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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE ZHOU c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 08
Numero: 33773/11/2014
Stato:
Data: 2014-01-21 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita familiare, Danno morale – risarcimento

SECONDA SEZIONE

CAUSA ZHOU C. ITALIA

( Richiesta no 33773/11)

SENTENZA

STRASBURGO

21 gennaio 2014

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Zhou c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 17 dicembre 2013,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33773/11) diretta contro la Repubblica italiana e di cui una cittadina cinese, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 24 maggio 2011 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Padova. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora.
3. Il richiesto adduceva una violazione dell’articolo 8 in ragione dell’adozione di suo figlio.
4. Il 3 febbraio 2012, la richiesta è stata comunicata al Governo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente arrivò in Italia col suo compagno e la sua ragazza di quattro anni nel 2000. Nel 2002 partorì un’altra ragazza. In seguito, le sue due ragazze furono mandate a casa i nonni in Cina. Nel 2004, il richiedente cadde di nuovo incinta. Il suo compagno la lasciò.
6. Durante la gravidanza, il richiedente non consultò nessuno medico. Il 16 settembre 2004, fu ricoverata in emergenza per un pielonefrite in gravidanza. Al momento del parto il richiedente ebbe un ischémie. Dopo la nascita di A., i servizi sociali decisero di prendere incaricati il richiedente ed il suo bambino. Nell’ottobre 2004, il richiedente fu posto in una casa madre-bambina con A. ed alcuni mesi più in un’altra struttura pubblica a Padova tardi. Il richiedente trovò un lavoro a Belluno in un’impresa cinese. Tenuto conto di ciò che non c’era posto per il bambino in una struttura pubblica a Belluno, i servizi sociali decisero di porrlo a Padova in un istituto. Il richiedente ritornò a Padova.
7. In seguito, il richiedente trovò un lavoro all’ospedale di Padova. Gli orari erano tuttavia, molto variabili e non poteva occuparsi sola di A.; di conseguenza, in accordo coi servizi sociali, A. fu posto durante la giornata in una famiglia di accoglimento. Tre mesi più tardi, la famiglia di accoglimento informò i servizi sociali che non era più disposta ad accogliere A. durante la giornata.
8. In marzo 2007, senza informare ne i servizi sociali, il richiedente decise di affidare suo figlio ad una coppia di vicini mentre andava al lavoro.
9. I servizi sociali, non essendo di accordo sulla scelta della coppia, e senza altra azione, come promuovere la ricerca di una coppia per esempio, a loro avviso, atto a garantire la guardia temporanea del bambino nella mancanza della madre, segnalarono la situazione del richiedente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per bambini di Venezia, qui di seguito “il tribunale”). In particolare, facevano valere che i vicini del richiedente erano vecchi e che c’erano di sospetti in quanto al fatto che avrebbero pagato il richiedente per potere tenere il bambino nella sua mancanza.
10. Il 18 dicembre 2007, il procuratore chiese al tribunale l’apertura di un procedimento di adottabilità per A. Secondo il procuratore, la madre non era in grado di occuparsi del bambino.
11. Con un decreto del 28 dicembre 2007, il tribunale affidò la custodia di A. ai servizi sociali con collocamento del bambino in una famiglia di accoglimento. Il richiedente aveva un diritto di visita a ragione di due giorni con settimana.
12. Il 23 maggio 2008, il tribunale per bambini confermò la sua decisione precedente e stabilisce che la madre avrebbe un diritto di visita di un’ora tutti i quindici giorni.
13. Con un decreto del 25 luglio 2008, il tribunale di Venezia sospese il diritto di visita della madre. Osservò che i servizi sociali chiedevano la sospensione degli incontri. Secondo la psicologa che aveva esaminato il bambino, A. era buono inserito nella famiglia di accoglimento, ma dopo gli incontri col richiedente, ne usciva molto perturbato. Peraltro, A. non aveva costruito di legame con sua madre. Gli incontri erano “inopportuni e disturbati” per il bambino dunque.
14. Il 4 ottobre 2008, il richiedente depositò un reclamo (reclamo) dinnanzi alla corte di appello di Venezia facendo valere che il legame con suo figlio era molto bravo e chiese a potere esercitare un diritto di visita. Chiedeva anche che è ordinata una perizia per valutare le sue capacità ad esercitare il ruolo di madre.
15. Con un decreto del 12 dicembre 2008 depositato il 6 febbraio 2009, la corte di appello di Venezia revocò il decreto del tribunale di Venezia alla cancelleria ed ordinò che gli incontri tra le madri ed il bambino siano organizzati, incaricò i servizi sociali di organizzare suddette incontri e di preparare un rapporto sulla situazione del bambino. In particolare la corte di appello sottolineò che le difficoltà di A. all’epoca degli incontri non sarebbero la conseguenza di un rifiuto della figura materna, ma sarebbero dovute alla situazione di incertezza in quanto al collocamento nella famiglia di accoglimento e la ripresa degli incontri. Di più, secondo la corte di appello il comportamento del richiedente durante gli incontri non poteva essere considerato come disturbando per A.
16. Con un decreto del 9 maggio 2009, la corte di appello di Venezia confermò il suo decreto del 12 dicembre 2008 e rinviò il trattamento della causa dinnanzi al tribunale di Venezia. La corte di appello rilevò in particolare che il bambino era perturbato dalle visite di sua madre ed a causa della mancanza di un progetto di vita comune.
17. Il 12 giugno 2009, il tribunale per bambini ordinò una perizia per valutare la situazione di A. e del richiedente.
18. Secondo il perito, la madre era incapace di occuparsi del bambino; in ragione dell’ischémie di cui aveva sofferto al momento del parto, le sue capacità di riflessione e di empatia erano sminuite e non era capace di programmare un avvenire con suo figlio. Gli incontri tra A. e sua madre non erano pregiudizievoli al bambino, ma erano percepite da lui come un dispiacere. Di più, la madre aveva delegato il suo ruolo parentale alle altre persone e non aveva il tempo di occuparsi del bambino a causa del suo lavoro. Non era dunque né in misura di esercitare il suo ruolo parentale, né capace di seguire lo sviluppo della personalità di A., né atto a permettergli di crescere serenamente. Psicologicamente traumatizzante per lo sviluppo di A., il richiedente agiva in modo impulsiva durante gli incontri. In particolare, il perito sottolineò che il richiedente offriva del cibo e dei vestiti durante gli incontri, e che talvolta provava a vestirlo coi nuovi vestiti.
19. Con un decreto del 14 aprile 2010, il tribunale, alla luce della perizia suddetta, dichiarò il bambino adottabile ed ordinò l’interruzione degli incontri tra il richiedente ed A.
20. Il richiedente interpose appello. In particolare, tenuto conto dei conclusioni della perizia sul bambino, il richiedente chiese alla corte di appello di potere continuare ad incontrare suo figlio secondo le modalità fissate dalla corte. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, il richiedente affermava che l’interruzione di ogni rapporto non era conforme alla Convenzione.
21. Il curatore del bambino chiese alla corte di appello di non procedere ad un’adozione plenaria, adozione legittimante, ma di procedere ad una “adozione legittimante aperta” o “adozione mi tarmo”, qui di seguito “adozione semplice”) a sapere un’adozione che permetterebbe al richiedente di incontrare suo figlio sotto la sorveglianza dei servizi sociali in modo da mantenere un legame tra essi.
22. Con un decreto del 13 dicembre 2010, la corte di appello confermò in particolare l’adottabilità di A., sottolineò che un’adozione semplice non era prevista dal legislatore, ma che in certi casi, col verso di un’interpretazione estensiva dell’articolo 44 d, del legge no184 del 1983, il tribunale per bambini di Bari aveva pronunciato l’adozione semplice nelle circostanze particolari, a sapere quando il termine per il collocamento in famiglia di accoglimento era scaduto e che il reinserimento nella famiglia di origine non era più possibile. In questi casi, tenuto conto del legame affettivo instaurato tra i minore e le famiglie di accoglimento, il tribunale di Bari aveva applicato l’adozione “semplice” ed i minore conservavano un legame con la famiglia biologica.
23. La corte di appello rilevò che c’era un vuoto morale in questa tenuta e che una situazione di abbandono poteva derivare non solo di una mancanza di assistenza patrimoniale e morale, ma anche di comportamenti dei genitori che compromettono un sviluppo sano ed equilibrato della personalità del bambino. Nel caso di specifico, c’erano tutti gli elementi necessari per dichiarare lo stato di adottabilità di A. e nessuno problema di compatibilità con l’articolo 8 della Convenzione non si posava. La corte di appello, riferendosi in particolare alla perizia depositata, aggiunse che il richiedente non aveva le risorse necessarie per seguire lo sviluppo del suo bambino e che non era in grado di prendere cura di lui.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNI PERTINENTI
24. Gli articoli del codice civile che contempla l’adozione semplice sono stati abrogati in vigore dall’effetto dell’entrata della legge no 184 del 4 maggio 1983, rivista poi dalla legge no 149 di 2001 e col decreto legislativo no 196 del 30 giugno 2003.
25. La legge no 184 del 4 maggio 1983 aveva modificato già ampiamente la materia dell’adozione. È stata emendata da allora di nuovo, legge no 149 di 2001.
Articolo 1
“Il minore ha il diritto ad essere educato nella sua propria famiglia.”
Articolo 2
“Il minore che è restato senza ambiente familiare adeguato temporaneamente può essere affidato ad un’altra famiglia, se possibile comprendente dei bambini minorenni, o ad una persona sola, o ad una comunità di tipo familiare, per garantirgli la sussistenza, l’educazione e l’istruzione. Nel caso in cui un collocamento familiare adeguato non fosse possibile, è permesso di porre il minore in un istituto di assistenza pubblica o privata, di preferenza nella regione di residenza del minore.”
