QUARTA SEZIONE
CAUSA ZIĘTAL C. POLONIA
(Richiesta no 64972/01)
SENTENZA
STRASBURGO
12 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Ziętal c. Polonia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nicolas Bratza, presidente, Lech Garlicki, Giovanni Bonello, Ljiljana Mijović, Päivi Hirvelä, Ledi Bianku, Nebojša Vučinić, giudici,
e da Lawrence Early, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 aprile 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 64972/01) diretta contro la Repubblica della Polonia e in cui i cittadini di questo Stato, Sigg. A. Z. e D. Z. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 17 aprile 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo polacco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Jakub Wołąsiewicz, del ministero delle Cause estere.
3. Il 29 gennaio 2006, il presidente della quarta sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la Corte si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il meiro della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti, nati rispettivamente nel 1948 e 1946, sono residenti a Zgórsko. Al momento dell’introduzione della loro richiesta i richiedenti erano i proprietari di una parte di una casa a schiera ubicata nel loro villaggio nella quale vivevano con la loro famiglia.
Procedimento relativo all’istanza del vicino dei richiedenti che tendeva all’ottenimento di un permesso di costruire
5. Nel mese di agosto 1995, J.Z, fratello del richiedente e proprietario dell’altra parte della casa a schiera, intraprese su questa dei lavori di costruzione. Aveva intenzione in particolare di aggiungere a questa una tromba di scale e di modificare la costruzione della sua copertura. Nel settembre 1995, il costruttore sollecitò presso il comune il rilascio di un permesso di costruire.
6. Nel mese di ottobre 1995, i richiedenti avvertirono i servizi competenti del loro comune che il vicino aveva intrapreso i lavori senza autorizzazione. Si lamentarono che i lavori avevano provocato dei danni alla loro parte dell’immobile che si manifestavano con danni, come crepe dei muri o la spaccatura del tetto , e, per questo fatto, rappresentavano un pericolo per la vita e la salute degli inquilini. I richiedenti rilevarono che avevano dovuto effettuare certi lavori d’ emergenza in vista di mettere in sicurezza, per quanto possibile, la loro parte dell’immobile. Dovettero in particolare apporre delle reti di ferro e dei pilastri.
7. Il 27 dicembre 1995, gli agenti dell’amministrazione competente si recarono sulla proprietà dei richiedenti e del loro vicino. Constatarono che i lavori erano effettivamente proseguiti e fecero stato della presenza di crepe sulla parte dell’immobile che appartiene ai richiedenti.
8. Il 29 aprile 1996, il sindaco negò di rilasciare a J.Z. il permesso di costruire, decisione confermata il 1 agosto 1996 dall’autorità di appello. Il 10 dicembre 1997, la Corte amministrativa suprema confermò in ultima istanza il rifiuto.
Procedimento che tendeva ad eseguire l’ordine di demolizione del cantiere eretto dal vicino dei richiedenti
9. Il 17 luglio 1996, l’autorità competente (Kierownik Urzędu Rejonowego w Kielcach) intimò al costruttore di demolire il cantiere. In seguito ad un ricorso formato da J.Z, il 18 settembre 1996, l’autorità di appello annullò la decisione del 17 luglio e rinviò la pratica per una riconsiderazione.
10. Il 3 ottobre 1996, l’autorità di rinvio ascoltò i richiedenti ed il loro vicino. Nel frattempo , con un’ordinanza del 26 ottobre 1996, la Corte amministrativa suprema, deliberando sull’istanza del costruttore, sospese l’esecuzione dell’ordine di demolizione.
11. Il 31 ottobre 1996, l’autorità competente dichiarò che la costruzione in questione era stata intrapresa illegalmente ed intimò J.Z. di demolire il cantiere prima del 30 giugno 1997. Questo ultimo interpose appello.
12. Il 26 novembre 1996, le autorità amministrative informarono la procura di Kielce che una violazione era stata commessa, tenuto conto del fatto che J.Z. stava effettuando i lavori senza autorizzazione.
13. Il 3 gennaio 1997, l’autorità di appello annullò l’ordine di demolizione del 31 ottobre 1996 e rinviò la pratica per una riconsiderazione intimando l’autorità di prima istanza di stabilire se i lavori proseguivano sempre e chi era il costruttore.
14. Il 13 gennaio 1997, i richiedenti si lamentarono presso il prefetto di Kielce dell’inoperosità dell’ispettore delle costruzioni competente e della mancanza di efficacia nella condotta del procedimento di esecuzione. Il 13 febbraio 1997, il prefetto li informò che nello specifico, le autorità avevano bisogno di più di tempo per potere chiarificare l’insieme delle circostanze della causa.
