Conclusione Violazione dell’art. 6-1; danno materiale e danno morale – risarcimento pecuniario, globale,
TERZA SEZIONE
CAUSA VIDAL ESCOLL E GUILLÁN GONZÁLEZ
c. ANDORRA
(Richiesta no 38196/05)
SENTENZA
STRASBURGO
29 luglio 2008
DEFINITIVO
26/01/2009
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Vidal Escoll e Guillán González c. Andorra,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Elisabet Fura-Sandström, presidentessa, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, giudici,
Isabelle Berro-Lefèvre, giudice ad hoc, Luccichi López Guerra, giudice,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 8 luglio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 38196/05) diretta contro il Principato di Andorra e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. J.. V. E. ed un cittadino spagnolo, il Sig. J. G. G. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 19 ottobre 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da M. – A. C. M, avvocato adAndorra. Il governo andorrano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, Rosa Castellón, capo dello studio giuridico del governo di Andorra.
3. Il 27 ottobre 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il Sig. J. Casadevall, giudice eletto a titolo di Andorra essendosi astenuto, il governo ha designato la Sig.ra I. Berro-Lefevre per riunirsi in qualità di giudice ad hoc (articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell’ordinamento della Corte)
5. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, articolo 59 § 1 dell’ordinamento. Il governo spagnolo non ha presentato osservazioni.
6. Il 1 febbraio 2008, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 § 1 dell’ordinamento). La presente richiesta è stata assegnata alla terza sezione così ricomposta (articolo 52 § 1).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. Il primo richiedente è un cittadino andorrano, nato nel1942. Il secondo richiedente è un cittadino spagnolo, nato nel 1944.
8. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, si possono riepilogare come segue.
1. Il procedimento amministrativo sollecitato dai richiedenti
9. I richiedenti sono i proprietari di due alloggi unifamiliari in una lottizzazione ubicata nella parrocchia di Escaldes-Engordany. Con un accordo passato tra i proprietari ed il comune di Escaldes-Engordany il 14 marzo 1971, la strada che serviva la lottizzazione poteva accogliere solamente dei casamenti unifamiliari di una quota massimale di 10,50 metri, e ciò in ragione della larghezza della strada che era di meno di 8 metri. La legislazione nazionale fissò la quota massimale dei casamenti a 12,50 metri per la larghezza indicata.
10. Nel 1999, la società E. S.p.A. iniziò la costruzione di due immobili di appartamenti, Vilars I e Vilars II, accanto all’alloggio del primo richiedente ed di fronte a quello del secondo, con una quota totale di 21,50 metri, dopo avere ottenuto i rispettivi permessi di costruzione tanto dal comune di Escaldes-Engordany che dal Governo del Principato.
11. Stimando che i permessi di costruzione che erano stati accordati erano illegali, i richiedenti li attaccarono tramite via amministrativa. Di fronte al silenzio dell’amministrazione, i richiedenti investirono allora la sezione amministrativa del tribunale dei batlles chiedendo che venisse pronunciata la nullità dei permessi a costruire e la sospensione provvisoria dei lavori. Con un giudizio del 5 aprile 2002, il tribunale dei batlles, dopo avere respinto l’istanza di sospensione dei lavori, annullò il permesso a costruire relativo ad uno dei due immobili basandosi sul fatto che superava la quota massimale contemplata in ragione della larghezza della strada, ed ordinò la demolizione della parte dell’immobile che superava i 12,50 metri. Il permesso a costruire concernente il secondo immobile in compenso non fu annullato.
12. I richiedenti fecero appello. Con una sentenza del 28 maggio 2003, il Tribunale superiore di giustizia del Principato di Andorra fece diritto all’appello e lasciò senza effetto la bozza di costruzione del secondo immobile in ragione del superamento della quota massimale.
13. La sentenza del Tribunale superiore di giustizia del Principato di Andorra fu notificata alle parti e passò in forza di cosa giudicata.
14. Il 5 giugno 2003, i richiedenti chiesero al tribunale dei batlles l’esecuzione delle sentenze del 5 aprile 2002 e del 28 maggio 2003, in particolare la distruzione delle parti degli immobili che superavano i 12,50 metri.
15. Il 25 luglio 2003, otto persone titolari di una promessa di vendita su dei futuri appartamenti negli immobili Vilars I e Vilars II in causa presentarono dinnanzi al Tribunale superiore di giustizia un ricorso che tendeva a dichiarare nulla la sentenza del 28 maggio 2003, adducendo di n avere avuto cognizione del procedimento solo dalla stampa e facendo valere che essendo colpiti i loro diritti da suddetta sentenza, avrebbero dovuto parteciparvi.
16. Il Tribunale superiore di giustizia dichiarò il ricorso ammissibile ed ordinò il rinvio all’esecuzione della sua sentenza resa al principale. Il 22 settembre 2003 tuttavia, respinse il ricorso e mise fine al rinvio, considerando che le otto persone in causa non potevano pretendere di non essere state informate del procedimento che era stato pubblicato sulla gazzetta ufficiale.
17. Il 9 ottobre 2003, i richiedenti insistettero presso il tribunale dei batlles affinché le sentenze del 5 aprile 2002 e 28 maggio 2003 venissero eseguito.
18. Il 14 ottobre 2003, gli otto titolari di promesse di vendita che avevano investito il Tribunale superiore di giustizia del ricorso per nullità investirono il Tribunale costituzionale di un ricorso d’empara. Invocarono l’articolo 10 della Costituzione di Andorra che garantisce il diritto ad un ricorso giurisdizionale ed ad un processo equo, lamentandosi di non essere stati citati in quanto parti interessate nella cornice del procedimento al principale.
19. Il 14 gennaio 2004, il Tribunale superiore di giustizia si pronunciò sugli effetti del ricorso presentato dalle otto persone in questione.
