello stato
“I depositi in contanti ed i loro interessi presso di banche nazionali spettano definitivamente allo stato quando non sono stati richiesti dal titolare del conto o non sono stati oggetto di nessuno movimento del conto durante un periodo di vent’ anni da quando erano disponibili e per i loro interessi durante un periodo di cinque anni da quando erano diventati esigibili. “
15. Il decreto-legge no 1195/1942 è stato ratificato dall’atto no 315 del Consiglio dei ministri del 30 maggio 1946 e è stato mantenuto in vigore dopo l’adozione del codice civile.
16. In virtù di questo decreto-legge, la prescrizione di certi crediti e pretese, al posto di giovare al debitore, come questo è il caso in virtù del diritto ordinario, gioca a favore dello stato. Oltre i depositi presso delle banche e delle determinazioni di credito, dei tali crediti e pretese sono presso queste conclusioni dei capitali e delle rendite dei titoli e valori mobiliari, esistenti di banche e di società anonime.
17. L’articolo 16 § 2 del decreto-legge contemplano che, in certi casi, il creditore ha il diritto, dopo restituzione allo stato delle sue pretese, di ritorcersi contro lo stato con un’azione dinnanzi alle giurisdizioni civili che deve essere introdotta nel termine di prescrizione della pretesa.
18. Le disposizioni pertinenti del codice civile sono formulate così:
Articolo 247
Prescrizione delle pretese
“Il diritto di esigere di altrui un atto o un’astensione (pretesa) è soggetto a prescrizione. “
Articolo 249
Prescrizione di vent’ anni
“Salvo disposizione contraria, il termine di prescrizione delle pretese è di vent’ anni. “
Articolo 250
Prescrizione di cinque anni
Sono prescritte entro cinque anni le pretese: (…) 15. conclusioni degli interessi .”
Articolo 251
Principio della prescrizione
“La prescrizione comincia appena la pretesa ha avuto nascita ed è possibile perseguirne la realizzazione tramite via giuridica. “
Articolo 255
Sospensione della prescrizione
“La prescrizione è sospesa anche molto tempo che il titolare del diritto è impedito di fare valere la sua pretesa in ragione di o di un altro caso con la forza maggiore durante i sei ultimi mesi del termine di prescrizione. (…) “
Articolo 260
Interruzione – Riconoscenza
“La prescrizione è interrotta dalla riconoscenza della pretesa, di qualche modo che questo sia, con la persona tenuta alla prestazione, il debitore. “
Articolo 272
Effetti della prescrizione compiuta
“Quando la prescrizione ha toccato, il debitore ha il diritto di rifiutare la prestazione.
(…) “
Articolo 274
Prescrizione delle pretese accessorie
“La pretesa principale essendo prescritta, sono prescritte anche le pretese accessorie che ne derivano, allora stesso che la prescrizione che è loro applicabile non sarebbe ancora scaduta. “
Articolo 827
Tempo di restituzione
“Se il depositante richiede la cosa, il depositario deve restituirla, allora stesso che il termine fissato per la sua guardia non avrebbe espirato. “
Articolo 830
Deposito irregolare
“Il deposito di una somma di denaro o di altre cose fungibili è, nel dubbio, considerato come un prestito, se il depositario ha il potere di avvalersi ne. Tuttavia, in ciò che riguarda il tempo ed il luogo di restituzione, sono applicabili, nel dubbio, le disposizioni relative al deposito. (…) “
19. Si designa con l’espressione “deposito irregolare” il deposito, dopo accordo delle parti, di denaro o di altre cose fungibili alle fini della guardia con l’altra parte quando questa ha il potere di disporre ne. Secondo la dottrina ed una giurisprudenza buona invalsa, il deposito di denaro in una banca al tasso di interesse abituale e con possibilità di ritiro immediato della somma depositata riveste il carattere di una convenzione di deposito irregolare.
20. In virtù dell’articolo 260 del codice civile, la prescrizione è interrotta quando il debitore riconosce la pretesa di qualche modo che questo sia. È ammesso generalmente che affinché ci sia una tale riconoscenza, basta un atto o di un comportamento che dimostra chiaramente che il debitore riconosca il suo obbligo così come la pretesa del creditore. Una tale riconoscenza può consistere nel rimborso parziale del debito, il versamento di interessi, la costituzione di una sicurezza, la domanda di concessione di un termine o la domanda di essere esonerato del debito (Georgiadis-Stathopoulos, Codice civile. Interpretazione articolo per articolo, p. 461.
21. Affinché l’atto di riconoscenza del debitore provoca interruzione della prescrizione (articolo 260 del codice civile), deve essere indirizzato e deve essere giunto al creditore, sentenza no 1178/1976 della Corte di cassazione, Nomiko Vima 25/710. Il semplice fatto che il debitore registra il debito nei suoi libri contabili non costituisce una riconoscenza della pretesa al senso dell’articolo 260 e non può interrompere la prescrizione dunque, sentenza no 924/1977 della Corte di cassazione, Nomiko Vima 26/726.
22. In ciò che riguarda la prescrizione delle pretese dei titolari di un conto su questo conto, è ammesso che questa è interrotto da ogni nuovo deposito o ritiro o con ogni atto che provoca una modifica del conto. La prescrizione non è interrotta dagli interessi che generano il conto, anche se questi sono trasformati in capitale, né col collocamento aggiornato della pratica del titolare del conto fatto tutti i sei mesi, sentenze no 739/2004 e no 50/2009 della Corte di cassazione.
23. Con un atto no 2501 del 31 ottobre 2002, il Governatore della Banca della Grecia precisava:
“Le determinazioni di credito devono fornire un minimo di informazione ai contraenti, del seguente modo:
1. Condizioni generali
(…)
c, devono informare i contraenti, prima della determinazione del contratto, di tutte le condizioni che regolano la relazione tra essi e di fornire loro ne un esemplare completo dopo la determinazione di questo.
(…)
e, In caso di modifica unilaterale delle condizioni dei contratti, nelle tenute dove questa modifica è permessa, [le determinazioni di credito] informano i contraenti delle modifiche delle condizioni iniziali, in modo o collettiva o individuale, ed annunciano in vigore nei due casi la data dell’entrata delle notizie condizioni.
(…)
2. Informazione periodica
ha, Depositi: Un’informazione è data almeno tutti i tre mesi per gli elementi ha, e f, del capitolo B, paragrafo 1, così come sul saldo del conto, salvo se non c’è movimento del conto; in questo caso, l’informazione è data tutti i sei mesi.
In ciò che riguarda i conti di risparmio per che un libretto è fornito, il collocamento aggiornato si fa con la presentazione del libretto.
(…) “
24. Nello stesso ordine di idee, la Corte di cassazione ha giudicato che una banca non abbia l’obbligo di prevenire l’interessato prima della scadenza del termine di prescrizione. Come un libretto di conto gli è rimesso con la banca, gli appartiene di fare tenerlo aggiornati, questo libretto che costituisce la prova dell’importo depositato su conto suo e dell’esistenza di movimenti di questo, sentenze della Corte di cassazione no 432/1990 e no 1623/1995.
IN DIRITTO
I. CONSIDERAZIONI GENERALI
25. La Corte deve decidere innanzitutto la questione del diritto di OMISSIS a mantenere la richiesta in origine introdotta dal richiedente che è deceduto nel febbraio 2011.
26. La Corte ricorda che, in parecchie cause dove un richiedente era deceduto durante il procedimento, ha preso in conto la volontà di inseguire questa espresso dagli eredi o affini prossimi (vedere, per esempio, Deweer c. Belgio, 27 febbraio 1980, §§ 37-38, serie Ha no 35; X c. Regno Unito, 5 novembre 1981, § 32, serie Ha no 46; Vocaturo c. Italia, 24 maggio 1991, § 2, serie Ha no 206-C; G. c. Italia, 27 febbraio 1992, § 2, serie Ha no 228-F; Pandolfelli e Palumbo c. Italia, 27 febbraio 1992, § 2, serie Ha no 231-B; X c. Francia, 31 marzo 1992, § 26, serie Ha no 234-C; Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, § 2, serie Ha no 281-ha; Malhous c. Repubblica ceca, déc.) [GC], no 33071/96, CEDH 2000-XII, e, ha contrario, il sentenza Scherer c. Svizzera, 25 marzo 1994, §§ 31-32, serie Ha no 287.