Articolo 5
“La famiglia o la persona alla quale il minore è affidato devono garantirgli la sussistenza, l’educazione e l’istruzione tenuto conto delle indicazioni del tutore ed osservando le prescrizioni dell’autorità giudiziale. In ogni caso, la famiglia di accoglimento esercita la responsabilità parentale in ciò che riguarda i rapporti con la scuola ed il servizio sanitario nazionale. La famiglia di accoglimento deve essere sentita nel procedimento di collocamento e quella concernente la dichiarazione di adottabilità.”
Articolo 7
“L’adozione è possibile a favore dei minore dichiarati adottabili.”
Articolo 8
“Il tribunale per bambini può dichiarare in stato di adottabilità, anche d’ ufficio, (…) i minori in situazione di abbandono perché privi di ogni assistenza giuridica o patrimoniale da parte dei genitori o della famiglia tenuti di dotare, salvo se la mancanza di assistenza è dovuta con la forza ad una causa maggiore di carattere transitorio.” “La situazione di abbandono rimane”, prosegue l’articolo 8, “(…) anche se i minore si trovano in un istituto di assistenza o se sono stati posti presso di una famiglia.”
Infine, l’articolo 8 contempla che la causa di forza maggiore cessa se i genitori o di altri membri della famiglia del minore tenuti di occuparsene rifiutano le misure di assistenza pubblica e se questo rifiuto è considerato dal giudice come ingiustificato. La situazione di abbandono può essere segnalata all’autorità pubblica con tutto particolare e può essere rilevata di ufficio col giudice. Altra parte, ogni funzionario pubblico, così come la famiglia del minore che hanno cognizione dello stato di abbandono di questo ultimo, sono obbligati a fare ne la denuncia. Gli istituti di assistenza devono informare peraltro, regolarmente l’autorità giudiziale della situazione dei minore che accolgono (articolo 9).
Articolo 10
“Il tribunale può ordinare, fino al collocamento prato-adottivo del minore nella famiglia di accoglimento, ogni misura temporanea nell’interesse del minore, ivi compreso, all’occorrenza, la sospensione dell’autorità parentale, la sospensione delle funzioni di tutore o la nomina di un tutore temporaneo. “
Gli articoli 11 a 14 contemplano un’istruzione che mira a chiarire la situazione del minore ed a stabilire se questo ultimo si trova in stato di abbandono. In particolare, l’articolo 11 dispone che quando, durante l’inchiesta, risulta che il bambino non ha rapporti con nessuno membro della sua famiglia fino al quarto grado, il tribunale può dichiarare lo stato di adottabilità salvo se esiste una domanda di adozione al senso dell’articolo 44.
Al termine del procedimento previsto da questi ultimi articoli, se lo stato di abbandono al senso dell’articolo 8 persiste, il tribunale per bambini dichiara il minorenne adottabile se: a) i genitori o gli altri membri della famiglia non si sono presentati durante il procedimento; b, il loro ascolto ha dimostrato la persistenza della mancanza di assistenza giuridica e patrimoniale così come l’incapacità degli interessati ad ovviare; c, le prescrizioni imposte in applicazione dell’articolo 12 non sono state eseguite dalla mancanza dei genitori.
Articolo 15
“La dichiarazione di stato di adottabilità è pronunciata dal tribunale per bambini riunendosi presso in camera del consiglio con decisione motivata, dopo avere inteso il ministero pubblico, il rappresentante dell’istituto del quale il minore è stato posto o della sua eventuale famiglia di accoglimento, il tutore ed il minore sé se è vecchio di più di dodici anni o, se è più giovane, se il suo ascolto è necessario.”
Articolo 17
“L’opposizione alla decisione che dichiara un minorenne adottabile deve essere depositata entro trenta giorni a partire dalla data della comunicazione alla parte richiesta.
“La sentenza della corte di appello che dichiara lo stato di adottabilità può essere oggetto di un ricorso in cassazione entro 30 giorni a partire dalla data della notificazione per i motivi contemplati ai numeri 3, 4, 5 del primo capoverso dell’articolo 360 del codice di procedimento civile.”
Articolo 19
“Durante il procedimento che mira alla dichiarazione di adottabilità, l’esercizio dell’autorità parentale è sospeso.”
L’articolo 20 contempla infine che lo stato di adottabilità cessa nel momento in cui il minore è adottato o se questo ultimo diventa maggiore. Peraltro, la dichiarazione di adottabilità può essere revocata, di ufficio o su domanda dei genitori o del ministero pubblico, se le condizioni previste dall’articolo 8 sono sparite nel frattempo. Però, se il minore è stato posto in una famiglia vista dell’adozione (“affidamento preadottivo”) al senso degli articoli 22 a 24, la dichiarazione di adottabilità non può essere revocata.
L’articolo 22 § 8 contemplano che il tribunale per bambini controllo il buono svolgimento del collocamento in vista dell’adozione con la collaborazione del giudice delle tutele, dei servizi sociali e dei periti. Se ci sono delle difficoltà, il tribunale convoca, anche separatamente, la famiglia di accoglimento ed il minore in presenza, all’occorrenza, di un psicologo per verificare le ragioni delle difficoltà. In caso di necessità, può ordinare delle misure di sostegno psicologico.
L’articolo 25 contempla che un anno dopo avere dichiarato l’adottabilità, il tribunale per bambini, può decidere sull’adozione in camera di consiglio.
Secondo l’articolo 26 § 2, contempla che la sentenza della corte di appello che dispone l’adozione può essere oggetto di un ricorso in cassazione entro 30 giorni a partire dalla data della notificazione per i motivi contemplati al numero 3 del primo capoverso dell’articolo 360 d, del codice di procedimento civile.
Articolo 44
Dell’adozione nei casi particolari.
1. Quando le condizioni mirate al capoverso 1 dell’articolo 7 non sono riunite, minorenne che non sono stati dichiarati ancora adottabili, i minore possono essere adottati anche:
ha, con le persone che hanno col minore un legame fino al sesto grado o un rapporto stabile e duraturo preesistente, quando il minore è orfano di padre o di madre;
b, col coniuge nel caso dove il minore è figlio stesso adottivo dell’altro congiunge;
c, quando il minore è nello stato indicato all’articolo 3, capoverso 1 della legge no 104 del 5 febbraio 1992 e che è orfano di padre e di madre;
d, quando l’impossibilità di procedere ad un collocamento in vista dell’adozione è stata constatata.
2. Nei casi mirati al capoverso 1, l’adozione è anche possibile in presenza di bambini legittimi.
3. Nei casi mirati al capoverso 1 ha, c) e d, l’adozione è possibile, esagera ai coniugi, anche a quelli che non è sposato. Se l’adottante è sposato/sposata e che egli/ella non è séparato/a, l’adozione può essere decisa solamente in seguito ad una domanda dei due congiunti.
4. Nei casi mirati al capoverso 1 ha, e d, l’età dell’adottante deve superare di almeno diciotto anni l’età di quelli che intende adottare.
26. Secondo le informazione sottoposte dal Governo, parecchi tribunali per bambini hanno fatto applicazione dell’articolo 44 d, della legge no 184 del 1993 al di là dei casi previsti dalla legge. In particolare, su tredici tribunali apostrofati, sei hanno fatto un’interpretazione estensiva dell’articolo 44 d. Il tribunale di Lecce ha fatto una tale interpretazione nei casi dove stimava che non c’era un vero stato di abbandono. Il tribunale di Palermo ha fatto un’interpretazione estensiva della legge in una causa dove ha stimato che era nell’interesse del bambino di mantenere dei rapporti con la famiglia di origine. Il tribunale di Bari ha fatto in particolare un’interpretazione estensiva di questa disposizione durante parecchi anni del 2003 a 2008. In seguito, a partire da 2009, questo tribunale ha considerato che questo tipo di interpretazione estensiva della legge aveva compromesso, in certi casi, lo sviluppo dei bambini che si credeva proteggere. Peraltro, secondo il tribunale, i genitori biologici erano molto spesso oppositore ad avere di relazioni sbocciate con la famiglia di adozione.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
27. Sotto l’angolo degli articoli 8, 6 e 13 della Convenzione, il richiedente adduce che l’adozione di A. costituisce una violazione del suo diritto ad una vita familiare e che le autorità nazionali non hanno agito adeguatamente per ridurre le conseguenze di questa trasgressione. Le giurisdizioni hanno violato il principio di continuità familiare: non hanno considerato altra forma di adozione che permette così al richiedente di mantenere un qualsiasi legame con suo figlio. Si lamenta anche della sospensione di ogni contatto con A. durante dieci mesi.
28. Padrona della qualifica giuridica dei fatti della causa, la Corte stima appropriata di esaminare i motivi di appello sollevati unicamente dal richiedente sotto l’angolo dell’articolo 8 che esige che il processo decisionale che sbuca su delle misure di ingerenza sia equo e rispetta, siccome si deve, gli interessi protetti da questa disposizione, Moretti e Benedetti c. Italia, no 16318/07, § 27, 27 aprile 2010; Havelka ed altri c. Repubblica ceca, no 23499/06, §§ 34-35, 21 giugno 2007; Kutzner c. Germania, no 46544/99, § 56, CEDH 2002-I; Wallová e Walla c. Repubblica ceca, no 23848/04, § 47, 26 ottobre 2006.
L’articolo 8 della Convenzione contempla:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita familiare, (…).
2. Può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto solo per quanto questa ingerenza è prevista dalla legge e costituisce una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione dei reati penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà di altrui. “
29. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
30. Il Governo sostiene che la richiesta è inammissibile per non esaurimento delle vie di ricorso interni al motivo che il richiedente si sarebbe potuto ricorrere in cassazione contro la sentenza che pronuncia l’adozione appellandosi sull’articolo 26 § 2 della legge no 184 del 1983.
31. Secondo il richiedente un ricorso in cassazione non avrebbe avuto nessuno effetto. Il ricorso dinnanzi alla corte di appello era l’unica veda di ricorso per ovviare alla violazione, tenuto conto di ciò che la legge non contempla l’applicazione dell’adozione semplice nel caso del richiedente.
