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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VIOLA ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 7842/02/2008
Stato: Italia
Data: 2008-01-08 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

SECONDA SEZIONE
CAUSA VIOLA ED ALTRI C. ITALIA
( Richiesta no 7842/02)
SENTENZA
STRASBURGO
8 gennaio 2008
DEFINITIVO
08/04/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Viola ed altri c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto,
Rıza Türmen, Mindia Ugrekhelidze, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Dragoljub Popović, giudici,,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 dicembre 2007,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 7842/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui cinque cittadini di questo Stato, il Sig. R. V. così come M A. V., le Sig.re A. G. V., S. V. e L. F. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”). Il primo richiedente ha investito la Corte il 6 settembre 2001, congiuntamente al Sig. A. V., deceduto il 7 maggio 2003. I quattro ultimi richiedenti sono gli eredi di questo ultimo. Si sono costituiti nel procedimento dinnanzi alla Corte il 5 settembre 2003.
2. I richiedenti che sono stati ammessi a favore dell’assistenza giudiziale, sono rappresentati da S. F., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, dal suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 2 settembre 2004, la Corte ha deciso di dichiarare la richiesta parzialmente inammissibile e di comunicare al Governo i motivi di appello derivati dagli articoli 6, 8 e 13 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1947, 1965, 1967, 1971 e 1943 e risiedono a Benevento.
1. Il procedimento di fallimento
5. Con un giudizio depositato il 2 giugno 1997, il tribunale di Benevento (“il tribunale”) dichiarò il fallimento della società V.A. così come il fallimento personale dei Sigg. A. V. e R. V. in quanto soci di questa.
6. Lo stesso giorno, un’udienza fu fissata al 13 gennaio 1998 per la verifica del passivo del fallimento.
7. Questa udienza fu rinviata al 7 maggio 1998 e, poi, al 19 aprile 1999.
8. Il 5 febbraio 1999, il comitato dei creditori fu costituito nel frattempo.
9. Il 8 maggio 1999, il giudice nominò un perito per valutare un bene che fa parte dell’attivo del fallimento.
10. Il 27 maggio 1999, il perito depositò il suo rapporto.
11. Con una decisione del 15 giugno 1999, il giudice autorizzò la vendita tramite negoziato privato (vendita a trattativa privata) di un bene che fa parte dell’attivo del fallimento.
12. Il 20 giugno 2000, l’I.N.P.S. (Istituto nazionale di previdenza sociale) introdusse dinnanzi al tribunale un’istanza di ammissione al passivo del fallimento.
13. Tra il 28 gennaio 2002 ed il 23 gennaio 2003, il curatore chiese a quattro riprese al giudice l’autorizzazione di prelevare una somma dal conto corrente del fallimento.
14. Nel frattempo, il 21 marzo 2002, il curatore depositò un rapporto che indicava che il procedimento era particolarmente complesso in particolare in ragione delle difficoltà di ricerca dei beni destinati all’attivo del fallimento. Il curatore considerò anche che il denaro liquido facente parte dell’attivo non era sufficiente per giungere ad una ripartizione parziale, tenuto conto del fatto che “certi beni immobili avrebbero potuto essere venduti nel breve termine”.
15. Il 7 maggio 2003, il Sig. A. V. decedette.
16. I suoi eredi non avendo stabilito l’inventario dei beni facenti parte dell’eredità nei tre mesi dopo l’apertura della successione, diventarono a pieno titolo eredi ai sensi dell’articolo 485 del codice civile.
17. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, il procedimento di fallimento era ancora pendente al 19 aprile 2007.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
18. Il 28 novembre 2002 ed il 27 dicembre 2002, i Sigg. R. V. ed A. V. depositarono rispettivamente un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma conformemente alla legge Pinto lamentandosi della durata del procedimento così come delle incapacità derivanti dal loro collocamento in fallimento.
19. Con una decisione notificata al ministero della Giustizia il 15 maggio 2003, la corte di appello di Roma condannò il ministero della Giustizia al pagamento di 450 euro (EUR, a favore del Sig. R. V.,). Questo ultimo non essendo ricorso in cassazione, la decisione della corte di appello diventò definitiva il 15 luglio 2003, cioè sessanta giorni dopo la sua notificazione.
20. Il 12 settembre 2003, il Sig. R. V. intimò al Governo di assegnargli la somma accordata dalla corte di appello di Roma in ragione della durata del procedimento.