15. Il 20 febbraio 1997, gli agenti competenti dell’amministrazione ascoltarono i testimoni, in particolare l’autore del piano del cantiere.
16. Il 9 luglio 1997, fu effettuata dalle autorità una visita del cantiere.
17. Il 3 aprile 1998, l’autorità competente ordinò la demolizione del cantiere, decisione confermata il 15 maggio 1998 dall’autorità di appello. Però, la Corte amministrativa suprema sospese l’esecuzione dell’ordine di demolizione su richiesta di J.Z il 26 ottobre 1998. In seguito, il 12 marzo 1999, deliberando in ultima istanza, la Corte amministrativa suprema confermò l’ordine di demolizione.
18. Però, con un atto notarile stabilito il 8 luglio 1999, J.Z. e sua moglie diedero la loro parte della casa a schiera alla loro figlia minorenne K.Z. In seguito, il 29 luglio 1999, il consigliere di J.Z. pregò le autorità amministrative di abbandonare il procedimento di esecuzione al motivo che il suo cliente, non essendo più proprietario dell’immobile, non poteva essere riguardato dall’ordine di demolizione. Il 10 settembre 1999, l’istanza del consigliere fu tuttavia respinta.
19. Il 29 settembre 1999, i richiedenti si lamentarono presso le autorità nuovamente della lunghezza e della mancanza di efficacia dell’esecuzione.
20. Nel frattempo, a dispetto delle decisioni che l’obbligando a demolire il cantiere, J.Z. proseguì i lavori.
21. Essendo così, a due riprese, ossia il 5 luglio 1999 così come il 1 marzo 2000, l’ispettore delle costruzioni del distretto indirizzò a J.Z. un avvertimento.
22. Il 20 marzo, il 1 agosto e il 2 ottobre 2000, i richiedenti si lamentarono presso l’ispettore delle costruzioni a proposito del procedimento di esecuzione. Rispondendo ai lamenti dei richiedenti, l’ispettore ricordò che non solo il costruttore ma anche loro stessi erano tenuti a conformarsi alle decisioni amministrative che li obbligavano ad effettuare i lavori necessari in vista di rendere l’immobile conforme alle norme di sicurezza. Segnalò che il procedimento concernente loro doveva essere condotto simultaneamente a quello concernente il loro vicino. L’ispettore informò i richiedenti che l’allungamento del procedimento concernente il vicino era dovuto al fatto che questo ultimo faceva uso di vie di ricorso e contestava le decisioni amministrative prese a suo carico.
23. In mancanza di reazione all’avvertimento da parte del costruttore, l’ 11 agosto 2000, l’ispettore unì alla decisione del 3 aprile 1998 un titolo esecutivo. Lo stesso giorno, l’ispettore inflisse ai rappresentanti legali di K.Z. una multa per difetto di esecuzione il cui importo ammontava a circa settantadue mille zloty.
24. Il 19 agosto 2000, il consigliere di J.Z. contesta la fondatezza della decisione dell’ 11 agosto e pregò le autorità di non proseguire più il procedimento a riguardo di K.Z. Il 27 agosto 2000, la sua istanza fu respinta dall’ispettore di distretto. In seguito ad un ricorso esercitato da J.Z, la decisione del 27 agosto fu annullata il 18 settembre 2000 dall’ispettore regionale delle costruzioni che decise di abbandonare il procedimento per ragioni di forma.
25. Il 29 agosto 2000, l’ispettore regionale delle costruzioni di Kielce annullò la decisione dell’ 11 agosto 2000 in virtù della quale la multa per difetto di esecuzione era stata inflitta ai rappresentanti di K.Z. Rilevò che il procedimento di esecuzione dovrebbe essere condotto non a riguardo di K.Z. ma a riguardo di suo padre, J.Z.
26. Con un giudizio del 31 agosto 2000, il tribunale di distretto di Kielce riconobbe il vicino dei richiedenti colpevole di una violazione che consisteva nel proseguire illegalmente i lavori di costruzione e gli inflisse una pena di multa. Il tribunale rilevò che proseguendo i lavori a disprezzo delle decisioni amministrative il costruttore aveva infranto la Legge sulle costruzioni ed aveva messo in pericolo i beni e la sicurezza altrui. Il 13 marzo 2001, il tribunale regionale di Kielce confermò il giudizio del tribunale di distretto.
27. Il 20 ottobre 2000, l’ispettore inflisse a J.Z. una multa per difetto di esecuzione di un importo che ammontava a circa settantadue mille zloty, da pagare prima del 30 gennaio 2001. Unì alla sua decisione un titolo esecutivo.