20. Il 19 gennaio 2004 il Tribunale costituzionale dichiarò il ricorso ammissibile senza effetti sospensivi.
21. Il Tribunale costituzionale esaminò il ricorso e, con una sentenza del 15 marzo 2004, lo respinse, stimando che i richiedenti d’empara avevano avuto sufficientemente cognizione dell’esistenza del procedimento ed avevano deciso volontariamente di non prendervi parte. Conclude dunque che nessun attentato era stato portato ai diritti garantiti dall’articolo 10 della Costituzione.
22. Il 5 febbraio 2004, i richiedenti avevano chiesto nel frattempo, di nuovo l’esecuzione delle sentenze del 5 aprile 2002 e del 28 maggio 2003. Reiterarono la loro istanza il 14 luglio 2004.
23. In questa ultima data, i richiedenti investirono il Tribunale costituzionale di un ricorso d’empara esponendo tra l’altro che quattordici mesi erano passati dal pronunziato della sentenza del Tribunale superiore di giustizia che rimaneva sempre non-eseguita, e stimando che il loro diritto ad un processo equo era stato violato in ragione dell’inadempienza della sentenza in causa.
24. Con una sentenza del 2 dicembre 2004, il Tribunale costituzionale accordò l’empara ai richiedenti, esprimendosi nei seguenti termini,:
“(…) Per ciò che riguarda la condotta dei richiedenti, e concretamente dei richiedenti d’empara, non è stata scoperta nessuna irregolarità di procedimento
In compenso, nella condotta dei poteri pubblici, abbiamo potuto scoprire dei ritardi nell’esecuzione o anche una certa connivenza ad ostacolare suddetta esecuzione
(…) un procedimento cominciato il 11 settembre 1999 a seguito di un procedimento amministrativo anteriore, ed finito nel 2003, con una sentenza definitiva che non è stata ancora eseguita, senza che ci siano dei segni che indicano che sia sul punto di esserlo, ha una durata indebita e porta attentato al diritto ad un ricorso giurisdizionale riconosciuto dall’articolo 10 della Costituzione:
DECIDE:
(…)
Primariamente. – Di dichiarare che c’è stata violazione del diritto ad un ricorso giurisdizionale, riconosciuto dall’articolo 10 della Costituzione, nella misura in cui garantisce il loro diritto [dei richiedenti] ad un processo equo in una durata ragionevole
Secondariamente. – Di concedere l’embara chiesto dai loro rappresentanti [richiedenti]
Terzo. – Di comunicare questa sentenza al tribunale dei batlles affinché proceda all’esecuzione della sentenza della camera amministrativa del Tribunale superiore di giustizia del 28 maggio 2003. “
25. In seguito alla sentenza del Tribunale costituzionale, i richiedenti si rivolsero, da una parte, al tribunale dei batlles facendo valere che l’ostruzione alla giustizia poteva costituire una violazione penale e chiedendogli di eseguire le sentenze e, dall’altra parte, al ministero pubblico affinché iniziasse dei perseguimenti penali contro le persone autrici della “connivenza” nell’ostruzione della giustizia constatata dal Tribunale costituzionale, così come al Governo ed al comune di Escaldes-Engordany per la loro istanza di non fare ostacolo all’esecuzione delle sentenze in causa.
26. Le istanze dei richiedenti non furono seguite da effetto.
2. Il procedimento di espropriazione contro i richiedenti
27. Il comune di Escaldes-Engordany iniziò un procedimento di espropriazione di una parte delle proprietà di ogni richiedente, iscrivendolo nella cornice del progetto di ingrandimento della via della lottizzazione Vilars in certi luoghi, e questo per rispettare la larghezza della via prevista dai decreti del comune di Escaldes-Engordany numeri 208/90 e 209/90, del 7 giugno 1990, di pianificazione urbana.
28. Tuttavia, il verbale delle riunioni del Consiglio del comune di Escaldes-Engordany del 5 marzo e 8 aprile 2004, rilevava:
“(…) è vero che esiste una sentenza che dichiara la demolizione di una parte degli immobili [in causa], e che questa demolizione è stata dichiarata da un procedimento amministrativo che non consideriamo conforme al Diritto; (…) la sentenza, pure rispettandolo, è specialmente dura; dichiara difatti la demolizione degli immobili in causa per il solo fatto che la via, in due o tre luoghi molto precisi, manca di qualche centimetro per avere la larghezza di otto metri [richiesta] in tutto il suo tracciato. (…) Alcuni negoziati hanno avuto luogo, ed è stato fatto tutto ciò che era possibile per non dovere procedere all’espropriazione. Il gruppo maggioritario assumerà la responsabilità di procedere alla dichiarazione di utilità pubblica e della pratica di espropriazione che permetterà alla fine che la via raggiunga gli otto metri di larghezza [richiesti] in tutto il suo tracciato.”
29. L’esposto trasmesso nel giugno 2004 dal comune di Escaldes-Engordany al Governo per esame da parte del Consiglio generale (Parlamento), autorità chiamata a decidere sull’espropriazione, si leggeva come segue:
“L’esecuzione del progetto [di allargamento della via in causa] darà alla via un’estensione di 8 metri in tutto il suo tracciato, rispettando la larghezza minima in vigore fissata dalla legislazione, il che migliorerà l’accesso di tutti i vicini, che permette che tutti i futuri casamenti della zona vengano costruiti conformemente alle regole di pianificazione applicate in questa via. In questo modo, non solo gli accessi agli spazi pubblici ed alla via stessa saranno migliorati, ma i vicini si vedranno garantire anche l’accesso a tutti i servizi.”
30. Il 1 settembre 2004, il tribunale dei batlles nominò un perito incaricato di stendere un rapporto sulla natura dei futuri lavori e sul modo di effettuarli per demolire la parte degli edifici riguardati. Chiese anche all’associazione degli agenti immobiliari di Andorra un rapporto sul prezzo di mercato degli appartamenti colpiti dalla demolizione.
