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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VISAN c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 5181/04/2009
Stato: Romania
Data: 2009-06-23 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA VIŞAN C. ROMANIA
( Richiesta no 5181/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Vişan c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 5181/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. N. V. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 9 dicembre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 16 marzo 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare al Governo la richiesta. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1957 e risiede a Focşani.
5. Il 1 ottobre 2001, il richiedente, militare in pensione, investì il tribunale dipartimentale di Vrancea (“il tribunale dipartimentale”) di un’azione contro il ministero della Difesa Nazionale (“il ministero”), per vedersi rimborsare l’imposta considerata su un’indennità di pensionamento. Con un giudizio del 6 dicembre 2001, il tribunale dipartimentale fece diritto all’azione e condannò il ministero a versargli 65 881 143 lei rumeni (“ROL”), o 2 641 euro (“EUR”). Questo giudizio fu confermato da una sentenza definitiva del 15 marzo 2002 della corte di appello di Galaţi (“la corte di appello”) che respinse il ricorso del ministero.
6. Il 19 giugno 2002, il richiedente percepì la somma in causa.
7. Il 17 settembre 2002, il procuratore generale della Romania introdusse un ricorso per annullamento dinnanzi alla Corte suprema di giustizia, al motivo che le suddette giurisdizioni non avevano interpretato correttamente il diritto applicabile nello specifico. Con una sentenza del 9 maggio 2003, la Corte suprema fece diritto al ricorso per annullamento e condannò il richiedente a restituire la somma percepita in virtù del giudizio del 6 dicembre 2001. La sentenza della Corte suprema fu messa in bella copia il 5 giugno 2003. Il 4 settembre 2003, la pratica fu mandata dalla Corte suprema al tribunale dipartimentale.
8. In seguito ad una nuova sentenza definitiva della corte di appello del 29 giugno 2005, che condannava il richiedente a restituire la somma percepita, rimborsò al ministero la somma di 8 828 nuovi lei rumeni (“Ron”), o circa 2 504 EUR, che rappresentavano la somma percepita a titolo di imposta così come gli oneri di giustizia.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
9. La legislazione interna pertinente è descritta nella sentenza Stere ed altri c. Romania (no 25632/02, §§ 19-24, 23 febbraio 2006,).
10. Secondo l’articolo 261 § 3 del Codice rumeno di procedura civile, solo le decisioni rese in prima istanza ed in appello vengono comunicate alle parti. Le decisioni definitive rese non sono comunicate in ultima istanza agli interessati ai quali tocca fare i passi necessari per prenderne cognizione.
IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
1. Tesi delle parti
11. Il Governo sostiene che introducendo la sua richiesta il 9 dicembre 2003, il richiedente non abbia rispettato il termine dei sei mesi previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. Considera che in mancanza di passi da parte sua presso la cancelleria della Corte suprema di giustizia per ottenere una copia della sentenza del 9 maggio 2003, questo termine è cominciato a decorrere al più tardi il 5 giugno 2003, data in cui la sentenza definitiva è stata redatta (mutatis mutandis, Z.Y. c. Turchia (déc), no 27532/95, 9 giugno 2001).
12. Il richiedente combatte questa tesi ed adduce che è solamente al decorrere del mese di settembre 2003 che ha avuto la possibilità di prendere cognizione della motivazione della sentenza della Corte suprema, quando la pratica è stata mandata da questa al tribunale dipartimentale. Precisa, inoltre che dopo il pronunziato della sentenza controversa, ha contattato regolarmente per telefono la cancelleria della Corte suprema che gli ha indicato ogni volta che una copia della sentenza gli sarebbe stata notificata presso il suo domicilio, dopo essere stata redatta.