28. L’ 8 novembre 2000, l’ispettore delle costruzioni di distretto negò di abbandonare il procedimento a riguardo di J.Z. Il consigliere di questo ultimo interpose appello affermando che il suo cliente non poteva più essere considerato come parte al procedimento dato che aveva ceduto interamente la sua parte dell’immobile a sua figlia. D’altra parte, neanche questa ultima poteva essere ritenuta di dover eseguire l’ordine di demolizione dato che in quanto minore, non aveva potuto ereditare una proprietà coi carichi.
29. Il 6 dicembre 2000, l’ispettore regionale delle costruzioni annullò la decisione del 20 ottobre e decise di abbandonare il procedimento. Sottolineò che questo avrebbe dovuto essere condotto a riguardo di K.Z, proprietario reale della parte dell’immobile riguardato dall’ordine di demolizione.
30. L’ 8 dicembre 2000, l’ispettore regionale delle costruzioni annullò la decisione dell’ 8 novembre ed abbandonò il procedimento a riguardo di J.Z, stimando che avrebbe dovuto essere condotto a riguardo di K.Z. L’ispettore segnalò tuttavia che la donazione dell’immobile a profitto di K.Z. era stata effettuata in violazione della legge, dato che era stata effettuata senza accordo preliminare del giudice delle cause familiari. L’ispettore stimò che a dispetto di ciò, nello specifico, era possibile proseguire l’esecuzione a riguardo di K.Z. a patto di ottenere l’accordo del giudice delle cause familiari.
31. Il 14 dicembre 2000, l’ispettore invitò i rappresentanti legali di K.Z. a conformarsi all’obbligo di demolire il cantiere.
32. L’ 11 gennaio 2001, l’ispettore inflisse a K.Z. una multa amministrativa per difetto di esecuzione, da pagare prima del 30 aprile 2001, decisione confermata il 19 febbraio 2001 dall’ispettore regionale. K.Z. interpose ricorso.
33. Il 15 gennaio 2002, la Corte amministrativa suprema che deliberava su richiesta di K.Z. sospese l’esecuzione della decisione dell’ 11 gennaio.
34. Il 22 gennaio 2001, il consigliere di J.Z. presentò un ricorso che metteva in causa la fondatezza dell’esecuzione di cui sollecitò la sospensione. Il 29 gennaio 2001, l’autorità competente respinse la sua istanza, decisione confermata il 19 febbraio 2001 dall’ispettore regionale delle costruzioni. In una data non-indicata, J.Z. interpose ricorso.
35. Con due sentenze rese il 16 marzo 2005, il tribunale amministrativo regionale di Cracovia respinse i ricorsi formati contro le decisioni sopra pronunciate dall’ispettore il 19 febbraio 2001.
36. Nel frattempo, i richiedenti si rivolsero all’ispettore di distretto pregandolo di tenerli informati dello svolgimento del procedimento. Con una lettera del 29 marzo 2005, l’ispettore spiegò che la Corte amministrativa suprema aveva sospeso l’esecuzione della decisione in virtù della quale la multa era stata inflitta al loro vicino e che quindi, le autorità amministrative si trovavano nell’impossibilità di proseguire efficacemente il procedimento di esecuzione.
37. Tuttavia, con una sentenza del 6 luglio 2006, la Corte amministrativa suprema accolse i ricorsi formati da K.Z. e J.Z. contro le sentenze del 16 marzo 2005 ed annullò queste ultime.
38. In seguito alla sentenza della Corte amministrativa suprema, la pratica tornò al tribunale amministrativo regionale. Con una sentenza del 31 gennaio 2007, questo constatò la nullità di parecchie decisioni pronunziate nella cornice del procedimento. Solo le decisioni adottate dall’ispettore delle costruzioni di distretto l’ 11 e il 27 agosto 2000 (vedere, §§ 23 e 24 sopra) restarono in vigore.
39. In seguito alla sentenza del tribunale amministrativo regionale, l’ispettore regionale delle costruzioni esaminò nuovamente il ricorso formato da J.Z. contro la decisione del 27 agosto 2000 e lo respinse il 7 agosto 2008. In seguito, l’ 8 agosto 2008, l’ispettore modificò il dispositivo della decisione dell’ 11 agosto 2000 designando K.Z. (che doveva essere rappresentata dai suoi genitori fino all’età della maturità) come debitrice della multa per difetto di esecuzione. Allo stesso tempo, egli impartì a K.Z. un nuovo termine per saldare la multa, o il 30 dicembre 2008.