31. L’ 8 novembre 2004 il Governo trasmise al Consiglio generale il suo rapporto motivato sull’espropriazione in cui propose la dichiarazione di utilità pubblica del progetto di ingrandimento della via controversa della lottizzazione Vilars in certi luoghi.
32. All’epoca della sua sessione del 27 dicembre 2004, il Consiglio generale dichiarò di utilità pubblica il progetto di espropriazione del comune di Escaldes-Engordany e la necessità dell’influenza sulle parti riguardate delle proprietà dei richiedenti, 3,20 m² del terreno appartenente al primo richiedente e 32,20 m² del terreno appartenente al secondo. Il comune cominciò allora a mettere in esecuzione la decisione di espropriazione.
33. I richiedenti investirono il Tribunale costituzionale di un ricorso d’empara contro la dichiarazione di utilità pubblica, esponendo che la vera motivazione dell’espropriazione era quella di impedire l’esecuzione della sentenza del Tribunale superiore di giustizia del 28 maggio 2003. Con una sentenza del 25 aprile 2005, il Tribunale costituzionale respinse il ricorso, stimando che né la decisione del Consiglio generale del 27 dicembre 2004, né le osservazioni del ministero pubblico né quelle del rappresentante del Consiglio generale a cui il Tribunale costituzionale aveva chiesto di presentare delle osservazioni, lasciavano intendere una qualsiasi connessione tra la dichiarazione di utilità pubblica in causa e la volontà di impedire l’esecuzione della sentenza del 28 maggio 2003. Il Tribunale costituzionale si pronunciò nei seguenti termini:
“Ciò che esiste, invece, è un’impossibilità accertata di eseguire questo giudizio dopo la diminuzione dei diritti demaniali, diritti che la sentenza in questione mirava a proteggere e che proteggeva il diritto alla giurisdizione oggetto del ricorso.
La sentenza del 28 maggio 2003 dovrebbe essere eseguita e a buon grado ordina la nostra sentenza del 2 dicembre 2004, ma per ragioni diverse l’oggetto che proteggeva questo giudizio si è trasformato in un diritto all’indennizzo che deve essere fissato tenendo conto di tutti i danni provocati dall’espropriazione del diritto di proprietà.
In definitiva, questi diritti demaniali si sono trasformati in diritto all’ indennizzo in virtù dell’espropriazione che può essere protetta al tempo stesso dalla giurisdizione e dal ricorso d’empara, all’occorrenza, ma che lascia senza oggetto la pretesa di esecuzione della sentenza che dà adito a questo ricorso d’empara. Ciò senza danno, tuttavia, alla necessità di prendere questa sentenza in conto al momento di determinare il contenuto dei diritti demaniali per fissare l’indennizzo che corrisponde all’espropriazione.
34. I richiedenti presentarono allora al Tribunale costituzionale un “ricorso per nullità” che mirava alla ritrattazione della sua sentenza del 25 aprile 2005, facendo valere che i propositi da prendere in conto erano quelli del comune di Escaldes-Engordany, autorità che aveva deciso l’espropriazione, e non quelli del ministero pubblico o del Consiglio generale che non erano le autorità espropriate. Con una decisione del 6 giugno 2005, il Tribunale costituzionale respinse il ricorso per nullità, non essendo previsto tale ricorso dalla legge. La sentenza diventò così definitiva.
35. L’ 8 febbraio 2005, il comune di Escaldes-Engordany presentò un esposto d’ opposizione o chiedendo, a titolo accessorio, il rinvio dell’esecuzione della sentenza del 28 maggio 2003 resa dal Tribunale superiore di giustizia. Con una decisione del 26 maggio 2005, il Tribunale superiore di giustizia dichiarò legalmente impossibile eseguire la sentenza in corso.
36. Nel frattempo, i richiedenti avevano presentato un ricorso amministrativo che tendeva affinché venissero dichiarate nulle le decisioni del comune del 5 marzo e dell’8 aprile 2004. Con un giudizio del tribunale dei batlles del 31 maggio 2005, confermato in appello il 23 novembre 2006 dal Tribunale superiore di giustizia, questo ricorso fu respinto.
37. Peraltro, i richiedenti hanno presentato dinnanzi al Tribunale superiore di giustizia un ricorso contro la sentenza del 23 novembre 2006, insistendo, il 7 dicembre 2006, tra l’altro, sull’esistenza di una sottrazione di potere da parte del comune che ha giustificato il procedimento di espropriazione con un motivo che mascherava in realtà la volontà di far fallire il diritto dei richiedenti ad ottenere l’esecuzione di una sentenza che era favorevole a loro.
38. Con una decisione del 17 ottobre 2006, la commissione di espropriazione fissò gli indennizzi da versare ai richiedenti a – 9.287,91 euro per il primo richiedente e 32.145,06 euro per il secondo.
39. I richiedenti presentarono allora un ricorso amministrativo presso l tribunale dei batlles contro la decisione della commissione di espropriazione.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
40. Costituzione del Principato di Andorra del 14 marzo 1993
Articolo 27
“1. Il diritto alla proprietà privata ed all’eredità è riconosciuto, senza altri limiti da quelli derivanti dall’interesse generale.
2. Nessuno può essere privato dei suoi beni o dei suoi diritti, se non per un motivo di interesse generale, mediante un giusto indennizzo e nelle condizioni fissate dalla legge. “
Articolo 50
“Il Consiglio generale che garantisce una rappresentanza mista e paritaria della popolazione nazionale e delle sette parrocchie, rappresenta il popolo andorrano, esercita il potere legislativo, approva il bilancio dello stato, da’ l’impulso all’azione politica del governo ed il controllo. “
Articolo 79
“1. I comuni (Comuns), in quanto organi di rappresentanza e di amministrazione delle parrocchie, sono delle collettività pubbliche che dispongono della personalità giuridica e del potere di decretare delle norme locali, sottoposte alla legge, sotto forma di ordinanze, di ordinamenti e di decreti. Nell’ambito delle loro competenze, che esercitano conformemente alla Costituzione, alla legge ed alla tradizione, agiscono secondo il principio di libera amministrazione, riconosciuto e garantito dalla Costituzione.