27. Nello specifico, la Corte nota che OMISSIS è il figlio del richiedente ed erede ab intestato e con indivis di questo e che il diritto garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 è eminentemente trasferibile. OMISSIS ha un interesse dunque legittimo dandogli requisito per lamentarsi al nome di suo padre deceduto.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
28. Il richiedente si lamenta per il fatto che le giurisdizioni interne civili, basandosi sul termine di prescrizione di vent’ anni prescritti dal codice civile così come sul decreto legislativo no 1195/1942, hanno considerato che le sue pretese verso la banca dove disponeva di un conto erano prescritte e che il saldo di conto suo spettava allo stato che è il beneficiario estremo dei conti bancari inattivi. Adduce una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
29. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
ha, Il Governo
30. Il Governo sottolinea che l’obiettivo essenziale della decreto-legge no 1195/1942 consiste in servire l’interesse generale che evita il captation con le banche, società anonime ed altre persone giuridiche delle somme di denaro che sono depositate e che risultano dei capitali e delle rendite che provengono dai titoli e dei valori mobiliari, in seguito all’inattività dei loro titolari, dovuti spesso al fatto che questi decedono senza discendenti o alla loro volontà di abbandonare le loro pretese.
31. La pretesa del richiedente è caduta sotto l’influenza della prescrizione prevista dalle disposizioni generali del codice civile che sono in vigore parallelamente a queste della decreto-legge ed a prescindere di queste. La differenziazione portata dalla decreto-legge rispetto alla prescrizione degli articoli 247 e segue del codice civile è che il credito prescritto è devoluto allo stato e non alla banca dove è tenuto il conto inattivo. L’applicazione delle disposizioni della decreto-legge nel caso del richiedente non ha avuto nessuna incidenza particolare sulla prescrizione perché la sua pretesa sarebbe stata prescritta comunque anche sul semplice fondamento del codice civile, alla sola differenza presso che in questo caso il beneficiario sarebbe stato la banca e non lo stato.
32. La banca non aveva l’obbligo di prevenire il richiedente prima della scadenza del termine di prescrizione. Come un libretto di conto gli era stato rimesso con la banca, gli apparteneva di fare tenerlo aggiornati, questo libretto che costituisce la prova dell’importo depositato su conto suo e dell’esistenza di movimenti di questo, sentenze della Corte di cassazione no 432/1990 e no 1623/1995-paragrafo 24 sopra.
33. Ne risulta che il collocamento aggiornato tutti i sei mesi dell’estratto dei conti del richiedente con la banca, con l’iscrizione degli interessi generati dal conto, non portare interruzione del termine di prescrizione, perché questo atto non era indirizzato al richiedente e non gli è giunto, ma riguardava solamente l’attualizzazione dei dati della banca, ciò che costituisce un procedimento interno alla banca. Questo atto non è stato portato alla cognizione del richiedente, questo non essendo presentato si per effettuare un’operazione o per fare iscrivere sul suo libretto le modifiche portate su conto suo.
34. Peraltro, il Governo rimprovera al richiedente di non avere dato prova di un minimo di zelo. Le giurisdizioni interne hanno respinto infine, con la forza i motivi maggiori invocati dal richiedente a sostegno del suo argomento secondo che il termine di prescrizione era sospeso in ragione delle malattie di sé e di sua sposa.
b) Il richiedente
35. Il richiedente sostiene che la sua intenzione, al momento dell’apertura di conto suo e nello spirito della libertà contrattuale, era di concludere un contratto di rendita vitalizia. Il gioco della prescrizione, mentre era manifesto che l’ordine pubblico non era minacciato, non era compatibile coi principi della buona fede, dei buoni mœurs e delle pratiche sinallagmatiche. Inoltre, la capitalizzazione del deposito col verso dell’accumulo di interessi non poteva essere soggetta a prescrizione, nella misura in cui, con questo mezzo, la banca riconosceva, indirettamente ma sicuramente, la pretesa del richiedente. D’altra parte, la capitalizzazione di interessi costituisce una causa di sospensione della prescrizione.
36. Il richiedente sottolinea che la banca l’avrebbe dovuto informare del rischio che inseguiva di perdere il suo denaro e che lo stato si sarebbe dovuto guardare durante un minimo ragionevole da tempo i fondi al di là della data di prescrizione per proteggere la proprietà del richiedente e del suo avente diritto. Il richiedente fa valere l’esempio delle legislazioni francesi, italiane e tedesche che contemplano una tale informazione.
37. Il richiedente afferma che il fatto che ha avuto non ci nessuno movimento di conto suo durante il termine di prescrizione era dovuto con la forza ad una causa maggiore, in particolare tra gli ultimi semestri del termine (1994) ed il momento, 6 febbraio 2003, dove ha chiesto alla banca di informarlo sullo stato di conto suo.
38. Infine, il richiedente afferma che la decreto-legge no 1195/1942 non è stato ratificato mai e non è stato avuto la forza di un atto morale valido. Stima opprimente per un paese democratico come la Grecia di applicare un testo che data dell’epoca della sua occupazione con la Germania nazistica e di procedere in modo tacito alla confisca dei fondi di un individuo. Ai suoi occhi, l’interesse pubblico non può essere invocato allo scapito dell’interesse privato nello specifico, nella mancanza di una legge che contemplerebbe l’indennizzo delle persone riguardate per la perdita dei loro beni.
2. Valutazione della Corte
a) Richiamo dei principi
39. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 che tende per l’essenziale a premunire l’individuo contro ogni attentato con lo stato al rispetto dei suoi beni, può implicare anche degli obblighi positivi che provocano per lo stato certe misure necessarie per proteggere il diritto di proprietà, particolarmente là dove esiste un legame diretto tra le misure che un richiedente potrebbe aspettare legittimamente delle autorità ed il godimento effettivo con questo ultimo dei suoi beni, Öneryıldız c. Turchia [GC], no 48939/99, § 134, CEDH 2004-XII, Păduraru c. Romania, no 63252/00, § 88, CEDH 2005-XII, Broniowski c,. Polonia [GC], no 31443/96, § 143, CEDH 2004-V, e Sovtransavto Holding c. Ucraina, no 48553/99, § 96, CEDH 2002-VII. Nella cornice di “relazioni orizzontali” può avere anche ci delle considerazioni di interesse pubblico suscettibile di imporre certi obblighi allo stato. Così, nel sentenza Broniowski, § 143, precitata, la Corte ha detto che gli obblighi positivi che derivano dell’articolo 1 del Protocollo no 1 possono provocare per lo stato certe misure necessarie per proteggere il diritto di proprietà. Quindi, delle considerazioni di interesse generale suscettibile di imporre certi obblighi allo stato possono entrare in gioco stesso nella cornice di “relazioni orizzontali”, Kotov c. Russia [GC], no 54522/00, § 109, 3 aprile 2012.
40. La frontiera tra gli obblighi positive e negative dello stato a titolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non suscita una definizione precisa, ma i principi applicabili sono tuttavia comparabili. Che si analizza la causa in termini di obbligo positivo dello stato o di ingerenza dei poteri pubblici che bisogna giustificare, i criteri ad applicare non sono differenti in sostanza. Tanto un attentato al rispetto dei beni che un’astensione di agire deve predisporre un giusto equilibra tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A no 52 e Kotov precitata, § 110.
41. La Corte ha affermato anche che, in certe circostanze, l’articolo 1 del Protocollo no 1 può imporre “certe misure necessarie per proteggere il diritto di proprietà, anche nei casi dove si tratta di una controversia tra le persone fisiche o giuridiche”, Sovtransavto Holding, precitata, § 96. Questo principio è stato applicato largamente nel contesto di procedimenti di esecuzione diretta contro i debitori privati, Fouklev c. Ucraina, no 71186/01, §§ 89-91, 7 giugno 2005; Kesyan c. Russia, no 36496/02, §§ 79-80, 19 ottobre 2006; vedere anche Kin-Stib e Majkić c. Serbia, no 12312/05, § 84, 20 aprile 2010, Marčić ed altri c. Serbia, no 17556/05, § 56, 30 ottobre 2007, e, mutatis mutandis, Matheus c. Francia, no 62740/00, §§ 68 e succ., 31 marzo 2005.