32. La Corte non è convinta dall’argomento del Governo. Ricorda che incombe sul Governo che eccepisce della no-esaurimento dei ricorsi interni di dimostrare che un ricorso effettivo era tanto disponibile in teoria che in pratica all’epoca dei fatti, cioè che era accessibile, era suscettibile di offrire ai richiedenti il risarcimento dei loro motivi di appello e presentava delle prospettive ragionevoli di successo, V. c. Regno Unito [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999 IX. Nota che la corte di appello aveva sottolineato che un’adozione semplice non era prevista dal legislatore, ma che in certi casi, col verso di un’interpretazione estensiva dell’articolo 44 d, della legge no 184 del 1993, il tribunale per bambini di Bari aveva pronunciato l’adozione semplice nelle circostanze particolari, a sapere quando il termine per il collocamento in famiglia di accoglimento era scaduto e che il reinserimento nella famiglia di origine non era più possibile.
33. Alla luce di ciò che precede, la Corte considera che nel caso di specifico, un eventuale ricorso in cassazione non avrebbe avuto per effetto di risanare i motivi di appello del richiedente.
34. Di conseguenza l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interni del Governo non saprebbe essere considerata.
35. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1, argomenti delle parti
36. Il richiedente ricorda che l’adozione deve essere pronunciata nei casi più gravi e che nel caso di specifico non c’è stato né abbandono, né maltrattamento. Nota che si era indigente e che lavorava molto per potere avere i mezzi di occuparsi del suo bambino.
37. Sottolinea che bisogna considerare normalmente la presa incaricata di un bambino come una misura temporanea a sospendere appena la situazione si presta e che lo scopo estremo è di unire di nuovo il genitore ed il bambino. Nel caso di specifico, le giurisdizioni italiane hanno preferito rompere il legame di filiazione materna piuttosto che prendere delle misure positive finalizzate ad aiutarlo e sopportarla. Secondo lei, ciò sarebbe costato molto più allo stato in termini di denaro. Si tratta difatti, secondo lei, di una “politica,” mirando a favorire le adozioni piuttosto che aiutare le famiglie ad attraversare dei momenti difficili, partiti a causa dalle difficoltà di bilancio dello stato.
38. Il richiedente ricorda che ha perso il suo bambino a causa delle sue condizioni economiche e del suo stato di salute. Nota che una misura come quell’adottato nel caso di specifico non sarebbe stata presa in altro paese europeo dove avrebbe potuto conservare dei legami con suo figlio.
39. In quanto all’adozione semplice, ricorda che il tribunale di Bari aveva fatto applicazione di questo tipo di adozione nei casi differenti a quelli previsto dalla legge, ma il tribunale di Venezia n ‘ non ha stimato di fare parimenti nel suo caso.
40. Trattandosi dell’interruzione degli incontri tra lei e suoi figli, il richiedente sottolinea che, sebbene la corte di appello abbia rilevato che l’interruzione era stata ordinata illecitamente, le autorità non sono state sanzionate e non ha avuto risarcimento.
41. Il Governo ricorda che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, le autorità italiane hanno preso tutte le misure necessarie per permettere di ricostruire un rapporto tra il richiedente e suoi figli. In particolare, gli interventi dei servizi sociali, del tutore e di un perito ha permesso di studiare la situazione del richiedente. L’ingerenza nel diritto del richiedente era prevista dalla legge ed inseguiva lo scopo di proteggere il bambino. Secondo il Governo, l’interesse del bambino deve essere protetto quando la coesistenza tra le famiglie di origine e la famiglia di accoglimento è difficile e provoca delle agitazioni nel bambino o ancora quando ci sono delle difficoltà patrimoniali per la famiglia biologica, o ancora se c’è abbandono di bambino. Il Governo, considera che i motivi indicati dalle giurisdizioni nazionali per fondare le loro decisioni sono pertinenti e sufficienti e che le autorità nazionali non hanno superato il margine di valutazione predisposta dal paragrafo 2 dell’articolo 8.
42. In quanto all’interruzione di contatti tra il richiedente e suoi figli, il Governo ricorda che i servizi sociali hanno sostenuto il richiedente dalla nascita di suo figlio nelle strutture adattate e specializzate. Afferma che l’interruzione dei contatti non è stata totale e che numerosi incontri sono stati organizzati anche nel periodo o il bambino era stato posto nella famiglia di accoglimento. La sospensione di incontri è stata motivata dal fatto che il richiedente non si era affidato ai servizi sociali ed anche con le difficoltà incontrate dal bambino all’epoca degli incontri.” Questa sospensione era necessaria “per dare un poco di equilibrio al bambino e di serenità.”
43. Il Governo è di parere che la sospensione autorizzata dalle autorità italiane non può essere considerata in violazione dell’articolo 8, perché queste ultime hanno dato al bambino “un periodo di tranquillità durante la quale le autorità hanno verificato lo stato della madre per dichiarare l’adottabilità.”
2, valutazione con la Corte
a) Principi generali
44. La Corte constata al primo colpo che non è contestato che la dichiarazione di adottabilità di A. costituisce un’ingerenza nell’esercizio del diritto del richiedente al rispetto della sua vita familiare. Ricorda che una tale ingerenza non è compatibile con l’articolo 8 che se assolve le condizioni cumulative di essere prevista dalla legge, di inseguire un scopo legittimo, e di essere necessario in una società democratica. La nozione di necessità implica che l’ingerenza si basi su un bisogno sociale imperioso e che sia proporzionata in particolare allo scopo legittimo ricercato (vedere, Gnahoré c. Francia, no 40031/98, § 50, CEDH 2000 IX, Couillard Maugery c. Francia, no 64796/01, § 237, 1 luglio 2004, e Puntatori c. Portogallo, no 19554/09, §74, 10 aprile 2012.
45. La Corte ricorda che al di là della protezione contro le ingerenze arbitrarie, l’articolo 8 mette al carico dello stato degli obblighi positivi inerenti al rispetto effettivo della vita familiare. Così, là dove l’esistenza di un legame familiare si trova stabilita, lo stato deve in principio agire in modo da permettere a questo legame di svilupparsi (vedere, Olsson c. Svezia (no 2), 27 novembre 1992, § 90, serie Ha no 250. La frontiera tra gli obblighi positivi e negativi che derivano dell’articolo 8 non suscita una definizione precisa, ma i principi applicabili sono tuttavia comparabili. In particolare, nei due casi, bisogna avere esattamente riguardo equilibrio a predisporre tra gli interessi concorrenti, tenendo tuttavia conto di ciò che l’interesse superiore del bambino deve costituire la considerazione determinante che, secondo la sua natura e la sua gravità, può prevalere su quello del genitore, Kearns c. Francia, no 35991/04, § 79, 10 gennaio 2008. In particolare, l’articolo 8 non saprebbe autorizzare un genitore a vedere prendere delle misure pregiudizievoli alla salute ed allo sviluppo del bambino (vedere, Johansen c. Norvegia, 7 agosto 1996, § 78, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996 III, e Gnahoré, precitata, § 59. Così, in materia di adozione, la Corte ha ammesso già che possa essere dell’interesse del minore di favorire l’instaurazione di legami affettivi stabili coi suoi genitori nutritivi (Johansen, precitata, § 80, e Kearns, precitata, § 80.
46. La Corte ricorda anche che, nell’ipotesi degli obblighi negativi come in quella degli obblighi positivi, lo stato gode di un certo margine di valutazione (vedere, W. c. Regno Unito, 8 luglio 1987, § 60, serie Ha no 121 che varia secondo la natura delle questioni in controversia e la gravità degli interessi in gioco. In particolare, la Corte esige che le misure che arrivano a rompere i legami tra un bambini e la sua famiglia siano applicate solamente nelle circostanze eccezionali, cioè unicamente nei casi dove i genitori si sono mostrati particolarmente indegni, Clemeno ed altri c. Italia, no 19537/03, § 60, 21 ottobre 2008, o quando sono giustificate da un’esigenza fondamentale riguardo l’interesse superiore del bambino, vedere § 84 Johansen, precitata,; P., C. e S. c. Regno Unito, no 56547/00, § 118, CEDH 2002 VI. Questo approccio può essere allontanato tuttavia in ragione della natura della relazione genitore-bambino, quando il legame è molto limitato, Söderbäck c. Svezia, 28 ottobre 1998, §§ 30-34, Raccolta 1998 VII.
47. Appartiene ad ogni Stato contraente di dotare si di un arsenale morale adeguato e sufficiente per garantire il rispetto di questi obblighi positivi che gli toccano in virtù dell’articolo 8 della Convenzione ed alla Corte di ricercare se, nell’applicazione e l’interpretazione delle disposizioni legali applicabili, le autorità interne hanno rispettato le garanzie dell’articolo 8, tenendo particolarmente conto dell’interesse superiore del bambino (vedere, mutatis mutandis, Neulinger e Shuruk c. Svizzera [GC], no 41615/07, § 141, CEDH 2010, K.A.B. c. Spagna, no 59819/08, § 115, 10 aprile 2012,).
48. A questo riguardo e trattandosi dell’obbligo per lo stato di arrestare delle misure positive, la Corte non ha smesso di dire che l’articolo 8 implica il diritto per un genitore alle misure proprie a riunirlo col suo bambino e l’obbligo per le autorità nazionali di prenderli (vedere, per esempio, Eriksson, precitata, § 71, serie Ha no 156, e Margareta e Roger Andersson c. Svezia, 25 febbraio 1992, § 91, serie Ha no 226-ha. In questo genere di causa, il carattere adeguato di una misura si giudica alla rapidità del suo collocamento in œuvre, Maumousseau e Washington c. Francia, no 39388/05, § 83, 6 dicembre 2007.
b, Applicazione di questi principi
49. La Corte considera che il punto decisivo nello specifico consiste in sapere dunque se, prima di annullare il legame di filiazione materna, le autorità nazionali hanno preso tutte le misure necessarie ed adeguate che si poteva esigere ragionevolmente di esse affinché il bambino possa condurre una vita familiare normale in seno alla sua propria famiglia.