2. I comuni rappresentano gli interessi delle parrocchie, approvano ed eseguono il bilancio parrocchiale; determinano e mettono in opera, sul loro territorio, le politiche pubbliche che dipendono dalla loro competenza, e gestiscono ed amministrano tutti i beni delle parrocchie, che siano pubblici o privati o appartengano al Patrimonio.
3. I loro organi dirigenti sono eletti democraticamente. “
Articolo 80 § 1
“1. Nella cornice della loro autonomia amministrativa e finanziaria, i comuni hanno le loro competenze delimitate da una legge qualificata. Queste comprendono in particolare le seguenti materie:
(…)
i) urbanistica;
j) vie pubbliche;
(…) .”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
41. Invocando il diritto ad un processo equo, i richiedenti si lamentano dell’impossibilità di ottenere l’esecuzione della sentenza resa a loro favore dal Tribunale superiore di giustizia il 28 maggio 2003, sia in ragione della passività delle autorità interne a conformarsi ad essa che a causa degli atti di espropriazione che sono stati messi in opera allo scopo di impedire suddetta esecuzione. Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nella sua parte pertinente, si legge come segue.
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
42. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
43. Il Governo solleva tre eccezioni di inammissibilità, relative alla competenza ratione materiae e ratione personae ed al non-esaurimento delle vie di ricorso interne.
1. Sull’eccezione preliminare del Governo relativa alla competenza ratione materiae
44. Il Governo invita la Corte a respingere la richiesta come incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione. Stima che i richiedenti non beneficiano più del diritto alla giurisdizione nella misura in cui l’oggetto protetto dalla sentenza del Tribunale costituzionale che deve essere eseguito si è trasformato in un diritto ad indennizzo per espropriazione, come l’alta giurisdizione ha lei stessa dichiarato nella sua sentenza del 25 aprile 2005. Il Governo insiste sul fatto che il procedimento di espropriazione che ha dato adito a dichiarazione di utilità pubblica si inserisce nella cornice di un piano di urbanistica che data 1990, e che dunque è estraneo al processo che si è concluso con la sentenza del Tribunale superiore di giustizia del 28 maggio 2003.
45. Il Governo fa valere poi che il fondamento della presente richiesta non risiede in un’eventuale violazione del diritto ad un processo equo ma che riguarda il diritto di proprietà, e ricorda che il Protocollo no 1 non era stato ratificato al momento dei fatti dall’Andorra.
Infine, il Governo osserva che le questioni relative all’urbanistica, solo esaminate dalle giurisdizioni interne, non fanno parte dei diritti garantiti dalla Convenzione.
46. I richiedenti ricusano questa tesi. Insistono sul fatto che l’oggetto della loro richiesta dinnanzi alla Corte è il diritto ad un processo equo, nella misura in cui l’espropriazione di una parte dei loro beni essendo fondata su un preteso interesse pubblico di allargamento di una via mentre, secondo loro, è stata decisa allo scopo di impedire l’esecuzione di una decisione ferma e definitiva. Fanno valere che avevano un interesse civile proprio e degno di protezione e hanno esercitato con successo, dinnanzi alle giurisdizioni andorrane, l’azione appropriata. Stimano che l’amministrazione andorrana ed il Tribunale costituzionale li abbiano defraudati del loro diritto affinché la sentenza resa a loro favore venisse eseguita.
47. La Corte osserva che il solo motivo di appello dei richiedenti dinnanzi alla Corte riguarda l’impossibilità di ottenere l’esecuzione di una sentenza a loro favore, motivo di appello che dipende interamente dalla cornice di applicazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. L’eccezione sollevata dal Governo è dunque respinta.
2. Sull’eccezione preliminare del Governo relativa alla competenza ratione personae
48. In secondo luogo, il Governo prega la Corte di concludere all’inammissibilità della richiesta in mancanza per i richiedenti di avere la qualità di vittime, in ragione della trasformazione dell’oggetto della controversia, dato che otterranno, al termine del procedimento di espropriazione, un giusto indennizzo in compenso dell’ingerenza nel loro diritto al rispetto della proprietà.
49. I richiedenti fanno valere, senza dare altre precisazioni, che l’amministrazione andorrana ha appena rifiutato loro l’indennizzo che, secondo il Governo, doveva sostituirsi all’esecuzione della sentenza che ordinava la demolizione degli immobili controversi.
50. La Corte ricorda che un’eventuale decisione o una misura favorevole ai richiedenti, supponendo che fosse potuta intervenire e che la trasformazione dell’oggetto della controversia e l’indennizzo potessero essere considerate così, basta in principio a togliere loro la qualità di “vittime” solo se le autorità nazionali hanno riconosciuto, esplicitamente o in sostanza, poi riparato la violazione della Convenzione. Questo non essendo stato il caso nell’occorrenza, l’eccezione sollevata dal Governo deve essere respinta.
3. Sull’eccezione preliminare del Governo derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne
51. Il Governo sostiene che le vie di ricorso interne non sono esaurite, come esige l’articolo 35 § 1 della Convenzione, nella misura in cui, dopo l’introduzione della presente richiesta dinnanzi alla Corte, i richiedenti hanno depositato un ricorso dinnanzi al Tribunale superiore di giustizia che tendeva a dichiarare nulle le decisioni di espropriazione adottate dal comune, e ciò per ottenere l’effettività del giudizio reso il 28 maggio 2003 dal Tribunale superiore di giustizia. Stima dunque che la richiesta è prematura.