42. Per valutare la conformità della condotta dello stato all’articolo 1 del Protocollo no 1, la Corte deve concedersi ad un esame globale dei diversi interessi in gioco, tenendo allo spirito che la Convenzione ha per scopo di salvaguardare dei diritti “concreti ed effettivi”. Deve andare al di là delle apparenze e deve ricercare la realtà della situazione controversa. Questa valutazione può cadere non solo sulle modalità di indennizzo applicabile-se la situazione si apparentarsi ad una privazione di proprietà- ma anche sulla condotta delle parti, ivi compreso i mezzi adoperati dallo stato ed il loro collocamento in opera. A questo riguardo, bisogna sottolineare che l’incertezza-che sia legislativa, amministrativa, o tenendo alle pratiche applicate dalle autorità-è un fattore che bisogna prendere in conto per valutare la condotta dello stato. Difatti, quando una questione di interesse generale è in gioco, i poteri pubblici sono tenuti di reagire in tempo utile, in modo corretta e con la più grande coerenza, Galleria Rinvio Limited c. Francia, no 27940/07, § 39, 18 novembre 2010.
43. La Corte ricorda inoltre la sua giurisprudenza secondo la quale il solo fatto che le pretese di un richiedente siano sottoposte ad un termine di prescrizione non dà nessun problemi al riguardo della Convenzione. L’istituzione di termini di prescrizione è un fatto riferimento comune ai sistemi giuridici degli Stati contraenti, mirando a garantire la sicurezza giuridica fissando un termine alle azioni ed ad impedire l’ingiustizia che potrebbe prodursi se i tribunali fossero chiamati a pronunciarsi su degli avvenimenti sopraggiunti in un passato lontano (J.A). Pye, Oxford, Ltd e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c,). Regno Unito [GC], no 44302/02, § 68, CEDH 2007-III; Stubbings ed altri c. Regno Unito, 22 ottobre 1996, § 51, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV.
44. Infine, la Corte sottolinea che il nozione d ‘ “utilità pubblica” del secondo fraseggio del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 è ampio con natura. Le autorità nazionali si trovano in principio più meglio collocato che il giudice internazionale per determinare ciò che è “di utilità pubblica.” Stimando normale che il legislatore dispone di una grande latitudine per condurre una politica economica e sociale, la Corte rispetta il modo di cui concepisce gli imperativi di l ‘ “utilità pubblica” salvo si il suo giudizio si rivela manifestamente privo di fondamento. In quanto alle soluzioni di ricambio, la loro esistenza eventuale non rende unica ingiustificata a lei la legislazione in causa. Finché il legislatore non supera i limiti del suo margine di valutazione, la Corte non ha a dire se ha scelto la migliore modo di trattare il problema o se avrebbe dovuto esercitare differentemente il suo potere, J.A. Pye, Oxford, Ltd e J.A. Pye (Oxford, Land Ltd c,). Regno Unito, no 44302/02, §§ 43-45, 15 novembre 2005.
b) Applicazione al caso di specie
45. Nella presente causa, la Corte rileva innanzitutto che quando il richiedente è andato il 6 febbraio 2003 alla sua banca per informarsi dello stato di conto suo, ha appreso che, nella mancanza di ogni movimento sul conto dal secondo semestre del 1981, ogni pretesa egli concernente erano state raggiunte dalla prescrizione. Risulta delle decisioni delle giurisdizioni interne che aprendo conto suo, il richiedente ha concluso con la banca una convenzione che, secondo la giurisprudenza e le dottrina costanti, costituiva una convenzione di deposito irregolare (articolo 830 del codice civile). Le pretese del richiedente nate di questa convenzione erano sottoposte alla prescrizione di vent’ anni previsti dal codice civile, articoli 247 e 249.
46. La Corte nota anche che le giurisdizioni interne investite dal richiedente hanno fatto applicazione dell’articolo 3 della decreto-legge no 1195/1942, ai termini del quale i depositi in contanti ed i loro interessi presso di banche spettano definitivamente allo stato quando non sono stati richiesti dal titolare del conto o che ha avuto non ci nessuno movimento del conto su un periodo di vent’ anni. La corte di appello ha giudicato per di più che il termine di prescrizione non era né interrotto-l’iscrizione degli interessi generati dal conto del richiedente sui libri contabili della banca che non costituisce un caso di interruzione del termine, paragrafo 9 sopra,-né sospeso per la causa con la forza maggiore invocata dal richiedente, paragrafo 10 sopra.
47. Per la Corte, la prescrizione delle pretese del richiedente su proprio conto suo ha costituito un attentato al diritto di proprietà di questo, ma che non corrispondeva né ad un’espropriazione né ad una misura di regolamentazione dell’uso dei beni; deve essere esaminata sotto l’angolo della prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 dunque (vedere, mutatis mutandis, Optim ed Industerre c. Belgio, déc.), no 23819/06, § 35, 11 settembre 2012. Così invita egli di determinare se un giusto equilibrio è stato predisposto tra le esigenze relative all’interesse generale della società e gli imperativi legati alla protezione dei diritti fondamentali dell’individuo.
48. La Corte non dubita che la prescrizione istituita dagli articoli 247 e 249 del codice civile e l’articolo 3 del decreto-legge no 1195/1942 insegua un scopo legittimo. Siccome l’ha sottolineato la corte di appello nella sua sentenza del 6 aprile 2006, la prescrizione di vent’ anni per i contratti di deposito irregolare sono giustificati da un scopo di interesse pubblico: la liquidazione, per le ragioni di economia sociale, dei rapporti giuridici creato in un passato così lontano che la loro esistenza diventa incerta.
49. La Corte, avuta riguardo tra altri alla sua giurisprudenza in materia di prescrizione, paragrafo 43 sopra, stima che il sistema greco di prescrizione suddetta è ragionevole: il termine di vent’ anni è ampi ed egli non è difficile né impossibile agli interessati di arrestare la prescrizione.
50. Pronunciandosi nella causa del richiedente, le giurisdizioni greche hanno seguito ed applicato la legislazione e la giurisprudenza pertinente in vigore: da una parte, l’articolo 3 della decreto-legge che contempla che la prescrizione delle pretese del titolare di un conto è interrotta solamente quando il titolare richiede il suo deposito o effettua un’operazione sul conto; di altra parte, l’articolo 260 del codice civile che contempla che il termine di prescrizione è interrotto dalla riconoscenza della pretesa con la persona tenuta dalla prestazione, nell’occorrenza la banca. A questo riguardo, la Corte di cassazione ha giudicato che questa riconoscenza dovuta essere indirizzata al creditore ed essergli giunta e che la semplice iscrizione del debito nei libri contabili della banca non costituisce una riconoscenza della pretesa al senso dell’articolo 260 e non può interrompere il termine di prescrizione dunque, paragrafi 18 e 21 sopra.
51. Tuttavia, la Corte stima che una misura anche radicale che la prescrizione delle pretese afferenti ad un conto bancario al motivo che durante un certo periodo ha avuto non ci nessuno movimento su questo conto-accoppiata alla giurisprudenza secondo la quale l’iscrizione di interessi non costituisce di movimenti di conto- è di natura tale da porre i detentori dei conti, soprattutto quando questi sono dei semplici particolari non rotti al diritto civile o bancario, in una situazione svantaggiosa rispetto alla banca o anche allo stato quando l’articolo 3 della decreto-legge si applica.
52. La Corte nota che in virtù dell’articolo 830 del codice civile, se quello che deposita una somma di denaro alla banca gli trasferisce il diritto di avvalersi ne, la banca deve tenerla e, se l’utilizza per conto suo, deve rendere alla fine della convenzione una somma equivalente al depositante. Il titolare di un conto può allora di buona fede aspettarsi di questo che il suo deposito presso della banca sia in sicurezza, soprattutto quando nota che gli interessi sono caduti su conto suo. È legittimo che si aspetta che una situazione che minaccia l’equilibrio della convenzione che ha concluso con la banca ed i suoi interessi finanziari gli siano segnalati affinché possa prendere in anticipo le sue disposizioni per conformarsi alla legge e salvaguardare il suo diritto di proprietà. Questa relazione di fiducia è inerente alle operazioni bancarie ed al diritto relative.
