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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VITIELLO c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 6870/03/2007
Stato: Italia
Data: 2007-07-17 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA VITIELLO C. ITALIA
( Richiesta no 6870/03)
SENTENZA
STRASBURGO
17 luglio 2007
DEFINITIVO
17/10/2007
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Vitiello c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
La Sig.ra F. Tulkens, presidentessa, Sigg. A.B. Baka, I. Cabral Barreto, V. Zagrebelsky, le Sig.re A. Mularoni, D. Jočienė, il Sig. D. Popović, giudici,
e dalla Sig.ra S. Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 luglio 2005 e il 26 giugno 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6870/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, la Sig.ra R. V. ed il Sig. S. V. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 12 febbraio 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da M B. e R. R., avvocati a Pannarano (Benevento). Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia, e dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli.
3. I richiedenti adducevano in particolare un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni e di accesso ad un tribunale.
4. Con una decisione del 5 luglio 2005, la camera ha dichiarato la richiesta parzialmente ammissibile.
5. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte complementari (articolo 59 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1952 e 1923 e risiedono a Pompei (Napoli).
7. Sono i proprietari di un immobile ubicato a Pompei vicino alla zona archeologica.
8. In una data non precisata, V. e S. costruirono un magazzino destinato ad un uso commerciale accanto all’immobile dei richiedenti.
1. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni penali
9. Un procedimento penale fu aperto contro V. e S. per violazione delle regole di urbanistica (abuso edilizio).
10. I richiedenti si costituirono parti civili in questo procedimento.
11. Con un giudizio depositato alla cancelleria il 24 luglio 2000, il tribunale di Torre Annunziata condannò V., S. essendo deceduto nel frattempo, ad un anno ed otto mesi di detenzione così come ad una multa di 1 500 000 ITL per violazione delle regole di urbanistica. Inoltre, il tribunale ordinò alla municipalità di Pompei di procedere alla demolizione della costruzione controversa, mise gli oneri di demolizione a carico di V. ed ordinò il ristabilimento dei luoghi come erano inizialmente. Infine, riconobbe ai richiedenti il diritto ad un risarcimento, da quantificare dalle giurisdizioni civili competenti.
12. V. interpose appello a questo giudizio.
13. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 12 maggio 2001, la corte di appello condannò V. ad un anno di detenzione ed ad una multa di 1 000 000 ITL. Inoltre, confermò l’ordine di demolizione della costruzione controversa ed il diritto dei richiedenti ad un risarcimento da quantificare dalle giurisdizioni civili competenti, ma revocò l’ordine di ristabilimento dei luoghi nel loro stato anteriore.
14. V. ricorse in cassazione
15. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 15 gennaio 2002, la Corte di cassazione respinse il ricorso di V..
16. La demolizione della costruzione controversa non ha avuto mai luogo.
2. Il procedimento di regolarizzazione
17. Il 7 agosto 2001, V. aveva introdotto nel frattempo, dinnanzi alle autorità municipali di Pompei un’istanza che mirava ad ottenere la regolarizzazione (sanatoria) della costruzione controversa.
18. Con una lettera del 23 settembre 2005, i richiedenti hanno informato la cancelleria del rigetto, con un’ordinanza del 16 luglio 2002, di questa istanza.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
A. Sulla costituzione di parte civile
19. Gli articoli pertinenti del codice di procedimento penale (il “CPP”) dispongono:
Articolo 79
“La costituzione di parte civile ha luogo a partire dall’udienza preliminare “
Articolo 90
“La parte lesa esercita i diritti e le facoltà che le sono riconosciute espressamente dalla legge e può inoltre, ad ogni stadio del procedimento, presentare delle memorie così come, salvo in cassazione, indicare degli elementi di prova. “
Articolo 101
“La parte lesa può nominare un rappresentante legale per l’esercizio dei diritti e delle facoltà di cui gode “
B. Sulla demolizione
20. L’articolo 7 della legge no 47 del 28 febbraio 1985, nelle sue parti pertinenti, dispone:
“2. Nel caso in cui delle costruzioni vegano realizzate in mancanza di un permesso di costruire o in violazione di questo il sindaco deve ordinarne la demolizione.