21. Ad una data non precisata, fece un’istanza di sequestro (pignoramento presso terzi) per ottenere suddetta somma.
22. Con una decisione depositata il 1 giugno 2004, il giudice dell’esecuzione accordò 1 199,33 EUR al Sig. R. V..
23. Il 9 luglio 2004, il ministero di Giustizia trasferì 1 304,35 EUR sul conto corrente del Sig. R. V..
24. Nel frattempo, con una decisione depositata il 10 giugno 2003, la corte di appello di Roma respinse la domanda introdotta dal Sig. A. V. ai sensi della legge Pinto. Stimò che la durata del procedimento era giustificata “dall’esistenza di numerosi creditori, l’insufficienza dell’attivo del fallimento così come dall’esistenza eventuale (“possibile esistenza”) di altri procedimenti riguardanti su dei beni del richiedente destinati all’attivo del fallimento.”
25. Il 22 agosto 2003, gli eredi del Sig. A. V. ricorsero in cassazione.
26. Con una sentenza depositata il 30 dicembre 2005, la Corte di cassazione annullò la decisione della corte di appello di Roma e rinviò la causa dinnanzi ad un’altra sezione di questa.
27. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, un’udienza fu fissata al 29 gennaio 2007 e fu rinviata poi al 28 maggio 2007. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, questo procedimento era pendente al 3 dicembre 2007.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
28. Il diritto interno pertinente in materia di fallimento è descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, §§ 19-22, 23 marzo 2006) Albanese c. Italia ( no 77924/01, §§ 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, §§ 17-20, 23 marzo 2006,).
29. Il diritto e la pratica interna pertinente relativi al rimedio previsto dalla legge Pinto sono descritte nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 3-35, 29 marzo 2006).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 E 10 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4 ALLA CONVENZIONE

30. Invocando gli articoli 8 e 10 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione e 2 del Protocollo no 4 alla Convenzione, il richiedente si lamenta della violazione del suo diritto al rispetto della corrispondenza, della sua libertà di espressione, del suo diritto al rispetto dei suoi beni e la sua libertà di circolazione in particolare in ragione della durata del procedimento.
31. I richiedenti sostengono al primo colpo che le osservazioni del Governo sono state presentate tardivamente, contrariamente all’articolo 38 dell’ordinamento della Corte.
32. La Corte rileva di avere fissato al 25 novembre 2004 il termine per la presentazione delle osservazioni del Governo e che questo ha mandato le sue osservazioni il 24 novembre 2004.
33. Il Governo sostiene che, i richiedenti non hanno esaurito il rimedio previsto dalla legge Pinto.
34. I richiedenti osservano che la legge Pinto non costituisce un mezzo di ricorso efficace per lamentarsi della durata delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento.
35. La Corte si riferisce alla sua giurisprudenza consolidata concernente l’esaurimento del rimedio Pinto in materia di prolungamento delle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento (vedere, tra molte altre, Sgattoni c. Italia, no 77132/01, § 48, 6 ottobre 2005 ed Abbatiello c. Italia, no 39638/04, §§ 27-32, 20 settembre 2007) e ricorda che a partire dal 14 luglio 2003, deve essere presteso dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell’articolo 35 § 1 della Convenzione.
36. Nel caso di specifico, la Corte constata che il procedimento introdotto dagli eredi del Sig. A. V. conformemente alla legge Pinto era pendente al 3 dicembre 2007. Questa parte della richiesta è prematura dunque e deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne secondo l’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
37. In quanto alla parte di questi motivi di appello sollevati dal Sig. R. V., la Corte osserva che la decisione della corte di appello di Roma è diventata definitiva il 15 luglio 2003. Nota che il richiedente non è ricorso in cassazione e che, tenuto conto delle considerazioni che precedono, avrebbe potuto esaurire validamente le vie di ricorso conformemente alla “legge Pinto” a partire dal 14 luglio 2003. Il richiedente avendo omesso di questo fare, questa parte della richiesta deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne ai sensi dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
38. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di un attentato al rispetto della vita privata dei Sigg. A. V. e R. V. nella misura in cui, in ragione dell’iscrizione del loro nome nel registro dei falliti, non hanno potuto esercitare nessuna attività professionale o commerciale. Inoltre, denunciano il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la riabilitazione che mette fine a queste incapacità personali, può essere chiesta solo cinque anni dopo la chiusura del procedimento.
A. Sull’ammissibilità
39. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
40. La Corte stima che, tenuto conto della natura automatica dell’iscrizione del nome dei Sigg. A. Viola e R. V. nel registro dei falliti, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull’applicazione delle incapacità ivi relative così come del lasso di tempo previsto per l’ottenimento della riabilitazione, c’è stata ingerenza nel diritto di questi al rispetto della loro vita privata.
41. La Corte ha trattato già cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, dato che tale ingerenza non era “necessaria in una società democratica” ai sensi dell’articolo 8 § 2 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62).
42. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente nel presente caso. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE, RELATIVAMENTE ALLE INCAPACITÀ DERIVANTI DAL COLLOCAMENTO IN FALLIMENTO
43. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacità patrimoniali e personali riguardo i Sigg. A. V. e R. V. in seguito al loro collocamento in fallimento e fino all’ottenimento della loro riabilitazione.
