SECONDA SEZIONE
CAUSA VIOLA ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 7842/02)
SENTENZA
STRASBURGO
8 gennaio 2008
DEFINITIVO
08/04/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Viola ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto,
Rıza Türmen, Mindia Ugrekhelidze, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Dragoljub Popović, giudici,,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 7842/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui cinque cittadini di questo Stato, il Sig. R. V. così come M A. V., le Sig.re A. G. V., S. V. e L. F. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”). Il primo richiedente ha investito la Corte il 6 settembre 2001, congiuntamente al Sig. A. V., deceduto il 7 maggio 2003. I quattro ultimi richiedenti sono gli eredi di questo ultimo. Si sono costituiti nel procedimento dinnanzi alla Corte il 5 settembre 2003.
2. I richiedenti che sono stati ammessi a favore dell’assistenza giudiziale, sono rappresentati da S. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, dal suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 2 settembre 2004, la Corte ha deciso di dichiarare la richiesta parzialmente inammissibile e di comunicare al Governo i motivi di appello derivati dagli articoli 6, 8 e 13 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1947, 1965, 1967, 1971 e 1943 e risiedono a Benevento.
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 2 giugno 1997, il tribunale di Benevento (“il tribunale”) dichiarò il fallimento della società V.A. così come il fallimento personale dei Sigg. A. V. e R. V. in quanto soci di questa.
6. Lo stesso giorno, un’udienza fu fissata al 13 gennaio 1998 per la verifica del passivo del fallimento.
7. Questa udienza fu rinviata al 7 maggio 1998 e, poi, al 19 aprile 1999.
8. Il 5 febbraio 1999, il comitato dei creditori fu costituito nel frattempo.
9. Il 8 maggio 1999, il giudice nominò un perito per valutare un bene che fa parte dell’attivo del fallimento.
10. Il 27 maggio 1999, il perito depositò il suo rapporto.
11. Con una decisione del 15 giugno 1999, il giudice autorizzò la vendita tramite negoziato privato (vendita a trattativa privata) di un bene che fa parte dell’attivo del fallimento.
12. Il 20 giugno 2000, l’I.N.P.S. (Istituto nazionale di previdenza sociale) introdusse dinnanzi al tribunale un’istanza di ammissione al passivo del fallimento.
13. Tra il 28 gennaio 2002 ed il 23 gennaio 2003, il curatore chiese a quattro riprese al giudice l’autorizzazione di prelevare una somma dal conto corrente del fallimento.
14. Nel frattempo, il 21 marzo 2002, il curatore depositò un rapporto che indicava che il procedimento era particolarmente complesso in particolare in ragione delle difficoltà di ricerca dei beni destinati all’attivo del fallimento. Il curatore considerò anche che il denaro liquido facente parte dell’attivo non era sufficiente per giungere ad una ripartizione parziale, tenuto conto del fatto che “certi beni immobili avrebbero potuto essere venduti nel breve termine”.
15. Il 7 maggio 2003, il Sig. A. V. decedette.
16. I suoi eredi non avendo stabilito l’inventario dei beni facenti parte dell’eredità nei tre mesi dopo l’apertura della successione, diventarono a pieno titolo eredi ai sensi dell’articolo 485 del codice civile.
17. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, il procedimento di fallimento era ancora pendente al 19 aprile 2007.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
18. Il 28 novembre 2002 ed il 27 dicembre 2002, i Sigg. R. V. ed A. V. depositarono rispettivamente un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma conformemente alla legge Pinto lamentandosi della durata del procedimento così come delle incapacità derivanti dal loro collocamento in fallimento.
19. Con una decisione notificata al ministero della Giustizia il 15 maggio 2003, la corte di appello di Roma condannò il ministero della Giustizia al pagamento di 450 euro (EUR, a favore del Sig. R. V.,). Questo ultimo non essendo ricorso in cassazione, la decisione della corte di appello diventò definitiva il 15 luglio 2003, cioè sessanta giorni dopo la sua notificazione.
20. Il 12 settembre 2003, il Sig. R. V. intimò al Governo di assegnargli la somma accordata dalla corte di appello di Roma in ragione della durata del procedimento.