Procedimento relativo all’obbligo dei richiedenti di effettuare, nella loro parte dell’immobile, i lavori di riparazione dei danni provocati dal cantiere del vicino
40. In occasione della visita del cantiere del vicino effettuata il 17 aprile 1996, gli agenti dell’amministrazione si recarono anche sulla proprietà dei richiedenti. Il 22 aprile 1996, l’autorità amministrativa competente intimò ai richiedenti di presentare una perizia tecnica in vista di ottenere delle informazioni più ampie sullo stato tecnico dell’immobile e l’origine dei danni. I richiedenti presentarono un studio realizzato nel novembre 1997 da un perito d’ urbanistica da cui risultava che i lavori effettuati dal vicino erano direttamente all’origine dei danni che si erano manifestati nella loro parte dell’immobile. Secondo il perito, a causa dei lavori, l’immobile era in così cattivo stato che la sicurezza di tutti i suoi abitanti risultava seriamente compromessa.
41. Con una decisione del 27 marzo 1998, l’autorità competente (Kierownik Urzędu Rejonoweg) intimò ai richiedenti di effettuare, a loro spese, i lavori di risarcimento dei danni provocati nella loro parte dell’immobile dal cantiere del vicino. I richiedenti formarono un ricorso contro la decisione del 27 marzo. Si lamentarono del fatto che si era imposto loro un carico eccessivo ed esorbitante.
42. Il 25 agosto 1998, il prefetto respinse il ricorso. Ricordò che in virtù della legge, i comproprietari di un muro divisorio dovevano partecipare solidalmente alle spese della proprietà a schiera. Peraltro, nella misura in cui i danni erano stati causati dal loro vicino, i richiedenti potevano intentare contro questo un’azione per risarcimento dinnanzi ad un tribunale civile.
43. Il 26 febbraio 1999, la Corte amministrativa suprema respinse il ricorso formato dai richiedenti contro la decisione del prefetto.
44. Il 7 luglio 1999, i richiedenti pregarono le autorità del comune di assegnare loro un aiuto finanziario affinché potessero effettuare i lavori di risarcimento nella loro parte dell’immobile o, a difetto, di assegnare loro una casa popolare in sostituzione. Affermarono che erano coscienti della necessità di effettuare i lavori dato che lo stato dell’immobile si degradava. Però, non avevano mezzi finanziari sufficienti per effettuare l’insieme dei lavori necessari e quindi, dovevano accontentarsi di riparazioni sommarie d’ emergenza, conformemente alle istruzioni del perito d’ urbanistica. Il 16 luglio 1999, il comune informò i richiedenti che l’aiuto sollecitato non poteva essere concesso e che le autorità non erano coinvolte nel conflitto familiare tra i richiedenti ed i loro vicini.
45. Il 5 luglio 1999, l’autorità amministrativa competente (Kierownik Urzędu Rejonowego) invitò i richiedenti a conformarsi all’obbligo derivante dalla decisione del 27 marzo 1998.
46. L’11 agosto 2000, l’ispettore delle costruzioni di distretto inflisse ai richiedenti una multa di tremila zloty per difetto d’esecuzione, da pagare prima del 30 novembre 2000. Lo stesso giorno, l’ispettore unì alla sua decisione un titolo esecutivo.
47. Il 9 settembre 2002, l’ispettore inflisse nuovamente ai richiedenti una multa per difetto di esecuzione ma questa decisione fu annullata dall’autorità di appello.
48. Il 15 ottobre 2002, una nuova emenda per difetto di esecuzione fu inflitta ai richiedenti, decisione confermata il 27 gennaio 2003. I richiedenti fecero appello dinnanzi alla Corte amministrativa suprema. Secondo le ultime informazione versate alla pratica nel giugno 2006, il procedimento dinnanzi alla Corte amministrativa era pendente.
49. In una lettera in data 6 novembre 2006, i richiedenti informarono la Corte che nel frattempo, avevano costruito una nuova abitazione. Risulta dalla pratica che nell’ autunno 2006, lasciarono quella danneggiata dai lavori del vicino e si stabilirono nel nuovo immobile. Inoltre, in una lettera del 2 ottobre 2006, i richiedenti affermarono che avrebbero proceduto progressivamente alla demolizione della loro parte della casa a schiera, dato che l’amministrazione aveva fatto dipendere la possibilità per essi dia sfruttare la loro nuova dimora dall’ottenimento preliminare del permesso di demolizione della loro parte della casa a schiera.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
50. L’articolo 54 della Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa (Ustawa oh postepowaniu egzekucyjnym w administracji) come formulato a contare dal 30 novembre 2001, è formulato così:
“(…)
§2. La querela contro la durata eccessiva di un procedimento di esecuzione può essere formata anche da un creditore dell’obbligo di esecuzione diverso dall’autorità amministrativa incaricata di condurre l’esecuzione così come da un individuo il cui interesse legittimo ha subito un attentato a causa del difetto dell’esecuzione (..).