3. Nel caso in cui la persona responsabile della violazione delle regole di urbanistica non procede alla demolizione, la proprietà della costruzione e del terreno ubicato vicino a questa viene trasferita senza onere alla municipalità
5. La costruzione così acquistata al patrimonio della municipalità deve essere demolita a spese della persona che ha violato le regole di urbanistica
9. Nel caso in cui la demolizione non è stata già effettuata, il giudice che emette un giudizio di condanna(…)la ordina. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. I richiedenti si lamentano dei danni derivanti dell’impossibilità di ottenere la demolizione della costruzione realizzata dai loro vicini. Invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sulle eccezioni preliminari del Governo
22. Il Governo reitera l’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, così come quella derivata della mancanza di requisito di “vittima”, già sollevata allo stadio dell’ammissibilità della richiesta.
23. La Corte nota che le due eccezioni sono state già respinte nella decisione sull’ammissibilità del 5 luglio 2005 e che il Governo si appella a degli argomenti che non sono di natura tale da rimettere in causa questa decisione. Di conseguenza, le eccezioni non potrebbero essere considerate.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
24. A titolo principale, il Governo osserva che l’ordine di demolizione pronunciato dalle giurisdizioni penali soddisfa in quanto tale l’esigenza di protezione degli interessi della collettività e non degli individui, ossia i richiedenti.
25. Si tratta difatti di una misura di natura amministrativa, che insegue lo scopo di interesse generale di ristabilire la situazione di fatto che le regole di urbanistica violate miravano a proteggere.
26. Quindi, la non esecuzione dell’ordine di demolizione non costituirebbe, in quanto tale, una violazione di un diritto individuale di carattere privato dei richiedenti e non potrebbe essere considerato dunque come un’ingerenza nel diritto di questi al rispetto dei beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
27. A titolo accessorio, il Governo fa valere che il procedimento di regolarizzazione iniziato da V. è sempre pendente. Ora, nelle cause in cui c’era stato un principio di esecuzione dell’ordine di demolizione contro cui l’interessato aveva formato opposizione dinnanzi alle giurisdizioni competenti (incidente di esecuzione) la Corte di cassazione ha affermato la necessità di sospendere l’esecuzione dell’ordine di demolizione quando un’istanza di regolarizzazione è stata fatta nelle forme e nei termini legali, corredati dal pagamento richiesto. Il Governo riconosce che la presente causa è differente rispetto a quelle prese in considerazione dalla Corte di cassazione, ma considera tuttavia che questa giurisprudenza dovrebbe orientare l’azione delle giurisdizioni come quella delle amministrazioni pubbliche.
28. Anche supponendo che l’inadempimento dell’ordine di demolizione abbia costituito un’ingerenza nel diritto dei richiedenti ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, tale sacrificio sarebbe inferiore a quello che colpirebbe lo stesso diritto di V., nel caso in cui tale ordine venisse eseguito quando il procedimento di regolarizzazione è sempre pendente e la situazione è ancora suscettibile di essere regolarizzata.
b) I richiedenti,
29. I richiedenti si oppongono agli argomenti del Governo, facendo valere in particolare che con un’ordinanza del 16 luglio 2002 le autorità municipali hanno respinto l’istanza di regolarizzazione introdotta da V.
2. Valutazione della Corte
a) La regola applicabile
30. Nello specifico, la Corte osserva che il rifiuto delle autorità municipali a conformarsi alla decisione definitiva delle giurisdizioni penali ha avuto come conseguenza il mantenimento in stato della costruzione realizzata irregolarmente da V. tenuto conto della prossimità di questa costruzione con l’abitazione dei richiedenti, le autorità italiane sono responsabili dell’ingerenza nel diritto di proprietà dei richiedenti; l’ingerenza in questione non costituisce né un’espropriazione né una regolamentazione dell’uso dei beni, ma dipende dalla prima frase del primo capoverso dell’articolo 1.
b) Sull’osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
31. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: la seconda frase del primo capoverso di questo articolo autorizza, difatti, una privazione di proprietà solo “nelle condizioni previste dalla legge”; il secondo capoverso riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l’uso dei beni mettendo in vigore delle “leggi.”