21. Ad una data non precisata, fece un’istanza di sequestro (pignoramento presso terzi) per ottenere suddetta somma.
22. Con una decisione depositata il 1 giugno 2004, il giudice dell’esecuzione accordò 1 199,33 EUR al Sig. R. V..
23. Il 9 luglio 2004, il ministero di Giustizia trasferì 1 304,35 EUR sul conto corrente del Sig. R. V..
24. Nel frattempo, con una decisione depositata il 10 giugno 2003, la corte di appello di Roma respinse la domanda introdotta dal Sig. A. V. ai sensi della legge Pinto. Stimò che la durata del procedimento era giustificata “dall’esistenza di numerosi creditori, l’insufficienza dell’attivo del fallimento così come dall’esistenza eventuale (“possibile esistenza”) di altri procedimenti riguardanti su dei beni del richiedente destinati all’attivo del fallimento.”
25. Il 22 agosto 2003, gli eredi del Sig. A. V. ricorsero in cassazione.
26. Con una sentenza depositata il 30 dicembre 2005, la Corte di cassazione annullò la decisione della corte di appello di Roma e rinviò la causa dinnanzi ad un’altra sezione di questa.
27. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, un’udienza fu fissata al 29 gennaio 2007 e fu rinviata poi al 28 maggio 2007. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, questo procedimento era pendente al 3 dicembre 2007.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
28. Il diritto interno pertinente in materia di fallimento è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006) Albanese c. Italia ( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
29. Il diritto e la pratica interna pertinente relativi al rimedio previsto dalla legge Pinto sono descritte nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 3-35, 29 marzo 2006).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE
30. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza, della sua libertà di espressione, del suo diritto al rispetto dei suoi beni e la sua libertà di circolazione in particolare in ragione della durata del procedimento.
31. I richiedenti sostengono al primo colpo che le osservazioni del Governo sono state presentate tardivamente, contrariamente all’articolo 38 dell’ordinamento della Corte.
32. La Corte rileva di avere fissato al 25 novembre 2004 il termine per la presentazione delle osservazioni del Governo e che questo ha mandato le sue osservazioni il 24 novembre 2004.
33. Il Governo sostiene che, i richiedenti non hanno esaurito il rimedio previsto dalla legge Pinto.
34. I richiedenti osservano che la legge Pinto non costituisce un mezzo di ricorso efficace per lamentarsi della durata delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento.
35. La Corte si riferisce alla sua giurisprudenza consolidata concernente l’esaurimento del rimedio Pinto in materia di prolungamento delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento (vedere, tra molte altre, Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005 ed Abbatiello c. Italia, no 39638/04, §§ 27-32, 20 settembre 2007) e ricorda che a partire dal 14 luglio 2003, deve essere presteso dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione.
36. Nel caso di specifico, la Corte constata che il procedimento introdotto dagli eredi del Sig. A. V. conformemente alla legge Pinto era pendente al 3 dicembre 2007. Questa parte della richiesta è prematura dunque e deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne secondo l’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
37. In quanto alla parte di questi motivi di appello sollevati dal Sig. R. V., la Corte osserva che la decisione della corte di appello di Roma è diventata definitiva il 15 luglio 2003. Nota che il richiedente non è ricorso in cassazione e che, tenuto conto delle considerazioni che precedono, avrebbe potuto esaurire validamente le vie di ricorso conformemente alla “legge Pinto” a partire dal 14 luglio 2003. Il richiedente avendo omesso di questo fare, questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
38. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di un attentato al rispetto della vita privata dei Sigg. A. V. e R. V. nella misura in cui, in ragione dell’iscrizione del loro nome nel registro dei falliti, non hanno potuto esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denunciano il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento.
A. Sull’ammissibilità
39. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
40. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell’iscrizione del nome dei Sigg. A. Viola e R. V. nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull’applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l’ottenimento della riabilitazione, c’è stata ingerenza nel diritto di questi al rispetto della loro vita privata.
41. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
42. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel presente caso. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE, RELATIVAMENTE ALLE INCAPACITÀ DERIVANTI DAL COLLOCAMENTO IN FALLIMENTO
43. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità patrimoniali e personali riguardo i Sigg. A. V. e R. V. in seguito al loro collocamento in fallimento e fino all’ottenimento della loro riabilitazione.