§3. La querela contro la durata eccessiva del procedimento di esecuzione viene formata tramite un’autorità amministrativa.
(…)
§5. L’autorità di controllo (organ nadzoru) statua sulla querela. La decisione che respinge la querela è suscettibile di ricorso (zazalenie).
(…) “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
51. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole”, come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
52. Il Governo si oppone a questa tesi.
53. La Corte stima che per ciò che riguarda i richiedenti, il periodo da considerare è cominciato nell’ottobre 1995, quando questi ultimi hanno avvertito le autorità che il loro vicino effettuava illegalmente i lavori e che questi avevano danneggiato la loro parte della casa a schiera. La Corte osserva in seguito che risulta dall’ultima lettera dei richiedenti dell’ 8 dicembre 2008 che in quella data, il procedimento di esecuzione è sempre pendente. Quindi, la Corte nota che il periodo da prendere in considerazione si estende nello specifico a circa tredici anni.
A. Sull’ammissibilità
Sull’eccezione tratta dall’incompatibilità ratione personae
54. Il Governo afferma che nello specifico, i richiedenti non possono definirsi vittime della violazione del loro diritto di vedere la loro causa esaminata in un termine ragionevole dato che non sono stati parti al procedimento che tendeva ad eseguire l’ordine di demolizione. Il Governo sottolinea che in virtù del diritto interno (la Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa del 1996) solo il debitore dell’obbligo è parte al procedimento d’ esecuzione. Nello specifico, i richiedenti non erano riguardati direttamente dalla conclusione del procedimento in questione e quindi, non disponevano di nessuno mezzo suscettibile di permettere loro di agire sullo svolgimento di questo. Il Governo rileva inoltre che i richiedenti in realtà non avevano interesse affinché l’ordine di demolizione fosse eseguito velocemente dal loro vicino. Infatti, a loro interessava innanzitutto che lo stato tecnico della loro parte di casa venisse migliorato. Tuttavia, non solo la demolizione del cantiere del vicino non avrebbe contribuito a questo, ma al contrario, alla vista della prossimità tra le due proprietà, avrebbe rischiato di danneggiare di più la parte della casa appartenente ai richiedenti. Secondo il Governo, nello specifico, i richiedenti si sarebbero piuttosto dovuti conformare così, alle decisioni delle autorità amministrative che li intimavano di effettuare le riparazioni della loro parte dell’immobile, il che avrebbe permesso di ristabilire il buono stato tecnico dell’ intera casa e l’avrebbe resa di nuovo sicura per tutti gli abitanti. Nella misura in cui i richiedenti contestano il fatto di imporre loro gli oneri suscettibili di essere generati dai lavori di riparazione, il Governo rileva che avevano la possibilità di ottenere il loro rimborso da parte del vicino, se necessario mediante un’azione civile appropriata.
55. I richiedenti non si pronunciano.
56. La Corte ricorda la sua giurisprudenza consolidata da cui risulta che, “affinché un richiedente possa definirsi vittima di una violazione della Convenzione, deve esistere un legame sufficientemente diretto tra il richiedente e la violazione addotta” (vedere, per ex., Brudnicka c. Polonia, no 54723/00, 3 marzo 2005). La Corte ricorda anche che la nozione di “vittima” è una nozione autonoma che si interpreta in modo indipendente delle regole di diritto interno come l’interesse ad agire o la qualità per agire (Gorraiz Lizarraga ed altri c. Spagna, no 62543/00, 10 novembre 2004, Stukus c. Polonia, no12534/03, 1 aprile 2008). La nozione di vittima non implica necessariamente l’esistenza di un danno (in particolare: Marckx c. Belgio, no6833/74, 13 giugno 1979, Inze c. Austria, no8695/79, 28 ottobre 1987).