2. Valutazione della Corte
13. La Corte nota che la decisione interna definitiva è la sentenza della Corte suprema di giustizia del 9 maggio 2003. Visto che il diritto interno non contempla alcun obbligo di notificare le decisioni rese in ultima istanza alle parti, resta da stabilire, in mancanza di una notificazione, la data in cui questa sentenza è stata messa a disposizione delle parti (mutatis mutandis, Partidul comuniştilor, nepecerişti, ed Ungureanu c. Romania, (déc.), no 46626/99, 16 dicembre 2003, e Potop c. Romania, no 35882/97, § 32, 25 novembre 2003). Ora, la Corte rileva che, se la data della redazione della sentenza, o il 5 giugno 2003, non viene contestata, in compenso, niente permette di sapere la data in cui questa è stata messa effettivamente a disposizione delle parti. Nelle circostanze dello specifico, la Corte non vede nessuna ragione di mettere in dubbio la sincerità delle spiegazioni del richiedente, né di giudicare irragionevole il periodo che è trascorso, sapendo che il Governo non ha portato delle precisazioni suscettibili di allontanare questa presunzione e di dimostrare come il richiedente avrebbe potuto conoscere anteriormente il contenuto della sentenza in questione, in particolare, presentando delle copie dei registri tenuti dalla cancelleria della Corte suprema che avrebbero fatto fede ( mutatis mutandis, Potop, precitata, § 34).
14. Di conseguenza, la Corte considera che la presente richiesta introdotta il 9 dicembre 2003, ossia nei sei mesi dalla cognizione da parte del richiedente del contenuto della sentenza della Corte suprema, non era tardiva ai sensi dell’articolo 35 § 1 Convenzione.
Pertanto, conviene respingere l’eccezione preliminare del Governo derivata dalla tardività della richiesta.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
15. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto dei beni, in ragione dell’obbligo di restituire la somma percepita in virtù di una decisione passata in forza di cosa giudicata. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ai termini del quale:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
16. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva anche che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
17. Il Governo riconosce che l’annullamento da parte della Corte suprema di giustizia della sentenza definitiva del 15 marzo 2002 costituisce un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente. Stima tuttavia che questa ingerenza è compatibile con le disposizioni del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, dal momento che è legale e che è proporzionata allo scopo legittimo previsto.
18. Il richiedente stima che l’imposta del suo sussidio non aveva base legale.
19. La Corte nota innanzitutto che non è contestato che in virtù della sentenza definitiva del 15 marzo 2002, il richiedente aveva un credito nei confronti dello stato sufficientemente stabilito da essere esigibile. Il ministero della Difesa gli ha versato la somma in questione di cui ha potuto godere del resto fino alla sentenza della Corte suprema di giustizia del 9 maggio 2003 che ha ordinato il suo rimborso. Questa sentenza ha costituito un’ingerenza nell’esercizio da parte del richiedente del suo diritto di credito dunque, e, pertanto, nel suo diritto al rispetto dei suoi beni.
20. La Corte ricorda avere già concluso, nella causa Stere ed altri precitata, che l’intervento del procuratore generale, dopo la fine di un procedimento al quale non era parte e che ha condotto all’annullamento integrale dei crediti nei confronti dello stato, rompeva il giusto equilibrio da predisporre tra la protezione del diritto al rispetto dei beni e le esigenze dell’interesse generale. Nella presente causa, essendo i fatti simili, niente giustifica che la Corte si scosti da questa conclusione.
21. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.

II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
22. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta del rigetto della sua azione, in seguito ad un ricorso per annullamento e del fatto che la Corte suprema non sarebbe stata indipendente ed imparziale e non avrebbe tenuto conto del diritto applicabile. La Corte stima che questi motivi di appello devono essere esaminati sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
23. Tenuto conto della constatazione al quale è giunta sopra ai paragrafi 20 e 21, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATA CON L’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
24. Sotto l’angolo degli articoli 14 della Convenzione e 1 del Protocollo no 12 alla Convenzione, il richiedente stima di essere stato vittima di una discriminazione rispetto ad altre persone che, trovandosi in una situazione simile, non sono state condannate a restituire la somma percepita, nella misura in cui il procuratore generale non ha introdotto alcun ricorso per annullamento contro le decisioni che erano favorevoli a loro. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere esaminato sotto l’angolo dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
25. La Corte osserva che il richiedente non ha fornito nessun elemento o documento di natura tale da supportare questo motivo di appello che deve essere respinto come manifestamente mal fondato in applicazione dell’articolo 35 § 3 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
26. Facendo valere che il ministero ha sequestrato l’interezza della somma che doveva in virtù della sentenza del 9 maggio 2003 della Corte suprema, o 8 828 Ron, il richiedente chiede il suo rimborso. Esige anche il versamento di 910 Ron, o circa 270 EUR, che rappresentano degli interessi ivi afferenti, somma richiesta dal ministero ma tuttavia non versata dal richiedente ad oggi. Richiede 5 000 euro a titolo di danno morale.