32. In più, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione (vedere, tra altre, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, § 63, CEDH 2000-VI, Amuur c,. Francia, sentenza del 25 giugno 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-III, pp. 850-851, § 50) ed implica il dovere dello stato o di un’autorità pubblica di piegarsi ad un giudizio o ad una sentenza resa a loro carico (vedere, mutatis mutandis, Hornsby c. Grecia, sentenza del 19 marzo 1997, Raccolta 1997-II, p. 511, § 41). La stessa constatazione vale per gli atti degli organi amministrativi che hanno un carattere definitivo ed esecutivo.
33. Ne segue che la necessità di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, p. 26, § 69) può farsi sentire solo quando è accertato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio della legalità e non era arbitraria (vedere Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II).
34. Nel caso specifico, la Corte stima opportuno ricordare certi fatti che le sembrano essenziali. Da prima, la Corte rileva che con un procedimento concluso da una sentenza della Corte di cassazione, le giurisdizioni penali hanno ordinato definitivamente la demolizione della costruzione controversa, dato che questa era stata realizzata in violazione delle regole di urbanistica. Le autorità municipali avevano il dovere di procedere dunque così, ma non hanno preso tuttavia nessuna iniziativa in questo senso.
35. Poi, la Corte ha il dovere di constatare che le giurisdizioni penali hanno riconosciuto anche definitivamente che i richiedenti hanno subito un danno materiale in ragione della costruzione illegale e hanno riconosciuto di conseguenza a questi il diritto ad un risarcimento, essendo necessario l’ eventuale procedimento dinnanzi alle giurisdizioni civili necessario solamente per quantificarlo.
36. Infine, in quanto al procedimento per regolarizzazione iniziato da V. dinnanzi alla municipalità di Pompei, la Corte rileva che questo si è concluso il 16 luglio 2002 con un rigetto dell’istanza di regolarizzazione.
37. Risulta dunque dai fatti della causa che il rifiuto o l’omissione dell’amministrazione municipale di procedere alla demolizione della costruzione controversa non aveva nessuna base legale in diritto interno. Tale conclusione dispensa la Corte dal ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti individuali (vedere Antonetto c. Italia, no 15918/89, 20 luglio 2000 e Fotopoulou c. Grecia, no 66725/01, 18 novembre 2004).
38. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
39. Invocando il diritto ad una protezione giudiziale effettiva, i richiedenti si lamentano dell’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudizio definitivo delle giurisdizioni penali che ordinava la demolizione dell’immobile controverso. Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, disponi:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Tesi delle parti
40. Il Governo sostiene che nessuna giurisdizione nazionale ha riconosciuto ai richiedenti il diritto alla demolizione dell’immobile controverso. Difatti la costituzione di parte civile nel procedimento dinnanzi alle giurisdizioni penali sarebbe stata accettata solo ai fini della concessione di un risarcimento e non per ottenere l’ordine di demolizione.
41. In ragione della mancanza di un diritto individuale dei richiedenti alla demolizione, il Governo conclude che l’articolo 6 § 1 della Convenzione non è stato violati nello specifico.
42. Ad ogni modo, il Governo sostiene che l’ordine di demolizione non costituisce una misura il cui collocamento in esecuzione è un dovere discutibile per i suoi destinatari, dato che l’amministrazione può, in certe condizioni previste dalla legge, sospendere la sua esecuzione ed anche ignorarlo.
43. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
B. Valutazione della Corte
44. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il diritto ad un tribunale sarebbe illusorio se l’ordine giuridico interno di un Stato contraente permettesse che una decisione giudiziale definitiva ed obbligatoria resti inoperante a scapito di una parte. L’esecuzione di un giudizio o di una sentenza, di qualsiasi giurisdizione questo sia, deve essere considerata come facente parte integrante del “processo” ai sensi dell’articolo 6 dunque (vedere, tra altre, Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 63 in fine, CEDH 1999-V, e Hornsby c. Grecia, precitata, § 40).
45. Nello specifico, la Corte considera che il motivo di appello dei richiedenti sollevato sotto l’angolo del diritto di accesso ad un tribunale si confonde con quello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, nella misura in cui i richiedenti si lamentano a questo titolo dei danni derivanti dall’impossibilità di ottenere la demolizione della costruzione controversa.
46. Avuto riguardo alla conclusione formulata al paragrafo 38, non stima necessario esaminarlo separatamente sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELL CONVENZIONE
47. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno materiale
48. Appellandosi a una perizia che hanno depositato, i richiedenti sollecitano il versamento di una somma di 153 864 EUR, uguale alla diminuzione di valore del loro immobile in ragione della presenza della costruzione controversa.