57. La Corte osserva che nello specifico, non è contestato che in virtù del diritto interno, i richiedenti non potevano costituirsi parti al procedimento della controversia. Tuttavia, alla vista della sua giurisprudenza sopra, la Corte stima che questo elemento preso isolatamente non potrebbe essere di per sé decisivo quando si tratta di determinare se i richiedenti possono definirsi vittime di una violazione della Convenzione, risultante dalla durata del procedimento di esecuzione condotto a riguardo del loro vicino. La Corte osserva che i richiedenti erano proprietari ed abitanti di una parte della casa a schiera di cui uno dei muri era comune con la parte vicina dell’immobile. Così, un legame di prossimità diretta esisteva tra le due proprietà. La Corte nota al primo colpo che il procedimento incriminato è stato scatenato per iniziativa dei richiedenti stessi fin dall’ ottobre 1995. Osserva in seguito che le perizie tecniche presentate durante il procedimento interno indicavano che al termine dei lavori iniziati illegalmente dal vicino, la proprietà dei richiedenti è stata danneggiata seriamente, in modo tale che la sicurezza di loro stessi e della loro famiglia era stata messa in pericolo. In queste circostanze, non può suscitare controversia che i richiedenti avevano un interesse certo affinché il procedimento di esecuzione venisse condotto prontamente affinché la situazione conforme alle norme tecniche, ed in particolare ai quelle di sicurezza, potesse essere ristabilita il più presto possibile. Ora, a dispetto dei passi intrapresi dalle autorità su richiesta dei richiedenti, queste non sono riuscite ad ovviare velocemente alla situazione. Al contrario, la mancanza di celerità e di zelo adeguati nella condotta del procedimento di esecuzione ha avuto nello specifico per effetto di aggravare senza tregua il danno subito dai richiedenti in modo tale che in definitiva, era diventato impossibile per loro vivere pacificamente nella loro casa. Per di più, dopo che si erano stabiliti nel nuovo immobile, la loro vecchia proprietà non ha smesso di essere colpita dal difetto di esecuzione della decisione amministrativa da parte del loro vicino. Sebbene i richiedenti non siano stati parte al procedimento d’esecuzione e di conseguenza, non abbiano disposto a più riprese di nessuno mezzo giuridico, suscettibile di permettere loro di fare valere i loro interessi legittimi nella cornice del procedimento in questione, si sono lamentati presso delle autorità della durata e della mancanza del carattere efficace di questo, provando ad attirare la loro attenzione sui dispiaceri che subivano.
58. Per quanto il Governo rimprovera ai richiedenti di non essersi conformati loro stessi alle decisioni amministrative ad essi concernenti, la Corte nota che nello specifico, alla vista della lunghezza del procedimento di esecuzione e della mancanza d’efficacia delle autorità nella condotta di questo, sembra molto dubbio che solo l’esecuzione dei lavori da parte dei richiedenti avrebbe potuto permettere di migliorare la situazione. Ad ogni modo, il fatto che nello specifico, i richiedenti non abbiano riparato i danni causati alla loro proprietà dalle attività illegali di un terzo, non potrebbe dispensare le autorità dal loro obbligo di condurre l’esecuzione delle decisioni definitive in modo pronto ed efficace.
59. Nello specifico, la Corte non può fare astrazione degli elementi qui sopra nell’interpretazione della nozione di “vittima.” Considera che un altro approccio, troppo formalista, renderebbe inefficace ed illusoria la protezione dei diritti garantiti dalla Convenzione. In conclusione, stima che nell’occorrenza, i richiedenti sono stati sufficientemente colpiti dalla durata del procedimento di esecuzione condotto a riguardo del loro vicino tanto da potersi definire vittime, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, della violazione del loro diritto di vedere la loro causa esaminata in un termine ragionevole.
60. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo.
Sull’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne
61. Il Governo afferma che a dispetto del fatto che non siano stati parti al procedimento d’esecuzione diretta contro J.Z, a contare dal 30 novembre 2001, i richiedenti si sarebbero potuti lamentare della durata di questo mediante un ricorso previsto dall’articolo 54 della Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa (vedere, il diritto interno sopra).
62. I richiedenti non si pronunciano.
63. La Corte ricorda che in virtù della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne enunciata all’articolo35 § 1 della Convenzione, un richiedente deve avvalersi dei ricorsi normalmente disponibili e sufficienti da permettergli di ottenere risarcimento delle violazioni che adduce (Akdivar ed altri c. Turchia, no 21893/93,16 settembre 1996). Questi ricorsi devono esistere ad un grado sufficiente di certezza, in pratica come in teoria, altrimenti manca loro l’effettività e l’accessibilità voluta (ibidem). La Corte ricorda per di più che l’articolo 35 § 1 contempla una ripartizione del carico della prova. Incombe sul Governo che eccepisce del non-esaurimento di convincere la Corte che il ricorso era effettivo e disponibile tanto in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cioè che era accessibile e suscettibile di offrire al richiedente la correzione dei suoi motivi di appello, e che presentava delle prospettive ragionevoli di successo.( ibidem). Peraltro, a proposito dell’articolo 13 della Convenzione, la Corte ha dichiarato, nella sentenza Kudła, che i mezzi di cui dispone il richiedente in dritto interno per lamentarsi della durata del procedimento sono “effettivi” se possono impedire il sopraggiungere o la continuazione della violazione addotta o fornire una correzione adeguata per ogni violazione che si è già prodotta (Charzynski (déc.), no15212/03, 1 marzo 2005).
