A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VOLTA ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 43674/02/2010
Stato: Italia
Data: 2010-03-16 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA VOLTA ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 43674/02)
SENTENZA
STRASBURGO
16 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Volta ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 febbraio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 43674/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui il Sig. M. V. e venticinque altri cittadini di questo Stato, (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 4 dicembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dinnanzi alla Corte col Sig. M. V. che agisce anche a suo proprio nome. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato successivamente dai suoi agenti, i Sigg. I.M. Braguglia e R. Adam e la Sig.ra E. Spatafora, ed dai suoi coagenti, i Sigg. V. Esposito, F. Crisafulli e N. Lettieri.
3. Il 30 marzo 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I dettagli concernente i richiedenti figurano nell’elenco qui accluso alla presente sentenza.
A. Il procedimento principale
5. Il 3 luglio 1982, i richiedenti, impiegati in qualità di personale non medico presso dell’unità sanitaria locale (“U.S.L. “) no 2 di Gorizia, depositarono un ricorso dinnanzi al tribunale amministrativo regionale (“T.A.R. “) del Friuli (R.G. no 643/82). Chiesero l’annullamento di una decisione del Comitato di gestione dell’U.S.L. che li aveveva esclusi della ripartizione di un fondo destinato al personale non medico, così come il pagamento delle differenze di retribuzione.
6. Il 31 luglio 1982 e il 3 dicembre 1993, i richiedenti chiesero la determinazione dell’udienza.
7. Il 16 novembre 1995, fecero istanza di determinazione di emergenza dell’udienza (“istanza di prelievo”).
8. Con un giudizio preparatorio del 27 settembre 1996, depositato il 26 ottobre 1996, il T.A.R. ordinò ai richiedenti di citare a comparire gli impiegati dell’U.S.L. avendo beneficiato della ripartizione del fondo controverso (“integrazione del contraddittorio”).
9. Il 17 dicembre 1999, i richiedenti chiesero al T.A.R. di fissare un termine per procedere alla citazione di detti impiegati. Tuttavia, in una data non precisata, il T.A.R. cancellò la causa dal ruolo.
10. Il 22 dicembre 2000, i richiedenti ripresero il procedimento.
11. Il 20 giugno 2001, fecero istanza di determinazione dell’udienza che si tenne poi il 25 ottobre 2002.
12. Con un giudizio dello stesso giorno (“RG no 643/82, Reg. Sente. no 889/02”), depositato il 26 novembre 2002, il T.A.R. dichiarò inammissibile il ricorso.
B. Il procedimento “Pinto”
13. Il 17 aprile 2002, i richiedenti investirono la corte di appello di Bologna ai sensi della legge “Pinto” chiedendo 25 000 EUR ciascuno in risarcimento dei danni morali e materiali subiti a causa della durata del procedimento principale.
14. Con una decisione del 28 giugno 2002, depositata l’ 8 luglio 2002, la corte di appello prese in conto il procedimento dal 3 luglio 1982 fino alla data della decisione e constatò il superamento di una durata ragionevole. Respinse l’istanza di risarcimento dei danni patrimoniali per difetto di prove ed accordò ad ogni richiedente 3 500 EUR per danno morale, così come 6 000 EUR globalmente per oneri e spese.
15. Notificata il 1 aprile 2003, questa decisione diventò definitiva il 31 maggio 2003.
16. Il 3 ottobre 2003, i richiedenti fecero notificare al ministero della Giustizia un atto di bando per ottenere il pagamento delle somme accordate dalla corte di appello.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
17. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
18. I richiedenti si lamentano della durata del procedimento principale e dell’insufficienza degli indennizzi ottenuti nella cornice del ricorso “Pinto.” Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Tardività della richiesta
19. Il Governo eccepisce della tardività della richiesta, per il fatto che i richiedenti, dopo avere investito la Corte il 4 dicembre 2002, hanno depositato il loro formulario di richiesta il 3 giugno 2004.
20. I richiedenti considerano che la loro richiesta non è tardiva perché hanno mandato il 4 dicembre 2002 un primo formulario di richiesta di cui la cancelleria della Corte ha accusato ricevuta con lettera del 18 dicembre 2002. Il formulario è stato rinviato poi il 3 giugno 2004, su richiesta della cancelleria, per colmare certe lacune.