53. La Corte ricorda, peraltro, che il principio della sicurezza giuridica è implicito nell’insieme degli articoli della Convenzione e costituisca uno degli elementi fondamentali dello stato di diritto, Nejdet Şahin e Perihan Şahin c. Turchia, [GC], no 13279/05, § 56, 20 ottobre 2011. Ora, del parere della Corte, lo stato ha l’obbligo positivo di proteggere il cittadino e contemplare così l’obbligo delle banche, tenuto conto delle conseguenze spiacevoli che possono avere la prescrizione, di attenersi informato il titolare di un conto inattivo dell’approccio della fine del termine di prescrizione e dargli così la possibilità di interrompere la prescrizione – effettuando un’operazione sul conto per esempio. Non esigere nessuna informazione di questo tipo rischia di rompere appena l’equilibro tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
54. Mancanza di una tale informazione, la Corte stima che il richiedente è stato portato a sopportare un carico eccessivo e sproporzionato che non saprebbe giustificarsi con la necessità di liquidare i rapporti giuridici di cui l’esistenza sarebbe incerta- siccome ha affermato nello specifico la corte di appello- né col buon funzionamento del sistema bancario.
55. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nel capo del richiedente.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
56. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta dell’applicazione della regola di prescrizione operata dalle giurisdizioni civili che hanno condotto al rigetto delle sue pretese.
57. La Corte ricorda che non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi e tribunali, che tocca di interpretare la legislazione interna (vedere, mutatis mutandis, i sentenze Brualla Gómez del Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, § 31, Raccolta 1997-VIII ed Edificaciones March Gallego S.p.A. c. Spagna, 19 febbraio 1998, § 33, Raccolta 1998-I, e la Corte non sostituiranno la sua propria valutazione del diritto alla loro nella mancanza di arbitrarietà (vedere, entra altri, il sentenza Tejedor García c. Spagna, 16 dicembre 1997, § 31, Raccolta 1997-VIII. Nello specifico, la Corte nota che le giurisdizioni interne hanno applicato in materia nel caso del richiedente la legislazione e la giurisprudenza pertinente.
58. Segue che questo motivo di appello è manifestamente male fondato e deve essere respinto quindi, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
59. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
60. Il figlio del richiedente richiede di prima l’indennizzo del danno patrimoniale subito da suo padre. Rinvia a questo effetto alla richiesta di questo dinnanzi alla Corte nella quale chiedeva il rimborso della somma di 660 000 dracme che aveva depositato alla banca aumentata degli interessi e come era indicata nella sua azione del 3 giugno 2003 dinnanzi al tribunale di prima istanza di Atene, a sapere 30 550,74 EUR. Per danno morale, richiede la somma di 100 000 EUR.
61. In ciò che riguarda il danno patrimoniale, il Governo sostiene che il figlio del richiedente non ha presentato di domanda specifica, espressa nella moneta dello stato convenuto e nel termine assegnato, siccome esigilo l’articolo 60 § 2 dell’Ordinamento. Rinvia solamente al formulario di richiesta che non conteneva di domanda bacino di ingrassamento per ostriche e che sé rinvia all’azione del richiedente dinnanzi al tribunale di prima istanza di Atene. In quanto al danno morale, il Governo considera non solo che la somma sollecitata è infondata ed eccessiva, ma che il figlio del richiedente non saprebbe pretendere a nessuna indennità a questo titolo perché la persona lesa dalla misura controversa era il richiedente sé, all’esclusione dei suoi eredi.
62. La Corte stima che il figlio del richiedente non ha mancato di presentare siccome lo doveva le sue pretese a titolo del danno patrimoniale. Richiede fa la somma ne che il richiedente sé chiedeva nella sua azione del 3 giugno 2003 dinnanzi al tribunale di prima istanza di Atene e che era espressa chiaramente in euro in questa azione, o 30 550,74 EUR.
63. La Corte, da una parte, ricorda che ha concluso che c’è stato nello specifico una violazione della prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, e, altro parte, stima che non saprebbe speculare sulla somma che le giurisdizioni elleniche avrebbero accordato al richiedente se questo avesse ottenuto guadagno di causa. Considera mentre c’è luogo di assegnare al figlio del richiedente una somma di 15 000 EUR, ogni danno confuso.
B. Oneri e spese
64. Il figlio del richiedente chiede anche 5 000 EUR per gli oneri e spese ma senza precisare se questa somma cade sugli oneri impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne o dinnanzi alla Corte o dinnanzi ai due.
65. Il Governo sottolinea che il figlio del richiedente non porta nessuna prova delle sue pretese.
66. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nel caso di specifico, la Corte nota che il richiedente non produce nessuna fattura in ciò che riguarda gli oneri impegnati dinnanzi alle giurisdizioni sequestri e la Corte. Egli decide dunque di respingere le sue pretese a titolo degli oneri e spese.
C. Interessi moratori
67. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;

3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al figlio del richiedente, entro tre mesi, a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, la somma di 15 000 EUR, quindicimila euro, ogni danno compreso, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 gennaio 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
André Wampach Isabelle Berro-Lefèvre
Cancelliere aggiunto Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusions. Partiellement irrecevable Violation de l’article 1 du Protocole n° 1 – Protection de la propriété (article 1 al. 1 du Protocole n° 1 – Respect des biens) Dommage matériel et préjudice moral – réparation

PREMIÈRE SECTION

AFFAIRE ZOLOTAS c. GRÈCE (No 2)

(Requête no 66610/09)

ARRÊT

STRASBOURG

29 janvier 2013

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Zolotas c. Grèce (no 2),
La Cour européenne des droits de l’homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Isabelle Berro-Lefèvre, présidente,
Elisabeth Steiner,
Khanlar Hajiyev,
Mirjana Lazarova Trajkovska,
Julia Laffranque,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Erik Møse, juges,
et de André Wampach, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 8 janvier 2013,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 66610/09) dirigée contre la République hellénique et dont un ressortissant de cet Etat, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 7 décembre 2009 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement grec (« le Gouvernement ») est représenté par les déléguées de son agent, Mme F. Dedoussi, assesseure auprès du Conseil juridique de l’Etat, et Mme Z. Hadjipavlou, auditrice auprès du Conseil juridique de l’Etat.
3. Le requérant allègue en particulier une violation du droit garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
4. Le 31 août 2011, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
5. Le requérant, né en 1924, est décédé le 27 février 2011 alors que sa requête était pendante devant la Cour. Son fils, OMISSIS, a exprimé le souhait de reprendre l’instance.
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Le 11 juillet 1974, le requérant, qui exerçait alors la profession d’avocat, ouvrit un compte bancaire auprès de la Banque générale de Grèce, sur lequel il versa la somme de 660 000 drachmes (1 936,90 euros (EUR)). Depuis le second semestre 1981 jusqu’à 2003, le requérant ne fit aucune démarche relative à son compte (prélèvement, dépôt ou inscription des intérêts sur le carnet). En raison de graves problèmes de santé invalidants l’affectant lui-même ainsi que son épouse, il dut s’éloigner des années durant à l’étranger. Le 6 février 2003, il demanda à la banque de l’informer sur l’état de son compte. La banque lui répondit que, comme depuis le second semestre de 1981 il n’y avait eu aucun mouvement sur le compte, toutes ses prétentions le concernant avaient été frappées de prescription. Toutefois, elle lui fit savoir qu’elle tenait à jour dans son livre des comptes la fiche personnelle du requérant, sur laquelle elle inscrivait les intérêts générés par le compte.