A. Sull’ammissibilità
44. In quanto alla parte del motivo di appello concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni, della corrispondenza e della libertà di circolazione dei Sigg. A. V. e R. V., la Corte ricorda di avere concluso sopra all’inammissibilità di questi motivi di appello. Pertanto, stima che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
45. In quanto alla parte del motivo di appello riguardante le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome dei falliti nel registro e che perdurando fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
46. La Corte ha già trattato cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, no 56298/00, §§ 41-46, 17 luglio 2003, e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
47. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel presente caso.
48. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
49. Invocando l’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, i richiedenti si lamentano della privazione dei diritti elettorali dei Sigg. A. V. e R. V. in seguito al loro collocamento in fallimento.
A. Sull’ammissibilità
50. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
51. La Corte rileva di prima che i Sigg. A. V. e R. V. hanno subito la privazione dei loro diritti elettorali tra il 2 giugno 1997 ed il 2 giugno 2002 e che le elezioni politiche, alla camera dei deputati ed al senato, si sono tenute in Italia il 13 maggio 2001.
52. La Corte ha già trattato cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere, tra molte altre, Bova c. Italia, no 25513/02, §§ 16-25, 24 maggio 2006 e Pantuso c. Italia, no 21120/02, §§ 25-34, 24 maggio 2006).
53. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
54. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
V. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO ALLA DURATA DEL PROCEDIMENTO,
55. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il Sig. R. V. si lamenta della durata del procedimento di fallimento.
A. Sull’ammissibilità
56. La Corte ricorda che trattandosi del motivo di appello relativo alla durata del procedimento formulato dagli eredi del Sig. A. V., l’ha dichiarato inammissibile come prematuro nella sua decisione del 2 settembre 2004 al motivo che il procedimento era, all’epoca, pendente dinnanzi alla Corte di cassazione. È sempre pendente ad oggi.
57. Per ciò che riguarda il Sig. R. V., la Corte constata che il richiedente ha esaurito le vie di ricorso interne conformemente alla legge Pinto (vedere Di Salute c. Italia, richiesta no 56079/00, (déc. ) del 24 giugno 2004). Considera che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
58. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento che dipende dall’articolo 6 § 1 della Convenzione deve rivalutarsi in ogni caso specifico seguendo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla giurisprudenza della Corte, in particolare alla complessità della causa, al comportamento dei richiedenti ed a quello delle autorità competenti (vedere, tra molte altre, Comingersoll c. Portogallo, [GC], no 35382/97, CEDH 2000-IV).
59. Nota che, nel caso specifico, il carattere “ragionevole” della durata del procedimento è stato oggetto di un esame da parte della corte di appello di Roma che, con una decisione diventata definitiva il 15 luglio 2003, ha accordato al richiedente 450 EUR a titolo di risarcimento morale. Questa cifra rappresenta circa il 7,5% dell’importo che lei stessa avrebbe potuto accordare per una durata di circa sei anni di procedimento, in data della decisione presa ai sensi della legge Pinto.
60. La Corte constata che nello specifico, il procedimento di fallimento è cominciato il 2 giugno 1997 e che era pendente al 19 aprile 2007. È durato dunque circa nove anni e dieci mesi per un’istanza.
61. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso presente e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
62. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che gli sono stati sottoposti, constata che il procedimento in questione è stato particolarmente complesso. Tuttavia, considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente da condurla ad una conclusione differente nel presente caso. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” (vedere Di Blasi c. Italia, no 1595/02, §§ 19-35, 5 ottobre 2006, e Gallucci c. Italia, no 10756/02, §§ 22-30, 12 giugno 2007).
63. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
VI. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE, RELATIVAMENTE ALLA DURATA DEL PROCEDIMENTO
64. Il Sig. R. V. si lamenta anche, in sostanza, della non effettività del rimedio previsto dalla legge Pinto, visto l’importo ricevuto a titolo di risarcimento morale per la durata del procedimento. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere esaminato sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione.