27. Il Governo nota che l’importo di 910 Ron non è stato versato effettivamente dal richiedente e che di conseguenza questo potrebbe vedersi rimborsare solo l’importo sequestrato dal ministero, ossia 8 828 Ron. Trattandosi della richiesta a titolo del danno morale, il Governo considera che l’importo è eccessivo avuto riguardo alle somme concesse dalla Corte in cause simili.
28. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico allo sguardo della Convenzione di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze. Se il diritto interno permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, l’articolo 41 della Convenzione conferisce alla Corte il potere di accordare un risarcimento alla parte lesa dall’atto o dall’omissione a proposito dei quali è stata constatata una violazione della Convenzione.
29. La Corte stima che, nelle circostanze dello specifico, il rimborso, da parte dello stato, dell’importo di 8 828 Ron porrebbe per quanto possibile il richiedente in una situazione che equivaleva a quella in cui si sarebbe trovato se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
30. Peraltro, la Corte stima che il richiedente ha subito un torto morale innegabile a causa della sua condanna a rimborsare la somma controversa. Tenuto conto delle circostanze della causa e deliberando in equità come esige l’articolo 41, la Corte gli concede a questo titolo 1 000 EUR.
B. Oneri e spese
31. Il richiedente chiede 500 EUR senza fornire giustificativi.
32. Riferendosi in materia alla giurisprudenza della Corte, il Governo sostiene che il richiedente non ha giustificato essere incorso delle spese.
33. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e delle spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto del fatto che il richiedente non ha dettagliato la natura degli oneri e delle spese presumibilmente incorsi e che non ha fornito nessun giustificativo, la Corte respinge la sua richiesta a questo titolo.
C. Interessi moratori
34. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello derivato dall’articolo 6;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, deve restituire al richiedente un importo di 8 828 Ron per danno materiale, così come versargli 1 000 EUR (mille euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lei rumeni al tasso applicabile in data dell’ordinamento,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Josep Casadevall
Cancelliere aggiunto Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE VIŞAN c. ROUMANIE
(Requête no 5181/04)
ARRÊT
STRASBOURG
23 juin 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Vişan c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Stanley Naismith, greffier adjoint de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 2 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 5181/04) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet Etat, M. N. V. (« le requérant »), a saisi la Cour le 9 décembre 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 16 mars 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant de l’article 29 § 3 de la Convention, il a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1957 et réside à Focşani.
5. Le 1er octobre 2001, le requérant, militaire à la retraite, saisit le tribunal départemental de Vrancea (« le tribunal départemental ») d’une action contre le ministère de la Défense Nationale (« le ministère »), afin de se voir rembourser l’impôt retenu sur une indemnité de départ à la retraite. Par un jugement du 6 décembre 2001, le tribunal départemental fit droit à l’action et condamna le ministère à lui verser 65 881 143 lei roumains (« ROL »), soit 2 641 euros (« EUR »). Ce jugement fut confirmé par un arrêt définitif du 15 mars 2002 de la cour d’appel de Galaţi (« la cour d’appel »), qui rejeta le recours du ministère.
6. Le 19 juin 2002, le requérant perçut la somme en cause.
7. Le 17 septembre 2002, le procureur général de la Roumanie introduisit un recours en annulation devant la Cour suprême de justice, au motif que les juridictions susmentionnées n’avaient pas interprété correctement le droit applicable en l’espèce. Par un arrêt du 9 mai 2003, la Cour suprême fit droit au recours en annulation et condamna le requérant à restituer la somme perçue en vertu du jugement du 6 décembre 2001. L’arrêt de la Cour suprême fut mis au net le 5 juin 2003. Le 4 septembre 2003, le dossier fut envoyé par la Cour suprême au tribunal départemental.
8. A la suite d’un nouvel arrêt définitif de la cour d’appel du 29 juin 2005, condamnant le requérant à restituer la somme perçue, il remboursa au ministère la somme de 8 828 nouveaux lei roumains (« RON »), soit environ 2 504 EUR, représentant la somme perçue au titre d’impôt ainsi que les frais de justice.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
9. La législation interne pertinente est décrite dans l’arrêt Stere et autres c. Roumanie (no 25632/02, §§ 19-24, 23 février 2006).
10. Selon l’article 261 § 3 du Code roumain de procédure civile, seules les décisions rendues en première instance et en appel sont communiquées aux parties. Les décisions définitives rendues en dernier ressort ne sont pas communiquées aux intéressés, auxquels il incombe de faire les démarches nécessaires pour en prendre connaissance.