7. Le 3 juin 2003, le requérant saisit les juridictions civiles d’une action contre la banque. Il réclamait la somme qu’il avait déposée à la banque augmentée d’intérêts, soit un total de 30 550,74 euros. Le 21 avril 2005 (jugement no 1481/2005), le tribunal de première instance d’Athènes rejeta l’action en considérant que les prétentions du requérant avaient été atteintes par la prescription de vingt ans prévue pour les prétentions émanant d’une convention de dépôt irrégulier (anomali parakatathiki), au sens de l’article 830 du code civil (paragraphes 18-19 ci-dessous). Plus particulièrement, le tribunal précisa :
« (…) [Le requérant] invoque l’article 1 du Protocole no 1 (…) ainsi que le Protocole de Paris du 20 mars 1952 relatif au respect de la propriété, lesquels ne trouvent pas à s’appliquer en l’espèce, car la prescription, en tant qu’institution du droit national, l’emporte sur ceux-ci. Cette prescription [de l’article 247 du code civil] est indépendante du fait que, conformément à l’article 3 du décret-loi no 1195/1942, les dépôts en espèces et les intérêts dans les banques nationales sont définitivement dévolus à l’Etat lorsqu’ils n’ont pas été réclamés par leurs titulaires, pour les dépôts, pendant une durée de vingt ans, et pour les intérêts, pendant une durée de cinq ans, (…). »
8. Le requérant interjeta appel contre ce jugement. Il se fondait sur les dispositions du droit interne pertinent et sur l’article 1 du Protocole no 1. Il soutenait que le délai de prescription avait été suspendu pour cause de force majeure ou interrompu en vertu de l’article 260 du code civil, car la banque mettait à jour tous les six mois le dossier du requérant en y inscrivant les intérêts générés.
9. Le 6 avril 2006, la cour d’appel d’Athènes rejeta l’appel (arrêt no 2452/2006) en considérant que l’application de la prescription de vingt ans pour les contrats de dépôt irrégulier était justifiée par un but d’intérêt public : la liquidation, pour des raisons d’économie sociale, des rapports juridiques qui avaient été créés dans un passé si lointain que leur existence était devenue incertaine. Le fait que la banque continuait à verser des intérêts sur le compte du requérant ne constituait pas, selon la cour d’appel, un acte de reconnaissance des prétentions du requérant, susceptible d’interrompre le délai de prescription de vingt ans. Dans le cas de dépôts bancaires, le cours de ce délai ne peut être interrompu que par un nouvel acte de dépôt ou de retrait, un transfert d’argent ou un dépôt d’intérêts. La cour d’appel se fonda, en outre, sur le décret-loi no 1195/1942, qui prévoit que les sommes d’argent placées sur des comptes bancaires qui restent inactifs pendant une période de vingt ans, reviennent à l’Etat à l’expiration de ce délai.
10. La cour d’appel rejeta aussi l’objection du requérant selon laquelle le délai de prescription aurait été suspendu pour cause de force majeure (les maladies de son épouse et les siennes). Elle considéra qu’il n’y avait pas eu en l’espèce de cas de force majeure car ces maladies n’avaient pas été continues pendant tout le délai de la prescription et notamment pas pendant les six derniers mois de celui-ci, de sorte que le requérant ne se trouvait pas dans l’impossibilité de retirer lui-même ou par l’intermédiaire d’un représentant la somme déposée et les intérêts de celle ci.
11. Le requérant se pourvut en cassation. Il se fondait sur l’article 1 du Protocole no 1.
12. Le 12 janvier 2009, la Cour de cassation rejeta le pourvoi comme infondé en affirmant que l’application de la législation en cause ne portait pas atteinte au droit du requérant au respect de ses biens tel que défini par l’article 1 du Protocole no 1 (arrêt no 50/2009). Plus précisément, la Cour de cassation considéra que :
« (…) du fait que la prescription précitée, comme toute prescription, est imposée par l’intérêt général, qui exige la régularisation des relations qui relèvent du passé et de ce fait sont devenues incertaines, et dictée aussi par des motifs d’économie sociale, les dispositions litigieuses ne sont pas contraires [au Protocole no 1]. »
13. Cet arrêt fut mis au net et certifié conforme le 9 juin 2009.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
14. L’article 3 du décret-loi no 1195/1942 « relatif à la prescription au bénéfice de l’Etat des dépôts auprès des banques et d’autres valeurs et prétentions » se lit comme suit :
Prescription des dépôts-intérêts en faveur de l’Etat
« Les dépôts en espèces et leurs intérêts auprès de banques nationales (…) reviennent définitivement à l’Etat lorsqu’ils n’ont pas été réclamés par le titulaire du compte ou n’ont fait l’objet d’aucun mouvement du compte pendant une période de vingt ans depuis qu’ils étaient disponibles et pour leurs intérêts pendant une période de cinq ans depuis qu’ils étaient devenus exigibles. »
15. Le décret-loi no 1195/1942 a été ratifié par l’acte no 315 du Conseil des ministres du 30 mai 1946 et maintenu en vigueur après l’adoption du code civil.
16. En vertu de ce décret-loi, la prescription de certaines créances et prétentions, au lieu de profiter au débiteur, comme c’est le cas en vertu du droit ordinaire, joue au bénéfice de l’Etat. Outre les dépôts auprès des banques et des établissements de crédit, de telles créances et prétentions sont celles issues des capitaux et des rentes des titres et valeurs mobilières, existant auprès de banques et de sociétés anonymes.
17. L’article 16 § 2 du décret-loi prévoit que, dans certains cas, le créancier a le droit, après restitution à l’Etat de ses prétentions, de se retourner contre l’Etat par une action devant les juridictions civiles qui doit être introduite dans le délai de prescription de la prétention.
18. Les dispositions pertinentes du code civil sont ainsi libellées :
Article 247
Prescription des prétentions
« Le droit d’exiger d’autrui un acte ou une abstention (prétention) est sujet à prescription. »
Article 249
Prescription de vingt ans
« Sauf disposition contraire, le délai de prescription des prétentions est de vingt ans. »
Article 250
Prescription de cinq ans
« Sont prescrites dans un délai de cinq ans les prétentions : (…) 15. issues des intérêts (…) ».
Article 251
Commencement de la prescription
« La prescription commence dès que la prétention a pris naissance et qu’il est possible d’en poursuivre la réalisation par voie juridique. »
Article 255
Suspension de la prescription
« La prescription est suspendue aussi longtemps que le titulaire du droit est empêché de faire valoir sa prétention en raison de (…) ou d’un autre cas de force majeure au cours des six derniers mois du délai de prescription. (…) »
Article 260
Interruption – Reconnaissance
« La prescription est interrompue par la reconnaissance de la prétention, de quelque manière que ce soit, par la personne tenue à la prestation (l’obligé). »
Article 272
Effets de la prescription accomplie
« Lorsque la prescription est échue, l’obligé a le droit de refuser la prestation.
(…) »
Article 274
Prescription des prétentions accessoires
« La prétention principale étant prescrite, sont également prescrites les prétentions accessoires qui en découlent, alors même que la prescription qui leur est applicable ne serait pas encore échue. »
Article 827
Temps de restitution
« Si le déposant réclame la chose, le dépositaire doit la restituer, alors même que le délai fixé pour sa garde n’aurait pas expiré. »
Article 830
Dépôt irrégulier
« Le dépôt d’une somme d’argent ou d’autres choses fongibles est, dans le doute, considéré comme un prêt, si le dépositaire a le pouvoir d’en user. Toutefois, en ce qui concerne le temps et le lieu de restitution, sont applicables, dans le doute, les dispositions relatives au dépôt. (…) »
19. On désigne par l’expression « dépôt irrégulier » le dépôt, après accord des parties, d’argent ou d’autres choses fongibles aux fins de la garde par l’autre partie lorsque celle-ci a le pouvoir d’en disposer. Selon la doctrine et une jurisprudence bien établie, le dépôt d’argent dans une banque au taux d’intérêt habituel et avec possibilité de retrait immédiat de la somme déposée revêt le caractère d’une convention de dépôt irrégulier.
20. En vertu de l’article 260 du code civil, la prescription est interrompue lorsque l’obligé reconnaît la prétention de quelque manière que ce soit. Il est généralement admis que pour qu’il y ait une telle reconnaissance, il suffit d’un acte ou d’un comportement qui démontre clairement que le débiteur reconnaît son obligation ainsi que la prétention du créancier. Une telle reconnaissance peut consister en le remboursement partiel de la dette, le versement d’intérêts, la constitution d’une sûreté, la demande d’octroi d’un délai ou la demande d’être exonéré de la dette (Georgiadis-Stathopoulos, Code civil. Interprétation article par article, p. 461).