52. I richiedenti contestano questa tesi. Fanno valere che hanno formato un ricorso contro l’atto amministrativo del comune contenuto nelle decisioni del consiglio comunale del 5 marzo e dell’8 aprile 2004, cioè , le decisioni di espropriazione. Coi giudizi del 31 maggio 2005 in prima istanza e del 23 novembre 2006 in appello, le giurisdizioni amministrative hanno respinto il ricorso.
53. La Corte stima che investendola della presente richiesta, i richiedenti hanno esaurito le vie di ricorso interne, nella misura in cui il Tribunale costituzionale si è pronunciato in modo definitivo il 25 aprile 2005 sul motivo di appello che invocano dinnanzi alla Corte. Hanno soddisfatto l’esigenza dell’articolo 35 § 1 della Convenzione dunque. La Corte dunque respinge questa eccezione del Governo.
54. La Corte stima, alla luce dei criteri che si liberano dalla sua giurisprudenza e tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, che la richiesta deve essere oggetto di un esame al merito. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Gli argomenti delle parti
a) Il Governo
55. Il Governo considera al primo colpo che la richiesta è mal fondata per due ragioni: secondo lui da una parte, i richiedenti potrebbero ottenere l’esecuzione della sentenza del Tribunale costituzionale che ordinava la demolizione degli immobili controversi o un risarcimento equo e, allo stesso tempo, un indennizzo nella cornice del procedimento di espropriazione in corso. Dall’altra parte, nota che i richiedenti richiedono dinnanzi alla Corte l’esecuzione della sentenza del 28 marzo 2003 pure presentando, il 7 dicembre 2006 un ricorso per nullità il cui petitum sarebbe identico, passi che sarebbero, per il Governo, in chiara contraddizione.
56. Il Governo afferma che non c’è stata nessuna omissione o atteggiamento deliberato da parte sua durante la fase di esecuzione della sentenza del Tribunale superiore di giustizia del 28 maggio 2003 ma, tutt’al più, la prudenza ragionevole di non eseguire precipitosamente una decisione riguardo le questioni di urbanistica su cui è difficile addirittura impossibile giudicare. Nota che le dichiarazioni del sindaco del comune che figurano nei verbali del 5 marzo e dell’8 aprile 2004 non hanno nessun valore giuridico, ma un carattere puramente politico. Fa valere che il vero motivo dell’inadempimento è la convergenza di due procedimenti, uno amministrativo, l’altro giudiziale, indipendenti una dall’altro, avendo dato adito il procedimento di espropriazione ad una dichiarazione di utilità pubblica che impedisce l’esecuzione della sentenza in causa che è il risultato di una pianificazione urbana del 1990. Se la sentenza in causa non ha potuto essere eseguita, è in ragione di una decisione del Tribunale costituzionale andorrano che ha affermato che l’oggetto della controversia è sparito e si è trasformato.
57. Comunque sia, del resto, il Governo di Andorra non condivide le affermazioni dei richiedenti sul calcolo dei periodi durante cui le autorità andorrane non hanno eseguito la sentenza del Tribunale superiore di giustizia e stima che il periodo durante cui la sentenza era esecutiva è iniziato il 19 gennaio 2004 (data in cui il Tribunale costituzionale ha ammesso ad esame il ricorso per incostituzionalità senza effetti sospensivi) e si è concluso il 27 dicembre 2004 (data in cui è intervenuta la decisione del Consiglio generale sull’espropriazione). C’è solo dunque un periodo di 11 mesi durante cui la sentenza del 28 maggio 2003 non è stata eseguita, in una causa riguardante una questione di urbanistica, ambito in cui gli Stati contraenti godono di un grande margine di valutazione.
58. Il Governo di Andorra considera che il procedimento seguito dinnanzi alle istanze giurisdizionali nazionali è sempre stato rispettoso del diritto ad un processo equo e stima che il procedimento di espropriazione non ha costituito un’ingerenza nell’amministrazione della giustizia e che non ha recato offesa ai diritti dei richiedenti. Non si tratta di una modifica del regolamentazione in seguito ad una sentenza definitiva dunque ma dell’esecuzione di un piano fissato nel 1990 e progressivamente messo in opera, in parecchie tappe, fino alla dichiarazione dell’utilità pubblica e della necessità dell’influenza pronunciata il 27 dicembre 2004.
59. Il Governo nota peraltro che l’amministrazione andorrana si è conformata continuamente alle decisioni di giustizia e che, il 2 dicembre 2004, dopo che il Tribunale costituzionale ebbe ordinato l’esecuzione del giudizio del 28 maggio 2003, l’amministrazione ha messo in opera il procedimento che tendeva alla designazione di periti incaricati di valutare i costi ed il modo di praticare la demolizione. La decisione del Consiglio generale relativo all’espropriazione ed all’utilità pubblica del 27 dicembre 2004 sviluppa già la pianificazione approvata nel 1990 senza che si possa dedurre l’esistenza di una connessione formale e significativa tra la dichiarazione di utilità pubblica e la volontà di non eseguire la sentenza del 28 maggio 2003. Questa dichiarazione di utilità pubblica approfitterà a tutta la collettività che beneficerà di un migliore accesso agli spazi pubblici ed ai servizi, ed ai richiedenti loro stessi poiché le loro proprietà saranno valorizzate, e potranno ingrandirle nel senso verticale. Di conseguenza rispetta un giusto equilibrio e non rappresenta un carico sproporzionato per i richiedenti. Il Governo nota che la necessità della dichiarazione di utilità pubblica era stata proclamata già nel 2001 quando il Tribunale superiore di giustizia si era pronunciato il 9 marzo 2001 a proposito del procedimento amministrativo introdotto dal secondo richiedente contro la decisione tacita del comune di Escaldes-Engordany di rifiutare la sua istanza di rinnovazione e di ingrandimento del suo alloggio individuale, il che dimostra che i lavori che consistono nel rilascio della via erano stati progettati fin dal 1990.