49. Il Governo fa valere che i richiedenti non hanno diritto a nessuna somma, dato che l’inadempimento dell’ordine di demolizione non costituirebbe la violazione di un diritto individuale di carattere privato dei richiedenti. Ad ogni modo, il Governo sostiene che i richiedenti non hanno supportato la loro richiesta.
50. Inoltre, il Governo fa valere che la perizia depositata dai richiedenti non sarebbe stata stabilita secondo dei criteri obiettivi.
51. In più, il Governo sostiene che l’ordine di demolizione deve essere ancora eseguito e che l’immobile dei richiedenti ricupererà il suo valore dopo questa demolizione.
52. Infine, il Governo rileva che, conformemente alla decisione delle giurisdizioni penali, i richiedenti potrebbero iniziare un’azione dinnanzi alle giurisdizioni civili per ottenere un risarcimento.
53. La Corte stima che, tenuto conto delle circostanze dello specifico ed astrazione fatta della conclusione che sarà riservata alla questione della demolizione, un risarcimento costituirebbe un risarcimento adeguato del danno subito dai richiedenti. A questo riguardo, la Corte rileva che le giurisdizioni penali hanno determinato definitivamente che i richiedenti hanno subito un danno materiale in ragione della costruzione illegale realizzata da V. (paragrafi 11 e 13 sopra). Tuttavia, dato che conformemente alla decisione di queste giurisdizioni, i richiedenti possono impegnare un’azione dinnanzi alle giurisdizioni civili per ottenere un risarcimento, la Corte stima che non c’è luogo di accordare una somma a titolo di danno materiale.
B. Danno morale
54. I richiedenti chiedono la somma di 50 000 EUR.
55. Il Governo reitera gli argomenti presentati sopra e fa valere che ad ogni modo, la somma chiesta è eccessiva.
56. La Corte ammette che i richiedenti hanno dovuto subire un danno giuridico –per il fatto in particolare della frustrazione provocata dal rifiuto o dall’omissione dell’amministrazione di procedere alla demolizione della costruzione controversa malgrado la decisione definitiva delle giurisdizioni penali-che non viene compensato sufficientemente dalla constatazione di violazione (vedere, tra altre, Antonetto c. Italia, precitata, Dactylidi c. Grecia, no 52903/99, § 58, 27 marzo 2003 e Fotopoulou c. Grecia, precitata). Deliberando in equità, la Corte assegna a questo titolo 5 000 EUR a ciascuno dei richiedenti.
C. Oneri e spese
57. I richiedenti sollecitano il versamento di 9 556,38 EUR a titolo di oneri e spese per ciò che riguarda il procedimento dinnanzi alla Corte.
58. Il Governo sostiene che la somma chiesta è esorbitante e si rimette alla saggezza della Corte.
59. La Corte ricorda la sua giurisprudenza secondo la quale il sussidio degli oneri e spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Inoltre, gli oneri di giustizia sono recuperabili solamente nella misura in cui si riferiscono alla violazione constatata (vedere, per esempio, Beyeler c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
60. La Corte ha appena concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ammettendo così la tesi dei richiedenti. Se la Corte non dubita della necessità degli oneri richiesti né che siano stati sostenuti effettivamente a questo titolo, trova però eccessiva la parcella rivendicata per il procedimento a Strasburgo. Considera quindi che vi è luogo di rimborsarli solo in parte. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte assegna ai richiedenti, congiuntamente, 3 000 EUR al totale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su questa somma.
D. Interessi moratori
61. La Corte giudica appropriato dbasare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Respinge le eccezioni preliminari del Governo;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 5 000 EUR (cinquemila euro) ad ogni richiedente per danno morale;
ii. 3 000 EUR ( tremila euro) ai richiedenti, congiuntamente, per oneri e spese;
iii. ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta su suddette somme;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 17 luglio 2007 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
S. Dollé F. Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE VITIELLO c. ITALIE
(Requête no 6870/03)
ARRÊT
STRASBOURG
17 juillet 2007
DÉFINITIF
17/10/2007
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Vitiello c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Mme F. Tulkens, présidente,
MM. A.B. Baka,
I. Cabral Barreto,
V. Zagrebelsky,
Mmes A. Mularoni,
D. Jočienė,
MM. D. Popović, juges,
et de Mme S. Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil les 5 juillet 2005 et 26 juin 2007,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette dernière date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 6870/03) dirigée contre la République italienne et dont deux ressortissants de cet Etat, Mme R. V. et M. S. V. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 12 février 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Mes M B. et R. R., avocats à Pannarano (Bénévent). Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. I. M. Braguglia, et par son coagent, M. F. Crisafulli.
