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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VERGU c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, P1-1
Numero: 8209/06/2011
Stato: Romania
Data: 2011-01-11 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA VERGU C. ROMANIA
( Richiesta no 8209/06)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
11 gennaio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Vergu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Marialena Tsirli, greffière collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 7 dicembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 8209/06) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. Ş. V. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 febbraio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente adduce un attentato al suo diritto di proprietà in ragione dell’edificazione delle costruzioni di infrastruttura stradale sul suo terreno.
4. Il 19 novembre 2009, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1956 e risiede a Buzău.
6. Nel 2000, l’amministrazione nazionale delle strade iniziò i procedimenti amministrativi in vista della riabilitazione della strada nazionale no 2 Urziceni-Buzău. Lo studio tecnico del progetto menzionava che l’estensione della strada necessitava l’occupazione definitiva di un terreno agricolo di 5853 m2 appartenente ad una società commerciale. Il 10 agosto 2000, l’amministrazione nazionale delle strade acquistò questo terreno e ne fece menzione sul libro fondiario.
7. Il 20 febbraio 2001, il consiglio dipartimentale di Buzãu, basandosi sul suddetto studio tecnico e sui pareri favorevoli emessi dalle diverse autorità dello stato, rilasciò all’amministrazione nazionale delle strade un permesso di costruzione che prevedeva la riabilitazione della strada nazionale. I lavori cominciarono in una data non precisata, durante l’autunno 2002.
8. Il 15 ottobre 2002, il richiedente e sua moglie fecero l’acquisizione di circa tre terzi di due terreni agricoli, di una superficie totale di 20 000 m2 che era contiguo in parte alla strada nazionale ed al terreno acquistato dall’amministrazione nazionale delle strade. Fecero iscrivere il loro diritto di proprietà sul libro fondiario.
9. Il 16 luglio 2003, un ufficiale giudiziario di giustizia incaricato dai coniugi V. notificò all’amministrazione nazionale delle strade che l’impresa incaricata dei lavori aveva occupato abusivamente una parte del loro terreno. L’ufficiale giudiziario ingiunse all’amministrazione di mettere fine a questi fastidi e di rimettere il terreno allo stato iniziale.
10. Dinnanzi alla mancanza di risposta, il 26 agosto 2003, il richiedente e sua moglie introdussero dinnanzi al tribunale di prima istanza di Buzău un’azione contro l’amministrazione nazionale delle strade e dell’impresa intervenuta sul cantiere, richiedendo la rimessa in stato del loro terreno. Esponevano che le due parti convenute avevano effettuato senza il loro accordo dei lavori di estensione della strada su una parte del loro terreno.
11. Il tribunale ordinò una perizia che, su richiesta delle parti, fu completata in due riprese. La perizia concluse che un appezzamento di 903 m2 situato al bordo della strada ed appartenente ai coniugi V. era stato totalmente e definitivamente occupato dalle parti convenute che avevano costruito una rete per far defluire le acque pluviali. La perizia indicò che altre parti del terreno erano state danneggiate durante i lavori in particolare in ragione del passaggio dei veicoli del cantiere, ma che questi danni erano reversibili.
12. Con un giudizio del 18 marzo 2005, il tribunale accolse parzialmente l’azione ed ordinò alle parti convenute di rimettere in stato il terreno danneggiato dal passaggio dei veicoli o di versare ai coniugi V. la somma necessaria per effettuare i lavori di rimessa in stato, stimata ad un milione di vecchi lei rumeni.
13. Trattandosi dell’appezzamento di 903 m2, il tribunale constatò che faceva parte della zona di protezione della strada, prevista dall’ordinanza del Governo no 43/1997. Concedendosi ad un’interpretazione dell’articolo 17 di questa ordinanza, il tribunale concluse che la tenuta pubblica su cui si trovava la strada nazionale beneficiava di una servitù legale a riguardo dell’appezzamento controverso e che, di conseguenza, i coniugi V. non potevano opporsi all’edificazione sul loro terreno delle costruzioni necessarie alla pianificazione della strada.
14. L’appello dei coniugi V. fu respinto con una sentenza del 21 giugno 2005 della corte di appello di Ploieşti che confermò il giudizio del tribunale di prima istanza. Il loro ricorso in ricorso fu respinto anche con una sentenza definitiva dell’ 11 ottobre 2005 della corte di appello di Ploieşti. Questa ultima giudicò che la rimessa in stato del terreno era impossibile e che, per il pregiudizio al loro diritto di proprietà, i coniugi V. potevano richiedere solamente dei danni ed interessi. Però, osservò che tale richiesta non era stata formulata nello specifico.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
15. Gli articoli 998 e 999 del codice civile contemplano che tutte le azioni di qualsiasi uomo che causa danno ad altri obbligano quest’ultimo a ripararlo e che ciascuno è responsabile del danno che ha causato non solo a causa della sua azione , ma anche della sua negligenza o della sua imprudenza.
16. L’articolo 576 del codice civile contempla che una servitù è un carico imposto su un bene immobile per l’uso e l’utilità di un bene immobile che appartiene ad un altro proprietario. L’articolo 577 precisa che una servitù deriva o dalla situazione naturale dei luoghi, o dagli obblighi imposti dalla legge, o dalle convenzioni tra i proprietari. L’articolo 587 aggiunge che le servitù stabilite dalla legge per l’utilità pubblica o comunale hanno per oggetto la costruzione o la riparazione delle strade ed altri lavori pubblici o comunali.
17. Infine, gli articoli 630 e 635 precisano che colui a cui è dovuta una servitù ha diritto a fare tutti i lavori necessari per avvalersene e per conservarla, ma che può avvalersene solamente in seguito al suo titolo, senza potere fare, né nei fondi che deve la servitù, né nei fondi a cui è dovuta, nessun cambiamento che aggrava la condizione del primo.
18. L’ordinanza del governo no 43/1997 concernente le strade contempla che le strade comprendono una zona di sicurezza ed una zona di protezione. Queste zone, necessarie alla manutenzione ed allo sviluppo delle strade, si estendono, nel caso delle strade nazionali, su 22 metri a contare dall’asse della strada. L’articolo 16 § 1 precisa che nella zona di sicurezza, ogni forma di cultura agricola o forestale è vietata.