21. La Corte rileva che, nel loro primo formulario di richiesta del 4 dicembre 2002, i richiedenti esponevano sommariamente i fatti e i motivi di appello della causa. Il 6 maggio 2004, la cancelleria chiese loro di compilare di nuovo un formulario di richiesta, presentando quello già versato alla pratica certe lacune, ciò che i richiedenti fecero il 3 giugno 2004. La Corte ricorda a questo proposito la pratica consolidata degli organi della Convenzione che vuole che la data di introduzione di una richiesta sia quella della prima lettera con la quale il richiedente formula il motivo di appello che intende sollevare (Gelsomino c. Italia, (dec.), no 2005/03, 23 maggio 2006; Nee c. Irlanda, (dec.), no 52787/99, 30 gennaio 2003, ed Ataman c. Turchia, (dec.), no 46252/99, 11 settembre 2001). Nello specifico, nel formulario del 4 dicembre 2002, e nei suoi allegati, i richiedenti indicavano già, anche se succintamente, i fatti ed i motivi di appello della causa. Le lacune rilevate dalla cancelleria sono in seguito, il 3 giugno 2004, state colmate dai richiedenti, ma questa circostanza non è, agli occhi della Corte, di natura tale da rimettere in causa la data di introduzione della richiesta. Di conseguenza, l’eccezione di tardività sollevata dal Governo deve essere respinta.
2. Requisito di “vittima”
22. Il Governo sostiene che i richiedenti non possono più definirsi “vittime” della violazione dell’articolo 6 § 1 perché hanno ottenuto della corte di appello di Bologna una constatazione di violazione ed una correzione appropriata e sufficiente.
23. Afferma che la corte di appello “Pinto” ha cancellato la causa in conformità coi criteri di indennizzo emanati dalla giurisprudenza della Corte disponibile all’epoca del procedimento “Pinto.” Sottolinea che sarebbe inadatto valutare la valutazione della corte di appello, fatto alcuni mesi dopo l’entrata in vigore della legge “Pinto”, sulla base dei criteri formulati dalla Corte nelle sue sentenze della Grande Camera del 29 marzo 2006 (ex pluribus, Cocchiarella c,. Italia, precitata). Secondo il Governo, gli indennizzi che risulterebbero dall’applicazione alle “cause del passato” di questi criteri, concepiti per l’epoca reale, sarebbero almeno doppi e talvolta tripli rispetto a quelle accordate nelle richieste italiane di durata decise prima dalla Corte.
24. Secondo il Governo, i criteri stabiliti dalla Grande Camera arriverebbero a risultati irragionevoli, ingiusti ed incompatibili con lo spirito e gli scopi della Convenzione. Gli indennizzi che la Corte concede nelle richieste italiane di durata in applicazione di questi criteri sarebbero prima doppi o tripli rispetto a quelle accordate nelle cause simili di altri paesi che non disporrebbero anche di un rimedio interno contro la durata eccessiva dei procedimenti.
25. Il Governo sottolinea inoltre che ai termini della legge “Pinto”, solamente gli anni che superano la durata “ragionevole” possono essere presi in conto per determinare l’importo dell’indennizzo da concedere da parte della corte di appello.
26. Il Governo precisa infine che la data di partenza del procedimento da prendere in considerazione è il 22 dicembre 2000, data in cui i richiedenti ripresero il procedimento dopo la radiazione del ruolo.
27. I richiedenti stimano di essere “vittime” della violazione denunciata nella misura in cui gli indennizzi “Pinto”, versati in ritardo, erano insufficienti rispetto alla durata del procedimento principale che deve essere calcolato a partire dal 3 luglio 1982, come ha fatto la corte di appello di Bologna.
28. La Corte stima che il punto di partenza del procedimento no RG 643/82 dinnanzi al T.A.R. del Friuli è il 3 luglio 1982, data di deposito del ricorso, e non il 22 dicembre 2000, data di ripresa del procedimento. Difatti, risulta dalla pratica che la radiazione dal ruolo non ha chiuso il procedimento, perché il giudizio del T.A.R. depositato il 26 novembre 2002 porta questo stesso numero (no RG 643/82). In quanto agli argomenti del Governo, la Corte ricorda averli respinti già nelle sentenze Aragosa c. Italia (no 20191/03) § § 17-24, 18 dicembre 2007, e Simaldone c. Italia, no 22644/03, §§19-33, CEDH 2009 -… (brani)). Non vede nessun motivo di deroga alle sue precedenti conclusioni e respinge dunque questa eccezione.
29. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007, CEDH 2007-VI; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98) e che gli indennizzi “Pinto” non sono stati versati nei sei mesi a partire dal momento in cui la decisione della corte di appello diventò esecutiva (Cocchiarella c. Italia, precitata, § 89). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
3. Conclusione
30. La Corte constata che il motivo di appello dei richiedenti non incontra nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Lo dichiara quindi ammissibile.
B. Sul merito
31. In quanto al merito, la Corte constata che il procedimento che è cominciato il 3 luglio 1982, era durato fino al 28 giugno 2002, data della decisione “Pinto”, circa vent’ anni per un grado di giurisdizione, meno quattro anni ed un mese di ritardo imputabile ai richiedenti. Gli indennizzi “Pinto” non erano stati versati inoltre, ancora al 3 ottobre 2003, o più di quattordici mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello ( 8 luglio 2002).
32. La Corte ha trattato a più riprese delle richieste che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per lo stesso motivo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
33. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della non effettività del rimedio “Pinto” in ragione dell’insufficienza del risarcimento concesso dalla corte di appello di Bologna.
34. L’articolo 13 è formulato così:
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
35. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, l’insufficienza dell’importo dell’indennizzo accordato ad un richiedente nella cornice del procedimento “Pinto” non costituisce in sé un elemento sufficiente per rimettere in causa l’effettività del ricorso “Pinto” ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione (Delle Cave e Corrado c. Italia, precitata, §§ 43-46).
36. Quindi, stima che c’è luogo di dichiarare questo motivo di appello inammissibile per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
37. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
38. I richiedenti richiedono 10 960 EUR ciascuno a titolo del danno morale, più una somma da determinare dalla Corte per la violazione dell’articolo 13.
39. Il Governo contesta queste pretese.
40. La Corte stima che avrebbe potuto accordare ad ogni richiedente per la violazione dell’articolo 6 § 1, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto del ritardo imputabile ai richiedenti, la somma di 15 750 EUR. Il fatto che la corte di appello di Bologna abbia concesso ad ogni richiedente circa il 22,2% di questa somma arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che sia giunta però ad una constatazione di violazione, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia (precitata, §§ 139-142 e 146) così come della giurisprudenza Arvanitaki-Roboti ed altri c. Grecia ([GC], no 27278/03, §§ 27-36, CEDH 2008 -…) e deliberando in equità, assegna ad ogni richiedente 3 600 EUR così come 800 EUR a titolo della frustrazione supplementare derivante dal ritardo nel versamento degli indennizzi “Pinto” che non era intervenuto ancora al 3 ottobre 2003, o più di quattordici mesi dopo il deposito alla cancelleria della decisione della corte di appello.
B. Oneri e spese
41. I richiedenti chiedono 3 899,56 EUR, fornendo la nota di parcella di un avvocato che, senza rappresentarli nel procedimento dinnanzi alla Corte, li ha assistiti tuttavia nella preparazione della loro richiesta. Il Sig. M. V., in quanto rappresentante dei richiedenti, domanda anche 500 EUR per gli oneri e le spese del procedimento che ha sostenuto personalmente.
42. Il Governo non ha preso a questo riguardo posizione.
43. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
44. Tenuto conto dei documenti in suo possesso, dei suddetti criteri e del fatto che l’avvocato che ha assistito i richiedenti nella preparazione della loro richiesta non ha acquisito la qualità di rappresentante nel procedimento dinnanzi alla Corte, stima ragionevole assegnare al Sig. M. V. 500 EUR a titolo degli oneri e delle spese del presente procedimento.
C. Interessi moratori
45. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento( articolo 6 § 1 della Convenzione) ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
– 4 400 EUR (quattromila quattro cento euro) ad ogni richiedente per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
– 500 EUR (cinque cento euro) al Sig. M. V. per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto da lui a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 16 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

ALLEGATO
Tutti i richiedenti sono dei cittadini italiani, rappresentati dal primo richiedente.