A. Sull’ammissibilità
44. In quanto alla parte del motivo di appello concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni, della corrispondenza e della libertà di circolazione dei Sigg. A. V. e R. V., la Corte ricorda di avere concluso sopra all’inammissibilità di questi motivi di appello. Pertanto, stima che, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente mal fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
45. In quanto alla parte del motivo di appello riguardante le incapacità derivanti dall’iscrizione del nome dei falliti nel registro e che perdurando fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
46. La Corte ha già trattato cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Bottaro c. Italia, no 56298/00, §§ 41-46, 17 luglio 2003, e Campagnano c. Italia, precitata, §§ 67-77).
47. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel presente caso.
48. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
49. Invocando l’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione, i richiedenti si lamentano della privazione dei diritti elettorali dei Sigg. A. V. e R. V. in seguito al loro collocamento in fallimento.
A. Sull’ammissibilità
50. La Corte constata che il motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
51. La Corte rileva di prima che i Sigg. A. V. e R. V. hanno subito la privazione dei loro diritti elettorali tra il 2 giugno 1997 ed il 2 giugno 2002 e che le elezioni politiche, alla camera dei deputati ed al senato, si sono tenute in Italia il 13 maggio 2001.
52. La Corte ha già trattato cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere, tra molte altre, Bova c. Italia, no 25513/02, §§ 16-25, 24 maggio 2006 e Pantuso c. Italia, no 21120/02, §§ 25-34, 24 maggio 2006).
53. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
54. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
V. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO ALLA DURATA DEL PROCEDIMENTO,
55. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il Sig. R. V. si lamenta della durata del procedimento di fallimento.
A. Sull’ammissibilità
56. La Corte ricorda che trattandosi del motivo di appello relativo alla durata del procedimento formulato dagli eredi del Sig. A. V., l’ha dichiarato inammissibile come prematuro nella sua decisione del 2 settembre 2004 al motivo che il procedimento era, all’epoca, pendente dinnanzi alla Corte di cassazione. È sempre pendente ad oggi.
57. Per ciò che riguarda il Sig. R. V., la Corte constata che il richiedente ha esaurito le vie di ricorso interne conformemente alla legge Pinto (vedere Di Salute c. Italia, richiesta no 56079/00, (déc. ) del 24 giugno 2004). Considera che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che questo non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
58. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento che dipende dall’articolo 6 § 1 della Convenzione deve rivalutarsi in ogni caso specifico seguendo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla giurisprudenza della Corte, in particolare alla complessità della causa, al comportamento dei richiedenti ed a quello delle autorità competenti (vedere, tra molte altre, Comingersoll c. Portogallo, [GC], no 35382/97, CEDH 2000-IV).
59. Nota che, nel caso specifico, il carattere “ragionevole” della durata del procedimento è stato oggetto di un esame da parte della corte di appello di Roma che, con una decisione diventata definitiva il 15 luglio 2003, ha accordato al richiedente 450 EUR a titolo di risarcimento morale. Questa cifra rappresenta circa il 7,5% dell’importo che lei stessa avrebbe potuto accordare per una durata di circa sei anni di procedimento, in data della decisione presa ai sensi della legge Pinto.
60. La Corte constata che nello specifico, il procedimento di fallimento è cominciato il 2 giugno 1997 e che era pendente al 19 aprile 2007. È durato dunque circa nove anni e dieci mesi per un’istanza.
61. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso presente e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
62. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che gli sono stati sottoposti, constata che il procedimento in questione è stato particolarmente complesso. Tuttavia, considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento convincente da condurla ad una conclusione differente nel presente caso. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole” (vedere Di Blasi c. Italia, no 1595/02, §§ 19-35, 5 ottobre 2006, e Gallucci c. Italia, no 10756/02, §§ 22-30, 12 giugno 2007).
63. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
VI. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE, RELATIVAMENTE ALLA DURATA DEL PROCEDIMENTO
64. Il Sig. R. V. si lamenta anche, in sostanza, della non effettività del rimedio previsto dalla legge Pinto, visto l’importo ricevuto a titolo di risarcimento morale per la durata del procedimento. La Corte stima che questo motivo di appello deve essere esaminato sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione.
A. Sull’ammissibilità
65. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
66. La Corte ricorda che l’articolo 13 della Convenzione garantisce l’esistenza in diritto interno di un ricorso che permette di fare valere i diritti e le libertà come vi si possono trovare consacrati. Ha per conseguenza di esigere un ricorso interno che abiliti l’istanza nazionale competente a conoscere del contenuto del motivo di appello fondato sulla Convenzione e, in più, ad offrire la correzione adeguata nei casi che lo meritano (vedere Mifsud c. Francia, (dec.) [GC], no 57220/00, § 17, ECHR 2002-VIII, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 186-188, e Surmeli c. Germania [GC], no. 75529/01, § 99, 8 giugno 2006). La Corte ricorda inoltre che il diritto ad un ricorso efficace ai sensi della Convenzione non potrebbe essere interpretato come generoso diritto affinché un’istanza venga accolta nel senso in cui intende l’interessato (Surmeli, precitata, § 98).