3. Les requérants alléguaient en particulier une atteinte à leur droit au respect de leurs biens et d’accès à un tribunal.
4. Par une décision du 5 juillet 2005, la chambre a déclaré la requête partiellement recevable.
5. Tant les requérants que le Gouvernement ont déposé des observations écrites complémentaires (article 59 § 1 du règlement).
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Les requérants sont nés respectivement en 1952 et 1923 et résident à Pompei (Naples).
7. Ils sont propriétaires d’un immeuble sis à Pompei à proximité de la zone archéologique.
8. A une date non précisée, V. et S. construisirent un entrepôt affecté à un usage commercial à côté de l’immeuble des requérants.
1. La procédure devant les juridictions pénales
9. Une procédure pénale fut ouverte à l’encontre de V. et S. pour violation de règles d’urbanisme (abuso edilizio).
10. Le requérants se constituèrent parties civiles dans cette procédure.
11. Par un jugement déposé au greffe le 24 juillet 2000, le tribunal de Torre Annunziata condamna V. (S. étant entre-temps décédé) à un an et huit mois d’emprisonnement ainsi qu’à une amende de 1 500 000 ITL pour violation de règles d’urbanisme. En outre, le tribunal ordonna à la municipalité de Pompei de procéder à la démolition de la construction litigieuse, mit les frais de démolition à la charge de V. et ordonna le rétablissement des lieux tels qu’ils étaient initialement. Enfin, il reconnut aux requérants le droit à un dédommagement, à quantifier par les juridictions civiles compétentes.
12. V. interjeta appel de ce jugement.
13. Par un arrêt déposé au greffe le 12 mai 2001, la cour d’appel condamna V. à un an d’emprisonnement et à une amende de 1 000 000 ITL. En outre, elle confirma l’ordre de démolition de la construction litigieuse et le droit des requérants à un dédommagement à quantifier par les juridictions civiles compétentes, mais révoqua l’ordre de rétablissement des lieux dans leur état antérieur.
14. V. se pourvut en cassation
15. Par un arrêt déposé au greffe le 15 janvier 2002, la Cour de cassation débouta V. de son pourvoi.
16. La démolition de la construction litigieuse n’a jamais eu lieu.
2. La procédure en régularisation
17. Entre-temps, le 7 août 2001, V. avait introduit devant les autorités municipales de Pompei une demande visant à obtenir la régularisation (sanatoria) de la construction litigieuse.
18. Par une lettre du 23 septembre 2005, les requérants ont informé le greffe du rejet, par un arrêté du 16 juillet 2002, de cette demande.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
A. Sur la constitution de partie civile
19. Les articles pertinents du code de procédure pénale (le « CPP ») disposent :
Article 79
« La constitution de partie civile a lieu à partir de l’audience préliminaire (…) »
Article 90
« La partie lésée exerce les droits et les facultés qui lui sont expressément reconnus par la loi et peut en outre, à tout stade de la procédure, présenter des mémoires ainsi que, sauf en cassation, indiquer des éléments de preuve. »
Article 101
« La partie lésée peut nommer un représentant légal pour l’exercice des droits et des facultés dont elle jouit (…) »
B. Sur la démolition
20. L’article 7 de la loi no 47 du 28 février 1985, dans ses parties pertinentes, dispose :
« 2. Dans le cas où des constructions sont réalisées en l’absence d’un permis de construire ou en violation de celui-ci (…) le maire doit en ordonner la démolition.
