A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ZIETAL c. POLOGNE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 64972/01/2009
Stato: Polonia
Data: 2009-05-12 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

QUARTA SEZIONE
CAUSA ZIĘTAL C. POLONIA
(Richiesta no 64972/01)
SENTENZA
STRASBURGO
12 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Ziętal c. Polonia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nicolas Bratza, presidente, Lech Garlicki, Giovanni Bonello, Ljiljana Mijović, Päivi Hirvelä, Ledi Bianku, Nebojša Vučinić, giudici,
e da Lawrence Early, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 aprile 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 64972/01) diretta contro la Repubblica della Polonia e in cui i cittadini di questo Stato, Sigg. A. Z. e D. Z. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 17 aprile 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo polacco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Jakub Wołąsiewicz, del ministero delle Cause estere.
3. Il 29 gennaio 2006, il presidente della quarta sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la Corte si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il meiro della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti, nati rispettivamente nel 1948 e 1946, sono residenti a Zgórsko. Al momento dell’introduzione della loro richiesta i richiedenti erano i proprietari di una parte di una casa a schiera ubicata nel loro villaggio nella quale vivevano con la loro famiglia.
Procedimento relativo all’istanza del vicino dei richiedenti che tendeva all’ottenimento di un permesso di costruire
5. Nel mese di agosto 1995, J.Z, fratello del richiedente e proprietario dell’altra parte della casa a schiera, intraprese su questa dei lavori di costruzione. Aveva intenzione in particolare di aggiungere a questa una tromba di scale e di modificare la costruzione della sua copertura. Nel settembre 1995, il costruttore sollecitò presso il comune il rilascio di un permesso di costruire.
6. Nel mese di ottobre 1995, i richiedenti avvertirono i servizi competenti del loro comune che il vicino aveva intrapreso i lavori senza autorizzazione. Si lamentarono che i lavori avevano provocato dei danni alla loro parte dell’immobile che si manifestavano con danni, come crepe dei muri o la spaccatura del tetto , e, per questo fatto, rappresentavano un pericolo per la vita e la salute degli inquilini. I richiedenti rilevarono che avevano dovuto effettuare certi lavori d’ emergenza in vista di mettere in sicurezza, per quanto possibile, la loro parte dell’immobile. Dovettero in particolare apporre delle reti di ferro e dei pilastri.
7. Il 27 dicembre 1995, gli agenti dell’amministrazione competente si recarono sulla proprietà dei richiedenti e del loro vicino. Constatarono che i lavori erano effettivamente proseguiti e fecero stato della presenza di crepe sulla parte dell’immobile che appartiene ai richiedenti.
8. Il 29 aprile 1996, il sindaco negò di rilasciare a J.Z. il permesso di costruire, decisione confermata il 1 agosto 1996 dall’autorità di appello. Il 10 dicembre 1997, la Corte amministrativa suprema confermò in ultima istanza il rifiuto.
Procedimento che tendeva ad eseguire l’ordine di demolizione del cantiere eretto dal vicino dei richiedenti
9. Il 17 luglio 1996, l’autorità competente (Kierownik Urzędu Rejonowego w Kielcach) intimò al costruttore di demolire il cantiere. In seguito ad un ricorso formato da J.Z, il 18 settembre 1996, l’autorità di appello annullò la decisione del 17 luglio e rinviò la pratica per una riconsiderazione.
10. Il 3 ottobre 1996, l’autorità di rinvio ascoltò i richiedenti ed il loro vicino. Nel frattempo , con un’ordinanza del 26 ottobre 1996, la Corte amministrativa suprema, deliberando sull’istanza del costruttore, sospese l’esecuzione dell’ordine di demolizione.
11. Il 31 ottobre 1996, l’autorità competente dichiarò che la costruzione in questione era stata intrapresa illegalmente ed intimò J.Z. di demolire il cantiere prima del 30 giugno 1997. Questo ultimo interpose appello.
12. Il 26 novembre 1996, le autorità amministrative informarono la procura di Kielce che una violazione era stata commessa, tenuto conto del fatto che J.Z. stava effettuando i lavori senza autorizzazione.
13. Il 3 gennaio 1997, l’autorità di appello annullò l’ordine di demolizione del 31 ottobre 1996 e rinviò la pratica per una riconsiderazione intimando l’autorità di prima istanza di stabilire se i lavori proseguivano sempre e chi era il costruttore.
14. Il 13 gennaio 1997, i richiedenti si lamentarono presso il prefetto di Kielce dell’inoperosità dell’ispettore delle costruzioni competente e della mancanza di efficacia nella condotta del procedimento di esecuzione. Il 13 febbraio 1997, il prefetto li informò che nello specifico, le autorità avevano bisogno di più di tempo per potere chiarificare l’insieme delle circostanze della causa.
15. Il 20 febbraio 1997, gli agenti competenti dell’amministrazione ascoltarono i testimoni, in particolare l’autore del piano del cantiere.
16. Il 9 luglio 1997, fu effettuata dalle autorità una visita del cantiere.
17. Il 3 aprile 1998, l’autorità competente ordinò la demolizione del cantiere, decisione confermata il 15 maggio 1998 dall’autorità di appello. Però, la Corte amministrativa suprema sospese l’esecuzione dell’ordine di demolizione su richiesta di J.Z il 26 ottobre 1998. In seguito, il 12 marzo 1999, deliberando in ultima istanza, la Corte amministrativa suprema confermò l’ordine di demolizione.
18. Però, con un atto notarile stabilito il 8 luglio 1999, J.Z. e sua moglie diedero la loro parte della casa a schiera alla loro figlia minorenne K.Z. In seguito, il 29 luglio 1999, il consigliere di J.Z. pregò le autorità amministrative di abbandonare il procedimento di esecuzione al motivo che il suo cliente, non essendo più proprietario dell’immobile, non poteva essere riguardato dall’ordine di demolizione. Il 10 settembre 1999, l’istanza del consigliere fu tuttavia respinta.
19. Il 29 settembre 1999, i richiedenti si lamentarono presso le autorità nuovamente della lunghezza e della mancanza di efficacia dell’esecuzione.
20. Nel frattempo, a dispetto delle decisioni che l’obbligando a demolire il cantiere, J.Z. proseguì i lavori.
21. Essendo così, a due riprese, ossia il 5 luglio 1999 così come il 1 marzo 2000, l’ispettore delle costruzioni del distretto indirizzò a J.Z. un avvertimento.
22. Il 20 marzo, il 1 agosto e il 2 ottobre 2000, i richiedenti si lamentarono presso l’ispettore delle costruzioni a proposito del procedimento di esecuzione. Rispondendo ai lamenti dei richiedenti, l’ispettore ricordò che non solo il costruttore ma anche loro stessi erano tenuti a conformarsi alle decisioni amministrative che li obbligavano ad effettuare i lavori necessari in vista di rendere l’immobile conforme alle norme di sicurezza. Segnalò che il procedimento concernente loro doveva essere condotto simultaneamente a quello concernente il loro vicino. L’ispettore informò i richiedenti che l’allungamento del procedimento concernente il vicino era dovuto al fatto che questo ultimo faceva uso di vie di ricorso e contestava le decisioni amministrative prese a suo carico.
23. In mancanza di reazione all’avvertimento da parte del costruttore, l’ 11 agosto 2000, l’ispettore unì alla decisione del 3 aprile 1998 un titolo esecutivo. Lo stesso giorno, l’ispettore inflisse ai rappresentanti legali di K.Z. una multa per difetto di esecuzione il cui importo ammontava a circa settantadue mille zloty.
24. Il 19 agosto 2000, il consigliere di J.Z. contesta la fondatezza della decisione dell’ 11 agosto e pregò le autorità di non proseguire più il procedimento a riguardo di K.Z. Il 27 agosto 2000, la sua istanza fu respinta dall’ispettore di distretto. In seguito ad un ricorso esercitato da J.Z, la decisione del 27 agosto fu annullata il 18 settembre 2000 dall’ispettore regionale delle costruzioni che decise di abbandonare il procedimento per ragioni di forma.
25. Il 29 agosto 2000, l’ispettore regionale delle costruzioni di Kielce annullò la decisione dell’ 11 agosto 2000 in virtù della quale la multa per difetto di esecuzione era stata inflitta ai rappresentanti di K.Z. Rilevò che il procedimento di esecuzione dovrebbe essere condotto non a riguardo di K.Z. ma a riguardo di suo padre, J.Z.
26. Con un giudizio del 31 agosto 2000, il tribunale di distretto di Kielce riconobbe il vicino dei richiedenti colpevole di una violazione che consisteva nel proseguire illegalmente i lavori di costruzione e gli inflisse una pena di multa. Il tribunale rilevò che proseguendo i lavori a disprezzo delle decisioni amministrative il costruttore aveva infranto la Legge sulle costruzioni ed aveva messo in pericolo i beni e la sicurezza altrui. Il 13 marzo 2001, il tribunale regionale di Kielce confermò il giudizio del tribunale di distretto.
