TERZA SEZIONE
CAUSA VIŞAN C. ROMANIA
( Richiesta no 5181/04)
SENTENZA
STRASBURGO
23 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Vişan c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Stanley Naismith, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 2 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 5181/04) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. N. V. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 9 dicembre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 16 marzo 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare al Governo la richiesta. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1957 e risiede a Focşani.
5. Il 1 ottobre 2001, il richiedente, militare in pensione, investì il tribunale dipartimentale di Vrancea (“il tribunale dipartimentale”) di un’azione contro il ministero della Difesa Nazionale (“il ministero”), per vedersi rimborsare l’imposta considerata su un’indennità di pensionamento. Con un giudizio del 6 dicembre 2001, il tribunale dipartimentale fece diritto all’azione e condannò il ministero a versargli 65 881 143 lei rumeni (“ROL”), o 2 641 euro (“EUR”). Questo giudizio fu confermato da una sentenza definitiva del 15 marzo 2002 della corte di appello di Galaţi (“la corte di appello”) che respinse il ricorso del ministero.
6. Il 19 giugno 2002, il richiedente percepì la somma in causa.
7. Il 17 settembre 2002, il procuratore generale della Romania introdusse un ricorso per annullamento dinnanzi alla Corte suprema di giustizia, al motivo che le suddette giurisdizioni non avevano interpretato correttamente il diritto applicabile nello specifico. Con una sentenza del 9 maggio 2003, la Corte suprema fece diritto al ricorso per annullamento e condannò il richiedente a restituire la somma percepita in virtù del giudizio del 6 dicembre 2001. La sentenza della Corte suprema fu messa in bella copia il 5 giugno 2003. Il 4 settembre 2003, la pratica fu mandata dalla Corte suprema al tribunale dipartimentale.
8. In seguito ad una nuova sentenza definitiva della corte di appello del 29 giugno 2005, che condannava il richiedente a restituire la somma percepita, rimborsò al ministero la somma di 8 828 nuovi lei rumeni (“Ron”), o circa 2 504 EUR, che rappresentavano la somma percepita a titolo di imposta così come gli oneri di giustizia.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
9. La legislazione interna pertinente è descritta nella sentenza Stere ed altri c. Romania (no 25632/02, §§ 19-24, 23 febbraio 2006,).
10. Secondo l’articolo 261 § 3 del Codice rumeno di procedura civile, solo le decisioni rese in prima istanza ed in appello vengono comunicate alle parti. Le decisioni definitive rese non sono comunicate in ultima istanza agli interessati ai quali tocca fare i passi necessari per prenderne cognizione.
IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
1. Tesi delle parti
11. Il Governo sostiene che introducendo la sua richiesta il 9 dicembre 2003, il richiedente non abbia rispettato il termine dei sei mesi previsto dall’articolo 35 § 1 della Convenzione. Considera che in mancanza di passi da parte sua presso la cancelleria della Corte suprema di giustizia per ottenere una copia della sentenza del 9 maggio 2003, questo termine è cominciato a decorrere al più tardi il 5 giugno 2003, data in cui la sentenza definitiva è stata redatta (mutatis mutandis, Z.Y. c. Turchia (déc), no 27532/95, 9 giugno 2001).
12. Il richiedente combatte questa tesi ed adduce che è solamente al decorrere del mese di settembre 2003 che ha avuto la possibilità di prendere cognizione della motivazione della sentenza della Corte suprema, quando la pratica è stata mandata da questa al tribunale dipartimentale. Precisa, inoltre che dopo il pronunziato della sentenza controversa, ha contattato regolarmente per telefono la cancelleria della Corte suprema che gli ha indicato ogni volta che una copia della sentenza gli sarebbe stata notificata presso il suo domicilio, dopo essere stata redatta.
2. Valutazione della Corte
13. La Corte nota che la decisione interna definitiva è la sentenza della Corte suprema di giustizia del 9 maggio 2003. Visto che il diritto interno non contempla alcun obbligo di notificare le decisioni rese in ultima istanza alle parti, resta da stabilire, in mancanza di una notificazione, la data in cui questa sentenza è stata messa a disposizione delle parti (mutatis mutandis, Partidul comuniştilor, nepecerişti, ed Ungureanu c. Romania, (déc.), no 46626/99, 16 dicembre 2003, e Potop c. Romania, no 35882/97, § 32, 25 novembre 2003). Ora, la Corte rileva che, se la data della redazione della sentenza, o il 5 giugno 2003, non viene contestata, in compenso, niente permette di sapere la data in cui questa è stata messa effettivamente a disposizione delle parti. Nelle circostanze dello specifico, la Corte non vede nessuna ragione di mettere in dubbio la sincerità delle spiegazioni del richiedente, né di giudicare irragionevole il periodo che è trascorso, sapendo che il Governo non ha portato delle precisazioni suscettibili di allontanare questa presunzione e di dimostrare come il richiedente avrebbe potuto conoscere anteriormente il contenuto della sentenza in questione, in particolare, presentando delle copie dei registri tenuti dalla cancelleria della Corte suprema che avrebbero fatto fede ( mutatis mutandis, Potop, precitata, § 34).
14. Di conseguenza, la Corte considera che la presente richiesta introdotta il 9 dicembre 2003, ossia nei sei mesi dalla cognizione da parte del richiedente del contenuto della sentenza della Corte suprema, non era tardiva ai sensi dell’articolo 35 § 1 Convenzione.