64. Riferendosi alla presente causa, la Corte rileva che nello specifico, il Governo si limita ad affermare che in seguito all’emendamento dell’articolo 54 della Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa, un individuo i cui interessi legittimi erano stati colpiti dal difetto di esecuzione, da parte di una terza persona, di una decisione amministrativa si è visto offrire la possibilità di lamentarsi della durata del procedimento che mirava ad eseguire suddetta decisione anche se non era stato parte a questo. La Corte osserva però da una parte, che non risulta dalla formulazione della legge interna invocata dal Governo quale avrebbero potuto essere gli effetti dell’introduzione del ricorso al quale questo si riferisce. Dall’altra parte, la Corte rileva che il Governo non ha fornito nessuno esempio di caso in cui un individuo posto in una situazione analoga a quella dei richiedenti avrebbe ottenuto soddisfazione per il suo motivo di appello riguardante la lunghezza del procedimento di esecuzione amministrativa dopo avere utilizzato la querela prevista dall’articolo 54 della Legge in questione (mutatis mutandis Malasiewicz, (déc.), no22072/02, 17 dicembre 2002). Così, in mancanza della dimostrazione da parte del Governo del carattere appropriato e dell’effetto utile del ricorso in questione, non potendo la Corte speculare su questi elementi, stima che nello specifico, non è stato stabilito con abbastanza certezza che il ricorso riguardato fosse suscettibile di offrire ai richiedenti la correzione del motivo di appello che hanno sollevato dinnanzi a lei. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo.
65. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Quindi, conviene dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
66. Il Governo afferma che se si considera alla luce dell’insieme delle circostanze della causa, la durata del procedimento non potrebbe passare per irragionevole. Più in particolare, in primo luogo, il Governo mette l’accento sulla grande complessità della causa. Rileva che, per arrivare alla soluzione di questa, le autorità hanno dovuto decidere numerose questioni, di natura fattuale o giuridica che si sono poste durante il procedimento. In particolare, sarebbero state portate ad identificare la data dell’inizio dei lavori, la natura del cantiere eretto dal vicino dei richiedenti così come il proprietario della parte dell’immobile riguardato dall’ordine di demolizione. Inoltre, hanno dovuto determinare la natura del danno provocato dal cantiere e hanno dovuto indicare il debitore dell’obbligo di demolizione, il che si era rivelato difficile dopo che J.Z. aveva ceduto la sua proprietà a sua figlia. Nello specifico, il compito delle autorità che consisteva nel chiarificare l’insieme delle circostanze pertinenti della causa è stato reso ancora più complesso dalle testimonianze divergenti delle persone che erano state sentite durante il procedimento. Il Governo rileva in secondo luogo che nello specifico, il prolungamento del procedimento era dovuto essenzialmente al comportamento dilatorio di J.Z. e del suo consigliere che ha tentato di aggirare la legge in vista di bloccare l’esecuzione dell’ordine di demolizione. In particolare, effettuando la donazione della sua parte dell’immobile a sua figlia minorenne, J.Z. ha agito chiaramente con l’intenzione di sottrarsi all’obbligo di demolire il cantiere e di ostacolare il buon svolgimento del procedimento. Infine, in terzo luogo, il Governo afferma che se lo si esamina alla luce delle circostanze sopra, il comportamento delle autorità nazionali non può essere considerato come inadatto. Queste hanno condotto il procedimento con lo zelo richiesto e hanno compiuto ogni passo necessario per chiarificare l’insieme delle circostanze della causa. Inoltre, le autorità si sono avvalse di misure di costrizione previste dalla legge, come multe elevate, in vista di portare il costruttore a conformarsi all’ordine di demolizione.
67. I richiedenti contestano la posizione del Governo.
68. La Corte nota che la presente causa, oltre il motivo di appello derivato dalla durata del procedimento sollevato dal richiedente pongono anche la questione della non – esecuzione di una decisione di giustizia. Ci si limiterà tuttavia la sua analisi al solo motivo di appello del richiedente e si considererà solamente la questione della durata del procedimento.
69. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento dei richiedenti e quello delle autorità competenti così come la posta della controversia per gli interessati (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
70. Al primo colpo, la Corte constata che gli elementi della pratica non forniscono elementi suscettibili di supportare la tesi della complessità della causa. Nota che la maggior parte delle questioni alle quali il Governo si riferisce hanno potuto essere decise allo stadio iniziale del procedimento, o al momento dell’adozione dell’ordine di demolizione. Così, le parti interessate hanno potuto essere identificate fin dall’inizio del procedimento ed i periti si sono espressi subito sull’origine dei disordini causati ai richiedenti. La Corte acconsente che nello specifico, il comportamento dilatorio del debitore dell’obbligo di demolire ha contribuito al prolungamento del procedimento. Tuttavia, non potrebbe accettare che le autorità si possano nascondere, per giustificare la loro mancanza di zelo e la mancanza di celerità nel collocamento in opera delle decisioni definitive, dietro le manovre dilatorie di un individuo. Per di più, nell’occorrenza, alla vista della durata integrale del procedimento, la Corte non potrebbe aderire all’argomento avanzato dal Governo secondo cui le autorità avrebbero agito con la prontezza richiesta. Infatti, la Corte osserva che queste si sono rese responsabili di periodi di inoperosità, in particolare tra il 9 luglio 1997 ed il 3 aprile 1998, o circa nove mesi, o ancora di quelli tra il 19 gennaio 2001 ed il 16 marzo 2005, o circa quattro anni, durante cui il ricorso formato dal vicino dei richiedenti contro la decisione dell’ispettore regionale era pendente dinnanzi al tribunale amministrativo regionale. Così, a causa dei ritardi accumulati lungo tutto il procedimento e della mancanza di gestione efficace della causa, in definitiva l’efficacia dell’esecuzione è stata compromessa. Ora, la Corte insiste sul fatto che l’obbligo delle autorità nazionali di agire con celerità in vista di garantire l’esecuzione efficace di decisioni definitive riveste un’importanza particolare nei casi come quello specifico, dove le decisioni da eseguire hanno un’incidenza diretta su dei diritti civili di persone differenti da quelle direttamente riguardate dall’obbligo di esecuzione ma che non dispongono di mezzi giuridici suscettibili di permettere loro di agire sullo svolgimento del procedimento. Nello specifico, alla vista della durata integrale del procedimento di esecuzione, la Corte stima che le autorità nazionali sono fallite nel liberarsi dal loro dovere di rispettare suddetto obbligo.
71. Pertanto, la Corte conclude alla violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO1
72. Citando l’articolo 1 del Protocollo no1, i richiedenti contestano una decisione amministrativa in virtù della quale sono stati intimati di effettuare, nella loro parte dell’immobile ed a loro spese, i lavori in vista di riparare i danni provocati dal cantiere del vicino. I richiedenti stimano che l’obbligo che è stato imposto loro costituiva per essi un carico eccessivo ed esorbitante. L’articolo 1 del Protocollo no1 invocato dai richiedenti si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
73. La Corte osserva al primo colpo che nello specifico, i richiedenti non hanno subito nessun carico finanziario a causa della decisione incriminata, dato che in definitiva, i lavori che erano tenuti ad effettuare non sono mai stati realizzati . Risulta che nello specifico, i richiedenti non possono definirsi vittime della violazione dell’articolo 1 del Protocollo no1.
74. Pertanto, la Corte respinge il motivo di appello dei richiedenti in quanto incompatibile ratione personae, conformemente all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
75. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
76. I richiedenti richiedono 139 594, 93 zloty (PLN) a titolo del danno materiale che avrebbero subito. Questa somma rappresenterebbe la totalità delle spese legate alla costruzione della loro nuova dimora . Inoltre, richiedono 70 000 PLN per torto morale.
77. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
78. La Corte non vede alcun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa richiesta. In compenso, stima che c’è luogo di concedere ai richiedenti 4 800 EUR (quattromila otto cento euro) a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
79. I richiedenti chiedono anche rispettivamente 14 174 PLN e 2 000 PLN per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle autorità interne e dinnanzi alla Corte. Nel primo importo includono in particolare gli oneri dei lavori di demolizione della loro vecchia casa, gli oneri di perito così come la multa per difetto di esecuzione delle decisioni che li intimavano di effettuare i lavori di ristrutturazione. In quanto al secondo importo, questo rappresenterebbe gli oneri legati alla corrispondenza con le autorità interne e la Corte.
80. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
81. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte respinge la richiesta relativa agli oneri e alle spese del procedimento nazionale. In compenso, accorda ai richiedenti 100 EUR (cento euro) per il procedimento dinnanzi alla Corte.
C. Interessi moratori
82. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento di esecuzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 4 800 EUR (quattromila otto cento euro) per danno morale e 100 EUR (cento euro) per oneri e spese, da convertire in zloty polacchi al tasso applicabile in data dell’ordinamento, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 maggio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Lawrence Early Nicolas Bratza
Cancelliere Presidente