67. La Corte deve determinare se il mezzo offerto al Sig. R. V. in dritto italiano può essere considerato un ricorso efficace, adeguato ed accessibile, che permette di sanzionare la durata eccessiva di un procedimento giudiziale. A questo riguardo, ricorda di avere già stimato che il ricorso dinnanzi ai corsi di appello introdotto in Italia dalla legge Pinto è accessibile e che niente permette di dubitare della sua efficacia (Brusco c. Italia, (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX, e Scordino, (no 1), precitata, § 144).
68. Nello specifico, la corte di appello di Roma aveva competenza per pronunciarsi sul motivo di appello del Sig. R. V. e ha proceduto al suo esame. Agli occhi della Corte, il semplice fatto che il livello dell’importo dell’indennizzo non sia elevato non costituisce in sé un elemento sufficiente per mettere in causa il carattere effettivo del ricorso “Pinto” (vedere, mutatis mutandis, Zarb c. Malta, no 16631/04, §§ 50-51, 4 luglio 2006, e Di Pietro c. Italia, no 73575/01, §§ 43-52, 2 novembre 2006).
69. Di conseguenza, il Sig. R. V. avendo disposto di un ricorso effettivo per esporre la violazione della Convenzione che adduceva, non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
VII. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
70. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
71. I richiedenti presentano una perizia che valuta a 25 893,78 euro (EUR) il danno materiale che R. V. avrebbe subito. Questa somma corrisponde al salario minimo (pensione sociale) che R. V. avrebbe ricevuto a partire dalla sua dichiarazione di fallimento.
72. I richiedenti richiedono 77 681,34 EUR ciascuno per il danno materiale che avrebbero subito. Chiedono anche 300 000 EUR ciascuno per il danno morale così come 100 000 EUR per gli eredi del Sig. A. V. congiuntamente in ragione del “danno biologico ed alla salute” che quest’ ultimo avrebbe subito.
73. Il Governo contesta queste pretese.
74. La Corte non vede legame di causalità tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la richiesta. In quanto al danno morale, stima che i richiedenti hanno subito un torto morale certo. Deliberando in equità, accorda congiuntamente 7 500 EUR a questo titolo al Sig. R. V. e 1 500 al Sig. A. V. ed alle Sig.re A. G. V., S. V. e L. F..
B. Oneri e spese
75. I richiedenti chiedono anche 35 982,88 EUR per oneri e spese incorsi dinnanzi alla Corte così come 1 605,27 EUR per oneri di perizia.
76. Il Governo contesta queste pretese.
77. La Corte constata che i richiedenti sono stati ammessi a favore dell’assistenza giudiziale. Avuto riguardo all’attività esposta dal loro rappresentante, dopo deduzione degli 850 EUR ricevuti dal Consiglio dell’Europa a titolo dell’assistenza giudiziale, la Corte accorda congiuntamente ai richiedenti la somma di 1 150 EUR per oneri e spese.
C. Interessi moratori
78. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1, 8 e 13 della Convenzione, relativamente alle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento, e 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione in quanto al diritto al rispetto della vita dei richiedenti;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione, relativamente alle incapacità derivanti dal collocamento in fallimento;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
5. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in quanto alla durata del procedimento riguardo il Sig. R. V.;
6. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione relativamente al motivo di appello del Sig. R. V. dedotta dalla violazione della durata del procedimento;
7. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione 7 500 EUR (settemila cinque cento euro) al Sig. R. V. e 1 500 EUR congiuntamente al Sig. A. V. e alle Sig.re A. G. V., S. V. e L. F. per danno morale così come 1 150 EUR (mille cento cinquanta euro) ai richiedenti congiuntamente per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
8. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto l’ 8 gennaio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Présidente

Testo Tradotto

DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE VIOLA ET AUTRES c. ITALIE
(Requête no 7842/02)
ARRÊT
STRASBOURG
8 janvier 2008
DÉFINITIF
08/04/2008
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Viola et autres c. Italie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Rıza Türmen,
Mindia Ugrekhelidze,
Vladimiro Zagrebelsky,
Antonella Mularoni,
Dragoljub Popović, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 4 décembre 2007,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 7842/02) dirigée contre la République italienne et dont cinq ressortissants de cet Etat, M. R. V. ainsi que M A. V., Mmes A. G. V., S. V. et L. F. (« les requérants »), ont saisi la Cour en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »). Le premier requérant a saisi la Cour le 6 septembre 2001, conjointement à M. A. V., décédé le 7 mai 2003. Les quatre derniers requérants sont les héritiers de ce dernier. Ils se sont constitués dans la procédure devant la Cour le 5 septembre 2003.