27. Il 20 ottobre 2000, l’ispettore inflisse a J.Z. una multa per difetto di esecuzione di un importo che ammontava a circa settantadue mille zloty, da pagare prima del 30 gennaio 2001. Unì alla sua decisione un titolo esecutivo.
28. L’ 8 novembre 2000, l’ispettore delle costruzioni di distretto negò di abbandonare il procedimento a riguardo di J.Z. Il consigliere di questo ultimo interpose appello affermando che il suo cliente non poteva più essere considerato come parte al procedimento dato che aveva ceduto interamente la sua parte dell’immobile a sua figlia. D’altra parte, neanche questa ultima poteva essere ritenuta di dover eseguire l’ordine di demolizione dato che in quanto minore, non aveva potuto ereditare una proprietà coi carichi.
29. Il 6 dicembre 2000, l’ispettore regionale delle costruzioni annullò la decisione del 20 ottobre e decise di abbandonare il procedimento. Sottolineò che questo avrebbe dovuto essere condotto a riguardo di K.Z, proprietario reale della parte dell’immobile riguardato dall’ordine di demolizione.
30. L’ 8 dicembre 2000, l’ispettore regionale delle costruzioni annullò la decisione dell’ 8 novembre ed abbandonò il procedimento a riguardo di J.Z, stimando che avrebbe dovuto essere condotto a riguardo di K.Z. L’ispettore segnalò tuttavia che la donazione dell’immobile a profitto di K.Z. era stata effettuata in violazione della legge, dato che era stata effettuata senza accordo preliminare del giudice delle cause familiari. L’ispettore stimò che a dispetto di ciò, nello specifico, era possibile proseguire l’esecuzione a riguardo di K.Z. a patto di ottenere l’accordo del giudice delle cause familiari.
31. Il 14 dicembre 2000, l’ispettore invitò i rappresentanti legali di K.Z. a conformarsi all’obbligo di demolire il cantiere.
32. L’ 11 gennaio 2001, l’ispettore inflisse a K.Z. una multa amministrativa per difetto di esecuzione, da pagare prima del 30 aprile 2001, decisione confermata il 19 febbraio 2001 dall’ispettore regionale. K.Z. interpose ricorso.
33. Il 15 gennaio 2002, la Corte amministrativa suprema che deliberava su richiesta di K.Z. sospese l’esecuzione della decisione dell’ 11 gennaio.
34. Il 22 gennaio 2001, il consigliere di J.Z. presentò un ricorso che metteva in causa la fondatezza dell’esecuzione di cui sollecitò la sospensione. Il 29 gennaio 2001, l’autorità competente respinse la sua istanza, decisione confermata il 19 febbraio 2001 dall’ispettore regionale delle costruzioni. In una data non-indicata, J.Z. interpose ricorso.
35. Con due sentenze rese il 16 marzo 2005, il tribunale amministrativo regionale di Cracovia respinse i ricorsi formati contro le decisioni sopra pronunciate dall’ispettore il 19 febbraio 2001.
36. Nel frattempo, i richiedenti si rivolsero all’ispettore di distretto pregandolo di tenerli informati dello svolgimento del procedimento. Con una lettera del 29 marzo 2005, l’ispettore spiegò che la Corte amministrativa suprema aveva sospeso l’esecuzione della decisione in virtù della quale la multa era stata inflitta al loro vicino e che quindi, le autorità amministrative si trovavano nell’impossibilità di proseguire efficacemente il procedimento di esecuzione.
37. Tuttavia, con una sentenza del 6 luglio 2006, la Corte amministrativa suprema accolse i ricorsi formati da K.Z. e J.Z. contro le sentenze del 16 marzo 2005 ed annullò queste ultime.
38. In seguito alla sentenza della Corte amministrativa suprema, la pratica tornò al tribunale amministrativo regionale. Con una sentenza del 31 gennaio 2007, questo constatò la nullità di parecchie decisioni pronunziate nella cornice del procedimento. Solo le decisioni adottate dall’ispettore delle costruzioni di distretto l’ 11 e il 27 agosto 2000 (vedere, §§ 23 e 24 sopra) restarono in vigore.
39. In seguito alla sentenza del tribunale amministrativo regionale, l’ispettore regionale delle costruzioni esaminò nuovamente il ricorso formato da J.Z. contro la decisione del 27 agosto 2000 e lo respinse il 7 agosto 2008. In seguito, l’ 8 agosto 2008, l’ispettore modificò il dispositivo della decisione dell’ 11 agosto 2000 designando K.Z. (che doveva essere rappresentata dai suoi genitori fino all’età della maturità) come debitrice della multa per difetto di esecuzione. Allo stesso tempo, egli impartì a K.Z. un nuovo termine per saldare la multa, o il 30 dicembre 2008.
Procedimento relativo all’obbligo dei richiedenti di effettuare, nella loro parte dell’immobile, i lavori di riparazione dei danni provocati dal cantiere del vicino
40. In occasione della visita del cantiere del vicino effettuata il 17 aprile 1996, gli agenti dell’amministrazione si recarono anche sulla proprietà dei richiedenti. Il 22 aprile 1996, l’autorità amministrativa competente intimò ai richiedenti di presentare una perizia tecnica in vista di ottenere delle informazioni più ampie sullo stato tecnico dell’immobile e l’origine dei danni. I richiedenti presentarono un studio realizzato nel novembre 1997 da un perito d’ urbanistica da cui risultava che i lavori effettuati dal vicino erano direttamente all’origine dei danni che si erano manifestati nella loro parte dell’immobile. Secondo il perito, a causa dei lavori, l’immobile era in così cattivo stato che la sicurezza di tutti i suoi abitanti risultava seriamente compromessa.
41. Con una decisione del 27 marzo 1998, l’autorità competente (Kierownik Urzędu Rejonoweg) intimò ai richiedenti di effettuare, a loro spese, i lavori di risarcimento dei danni provocati nella loro parte dell’immobile dal cantiere del vicino. I richiedenti formarono un ricorso contro la decisione del 27 marzo. Si lamentarono del fatto che si era imposto loro un carico eccessivo ed esorbitante.
42. Il 25 agosto 1998, il prefetto respinse il ricorso. Ricordò che in virtù della legge, i comproprietari di un muro divisorio dovevano partecipare solidalmente alle spese della proprietà a schiera. Peraltro, nella misura in cui i danni erano stati causati dal loro vicino, i richiedenti potevano intentare contro questo un’azione per risarcimento dinnanzi ad un tribunale civile.
43. Il 26 febbraio 1999, la Corte amministrativa suprema respinse il ricorso formato dai richiedenti contro la decisione del prefetto.
44. Il 7 luglio 1999, i richiedenti pregarono le autorità del comune di assegnare loro un aiuto finanziario affinché potessero effettuare i lavori di risarcimento nella loro parte dell’immobile o, a difetto, di assegnare loro una casa popolare in sostituzione. Affermarono che erano coscienti della necessità di effettuare i lavori dato che lo stato dell’immobile si degradava. Però, non avevano mezzi finanziari sufficienti per effettuare l’insieme dei lavori necessari e quindi, dovevano accontentarsi di riparazioni sommarie d’ emergenza, conformemente alle istruzioni del perito d’ urbanistica. Il 16 luglio 1999, il comune informò i richiedenti che l’aiuto sollecitato non poteva essere concesso e che le autorità non erano coinvolte nel conflitto familiare tra i richiedenti ed i loro vicini.
45. Il 5 luglio 1999, l’autorità amministrativa competente (Kierownik Urzędu Rejonowego) invitò i richiedenti a conformarsi all’obbligo derivante dalla decisione del 27 marzo 1998.
46. L’11 agosto 2000, l’ispettore delle costruzioni di distretto inflisse ai richiedenti una multa di tremila zloty per difetto d’esecuzione, da pagare prima del 30 novembre 2000. Lo stesso giorno, l’ispettore unì alla sua decisione un titolo esecutivo.
47. Il 9 settembre 2002, l’ispettore inflisse nuovamente ai richiedenti una multa per difetto di esecuzione ma questa decisione fu annullata dall’autorità di appello.
48. Il 15 ottobre 2002, una nuova emenda per difetto di esecuzione fu inflitta ai richiedenti, decisione confermata il 27 gennaio 2003. I richiedenti fecero appello dinnanzi alla Corte amministrativa suprema. Secondo le ultime informazione versate alla pratica nel giugno 2006, il procedimento dinnanzi alla Corte amministrativa era pendente.
49. In una lettera in data 6 novembre 2006, i richiedenti informarono la Corte che nel frattempo, avevano costruito una nuova abitazione. Risulta dalla pratica che nell’ autunno 2006, lasciarono quella danneggiata dai lavori del vicino e si stabilirono nel nuovo immobile. Inoltre, in una lettera del 2 ottobre 2006, i richiedenti affermarono che avrebbero proceduto progressivamente alla demolizione della loro parte della casa a schiera, dato che l’amministrazione aveva fatto dipendere la possibilità per essi dia sfruttare la loro nuova dimora dall’ottenimento preliminare del permesso di demolizione della loro parte della casa a schiera.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
50. L’articolo 54 della Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa (Ustawa oh postepowaniu egzekucyjnym w administracji) come formulato a contare dal 30 novembre 2001, è formulato così:
“(…)
§2. La querela contro la durata eccessiva di un procedimento di esecuzione può essere formata anche da un creditore dell’obbligo di esecuzione diverso dall’autorità amministrativa incaricata di condurre l’esecuzione così come da un individuo il cui interesse legittimo ha subito un attentato a causa del difetto dell’esecuzione (..).