19. Trattandosi della zona di protezione, l’articolo 17 § 2 contempla che i terreni situati in questa zona rimangono nell’amministrazione dei loro proprietari. Lo sfruttamento agricolo di questi terreni è autorizzato purché i proprietari non intraprendano niente che possa nuocere alla circolazione e lo scorrimento delle acque.
20. La legge no 33/1994 relativa all’espropriazione a causa di utilità pubblica reitera il principio dell’articolo 41 (3) della Costituzione del 1991 che contempla che l’espropriazione può essere messa in opera solo per una causa di utilità pubblica e con un risarcimento preliminare.
21. La legge no 213/1998 relativa al regime giuridico dei beni appartenenti alla tenuta pubblica menziona la donazione, l’acquisto e l’espropriazione tra le modalità di trasferimento dei beni nella tenuta pubblica. Questa ultima legge contempla che le reti di canalizzazione, così come i terreni afferenti, fanno parte della tenuta pubblica.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
22. Il richiedente si lamenta dell’impossibilità di ricuperare l’uso dell’appezzamento di 903 m2. Stima che questo terreno gli è stato confiscato illegalmente e in mancanza di ogni compenso. Adduce la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
23. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
24. Il Governo sostiene che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne per ovviare all’attentato addotto al suo diritto di proprietà. Afferma che il richiedente ha trascurato di richiedere l’esecuzione del giudizio del 18 marzo 2005 e che ha omesso di introdurre dinnanzi alle giurisdizioni interne un’azione per danni ed interessi che avrebbe potuto compensare la violazione addotta. Infine, il Governo adduce che il richiedente avrebbe potuto richiedere dinnanzi al tribunale amministrativo l’annullamento del permesso di costruzione rilasciato dall’amministrazione nazionale delle strade.
25. In appoggio della sua tesi, il Governo rinvia a parecchie decisioni di giustizia che hanno accolto delle azioni per danni ed interessi degli individui che si lamentavano dell’insediamento sui loro terreni delle linee della rete elettrica e delle condotte di distribuzione di acqua. Fornisce anche un giudizio definitivo del 31 marzo 2009 del tribunale di prima istanza di Craiova che ha condannato la Compagnia nazionale delle autostrade e delle strade nazionali ad indennizzare un individuo per l’occupazione definitiva di un terreno nella cornice dei lavori di pianificazione di una strada nazionale.
26. Il richiedente contesta la tesi del Governo. Espone che chiedendo la restituzione e la rimessa in stato del terreno, ha fatto uso delle vie di ricorso interne disponibile per mettere fine alla violazione del suo diritto di proprietà. Tenuto conto dell’illegalità dell’appropriazione, stima che l’obbligo a carico del proprietario di richiedere dei danni ed interessi dinnanzi alle giurisdizioni interne è inaccettabile.
27. In quanto all’omissione di chiedere l’esecuzione del giudizio del 18 marzo 2005, il richiedente espone che la somma assegnata per la rimessa in stato del resto del terreno era insignificante e non copriva neanche gli oneri di esecuzione del giudizio.
28. La Corte constata che l’argomento principale del Governo consiste nel dire che il richiedente avrebbe potuto richiedere dinnanzi alle giurisdizioni interne civili il versamento di un’indennità per l’attentato addotto al suo diritto di proprietà.
29. La Corte ricorda che l’esame delle modalità di indennizzo dipende dalla valutazione del “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo e particolarmente del rapporto ragionevole della proporzionalità tra le misure controverse e lo scopo previsto (Kozacıoğlu c. Turchia [GC], no 2334/03, § 64, CEDH 2009…). Questa questione essendo legata strettamente alla sostanza del motivo di appello, conviene unire l’eccezione del Governo al merito (vedere, mutatis mutandis, Burghelea c. Romania, no 26985/03, § 31, 27 gennaio 2009).
30. Trattandosi degli argomenti del Governo concernenti l’inadempimento del giudizio del 18 marzo 2005 e l’omissione di chiedere l’annullamento del permesso di costruzione, la Corte nota che la somma assegnata dal suddetto giudizio era destinata alla rimessa in stato di un altro terreno diverso dall’appezzamento di 903 m2 e che il permesso di costruzione non contemplava l’occupazione di questo appezzamento. Su questo ultimo punto, la Corte constata che il motivo di appello del richiedente non riguarda la legalità del permesso di costruzione, ma sull’occupazione di questo appezzamento da parte dell’amministrazione nazionale delle strade che ha superato la cornice che il permesso di costruzione imponeva ai lavori di riabilitazione della strada. Di conseguenza, la Corte stima che né l’esecuzione del giudizio del 18 marzo 2005 né l’annullamento del permesso di costruzione avrebbero potuto ovviare alla violazione del diritto di proprietà addotta dal richiedente.
31. Inoltre, la Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
32. Il richiedente sostiene che l’ingerenza nel suo diritto al rispetto dei suoi beni non è compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
33. Contesta l’esistenza di una servitù legale sul suo terreno ed afferma che la privazione di proprietà ha infranto il principio di legalità dal momento che l’amministrazione nazionale delle strade si è appropriata dell’appezzamento controverso in seguito ad un comportamento illegale, ossia l’occupazione senza titolo. Stima che l’amministrazione avrebbe dovuto acquistare a priori questo appezzamento o chiedere la sua espropriazione secondo le forme legali e mediante un indennizzo.
34. Il Governo invita la Corte a constatare che nello specifico, non c’è stata ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente.
35. Espone che l’appezzamento controverso si trova nella zona di protezione della strada, in un perimetro fortemente leso dai lavori delle infrastrutture.
36. Sostiene che in virtù dell’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997, la tenuta pubblica su cui si trova la strada nazionale beneficia di una servitù legale a riguardo del terreno del richiedente ed afferma che i lavori di miglioramento della strada sono stati effettuati nella cornice dell’esercizio normale di questa servitù. Il Governo invoca anche la legge no 213/1998 concernente la tenuta pubblica ed afferma che le reti di canalizzazione delle acque ed i terreni afferenti fanno parte della tenuta pubblica.
37. Per il caso in cui la Corte considerasse che c’è stata ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente, stima che questa ingerenza era “prevista dalla legge”, nell’occorrenza dall’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997.