2. Les requérants, qui ont été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire, sont représentés par Me S. F., avocat à Bénévent. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Ivo Maria Braguglia, son coagent, M. Francesco Crisafulli, et son coagent adjoint, M. Nicola Lettieri.
3. Le 2 septembre 2004, la Cour a décidé de déclarer la requête partiellement irrecevable et de communiquer au Gouvernement les griefs tirés des articles 6, 8 et 13 de la Convention, 1 du Protocole no 1 à la Convention, 3 du Protocole no 1 à la Convention et 2 du Protocole no 4 à la Convention. Se prévalant de l’article 29 § 3, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants sont nés respectivement en 1947, 1965, 1967, 1971 et 1943 et résident à Bénévent.
1. La procédure de faillite
5. Par un jugement déposé le 2 juin 1997, le tribunal de Bénévent (« le tribunal ») déclara la faillite de la société V.A. ainsi que la faillite personnelle de MM. A. V. et R. V. en tant qu’associés de celle-ci.
6. Le même jour, une audience fut fixée au 13 janvier 1998 pour la vérification du passif de la faillite.
7. Cette audience fut reportée au 7 mai 1998 et, ensuite, au 19 avril 1999.
8. Entre-temps, le 5 février 1999, le comité des créanciers fut constitué.
9. Le 8 mai 1999, le juge nomma un expert afin d’évaluer un bien faisant partie de l’actif de la faillite.
10. Le 27 mai 1999, l’expert déposa son rapport.
11. Par une décision du 15 juin 1999, le juge autorisa la vente par négociation privée (vendita a trattativa privata) d’un bien faisant partie de l’actif de la faillite.
12. Le 20 juin 2000, l’I.N.P.S. (Institut national de prévoyance social) introduisit devant le tribunal une demande d’admission au passif de la faillite.
13. Entre le 28 janvier 2002 et le 23 janvier 2003, le syndic demanda à quatre reprises au juge l’autorisation de prélever une somme du compte courant de la faillite.
14. Entre-temps, le 21 mars 2002, le syndic déposa un rapport indiquant que la procédure était particulièrement complexe en raison notamment des difficultés de recherche des biens destinés à l’actif de la faillite. Le syndic considéra aussi que l’argent liquide faisant partie de l’actif n’était pas suffisant afin de parvenir à une répartition partielle, compte tenu de ce que « certains biens immeubles auraient pu être vendus dans des brefs délais ».
15. Le 7 mai 2003, M. A. V. décéda.
16. Ses héritiers n’ayant pas établi l’inventaire des biens faisant partie de l’héritage dans les trois mois après l’ouverture de la succession, ils devinrent héritiers à part entière au sens de l’article 485 du code civil.
17. Selon les informations fournies par les requérants, la procédure de faillite était encore pendante au 19 avril 2007.
2. La procédure introduite conformément à la loi Pinto
18. Le 28 novembre 2002 et le 27 décembre 2002, MM. R. V. et A. V. déposèrent respectivement un recours devant la cour d’appel de Rome conformément à la loi Pinto se plaignant de la durée de la procédure ainsi que des incapacités dérivant de leur mise en faillite.
19. Par une décision notifiée au ministère de la Justice le 15 mai 2003, la cour d’appel de Rome condamna le ministère de la Justice au payement de 450 euros (EUR) en faveur de M. R. V.. Ce dernier ne s’étant pas pourvu en cassation, la décision de la cour d’appel devint définitive le 15 juillet 2003, c’est-à-dire soixante jours après sa notification.
20. Le 12 septembre 2003, M. R. V. intima le Gouvernement de lui allouer la somme accordée par la cour d’appel de Rome en raison de la durée de la procédure.
21. A une date non précisée, il présenta une demande de saisie-arrêt (pignoramento presso terzi) afin d’obtenir ladite somme.
22. Par une décision déposée le 1er juin 2004, le juge de l’exécution accorda à M. R. V. 1 199,33 EUR.
23. Le 9 juillet 2004, le ministère de la Justice transféra 1 304,35 EUR sur le compte courant de M. R. V..
24. Entre-temps, par une décision déposée le 10 juin 2003, la cour d’appel de Rome rejeta la demande introduite par M. A. V. au sens de la loi Pinto. Elle estima que la durée de la procédure était justifiée « par l’existence de nombreux créanciers, l’insuffisance de l’actif de la faillite ainsi que par l’existence éventuelle (« possibile esistenza ») d’autres procédures portant sur des biens du requérant destinés à l’actif de la faillite ».
25. Le 22 août 2003, les héritiers de M. A. V. se pourvurent en cassation.
26. Par un arrêt déposé le 30 décembre 2005, la Cour de cassation cassa la décision de la cour d’appel de Rome et renvoya l’affaire devant une autre section de celle-ci.
