SECONDA SEZIONE
CAUSA VOTTO C. ITALIA
( Richiesta no 11/04)
SENTENZA
STRASBURGO
16 ottobre 2007
DEFINITIVO
16/01/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Votto c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
La Sig.ra F. Tulkens, presidentessa, Sigg. A.B. Baka, I. Cabral Barreto, il Sig. Ugrekhelidze, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Mularoni, il Sig. D. Popović, giudici,
e dalla Sig.ra S. Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 25 settembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 11/04) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. L. A. V. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 novembre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da L. P., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, e dal suo co-agente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il richiedente adduceva la violazione degli articoli 6 § 1, 8, 10 e 13 della Convenzione, 1 e 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione.
4. Il 3 maggio 2005, la Corte ha deciso di comunicare i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 al Governo, 8 e 13 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1952 e residente a San Salvatore Telesino (Benevento).
6. Con un giudizio depositato il 2 dicembre 1996, il tribunale di Benevento (“il tribunale”) dichiarò il fallimento della società No.Va. S.a.s, che esercitava un’attività di vendita di vestiti di cui il richiedente era l’amministratore, così come il fallimento personale del richiedente.
7. Ad una data non precisata, questo fece opposizione.
8. L’udienza per la verifica dello stato del passivo del fallimento fu fissata all’ 11 giugno 1997 e, su richiesta del curatore, fu rinviata a più riprese fino al 14 gennaio 1999.
9. Nel frattempo, il 7 dicembre 1996, ebbe luogo l’apposizione dei sigilli.
10. Il 30 giugno 1997, il curatore procedette all’inventario dei beni del richiedente.
11. Il 14 gennaio 1999, ebbe luogo l’udienza per la verifica dello stato del passivo del fallimento. Questa udienza fu rinviata fino al 23 settembre 1999, data in cui lo stato del passivo del fallimento fu dichiarato esecutivo, a due riprese.
12. Lo stesso giorno, fu costituito il comitato dei creditori.
13. Con una decisione depositata il 3 ottobre 2005, il procedimento fu chiuso per ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
14. Il diritto interno pertinente è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006), Albanese c. Italia,( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
15. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza e della limitazione della sua libertà di espressione in ragione del fatto che la corrispondenza del fallito è sottoposta al controllo del curatore. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, si lamenta che la dichiarazione di fallimento l’abbia privato dei suoi beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l’articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, denuncia la limitazione della sua libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli sono formulati così nelle loro parti pertinenti:
Articolo 8 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza.
2. Non esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
Articolo 10 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare delle informazioni o delle idee senza che possa esserci ingerenza di autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera. (…)
2. L’esercizio di queste libertà che comprende dei doveri e delle responsabilità può essere sottomesso a certe formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge che costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla protezione dei diritti altrui “
Articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica,(…) alla protezione dei diritti e libertà altrui.
16. Il Governo eccepisce innanzitutto che questa richiesta è stata presentata dal Sig. V. “per proprio conto così come amministratore della società No.Va. S.a.s. .” In quanto alla parte della richiesta sollevata per il conto della società, il Governo fa valere che, non potendo più rappresentare il richiedente la società in seguito al collocamento in fallimento di questa, non avrebbe la qualità ad agire dinnanzi alla Corte per conto di detta società.
17. La Corte constata al primo colpo che questa richiesta è stata introdotta esclusivamente dal Sig. V. per proprio conto e riguarda la parte della dichiarazione di fallimento che toccava personalmente questo. Respinge pertanto l’eccezione del Governo.
18. Il richiedente sostiene che le osservazioni del Governo sono state presentate tardivamente, contrariamente all’articolo 38 dell’ordinamento della Corte.
19. La Corte rileva di avere fissato al 1 agosto 2005 il termine per la presentazione delle osservazioni del Governo e che queste sono state mandate il 28 luglio 2005. Respinge dunque l’eccezione del richiedente.
20. In quanto all’articolo 10 della Convenzione, la Corte rileva al primo colpo che questo articolo vieta essenzialmente ad un governo di impedire a qualcuno di ricevere delle informazione alle quali aspirano altri o che altri possono acconsentire a fornirgli (vedere Leander c. Svezia, sentenza del 26 marzo 1987, serie A no 116, § 74). Tuttavia, trattandosi nel caso di specifico del controllo della corrispondenza del fallito da parte del curatore del fallimento, la Corte stima che il motivo di appello del richiedente deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo dell’articolo 8 della Convenzione (Collarile c. Italia, no 10644/02, 8 giugno 2006).