OMISSIS

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE VOLTA ET AUTRES c. ITALIE
(Requête no 43674/02)
ARRÊT
STRASBOURG
16 mars 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Volta et autres c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 23 février 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 43674/02) dirigée contre la République italienne et dont M. M. V. et vingt-cinq autres ressortissants de cet Etat, (« les requérants »), ont saisi la Cour le 4 décembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés devant la Cour par M. M. V., qui agit également en son propre nom. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté successivement par ses agents, MM. I.M. Braguglia et R. Adam et Mme E. Spatafora, et ses coagents, MM. V. Esposito, F. Crisafulli et N. Lettieri.
3. Le 30 mars 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les détails concernant les requérants figurent dans la liste en annexe au présent arrêt.
A. La procédure principale
5. Le 3 juillet 1982, les requérants, employés en qualité de personnel non médical auprès de l’unité sanitaire locale (« U.S.L. ») no 2 de Gorizia, déposèrent un recours devant le tribunal administratif régional (« T.A.R. ») du Frioul (R.G. no 643/82). Ils demandèrent l’annulation d’une décision du Comité de gestion de l’U.S.L. les ayant exclus de la répartition d’un fond destiné au personnel non médical, ainsi que le paiement des différences de rétribution.
6. Les 31 juillet 1982 et 3 décembre 1993, les requérants demandèrent la fixation de l’audience.
7. Le 16 novembre 1995, ils présentèrent une demande de fixation d’urgence de l’audience (« istanza di prelievo »).
8. Par un jugement préparatoire du 27 septembre 1996, déposé le 26 octobre 1996, le T.A.R. ordonna aux requérants d’assigner à comparaître les employés de l’U.S.L. ayant bénéficié de la répartition du fond litigieux (« integrazione del contraddittorio »).
9. Le 17 décembre 1999, les requérants demandèrent au T.A.R. de fixer un délai pour procéder à l’assignation desdits employés. Toutefois, à une date non précisée, le T.A.R. raya l’affaire du rôle.
10. Le 22 décembre 2000, les requérants reprirent la procédure.
11. Le 20 juin 2001, ils présentèrent une demande de fixation de l’audience, qui se tint ensuite le 25 octobre 2002.
12. Par un jugement du même jour (« RG no 643/82, Reg. Sent. no 889/02 »), déposé le 26 novembre 2002, le T.A.R. déclara irrecevable le recours.
B. La procédure « Pinto »
13. Le 17 avril 2002, les requérants saisirent la cour d’appel de Bologne au sens de la loi « Pinto » demandant 25 000 EUR chacun en réparation des préjudices moraux et matériels subis du fait de la durée de la procédure principale.
14. Par une décision du 28 juin 2002, déposée le 8 juillet 2002, la cour d’appel prit en compte la procédure depuis le 3 juillet 1982 jusqu’à la date de la décision et constata le dépassement d’une durée raisonnable. Elle rejeta la demande de réparation des dommages matériels pour défaut de preuve et accorda à chaque requérant 3 500 EUR pour dommage moral, ainsi que 6 000 EUR globalement pour frais et dépens.
15. Notifiée le 1er avril 2003, cette décision devint définitive le 31 mai 2003.
16. Le 3 octobre 2003, les requérants firent notifier au ministère de la Justice un acte de mise en demeure afin d’obtenir le paiement des sommes accordées par la cour d’appel.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
17. Le droit et la pratique internes pertinents figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
18. Les requérants se plaignent de la durée de la procédure principale et de l’insuffisance des indemnisations obtenues dans le cadre du recours « Pinto ». Ils invoquent l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
1. Tardiveté de la requête
19. Le Gouvernement excipe de la tardiveté de la requête, en ce que les requérants, après avoir saisi la Cour le 4 décembre 2002, ont déposé leur formulaire de requête le 3 juin 2004.
20. Les requérants considèrent que leur requête n’est pas tardive car ils ont envoyé le 4 décembre 2002 un premier formulaire de requête dont le greffe de la Cour a accusé réception par lettre du 18 décembre 2002. Le formulaire a ensuite été renvoyé le 3 juin 2004, à la demande du greffe, afin de combler certaines lacunes.