EN DROIT
I. SUR L’EXCEPTION PRÉLIMINAIRE DU GOUVERNEMENT
1. Thèses des parties
11. Le Gouvernement soutient qu’en introduisant sa requête le 9 décembre 2003, le requérant n’a pas respecté le délai de six mois prévu par l’article 35 § 1 de la Convention. Il considère qu’en l’absence de démarches de sa part auprès du greffe de la Cour suprême de justice pour obtenir une copie de l’arrêt du 9 mai 2003, ce délai a commencé à courir au plus tard le 5 juin 2003, date à laquelle l’arrêt définitif a été rédigé (mutatis mutandis, Z.Y. c. Turquie (déc), no 27532/95, 9 juin 2001).
12. Le requérant combat cette thèse et allègue que ce n’est qu’au cours du mois de septembre 2003 qu’il a eu la possibilité de prendre connaissance de la motivation de l’arrêt de la Cour suprême, lorsque le dossier a été envoyé par celle-ci au tribunal départemental. Il précise, en outre, qu’après le prononcé de l’arrêt litigieux, il a contacté régulièrement par téléphone le greffe de la Cour suprême, qui lui a indiqué à chaque fois qu’une copie de l’arrêt lui serait notifiée à son domicile, après qu’il soit rédigé.
2. Appréciation de la Cour
13. La Cour note que la décision interne définitive est l’arrêt de la Cour suprême de justice du 9 mai 2003. Vu que le droit interne ne prévoit pas d’obligation de notifier aux parties les décisions rendues en dernier ressort, il reste à établir, à défaut d’une notification, la date à laquelle cet arrêt a été mis à la disposition des parties (mutatis mutandis, Partidul comuniştilor (nepecerişti) et Ungureanu c. Roumanie (déc.), no 46626/99, 16 décembre 2003, et Potop c. Roumanie, no 35882/97, § 32, 25 novembre 2003). Or, la Cour relève que, si la date de la rédaction de l’arrêt, soit le 5 juin 2003, n’est pas contestée, en revanche, rien ne permet de savoir la date à laquelle celui-ci a été effectivement mis à la disposition des parties. Dans les circonstances de l’espèce, la Cour ne voit aucune raison de mettre en doute la sincérité des explications du requérant, ni de juger déraisonnable la période qui s’est écoulée, sachant que le Gouvernement n’a pas apporté de précisions susceptibles d’écarter cette présomption et de démontrer comment le requérant aurait pu connaitre antérieurement le contenu de l’arrêt en question, en particulier, en présentant des copies des registres tenus par le greffe de la Cour suprême qui auraient fait foi (mutatis mutandis, Potop, précité, § 34).
14. Par conséquent, la Cour considère que la présente requête introduite le 9 décembre 2003, à savoir dans les six mois de la connaissance par le requérant du contenu de l’arrêt de la Cour suprême, n’était pas tardive au sens de l’article 35 § 1 Convention.
Partant, il convient de rejeter l’exception préliminaire du Gouvernement tirée de la tardiveté de la requête.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
15. Le requérant se plaint d’une atteinte à son droit au respect des biens, en raison de l’obligation de restituer la somme perçue en vertu d’une décision passée en force de chose jugée. Il invoque l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention aux termes duquel :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
16. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève également que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
17. Le Gouvernement reconnaît que l’annulation par la Cour suprême de justice de l’arrêt définitif du 15 mars 2002 constitue une ingérence dans le droit au respect des biens du requérant. Il estime toutefois que cette ingérence est compatible avec les dispositions du second alinéa de l’article 1 du Protocole no 1, dès lors qu’elle est légale et qu’elle est proportionnée au but légitime visé.
18. Le requérant estime que l’imposition de son allocation n’avait pas de base légale.
19. La Cour note tout d’abord qu’il n’est pas contesté qu’en vertu de l’arrêt définitif du 15 mars 2002, le requérant avait une créance sur l’Etat suffisamment établie pour être exigible. Le ministère de la Défense lui a d’ailleurs versé la somme en question, dont il a pu jouir jusqu’à l’arrêt de la Cour suprême de justice du 9 mai 2003, qui a ordonné son remboursement. Cet arrêt a donc constitué une ingérence dans l’exercice par le requérant de son droit de créance, et, partant, dans son droit au respect de ses biens.