21. Per ciò che riguarda il restante di questi motivi di appello, la Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l’ altro, del prolungamento delle incapacità derivanti dallo statuto di fallito.
22. La Corte ricorda di avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non poteva più essere ignorata dal pubblico e che è a contare da questa data che si doveva esigere che richiedenti utilizzassero questo ricorso ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005).
23. Nel caso specifico, la Corte nota che il richiedente avrebbe potuto investire dunque efficacemente la corte di appello competente, ai sensi della legge Pinto, per lamentarsi del prolungamento delle incapacità derivanti dal suo collocamento in fallimento. Avendo omesso di farlo, questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere Vitiello c. Italia, precitata, §§ 32-33).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
24. Invocando l’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della limitazione del suo diritto di voto seguito al suo collocamento in fallimento. Questo articolo è formulato così:
“Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, in condizioni che garantiscono la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo.”
25. La Corte nota che la perdita del diritto al voto in seguito al collocamento in fallimento non può superare cinque anni a partire dalla data del giudizio che dichiara il fallimento. Ora, essendo stato depositato questo giudizio il 2 dicembre 1996, il richiedente avrebbe dovuto introdurre il suo motivo di appello al più tardi il 2 giugno 2002, tenuto conto anche del termine dei sei mesi previsti dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. Essendo stata introdotta la richiesta il 7 novembre 2003, la Corte considera che questo motivo di appello è tardivo e deve essere respinto conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE
26. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, precitato, il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare nella misura in cui, in ragione dell’iscrizione del suo nome nel registro dei falliti, non può esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denuncia il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la sua riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento.
A. Sull’ammissibilità
27. In quanto alla parte di questo motivo di appello che riguarda il diritto al rispetto della vita familiare, la Corte nota che il richiedente ha omesso di supportare questo motivo di appello e decide di respingerlo per difetto manifesto di fondamento secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
28. In quanto al restante del motivo di appello che riguarda il diritto al rispetto della vita privata, la Corte constata che questo non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
29. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell’iscrizione del nome del richiedente nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull’applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l’ottenimento della riabilitazione, c’è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto della sua vita privata.
30. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
31. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
32. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità che l’hanno riguardato per tutto il procedimento di fallimento. Questi articoli sono formulati così nelle loro parti pertinenti:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
Articolo 13
“Ogni persona i cui diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilità
33. La Corte nota al primo colpo che, nella sentenza Bottaro c. Italia (no 56298/00) del 17 luglio 2003, ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione in ragione della mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi della limitazione prolungata del diritto al rispetto della corrispondenza del richiedente. Stima dunque che il motivo di appello sollevato dal richiedente deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo di questa disposizione.
34. Poi, in quanto alla parte del motivo di appello legato a quella concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni (articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione) della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libertà di circolazione del richiedente (articolo 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione) la Corte ricorda di avere concluso all’inammissibilità di questi ultimi. Stima dunque che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte del motivo di appello derivata dall’articolo 13 della Convenzione deve essere respinta come manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
35. In quanto alla parte del motivo di appello che riguarda la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
36. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, precitata, §§ 41-46 e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
37. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
38. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
39. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
40. Il richiedente presenta una perizia che valuta 114 407,83 euro (EUR) il danno materiale che avrebbe subito. Questa somma corrisponderebbe al salario minimo (pensione sociale) che l’interessato avrebbe dovuto percepire dalla data della dichiarazione di fallimento. Richiede anche 250 000 EUR a titolo del danno morale.
41. Il Governo si oppone a queste pretese.
42. Non vedendo legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto, la Corte respinge la prima istanza. In quanto al danno morale, stima che, avuto riguardo all’insieme delle circostanze della causa, le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente.
B. Oneri e spese
43. Il richiedente chiede anche 29 563 EUR per gli oneri e le spese sostenuti dinnanzi alla Corte così come 188,64 EUR per gli oneri di perizia.
44. Il Governo si oppone a queste pretese.
45. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, il richiedente ha presentato dei documenti a sostegno della sua richiesta di rimborso. In ogni caso, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR a titolo di oneri e spese per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
46. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dagli articoli 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 8 della Convenzione (rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, per ciò che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacità personali derivanti dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che le constatazioni di violazione che figurano nella presente sentenza forniscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 1 500 EUR (mille cinque cento euro), per danno morale e 2 000 EUR (duemila euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 16 ottobre 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
S. Dollé F. Tulkens
Cancelliera Presidentessa