§3. La querela contro la durata eccessiva del procedimento di esecuzione viene formata tramite un’autorità amministrativa.
(…)
§5. L’autorità di controllo (organ nadzoru) statua sulla querela. La decisione che respinge la querela è suscettibile di ricorso (zazalenie).
(…) “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
51. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole”, come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa venga sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
52. Il Governo si oppone a questa tesi.
53. La Corte stima che per ciò che riguarda i richiedenti, il periodo da considerare è cominciato nell’ottobre 1995, quando questi ultimi hanno avvertito le autorità che il loro vicino effettuava illegalmente i lavori e che questi avevano danneggiato la loro parte della casa a schiera. La Corte osserva in seguito che risulta dall’ultima lettera dei richiedenti dell’ 8 dicembre 2008 che in quella data, il procedimento di esecuzione è sempre pendente. Quindi, la Corte nota che il periodo da prendere in considerazione si estende nello specifico a circa tredici anni.
A. Sull’ammissibilità
Sull’eccezione tratta dall’incompatibilità ratione personae
54. Il Governo afferma che nello specifico, i richiedenti non possono definirsi vittime della violazione del loro diritto di vedere la loro causa esaminata in un termine ragionevole dato che non sono stati parti al procedimento che tendeva ad eseguire l’ordine di demolizione. Il Governo sottolinea che in virtù del diritto interno (la Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa del 1996) solo il debitore dell’obbligo è parte al procedimento d’ esecuzione. Nello specifico, i richiedenti non erano riguardati direttamente dalla conclusione del procedimento in questione e quindi, non disponevano di nessuno mezzo suscettibile di permettere loro di agire sullo svolgimento di questo. Il Governo rileva inoltre che i richiedenti in realtà non avevano interesse affinché l’ordine di demolizione fosse eseguito velocemente dal loro vicino. Infatti, a loro interessava innanzitutto che lo stato tecnico della loro parte di casa venisse migliorato. Tuttavia, non solo la demolizione del cantiere del vicino non avrebbe contribuito a questo, ma al contrario, alla vista della prossimità tra le due proprietà, avrebbe rischiato di danneggiare di più la parte della casa appartenente ai richiedenti. Secondo il Governo, nello specifico, i richiedenti si sarebbero piuttosto dovuti conformare così, alle decisioni delle autorità amministrative che li intimavano di effettuare le riparazioni della loro parte dell’immobile, il che avrebbe permesso di ristabilire il buono stato tecnico dell’ intera casa e l’avrebbe resa di nuovo sicura per tutti gli abitanti. Nella misura in cui i richiedenti contestano il fatto di imporre loro gli oneri suscettibili di essere generati dai lavori di riparazione, il Governo rileva che avevano la possibilità di ottenere il loro rimborso da parte del vicino, se necessario mediante un’azione civile appropriata.
55. I richiedenti non si pronunciano.
56. La Corte ricorda la sua giurisprudenza consolidata da cui risulta che, “affinché un richiedente possa definirsi vittima di una violazione della Convenzione, deve esistere un legame sufficientemente diretto tra il richiedente e la violazione addotta” (vedere, per ex., Brudnicka c. Polonia, no 54723/00, 3 marzo 2005). La Corte ricorda anche che la nozione di “vittima” è una nozione autonoma che si interpreta in modo indipendente delle regole di diritto interno come l’interesse ad agire o la qualità per agire (Gorraiz Lizarraga ed altri c. Spagna, no 62543/00, 10 novembre 2004, Stukus c. Polonia, no12534/03, 1 aprile 2008). La nozione di vittima non implica necessariamente l’esistenza di un danno (in particolare: Marckx c. Belgio, no6833/74, 13 giugno 1979, Inze c. Austria, no8695/79, 28 ottobre 1987).
57. La Corte osserva che nello specifico, non è contestato che in virtù del diritto interno, i richiedenti non potevano costituirsi parti al procedimento della controversia. Tuttavia, alla vista della sua giurisprudenza sopra, la Corte stima che questo elemento preso isolatamente non potrebbe essere di per sé decisivo quando si tratta di determinare se i richiedenti possono definirsi vittime di una violazione della Convenzione, risultante dalla durata del procedimento di esecuzione condotto a riguardo del loro vicino. La Corte osserva che i richiedenti erano proprietari ed abitanti di una parte della casa a schiera di cui uno dei muri era comune con la parte vicina dell’immobile. Così, un legame di prossimità diretta esisteva tra le due proprietà. La Corte nota al primo colpo che il procedimento incriminato è stato scatenato per iniziativa dei richiedenti stessi fin dall’ ottobre 1995. Osserva in seguito che le perizie tecniche presentate durante il procedimento interno indicavano che al termine dei lavori iniziati illegalmente dal vicino, la proprietà dei richiedenti è stata danneggiata seriamente, in modo tale che la sicurezza di loro stessi e della loro famiglia era stata messa in pericolo. In queste circostanze, non può suscitare controversia che i richiedenti avevano un interesse certo affinché il procedimento di esecuzione venisse condotto prontamente affinché la situazione conforme alle norme tecniche, ed in particolare ai quelle di sicurezza, potesse essere ristabilita il più presto possibile. Ora, a dispetto dei passi intrapresi dalle autorità su richiesta dei richiedenti, queste non sono riuscite ad ovviare velocemente alla situazione. Al contrario, la mancanza di celerità e di zelo adeguati nella condotta del procedimento di esecuzione ha avuto nello specifico per effetto di aggravare senza tregua il danno subito dai richiedenti in modo tale che in definitiva, era diventato impossibile per loro vivere pacificamente nella loro casa. Per di più, dopo che si erano stabiliti nel nuovo immobile, la loro vecchia proprietà non ha smesso di essere colpita dal difetto di esecuzione della decisione amministrativa da parte del loro vicino. Sebbene i richiedenti non siano stati parte al procedimento d’esecuzione e di conseguenza, non abbiano disposto a più riprese di nessuno mezzo giuridico, suscettibile di permettere loro di fare valere i loro interessi legittimi nella cornice del procedimento in questione, si sono lamentati presso delle autorità della durata e della mancanza del carattere efficace di questo, provando ad attirare la loro attenzione sui dispiaceri che subivano.
58. Per quanto il Governo rimprovera ai richiedenti di non essersi conformati loro stessi alle decisioni amministrative ad essi concernenti, la Corte nota che nello specifico, alla vista della lunghezza del procedimento di esecuzione e della mancanza d’efficacia delle autorità nella condotta di questo, sembra molto dubbio che solo l’esecuzione dei lavori da parte dei richiedenti avrebbe potuto permettere di migliorare la situazione. Ad ogni modo, il fatto che nello specifico, i richiedenti non abbiano riparato i danni causati alla loro proprietà dalle attività illegali di un terzo, non potrebbe dispensare le autorità dal loro obbligo di condurre l’esecuzione delle decisioni definitive in modo pronto ed efficace.
59. Nello specifico, la Corte non può fare astrazione degli elementi qui sopra nell’interpretazione della nozione di “vittima.” Considera che un altro approccio, troppo formalista, renderebbe inefficace ed illusoria la protezione dei diritti garantiti dalla Convenzione. In conclusione, stima che nell’occorrenza, i richiedenti sono stati sufficientemente colpiti dalla durata del procedimento di esecuzione condotto a riguardo del loro vicino tanto da potersi definire vittime, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, della violazione del loro diritto di vedere la loro causa esaminata in un termine ragionevole.
60. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo.
Sull’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne
61. Il Governo afferma che a dispetto del fatto che non siano stati parti al procedimento d’esecuzione diretta contro J.Z, a contare dal 30 novembre 2001, i richiedenti si sarebbero potuti lamentare della durata di questo mediante un ricorso previsto dall’articolo 54 della Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa (vedere, il diritto interno sopra).
62. I richiedenti non si pronunciano.
63. La Corte ricorda che in virtù della regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne enunciata all’articolo35 § 1 della Convenzione, un richiedente deve avvalersi dei ricorsi normalmente disponibili e sufficienti da permettergli di ottenere risarcimento delle violazioni che adduce (Akdivar ed altri c. Turchia, no 21893/93,16 settembre 1996). Questi ricorsi devono esistere ad un grado sufficiente di certezza, in pratica come in teoria, altrimenti manca loro l’effettività e l’accessibilità voluta (ibidem). La Corte ricorda per di più che l’articolo 35 § 1 contempla una ripartizione del carico della prova. Incombe sul Governo che eccepisce del non-esaurimento di convincere la Corte che il ricorso era effettivo e disponibile tanto in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cioè che era accessibile e suscettibile di offrire al richiedente la correzione dei suoi motivi di appello, e che presentava delle prospettive ragionevoli di successo.( ibidem). Peraltro, a proposito dell’articolo 13 della Convenzione, la Corte ha dichiarato, nella sentenza Kudła, che i mezzi di cui dispone il richiedente in dritto interno per lamentarsi della durata del procedimento sono “effettivi” se possono impedire il sopraggiungere o la continuazione della violazione addotta o fornire una correzione adeguata per ogni violazione che si è già prodotta (Charzynski (déc.), no15212/03, 1 marzo 2005).