50. La Corte nota che le autorità italiane hanno preso incaricate il richiedente e suo figlio dalla nascita di questo ultimo. Nell’ottobre 2004, il richiedente fu posto in una casa madre-bambina con A. ed alcuni mesi più in un’altra struttura pubblica a Padova tardi. Una volta che il richiedente cominciò a lavorare nell’ospedale di Padova in accordo coi servizi sociali, A. fu posto durante la giornata in una famiglia di accoglimento. Tre mesi più tardi, la famiglia di accoglimento informò i servizi sociali che non era più disposta ad accogliere A. durante la giornata.
51. La Corte nota che in quel momento, il richiedente decise di affidare A. ad una coppia di vicini mentre andava al lavoro. I servizi sociali, non essendo che di accordo sulla scelta della coppia (vedere sopra paragrafo 9), segnalò la situazione del richiedente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per bambini. Seguito al connotato dei servizi sociali, il 18 dicembre 2007, il procuratore chiese al tribunale l’apertura di un procedimento di adottabilità per A., la madre che non è in grado di occuparsi del bambino. Questo fu posto in famiglia di accoglimento ed un diritto di visita fu accordato al richiedente.
52. La Corte rileva che questo diritto di visita fu sospeso nel 2008, poiché la psicologa avendo esaminato il bambino aveva stabilito che dopo gli incontri col richiedente, A. era molto perturbato. Peraltro, secondo la psicologa, A. non aveva costruito di legame con sua madre e gli incontri erano “inopportuni e disturbati” per lui dunque.
Nel 2009, la corte di appello, sequestro col richiedente, giudicò che la misura della sospensione doveva essere revocata.
53. Il 14 aprile 2010, tenuto conto del risultato della perizia di ufficio, il tribunale per bambini stimò necessario di dichiarare A. adottabile, sua madre che non è in grado di esercitare il suo ruolo parentale e di seguire lo sviluppo della personalità di A. ed essendo “psicologicamente traumatizzante per il suo sviluppo.”
54. La Corte osserva le autorità nazionali non hanno sufficientemente œuvré per facilitare i contatti tra A. ed i richiedenti. Di più nota che il richiedente aveva chiesto, col curatore del bambino, di procedere ad un’adozione semplice in modo che possa mantenere il legame con suo figlio. Si appellava su parecchie decisioni del tribunale per bambini di Bari che, col verso di un’interpretazione estensiva dell’articolo 44 d, aveva permesso in certo caso, dove non c’era abbandono, di procedere ad un’adozione che permetteva allo adottato di mantenere un legame con la sua famiglia biologica.
55. La Corte ricorda che nei casi così delicati e complessi, il margine di valutazione lasciata alle autorità nazionali competenti varia secondo la natura delle questioni in controversia e la gravità degli interessi in gioco. Se le autorità godono di una grande latitudine per valutare la necessità di prendere incaricati un bambino, in particolare quando c’è emergenza, la Corte deve tuttavia avere acquisito la convinzione che nella causa in questione, esistevano delle circostanze che giustificano il ritiro del bambino. Incombe sullo stato convenuto di stabilire che le autorità hanno valutato con cura l’incidenza che avrebbe sui genitori ed il bambino la misura di adozione, così come di altre soluzioni che la presa incaricata del bambino prima di mettere un uguale misura ad esecuzione, K. e T. c. Finlandia [GC], precitata, § 166; Kutzner c. Germania, precitata, § 67, CEDH 2002-I.
56. Alla differenza di altre cause che la Corte ha avuto l’occasione di esaminare, il bambino del richiedente nello specifico non era stato esposto ad una situazione di violenza o di maltraitance fisico o psichico (vedere, ha contrario, Dewinne c. Belgio, déc.), no 56024/00, 10 marzo 2005; Zakharova c. Francia, déc.), no 57306/00, 13 dicembre 2005, né agli abusi sessuali (vedere, ha contrario, Covezzi e Morselli c. Italia, no 52763/99, § 104, 9 maggio 2003. La Corte ricorda avere ha concluso alla violazione nel causa Kutzner c. Germania, (§ 68, precitata) nella quale i tribunali avevano tolto l’autorità parentale ai richiedenti dopo avere constatato un deficit affettivo di questo-ultimo, e ha dichiarato il non violazione dell’articolo 8 nel causa Auna c. Norvegia, (no 52502/07, 28 ottobre 2010, dove la Corte aveva rilevato che l’adozione del minore non aveva non in fatto impossibilitato il richiedente di continuare ad intrattenere una relazione personale col bambino e non aveva avuto per conseguenze di tagliare il bambino delle sue radici. Ha constatato anche la violazione dell’articolo 8 in una causa, Saviny c. Ucraina, n 39948/06, 18 dicembre 2008, dove il collocamento dei bambini dei richiedenti era stato giustificato in ragione della loro incapacità di garantire delle condizioni di vita adeguata, la mancanza dei mezzi finanziari e di requisiti personali degli interessati metteva in pericolo la vita, la salute e l’educazione giuridiche dei bambini. Del resto, in una causa dove il collocamento dei bambini era stato ordinato in ragione di uno di squilibrio psichico dei genitori, la Corte ha concluso al non violazione dell’articolo 8 tentando anche in conto di questo che il legame tra i genitori ed i bambini non erano stati tagliati, Couillard Maugery c. Francia, precitata).
57. Nella presente mi affaccendo la presa incaricata del bambino del richiedente è stata ordinata in ragione di ciò che il richiedente non era capace di garantire lo sviluppo della personalità di A. e lei era psicologicamente traumatizzante per A., a causa, entra altro, dell’ischémie di cui aveva sofferto al momento del parto. Tuttavia, la Corte nota che risulta delle perizie ordinate dal tribunale che il richiedente era certo incapace di esercitare il suo ruolo, ma che il suo comportamento non era negativo per il bambino.
58. La Corte dubita del carattere adeguato degli elementi su che le autorità si sono appellate per concludere che le condizioni in che vivevano A. compromettevano il suo sviluppo sano ed equilibrato. La Corte è di parere che le autorità avrebbero dovuto prendere delle misure concrete per permettere al bambino di vivere con sua madre, prima di porre il bambino e di aprire un procedimento di adottabilità. La Corte non è convinta che l’interesse superiore del bambino comandava di procedere ad un’adozione plenaria. Peraltro, ricorda che il ruolo delle autorità di protezione sociale è precisamente quello di aiutare le persone in difficoltà, di guidarli nei loro passi e nel consigliere, entra altri, in quanto ai differenti tipi di sussidi sociali disponibili, alle possibilità di ottenere una casa popolare o agli altri mezzi di sormontare le loro difficoltà (Saviny, precitata, § 57; R.M.S. c. Spagna no 28775/12, § 86, 18 giugno 2013. Nel caso delle persone vulnerabili, le autorità devono dare prova di un’attenzione particolare e devono garantire loro una protezione aumentata, B. c. Romania (no 2), no 1285/03, §§ 86 e 114, 19 febbraio 2013; Todorova c. Italia, no 33932/06, § 75, 13 gennaio 2009.
59. Nello specifico, la Corte è di parere che la necessità che era fondamentale, di preservare, per quanto possibile, il legame tra i richiedenti-che si trovava peraltro in situazione di vulnerabilità – e suo figlio non è stata presa debitamente in considerazione. Le autorità non hanno messo in opera delle misure per preservare il legame familiare tra il richiedente e suoi figli e di favorire ne lo sviluppo. Le autorità giudiziali si sono limitate a prendere in considerazione delle difficoltà che sarebbero potute essere sormontate per mezzo di un’assistenza sociale mirata. Il richiedente non ha avuto nessuna fortuna di riannodare dei legami con suo figlio: in fatto, i periti non hanno esaminato le possibilità effettive di un miglioramento delle capacità del richiedente ad occuparsi del suo bambino, conto tenuto anche del suo stato di salute. Del resto, nessuna spiegazione convincente potendo giustificare la soppressione del legame di filiazione materna tra i richiedenti e suo figlio non è stato fornito dal Governo.
60. La Corte è buona cosciente per il fatto che il rifiuto coi tribunali di pronunciare un’adozione semplice risulti dalla mancanza nella legislazione italiana di disposizioni che permettono di procedere a questo tipo di adozione, ma nota anche che certi tribunali italiani, (paragrafo § 27 sopra, avevano pronunciato, col verso di un’interpretazione estensiva dell’articolo 44 d, l’adozione semplice in certi casi dove non c’era abbandono.
61. Avuto riguardo a queste considerazioni e nonostante il margine di valutazione dello stato convenuto in materia, la Corte conclude che le autorità italiane hanno mancato ai loro obblighi prima di considerare la soluzione di una rottura del legame familiare e non hanno esposto degli sforzi adeguati e sufficienti per fare rispettare il diritto del richiedente a vivere col suo bambino, ignorando così il suo diritto al rispetto della sua vita familiare, garantito con l’articolo 8. C’è stata dunque violazione di questa disposizione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
62. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
63. Il richiedente richiede 120 000 euro (EUR) a titolo del danno che avrebbe subito per la violazione dell’articolo 8,).
64. Il Governo stima questa somma eccessiva.
65. Tenendo conto delle circostanze dello specifico e della constatazione secondo che le autorità italiane non hanno esposto degli sforzi adeguati e sufficienti per fare rispettare il diritto del richiedente a vivere col suo bambino, in violazione dell’articolo 8, la Corte considera che l’interessata ha subito un danno morale che non saprebbe essere riparato dalla sola constatazione di violazione. Stima, tuttavia, che la somma richiesta è eccessiva. Avuto riguardo all’insieme degli elementi di cui dispone e deliberando in equità, siccome lo vuole l’articolo 41 della Convenzione, assegna all’interessata 40 000 EUR a titolo del danno morale.
B. Oneri e spese
66. Giustificativi all’appoggio, il richiedente chiede anche 5 655,83 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alla Corte.
67. Il Governo si oppone.
68. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo chiesta per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accordo per intero al richiedente.
C. Interessi moratori
69. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;