21. La Cour relève que, dans leur premier formulaire de requête du 4 décembre 2002, les requérants exposaient sommairement les faits et griefs de l’affaire. Le 6 mai 2004, le greffe leur demanda de remplir à nouveau un formulaire de requête, celui déjà versé au dossier présentant certaines lacunes, ce que les requérants firent le 3 juin 2004. La Cour rappelle à ce propos la pratique constante des organes de la Convention, qui veut que la date d’introduction d’une requête est celle de la première lettre par laquelle le requérant formule le grief qu’il entend soulever (Gelsomino c. Italie (déc.), no 2005/03, 23 mai 2006 ; Nee c. Irlande (déc.), no 52787/99, 30 janvier 2003, et Ataman c. Turquie (déc.), no 46252/99, 11 septembre 2001). En l’espèce, dans le formulaire du 4 décembre 2002, et ses annexes, les requérants indiquaient déjà, même si succinctement, les faits et les griefs de l’affaire. Les lacunes relevées par le greffe ont par la suite (3 juin 2004) été comblées par les requérants, mais cette circonstance n’est pas, aux yeux de la Cour, de nature à remettre en cause la date d’introduction de la requête. Par conséquent, l’exception de tardiveté soulevée par le Gouvernement doit être rejetée.
2. Qualité de « victime »
22. Le Gouvernement soutient que les requérants ne peuvent plus se prétendre « victimes » de la violation de l’article 6 § 1 car ils ont obtenu de la cour d’appel de Bologne un constat de violation et un redressement approprié et suffisant.
23. Il affirme que la cour d’appel « Pinto » a tranché l’affaire en conformité avec les critères d’indemnisation dégagés de la jurisprudence de la Cour disponible à l’époque de la procédure « Pinto ». Il souligne qu’il serait inapproprié d’apprécier l’évaluation de la cour d’appel, faite quelques mois après l’entrée en vigueur de la loi « Pinto », sur la base des critères formulés par la Cour dans ses arrêts de Grande Chambre du 29 mars 2006 (ex pluribus, Cocchiarella c. Italie, précité). Selon le Gouvernement, les indemnisations qui résulteraient de l’application à des « affaires du passé » de ces critères, conçus pour l’époque actuelle, seraient au moins doubles et parfois triples par rapport à celles accordées dans des requêtes italiennes de durée tranchées par la Cour auparavant.
24. Selon le Gouvernement, les critères établis par la Grande Chambre aboutiraient à des résultats déraisonnables, injustes et incompatibles avec l’esprit et les buts de la Convention. Les indemnisations que la Cour octroie dans les requêtes italiennes de durée en application de ces critères seraient doubles ou triples par rapport à celles accordées auparavant dans des affaires similaires d’autres pays qui ne disposeraient même pas d’un remède interne contre la durée excessive des procédures.
25. Le Gouvernement souligne en outre qu’aux termes de la loi « Pinto », ce ne sont que les années dépassant la durée « raisonnable » qui peuvent être prises en compte pour déterminer le montant de l’indemnisation à octroyer par la cour d’appel.
26. Le Gouvernement précise enfin que la date de départ de la procédure à prendre en considération est le 22 décembre 2000, date à laquelle les requérants reprirent la procédure après la radiation du rôle.
27. Les requérants estiment être « victimes » de la violation dénoncée dans la mesure où les indemnisations « Pinto », versées en retard, étaient insuffisantes par rapport à la durée de la procédure principale, qui doit être calculée à partir du 3 juillet 1982, comme l’a fait la cour d’appel de Bologne.
28. La Cour estime que le point de départ de la procédure no RG 643/82 devant le T.A.R. du Frioul est le 3 juillet 1982, date de dépôt du recours, et non pas le 22 décembre 2000, date de reprise de la procédure. En effet, il ressort du dossier que la radiation du rôle n’a pas clos la procédure, car le jugement du T.A.R. déposé le 26 novembre 2002 porte ce même numéro (no RG 643/82). Quant aux arguments du Gouvernement, la Cour rappelle les avoir déjà rejeté dans les arrêts Aragosa c. Italie (no 20191/03, § § 17-24, 18 décembre 2007) et Simaldone c. Italie (no 22644/03, §§19-33, CEDH 2009-… (extraits)). Elle n’aperçoit aucun motif de déroger à ses précédentes conclusions et rejette donc cette exception.