20. La Cour rappelle avoir déjà conclu, dans l’affaire Stere et autres précitée, que l’intervention du procureur général, après la fin d’une procédure à laquelle il n’était pas partie et conduisant à l’annulation intégrale des créances sur l’Etat, rompait le juste équilibre à ménager entre la protection du droit au respect des biens et les exigences de l’intérêt général. Dans la présente affaire, les faits étant similaires, rien ne justifie que la Cour s’écarte de cette conclusion.
21. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.

II. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DES ARTICLES 6 § 1 ET 13 DE LA CONVENTION
22. Invoquant les articles 6 § 1 et 13 de la Convention, le requérant se plaint du rejet de son action, à la suite d’un recours en annulation et de ce que la Cour suprême n’aurait pas été indépendante et impartiale et n’aurait pas tenu compte du droit applicable. La Cour estime que ces griefs doivent être examinés sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention.
23. Compte tenu du constat auquel elle est parvenue aux paragraphes 20 et 21 ci-dessus, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé de ce grief.
IV. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 14 DE LA CONVENTION COMBINÉ AVEC L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
24. Sous l’angle des articles 14 de la Convention et 1 du Protocole no 12 à la Convention, le requérant estime avoir été victime d’une discrimination par rapport à d’autres personnes qui, se trouvant dans une situation similaire, n’ont pas été condamnées à restituer les sommes perçues, dans la mesure où le procureur général n’a pas introduit de recours en annulation contre les décisions qui leur étaient favorables. La Cour estime que ce grief doit être examiné sous l’angle de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1.
25. La Cour observe que le requérant n’a fourni aucun élément ou document de nature à étayer ce grief, qui doit être rejeté comme manifestement mal fondé en application de l’article 35 § 3 de la Convention.
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
26. Faisant valoir que le ministère a saisi l’intégralité de la somme qu’il devait en vertu de l’arrêt du 9 mai 2003 de la Cour suprême, soit 8 828 RON, le requérant demande son remboursement. Il exige également le versement de 910 RON, soit environ 270 EUR, représentant des intérêts afférents, somme réclamée par le ministère mais toutefois pas versée par le requérant à ce jour. Il réclame 5 000 euros au titre de dommage moral.
27. Le Gouvernement note que le montant de 910 RON n’a pas été effectivement versé par le requérant et que par conséquent celui-ci ne saurait se voir rembourser que le montant saisi par le ministère, à savoir 8 828 RON. S’agissant de la demande au titre du préjudice moral, le Gouvernement considère que le montant est excessif eu égard aux sommes octroyées par la Cour dans des affaires similaires.
28. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique au regard de la Convention de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences. Si le droit interne ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, l’article 41 de la Convention confère à la Cour le pouvoir d’accorder une réparation à la partie lésée par l’acte ou l’omission à propos desquels une violation de la Convention a été constatée.
29. La Cour estime que, dans les circonstances de l’espèce, le remboursement, par l’Etat, du montant de 8 828 RON placerait autant que possible le requérant dans une situation équivalant à celle où il se trouverait si les exigences de l’article 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
30. Par ailleurs, la Cour estime que le requérant a subi un tort moral indéniable du fait de sa condamnation à rembourser la somme litigieuse. Compte tenu des circonstances de la cause et statuant en équité comme le veut l’article 41, la Cour lui octroie à ce titre 1 000 EUR.
B. Frais et dépens
31. Le requérant demande 500 EUR sans fournir de justificatifs.
32. Se référant à la jurisprudence de la Cour en la matière, le Gouvernement soutient que le requérant n’a pas justifié avoir encouru des dépens.
33. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu du fait que le requérant n’a pas détaillé la nature des frais et dépens prétendument encourus et qu’il n’a fourni aucun justificatif, la Cour rejette sa demande à ce titre.
C. Intérêts moratoires
34. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.

PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 et irrecevable quant au grief tiré de l’article 14 de la Convention combiné avec l’article 1 du Protocole no 1 ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé du grief tiré de l’article 6 ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur, dans les trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, doit restituer au requérant un montant de 8 828 RON pour dommage matériel, ainsi que lui verser 1 000 EUR (mille euros) pour dommage moral, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, à convertir en lei roumains au taux applicable à la date du règlement ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 23 juin 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Josep Casadevall
Greffier adjoint Président

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