21. Pour que l’acte de reconnaissance du débiteur entraîne interruption de la prescription (article 260 du code civil), il doit être adressé et parvenir au créancier (arrêt no 1178/1976 de la Cour de cassation, Nomiko Vima 25/710). Le simple fait que le débiteur enregistre la dette dans ses livres de comptes ne constitue pas une reconnaissance de la prétention au sens de l’article 260 et ne peut donc interrompre la prescription (arrêt no 924/1977 de la Cour de cassation, Nomiko Vima 26/726).
22. En ce qui concerne la prescription des prétentions des titulaires d’un compte sur ce compte, il est admis que celle-ci est interrompue par tout nouveau dépôt ou retrait ou par tout acte qui entraîne une modification du compte. La prescription n’est pas interrompue par les intérêts que génère le compte, même si ceux-ci sont transformés en capital, ni par la mise à jour du dossier du titulaire du compte faite tous les six mois (arrêts no 739/2004 et no 50/2009 de la Cour de cassation).
23. Par un acte no 2501 du 31 octobre 2002, le Gouverneur de la Banque de Grèce précisait :
« Les établissements de crédit doivent fournir un minimum d’informations aux contractants, de la manière suivante :
1. Conditions générales
(…)
c) doivent informer les contractants, avant l’établissement du contrat, de toutes les conditions qui régissent la relation entre eux et de leur en fournir un exemplaire complet après l’établissement de celui-ci.
(…)
e) En cas de modification unilatérale des conditions des contrats, dans les domaines où cette modification est permise, [les établissements de crédit] informent les contractants des modifications des conditions initiales, de manière soit collective soit individuelle, et annoncent dans les deux cas la date de l’entrée en vigueur de nouvelles conditions.
(…)
2. Information périodique
a) Dépôts : Une information est donnée au moins tous les trois mois pour les éléments a) et f) du chapitre B, paragraphe 1, ainsi que sur le solde du compte, sauf s’il n’y a pas de mouvement du compte ; dans ce cas, l’information est donnée tous les six mois.
En ce qui concerne les comptes d’épargne pour lesquels un livret est fourni, la mise à jour se fait par la présentation du livret.
(…) »
24. Dans le même ordre d’idées, la Cour de cassation a jugé qu’une banque n’a pas l’obligation de prévenir l’intéressé avant l’expiration du délai de prescription. Comme un livret de compte lui est remis par la banque, il lui appartient de le faire tenir à jour, ce livret constituant la preuve du montant déposé sur son compte et de l’existence de mouvements de celui-ci (arrêts de la Cour de cassation no 432/1990 et no 1623/1995).
EN DROIT
I. REMARQUE GÉNÉRALE
25. La Cour doit tout d’abord résoudre la question du droit de OMISSIS à maintenir la requête originellement introduite par le requérant, qui est décédé en février 2011.
26. La Cour rappelle que, dans plusieurs affaires où un requérant était décédé pendant la procédure, elle a pris en compte la volonté de poursuivre celle-ci exprimée par des héritiers ou parents proches (voir, par exemple, Deweer c. Belgique, 27 février 1980, §§ 37-38, série A no 35 ; X c. Royaume-Uni, 5 novembre 1981, § 32, série A no 46 ; Vocaturo c. Italie, 24 mai 1991, § 2, série A no 206-C ; G. c. Italie, 27 février 1992, § 2, série A no 228-F ; Pandolfelli et Palumbo c. Italie, 27 février 1992, § 2, série A no 231-B ; X c. France, 31 mars 1992, § 26, série A no 234 C ; Raimondo c. Italie, 22 février 1994, § 2, série A no 281 A ; Malhous c. République tchèque (déc.) [GC], no 33071/96, CEDH 2000 XII, et, a contrario, l’arrêt Scherer c. Suisse, 25 mars 1994, §§ 31-32, série A no 287).
27. En l’espèce, la Cour note que OMISSIS est le fils du requérant et héritier ab intestat et par indivis de celui-ci et que le droit garanti par l’article 1 du Protocole no 1 est éminemment transférable. M OMISSIS a donc un intérêt légitime lui donnant qualité pour se plaindre au nom de son père décédé.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
28. Le requérant se plaint du fait que les juridictions internes civiles, en se fondant sur le délai de prescription de vingt ans prescrit par le code civil ainsi que sur le décret législatif no 1195/1942, ont considéré que ses prétentions envers la banque où il disposait d’un compte étaient prescrites et que le solde de son compte revenait à l’Etat, qui est le bénéficiaire ultime des comptes bancaires inactifs. Il allègue une violation de l’article 1 du Protocole no 1, qui se lit ainsi :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
29. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 (a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
a) Le Gouvernement
30. Le Gouvernement souligne que l’objectif essentiel du décret-loi no 1195/1942 consiste à servir l’intérêt général en évitant la captation par les banques, sociétés anonymes et autres personnes morales des sommes d’argent qui y sont déposées et qui résultent des capitaux et des rentes provenant des titres et des valeurs mobilières, à la suite de l’inactivité de leurs titulaires, due le plus souvent au fait que ceux-ci décèdent sans descendants ou à leur volonté d’abandonner leurs prétentions.
31. La prétention du requérant est tombée sous le coup de la prescription prévue par les dispositions générales du code civil, qui sont en vigueur parallèlement à celles du décret-loi et indépendamment de celles-ci. La différenciation apportée par le décret-loi par rapport à la prescription des articles 247 et suivants du code civil est que la créance prescrite est dévolue à l’Etat et non à la banque où est tenu le compte inactif. L’application des dispositions du décret-loi dans le cas du requérant n’a eu aucune incidence particulière sur la prescription car sa prétention aurait de toute manière été prescrite même sur le simple fondement du code civil, à la seule différence près que dans ce cas le bénéficiaire aurait été la banque et non l’Etat.
32. La banque n’avait pas l’obligation de prévenir le requérant avant l’expiration du délai de prescription. Comme un livret de compte lui avait été remis par la banque, il lui appartenait de le faire tenir à jour, ce livret constituant la preuve du montant déposé sur son compte et de l’existence de mouvements de celui-ci (arrêts de la Cour de cassation no 432/1990 et no 1623/1995 – paragraphe 24 ci-dessus).
33. Il en résulte que la mise à jour tous les six mois du relevé des comptes du requérant par la banque, par l’inscription des intérêts générés par le compte, n’emporte pas interruption du délai de prescription, car cet acte n’était pas adressé au requérant et ne lui est pas parvenu, mais concernait seulement l’actualisation des données de la banque, ce qui constitue une procédure interne à la banque. Cet acte n’a pas été porté à la connaissance du requérant, celui-ci ne s’étant pas présenté pour effectuer une opération ou pour faire inscrire sur son livret les modifications apportées sur son compte.
34. Par ailleurs, le Gouvernement reproche au requérant de ne pas avoir fait preuve d’un minimum de diligence. Enfin, les juridictions internes ont rejeté les motifs de force majeure invoqués par le requérant à l’appui de son argument selon lequel le délai de prescription était suspendu en raison des maladies de lui-même et de son épouse.
b) Le requérant
35. Le requérant soutient que son intention, au moment de l’ouverture de son compte et dans l’esprit de la liberté contractuelle, était de conclure un contrat de rente viagère. Le jeu de la prescription, alors qu’il était manifeste que l’ordre public n’était pas menacé, n’était pas compatible avec les principes de la bonne foi, des bonnes mœurs et des pratiques synallagmatiques. En outre, la capitalisation du dépôt par le biais de l’accumulation d’intérêts ne pouvait pas être sujette à prescription, dans la mesure où, par ce moyen, la banque reconnaissait, indirectement mais sûrement, la prétention du requérant. D’autre part, la capitalisation d’intérêts constitue une cause de suspension de la prescription.
36. Le requérant souligne que la banque aurait dû l’informer du risque qu’il courait de perdre son argent et que l’Etat aurait dû garder pendant un minimum raisonnable de temps les fonds au-delà de la date de prescription pour protéger la propriété du requérant et de son ayant-droit. Le requérant fait valoir l’exemple des législations française, italienne et allemande, qui prévoient une telle information.
37. Le requérant affirme que le fait qu’il n’y a eu aucun mouvement de son compte pendant le délai de prescription était dû à une cause de force majeure, en particulier entre le dernier semestre du délai (1994) et le moment (6 février 2003) où il a demandé à la banque de l’informer sur l’état de son compte.