3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 40 000 EUR, quarantamila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente, per danno morale;
ii, 5 655,83 EUR, cinquemila sei cento cinquantacinque euro ed ottantatre centesimi, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

4. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 21 gennaio 2014, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Egli ıKarakaş
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusions:Violation de l’article 8 – Droit au respect de la vie privée et familiale (Article 8-1 – Respect de la vie familiale) Préjudice moral – réparation

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE ZHOU c. ITALIE

(Requête no 33773/11)

ARRÊT

STRASBOURG

21 janvier 2014

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Zhou c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
Peer Lorenzen,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 17 décembre 2013,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 33773/11) dirigée contre la République italienne et dont une ressortissante chinoise, OMISSIS (« la requérante »), a saisi la Cour le 24 mai 2011 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante a été représentée par OMISSIS, avocat à Padoue. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora.
3. La requérante allèguait une violation de l’article 8 en raison de l’adoption de son fils.
4. Le 3 février 2012, la requête a été communiquée au Gouvernement.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La requérante arriva en Italie avec son compagnon et sa fille de quatre ans en 2000. En 2002 elle accoucha d’une autre fille. Par la suite, ses deux filles furent envoyées chez les grands-parents en Chine. En 2004, la requérante tomba de nouveau enceinte. Son compagnon la quitta.
6. Pendant la grossesse, la requérante ne consulta aucun médecin. Le 16 septembre 2004, elle fut hospitalisée en urgence pour une pyélonéphrite gravidique. Au moment de l’accouchement la requérante eut une ischémie. Après la naissance de A., les services sociaux décidèrent de prendre en charge la requérante et son enfant. En octobre 2004, la requérante fut placée dans une maison mère-enfant avec A. et quelques mois plus tard dans une autre structure publique à Padoue. La requérante trouva un travail à Belluno dans une entreprise chinoise. Compte tenu de ce qu’à Belluno il n’y avait pas de place pour l’enfant dans une structure publique, les services sociaux décidèrent de le placer à Padoue dans un institut. La requérante rentra à Padoue.
7. Par la suite, la requérante trouva un travail à l’hôpital de Padoue. Toutefois, les horaires étaient très variables et elle ne pouvait pas s’occuper toute seule de A. ; par conséquent, en accord avec les services sociaux, A. fut placé pendant la journée dans une famille d’accueil. Trois mois plus tard, la famille d’accueil informa les services sociaux qu’elle n’était plus disposée à accueillir A. pendant la journée.
8. En mars 2007, sans en informer les services sociaux, la requérante décida de confier son fils à un couple de voisins pendant qu’elle se rendait au travail.
9. Les services sociaux, n’étant pas d’accord sur le choix du couple, et sans autre action, comme par exemple promouvoir la recherche d’un couple, à leur avis, apte à assurer la garde temporaire de l’enfant en l’absence de la mère, signalèrent la situation de la requérante au procureur de la République près le tribunal pour enfants de Venise (ci-après « le tribunal »). En particulier, ils faisaient valoir que les voisins de la requérante étaient âgées et qu’il y avait de soupçons quant au fait qu’ils auraient payé la requérante pour pouvoir garder l’enfant en son absence.
10. Le 18 décembre 2007, le procureur demanda au tribunal l’ouverture d’une procédure d’adoptabilité pour A. Selon le procureur, la mère n’était pas en mesure de s’occuper de l’enfant.
11. Par un décret du 28 décembre 2007, le tribunal confia la garde de A. aux services sociaux avec placement de l’enfant dans une famille d’accueil. La requérante avait un droit de visite à raison de deux jours par semaine.
12. Le 23 mai 2008, le tribunal pour enfants confirma sa décision précédente et établit que la mère aurait un droit de visite d’une heure tous les quinze jours.
13. Par un décret du 25 juillet 2008, le tribunal de Venise suspendit le droit de visite de la mère. Il observa que les services sociaux demandaient la suspension des rencontres. Selon la psychologue qui avait examiné l’enfant, A. était bien inséré dans la famille d’accueil, mais après les rencontres avec la requérante, il en sortait très perturbé. Par ailleurs, A. n’avait pas construit de lien avec sa mère. Les rencontres étaient donc « inopportunes et dérangeantes » pour l’enfant.
14. Le 4 octobre 2008, la requérante déposa une réclamation (reclamo) devant la cour d’appel de Venise en faisant valoir que le lien avec son fils était très fort et demanda à pouvoir exercer un droit de visite. Elle demandait également que soit ordonnée une expertise afin d’évaluer ses capacités à exercer le rôle de mère.
15. Par un décret du 12 décembre 2008 déposé au greffe le 6 février 2009, la cour d’appel de Venise révoqua le décret du tribunal de Venise et ordonna que des rencontres entre la mère et l’enfant soient organisées , chargea les services sociaux d’organiser lesdites rencontres et de préparer un rapport sur la situation de l’enfant. En particulier la cour d’appel souligna que les difficultés de A. lors des rencontres ne seraient pas la conséquence d’un refus de la figure maternelle, mais elles seraient dues à la situation d’incertitude quant au placement dans la famille d’accueil et la reprise des rencontres. De plus, selon la cour d’appel le comportement de la requérante pendant les rencontres ne pouvait pas être considéré comme dérangeant pour A.
16. Par un décret du 9 mai 2009, la cour d’appel de Venise confirma son décret du 12 décembre 2008 et renvoya le traitement de l’affaire devant le tribunal de Venise. La cour d’appel releva en particulier que l’enfant était perturbé par les visites de sa mère et à cause de l’absence d’un projet de vie commune.
17. Le 12 juin 2009, le tribunal pour enfants ordonna une expertise afin d’évaluer la situation de A. et de la requérante.
18. Selon l’expert, la mère était incapable de s’occuper de l’enfant ; en raison de l’ischémie dont elle avait souffert au moment de l’accouchement, ses capacités de réflexion et d’empathie étaient diminuées et elle n’était pas capable de programmer un avenir avec son fils. Les rencontres entre A. et sa mère n’étaient pas préjudiciables à l’enfant, mais elles étaient perçues par lui comme un désagrément. De plus, la mère avait délégué son rôle parental aux autres personnes et elle n’avait pas le temps de s’occuper de l’enfant à cause de son travail. Elle n’était donc ni en mesure d’exercer son rôle parental, ni capable de suivre le développement de la personnalité de A., ni apte à lui permettre de grandir sereinement. Psychologiquement traumatisante pour le développement de A., la requérante agissait de manière impulsive pendant les rencontres. En particulier, l’expert souligna que la requérante offrait de la nourriture et des vêtements pendant les rencontres, et que parfois elle essayait de l’habiller avec les nouveaux vêtements.
19. Par un décret du 14 avril 2010, le tribunal, à la lumière de l’expertise susmentionnée, déclara l’enfant adoptable et ordonna l’interruption des rencontres entre la requérante et A.
20. La requérante interjeta appel. En particulier, compte tenu des conclusions de l’expertise sur l’enfant, la requérante demanda à la cour d’appel de pouvoir continuer à rencontrer son fils selon des modalités fixées par la cour. Invoquant l’article 8 de la Convention, la requérante affirmait que l’interruption de tout rapport n’était pas conforme à la Convention.
21. Le curateur de l’enfant demanda à la cour d’appel de ne pas procéder à une adoption plénière (adozione legittimante) mais de procéder à une « adozione legittimante aperta » ou « adozione mite » (ci-après « adoption simple ») à savoir une adoption qui permettrait à la requérante de rencontrer son fils sous la surveillance des services sociaux de manière à maintenir un lien entre eux.
22. Par un décret du 13 décembre 2010, la cour d’appel confirma l’adoptabilité de A. En particulier, elle souligna qu’une adoption simple n’était pas prévue par le législateur, mais que dans certains cas, par le biais d’une interprétation extensive de l’article 44 d) de la loi no184 de 1983, le tribunal pour enfants de Bari avait prononcé l’adoption simple dans des circonstances particulières, à savoir lorsque le délai pour le placement en famille d’accueil avait expiré et que la réinsertion dans la famille d’origine n’était plus possible. Dans ces cas, compte tenu du lien affectif instauré entre les mineurs et la famille d’accueil, le tribunal de Bari avait appliqué l’adoption « simple » et les mineurs conservaient un lien avec la famille biologique.
23. La cour d’appel releva qu’il y avait un vide juridique dans ce domaine et qu’une situation d’abandon pouvait découler non seulement d’un manque d’assistance matérielle et morale, mais aussi de comportements des parents compromettant un développement sain et équilibré de la personnalité de l’enfant. Dans le cas d’espèce, il y avait tous les éléments nécessaires pour déclarer l’état d’adoptabilité de A. et aucun problème de compatibilité avec l’article 8 de la Convention ne se posait. La cour d’appel, se référant en particulier à l’expertise déposée, ajouta que la requérante n’avait pas les ressources nécessaires pour suivre le développement de son enfant et qu’elle n’était pas en mesure de prendre soin de lui.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
24. Les articles du code civil prévoyant l’adoption simple ont été abrogés par l’effet de l’entrée en vigueur de la loi no 184 du 4 mai 1983 (révisée ensuite par la loi no 149 de 2001 et par le décret législatif no 196 du 30 juin 2003).
25. La loi no 184 du 4 mai 1983 avait déjà amplement modifié la matière de l’adoption. Elle a depuis lors été amendée de nouveau (loi no 149 de 2001).
Article 1
« Le mineur a le droit d’être éduqué dans sa propre famille ».
Article 2