3. Dans le cas où la personne responsable de la violation des règles d’urbanisme ne procède pas à la démolition (…), la propriété de la construction et du terrain sis à proximité de celle-ci est transférée sans frais à la municipalité (…)
5. La construction ainsi acquise au patrimoine de la municipalité doit être démolie aux frais de la personne ayant violé les règles d’urbanisme (…)
9. Dans le cas où la démolition n’a pas été déjà effectuée, le juge qui émet un jugement de condamnation (…) l’ordonne. »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
21. Les requérants se plaignent des dommages découlant de l’impossibilité d’obtenir la démolition de la construction réalisée par leurs voisins. Ils invoquent l’article 1 du Protocole no 1, qui se lit ainsi :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur les exceptions préliminaires du Gouvernement
22. Le Gouvernement réitère l’exception de non-épuisement des voies de recours internes, ainsi que celle tirée de l’absence de qualité de « victime », déjà soulevées au stade de la recevabilité de la requête.
23. La Cour note que les deux exceptions ont déjà été rejetées dans la décision sur la recevabilité du 5 juillet 2005 et que le Gouvernement s’appuie sur des arguments qui ne sont pas de nature à remettre en cause cette décision. Par conséquent, les exceptions ne sauraient être retenues.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
a) Le Gouvernement
24. A titre principal, le Gouvernement observe que l’ordre de démolition prononcé par les juridictions pénales répond en tant que tel à l’exigence de protection des intérêts de la collectivité et non pas des particuliers, à savoir les requérants.
25. Il s’agit en effet d’une mesure de nature administrative, poursuivant le but d’intérêt général de rétablir la situation de fait que les règles d’urbanisme violées visaient à protéger.
26. Dès lors, la non exécution de l’ordre de démolition ne constituerait pas, en tant que telle, une violation d’un droit individuel de caractère privé des requérants et ne pourrait donc pas être considérée comme une ingérence dans le droit de ceux-ci au respect des biens au sens de l’article 1 du Protocole no 1.
27. A titre subsidiaire, le Gouvernement fait valoir que la procédure en régularisation entamée par V. est toujours pendante. Or, dans des affaires dans lesquelles il y avait eu un commencement d’exécution de l’ordre de démolition contre lequel l’intéressé avait formé opposition devant les juridictions compétentes (incidente di esecuzione), la Cour de cassation a affirmé la nécessité de suspendre l’exécution de l’ordre de démolition lorsqu’une demande en régularisation a été présentée dans les formes et les délais légaux, accompagnée du paiement exigé. Le Gouvernement reconnaît que la présente affaire est différente par rapport à celles prises en considération par la Cour de cassation, mais considère toutefois que cette jurisprudence devrait orienter l’action des juridictions comme celle des administrations publiques.
28. Même à supposer que la non-exécution de l’ordre de démolition ait constitué une ingérence dans le droit des requérants au sens de l’article 1 du Protocole no 1, un tel sacrifice serait inferieur à celui qui frapperait le même droit de V., dans le cas où un tel ordre serait exécuté lorsque la procédure en régularisation est toujours pendante et la situation encore susceptible d’être régularisée.
b) Les requérants
29. Les requérants s’opposent aux arguments du Gouvernement, faisant notamment valoir que par un arrêté du 16 juillet 2002 les autorités municipales ont rejeté la demande en régularisation introduite par V.
2. Appréciation de la Cour
a) La règle applicable
30. En l’espèce, la Cour observe que le refus des autorités municipales de se conformer à la décision définitive des juridictions pénales a eu comme conséquence le maintien en l’état de la construction réalisée irrégulièrement par V. Compte tenu de la proximité de cette construction avec l’habitation des requérants, les autorités italiennes sont responsables de l’ingérence dans le droit de propriété des requérants ; l’ingérence en question ne constitue ni une expropriation ni une réglementation de l’usage des biens, mais relève de la première phrase du premier alinéa de l’article 1.
b) Sur l’observation de l’article 1 du Protocole no 1
31. La Cour rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 exige qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale : la seconde phrase du premier alinéa de cet article n’autorise, en effet, une privation de propriété que « dans les conditions prévues par la loi » ; le second alinéa reconnaît aux Etats le droit de réglementer l’usage des biens en mettant en vigueur des « lois ».