38. Fa osservare poi che l’ingerenza ha avuto luogo “a causa di utilità pubblica”, ossia i lavori di riabilitazione della strada nazionale.
39. Infine, il Governo sostiene che la proporzionalità dell’ingerenza è stata oggetto di un esame approfondito dei tribunali interni. Aggiunge che un’azione per danno-interessi avrebbe permesso al richiedente di ottenere il risarcimento integrale per il presunto danno subito ed avrebbe potuto costituire un risarcimento sufficiente dell’ingerenza.
40. Avuto riguardo al margine di valutazione che l’articolo 1 del Protocollo no 1 riconosce alle autorità, il Governo stima che la restrizione controversa ha rispettato il giusto equilibrio voluto in materia.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
41. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata privazione di beni ai sensi della seconda “norma”, bisogna esaminare non solo se ci sono stati spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Essendo tesa la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 63, serie A no 52).
42. La Corte nota che nello specifico, il richiedente ha perso totalmente e definitivamente la padronanza dell’appezzamento controverso in ragione della sua occupazione da parte dell’amministrazione nazionale delle strade che l’ha trasformato irrimediabilmente costruendovi una rete di evacuazione delle acque. Sebbene non ci sia stato un atto di espropriazione formale e che il richiedente mantenga la possibilità teorica da vendere questo terreno, la Corte considera che le limitazioni portate al suo diritto di proprietà sono state così severe che si può assimilarle ad un’espropriazione di fatto che dipende dalla seconda frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, mutatis mutandis, Belvedere Alberghiera S.R.L. c. Italia, no 31524/96, § 54, CEDH 2000-VI).
43. Pertanto, c’è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni.
44. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1 una tale ingerenza deve essere operato “a causa di utilità pubblica”, “nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale”. L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non sentire solo quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II; Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I e Belvedere Alberghiera S.R.L., precitata, § 55).
b) Sul rispetto del principio di legalità
45. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. In particolare, il principio di legalità presuppone l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili nella loro applicazione (Hutten-Czapska c. Polonia [GC], no 35014/97, § 163, CEDH 2006-VIII).
46. Nello specifico, trattandosi del fondamento legale dell’ingerenza, il Governo afferma che l’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997 istituiva sul terreno controverso una servitù a favore della tenuta pubblica in virtù della quale i lavori hanno avuto luogo. Inoltre, afferma che in applicazione di legge no 213/1998, le reti di canalizzazione ed i terreni afferenti fanno parte della tenuta pubblica.
47. La Corte non potrebbe aderire agli argomenti del Governo.
48. Trattandosi del primo, la Corte nota che l’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997 contempla che i terreni situati nella zona di protezione della strada rimangono nell’amministrazione dei loro proprietari.
49. Per di più, la Corte constata che il codice civile contempla che colui a cui è dovuta una servitù ha diritto a fare i lavori necessari per avvalersene, a patto di non fare nei fondi dovuti alla servitù dei cambiamenti che aggravano la condizione di questi fondi.
50. Nello specifico, la Corte nota che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile e che il richiedente ne ha perso la padronanza a contare dalla sua occupazione da parte dell’amministrazione nazionale delle strade. Di conseguenza, supponendo anche che questo terreno fosse gravato da una servitù, la Corte constata che nell’occuparlo in modo irreversibile e senza informarne il richiedente, le autorità hanno superato la cornice legale fissata dal codice civile e dall’ordinanza no 43/1997 per l’esercizio normale della servitù e si sono appropriate definitivamente di un bene a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e dovuta forma.
51. In quanto al secondo argomento derivato dall’applicazione delle disposizioni della legge no 213/1998, la Corte osserva che la rete di evacuazione delle acque non era preesistente all’acquisto del terreno da parte del richiedente, ma che è stata creata ulteriormente, dopo l’occupazione del terreno da parte dell’amministrazione nazionale delle strade. Ora, questa occupazione non ha avuto come fondamento legale nessuno dei modi di trasferimento dei beni nella tenuta pubblica previsti dalla legge no 213/1998, ossia, la donazione, la vendita o l’espropriazione.
52. Pertanto, la Corte conclude che neanche questa ultima legge poteva costituire una base legale per l’occupazione del terreno.
53. Alla vista di queste considerazioni, in mancanza di un atto formale di trasferimento di proprietà, la Corte stima che la situazione del richiedente non potrebbe essere considerata come “prevedibile” e come soddisfacente l’esigenza di “sicurezza giuridica” (vedere, mutatis mutandis, Burghelea, precitata, § 39).
54. In quanto all’argomento del Governo secondo cui il richiedente avrebbe potuto chiedere ai tribunali interni il risarcimento del danno subito, la Corte nota che ha fornito solamente un solo esempio di giurisprudenza, ossia il giudizio del 31 marzo 2009 del tribunale di prima istanza di Craiova, concernente la possibilità di chiedere un risarcimento per l’occupazione definitiva dei terreni nella cornice dei lavori di pianificazione delle strade.
55. Oltre al fatto che si tratta di un giudizio pronunciato sei anni dopo l’occupazione del terreno controverso e più di tre anni dopo la fine del procedimento introdotto dai coniugi V., tenuto conto della confisca dello stato su questo terreno e del difetto di “prevedibilità” in cui il richiedente si è trovato a causa delle autorità, la Corte non potrebbe rimproverare al richiedente di non avere tentato, dopo una prima azione destinata a ricuperare il suo terreno, un nuovo procedimento per risarcimenti la cui conclusione era incerta (vedere, mutatis mutandis, Belvedere Alberghiera S.R.L, precitato, § 68 e Burghelea, precitata, § 40).
56. Alla luce di ciò che precede, la Corte stima che l’ingerenza controversa non era compatibile col principio di legalità e, di conseguenza, che ha infranto il diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni. Tale conclusione dispensa la Corte dal ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi di salvaguardia dei diritti individuali.
57. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
58. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
59. Il richiedente richiede 50 000 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito. Questa somma rappresenta il valore dell’appezzamento di 903 m2 occupato dall’amministrazione nazionale delle strade. Sostiene che il prezzo di vendita del metro quadrato nella stessa zona si trovava, nel 2007, a circa 100 EUR.