« Le mineur qui est resté temporairement sans environnement familial adéquat peut être confié à une autre famille, si possible comprenant des enfants mineurs, ou à une personne seule, ou à une communauté de type familial, afin de lui assurer la subsistance, l’éducation et l’instruction. Au cas où un placement familial adéquat ne serait pas possible, il est permis de placer le mineur dans un institut d’assistance public ou privé, de préférence dans la région de résidence du mineur ».
Article 5
« La famille ou la personne à laquelle le mineur est confié doivent lui assurer la subsistance, l’éducation et l’instruction (…) compte tenu des indications du tuteur et en observant les prescriptions de l’autorité judiciaire. Dans tous les cas, la famille d’accueil exerce la responsabilité parentale en ce qui concerne les rapports avec l’école et le service sanitaire national. La famille d’accueil doit être entendue dans la procédure de placement et celle concernant la déclaration d’adoptabilité ».
Article 7
« L’adoption est possible au bénéfice des mineurs déclarés adoptables ».
Article 8
« Le tribunal pour enfants peut déclarer en état d’adoptabilité, même d’office, (…) les mineurs en situation d’abandon car dépourvus de toute assistance morale ou matérielle de la part des parents ou de la famille tenus d’y pourvoir, sauf si le manque d’assistance est dû à une cause de force majeure de caractère transitoire ». « La situation d’abandon subsiste », poursuit l’article 8, « (…) même si les mineurs se trouvent dans un institut d’assistance ou s’ils ont été placés auprès d’une famille ».
Enfin, l’article 8 prévoit que la cause de force majeure cesse si les parents ou d’autres membres de la famille du mineur tenus de s’en occuper refusent les mesures d’assistance publique et si ce refus est considéré par le juge comme injustifié. La situation d’abandon peut être signalée à l’autorité publique par tout particulier et peut être relevée d’office par le juge. D’autre part, tout fonctionnaire public, ainsi que la famille du mineur, qui ont connaissance de l’état d’abandon de ce dernier, sont obligés d’en faire la dénonciation. Par ailleurs, les instituts d’assistance doivent informer régulièrement l’autorité judiciaire de la situation des mineurs qu’ils accueillent (article 9).
Article 10
« Le tribunal peut ordonner, jusqu’au placement pré-adoptif du mineur dans la famille d’accueil, toute mesure temporaire dans l’intérêt du mineur, y compris, le cas échéant, la suspension de l’autorité parentale, la suspension des fonctions de tuteur ou la nomination d’un tuteur temporaire. »
Les articles 11 à 14 prévoient une instruction visant à éclaircir la situation du mineur et à établir si ce dernier se trouve en état d’abandon. En particulier, l’article 11 dispose que lorsque, au cours de l’enquête, il ressort que l’enfant n’a de rapports avec aucun membre de sa famille jusqu’au quatrième degré, le tribunal peut déclarer l’état d’adoptabilité sauf s’il existe une demande d’adoption au sens de l’article 44.
À l’issue de la procédure prévue par ces derniers articles, si l’état d’abandon au sens de l’article 8 persiste, le tribunal pour enfants déclare le mineur adoptable si : a) les parents ou les autres membres de la famille ne se sont pas présentés au cours de la procédure ; b) leur audition a démontré la persistance du manque d’assistance morale et matérielle ainsi que l’incapacité des intéressés à y remédier ; c) les prescriptions imposées en application de l’article 12 n’ont pas été exécutées par la faute des parents.
Article 15
« La déclaration d’état d’adoptabilité est prononcée par le tribunal pour enfants siégeant en chambre du conseil par décision motivée, après avoir entendu le ministère public, le représentant de l’institut auprès duquel le mineur a été placé ou de son éventuelle famille d’accueil, le tuteur et le mineur lui-même s’il est âgé de plus de douze ans ou, s’il est plus jeune, si son audition est nécessaire ».
Article 17
« L’opposition à la décision déclarant un mineur adoptable doit être déposée dans un délai de trente jours à partir de la date de la communication à la partie requérante.
« L’arrêt de la cour d’appel qui déclare l’état d’adoptabilité peut faire l’objet d’un pourvoi en cassation dans un délai de 30 jours à partir de la date de la notification pour les motifs prévus aux numéros 3, 4, 5 du premier alinéa de l’article 360 du code de procédure civile ».
Article 19
« Pendant la procédure visant à la déclaration d’adoptabilité, l’exercice de l’autorité parentale est suspendu ».
L’article 20 prévoit enfin que l’état d’adoptabilité cesse au moment où le mineur est adopté ou si ce dernier devient majeur. Par ailleurs, la déclaration d’adoptabilité peut être révoquée, d’office ou sur demande des parents ou du ministère public, si les conditions prévues par l’article 8 ont entre-temps disparu. Cependant, si le mineur a été placé dans une famille en vue de l’adoption (“affidamento preadottivo”) au sens des articles 22 à 24, la déclaration d’adoptabilité ne peut pas être révoquée.
L’article 22 § 8 prévoit que le tribunal pour enfants contrôle le bon déroulement du placement en vue de l’adoption avec la collaboration du juge des tutelles, des services sociaux et des experts. S’il y a des difficultés, le tribunal convoque, même séparément, la famille d’accueil et le mineur en présence, le cas échéant, d’un psychologue pour vérifier les raisons des difficultés. En cas de nécessité, il peut ordonner des mesures de soutien psychologique.
L’article 25 prévoit qu’un an après avoir déclaré l’adoptabilité, le tribunal pour enfants, peut décider sur l’adoption en chambre de conseil.
Selon l’article 26 § 2, prévoit que l’arrêt de la cour d’appel qui dispose l’adoption peut faire l’objet d’un pourvoi en cassation dans un délai de 30 jours à partir de la date de la notification pour les motifs prévus aux numéro 3 du premier alinéa de l’article 360 d) du code de procédure civil.
Article 44
De l’adoption dans des cas particuliers.
1. Lorsque les conditions visées à l’alinéa 1 de l’article 7 ne sont pas réunies (mineurs qui n’ont pas encore été déclarés adoptables, les mineurs peuvent également être adoptés:
a) par des personnes ayant avec le mineur un lien jusqu’au sixième degré ou un rapport stable et durable préexistant, lorsque le mineur est orphelin de père ou de mère;
b) par le conjoint dans le cas où le mineur est fils même adoptif de l’autre conjoint ;
c) quand le mineur est dans l’état indiqué à l’article 3, alinéa 1 de la loi no 104 du 5 février 1992 et qu’il est orphelin de père et de mère;
d) quand l’impossibilité de procéder à un placement en vue de l’adoption a été constatée.
2. Dans les cas visés à l’alinéa 1, l’adoption est possible même en présence d’enfants légitimes.
3. Dans les cas visés à l’alinéa 1 a), c) et d), l’adoption est possible, outre aux conjoints, également à ceux qui ne sont pas mariés. Si l’adoptant est marié/ée et qu’il/elle n’est pas séparé/ée, l’adoption ne peut être décidée qu’à la suite d’une demande des deux conjoints.
4. Dans les cas visés à l’alinéa 1 a) et d), l’âge de l’adoptant doit dépasser d’au moins dix-huit ans l’âge de ceux qu’il entend adopter.
26. Selon les informations soumises par le Gouvernement, plusieurs tribunaux pour enfants ont fait application de l’article 44 d) de la loi no 184 de 1993 au-delà des cas prévus par la loi. En particulier, sur treize tribunaux interpellés, six ont fait une interprétation extensive de l’article 44 d). Le tribunal de Lecce a fait une telle interprétation dans des cas où il estimait qu’il n’y avait pas un vrai état d’abandon. Le tribunal de Palerme a fait une interprétation extensive de la loi dans une affaire où il a estimé qu’il était dans l’intérêt de l’enfant de maintenir des rapports avec la famille d’origine. Le tribunal de Bari a fait une interprétation extensive de cette disposition pendant plusieurs années en particulier de 2003 à 2008. Par la suite, à partir de 2009, ce tribunal a considéré que ce type d’interprétation extensive de la loi avait compromis, dans certains cas, le développement des enfants que l’on croyait protéger. Par ailleurs, selon le tribunal, les parents biologiques étaient très souvent opposés à avoir de relations épanouies avec la famille d’adoption.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
27. Sous l’angle des articles 8, 6 et 13 de la Convention, la requérante allègue que l’adoption de A. constitue une violation de son droit à une vie familiale et que les autorités nationales n’ont pas agi adéquatement afin de réduire les conséquences de ce manquement. Les juridictions ont violé le principe de continuité familiale : ils n’ont pas envisagé d’autre forme d’adoption permettant ainsi à la requérante de maintenir un quelconque lien avec son fils. Elle se plaint également de la suspension de tout contact avec A. pendant dix mois.
28. Maîtresse de la qualification juridique des faits de la cause, la Cour estime approprié d’examiner les griefs soulevés par la requérante uniquement sous l’angle de l’article 8, lequel exige que le processus décisionnel débouchant sur des mesures d’ingérence soit équitable et respecte, comme il se doit, les intérêts protégés par cette disposition (Moretti et Benedetti c. Italie, no 16318/07, § 27, 27 avril 2010 ; Havelka et autres c. République tchèque, no 23499/06, §§ 34-35, 21 juin 2007 ; Kutzner c. Allemagne, no 46544/99, § 56, CEDH 2002-I ; Wallová et Walla c. République tchèque, no 23848/04, § 47, 26 octobre 2006).
L’article 8 de la Convention prévoit:
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie (…) familiale, (…).
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
29. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
30. Le Gouvernement soutient que la requête est irrecevable pour non épuisement des voies de recours internes au motif que la requérante aurait pu se pourvoir en cassation contre l’arrêt prononçant l’adoption en s’appuyant sur l’article 26 § 2 de la loi no 184 de 1983.
31. Selon la requérante un recours en cassation n’aurait eu aucun effet. Le recours devant la cour d’appel était la seule voie de recours pour remédier à la violation, compte tenu de ce que la loi ne prévoit pas l’application de l’adoption simple dans le cas de la requérante.