27. Selon les informations fournies par les requérants, une audience fut fixée au 29 janvier 2007 et ensuite renvoyée au 28 mai 2007. Selon les informations fournies par les requérants, cette procédure était pendante au 3 décembre 2007.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
28. Le droit interne pertinent en matière de faillite est décrit dans les arrêts Campagnano c. Italie (no 77955/01, §§ 19-22, 23 mars 2006), Albanese c. Italie (no 77924/01, §§ 23-26, 23 mars 2006) et Vitiello c. Italie (no 77962/01, §§ 17-20, 23 mars 2006).
29. Le droit et la pratique interne pertinents relatifs au remède prévu par la loi Pinto sont décrits dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 3-35, 29 mars 2006).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 8 DE LA CONVENTION, QUANT AU DROIT AU RESPECT DE LA CORRESPONDANCE, 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION ET 2 DU PROTOCOLE No 4 À LA CONVENTION
30. Invoquant les articles 8 de la Convention, 1 du Protocole no 1 à la Convention et 2 du Protocole no 4 à la Convention, les requérants se plaignent respectivement de la violation du droit de MM. Augusto Viola et Raffaele Viola au respect de leur correspondance, de leurs biens et de leur liberté de circulation, notamment en raison de la durée de la procédure de faillite.
31. Les requérants soutiennent d’emblée que les observations du Gouvernement ont été présentées tardivement, contrairement à l’article 38 du règlement de la Cour.
32. La Cour relève avoir fixé au 25 novembre 2004 le délai pour la présentation des observations du Gouvernement et que celui-ci a envoyé ses observations le 24 novembre 2004.
33. Le Gouvernement soutient que, les requérants n’ont pas épuisé le remède prévu par la loi Pinto.
34. Les requérants observent que la loi Pinto ne constitue pas un moyen de recours efficace pour se plaindre de la durée des incapacités dérivant de la mise en faillite.
35. La Cour se réfère à sa jurisprudence constante concernant l’épuisement du remède Pinto en matière de prolongement des incapacités dérivant de la mise en faillite (voir, parmi beaucoup d’autres, Sgattoni c. Italie, no 77132/01, § 48, 6 octobre 2005 et Abbatiello c. Italie, no 39638/04, §§ 27-32, 20 septembre 2007) et rappelle qu’à partir du 14 juillet 2003, il doit être exigé des requérants qu’ils usent de ce recours aux fins de l’article 35 § 1 de la Convention.
36. Dans le cas d’espèce, la Cour constate que la procédure introduite par les héritiers de M. A. V. conformément à la loi Pinto était pendante au 3 décembre 2007. Cette partie de la requête est donc prématurée et doit être rejetée pour non-épuisement des voies de recours internes selon l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
37. Quant à la partie de ces griefs soulevée par M. R. V., la Cour observe que la décision de la cour d’appel de Rome est devenue définitive le 15 juillet 2003. Elle note que le requérant ne s’est pas pourvu en cassation et que, compte tenu des considérations qui précèdent, il aurait pu valablement épuiser les voies de recours conformément à la « loi Pinto » à partir du 14 juillet 2003. Le requérant ayant omis de ce faire, cette partie de la requête doit être rejeté pour non-épuisement des voies de recours internes au sens de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION, QUANT AU DROIT AU RESPECT DE LA VIE PRIVÉE
38. Invoquant l’article 8 de la Convention, les requérants se plaignent d’une atteinte au respect de la vie privée de MM. A. V. et R. V. dans la mesure où, en raison de l’inscription de leur nom dans le registre des faillis, ils n’ont pu exercer aucune activité professionnelle ou commerciale. En outre, ils dénoncent le fait que, selon l’article 143 de la loi sur la faillite, la réhabilitation, qui met fin à ces incapacités personnelles, ne peut être demandée que cinq ans après la clôture de la procédure.
A. Sur la recevabilité
39. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
40. La Cour estime que, compte tenu de la nature automatique de l’inscription du nom de MM. A. V. et R. V. dans le registre des faillis, de l’absence d’une évaluation et d’un contrôle juridictionnel sur l’application des incapacités y relatives ainsi que du laps de temps prévu pour l’obtention de la réhabilitation, il y a eu ingérence dans le droit de ceux-ci au respect de leur vie privée.
41. La Cour a déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 8 de la Convention, étant donné qu’une telle ingérence n’était pas « nécessaire dans une société démocratique » au sens de l’article 8 § 2 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Campagnano c. Italie, précité, §§ 50-66, Albanese c. Italie, précité, §§ 50-66 et Vitiello c. Italie, précité, §§ 44-62).