60. Il Governo si oppone alla richiesta del richiedente. Espone che questo ultimo è solamente il comproprietario dell’appezzamento e che non ha fornito nessun giustificativo per il calcolo dell’importo richiesto.
61. La Corte considera che, nelle circostanze della causa, la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura. Vista la violazione constatata dall’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’occupazione irreversibile del terreno, la Corte considera che la miglior forma di risarcimento consiste nella concessione da parte dello stato di un’indennità per il danno patrimoniale subito. Non avendo tuttavia fornito le parti informazioni precise sul valore di questo terreno, c’è luogo di riservare la questione e di fissare entro sei mesi a contare dalla data della presente sentenza l’ulteriore procedimento tenendo conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti (articolo 75 § 1 dell’ordinamento).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, alla maggioranza, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per quattro voci contro tre, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce, per quattro voci contro tre, che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura;
Perciò:
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, entro sei mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto l’ 11 gennaio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Marialena Tsirli Josep Casadevall
Cancelliera collaboratrice Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, lì esposizione delle seguenti opinioni separate:
-opinione dissidente del giudice Ziemele;
-opinione dissidente del giudice Power alla quale aderisce il giudice Zupančič.
J.C.M.
M.T.

OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE ZIEMELE
(Traduzione)
1. Contrariamente alla maggioranza, non penso che bisognasse dichiarare la richiesta ammissibile o concludere alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nello specifico. In particolare, rilevo che, per ciò che riguarda l’occupazione illegale da parte dell’amministrazione nazionale delle strade di un appezzamento di 903 metri quadrati appartenente al richiedente nella cornice dei lavori di riabilitazione di una strada nazionale adiacente al terreno di questo, la corte di appello, nella sua decisione definitiva, ha concluso che la restituzione di questo appezzamento era impossibile ma ha indicato che il richiedente e sua moglie potevano richiedere dei danno-interessi per la sua perdita (paragrafo 14). La corte ha rilevato però che gli interessati non avevano fatto tale richiesta. Dinnanzi alla Corte, la sola giustificazione data dal richiedente al fatto che non aveva chiesto risarcimento a livello nazionale consisteva nel dire che i proprietari non avrebbero dovuto avere l’obbligo di impegnare un procedimento per danno-interessi dinnanzi presso le giurisdizioni interne, simile obbligo essendo secondo lui “inaccettabile” (paragrafo 26). Il Governo ha rinviato in parecchie decisioni di giustizia che hanno accolto delle azioni per danni ed interessi di individui che si lamentavano dell’insediamento sui loro terreni delle linee della rete elettrica e delle condotte di distribuzione di acqua.” Evidentemente, menziona qui altre sentenze diverse da quelle del 2009 al quale la camera si riferisce nel suo ragionamento (paragrafi 54-55).
2. Nelle circostanze, non saprei aderire al punto di vista della maggioranza secondo cui l’azione civile per danno-interessi non è un ricorso effettivo che i richiedenti avrebbero dovuto esaurire. Per me, quando una giurisdizione nazionale ha constatato espressamente che il richiedente avrebbe potuto impegnare un’azione per danno-interessi a livello interno ma non l’ha fatto e che il Governo menziona delle cause comparabili, la Corte non potrebbe limitarsi ad accettare il punto di vista del richiedente secondo cui l’impegno di tale azione è inaccettabile. Secondo me, dovrebbe essere molto vigile in quanto alla regola del non-esaurimento delle vie di ricorso interne che ha lei stessa istituito.
3. Nella maggior parte degli ordini giuridici europei, in mancanza di meccanismi specifici, un’azione civile per danno-interessi è generalmente accessibile. La Corte dovrebbe astenersi dal mettere in difficoltà questa pratica e di agire come tribunale di prima istanza. Ad ogni modo, anche se i richiedenti avessero voluto riprendere possesso del loro terreno, i tribunali hanno stabilito alla fine, al termine di un ragionamento certo problematico (paragrafo 13) che ciò era impossibile perché delle pianificazioni pubbliche erano state effettuate su questo appezzamento. Ora la Convenzione non ha mai contemplato che la violazione di un diritto provoca immancabilmente una restitutio in integrum che, spesso, è impossibile. In simile caso, un indennizzo per il danno causato costituisce una soluzione valida.

OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE POWER
ALLA QUALE ADERISCE IL GIUDICE ZUPANÈIÈ
(Traduzione)
1. Non condivido il punto di vista della maggioranza nello specifico. Secondo me, la richiesta avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Con tutto il rispetto che devo ai miei colleghi della maggioranza, stimo che la sentenza non tiene sufficientemente conto dell’importante principio di sussidiarietà, consacrato dall’articolo 35 § 1 della Convenzione ed indispensabile al buon funzionamento del dispositivo di protezione offerto dalla Convenzione.
2. Non si può dubitare che il richiedente abbia stabilito dinnanzi alle giurisdizioni nazionali l’esistenza di un’ingerenza nel suo diritto di proprietà. Il fatto che la corte di appello di Ploieşti ha qualificato questa ingerenza come “legale” può suscitare discussione1 ma questa giurisdizione ha attirato espressamente l’attenzione del richiedente sull’esistenza di un procedimento per danno-interessi. Ha stimato che, avuto riguardo ai fatti dello specifico come si presentavano nell’ottobre 2005, la rimessa in stato del terreno era impossibile e che il solo ricorso che restava aperto al richiedente era una richiesta di danno-interessi. Ora il richiedente ha giudicato questo passo semplicemente “inaccettabile.”
3. La restituzione del terreno è l’unica forma di risarcimento che l’interessato ha rivendicato a livello interno. Però, la giurisprudenza della Corte non consacra un diritto per i richiedenti di ottenere esattamente ciò che desiderano in ogni causa in cui una violazione viene addotta. Ciò a cui hanno diritto, è ad un ricorso effettivo. Un ricorso offerto in diritto interno è considerato come “effettivo” se impedisce il sopraggiungere o la continuazione della violazione addotta o fornisce all’interessato “una correzione adeguata per ogni violazione che si è già prodotta »2. Il richiedente non nega di non avere mai richiesto un indennizzo ai tribunali rumeni. Indica semplicemente che effettuare questo passo era per lui “inaccettabile.” Dopo aver fallito nell’ ottenere la rimessa del suo terreno a livello interno, ha introdotto una richiesta dinnanzi alla Corte chiedendo il risarcimento per la violazione addotta, anche se la corte di appello gli aveva segnalato espressamente che una richiesta di danno-interessi era un ricorso che poteva esercitare dinnanzi alle giurisdizioni rumene.