32. De plus, la prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique, est inhérente à l’ensemble des articles de la Convention (voir, entre autres, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italie, no 31524/96, § 63, CEDH 2000-VI, Amuur c. France, arrêt du 25 juin 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996-III, pp. 850-851, § 50) et implique le devoir de l’Etat ou d’une autorité publique de se plier à un jugement ou un arrêt rendu à leur encontre (voir, mutatis mutandis, Hornsby c. Grèce, arrêt du 19 mars 1997, Recueil 1997-II, p. 511, § 41). La même constatation vaut pour les actes des organes administratifs ayant un caractère définitif et exécutoire.
33. Il s’ensuit que la nécessité de rechercher si un juste équilibre a été maintenu entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir Sporrong et Lönnroth c. Suède, arrêt du 23 septembre 1982, série A no 52, p. 26, § 69) ne peut se faire sentir que lorsqu’il est avéré que l’ingérence litigieuse a respecté le principe de la légalité et n’était pas arbitraire (voir Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II).
34. Dans le cas d’espèce, la Cour estime opportun de rappeler certains faits qui lui paraissent essentiels. D’abord, la Cour relève que par une procédure conclue par un arrêt de la Cour de cassation, les juridictions pénales ont définitivement ordonné la démolition de la construction litigieuse, étant donné que celle-ci avait été réalisée en violation des règles d’urbanisme. Les autorités municipales avaient donc le devoir de procéder ainsi, mais elles n’ont toutefois pris aucune initiative en ce sens.
35. Ensuite, la Cour se doit de constater que les juridictions pénales ont aussi définitivement reconnu que les requérants ont subi un dommage matériel en raison de la construction illégale et ont par conséquent reconnu à ceux-ci le droit à un dédommagement, la procédure éventuelle devant les juridictions civiles étant nécessaire seulement afin de le quantifier.
36. Enfin, quant à la procédure en régularisation entamée par V. devant la municipalité de Pompei, la Cour relève que celle-ci s’est conclue le 16 juillet 2002 par un rejet de la demande en régularisation.
37. Il ressort donc des faits de la cause que le refus ou l’omission de l’administration municipale de procéder à la démolition de la construction litigieuse n’avait aucune base légale en droit interne. Une telle conclusion dispense la Cour de rechercher si un juste équilibre a été maintenu entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits individuels (voir Antonetto c. Italie, no 15918/89, 20 juillet 2000 et Fotopoulou c. Grèce, no 66725/01, 18 novembre 2004).
38. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
39. Invoquant le droit à une protection judiciaire effective, les requérants se plaignent de l’impossibilité d’obtenir l’exécution du jugement définitif des juridictions pénales ordonnant la démolition de l’immeuble litigieux. Ils invoquent l’article 6 § 1 de la Convention, qui, dans ses parties pertinentes, dispose :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Thèses des parties
40. Le Gouvernement soutient qu’aucune juridiction nationale n’a reconnu aux requérants le droit à la démolition de l’immeuble litigieux. La constitution de partie civile dans la procédure devant les juridictions pénales n’aurait en effet été acceptée qu’aux fins de l’octroi d’un dédommagement et non pas pour obtenir l’ordre de démolition.
41. En raison de l’absence d’un droit individuel des requérants à la démolition, le Gouvernement conclut que l’article 6 § 1 de la Convention n’a pas été violé en l’espèce.
42. En tout état de cause, le Gouvernement soutient que l’ordre de démolition ne constitue pas une mesure dont la mise en exécution est un devoir incontournable pour ses destinataires, étant donné que l’administration peut, à certaines conditions prévues par la loi, surseoir à son exécution et même l’ignorer.
43. Les requérants s’opposent à la thèse du Gouvernement.
B. Appréciation de la Cour
44. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, le droit à un tribunal serait illusoire si l’ordre juridique interne d’un Etat contractant permettait qu’une décision judiciaire définitive et obligatoire reste inopérante au détriment d’une partie. L’exécution d’un jugement ou arrêt, de quelque juridiction que ce soit, doit donc être considérée comme faisant partie intégrante du « procès » au sens de l’article 6 (voir, entre autres, Immobiliare Saffi c. Italie [GC], no 22774/93, § 63 in fine, CEDH 1999-V, et Hornsby c. Grèce, précité, § 40).
45. En l’espèce, la Cour considère que le grief des requérants soulevé sous l’angle du droit d’accès à un tribunal se confond avec celui tiré de l’article 1 du Protocole no 1, dans la mesure où les requérants se plaignent à ce titre des dommages découlant de l’impossibilité d’obtenir la démolition de la construction litigieuse.