38. Enfin, le requérant affirme que le décret-loi no 1195/1942 n’a jamais été ratifié et n’a pas la force d’un acte juridique valable. Il estime accablant pour un pays démocratique comme la Grèce d’appliquer un texte qui date de l’époque de son occupation par l’Allemagne nazie et de procéder de manière tacite à la confiscation des fonds d’un individu. A ses yeux, l’intérêt public ne peut pas être invoqué au détriment de l’intérêt privé en l’espèce, en l’absence d’une loi qui prévoirait l’indemnisation des personnes concernées pour la perte de leurs biens.
2. Appréciation de la Cour
a) Rappel des principes
39. La Cour rappelle que l’article 1 du Protocole no 1, qui tend pour l’essentiel à prémunir l’individu contre toute atteinte par l’Etat au respect de ses biens, peut également impliquer des obligations positives entraînant pour l’Etat certaines mesures nécessaires pour protéger le droit de propriété, notamment là où il existe un lien direct entre les mesures qu’un requérant pourrait légitimement attendre des autorités et la jouissance effective par ce dernier de ses biens (Öneryıldız c. Turquie [GC], no 48939/99, § 134, CEDH 2004-XII, Păduraru c. Roumanie, no 63252/00, § 88, CEDH 2005-XII, Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 143, CEDH 2004-V, et Sovtransavto Holding c. Ukraine, no 48553/99, § 96, CEDH 2002-VII). Même dans le cadre de « relations horizontales » il peut y avoir des considérations d’intérêt public susceptibles d’imposer certaines obligations à l’Etat. Ainsi, dans l’arrêt Broniowski, § 143 (précité), la Cour a dit que les obligations positives découlant de l’article 1 du Protocole no 1 peuvent entraîner pour l’Etat certaines mesures nécessaires pour protéger le droit de propriété. Dès lors, des considérations d’intérêt général susceptibles d’imposer certaines obligations à l’Etat peuvent entrer en jeu même dans le cadre de « relations horizontales » (Kotov c. Russie [GC], no 54522/00, § 109, 3 avril 2012).
40. La frontière entre les obligations positives et négatives de l’Etat au titre de l’article 1 du Protocole no 1 ne se prête pas à une définition précise, mais les principes applicables sont néanmoins comparables. Que l’on analyse l’affaire en termes d’obligation positive de l’Etat ou d’ingérence des pouvoirs publics qu’il faut justifier, les critères à appliquer ne sont pas différents en substance. Tant une atteinte au respect des biens qu’une abstention d’agir doivent ménager un juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir, parmi d’autres, Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, § 69, série A no 52 et Kotov précité, § 110).
41. La Cour a également affirmé que, dans certaines circonstances, l’article 1 du Protocole no 1 peut imposer « certaines mesures nécessaires pour protéger le droit de propriété (…), même dans les cas où il s’agit d’un litige entre des personnes physiques ou morales » (Sovtransavto Holding, précité, § 96). Ce principe a été largement appliqué dans le contexte de procédures d’exécution dirigées contre des débiteurs privés (Fouklev c. Ukraine, no 71186/01, §§ 89-91, 7 juin 2005 ; Kesyan c. Russie, no 36496/02, §§ 79-80, 19 octobre 2006 ; voir également Kin-Stib et Majkić c. Serbie, no 12312/05, § 84, 20 avril 2010, Marčić et autres c. Serbie, no 17556/05, § 56, 30 octobre 2007, et, mutatis mutandis, Matheus c. France, no 62740/00, §§ 68 et suiv., 31 mars 2005).
42. Pour apprécier la conformité de la conduite de l’Etat à l’article 1 du Protocole no 1, la Cour doit se livrer à un examen global des divers intérêts en jeu, en gardant à l’esprit que la Convention a pour but de sauvegarder des droits « concrets et effectifs ». Elle doit aller au-delà des apparences et rechercher la réalité de la situation litigieuse. Cette appréciation peut porter non seulement sur les modalités d’indemnisation applicables – si la situation s’apparente à une privation de propriété – mais également sur la conduite des parties, y compris les moyens employés par l’Etat et leur mise en œuvre. A cet égard, il faut souligner que l’incertitude – qu’elle soit législative, administrative, ou tenant aux pratiques appliquées par les autorités – est un facteur qu’il faut prendre en compte pour apprécier la conduite de l’Etat. En effet, lorsqu’une question d’intérêt général est en jeu, les pouvoirs publics sont tenus de réagir en temps utile, de façon correcte et avec la plus grande cohérence (Tunnel Report Limited c. France, no 27940/07, § 39, 18 novembre 2010).
43. La Cour rappelle en outre sa jurisprudence selon laquelle le seul fait que les prétentions d’un requérant soient soumises à un délai de prescription ne pose aucun problème à l’égard de la Convention. L’institution de délais de prescription est un trait commun aux systèmes juridiques des Etats contractants, visant à garantir la sécurité juridique en fixant un terme aux actions et à empêcher l’injustice qui pourrait se produire si les tribunaux étaient appelés à se prononcer sur des événements survenus dans un passé lointain (J.A. Pye (Oxford) Ltd et J.A. Pye (Oxford) Land Ltd c. Royaume-Uni [GC], no 44302/02, § 68, CEDH 2007-III ; Stubbings et autres c. Royaume-Uni, 22 octobre 1996, § 51, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV).
44. Enfin, la Cour souligne que la notion d’« utilité publique » de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 est ample par nature. Les autorités nationales se trouvent en principe mieux placées que le juge international pour déterminer ce qui est « d’utilité publique ». Estimant normal que le législateur dispose d’une grande latitude pour mener une politique économique et sociale, la Cour respecte la manière dont il conçoit les impératifs de l’« utilité publique » sauf si son jugement se révèle manifestement dépourvu de fondement. Quant à des solutions de rechange, leur existence éventuelle ne rend pas à elle seule injustifiée la législation en cause. Tant que le législateur ne dépasse pas les limites de sa marge d’appréciation, la Cour n’a pas à dire s’il a choisi la meilleure façon de traiter le problème ou s’il aurait dû exercer son pouvoir différemment (J.A. Pye (Oxford) Ltd et J.A. Pye (Oxford) Land Ltd c. Royaume-Uni, no 44302/02, §§ 43-45, 15 novembre 2005).
b) Application au cas d’espèce
45. Dans la présente affaire, la Cour relève tout d’abord que lorsque le requérant s’est rendu le 6 février 2003 à sa banque pour s’enquérir de l’état de son compte, il a appris que, en l’absence de tout mouvement sur le compte depuis le second semestre de 1981, toutes prétentions le concernant avaient été atteintes par la prescription. Il ressort des décisions des juridictions internes qu’en ouvrant son compte, le requérant a conclu avec la banque une convention qui, selon la jurisprudence et la doctrine constantes, constituait une convention de dépôt irrégulier (article 830 du code civil). Les prétentions du requérant nées de cette convention étaient soumises à la prescription de vingt ans prévue par le code civil (articles 247 et 249).
46. La Cour note aussi que les juridictions internes saisies par le requérant ont fait application de l’article 3 du décret-loi no 1195/1942, aux termes duquel les dépôts en espèces et leurs intérêts auprès de banques reviennent définitivement à l’Etat lorsqu’ils n’ont pas été réclamés par le titulaire du compte ou qu’il n’y a eu aucun mouvement du compte sur une période de vingt ans. La cour d’appel a de surcroît jugé que le délai de prescription n’était ni interrompu – l’inscription des intérêts générés par le compte du requérant sur les livres de comptes de la banque ne constituant pas un cas d’interruption du délai (paragraphe 9 ci-dessus) – ni suspendu pour la cause de force majeure invoquée par le requérant (paragraphe 10 ci-dessus).
47. Pour la Cour, la prescription des prétentions du requérant sur son propre compte a constitué une atteinte au droit de propriété de celui-ci, mais qui ne correspondait ni à une expropriation ni à une mesure de réglementation de l’usage des biens ; elle doit donc être examinée sous l’angle de la première phrase du premier alinéa de l’article 1 (voir, mutatis mutandis, Optim et Industerre c. Belgique (déc.), no 23819/06, § 35, 11 septembre 2012). Ainsi convient-il de déterminer si un juste équilibre a été ménagé entre les exigences relatives à l’intérêt général de la société et les impératifs liés à la protection des droits fondamentaux de l’individu.