60. Per concludere, agli occhi del Governo, le espropriazioni necessarie per allargare una via o una via pubblica sono all’evidenza suscettibili di essere considerate come utilità pubblica, nella misura in cui costituiscono un’azione dei poteri pubblici comunali nell’esercizio delle loro competenze e dove, per definizione, sono destinate ad essere utilizzate in generale dal pubblico.
b) I richiedenti
61. I richiedenti insistono sul fatto che la dichiarazione fatta dal sindaco di Escaldes-Engordany al consiglio comunale riunito con all’ordine del giorno la decisione di espropriazione (processi verbali del 5 marzo e dell’ 8 aprile 2004) dichiarazione che il Governo qualifica come “politica”, è stata precisamente la base dell’atto giuridico che decide l’espropriazione. Lo scopo del procedimento era, come ha detto il sindaco, di evitare l’esecuzione della sentenza che ordinava la demolizione, e la dichiarazione di utilità pubblica da parte del Parlamento tramite il Governo è stata ottenuta su questa base. Non è perché il Governo ed il Parlamento non hanno ripreso nell’esposizione dei motivi dell’atto dichiarativo di utilità pubblica questo scopo anteriormente espresso in modo esplicito dal comune che questo sparisce.
62. Concernente la natura giuridica dell’espropriazione, i richiedenti fanno valere che quando un’amministrazione decide di espropriare, occorre che il Parlamento dichiari l’utilità pubblica dell’espropriazione progettata. La dichiarazione di utilità pubblica da parte del Parlamento non può intervenire mai se non c’è un’amministrazione che gliela chiede. La decisione propriamente detta è presa dal comune e solo la seguente dichiarazione che l’espropriazione progettata è possibile dunque è il fatto del Parlamento.
63. Il rifiuto del Tribunale costituzionale di pronunciarsi sullo scopo realmente perseguito dal comune, a tal punto che nella sua sentenza del 25 aprile 2005 non faccia nessuna menzione del verbale della deliberazione del consiglio comunale, ha privato i richiedenti del diritto di vedere giudicare il fondamento dei loro ricorsi dinnanzi al Tribunale costituzionale.
64. Per ciò che riguarda la pretesa pianificazione urbana, come sarebbe contenuta in due “decreti” del 7 giugno 1990 e di cui l’espropriazione nel 2003 sarebbe solamente il risultato, i richiedenti notano che i pretesi “decreti” non sono, in diritto interno andorrano, degli atti normativi ma delle decisioni su delle richieste indirizzate dagli individui. Si tratta di atti amministrativi non normativi i cui effetti si dilungano ratione personae e ratione materiae alla persona che ha fatto la richiesta ed alla materia oggetto della richiesta. Il Governo adopera le due parole “decreto” e “pianificazione urbana”, allo scopo di fare credere che i “decreti” del 1990 costituiscano una disposizione normativa, e dunque generale ed obbligatoria, portando pianificazione di tutto un insieme territoriale che comprenderebbe l’ampliamento della via a 8 metri. Così il comune, nel 2004, avrebbe fatto applicare solamente un atto normativo generale preesistente.
Ma questo non è esatto: per ciò che riguarda il decreto 208/90, si tratta di una richiesta che il promotore della lottizzazione aveva indirizzato al comune supplicandolo di accettare la donazione della via a favore del comune. Il decreto, cioè , la menzione in margine, dice “la donazione è accettata alla condizione preliminare della costruzione della totalità delle infrastrutture e servizi che sono specificati nel progetto di modifica della via.” Ma la condizione preliminare non fu assolta mai dal richiedente: è solamente nella stessa seduta del consiglio comunale che quella dove l’espropriazione è stata decisa, che il consiglio comunale ha deciso di accettare la via nel demanio pubblico.
In quanto al “decreto” 209/90, si tratta di una richiesta indirizzata da certi rivieraschi chiedendo al comune il permesso di costruire per “regolarizzare” la via. Il “decreto” in margine autorizza i richiedenti a fare i lavori entro 6 mesi. Ma il giorno in cui il consiglio comunale ha deciso l’espropriazione (2004), i lavori la cui autorizzazione impartiva un termine di 6 mesi, nel 1990, non erano stati condotti a termine.
65. Non c’è dunque luogo di dire che l’espropriazione era la conclusione di un piano di urbanistica deciso nel 1990 dal comune. Dopo 14 anni, queste autorizzazioni date tramite “decreto” su una richiesta erano nulle; il che non ha impedito il comune di dare ad E. il permesso di costruire degli immobili di 20,50 metri di quota.
66. Secondo i richiedenti l’argomento fondato i sul preteso piano di urbanistica del 1990 presentato dal comune ed accettato dal parlamento, ed in seguito, dal Tribunale costituzionale, è solamente un pretesto per “truccare” la volontà, in verità, di aggirare la necessità perentoria di eseguire il giudizio dopo che il Tribunale costituzionale ebbe constatato la connivenza delle amministrazioni nel mettere degli ostacoli all’esecuzione.
67. I richiedenti insistono sul fatto che l’inadempienza del giudizio è stata dichiarata dal Tribunale costituzionale stesso costitutiva di una “violazione al diritto fondamentale ad un processo di durata ragionevole a causa dell’ostruzione della giustizia da parte delle amministrazioni in connivenza tra loro.”