64. Riferendosi alla presente causa, la Corte rileva che nello specifico, il Governo si limita ad affermare che in seguito all’emendamento dell’articolo 54 della Legge sul procedimento di esecuzione amministrativa, un individuo i cui interessi legittimi erano stati colpiti dal difetto di esecuzione, da parte di una terza persona, di una decisione amministrativa si è visto offrire la possibilità di lamentarsi della durata del procedimento che mirava ad eseguire suddetta decisione anche se non era stato parte a questo. La Corte osserva però da una parte, che non risulta dalla formulazione della legge interna invocata dal Governo quale avrebbero potuto essere gli effetti dell’introduzione del ricorso al quale questo si riferisce. Dall’altra parte, la Corte rileva che il Governo non ha fornito nessuno esempio di caso in cui un individuo posto in una situazione analoga a quella dei richiedenti avrebbe ottenuto soddisfazione per il suo motivo di appello riguardante la lunghezza del procedimento di esecuzione amministrativa dopo avere utilizzato la querela prevista dall’articolo 54 della Legge in questione (mutatis mutandis Malasiewicz, (déc.), no22072/02, 17 dicembre 2002). Così, in mancanza della dimostrazione da parte del Governo del carattere appropriato e dell’effetto utile del ricorso in questione, non potendo la Corte speculare su questi elementi, stima che nello specifico, non è stato stabilito con abbastanza certezza che il ricorso riguardato fosse suscettibile di offrire ai richiedenti la correzione del motivo di appello che hanno sollevato dinnanzi a lei. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo.
65. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Quindi, conviene dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
66. Il Governo afferma che se si considera alla luce dell’insieme delle circostanze della causa, la durata del procedimento non potrebbe passare per irragionevole. Più in particolare, in primo luogo, il Governo mette l’accento sulla grande complessità della causa. Rileva che, per arrivare alla soluzione di questa, le autorità hanno dovuto decidere numerose questioni, di natura fattuale o giuridica che si sono poste durante il procedimento. In particolare, sarebbero state portate ad identificare la data dell’inizio dei lavori, la natura del cantiere eretto dal vicino dei richiedenti così come il proprietario della parte dell’immobile riguardato dall’ordine di demolizione. Inoltre, hanno dovuto determinare la natura del danno provocato dal cantiere e hanno dovuto indicare il debitore dell’obbligo di demolizione, il che si era rivelato difficile dopo che J.Z. aveva ceduto la sua proprietà a sua figlia. Nello specifico, il compito delle autorità che consisteva nel chiarificare l’insieme delle circostanze pertinenti della causa è stato reso ancora più complesso dalle testimonianze divergenti delle persone che erano state sentite durante il procedimento. Il Governo rileva in secondo luogo che nello specifico, il prolungamento del procedimento era dovuto essenzialmente al comportamento dilatorio di J.Z. e del suo consigliere che ha tentato di aggirare la legge in vista di bloccare l’esecuzione dell’ordine di demolizione. In particolare, effettuando la donazione della sua parte dell’immobile a sua figlia minorenne, J.Z. ha agito chiaramente con l’intenzione di sottrarsi all’obbligo di demolire il cantiere e di ostacolare il buon svolgimento del procedimento. Infine, in terzo luogo, il Governo afferma che se lo si esamina alla luce delle circostanze sopra, il comportamento delle autorità nazionali non può essere considerato come inadatto. Queste hanno condotto il procedimento con lo zelo richiesto e hanno compiuto ogni passo necessario per chiarificare l’insieme delle circostanze della causa. Inoltre, le autorità si sono avvalse di misure di costrizione previste dalla legge, come multe elevate, in vista di portare il costruttore a conformarsi all’ordine di demolizione.
67. I richiedenti contestano la posizione del Governo.
68. La Corte nota che la presente causa, oltre il motivo di appello derivato dalla durata del procedimento sollevato dal richiedente pongono anche la questione della non – esecuzione di una decisione di giustizia. Ci si limiterà tuttavia la sua analisi al solo motivo di appello del richiedente e si considererà solamente la questione della durata del procedimento.
69. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento dei richiedenti e quello delle autorità competenti così come la posta della controversia per gli interessati (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
70. Al primo colpo, la Corte constata che gli elementi della pratica non forniscono elementi suscettibili di supportare la tesi della complessità della causa. Nota che la maggior parte delle questioni alle quali il Governo si riferisce hanno potuto essere decise allo stadio iniziale del procedimento, o al momento dell’adozione dell’ordine di demolizione. Così, le parti interessate hanno potuto essere identificate fin dall’inizio del procedimento ed i periti si sono espressi subito sull’origine dei disordini causati ai richiedenti. La Corte acconsente che nello specifico, il comportamento dilatorio del debitore dell’obbligo di demolire ha contribuito al prolungamento del procedimento. Tuttavia, non potrebbe accettare che le autorità si possano nascondere, per giustificare la loro mancanza di zelo e la mancanza di celerità nel collocamento in opera delle decisioni definitive, dietro le manovre dilatorie di un individuo. Per di più, nell’occorrenza, alla vista della durata integrale del procedimento, la Corte non potrebbe aderire all’argomento avanzato dal Governo secondo cui le autorità avrebbero agito con la prontezza richiesta. Infatti, la Corte osserva che queste si sono rese responsabili di periodi di inoperosità, in particolare tra il 9 luglio 1997 ed il 3 aprile 1998, o circa nove mesi, o ancora di quelli tra il 19 gennaio 2001 ed il 16 marzo 2005, o circa quattro anni, durante cui il ricorso formato dal vicino dei richiedenti contro la decisione dell’ispettore regionale era pendente dinnanzi al tribunale amministrativo regionale. Così, a causa dei ritardi accumulati lungo tutto il procedimento e della mancanza di gestione efficace della causa, in definitiva l’efficacia dell’esecuzione è stata compromessa. Ora, la Corte insiste sul fatto che l’obbligo delle autorità nazionali di agire con celerità in vista di garantire l’esecuzione efficace di decisioni definitive riveste un’importanza particolare nei casi come quello specifico, dove le decisioni da eseguire hanno un’incidenza diretta su dei diritti civili di persone differenti da quelle direttamente riguardate dall’obbligo di esecuzione ma che non dispongono di mezzi giuridici suscettibili di permettere loro di agire sullo svolgimento del procedimento. Nello specifico, alla vista della durata integrale del procedimento di esecuzione, la Corte stima che le autorità nazionali sono fallite nel liberarsi dal loro dovere di rispettare suddetto obbligo.
71. Pertanto, la Corte conclude alla violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO1
72. Citando l’articolo 1 del Protocollo no1, i richiedenti contestano una decisione amministrativa in virtù della quale sono stati intimati di effettuare, nella loro parte dell’immobile ed a loro spese, i lavori in vista di riparare i danni provocati dal cantiere del vicino. I richiedenti stimano che l’obbligo che è stato imposto loro costituiva per essi un carico eccessivo ed esorbitante. L’articolo 1 del Protocollo no1 invocato dai richiedenti si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
73. La Corte osserva al primo colpo che nello specifico, i richiedenti non hanno subito nessun carico finanziario a causa della decisione incriminata, dato che in definitiva, i lavori che erano tenuti ad effettuare non sono mai stati realizzati . Risulta che nello specifico, i richiedenti non possono definirsi vittime della violazione dell’articolo 1 del Protocollo no1.
74. Pertanto, la Corte respinge il motivo di appello dei richiedenti in quanto incompatibile ratione personae, conformemente all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
75. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
76. I richiedenti richiedono 139 594, 93 zloty (PLN) a titolo del danno materiale che avrebbero subito. Questa somma rappresenterebbe la totalità delle spese legate alla costruzione della loro nuova dimora . Inoltre, richiedono 70 000 PLN per torto morale.
77. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
78. La Corte non vede alcun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto e respinge questa richiesta. In compenso, stima che c’è luogo di concedere ai richiedenti 4 800 EUR (quattromila otto cento euro) a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
79. I richiedenti chiedono anche rispettivamente 14 174 PLN e 2 000 PLN per oneri e spese sostenuti dinnanzi alle autorità interne e dinnanzi alla Corte. Nel primo importo includono in particolare gli oneri dei lavori di demolizione della loro vecchia casa, gli oneri di perito così come la multa per difetto di esecuzione delle decisioni che li intimavano di effettuare i lavori di ristrutturazione. In quanto al secondo importo, questo rappresenterebbe gli oneri legati alla corrispondenza con le autorità interne e la Corte.
80. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
81. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte respinge la richiesta relativa agli oneri e alle spese del procedimento nazionale. In compenso, accorda ai richiedenti 100 EUR (cento euro) per il procedimento dinnanzi alla Corte.