4. La Convenzione enuncia chiaramente che la Corte può essere investita solo “dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne.” Incombe sullo stato convenuto che eccepisce del non-esaurimento di provare che un ricorso è disponibile a livello interno, e la norma da rispettare è a questo riguardo quella della “prospettiva ragionevole di successo”-certamente non quella di una conclusione favorevole del procedimento3. Lo stato ha invocato una giurisprudenza interna che conferma che è possibile ottenere dei danno-interessi per questo tipo di richiesta. Il fatto che la causa citata4 sia ulteriore all’introduzione della richiesta del richiedente non potrebbe essere decisivo nelle circostanze in cui il diritto nazionale ha sempre contemplato una causa di azione per danno-interessi5. La causa in questione riguardava dei lavori controversi di pianificazione di una strada effettuati nel 2005. Il querelante aveva impegnato un’azione per risarcimento nel 2008 ed fu indennizzato dal sistema giuridico rumeno nello spazio di un anno, il che è completamente lodevole. Il richiedente avrebbe potuto seguire questo esempio dunque ed avrebbe potuto tenere giuridicamente di farlo. Il fatto che non ha chiesto risarcimento a livello nazionale rende la richiesta inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, conformemente all’articolo 35 § 1.
5. Il mio disaccordo con l’approccio della maggioranza si riferisce al fatto che considero essere una mancata osservanza del principio fondamentale di sussidiarietà consacrata dalla Convenzione, il che svuota questo principio di ogni effetto utile. La sussidiarietà esige che prima che la Corte non conceda un’indennità per risanare una violazione della Convenzione, le autorità nazionali debbano avere
la possibilità di risanare la situazione nel loro ordine giuridico interno »6. Che la Corte si permetta di privare le giurisdizioni interne della possibilità di decidere di una richiesta di indennizzo di un richiedente non denota solamente una mancanza di rispetto della sussidiarietà; ciò significa che assume le funzioni di un tribunale di prima istanza.
1 la corte di appello ha stimato che si trattava nello specifico dell’esercizio di una servitù e non di una violazione di proprietà come sosteneva il richiedente.

2 Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, CEDH 2006-V; Sürmeli c. Germania [GC], no 75529/01, § 98, CEDH 2006-VII; e Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, §§ 157-158, CEDH 2000-XI.

3 Pellegriti c. Italia, n° 77363/01, 26 maggio 2005.

4 la decisione definitiva del tribunale di prima istanza di Craiova del 31 marzo 2009, menzionata al paragrafo 25 della sentenza,

5 articoli 998 e 999 del codice civile rumeno.

6 T. C. Regno Unito [GC], no 24724/94, § 55, 16 dicembre 1999.

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1 ; Satisfaction équitable réservée
TROISIÈME SECTION
AFFAIRE VERGU c. ROUMANIE
(Requête no 8209/06)
ARRÊT
(fond)
STRASBOURG
11 janvier 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Vergu c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Marialena Tsirli, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 7 décembre 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 8209/06) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet Etat, M. Ş. V. (« le requérant »), a saisi la Cour le 7 février 2006 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le requérant allègue une atteinte à son droit de propriété en raison de l’édification des constructions d’infrastructure routière sur son terrain.
4. Le 19 novembre 2009, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1956 et réside à Buzău.
6. En 2000, l’Administration nationale des routes déclencha les procédures administratives en vue de la réhabilitation de la route nationale no 2 Urziceni-Buzău. L’étude technique du projet mentionnait que l’extension de la route nécessitait l’occupation définitive d’un terrain agricole de 5853 m2 appartenant à une société commerciale. Le 10 août 2000, l’Administration nationale des routes acheta ce terrain et en fit porter mention sur le livre foncier.
7. Le 20 février 2001, le conseil départemental de Buzău, se fondant sur l’étude technique susmentionnée et sur les avis favorables émis par les diverses autorités de l’Etat, délivra à l’Administration nationale des routes un permis de construire visant la réhabilitation de la route nationale. Les travaux commencèrent à une date non précisée, au cours de l’automne 2002.
8. Le 15 octobre 2002, le requérant et son épouse firent l’acquisition auprès de trois tiers de deux terrains agricoles, d’une superficie totale de 20 000 m2, qui jouxtaient en partie la route nationale et le terrain acheté par l’Administration nationale des routes. Ils firent inscrire leur droit de propriété sur le livre foncier.
9. Le 16 juillet 2003, un huissier de justice mandaté par les époux V. notifia à l’Administration nationale des routes que l’entreprise chargée des travaux avait abusivement occupé une partie de leur terrain. L’huissier enjoignit à l’Administration de mettre fin à ces nuisances et de remettre le terrain en l’état initial.
10. Devant l’absence de réponse, le 26 août 2003, le requérant et son épouse introduisirent devant le tribunal de première instance de Buzău une action à l’encontre de l’Administration nationale des routes et de l’entreprise intervenante sur le chantier, réclamant la remise en l’état de leur terrain. Ils exposaient que les deux parties défenderesses avaient effectué sans leur accord des travaux d’extension de la route sur une partie de leur terrain.
11. Le tribunal ordonna une expertise qui, sur demande des parties, fut complétée à deux reprises. L’expertise conclut qu’une parcelle de 903 m2 située en bordure de la route et appartenant aux époux V. avait été totalement et définitivement occupée par les parties défenderesses qui y avaient construit un réseau d’évacuation des eaux pluviales. L’expertise indiqua que d’autres parties du terrain avaient été endommagées au cours des travaux, dont notamment en raison du passage des véhicules de chantier, mais que ces dégâts étaient réversibles.
12. Par un jugement du 18 mars 2005, le tribunal accueillit partiellement l’action et ordonna aux parties défenderesses de remettre en état le terrain endommagé par le passage des véhicules ou de verser aux époux V. la somme nécessaire pour effectuer les travaux de remise en état, estimée à un million d’anciens lei roumains.