32. La Cour n’est pas convaincue par l’argument du Gouvernement. Elle rappelle qu’il incombe au Gouvernement excipant du non-épuisement des recours internes de démontrer qu’un recours effectif était disponible tant en théorie qu’en pratique à l’époque des faits, c’est-à-dire qu’il était accessible, était susceptible d’offrir aux requérants la réparation de leurs griefs et présentait des perspectives raisonnables de succès (V. c. Royaume-Uni [GC], no 24888/94, § 57, CEDH 1999 IX). Elle note que la cour d’appel avait souligné qu’une adoption simple n’était pas prévue par le législateur, mais que dans certains cas, par le biais d’une interprétation extensive de l’article 44 d) de la loi no 184 de 1993, le tribunal pour enfants de Bari avait prononcé l’adoption simple dans des circonstances particulières, à savoir lorsque le délai pour le placement en famille d’accueil avait expiré et que la réinsertion dans la famille d’origine n’était plus possible.
33. A la lumière de ce qui précède, la Cour considère que dans le cas d’espèce, un éventuel recours en cassation n’aurait pas eu pour effet de redresser les griefs de la requérante.
34. Par conséquent l’exception de non-épuisement des voies de recours internes du Gouvernement ne saurait être retenue.
35. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1) Arguments des parties
36. La requérante rappelle que l’adoption doit être prononcée dans les cas les plus graves et que dans le cas d’espèce il n’y a eu ni abandon, ni maltraitance. Elle note qu’elle était démunie et qu’elle travaillait beaucoup pour pouvoir avoir les moyens de s’occuper de son enfant.
37. Elle souligne qu’il faut normalement considérer la prise en charge d’un enfant comme une mesure temporaire à suspendre dès que la situation s’y prête et que le but ultime c’est d’unir à nouveau le parent et l’enfant. Dans le cas d’espèce, les juridictions italiennes ont préféré rompre le lien de filiation maternelle plutôt que prendre des mesures positives finalisées à l’aider et la supporter. Selon elle, cela aurait coûté beaucoup plus à l’État en termes d’argent. Il s’agit en effet, selon elle, d’une « politique, » visant à favoriser les adoptions plutôt qu’aider les familles à traverser des moments difficiles, en partie à cause des difficultés budgétaires de l’État.
38. La requérante rappelle qu’elle a perdu son enfant à cause de ses conditions économiques et de son état de santé. Elle note qu’une mesure comme celle adoptée dans le cas d’espèce n’aurait pas été prise dans d’autres pays européen où elle aurait pu conserver des liens avec son fils.
39. Quant à l’adoption simple, elle rappelle que le tribunal de Bari avait fait application de ce type d’adoption dans des cas différents à ceux prévus par la loi, mais le tribunal de Venise n’ a pas estimé de faire de même dans son cas.
40. S’agissant de l’interruption des rencontres entre elle et son fils, la requérante souligne que, bien que la cour d’appel ait relevé que l’interruption avait été ordonnée illégitimement, les autorités n’ont pas été sanctionnées et elle n’a pas eu de réparation.
41. Le Gouvernement rappelle que, conformément à la jurisprudence de la Cour, les autorités italiennes ont pris toutes les mesures nécessaires pour permettre de reconstruire un rapport entre la requérante et son fils. En particulier, les interventions des services sociaux, du tuteur et d’un expert ont permis d’étudier la situation de la requérante. L’ingérence dans le droit de la requérante était prévue par la loi et poursuivait le but de protéger l’enfant. Selon le Gouvernement, l’intérêt de l’enfant doit être protégé quand la coexistence entre la famille d’origine et la famille d’accueil est difficile et provoque des troubles chez l’enfant ou encore quand il y a des difficultés matérielles pour la famille biologique, ou encore s’il y a abandon d’enfant. Le Gouvernement, considère que les motifs indiqués par les juridictions nationales pour fonder leurs décisions sont pertinents et suffisants et que les autorités nationales n’ont pas dépassé la marge d’appréciation ménagée par le paragraphe 2 de l’article 8.
42. Quant à l’interruption de contacts entre la requérante et son fils, le Gouvernement rappelle que les services sociaux ont soutenu la requérante depuis la naissance de son fils dans des structures adaptées et spécialisées. Il affirme que l’interruption des contacts n’a pas été totale et que de nombreuses rencontres ont été organisées également dans la période ou l’enfant avait été placé dans la famille d’accueil. La suspension de rencontres a été motivée par le fait que la requérante « ne s’était pas confiée aux services sociaux et également par les difficultés rencontrées par l’enfant lors des rencontres ». Cette suspension était nécessaire « pour donner à l’enfant un peu d’équilibre et de sérénité ».
43. Le Gouvernement est d’avis que la suspension autorisée par les autorités italiennes ne peut pas être considérée en violation de l’article 8, car ces dernières ont donné à l’enfant « une période de tranquillité pendant laquelle les autorités ont vérifié l’état de la mère pour déclarer l’adoptabilité ».
2) Appréciation par la Cour
a) Principes généraux
44. La Cour constate d’emblée qu’il n’est pas contesté que la déclaration d’adoptabilité de A. constitue une ingérence dans l’exercice du droit de la requérante au respect de sa vie familiale. Elle rappelle qu’une telle ingérence n’est compatible avec l’article 8 que si elle remplit les conditions cumulatives d’être prévue par la loi, de poursuivre un but légitime, et d’être nécessaire dans une société démocratique. La notion de nécessité implique que l’ingérence se fonde sur un besoin social impérieux et qu’elle soit notamment proportionnée au but légitime recherché (voir, Gnahoré c. France, no 40031/98, § 50, CEDH 2000 IX, Couillard Maugery c. France, no 64796/01, § 237, 1er juillet 2004, et Pontes c. Portugal, no 19554/09, §74, 10 avril 2012).
45. La Cour rappelle qu’au-delà de la protection contre les ingérences arbitraires, l’article 8 met à la charge de l’État des obligations positives inhérentes au respect effectif de la vie familiale. Ainsi, là où l’existence d’un lien familial se trouve établie, l’État doit en principe agir de manière à permettre à ce lien de se développer (voir, Olsson c. Suède (no 2), 27 novembre 1992, § 90, série A no 250). La frontière entre les obligations positives et négatives découlant de l’article 8 ne se prête pas à une définition précise, mais les principes applicables sont néanmoins comparables. En particulier, dans les deux cas, il faut avoir égard au juste équilibre à ménager entre les intérêts concurrents, en tenant compte toutefois de ce que l’intérêt supérieur de l’enfant doit constituer la considération déterminante qui, selon sa nature et sa gravité, peut l’emporter sur celui du parent (Kearns c. France, no 35991/04, § 79, 10 janvier 2008). Notamment, l’article 8 ne saurait autoriser un parent à voir prendre des mesures préjudiciables à la santé et au développement de l’enfant (voir, Johansen c. Norvège, 7 août 1996, § 78, Recueil des arrêts et décisions 1996 III, et Gnahoré, précité, § 59). Ainsi, en matière d’adoption, la Cour a déjà admis qu’il puisse être de l’intérêt du mineur de favoriser l’instauration de liens affectifs stables avec ses parents nourriciers (Johansen, précité, § 80, et Kearns, précité, § 80).
46. La Cour rappelle également que, dans l’hypothèse des obligations négatives comme dans celle des obligations positives, l’État jouit d’une certaine marge d’appréciation (voir, W. c. Royaume-Uni, 8 juillet 1987, § 60, série A no 121), qui varie selon la nature des questions en litige et la gravité des intérêts en jeu. En particulier, la Cour exige que des mesures aboutissant à briser les liens entre un enfant et sa famille ne soient appliquées que dans des circonstances exceptionnelles, c’est-à-dire uniquement dans les cas où les parents se sont montrés particulièrement indignes (Clemeno et autres c. Italie, no 19537/03, § 60, 21 octobre 2008), ou lorsqu’elles sont justifiées par une exigence primordiale touchant l’intérêt supérieur de l’enfant (voir Johansen, précité, § 84; P., C. et S. c. Royaume-Uni, no 56547/00, § 118, CEDH 2002 VI). Cette approche peut toutefois être écartée en raison de la nature de la relation parent-enfant, lorsque le lien est très limité (Söderbäck c. Suède, 28 octobre 1998, §§ 30-34, Recueil 1998 VII).
47. Il appartient à chaque État contractant de se doter d’un arsenal juridique adéquat et suffisant pour assurer le respect de ces obligations positives qui lui incombent en vertu de l’article 8 de la Convention et à la Cour de rechercher si, dans l’application et l’interprétation des dispositions légales applicables, les autorités internes ont respecté les garanties de l’article 8, en tenant notamment compte de l’intérêt supérieur de l’enfant (voir, mutatis mutandis, Neulinger et Shuruk c. Suisse [GC], no 41615/07, § 141, CEDH 2010, K.A.B. c. Espagne, no 59819/08, § 115, 10 avril 2012,).
48. À cet égard et s’agissant de l’obligation pour l’État d’arrêter des mesures positives, la Cour n’a cessé de dire que l’article 8 implique le droit pour un parent à des mesures propres à le réunir avec son enfant et l’obligation pour les autorités nationales de les prendre (voir, par exemple, Eriksson, précité, § 71, série A no 156, et Margareta et Roger Andersson c. Suède, 25 février 1992, § 91, série A no 226-A). Dans ce genre d’affaire, le caractère adéquat d’une mesure se juge à la rapidité de sa mise en œuvre (Maumousseau et Washington c. France, no 39388/05, § 83, 6 décembre 2007).
b) Application de ces principes
49. La Cour considère que le point décisif en l’espèce consiste donc à savoir si, avant de supprimer le lien de filiation maternelle, les autorités nationales ont pris toutes les mesures nécessaires et adéquates que l’on pouvait raisonnablement exiger d’elles pour que l’enfant puisse mener une vie familiale normale au sein de sa propre famille.
50. La Cour note que les autorités italiennes ont pris en charge la requérante et son fils depuis la naissance de ce dernier. En octobre 2004, la requérante fut placée dans une maison mère-enfant avec A. et quelques mois plus tard dans une autre structure publique à Padoue. Une fois que la requérante commença à travailler à l’hôpital de Padoue en accord avec les services sociaux, A. fut placé pendant la journée dans une famille d’accueil. Trois mois plus tard, la famille d’accueil informa les services sociaux qu’elle n’était plus disposée à accueillir A. pendant la journée.