C. Interessi moratori
82. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento di esecuzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 4 800 EUR (quattromila otto cento euro) per danno morale e 100 EUR (cento euro) per oneri e spese, da convertire in zloty polacchi al tasso applicabile in data dell’ordinamento, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 12 maggio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Lawrence Early Nicolas Bratza
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

QUATRIÈME SECTION
AFFAIRE ZIĘTAL c. POLOGNE
(Requête no 64972/01)
ARRÊT
STRASBOURG
12 mai 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Ziętal c. Pologne,
La Cour européenne des droits de l’homme (quatrième section), siégeant en une chambre composée de :
Nicolas Bratza, président,
Lech Garlicki,
Giovanni Bonello,
Ljiljana Mijović,
Päivi Hirvelä,
Ledi Bianku,
Nebojša Vučinić, juges,
et de Lawrence Early, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 16 avril 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 64972/01) dirigée contre la République de Pologne et dont les ressortissants de cet État, MM. A. Z. et D. Z. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 17 avril 2000 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement polonais (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Jakub Wołąsiewicz, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 29 janvier 2006, le président de la quatrième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la Cour se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants, nés respectivement en 1948 et 1946, résident à Zgórsko. Au moment de l’introduction de leur requête les requérants étaient propriétaires d’une partie d’une maison mitoyenne sise dans leur village dans laquelle ils vivaient avec leur famille.
Procédure relative à la demande du voisin des requérants tendant à l’obtention d’un permis de construire
5. Au mois d’août 1995, J.Z., frère du requérant et propriétaire de l’autre partie de la maison mitoyenne, entreprît sur celle-ci des travaux de construction. Il envisageait en particulier d’ajouter à celle-ci une cage d’escalier et de modifier la construction de sa toiture. En septembre 1995, le constructeur sollicita auprès de la commune la délivrance d’un permis de construire.
6. Au mois d’octobre 1995, les requérants avertirent les services compétents de leur commune que le voisin avait entrepris les travaux sans autorisation. Ils se plaignirent que les travaux avaient provoqué des dommages à leur partie de l’immeuble se manifestant par des dégâts, tels que la fissure des murs ou la cassure de plafond, et, de ce fait, représentaient un danger pour la vie et la santé des locataires. Les requérants relevèrent qu’ils avaient dû effectuer certains travaux en urgence en vue de sécuriser, autant que possible, leur partie de l’immeuble. Ils durent en particulier apposer des boucles de fer et des piliers.
7. Le 27 décembre 1995, les agents de l’administration compétente se rendirent sur la propriété des requérants et leur voisin. Ils constatèrent que les travaux étaient effectivement poursuivis et firent état de la présence de fissures sur la partie de l’immeuble appartenant aux requérants.
8. Le 29 avril 1996, le maire refusa de délivrer à J.Z. le permis de construire, décision confirmée le 1er août 1996 par l’autorité d’appel. Le 10 décembre 1997, la Cour administrative suprême confirma le refus en dernier ressort.
Procédure tendant à exécuter l’ordre de démolition du chantier érigé par le voisin des requérants
9. Le 17 juillet 1996, l’autorité compétente (Kierownik Urzędu Rejonowego w Kielcach) somma le constructeur de démolir le chantier. A la suite d’un recours formé par J.Z., le 18 septembre 1996, l’autorité d’appel annula la décision du 17 juillet et renvoya le dossier pour reconsidération.
10. Le 3 octobre 1996, l’autorité de renvoi entendit les requérants et leur voisin. Entretemps, par une ordonnance du 26 octobre 1996, la Cour administrative suprême, statuant sur la demande du constructeur, suspendit l’exécution de l’ordre de démolition.
11. Le 31 octobre 1996, l’autorité compétente déclara que la construction en question avait été entreprise illégalement et somma J.Z. de démolir le chantier avant le 30 juin 1997. Ce dernier fit appel.
12. Le 26 novembre 1996, les autorités administratives informèrent le parquet de Kielce qu’une infraction avait été commise, compte tenu du fait que J.Z. effectuait les travaux sans autorisation.
13. Le 3 janvier 1997, l’autorité d’appel annula l’ordre de démolition du 31 octobre 1996 et renvoya le dossier pour reconsidération en sommant l’autorité de première instance d’établir si les travaux étaient toujours poursuivis et qui en était le constructeur.
14. Le 13 janvier 1997, les requérants se plaignirent auprès du préfet de Kielce de l’inaction de l’Inspecteur des constructions compétent et de l’absence d’efficacité dans la conduite de la procédure d’exécution. Le 13 février 1997, le préfet les informa qu’en l’espèce, les autorités avaient besoin de davantage de temps pour pouvoir clarifier l’ensemble des circonstances de la cause.
15. Le 20 février 1997, les agents compétents de l’administration entendirent les témoins, notamment l’auteur du plan du chantier.
16. Le 9 juillet 1997, une visite du chantier fut effectuée par les autorités.
17. Le 3 avril 1998, l’autorité compétente ordonna la démolition du chantier, décision confirmée le 15 mai 1998 par l’autorité d’appel. Cependant, le 26 octobre 1998, la Cour administrative suprême suspendit l’exécution de l’ordre de démolition à la demande de J.Z. Par la suite, le 12 mars 1999, statuant en dernier ressort, la Cour administrative suprême confirma l’ordre de démolition.
18. Cependant, par un acte notarial établi le 8 juillet 1999, J.Z. et son épouse donnèrent leur partie de la maison mitoyenne à leur fille mineure K.Z. Par la suite, le 29 juillet 1999, le conseil de J.Z. pria les autorités administratives d’abandonner la procédure d’exécution au motif que son client, n’étant plus propriétaire de l’immeuble, ne pouvait être concerné par l’ordre de démolition. Toutefois, le 10 septembre 1999, la demande du conseil fut rejetée.
19. Le 29 septembre 1999, les requérants se plaignirent auprès des autorités une nouvelle fois de la longueur et de l’absence d’efficacité de l’exécution.
20. Entretemps, en dépit des décisions l’obligeant à démolir le chantier, J.Z. poursuivit les travaux.
21. Cela étant, à deux reprises, à savoir les 5 juillet 1999 ainsi que le 1er mars 2000, l’Inspecteur des constructions de district adressa à J.Z. un avertissement.
22. Les 20 mars, 1er août et 2 octobre 2000, les requérants se plaignirent auprès de l’Inspecteur des constructions au sujet de la procédure d’exécution. Répondant aux plaintes des requérants, l’Inspecteur rappela que non seulement le constructeur mais également eux-mêmes étaient tenus de se conformer aux décisions administratives les obligeant à effectuer les travaux nécessaires en vue de rendre l’immeuble conforme aux normes de sécurité. Il signala que la procédure les concernant allait être conduite simultanément à celle concernant leur voisin. L’Inspecteur informa les requérants que l’allongement de la procédure concernant le voisin était dû au fait que ce dernier faisait usage de voies de recours et contestait les décisions administratives prises à son encontre.
23. En absence de réaction à l’avertissement de la part du constructeur, le 11 août 2000, l’Inspecteur assortit la décision du 3 avril 1998 d’un titre exécutoire. Le jour-même, l’Inspecteur infligea aux représentants légaux de K.Z. une amende pour défaut d’exécution dont le montant s’élevait à environ soixante-douze mille zlotys.
24. Le 19 août 2000, le conseil de J.Z. contesta le bien-fondé de la décision du 11 août et pria les autorités de ne plus poursuivre la procédure à l’égard de K.Z. Le 27 août 2000, sa demande fut rejetée par l’Inspecteur de district. A la suite d’un recours exercé par J.Z., la décision du 27 août fut annulée le 18 septembre 2000 par l’Inspecteur régional des constructions qui décida d’abandonner la procédure pour des raisons de forme.
25. Le 29 août 2000, l’Inspecteur régional des constructions de Kielce annula la décision du 11 août 2000 en vertu de laquelle l’amende pour défaut d’exécution avait été infligée aux représentants de K.Z. Il releva que la procédure d’exécution devrait être conduite non pas à l’égard de K.Z. mais à l’égard de son père, J.Z.
26. Par un jugement du 31 août 2000, le tribunal de district de Kielce reconnut le voisin des requérants coupable d’une infraction consistant à poursuivre illégalement les travaux de construction et lui infligea une peine d’amende. Le tribunal releva qu’en poursuivant les travaux au mépris des décisions administratives le constructeur avait enfreint la Loi sur les constructions et avait mis en danger les biens et la sécurité d’autrui. Le 13 mars 2001, le tribunal régional de Kielce confirma le jugement du tribunal de district.
27. Le 20 octobre 2000, l’Inspecteur infligea à J.Z. une amende pour défaut d’exécution d’un montant s’élevant à environ soixante-douze mille zlotys, à payer avant le 30 janvier 2001. Il assortit sa décision d’un titre exécutoire.
28. Le 8 novembre 2000, l’Inspecteur des constructions de district refusa d’abandonner la procédure à l’égard de J.Z. Le conseil de ce dernier fit appel en affirmant que son client ne pouvait plus être considéré comme partie à la procédure étant donné qu’il avait entièrement cédé sa partie de l’immeuble à sa fille. D’autre part, cette dernière ne pouvait non plus être tenue d’exécuter l’ordre de démolition étant donné qu’en tant que mineure, elle n’avait pu hériter d’une propriété avec les charges.