A. Sull’ammissibilità
65. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
66. La Corte ricorda che l’articolo 13 della Convenzione garantisce l’esistenza in diritto interno di un ricorso che permette di fare valere i diritti e le libertà come vi si possono trovare consacrati. Ha per conseguenza di esigere un ricorso interno che abiliti l’istanza nazionale competente a conoscere del contenuto del motivo di appello fondato sulla Convenzione e, in più, ad offrire la correzione adeguata nei casi che lo meritano (vedere Mifsud c. Francia, (dec.) [GC], no 57220/00, § 17, ECHR 2002-VIII, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 186-188, e Surmeli c. Germania [GC], no. 75529/01, § 99, 8 giugno 2006). La Corte ricorda inoltre che il diritto ad un ricorso efficace ai sensi della Convenzione non potrebbe essere interpretato come generoso diritto affinché un’istanza venga accolta nel senso in cui intende l’interessato (Surmeli, precitata, § 98).
67. La Corte deve determinare se il mezzo offerto al Sig. R. V. in dritto italiano può essere considerato un ricorso efficace, adeguato ed accessibile, che permette di sanzionare la durata eccessiva di un procedimento giudiziale. A questo riguardo, ricorda di avere già stimato che il ricorso dinnanzi ai corsi di appello introdotto in Italia dalla legge Pinto è accessibile e che niente permette di dubitare della sua efficacia (Brusco c. Italia, (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX, e Scordino, (no 1), precitata, § 144).
68. Nello specifico, la corte di appello di Roma aveva competenza per pronunciarsi sul motivo di appello del Sig. R. V. e ha proceduto al suo esame. Agli occhi della Corte, il semplice fatto che il livello dell’importo dell’indennizzo non sia elevato non costituisce in sé un elemento sufficiente per mettere in causa il carattere effettivo del ricorso “Pinto” (vedere, mutatis mutandis, Zarb c. Malta, no 16631/04, §§ 50-51, 4 luglio 2006, e Di Pietro c. Italia, no 73575/01, §§ 43-52, 2 novembre 2006).
69. Di conseguenza, il Sig. R. V. avendo disposto di un ricorso effettivo per esporre la violazione della Convenzione che adduceva, non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
VII. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
70. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
71. I richiedenti presentano una perizia che valuta a 25 893,78 euro (EUR) il danno materiale che R. V. avrebbe subito. Questa somma corrisponde al salario minimo (pensione sociale) che R. V. avrebbe ricevuto a partire dalla sua dichiarazione di fallimento.
72. I richiedenti richiedono 77 681,34 EUR ciascuno per il danno materiale che avrebbero subito. Chiedono anche 300 000 EUR ciascuno per il danno morale così come 100 000 EUR per gli eredi del Sig. A. V. congiuntamente in ragione del “danno biologico ed alla salute” che quest’ ultimo avrebbe subito.
73. Il Governo contesta queste pretese.
74. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la richiesta. In quanto al danno morale, stima che i richiedenti hanno subito un torto morale certo. Deliberando in equità, accorda congiuntamente 7 500 EUR a questo titolo al Sig. R. V. e 1 500 al Sig. A. V. ed alle Sig.re A. G. V., S. V. e L. F..
B. Oneri e spese
75. I richiedenti chiedono anche 35 982,88 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte così come 1 605,27 EUR per oneri di perizia.
76. Il Governo contesta queste pretese.
77. La Corte constata che i richiedenti sono stati ammessi a favore dell’assistenza giudiziale. Avuto riguardo all’attività esposta dal loro rappresentante, dopo deduzione degli 850 EUR ricevuti dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale, la Corte accorda congiuntamente ai richiedenti la somma di 1 150 EUR per oneri e spese.
C. Interessi moratori
78. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione, relativamente alle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento, e 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione in quanto al diritto al rispetto della vita dei richiedenti;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione, relativamente alle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
5. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto alla durata del procedimento riguardo il Sig. R. V.;
6. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione relativamente al motivo di appello del Sig. R. V. dedotta dalla violazione della durata del procedimento;
7. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione 7 500 EUR (settemila cinque cento euro) al Sig. R. V. e 1 500 EUR congiuntamente al Sig. A. V. e alle Sig.re A. G. V., S. V. e L. F. per danno morale così come 1 150 EUR (mille cento cinquanta euro) ai richiedenti congiuntamente per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
8. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 8 gennaio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Présidente