13. S’agissant de la parcelle de 903 m2, le tribunal constata qu’elle faisait partie de la zone de protection de la route, prévue par l’ordonnance du Gouvernement no 43/1997. Se livrant à une interprétation de l’article 17 de cette ordonnance, le tribunal conclut que le domaine public sur lequel se situait la route nationale bénéficiait d’une servitude légale à l’égard de la parcelle litigieuse et que, par conséquent, les époux V. ne pouvaient pas s’opposer à l’édification sur leur terrain des constructions nécessaires à l’aménagement de la route.
14. L’appel des époux V. fut rejeté par un arrêt du 21 juin 2005 de la cour d’appel de Ploieşti qui confirma le jugement du tribunal de première instance. Leur pourvoi en recours fut également rejeté par un arrêt définitif du 11 octobre 2005 de la cour d’appel de Ploieşti. Cette dernière jugea que la remise en l’état du terrain était impossible et que, pour l’atteinte à leur droit de propriété, les époux V. ne pouvaient réclamer que des dommages et intérêts. Cependant, elle observa qu’une telle demande n’avait pas été formulée en l’espèce.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
15. Les articles 998 et 999 du code civil prévoient que tout fait quelconque de l’homme qui cause à autrui un dommage oblige celui par la faute duquel il est arrivé à le réparer et que chacun est responsable du dommage qu’il a causé non seulement par son fait, mais encore par sa négligence ou par son imprudence.
16. L’article 576 du code civil prévoit qu’une servitude est une charge imposée sur un bien immeuble pour l’usage et l’utilité d’un bien immeuble appartenant à un autre propriétaire. L’article 577 précise qu’une servitude dérive ou de la situation naturelle des lieux, ou des obligations imposées par la loi, ou des conventions entre les propriétaires. L’article 587 ajoute que les servitudes établies par la loi pour l’utilité publique ou communale ont pour objet la construction ou réparation des chemins et autres ouvrages publics ou communaux.
17. Enfin, les articles 630 et 635 précisent que celui auquel est due une servitude a droit de faire tous les ouvrages nécessaires pour en user et pour la conserver, mais qu’il ne peut en user que suivant son titre, sans pouvoir faire, ni dans le fonds qui doit la servitude, ni dans le fonds à qui elle est due, de changement qui aggrave la condition du premier.
18. L’ordonnance du gouvernement no 43/1997 concernant les routes prévoit que les routes comportent une zone de sécurité et une zone de protection. Ces zones, nécessaires à l’entretien et au développement des routes, s’étendent, dans le cas des routes nationales, sur 22 mètres à compter de l’axe de la route. L’article 16 § 1 précise que dans la zone de sécurité, toute forme de culture agricole ou forestière est interdite.
19. S’agissant de la zone de protection, l’article 17 § 2 prévoit que les terrains situés dans cette zone demeurent dans l’administration de leurs propriétaires. L’exploitation agricole de ces terrains est autorisée à condition que les propriétaires n’entreprennent rien qui puisse nuire à la circulation et l’écoulement des eaux.
20. La loi no 33/1994 relative à l’expropriation pour cause d’utilité publique réitère le principe de l’article 41 (3) de la Constitution de 1991 qui prévoit que l’expropriation ne peut être mise en œuvre que pour une cause d’utilité publique et avec un dédommagement préalable.
21. La loi no 213/1998 relative au régime juridique des biens appartenant au domaine public mentionne la donation, l’achat et l’expropriation parmi les modalités de transfert des biens dans le domaine public. Cette dernière loi prévoit que les réseaux de canalisation, ainsi que les terrains afférents, font partie du domaine public.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
22. Le requérant se plaint de l’impossibilité de récupérer l’usage de la parcelle de 903 m2. Il estime que ce terrain lui a été confisqué illégalement et en l’absence de toute compensation. Il allègue la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
23. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
24. Le Gouvernement soutient que le requérant n’a pas épuisé les voies de recours internes pour remédier à l’atteinte alléguée à son droit de propriété. Il affirme que le requérant a négligé de réclamer l’exécution du jugement du 18 mars 2005 et qu’il a omis d’introduire devant les juridictions internes une action en dommages et intérêts qui aurait pu compenser la violation alléguée. Enfin, le Gouvernement allègue que le requérant aurait pu réclamer devant le tribunal administratif l’annulation du permis de construire délivré par l’Administration nationale des routes.
25. A l’appui de sa thèse, le Gouvernement renvoie à plusieurs décisions de justice qui ont accueilli des actions en dommages et intérêts des particuliers qui se plaignaient de l’implantation sur leurs terrains des lignes du réseau électrique et des conduites de distribution d’eau. Il fournit également un jugement définitif du 31 mars 2009 du tribunal de première instance de Craiova qui a condamné la Compagnie nationale des autoroutes et des routes nationales à indemniser un particulier pour l’occupation définitive d’un terrain dans le cadre des travaux d’aménagement d’une route nationale.
26. Le requérant conteste la thèse du Gouvernement. Il expose qu’en demandant la restitution et la remise en état du terrain, il a fait usage des voies de recours internes disponibles pour mettre fin à la violation de son droit de propriété. Compte tenu de l’illégalité de l’appropriation, il estime que l’obligation à la charge du propriétaire de réclamer des dommages et intérêts devant les juridictions internes est inacceptable.
27. Quant à l’omission de demander l’exécution du jugement du 18 mars 2005, le requérant expose que la somme allouée pour la remise en état du reste du terrain était insignifiante et ne couvrait même pas les frais d’exécution du jugement.
28. La Cour constate que l’argument principal du Gouvernement consiste à dire que le requérant aurait pu réclamer devant les juridictions internes civiles le versement d’une indemnité pour l’atteinte alléguée à son droit de propriété.
29. La Cour rappelle que l’examen des modalités d’indemnisation relève de l’appréciation du « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu et particulièrement du rapport raisonnable de la proportionnalité entre la mesure litigieuse et le but visé (Kozacıoğlu c. Turquie [GC], no 2334/03, § 64, CEDH 2009-…). Cette question étant étroitement liée à la substance du grief, il convient de joindre l’exception du Gouvernement au fond (voir, mutatis mutandis, Burghelea c. Roumanie, no 26985/03, § 31, 27 janvier 2009).