29. Le 6 décembre 2000, l’Inspecteur régional des constructions annula la décision du 20 octobre et décida d’abandonner la procédure. Il souligna que celle-ci devrait être conduite à l’égard de K.Z., propriétaire actuelle de la partie de l’immeuble concernée par l’ordre de démolition.
30. Le 8 décembre 2000, l’Inspecteur régional des constructions annula la décision du 8 novembre et abandonna la procédure à l’égard de J.Z., estimant qu’elle devrait être conduite à l’égard de K.Z. L’Inspecteur signala néanmoins que la donation de l’immeuble au profit de K.Z. avait été effectuée en violation de la loi, étant donné qu’elle avait été effectuée sans accord préalable du juge aux affaires familiales. L’Inspecteur estima qu’en dépit de cela, en l’espèce, il était possible de poursuivre l’exécution à l’égard de K.Z. à condition d’obtenir l’accord du juge aux affaires familiales.
31. Le 14 décembre 2000, l’Inspecteur invita les représentants légaux de K.Z. à se conformer à l’obligation de démolir le chantier.
32. Le 11 janvier 2001, l’Inspecteur infligea à K.Z. une amende administrative pour défaut d’exécution, à payer avant le 30 avril 2001, décision confirmée le 19 février 2001 par l’Inspecteur régional. K.Z. interjeta recours.
33. Le 15 janvier 2002, la Cour administrative suprême statuant à la demande de K.Z. suspendit l’exécution de la décision du 11 janvier.
34. Le 22 janvier 2001, le conseil de J.Z. présenta un recours mettant en cause le bien-fondé de l’exécution dont il sollicita la suspension. Le 29 janvier 2001, l’autorité compétente rejeta sa demande, décision confirmée le 19 février 2001 par l’Inspecteur régional des constructions. A une date non-indiquée, J.Z. interjeta recours.
35. Par deux arrêts rendus le 16 mars 2005, le tribunal administratif régional de Cracovie rejeta les recours formés à l’encontre des décisions ci-dessus prononcées par l’Inspecteur le 19 février 2001.
36. Entretemps, les requérants s’adressèrent à l’Inspecteur de district en le priant de les tenir informés du déroulement de la procédure. Par une lettre du 29 mars 2005, l’Inspecteur expliqua que la Cour administrative suprême avait suspendu l’exécution de la décision en vertu de laquelle l’amende avait été infligée à leur voisin et que dès lors, les autorités administratives se trouvaient dans l’impossibilité de poursuivre efficacement la procédure d’exécution.
37. Toutefois, par un arrêt du 6 juillet 2006, la Cour administrative suprême accueillit les pourvois formés par K.Z. et J.Z. à l’encontre des arrêts du 16 mars 2005 et annula ces derniers.
38. A la suite de l’arrêt de la Cour administrative suprême, le dossier retourna au tribunal administratif régional. Par un arrêt du 31 janvier 2007, celui-ci constata la nullité de plusieurs décisions prononcées dans le cadre de la procédure. Seules les décisions adoptées par l’Inspecteur des constructions de district les 11 et 27 août 2000 (voir, §§ 23 et 24 ci-dessus) restèrent en vigueur.
39. A la suite de l’arrêt du tribunal administratif régional, l’Inspecteur régional des constructions examina une nouvelle fois le recours formé par J.Z. à l’encontre de la décision du 27 août 2000 et le rejeta le 7 août 2008. Par la suite, le 8 août 2008, l’Inspecteur modifia le dispositif de la décision du 11 août 2000 en désignant K.Z. (qui devait être représentée par ses parents jusqu’à l’âge de la maturité) comme débitrice de l’amende pour défaut d’exécution. En même temps, il impartit à K.Z. un nouveau délai pour acquitter l’amende, soit le 30 décembre 2008.
Procédure relative à l’obligation des requérants d’effectuer, dans leur partie de l’immeuble, les travaux de réparation des dégâts provoqués par le chanter du voisin
40. A l’occasion de la visite du chantier du voisin effectuée le 17 avril 1996, les agents de l’administration se rendirent également sur la propriété des requérants. Le 22 avril 1996, l’autorité administrative compétente somma les requérants de présenter une expertise technique en vue d’obtenir de plus amples informations sur l’état technique de l’immeuble et l’origine des dégâts. Les requérants présentèrent une étude réalisée en novembre 1997 par un expert en urbanisme dont il ressortait que les travaux effectués par le voisin étaient directement à l’origine des dégâts qui s’étaient manifestés dans leur partie de l’immeuble. D’après l’expert, du fait des travaux, l’immeuble était en si mauvais état que la sécurité de tous ses habitants était sérieusement compromise.
41. Par une décision du 27 mars 1998, l’autorité compétente (Kierownik Urzędu Rejonowego) somma les requérants d’effectuer, à leurs frais, les travaux de réparation des dégâts provoqués dans leur partie de l’immeuble par le chantier du voisin. Les requérants formèrent un recours à l’encontre de la décision du 27 mars. Ils se plaignirent de ce qu’on leur avait imposé une charge excessive et exorbitante.
42. Le 25 août 1998, le préfet rejeta le recours. Il rappela qu’en vertu de la loi, les copropriétaires d’un mur mitoyen étaient solidairement tenus des dépenses de la mitoyenneté. Par ailleurs, dans la mesure où les dégâts avaient été causés par leur voisin, les requérants pouvaient intenter contre celui-ci une action en réparation devant un tribunal civil.
43. Le 26 février 1999, la Cour administrative suprême rejeta le recours formé par les requérants à l’encontre de la décision du préfet.
44. Le 7 juillet 1999, les requérants prièrent les autorités de la commune de leur allouer une aide financière pour qu’ils puissent effectuer les travaux de réparation dans leur partie de l’immeuble ou, à défaut, de leur attribuer un logement social de substitution. Ils affirmèrent qu’ils étaient conscients de la nécessité d’effectuer les travaux étant donné que l’état de l’immeuble se dégradait. Cependant, ils n’avaient pas de moyens financiers suffisants pour effectuer l’ensemble des travaux nécessaires et dès lors, devaient se contenter de réparations sommaires en urgence, conformément aux instructions de l’expert en urbanisme. Le 16 juillet 1999, la commune informa les requérants que l’aide sollicitée ne pouvait être octroyée et que les autorités n’étaient pas concernées par le conflit familial entre les requérants et leur voisin.
45. Le 5 juillet 1999, l’autorité administrative compétente (Kierownik Urzędu Rejonowego) invita les requérants à se conformer à l’obligation découlant de la décision du 27 mars 1998.
46. Le 11 août 2000, l’Inspecteur des constructions de district infligea aux requérants une amende de trois mille zlotys pour défaut d’exécution, à payer avant le 30 novembre 2000. Le jour-même, l’Inspecteur assortit sa décision d’un titre exécutoire.
47. Le 9 septembre 2002, une nouvelle fois l’Inspecteur infligea aux requérants une amende pour défaut d’exécution mais cette décision fut annulée par l’autorité d’appel.
48. Le 15 octobre 2002, une nouvelle amende pour défaut d’exécution fut infligée aux requérants, décision confirmée le 27 janvier 2003. Les requérants firent appel devant la Cour administrative suprême. Selon les dernières informations versées au dossier en juin 2006, la procédure devant la Cour administrative était pendante.
49. Dans une lettre en date du 6 novembre 2006, les requérants informèrent la Cour qu’entretemps, ils avaient construit une nouvelle maison. Il ressort du dossier qu’en automne 2006, ils quittèrent celle endommagée par les travaux du voisin et s’installèrent dans le nouvel immeuble. En outre, dans une lettre du 2 octobre 2006, les requérants affirmèrent qu’ils allaient progressivement procéder à la démolition de leur partie de la maison mitoyenne, étant donné que l’administration avait fait dépendre la possibilité pour eux d’exploiter leur nouvelle maison de l’obtention préalable du permis de démolition de leur partie de la maison mitoyenne.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
50. L’article 54 de la Loi sur la procédure d’exécution administrative (Ustawa o postepowaniu egzekucyjnym w administracji), tel que formulé à compter du 30 novembre 2001, est ainsi libellé :
« (…)
§2. La plainte contre la durée excessive d’une procédure d’exécution peut être formée également par un créancier de l’obligation d’exécuter autre que l’autorité administrative chargée de conduire l’exécution ainsi que par un particulier dont l’intérêt légitime a subi une atteinte du fait du défaut de l’exécution (..).
§3. La plainte (…) contre la durée excessive de la procédure d’exécution est formée par le biais d’une autorité administrative.
(…)
§5. L’autorité de contrôle (organ nadzoru) statue sur la plainte (…). La décision rejetant la plainte est susceptible d’un recours (zazalenie).