68. Ricordano che l’ingerenza nel loro caso non risiede in una legge generale, neanche in una regolamentazione, ma negli atti amministrativi non normativi presi ad personam ed ad causam. Le sole persone che subiscono l’effetto ed il danno dell’ingerenza dell’ “amministrazione” sono i richiedenti e quello che ne beneficia è il promotore che può così “legalizzare” i due immobili di 20,50 metri di quota e di più di 100 appartamenti edificati da lui su due appezzamenti su cui poteva costruire legalmente solo degli immobili residenziali di 10,50 metri di quota e dove i richiedenti hanno solamente delle ville unifamiliari di 10,50 metri, oramai letteralmente “sommerse” dai blocchi di immobili che fanno loro a fronte-a meno di un centimetro di distanza per ciò che riguarda la proprietà del primo richiedente ed a 7 metri per ciò che riguarda la proprietà del secondo.
2. La valutazione della Corte
69. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, il diritto di accesso ad un tribunale sarebbe illusorio se l’ordine giuridico interno di un Stato contraente permettesse che una decisione giudiziale definitiva ed obbligatoria resti inoperante a scapito di una parte. L’esecuzione di un giudizio o sentenza, di qualsiasi giurisdizione questi siano, deve dunque essere considerata come facente parte integrante del “processo” ai sensi dell’articolo 6 (vedere le sentenze Immobiliare Saffi c. Italia [GC], no 22774/93, § 63 in fine, CEDH 1999-V, e Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II, pp. 510-511, § 40). Di conseguenza, l’esecuzione di una decisione giudiziale non può essere impedita, invalidata o ritardata in modo eccessivo (Jasiūnienė c. Lituania, no 41510/98, § 27, 6 marzo 2003).
70. Queste affermazioni rivestono ancora più importanza nel contesto del contenzioso amministrativo, in occasione di una disputa la cui conclusione è determinante per i diritti civili del giudicabile. Presentando un ricorso dinnanzi al Tribunale superiore di giustizia, o la più alta giurisdizione amministrativa dello stato, questo mira ad ottenere non solo la scomparsa dell’atto controverso, ma anche e soprattutto la levata dei suoi effetti. Ora, la protezione effettiva del giudicabile ed il ristabilimento della legalità implica l’obbligo per l’amministrazione di piegarsi ad un giudizio o sentenza pronunciati da una tal giurisdizione. La Corte ricorda a questo riguardo che l’amministrazione costituisce un elemento dello stato di diritto e che il suo interesse si identifica dunque con quello di una buona amministrazione della giustizia. Se la sentenza definitiva non viene eseguita o ancora se non viene eseguita il più presto possibile, le garanzie dell’articolo 6 di cui ha beneficiato il giudicabile durante la fase giudiziale del procedimento perderebbero ogni ragione di essere (cf. sentenza Hornsby precitata, § 41).
71. Il diritto all’esecuzione dei giudizi non può obbligare certo, però uno Stato a fare eseguire ogni giudizio di carattere civile qualunque sia e qualunque siano le circostanze; gli appartiene in compenso i dotarsi di un arsenale giuridico adeguato e sufficiente per garantire il rispetto degli obblighi positivi che gli spettano. La Corte ha unicamente per compito di esaminare se le misure adottate dalle autorità nazionali sono state adeguate e sufficienti (Ruianu c. Romania, no 34647/97, § 66, 17 giugno 2003 e Vasile c. Romania, no 40162/02, § 53, 29 aprile 2008) perché quando queste sono tenute di agire in esecuzione di una decisione giudiziale ed omettono di farlo, questa inerzia impegna la responsabilità dello stato sul terreno dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (Scollo c. Italia, sentenza del 28 settembre 1995, serie A no 315-C, § 44). In materia di piano di sviluppo del territorio e di politica di urbanistica, gli Stati godono peraltro di un grande margine di valutazione. ( Hamer c. Belgio, no 21861/03, § 78, CEDH 2007 -… (brani) e Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, p. 26, § 69).
72. Sebbene il Governo stimi che la sentenza del Tribunale superiore di giustizia del 28 maggio 2003 sia diventata esecutiva solamente a partire dal 19 gennaio 2004, data in cui il Tribunale costituzionale ammise ad esame il ricorso d’empara senza effetti sospensivi, la Corte rileva che dal 28 maggio 2003, il comune di Escaldes-Engordany avrebbe dovuto prendere le misure necessarie per conformarsi ad una decisione giudiziale definitiva ed esecutiva e, non facendolo, ha privato le disposizioni dell’articolo 6 § 1 della Convenzione di ogni effetto utile.
73. Difatti, le decisioni di giustizia a favore dei richiedenti sono state private di ogni portata con un atto del Consiglio generale che ha regolarizzato a posteriori la situazione degli immobili controversi, sottraendoli alla demolizione, per mezzo dell’espropriazione di una parte della proprietà di ogni richiedente. Nessuna misura è stata presa dalle autorità comunali in vista dell’esecuzione della sentenza del 28 maggio 2003, a parte, e supponendo che ciò possa entrare in fila di conto, l’adozione da parte del tribunale dei batlles dell’ordinanza del 1 settembre 2004 che, come il Governo sottolinea, designò un perito incaricato di determinare la natura dei lavori di demolizione della parte degli edifici riguardati e sollecitò un rapporto sul prezzo di mercato degli appartamenti colpiti dalla demolizione. Il Governo non precisa tuttavia se queste perizie ebbero luogo e quale furono i loro eventuali risultati, ma si limita ad esporre che questa ordinanza testimonia la volontà di eseguire la sentenza.
Ora, secondo la Corte, le autorità competenti avrebbero dovuto agire con più zelo per non recare danno all’esecuzione del giudizio reso al merito.