30. S’agissant des arguments du Gouvernement concernant la non-exécution du jugement du 18 mars 2005 et l’omission de demander l’annulation du permis de construire, la Cour note que la somme allouée par le jugement susmentionnée était destinée à la remise en état d’un autre terrain que la parcelle de 903 m2 et que le permis de construire ne prévoyait pas l’occupation de cette parcelle. Sur ce dernier point, la Cour constate que le grief du requérant ne porte pas sur la légalité du permis de construire, mais sur l’occupation de cette parcelle par l’Administration nationale des routes qui a dépassé le cadre que le permis de construire imposait aux travaux de réhabilitation de la route. Par conséquent, la Cour estime que ni l’exécution du jugement du 18 mars 2005 ni l’annulation du permis de construire n’auraient pu remédier à la violation du droit de propriété alléguée par le requérant.
31. En outre, la Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
32. Le requérant soutient que l’ingérence dans son droit au respect de ses biens n’est pas compatible avec l’article 1 du Protocole no 1.
33. Il conteste l’existence d’une servitude légale sur son terrain et affirme que la privation de propriété a enfreint le principe de légalité dès lors que l’Administration nationale des routes s’est appropriée la parcelle litigieuse par la suite d’un comportement illégal, à savoir l’occupation sans titre. Il estime que l’Administration aurait dû préalablement acheter cette parcelle ou demander son expropriation selon les formes légales et moyennant une indemnisation.
34. Le Gouvernement invite la Cour à constater qu’en l’espèce, il n’y a pas eu d’ingérence dans le droit de propriété du requérant.
35 Il expose que la parcelle litigieuse se situe dans la zone de protection de la route, dans un périmètre fortement affecté par des travaux d’infrastructure.
36. Il soutient qu’en vertu de l’article 17 de l’ordonnance du gouvernement no 43/1997, le domaine public sur lequel se situe la route nationale bénéficie d’une servitude légale à l’égard du terrain du requérant et affirme que les travaux d’amélioration de la route ont été effectués dans le cadre de l’exercice normal de cette servitude. Le Gouvernement invoque également la loi no 213/1998 concernant le domaine public et affirme que les réseaux de canalisation des eaux et les terrains afférents font partie du domaine public.
37. Pour le cas où la Cour retiendrait qu’il y a eu ingérence dans le droit au respect des biens du requérant, il estime que cette ingérence était « prévue par la loi », en l’occurrence l’article 17 de l’ordonnance du gouvernement no 43/1997.
38. Il fait observer ensuite que l’ingérence a eu lieu « pour cause d’utilité publique », à savoir les travaux de réhabilitation de la route nationale.
39. Enfin, le Gouvernement soutient que la proportionnalité de l’ingérence a fait l’objet d’un examen approfondi des tribunaux internes. Il ajoute qu’une action en dommages-intérêts aurait permis au requérant d’obtenir le dédommagement intégral pour le prétendu préjudice subi et aurait pu constituer une réparation suffisante de l’ingérence.
40. Eu égard à la marge d’appréciation que l’article 1 du Protocole no 1 laisse aux autorités, le Gouvernement estime que la restriction litigieuse a respecté le juste équilibre voulu en la matière.
2. Appréciation de la Cour
a) Sur l’existence d’une ingérence
41. La Cour rappelle que, pour déterminer s’il y a eu privation de biens au sens de la deuxième « norme », il faut non seulement examiner s’il y a eu dépossession ou expropriation formelle, mais encore regarder au-delà des apparences et analyser la réalité de la situation litigieuse. La Convention visant à protéger des droits « concrets et effectifs », il importe de rechercher si ladite situation équivalait à une expropriation de fait (Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, § 63, série A no 52).
42. La Cour note qu’en l’espèce, le requérant a perdu totalement et définitivement la maîtrise de la parcelle litigieuse en raison de son occupation par l’Administration nationale des routes qui l’a transformé irrémédiablement en y construisant un réseau d’évacuation des eaux. Bien qu’il n’y ait pas eu d’acte d’expropriation formelle et que le requérant garde la possibilité théorique de vendre ce terrain, la Cour considère que les limitations apportées à son droit de propriété ont été si sévères que l’on peut les assimiler à une expropriation de fait qui relève de la seconde phrase du premier paragraphe de l’article 1 du Protocole no 1 (voir, mutatis mutandis, Belvedere Alberghiera S.R.L. c. Italie, no 31524/96, § 54, CEDH 2000-VI).
43. Partant, il y a eu ingérence dans le droit du requérant au respect de ses biens.
44. Pour être compatible avec l’article 1 du Protocole no 1 une telle ingérence doit être opérée « pour cause d’utilité publique », « dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux de droit international ». L’ingérence doit ménager un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (Sporrong et Lönnroth, précité, § 69). En outre, la nécessité d’examiner la question du juste équilibre ne peut se faire sentir que lorsqu’il s’est avéré que l’ingérence litigieuse a respecté le principe de légalité et n’était pas arbitraire (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II ; Beyeler c. Italie [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I et Belvedere Alberghiera S.R.L., précité, § 55).
b) Sur le respect du principe de légalité
45. La Cour rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 exige, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale. En particulier, le principe de légalité présuppose l’existence de normes de droit interne suffisamment accessibles, précises et prévisibles dans leur application (Hutten-Czapska c. Pologne [GC], no 35014/97, § 163, CEDH 2006-VIII).
46. En l’espèce, s’agissant du fondement légal de l’ingérence, le Gouvernement affirme que l’article 17 de l’ordonnance du gouvernement no 43/1997 instituait sur le terrain litigieux une servitude en faveur du domaine public en vertu de laquelle les travaux ont eu lieu. En outre, il affirme qu’en application de loi no 213/1998, les réseaux de canalisation et les terrains afférents font partie du domaine public.
47. La Cour ne saurait souscrire aux arguments du Gouvernement.
48. S’agissant du premier, la Cour note que l’article 17 de l’ordonnance du gouvernement no 43/1997 prévoit que les terrains situés dans la zone de protection de la route demeurent dans l’administration de leurs propriétaires.
49. De surcroit, la Cour constate que le code civil prévoit que celui auquel est due une servitude a droit de faire les ouvrages nécessaires pour en user, à condition de ne pas faire dans le fonds qui doit la servitude des changements qui aggravent la condition de ce fonds.