(…) »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
51. Les requérants allèguent que la durée de la procédure a méconnu le principe du « délai raisonnable », tel que prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
52. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
53. La Cour estime qu’en ce qui concerne les requérants, la période à considérer a débuté en octobre 1995, lorsque ces derniers ont averti les autorités que leur voisin effectuait illégalement les travaux et que ceux-ci ont endommagé leur partie de la maison mitoyenne. La Cour observe par la suite qu’il ressort de la dernière lettre des requérants du 8 décembre 2008 qu’à cette date-là, la procédure d’exécution était toujours pendante. Dès lors, la Cour note que la période à prendre en considération s’étend en l’espèce sur environ treize années.
A. Sur la recevabilité
Sur l’exception tirée de l’incompatibilité ratione personae
54. Le Gouvernement affirme qu’en l’espèce, les requérants ne peuvent se prétendre victimes de la violation de leur droit à voir leur cause examinée dans un délai raisonnable étant donné qu’ils n’ont pas été partie à la procédure tendant à exécuter l’ordre de démolition. Le Gouvernement souligne qu’en vertu du droit interne (la Loi sur la procédure d’exécution administrative de 1996), seul le débiteur de l’obligation est partie à la procédure d’exécution. En l’espèce, les requérants n’étaient pas directement concernés par l’issue de la procédure en question et dès lors, ne disposaient d’aucun moyen susceptible de leur permettre d’agir sur le déroulement de celle-ci. Le Gouvernement relève en outre que les requérants en réalité n’avaient pas d’intérêt à ce que l’ordre de démolition soit rapidement exécuté par leur voisin. En fait, ils tenaient avant tout à ce que l’état technique de leur partie de la maison soit amélioré. Toutefois, seule, la démolition du chantier du voisin, non seulement n’y aurait pas contribué, mais au contraire, au vu de la proximité entre les deux propriétés, elle risquerait d’endommager davantage la partie de la maison appartenant aux requérants. Ainsi, de l’avis du Gouvernement, en l’espèce, les requérants auraient dû plutôt se conformer aux décisions des autorités administratives les sommant d’effectuer les réparations de leur partie de l’immeuble, ce qui aurait permis de rétablir le bon état technique de la maison entière et la rendrait à nouveau sûre pour tous les habitants. Dans la mesure où les requérants contestent le fait de leur imposer les frais susceptibles d’être engendrés par les travaux de réparation, le Gouvernement relève qu’ils avaient la possibilité d’obtenir leur remboursement par le voisin, si nécessaire au travers d’une action civile appropriée.
55. Les requérants ne se prononcent pas.
56. La Cour rappelle sa jurisprudence constante dont il ressort que, « pour qu’un requérant puisse se prétendre victime d’une violation de la Convention, il doit exister un lien suffisamment direct entre le requérant et la violation alléguée » (voir, par ex., Brudnicka c. Pologne, no 54723/00, 3 mars 2005). La Cour rappelle également que la notion de « victime » est une notion autonome qui s’interprète de manière indépendante des règles de droit interne telles que l’intérêt à agir ou la qualité pour agir (Gorraiz Lizarraga et autres c. Espagne, no 62543/00, 10 novembre 2004, Stukus c. Pologne, no12534/03, 1er avril 2008). La notion de victime n’implique pas nécessairement l’existence d’un préjudice (notamment : Marckx c. Belgique, no6833/74, 13 juin 1979, Inze c. Autriche, no8695/79, 28 octobre 1987).
57. La Cour observe qu’en l’espèce, il n’est pas contesté qu’en vertu du droit interne, les requérants ne pouvaient se constituer parties à la procédure litigeuse. Toutefois, au vu de sa jurisprudence ci-dessus, la Cour estime que cet élément pris isolément ne saurait être en soi décisif lorsqu’il s’agit de déterminer si les requérants peuvent se prétendre victimes d’une violation de la Convention, résultant de la durée de la procédure d’exécution conduite à l’égard de leur voisin. La Cour observe que les requérants étaient propriétaires et habitants d’une partie de la maison mitoyenne dont un des murs était commun avec la partie voisine de l’immeuble. Ainsi, un lien de proximité directe existait entre les deux propriétés. La Cour note d’emblée que la procédure incriminée a été déclenchée à l’initiative des requérants eux- mêmes dès octobre 1995. Elle observe par la suite que les expertises techniques présentées au cours de la procédure interne indiquaient qu’à l’issue des travaux entamés illégalement par le voisin, la propriété des requérants a été sérieusement endommagée, de telle sorte que la sécurité d’eux-mêmes et de leur famille avait été mise en danger. Dans ces circonstances, il ne peut prêter à controverse que les requérants avaient l’intérêt certain à ce que la procédure d’exécution soit conduite promptement afin que la situation conforme aux normes techniques, et en particulier aux celles de sécurité, puisse être rétablie dans les meilleurs délais. Or, en dépit des démarches entreprises par les autorités à la demande des requérants, celles-ci ne sont pas parvenues à remédier rapidement à la situation. Au contraire, l’absence de la célérité et de la diligence appropriée dans la conduite de la procédure d’exécution a eu en l’espèce pour l’effet d’aggraver sans cesse le préjudice subi par les requérants de telle sorte qu’en définitive, il leur était devenu impossible de vivre paisiblement dans leur maison. De surcroît, après qu’ils se soient installés dans le nouvel immeuble, leur ancienne propriété n’a pas cessée d’être affectée par le défaut d’exécution de la décision administrative par leur voisin. Bien que les requérants n’aient pas été parties à la procédure d’exécution et par conséquent, n’aient disposé d’aucun moyen juridique, susceptible de leur permettre de faire valoir leurs intérêts légitimes dans le cadre de la procédure en question, à plusieurs reprises ils se sont plaints auprès des autorités de la durée et de l’absence du caractère efficace de celle-ci, en essayant d’attirer leur attention sur les désagréments qu’ils subissaient.
58. Pour autant que le Gouvernement reproche aux requérants de ne s’être pas conformé eux-mêmes aux décisions administratives les concernant, la Cour note qu’en l’espèce, au vu de la longueur de la procédure d’exécution et de l’absence de l’efficacité des autorités dans la conduite de celle-ci, il paraît fort douteux que seule l’exécution des travaux par les requérants ait pu permettre d’améliorer la situation. En tout état de cause, le fait qu’en l’espèce, les requérants n’aient pas réparé les dégâts causés à leur propriété par les activités illégales d’un tiers, ne saurait dispenser les autorités de leur obligation de mener l’exécution des décisions définitives de manière prompte et efficace.
59. En l’espèce, la Cour ne peut faire abstraction des éléments ci-dessus dans l’interprétation de la notion de « victime ». Elle considère qu’une autre approche, trop formaliste, rendrait inefficace et illusoire la protection des droits garantis par la Convention. En conclusion, elle estime qu’en l’occurrence, les requérants ont été suffisamment affectées par la durée de la procédure d’exécution conduite à l’égard de leur voisin pour pouvoir se prétendre victimes, au sens de l’article 34 de la Convention, de la violation de leur droit à voir leur cause examinée dans un délai raisonnable.
60. Partant, la Cour rejette l’exception du Gouvernement.
Sur l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes
61. Le Gouvernement affirme qu’en dépit du fait qu’ils n’aient pas été parties à la procédure d’exécution dirigée contre J.Z., à compter du 30 novembre 2001, les requérants auraient pu se plaindre de la durée de celle-ci au travers d’un recours prévu par l’article 54 de la Loi sur la procédure d’exécution administrative (voir, le droit interne ci-dessus).
62. Les requérants ne se prononcent pas.
63. La Cour rappelle que qu’en vertu de la règle de l’épuisement des voies de recours internes énoncée à l’article 35 § 1 de la Convention, un requérant doit se prévaloir des recours normalement disponibles et suffisants pour lui permettre d’obtenir réparation des violations qu’il allègue (Akdivar et autres c. Turquie, no 21893/93,16 septembre 1996). Ces recours doivent exister à un degré suffisant de certitude, en pratique comme en théorie, sans quoi leur manquent l’effectivité et l’accessibilité voulues (ibidem). La Cour rappelle de surcroît que l’article 35 § 1 prévoit une répartition de la charge de la preuve. Il incombe au Gouvernement excipant du non-épuisement de convaincre la Cour que le recours était effectif et disponible tant en théorie qu’en pratique à l’époque des faits, c’est-à-dire qu’il était accessible et susceptible d’offrir au requérant le redressement de ses griefs, et qu’il présentait des perspectives raisonnables de succès. (ibidem). Par ailleurs, à propos de l’article 13 de la Convention, la Cour a déclaré, dans l’arrêt Kudła, que les moyens dont dispose le requérant en droit interne pour se plaindre de la durée de la procédure sont « effectifs » s’ils peuvent empêcher la survenance ou la continuation de la violation alléguée ou fournir un redressement approprié pour toute violation s’étant déjà produite (Charzynski (déc.), no15212/03, 1er mars 2005).