51. La Cour remarque qu’à ce moment-là, la requérante décida de confier A. à un couple de voisins pendant qu’elle allait au travail. Les services sociaux, n’étant pas d’accord sur le choix du couple (voir paragraphe 9 ci-dessus) signalèrent la situation de la requérante au procureur de la République près le tribunal pour enfants. Suite au signalement des services sociaux, le 18 décembre 2007, le procureur demanda au tribunal l’ouverture d’une procédure d’adoptabilité pour A., la mère n’étant pas en mesure de s’occuper de l’enfant. Celui-ci fut placé en famille d’accueil et un droit de visite fut accordé à la requérante.
52. La Cour relève que ce droit de visite fut suspendu en 2008, puisque la psychologue ayant examiné l’enfant avait établi qu’après les rencontres avec la requérante, A. était très perturbé. Par ailleurs, selon la psychologue, A. n’avait pas construit de lien avec sa mère et les rencontres étaient donc « inopportunes et dérangeantes » pour lui.
En 2009, la cour d’appel, saisie par la requérante, jugea que la mesure de la suspension devait être révoquée.
53. Le 14 avril 2010, compte tenu du résultat de l’expertise d’office, le tribunal pour enfants estima nécessaire de déclarer A. adoptable, sa mère n’étant pas en mesure d’exercer son rôle parental et de suivre le développement de la personnalité de A. et étant « psychologiquement traumatisante pour son développement ».
54. La Cour observe les autorités nationales n’ont pas suffisamment œuvré afin de faciliter les contacts entre A. et la requérante. De plus elle note que la requérante avait demandé, avec le curateur de l’enfant, de procéder à une adoption simple de manière à ce qu’elle puisse maintenir le lien avec son fils. Elle s’appuyait sur plusieurs décisions du tribunal pour enfants de Bari qui, par le biais d’une interprétation extensive de l’article 44 d), avait permis dans certain cas, où il n’y avait pas abandon, de procéder à une adoption qui permettait à l’adopté de maintenir un lien avec sa famille biologique.
55. La Cour rappelle que dans des cas si délicats et complexes, la marge d’appréciation laissée aux autorités nationales compétentes varie selon la nature des questions en litige et la gravité des intérêts en jeu. Si les autorités jouissent d’une grande latitude pour apprécier la nécessité de prendre en charge un enfant, en particulier lorsqu’il y a urgence, la Cour doit néanmoins avoir acquis la conviction que dans l’affaire en question, il existait des circonstances justifiant le retrait de l’enfant. Il incombe à l’État défendeur d’établir que les autorités ont évalué avec soin l’incidence qu’aurait sur les parents et l’enfant la mesure d’adoption, ainsi que d’autres solutions que la prise en charge de l’enfant avant de mettre une pareille mesure à exécution (K. et T. c. Finlande [GC], précité, § 166; Kutzner c. Allemagne, précité, § 67, CEDH 2002-I).
56. À la différence d’autres affaires que la Cour a eu l’occasion d’examiner, l’enfant de la requérante en l’espèce n’avait pas été exposée à une situation de violence ou de maltraitance physique ou psychique (voir, a contrario, Dewinne c. Belgique (déc.), no 56024/00, 10 mars 2005; Zakharova c. France (déc.), no 57306/00, 13 décembre 2005), ni à des abus sexuels (voir, a contrario, Covezzi et Morselli c. Italie, no 52763/99, § 104, 9 mai 2003). La Cour rappelle avoir a conclu à la violation dans l’affaire Kutzner c. Allemagne, (§ 68, précité) dans laquelle les tribunaux avaient retiré l’autorité parentale aux requérants après avoir constaté un déficit affectif de ces-derniers, et a déclaré la non violation de l’article 8 dans l’affaire Aune c. Norvège, (no 52502/07, 28 octobre 2010), où la Cour avait relevé que l’adoption du mineur n’avait en fait pas empêché la requérante de continuer à entretenir une relation personnelle avec l’enfant et n’avait pas eu pour conséquences de couper l’enfant de ses racines. Elle a également constaté la violation de l’article 8 dans une affaire (Saviny c. Ukraine, n 39948/06, 18 décembre 2008) où le placement des enfants des requérants avait été justifié en raison de leur incapacité de garantir des conditions de vie adéquates (le manque de moyens financiers et de qualités personnelles des intéressés mettaient en péril la vie, la santé et l’éducation morale des enfants). Au demeurant, dans une affaire où le placement des enfants avait été ordonné en raison d’un de déséquilibre psychique des parents, la Cour a conclu à la non violation de l’article 8 en tentant en compte également de ce que le lien entre les parents et les enfants n’avait été coupé (Couillard Maugery c. France, précité).
57. Dans la présente affaire la prise en charge de l’enfant de la requérante a été ordonnée en raison de ce que la requérante n’était pas capable d’assurer le développement de la personnalité de A. et elle était psychologiquement traumatisante pour A., à cause, entre autre, de l’ischémie dont elle avait souffert au moment de l’accouchement. Toutefois, la Cour note que il ressort des expertises ordonnées par le tribunal que la requérante était certes incapable d’exercer son rôle, mais que son comportement n’était pas négatif pour l’enfant.
58. La Cour doute du caractère adéquat des éléments sur lesquels les autorités se sont appuyées pour conclure que les conditions dans lesquelles vivaient A. compromettaient son développement sain et équilibré. La Cour est d’avis que les autorités auraient dû prendre des mesures concrètes pour permettre à l’enfant de vivre avec sa mère, avant de placer l’enfant et d’ouvrir une procédure d’adoptabilité. La Cour n’est pas convaincue que l’intérêt supérieur de l’enfant commandait de procéder à une adoption plénière. Par ailleurs, elle rappelle que le rôle des autorités de protection sociale est précisément celui d’aider les personnes en difficulté, de les guider dans leurs démarches et de les conseiller, entre autres, quant aux différents types d’allocations sociales disponibles, aux possibilités d’obtenir un logement social ou aux autres moyens de surmonter leurs difficultés (Saviny, précité, § 57; R.M.S. c. Espagne no 28775/12, § 86, 18 juin 2013). Dans le cas des personnes vulnérables, les autorités doivent faire preuve d’une attention particulière et doivent leur assurer une protection accrue (B. c. Roumanie (no 2), no 1285/03, §§ 86 et 114, 19 février 2013 ; Todorova c. Italie, no 33932/06, § 75, 13 janvier 2009).
59. En l’espèce, la Cour est d’avis que la nécessité, qui était primordiale, de préserver, autant que possible, le lien entre la requérante – qui se trouvait par ailleurs en situation de vulnérabilité – et son fils n’a pas été prise dûment en considération. Les autorités n’ont pas mis en place des mesures afin de préserver le lien familial entre la requérante et son fils et d’en favoriser le développement. Les autorités judiciaires se sont bornées à prendre en considération des difficultés, qui auraient pu être surmontées au moyen d’une assistance sociale ciblée. La requérante n’a eu aucune chance de renouer des liens avec son fils : en fait, les experts n’ont pas examiné les possibilités effectives d’une amélioration des capacités de la requérante à s’occuper de son enfant, compte tenu également de son état de santé. Au demeurant, aucune explication convaincante pouvant justifier la suppression du lien de filiation maternelle entre la requérante et son fils n’a été fournie par le Gouvernement.
60. La Cour est bien consciente du fait que le refus par les tribunaux de prononcer une adoption simple résulte de l’absence dans la législation italienne de dispositions permettant de procéder à ce type d’adoption, mais elle note également que certains tribunaux italiens, (paragraphe § 27 ci-dessus), avaient prononcé, par le biais d’une interprétation extensive de l’article 44 d), l’adoption simple dans certains cas où il n’y avait pas abandon.
61. Eu égard à ces considérations et nonobstant la marge d’appréciation de l’État défendeur en la matière, la Cour conclut que les autorités italiennes ont manqué à leurs obligations avant d’envisager la solution d’une rupture du lien familial et n’ont pas déployé des efforts adéquats et suffisants pour faire respecter le droit de la requérante à vivre avec son enfant, méconnaissant ainsi son droit au respect de sa vie familiale, garanti par l’article 8. Il y a donc eu violation de cette disposition.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
62. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
63. La requérante réclame 120 000 euros (EUR) au titre du préjudice qu’elle aurait subi pour la violation de l’article 8.
64. Le Gouvernement estime cette somme excessive.
65. En tenant compte des circonstances de l’espèce et du constat selon lequel les autorités italiennes n’ont pas déployé des efforts adéquats et suffisants pour faire respecter le droit de la requérante à vivre avec son enfant, en violation de l’article 8, la Cour considère que l’intéressée a subi un préjudice moral qui ne saurait être réparé par le seul constat de violation. Elle estime, toutefois, que la somme réclamée est excessive. Eu égard à l’ensemble des éléments dont elle dispose et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, elle alloue à l’intéressée 40 000 EUR au titre du préjudice moral.
B. Frais et dépens
66. Justificatifs à l’appui, la requérante demande également 5 655,83 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour.
67. Le Gouvernement s’y oppose.
68. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme demandée pour la procédure devant la Cour et l’accorde en entier à la requérante.
C. Intérêts moratoires
69. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;

3. Dit
a) que l’État défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes:
i) 40 000 EUR (quarante mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour dommage moral ;
ii) 5 655,83 EUR (cinq mille six cent cinquante-cinq euros et quatre-vingt-trois centimes), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par la requérante, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 21 janvier 2014, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Işıl Karakaş
Greffier Présidente

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