46. Eu égard à la conclusion formulée au paragraphe 38, elle n’estime pas nécessaire de l’examiner séparément sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
47. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage matériel
48. S’appuyant sur une expertise qu’ils ont déposée, les requérants sollicitent le versement d’une somme de 153 864 EUR, égale à la diminution de valeur de leur immeuble en raison de la présence de la construction litigieuse.
49. Le Gouvernement fait valoir que les requérants n’ont droit à aucune somme, étant donné que la non-exécution de l’ordre de démolition ne constituerait pas la violation d’un droit individuel de caractère privé des requérants. En tout état de cause, le Gouvernement soutient que les requérants n’ont pas étayé leur demande.
50. En outre, le Gouvernement fait valoir que l’expertise déposée par les requérants n’aurait pas été établie selon des critères objectifs.
51. De plus, le Gouvernement soutient que l’ordre de démolition reste à exécuter et que l’immeuble des requérants récupérera sa valeur après cette démolition.
52. Enfin, le Gouvernement relève que, conformément à la décision des juridictions pénales, les requérants pourraient entamer une action devant les juridictions civiles afin d’obtenir un dédommagement.
53. La Cour estime que, compte tenu des circonstances de l’espèce et abstraction faite de l’issue qui sera réservée à la question de la démolition, un dédommagement constituerait une réparation adéquate du préjudice subi par les requérants. A cet égard, la Cour relève que les juridictions pénales ont définitivement déterminé que les requérants ont subi un dommage matériel en raison de la construction illégale réalisée par V. (paragraphes 11 et 13 ci-dessus). Toutefois, étant donné que conformément à la décision de ces juridictions, les requérants peuvent engager une action devant les juridictions civiles afin d’obtenir un dédommagement, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu d’accorder une somme à titre de dommage matériel.
B. Dommage moral
54. Les requérants demandent la somme de 50 000 EUR.
55. Le Gouvernement réitère les arguments présentés ci-dessus et fait valoir qu’en tout état de cause, la somme demandée est excessive.
56. La Cour admet que les requérants doivent avoir subi un préjudice moral – du fait notamment de la frustration provoquée par le refus ou l’omission de l’administration de procéder à la démolition de la construction litigieuse malgré la décision définitive des juridictions pénales – que ne compense pas suffisamment le constat de violation (voir, entre autres, Antonetto c. Italie, précité, Dactylidi c. Grèce, no 52903/99, § 58, 27 mars 2003 et Fotopoulou c. Grèce, précité). Statuant en équité, la Cour alloue à ce titre 5 000 EUR à chacun des requérants.
C. Frais et dépens
57. Les requérants sollicitent le versement de 9 556,38 EUR à titre de frais et dépens en ce qui concerne la procédure devant la Cour.
58. Le Gouvernement soutient que la somme demandée est exorbitante et s’en remet à la sagesse de la Cour.
59. La Cour rappelle sa jurisprudence selon laquelle l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En outre, les frais de justice ne sont recouvrables que dans la mesure où ils se rapportent à la violation constatée (voir, par exemple, Beyeler c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 33202/96, § 27, 28 mai 2002 ; Sahin c. Allemagne [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).
60. La Cour vient de conclure à la violation de l’article 1 du Protocole no 1, admettant ainsi la thèse des requérants. Si la Cour ne doute pas de la nécessité des frais réclamés ni qu’ils aient été effectivement engagés à ce titre, elle trouve cependant excessifs les honoraires revendiqués pour la procédure à Strasbourg. Elle considère dès lors qu’il n’y a lieu de les rembourser qu’en partie. Compte tenu des circonstances de la cause, la Cour alloue aux requérants, conjointement, 3 000 EUR au total, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur cette somme.
D. Intérêts moratoires
61. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À l’UNANIMITÉ,
1. Rejette les exceptions préliminaires du Gouvernement ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner séparément le grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i. 5 000 EUR (cinq mille euros) à chaque requérant pour dommage moral ;
ii. 3 000 EUR (trois mille euros) aux requérants, conjointement, pour frais et dépens ;
iii. tout montant pouvant être dû à titre d’impôt sur lesdites sommes ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 17 juillet 2007 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
S. Dollé F. Tulkens
Greffière Présidente

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