64. En se référant à la présente affaire, la Cour relève qu’en l’espèce, le Gouvernement se borne à affirmer qu’à la suite de l’amendement de l’article 54 de la Loi sur la procédure d’exécution administrative, un particulier dont les intérêts légitimes avaient été affectés par le défaut d’exécution, par une personne tierce, d’une décision administrative s’est vu offrir la possibilité de se plaindre de la durée de la procédure visant à exécuter ladite décision alors même qu’il n’ait pas été partie à celle-ci. La Cour observe cependant d’une part, qu’il ne ressort pas de la formulation de la loi interne invoquée par le Gouvernement quels pourraient être les effets de l’introduction du recours auquel celui-ci se réfère. D’autre part, la Cour relève que le Gouvernement n’a fourni aucun exemple de cas où un particulier placé dans une situation analogue à celle des requérants aurait obtenu satisfaction pour son grief portant sur la longueur de la procédure d’exécution administrative après avoir utilisé la plainte prévue par l’article 54 de la Loi en question (mutatis mutandis Malasiewicz (déc.), no22072/02, 17 décembre 2002). Ainsi, en l’absence de la démonstration par le Gouvernement du caractère approprié et de l’effet utile du recours en question, la Cour, qui ne saurait spéculer sur ces éléments, estime qu’en l’espèce, il n’a pas été établi avec assez de certitude que le recours concerné était susceptible d’offrir aux requérants le redressement du grief qu’ils ont soulevé devant elle. Partant, la Cour rejette l’exception du Gouvernement.
65. La Cour constate que le grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention Elle relève en outre qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Dès lors, il convient de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
66. Le Gouvernement affirme que si l’on considère à la lumière de l’ensemble de circonstances de la cause, la durée de la procédure ne saurait passer pour déraisonnable. Plus particulièrement, en premier lieu, le Gouvernement met l’accent sur la grande complexité de l’affaire. Il relève que, pour arriver à la solution de celle-ci, les autorités ont dû résoudre de nombreuses questions, de nature factuelle ou juridique, qui se sont posées au cours de la procédure. En particulier, elles auraient été amenées à identifier la date du début des travaux, la nature du chantier érigé par le voisin des requérants ainsi que le propriétaire de la partie de l’immeuble concernée par l’ordre de démolition. En outre, elles ont dû déterminer la nature du dommage provoqué par le chantier et indiquer le débiteur de l’obligation de démolir, ce qui s’était révélé difficile après que J.Z. ait cédé sa propriété à sa fille. En l’espèce, la tâche des autorités consistant à clarifier l’ensemble des circonstances pertinentes de l’affaire a été rendue encore plus complexe par des témoignages divergents des personnes qui avaient été entendues au cours de la procédure. Le Gouvernement relève en second lieu qu’en l’espèce, l’allongement de la procédure était dû essentiellement au comportement dilatoire de J.Z. et de son conseil, lesquels ont tenté de contourner la loi en vue de bloquer l’exécution de l’ordre de démolition. En particulier, en effectuant la donation de sa partie de l’immeuble à sa fille mineure, J.Z. a agi clairement avec l’intention de se soustraire à l’obligation de démolir le chantier et d’entraver le bon déroulement de la procédure. Enfin, en troisième lieu, le Gouvernement affirme que si l’on l’examine à la lumière des circonstances ci-dessus, le comportement des autorités nationales ne peut être considéré comme inapproprié. Celles-ci ont conduit la procédure avec la diligence requise et ont accompli toutes démarches nécessaires pour clarifier l’ensemble des circonstances de l’affaire. En outre, les autorités ont usé de mesures de contrainte prévues par la loi, telles les amendes élevées, en vue d’amener le constructeur à se conformer à l’ordre de démolition.
67. Les requérants contestent la position du Gouvernement.
68. La Cour note que la présente affaire, en plus du grief tiré de la durée de la procédure soulevé par le requérant pose également la question de la non- exécution d’une décision de justice. Elle va toutefois limiter son analyse au seul grief du requérant et n’envisager que la question de la durée de la procédure.
69. La Cour rappelle que le caractère raisonnable de la durée d’une procédure s’apprécie suivant les circonstances de la cause et eu égard aux critères consacrés par sa jurisprudence, en particulier la complexité de l’affaire, le comportement des requérants et celui des autorités compétentes ainsi que l’enjeu du litige pour les intéressés (voir, parmi beaucoup d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
70. D’emblée, la Cour constate que les éléments du dossier ne fournissent pas d’éléments susceptibles d’étayer la thèse de la complexité de l’affaire. Elle note que la plupart des questions auxquelles le Gouvernement se réfère ont pu être résolues au stade initial de la procédure, soit au moment de l’adoption de l’ordre de démolition. Ainsi, les parties intéressées ont pu être identifiées dès le début de la procédure et les experts se sont aussitôt exprimés sur l’origine des désordres causés aux requérants. La Cour acquiesce qu’en l’espèce, le comportement dilatoire du débiteur de l’obligation de démolir a contribué à l’allongement de la procédure. Toutefois, elle ne saurait accepter que les autorités puissent se retrancher, pour justifier leur manque de diligence et l’absence de célérité dans la mise en œuvre des décisions définitives, derrière les manœuvres dilatoires d’un particulier. De surcroît, en l’occurrence, au vu de la durée intégrale de la procédure, la Cour ne saurait souscrire à l’argument avancé par le Gouvernement selon lequel les autorités auraient agi avec la promptitude requise. En fait, la Cour observe que celles-ci se sont rendues responsables de périodes d’inaction, en particulier entre le 9 juillet 1997 et le 3 avril 1998, soit environ neuf mois, ou encore de celle entre le 19 janvier 2001 et le 16 mars 2005, soit environ quatre années, durant lesquels le recours formé par le voisin des requérants à l’encontre de la décision de l’Inspecteur régional était pendant devant le tribunal administratif régional. Ainsi, du fait des retards accumulés tout au long de la procédure et de l’absence de gestion efficace de l’affaire, en définitive l’efficacité de l’exécution a été compromise. Or, la Cour insiste sur le fait que l’obligation des autorités nationales d’agir avec célérité en vue d’assurer l’exécution efficace de décisions définitives revêt une importance particulière dans des cas comme celui de l’espèce, où les décisions à exécuter ont une incidence directe sur des droits civils de personnes autres que celles directement concernées par l’obligation d’exécuter mais lesquelles ne disposent pas de moyens juridiques susceptibles de leur permettre d’agir sur le déroulement de la procédure. En l’espèce, au vu de la durée intégrale de la procédure d’exécution, la Cour estime que les autorités nationales ont failli de s’acquitter de leur devoir de respecter ladite obligation.
71. Partant, la Cour conclut à la violation de l’article 6 § 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No1
72. Citant l’article 1 du Protocole no1, les requérants contestent une décision administrative en vertu de laquelle ils ont été sommés d’effectuer, dans leur partie de l’immeuble et à leurs frais, les travaux en vue de réparer les dégâts provoqués par le chantier du voisin. Les requérants estiment que l’obligation qu’on leur a imposée constituait pour eux une charge excessive et exorbitante. L’article 1 du Protocole no1 invoqué par les requérants se lit comme suit :
« Toutes personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. (…)
Les dispositions pertinentes ne portent pas atteinte aux droits que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou amendes. »
73. La Cour observe d’emblée qu’en l’espèce, les requérants n’ont subi aucune charge financière du fait de la décision incriminée, étant donné qu’en définitive, les travaux qu’ils étaient tenus d’effectuer n’avaient jamais été réalisés. Il en résulte qu’en l’espèce, les requérants ne peuvent se prétendre victimes de la violation de l’article 1 du Protocole no1.
74. Partant, la Cour rejette le grief des requérants en tant qu’incompatible ratione personae, conformément à l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
75. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
76. Les requérants réclament 139 594, 93 zlotys (PLN) au titre du préjudice matériel qu’ils auraient subi. Cette somme représenterait la totalité des dépenses liées à la construction de leur nouvelle maison. En outre, ils réclament 70 000 PLN pour tort moral.
77. Le Gouvernement n’a pas pris position à cet égard.
78. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation constatée et le dommage matériel allégué et rejette cette demande. En revanche, elle estime qu’il y a lieu d’octroyer aux requérants 4 800 EUR (quatre mille huit cents euros) au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
79. Les requérants demandent également respectivement 14 174 PLN et 2 000 PLN pour les frais et dépens engagés devant les autorités internes et devant la Cour. Dans le premier montant ils incluent notamment les frais de travaux de démolition de leur ancienne maison, les frais d’expert ainsi que l’amende pour défaut d’exécution des décisions les sommant d’effectuer les travaux de rénovation. Quant au deuxième montant, celui-ci représenterait les frais liés à la correspondance avec les autorités internes et la Cour.
80. Le Gouvernement n’a pas pris position à cet égard.
81. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour rejette la demande relative aux frais et dépens de la procédure nationale. En revanche, elle accorde aux requérants 100 EUR (cent euros) pour la procédure devant la Cour.
C. Intérêts moratoires
82. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de la durée excessive de la procédure d’exécution et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit,
a) que l’État défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 4 800 EUR (quatre mille huit cents euros) pour dommage moral et 100 EUR (cent euros) pour frais et dépens, à convertir en zlotys polonais au taux applicable à la date du règlement, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 12 mai 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Lawrence Early Nicolas Bratza
Greffier Président

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 19/09/2024