29. La Cour, après avoir examiné l’ensemble des faits de la cause et les arguments des parties, considère que le redressement s’est révélé insuffisant (voir Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007, CEDH 2007-VI ; Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 69-98) et que les indemnisations « Pinto » n’ont pas été versées dans les six mois à partir du moment où la décision de la cour d’appel devint exécutoire (Cocchiarella c. Italie, précité, § 89). Partant, les requérants peuvent toujours se prétendre « victimes », au sens de l’article 34 de la Convention.
3. Conclusion
30. La Cour constate que le grief des requérants ne se heurte à aucun autre des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 3 de la Convention. Aussi, le déclare-t-elle recevable.
B. Sur le fond
31. Quant au fond, la Cour constate que la procédure, qui a débuté le 3 juillet 1982, avait duré au 28 juin 2002, date de la décision « Pinto », environ vingt ans pour un degré de juridiction, moins quatre ans et un mois de retard imputable aux requérants. En outre, les indemnisations « Pinto » n’avaient pas encore été versées au 3 octobre 2003, soit plus de quatorze mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel (8 juillet 2002).
32. La Cour a traité à maintes reprises des requêtes soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, en premier lieu, Cocchiarella c. Italie, précité). N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater une violation de l’article 6 § 1 de la Convention, pour le même motif.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
33. Invoquant l’article 13 de la Convention, les requérants se plaignent de l’ineffectivité du remède « Pinto » en raison de l’insuffisance de la réparation octroyée par la cour d’appel de Bologne.
34. L’article 13 est ainsi libellé :
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
35. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, l’insuffisance du montant de l’indemnisation accordée à un requérant dans le cadre de la procédure « Pinto » ne constitue pas en soi un élément suffisant pour remettre en cause l’effectivité du recours « Pinto » au sens de l’article 13 de la Convention (Delle Cave et Corrado c. Italie, précité, §§ 43-46).
36. Dès lors, elle estime qu’il y a lieu de déclarer ce grief irrecevable pour défaut manifeste de fondement au sens de l’article 35 § 3 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
37. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
38. Les requérants réclament 10 960 EUR chacun au titre du préjudice moral, plus une somme à déterminer par la Cour pour la violation de l’article 13.
39. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
40. La Cour estime qu’elle aurait pu accorder à chaque requérant pour la violation de l’article 6 § 1, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu du retard imputable aux requérants, la somme de 15 750 EUR. Le fait que la cour d’appel de Bologne ait octroyé à chaque requérant environ 22,2% de cette somme aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait qu’elle soit tout de même parvenue à un constat de violation, la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie (précité, §§ 139-142 et 146) ainsi que de la jurisprudence Arvanitaki-Roboti et autres c. Grèce ([GC], no 27278/03, §§ 27-36, CEDH 2008-…) et statuant en équité, alloue à chaque requérant 3 600 EUR ainsi que 800 EUR au titre de la frustration supplémentaire découlant du retard dans le versement des indemnisations « Pinto », qui n’était pas encore intervenu au 3 octobre 2003, soit plus de quatorze mois après le dépôt au greffe de la décision de la cour d’appel.
B. Frais et dépens
41. Les requérants demandent 3 899,56 EUR, en fournissant la note d’honoraires d’un avocat qui, sans les représenter dans la procédure devant la Cour, les a néanmoins assistés dans la préparation de leur requête. M. M. V., en tant que représentant des requérants, demande également 500 EUR pour les frais et dépens de la procédure qu’il a personnellement exposés.
42. Le Gouvernement n’a pas pris position à cet égard.
43. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (voir, par exemple, Beyeler c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 33202/96, § 27, 28 mai 2002 ; Sahin c. Allemagne [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
44. Compte tenu des documents en sa possession, des critères susmentionnés et du fait que l’avocat ayant assisté les requérants dans la préparation de leur requête n’a pas acquis la qualité de représentant dans procédure devant la Cour, elle estime raisonnable d’allouer à M. M. V. 500 EUR au titre des frais et dépens de la présente procédure.
C. Intérêts moratoires
45. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de la durée excessive de la procédure (article 6 § 1 de la Convention) et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
– 4 400 EUR (quatre mille quatre cents euros) à chaque requérant pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
– 500 EUR (cinq cents euros) à M. M. V. pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû par lui à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 16 mars 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

ANNEXE
Tous les requérants sont des ressortissants italiens, représentés par le premier requérant.
OMISSIS

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 14/09/2024