Pertanto, conviene respingere l’eccezione preliminare del Governo derivata dalla tardività della richiesta.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
15. Il richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto al rispetto dei beni, in ragione dell’obbligo di restituire la somma percepita in virtù di una decisione passata in forza di cosa giudicata. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ai termini del quale:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
16. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva anche che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
17. Il Governo riconosce che l’annullamento da parte della Corte suprema di giustizia della sentenza definitiva del 15 marzo 2002 costituisce un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente. Stima tuttavia che questa ingerenza è compatibile con le disposizioni del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, dal momento che è legale e che è proporzionata allo scopo legittimo previsto.
18. Il richiedente stima che l’imposta del suo sussidio non aveva base legale.
19. La Corte nota innanzitutto che non è contestato che in virtù della sentenza definitiva del 15 marzo 2002, il richiedente aveva un credito nei confronti dello stato sufficientemente stabilito da essere esigibile. Il ministero della Difesa gli ha versato la somma in questione di cui ha potuto godere del resto fino alla sentenza della Corte suprema di giustizia del 9 maggio 2003 che ha ordinato il suo rimborso. Questa sentenza ha costituito un’ingerenza nell’esercizio da parte del richiedente del suo diritto di credito dunque, e, pertanto, nel suo diritto al rispetto dei suoi beni.
20. La Corte ricorda avere già concluso, nella causa Stere ed altri precitata, che l’intervento del procuratore generale, dopo la fine di un procedimento al quale non era parte e che ha condotto all’annullamento integrale dei crediti nei confronti dello stato, rompeva il giusto equilibrio da predisporre tra la protezione del diritto al rispetto dei beni e le esigenze dell’interesse generale. Nella presente causa, essendo i fatti simili, niente giustifica che la Corte si scosti da questa conclusione.
21. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE
22. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta del rigetto della sua azione, in seguito ad un ricorso per annullamento e del fatto che la Corte suprema non sarebbe stata indipendente ed imparziale e non avrebbe tenuto conto del diritto applicabile. La Corte stima che questi motivi di appello devono essere esaminati sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
23. Tenuto conto della constatazione al quale è giunta sopra ai paragrafi 20 e 21, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 14 DELLA CONVENZIONE COMBINATA CON L’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
24. Sotto l’angolo degli articoli 14 della Convenzione e 1 del Protocollo no 12 alla Convenzione, il richiedente stima di essere stato vittima di una discriminazione rispetto ad altre persone che, trovandosi in una situazione simile, non sono state condannate a restituire la somma percepita, nella misura in cui il procuratore generale non ha introdotto alcun ricorso per annullamento contro le decisioni che erano favorevoli a loro. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere esaminato sotto l’angolo dell’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
25. La Corte osserva che il richiedente non ha fornito nessun elemento o documento di natura tale da supportare questo motivo di appello che deve essere respinto come manifestamente mal fondato in applicazione dell’articolo 35 § 3 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
26. Facendo valere che il ministero ha sequestrato l’interezza della somma che doveva in virtù della sentenza del 9 maggio 2003 della Corte suprema, o 8 828 Ron, il richiedente chiede il suo rimborso. Esige anche il versamento di 910 Ron, o circa 270 EUR, che rappresentano degli interessi ivi afferenti, somma richiesta dal ministero ma tuttavia non versata dal richiedente ad oggi. Richiede 5 000 euro a titolo di danno morale.
27. Il Governo nota che l’importo di 910 Ron non è stato versato effettivamente dal richiedente e che di conseguenza questo potrebbe vedersi rimborsare solo l’importo sequestrato dal ministero, ossia 8 828 Ron. Trattandosi della richiesta a titolo del danno morale, il Governo considera che l’importo è eccessivo avuto riguardo alle somme concesse dalla Corte in cause simili.
28. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico allo sguardo della Convenzione di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze. Se il diritto interno permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, l’articolo 41 della Convenzione conferisce alla Corte il potere di accordare un risarcimento alla parte lesa dall’atto o dall’omissione a proposito dei quali è stata constatata una violazione della Convenzione.
29. La Corte stima che, nelle circostanze dello specifico, il rimborso, da parte dello stato, dell’importo di 8 828 Ron porrebbe per quanto possibile il richiedente in una situazione che equivaleva a quella in cui si sarebbe trovato se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
30. Peraltro, la Corte stima che il richiedente ha subito un torto morale innegabile a causa della sua condanna a rimborsare la somma controversa. Tenuto conto delle circostanze della causa e deliberando in equità come esige l’articolo 41, la Corte gli concede a questo titolo 1 000 EUR.
B. Oneri e spese
31. Il richiedente chiede 500 EUR senza fornire giustificativi.
32. Riferendosi in materia alla giurisprudenza della Corte, il Governo sostiene che il richiedente non ha giustificato essere incorso delle spese.
33. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e delle spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto del fatto che il richiedente non ha dettagliato la natura degli oneri e delle spese presumibilmente incorsi e che non ha fornito nessun giustificativo, la Corte respinge la sua richiesta a questo titolo.
C. Interessi moratori
34. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 14 della Convenzione combinato con l’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello derivato dall’articolo 6;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, deve restituire al richiedente un importo di 8 828 Ron per danno materiale, così come versargli 1 000 EUR (mille euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, da convertire in lei rumeni al tasso applicabile in data dell’ordinamento,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 23 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Josep Casadevall
Cancelliere aggiunto Presidente