48. La Cour ne doute pas que la prescription instituée par les articles 247 et 249 du code civil et l’article 3 du décret-loi no 1195/1942 poursuit un but légitime. Comme l’a souligné la cour d’appel dans son arrêt du 6 avril 2006, la prescription de vingt ans pour les contrats de dépôt irrégulier est justifiée par un but d’intérêt public : la liquidation, pour des raisons d’économie sociale, des rapports juridiques créés dans un passé si lointain que leur existence devient incertaine.
49. La Cour, eu égard entre autres à sa jurisprudence en matière de prescription (paragraphe 43 ci-dessus), estime que le système grec de prescription susmentionné est raisonnable : le délai de vingt ans est ample et il n’est pas difficile ni impossible aux intéressés d’arrêter la prescription.
50. En se prononçant dans l’affaire du requérant, les juridictions grecques ont suivi et appliqué la législation et la jurisprudence pertinentes en vigueur : d’une part, l’article 3 du décret-loi, qui prévoit que la prescription des prétentions du titulaire d’un compte est interrompue seulement lorsque le titulaire réclame son dépôt ou effectue une opération sur le compte ; d’autre part, l’article 260 du code civil, qui prévoit que le délai de prescription est interrompu par la reconnaissance de la prétention par la personne tenue par la prestation, en l’occurrence la banque. A cet égard, la Cour de cassation a jugé que cette reconnaissance doit avoir été adressée au créancier et lui être parvenue et que la simple inscription de la dette dans les livres de comptes de la banque ne constitue pas une reconnaissance de la prétention au sens de l’article 260 et ne peut donc interrompre le délai de prescription (paragraphes 18 et 21 ci-dessus).
51. Toutefois, la Cour estime qu’une mesure aussi radicale que la prescription des prétentions afférentes à un compte bancaire au motif que pendant une certaine période il n’y a eu aucun mouvement sur ce compte – couplée à la jurisprudence selon laquelle l’inscription d’intérêts ne constitue pas de mouvements de compte – est de nature à placer les détenteurs des comptes, surtout lorsque ceux-ci sont de simples particuliers non rompus au droit civil ou bancaire, dans une situation désavantageuse par rapport à la banque ou même à l’Etat lorsque l’article 3 du décret-loi s’applique.
52. La Cour note qu’en vertu de l’article 830 du code civil, si celui qui dépose une somme d’argent à la banque lui transfère le droit d’en user, la banque doit la garder et, si elle l’utilise pour son compte, elle doit rendre à la fin de la convention une somme équivalente au déposant. Le titulaire d’un compte peut alors de bonne foi s’attendre à ce que son dépôt auprès de la banque soit en sécurité, surtout lorsqu’il remarque que des intérêts sont portés sur son compte. Il est légitime qu’il escompte qu’une situation menaçant l’équilibre de la convention qu’il a conclue avec la banque et ses intérêts financiers lui soit signalée afin qu’il puisse prendre à l’avance ses dispositions pour se conformer à la loi et sauvegarder son droit de propriété. Cette relation de confiance est inhérente aux opérations bancaires et au droit y relatif.
53. La Cour rappelle, par ailleurs, que le principe de la sécurité juridique est implicite dans l’ensemble des articles de la Convention et constitue l’un des éléments fondamentaux de l’Etat de droit (Nejdet Şahin et Perihan Şahin c. Turquie, [GC], no 13279/05, § 56, 20 octobre 2011). Or, de l’avis de la Cour, l’Etat a l’obligation positive de protéger le citoyen et prévoir ainsi l’obligation des banques, compte tenu des conséquences fâcheuses que peut avoir la prescription, de tenir informé le titulaire d’un compte inactif de l’approche de la fin du délai de prescription et lui donner ainsi la possibilité d’interrompre la prescription – en effectuant par exemple une opération sur le compte. N’exiger aucune information de ce type risque de rompre le juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu.
54. Faute d’une telle information, la Cour estime que le requérant a été amené à supporter une charge excessive et disproportionnée qui ne saurait se justifier ni par la nécessité de liquider les rapports juridiques dont l’existence serait incertaine – comme l’a affirmé en l’espèce la cour d’appel – ni par le bon fonctionnement du système bancaire.
55. Dès lors, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 dans le chef du requérant.
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
56. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, le requérant se plaint de l’application de la règle de prescription opérée par les juridictions civiles qui a conduit au rejet de ses prétentions.
57. La Cour rappelle qu’elle n’a pas pour tâche de se substituer aux juridictions internes. C’est au premier chef aux autorités nationales, et notamment aux cours et tribunaux, qu’il incombe d’interpréter la législation interne (voir, mutatis mutandis, les arrêts Brualla Gómez de la Torre c. Espagne, 19 décembre 1997, § 31, Recueil 1997 VIII et Edificaciones March Gallego S.A. c. Espagne, 19 février 1998, § 33, Recueil 1998 I), et la Cour ne substituera pas sa propre appréciation du droit à la leur en l’absence d’arbitraire (voir, entre autres, l’arrêt Tejedor García c. Espagne, 16 décembre 1997, § 31, Recueil 1997 VIII). En l’espèce, la Cour note que les juridictions internes ont appliqué dans le cas du requérant la législation et la jurisprudence pertinentes en la matière.
58. Il s’ensuit que ce grief est manifestement mal fondé et doit dès lors être rejeté, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
59. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
60. Le fils du requérant réclame d’abord l’indemnisation du dommage matériel subi par son père. Il renvoie à cet effet à la requête de celui-ci devant la Cour, dans laquelle il demandait le remboursement de la somme de 660 000 drachmes qu’il avait déposée à la banque augmentée des intérêts et telle qu’elle était indiquée dans son action du 3 juin 2003 devant le tribunal de première instance d’Athènes, à savoir 30 550,74 EUR. Pour dommage moral, il réclame la somme de 100 000 EUR.
61. En ce qui concerne le dommage matériel, le Gouvernement soutient que le fils du requérant n’a pas présenté de demande spécifique, exprimée dans la monnaie de l’Etat défendeur et dans le délai imparti, comme l’exige l’article 60 § 2 du Règlement. Il renvoie seulement au formulaire de requête, qui ne contenait pas de demande claire et qui lui-même renvoie à l’action du requérant devant le tribunal de première instance d’Athènes. Quant au dommage moral, le Gouvernement considère non seulement que la somme sollicitée est infondée et excessive, mais que le fils du requérant ne saurait prétendre à aucune indemnité à ce titre car la personne affectée par la mesure litigieuse était le requérant lui-même, à l’exclusion de ses héritiers.
62. La Cour estime que le fils du requérant n’a pas manqué de présenter comme il le devait ses prétentions au titre du dommage matériel. Il réclame en fait la somme que le requérant lui-même demandait dans son action du 3 juin 2003 devant le tribunal de première instance d’Athènes et qui était clairement exprimée en euros dans cette action, soit 30 550,74 EUR.
63. La Cour, d’une part, rappelle qu’elle a conclu qu’il y a eu en l’espèce une violation de la première phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1, et, d’autre part, estime qu’elle ne saurait spéculer sur la somme que les juridictions helléniques auraient accordée au requérant si celui-ci avait obtenu gain de cause. Elle considère cependant qu’il y a lieu d’allouer au fils du requérant une somme de 15 000 EUR, tous dommages confondus.
B. Frais et dépens
64. Le fils du requérant demande également 5 000 EUR pour les frais et dépens mais sans préciser si cette somme porte sur les frais engagés devant les juridictions internes ou devant la Cour ou devant les deux.
65. Le Gouvernement souligne que le fils du requérant n’apporte aucune preuve de ses prétentions.
66. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. Dans le cas d’espèce, la Cour note que le requérant ne produit aucune facture en ce qui concerne les frais engagés devant les juridictions saisies et la Cour. Il échet donc de rejeter ses prétentions au titre des frais et dépens.
C. Intérêts moratoires
67. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 et irrecevable pour le surplus ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;

3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au fils du requérant, dans les trois mois, à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, la somme de 15 000 EUR (quinze mille euros) tous dommages confondus, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 29 janvier 2013, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
André Wampach Isabelle Berro-Lefèvre
Greffier adjoint Présidente

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