42. La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. La Cour estime donc qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION, RELATIVEMENT AUX INCAPACITÉS DÉRIVANT DE LA MISE EN FAILLITE
43. Invoquant l’article 13 de la Convention, les requérants se plaignent de ne pas disposer d’un recours effectif pour se plaindre des incapacités patrimoniales et personnelles touchant MM. A. V. et R. V. suite à leur mise en faillite et jusqu’à l’obtention de sa réhabilitation.
A. Sur la recevabilité
44. Quant à la partie du grief concernant la limitation prolongée du droit au respect des biens, de la correspondance et de la liberté de circulation de MM. A. V. et R. V., la Cour rappelle avoir conclu ci-dessus à l’irrecevabilité de ces griefs. Partant, elle estime que, ne s’agissant pas de griefs « défendables » au regard de la Convention, cette partie de la requête doit être rejetée en tant que manifestement mal fondée selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
45. Quant à la partie du grief portant sur les incapacités dérivant de l’inscription du nom des faillis dans le registre et perdurant jusqu’à l’obtention de la réhabilitation civile, la Cour constate qu’elle n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celle-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
46. La Cour a déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 13 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Bottaro c. Italie, no 56298/00, §§ 41-46, 17 juillet 2003, et Campagnano c. Italie, précité, §§ 67-77).
47. La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent.
48. Partant, la Cour conclut qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention.
IV. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
49. Invoquant l’article 3 du Protocole no 1 à la Convention, les requérants se plaignent de la privation des droits électoraux de MM. A. V. et R. V. à la suite de leur mise en faillite.
A. Sur la recevabilité
50. La Cour constate que le grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
51. La Cour relève d’abord que MM. A. V. et R. V. ont subi la privation de leurs droits électoraux entre le 2 juin 1997 et le 2 juin 2002 et que des élections politiques (à la chambre des députés et au sénat) se sont tenues en Italie le 13 mai 2001.
52. La Cour a déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 3 du Protocole no 1 à la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Bova c. Italie, no 25513/02, §§ 16-25, 24 mai 2006 et Pantuso c. Italie, no 21120/02, §§ 25-34, 24 mai 2006).
53. La Cour a examiné la présente affaire et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent.
54. Partant, la Cour conclut qu’il y a eu violation de l’article 3 du Protocole no 1 à la Convention.
V. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 DE LA CONVENTION, QUANT À LA DURÉE DE LA PROCÉDURE
55. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, M. R. V. se plaint de la durée de la procédure de faillite.
A. Sur la recevabilité
56. La Cour rappelle que s’agissant du grief relatif à la durée de la procédure formulé par les héritiers de M. A. V., elle l’a déclaré irrecevable comme prématuré dans sa décision du 2 septembre 2004 au motif que la procédure était, à l’époque, pendante devant la Cour de cassation. Elle est toujours pendante aujourd’hui.
57. En ce qui concerne M. R. V., la Cour constate que le requérant a épuisé les voies de recours internes conformément à la loi Pinto (voir Di Sante c. Italie, requête no 56079/00, déc. du 24 juin 2004). Elle considère que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
58. La Cour rappelle que le caractère raisonnable de la durée d’une procédure relevant de l’article 6 § 1 de la Convention doit s’apprécier dans chaque cas d’espèce suivant les circonstances de la cause et eu égard aux critères consacrés par la jurisprudence de la Cour, notamment à la complexité de la cause, au comportement des requérants et à celui des autorités compétentes (voir, parmi beaucoup d’autres, Comingersoll c. Portugal, [GC], no 35382/97, CEDH 2000-IV).
59. Elle note que, dans le cas d’espèce, le caractère « raisonnable » de la durée de la procédure a fait l’objet d’un examen de la part de la cour d’appel de Rome, laquelle, par une décision devenue définitive le 15 juillet 2003, a accordé au requérant 450 EUR à titre de dédommagement moral. Ce chiffre représente environ 7,5 % du montant qu’elle-même aurait pu accorder pour une durée d’environ six ans de procédure (à la date de la décision prise au sens de la loi Pinto).
60. La Cour constate qu’en l’espèce, la procédure de faillite a débuté le 2 juin 1997 et qu’elle était pendante au 19 avril 2007. Elle a donc duré environ neuf ans et dix mois pour une instance.
61. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas présent et a constaté la violation de l’article 6 § 1 de la Convention (voir, parmi beaucoup d’autres, Frydlender c. France [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
62. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, elle constate que la procédure en question a été particulièrement complexe. Néanmoins, elle considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument convaincant pouvant la mener à une conclusion différente dans le cas présent. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce la durée de la procédure litigieuse est excessive et ne répond pas à l’exigence du « délai raisonnable » (voir De Blasi c. Italie, no 1595/02, §§ 19-35, 5 octobre 2006, et Gallucci c. Italie, no 10756/02, §§ 22-30, 12 juin 2007).
63. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
VI. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION, RELATIVEMENT À LA DURÉE DE LA PROCÉDURE
64. M. R. V. se plaint aussi, en substance, de l’ineffectivité du remède prévu par la loi Pinto, vu le montant reçu à titre de dédommagement moral pour la durée de la procédure. La Cour estime que ce grief doit être examiné sous l’angle de l’article 13 de la Convention.
A. Sur la recevabilité
65. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable
B. Sur le fond
66. La Cour rappelle que l’article 13 de la Convention garantit l’existence en droit interne d’un recours permettant de faire valoir les droits et libertés tels qu’ils peuvent s’y trouver consacrés. Il a pour conséquence d’exiger un recours interne habilitant l’instance nationale compétente à connaître du contenu du grief fondé sur la Convention et, de plus, à offrir le redressement approprié dans les cas qui le méritent (voir Mifsud c. France (dec.) [GC], no 57220/00, § 17, ECHR 2002-VIII, Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, §§ 186-188, et Surmeli c. Allemagne [GC], no. 75529/01, § 99, 8 juin 2006). La Cour rappelle en outre que le droit à un recours efficace au sens de la Convention ne saurait être interprété comme donnant droit à ce qu’une demande soit accueillie dans le sens dans lequel l’entend l’intéressé (Surmeli, précité, § 98).
67. La Cour doit déterminer si le moyen offert à M. R. V. en droit italien peut être considéré un recours efficace, adéquat et accessible, permettant de sanctionner la durée excessive d’une procédure judiciaire. A cet égard, elle rappelle avoir déjà estimé que le recours devant les cours d’appel introduit en Italie par la loi Pinto est accessible et que rien ne permet de douter de son efficacité (Brusco c. Italie (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX, et Scordino (no 1), précité, § 144).
68. En l’espèce, la cour d’appel de Rome avait compétence pour se prononcer sur le grief de M. R. V. et a procédé à son examen. Aux yeux de la Cour, le simple fait que le niveau du montant de l’indemnisation ne soit pas élevé ne constitue pas en soi un élément suffisant pour mettre en cause le caractère effectif du recours « Pinto » (voir, mutatis mutandis, Zarb c. Malte, no 16631/04, §§ 50-51, 4 juillet 2006, et Di Pietro c. Italie, no 73575/01, §§ 43-52, 2 novembre 2006).
69. Par conséquent, M. Raffaele Viola ayant disposé d’un recours effectif pour exposer la violation de la Convention qu’il alléguait, il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention.
VII. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
70. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
71. Les requérants présentent une expertise chiffrant à 25 893,78 euros (EUR) le préjudice matériel que M. R. V. aurait subi. Cette somme correspond au salaire minimum (pensione sociale) que M. R. V. aurait reçu à partir de sa déclaration de faillite.
72. Les requérants réclament 77 681,34 EUR chacun pour le préjudice matériel qu’ils auraient subi. Ils demandent aussi 300 000 EUR chacun pour le dommage moral ainsi que 100 000 EUR pour les héritiers de M. A. V. conjointement en raison du « dommage biologique et à la santé » que ce dernier aurait subi.
73. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
74. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre les violations constatées et le dommage matériel allégué et rejette la demande. Quant au préjudice moral, elle estime que les requérants ont subi un tort moral certain. Statuant en équité, elle accorde à ce titre 7 500 EUR à M. R.V. et 1 500 conjointement à M. A. V. et Mmes A. G. V., S. V. et L. F..
B. Frais et dépens
75. Les requérants demandent également 35 982,88 EUR pour les frais et dépens encourus devant la Cour ainsi que 1 605,27 EUR pour les frais d’expertise.
76. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
77. La Cour constate que les requérants ont été admis au bénéfice de l’assistance judiciaire. Eu égard à l’activité déployée par leur représentant, après déduction des 850 EUR reçus du Conseil de l’Europe au titre de l’assistance judiciaire, la Cour accorde aux requérants conjointement la somme de 1 150 EUR pour frais et dépens.
C. Intérêts moratoires
78. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 6 § 1, 8 et 13 de la Convention (relativement aux incapacités dérivant de la mise en faillite) et 3 du Protocole no 1 à la Convention et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention quant au droit au respect de la vie des requérants ;
3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention, relativement aux incapacités dérivant de la mise en faillite ;
4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 3 du Protocole no 1 à la Convention ;
5. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention quant à la durée de la procédure eu égard à M. R. V.a ;
6. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 13 de la Convention relativement au grief de M. R. V. déduit de la violation de la durée de la procédure ;
7. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 7 500 EUR (sept mille cinq cent euros) à M. R. V. et 1 500 EUR conjointement à M. A. V. et Mmes A. G. V., S. V.et L. F. pour dommage moral ainsi que 1 150 EUR (mille cent cinquante euros) aux requérants conjointement pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
8. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 8 janvier 2008 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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