74. Sebbene ammetta che un cambiamento nella situazione di fatto constatato da una decisione di giustizia possa giustificare in modo eccezionale l’inadempimento di una decisione, la Corte deve assicurarsi che i cambiamenti essenziali in causa non sono il risultato di un’azione o di un’inoperosità dello stato (mutatis mutandis, Ioachimescu ed Ione c. Romania, no 18013/03, § 31, 12 ottobre 2006 e Monory c. Romania ed Ungheria, no 71099/01, § 83, 5 aprile 2005). Nello specifico, rileva che il procedimento di espropriazione iniziato esclusivamente contro i richiedenti è cominciato da una decisione del consiglio comunale di Escaldes-Engordany adottata in seguito alle riunioni del 5 marzo e dell’8 aprile 2004, ulteriori dunque alle decisioni facenti diritto alle istanze dei richiedenti in quanto alla demolizione parziale degli immobili controversi. A questo riguardo, la Corte stima che la decisione di espropriare le proprietà dei richiedenti non può essere considerata come una situazione eccezionale che tendeva a giustificare l’inadempimento di una sentenza definitiva, ai sensi della giurisprudenza sopraindicata, ma costituisce un atto di dichiarazione di utilità pubblica che è stata adottata dal Consiglio generale nel dicembre 2004 (vedere sopra paragrafo 32) in seguito alla proposta del comune e il cui risultato è stata la privazione per i richiedenti del loro diritto a vedere eseguire una sentenza definitiva che era favorevole a loro. La Corte osserva a questo riguardo che la costruzione degli immobili nel contenzioso era cominciata nel 1999 e che la sentenza del Tribunale superiore di giustizia facente diritto ai richiedenti e che ordinava la demolizione parziale degli immobili in causa era stata adottata il 28 maggio 2003.
Non potrebbe accettare allo sguardo della Convenzione che tali situazioni si producano.
La Corte nota inoltre che nello specifico, la sentenza del Tribunale costituzionale del 25 aprile 2005 ha constatato che il diritto dei richiedenti a vedere demolire la parte riguardata degli immobili controversi della lottizzazione Vilars in esecuzione della sentenza del Tribunale superiore di giustizia si era trasformata in un diritto ad indennizzo che si aggiunge, all’occorrenza, a quello che deriverebbe dall’espropriazione a ragione del valore dei terreni espropriati ai richiedenti. La Corte constata che il Governo non ha dimostrato tuttavia che i richiedenti si siano visti accordare effettivamente a questo riguardo un indennizzo.
75. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che ci sia stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
76. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
77. I richiedenti richiedono a titolo del danno materiale l’esecuzione della sentenza che ordina la demolizione degli immobili controversi e l’annullamento dell’espropriazione, in vista dell’ampliamento di una via, delle parti dei terreni appartenenti a loro. Stimano che c’è una correlazione diretta tra il valore del danno subito a causa dell’inadempienza della sentenza ed il valore dell’utile che ne è risultato per il promotore. Alternativamente, chiedono un importo equivalente alla diminuzione del valore dei loro appezzamenti, rappresentata dal prezzo degli appartamenti costruiti al di là dei 12,50 regolamentari di quota; questo importo deve essere calcolato a partire dal valore venale di questi appartamenti secondo il prezzo reale del metro quadrato. I richiedenti richiedono anche 50 000 euro ciascuno per risarcimento del loro danno morale.
78. Il Governo contesta gli importi richiesti e stima riduttivo e semplicistico affermare che esiste una correlazione tra il danno provocato dall’inadempimento e l’utile ottenuto dal promotore da questo fatto. Per ciò che riguarda il danno morale, il Governo nota che i richiedenti hanno potuto sostenere la loro causa dinnanzi alle giurisdizioni andorrane che hanno rispettato le regole del processo equo.
79. Nello specifico, la Corte ha constatato una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione a causa dell’inadempienza di una decisione di giustizia con la quale i tribunali avevano condannato dei terzi a demolire una parte dei due immobili irregolarmente edificati che recavano danno ai richiedenti.
80. Quindi, la Corte stima che i richiedenti hanno subito un danno materiale a capo dell’inadempimento della decisione di giustizia in causa ed un danno morale consistente in un profondo sentimento di ingiustizia dovuto al fatto che a dispetto di una decisione di giustizia definitiva ed esecutiva, non hanno beneficiato di una protezione effettiva dei loro diritti.
81. Tenuto conto di queste considerazioni ed avuto riguardo alle circostanze specifiche della causa, la Corte accorda ai richiedenti, in equità, come esige l’articolo 41 della Convenzione, 40 000 EUR a ciascuno ogni capo di danno compreso.
B. Oneri e spese
82. I rappresentanti dei richiedenti chiedono anche 53 040 EUR per la loro parcella e 1 702,88 EUR per la parcella dei procuratori legali, corrispondenti ai procedimenti impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne. In appoggio alla loro richiesta forniscono un estratto dettagliato dei loro oneri, con atto di procedimento effettuato, senza specificare tuttavia gli atti impegnati per fare fronte all’inadempienza della sentenza di cui si sono lamentati dinnanzi alla Corte. Richiedono inoltre anche 3 016 EUR per parcella di perito di cui producono la fattura, e 2 520 EUR per la parcella di perito nella cornice dell’esecuzione, senza fornire fattura.
83. Il Governo non formula a questo riguardo osservazioni.
84. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. La Corte stima che i richiedenti non hanno diritto al rimborso dell’insieme degli oneri e delle spese necessarie per la loro difesa dinnanzi ai tribunali andorrani, ma solamente di quelli necessari per lamentarsi della violazione invocata dinnanzi alla Corte. Rileva peraltro che non hanno richiesto il rimborso degli oneri e spese impegnati per la loro difesa dinnanzi alla Corte. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte che delibera in equità, assegna a ciascuno dei richiedenti la somma di 10 000 EUR.
C. Interessi moratori
85. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 40 000 EUR (quarantamila euro) ogni capo di danno compreso, a ciascuno dei richiedenti, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
ii. 10 000 EUR (diecimila euro) a ciascuno dei richiedenti, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 luglio 2008, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Elisabet Fura-Sandström
Cancelliere Presidentessa