50. En l’espèce, la Cour note que le terrain a été transformé de manière irréversible et que le requérant en a perdu la maîtrise à compter de son occupation par l’Administration nationale des routes. Par conséquent, à supposer même que ce terrain fût grevé d’une servitude, la Cour constate qu’en l’occupant de manière irréversible et sans en informer le requérant, les autorités ont dépassé le cadre légal fixé par le code civil et l’ordonnance no 43/1997 pour l’exercice normal de la servitude et se sont définitivement approprié un bien au mépris des règles régissant l’expropriation en bonne et due forme.
51. Quant au second argument tiré de l’application des dispositions de la loi no 213/1998, la Cour observe que le réseau d’évacuation des eaux n’était pas préexistant à l’achat du terrain par le requérant, mais qu’il a été créé ultérieurement, après l’occupation du terrain par l’Administration nationale des routes. Or, cette occupation n’a eu comme fondement légal aucun des modes de transfert des biens dans le domaine public prévus par la loi no 213/1998, à savoir, la donation, la vente ou l’expropriation.
52. Partant, la Cour conclut que cette dernière loi ne pouvait non plus constituer une base légale pour l’occupation du terrain.
53. Au vu de ces considérations, en l’absence d’un acte formel de transfert de propriété, la Cour estime que la situation du requérant ne saurait être considérée comme « prévisible » et comme répondant à l’exigence de « sécurité juridique » (voir, mutatis mutandis, Burghelea, précité, § 39)
54. Quant à l’argument du Gouvernement selon lequel le requérant aurait pu demander aux tribunaux internes la réparation du préjudice subi, la Cour note qu’il n’a fourni qu’un seul exemple de jurisprudence, à savoir le jugement du 31 mars 2009 du tribunal de première instance de Craiova, concernant la possibilité de demander une réparation pour l’occupation définitive des terrains dans le cadre des travaux d’aménagement des routes.
55. Outre le fait qu’il s’agit d’un jugement prononcé six ans après l’occupation du terrain litigieux et plus de trois ans après la fin de la procédure introduite par les époux V., compte tenu de la mainmise de l’Etat sur ce terrain et du défaut de « prévisibilité » dans lequel le requérant s’est trouvé du fait des autorités, la Cour ne saurait reprocher au requérant de n’avoir pas tenté, après une première action destinée à récupérer son terrain, une nouvelle procédure en dédommagements dont l’issue était incertaine (voir, mutatis mutandis, Belvedere Alberghiera S.R.L., précité, § 68 et Burghelea, précité, § 40).
56. A la lumière de ce qui précède, la Cour estime que l’ingérence litigieuse n’était pas compatible avec le principe de légalité et, par conséquent, qu’elle a enfreint le droit du requérant au respect de ses biens. Une telle conclusion dispense le Cour de rechercher si un juste équilibre a été maintenu entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de sauvegarde des droits individuels.
57. Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
58. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
59. Le requérant réclame 50 000 euros (EUR) au titre du préjudice matériel qu’il aurait subi. Cette somme représente la valeur de la parcelle de 903 m2 occupée par l’Administration nationale des routes. Il soutient que le prix de vente du mètre carré dans la même zone se situait, en 2007, à environ 100 EUR.
60. Le Gouvernement s’oppose à la demande du requérant. Il expose que ce dernier n’est que le copropriétaire de la parcelle et qu’il n’a fourni aucun justificatif pour le calcul du montant réclamé.
61. La Cour considère que, dans les circonstances de la cause, la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état. Vu la violation constatée de l’article 1 du Protocole no 1 et l’occupation irréversible du terrain, la Cour considère que la meilleure forme de réparation consiste dans l’octroi par l’Etat d’une indemnité pour le dommage matériel subi. Les parties n’ayant toutefois pas fourni de renseignements précis sur la valeur de ce terrain, il y a lieu de réserver la question et de fixer dans un délai de six mois à compter de la date du présent arrêt la procédure ultérieure en tenant compte de l’éventualité d’un accord entre l’Etat défendeur et le requérant (article 75 § 1 du règlement).
PAR CES MOTIFS, LA COUR
1. Déclare, à la majorité, la requête recevable ;
2. Dit, par quatre voix contre trois, qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit, par quatre voix contre trois, que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ;
En conséquence :
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et le requérant à lui adresser par écrit, dans un délai de six mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, leurs observations sur cette question et notamment à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue au président de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 11 janvier 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Marialena Tsirli Josep Casadevall
Greffière adjointe Président
Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé des opinions séparées suivantes :
– opinion dissidente de la juge Ziemele ;
– opinion dissidente de la juge Power, à laquelle se rallie le juge Zupančič.
J.C.M.
M.T.

OPINION DISSIDENTE DE LA JUGE ZIEMELE
(Traduction)
1. Contrairement à la majorité, je ne pense pas qu’il fallût déclarer la requête recevable ou conclure à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 en l’espèce. En particulier, je relève que, en ce qui concerne l’occupation illégale par l’Administration nationale des routes d’une parcelle de 903 mètres carrés appartenant au requérant dans le cadre des travaux de réhabilitation d’une route nationale jouxtant le terrain de celui-ci, la cour d’appel, dans sa décision définitive, a conclu que la restitution de cette parcelle était impossible mais a indiqué que le requérant et son épouse pouvaient réclamer des dommages-intérêts pour sa perte (paragraphe 14). La cour a cependant relevé que les intéressés n’avaient pas présenté une telle demande. Devant la Cour, la seule justification donnée par le requérant au fait qu’il n’avait pas demandé réparation au niveau national a consisté à dire que les propriétaires ne devraient pas avoir l’obligation d’engager une procédure en dommages-intérêts devant les juridictions internes, pareille obligation étant selon lui « inacceptable » (paragraphe 26). Le Gouvernement a renvoyé à « plusieurs décisions de justice qui ont accueilli des actions en dommages et intérêts de particuliers qui se plaignaient de l’implantation sur leurs terrains des lignes du réseau électrique et des conduites de distribution d’eau ». De toute évidence, il évoque ici d’autres arrêts que celui de 2009 auquel la chambre se réfère dans son raisonnement (paragraphes 54-55).
2. Dans les circonstances, je ne saurais souscrire au point de vue de la majorité selon lequel l’action civile en dommages-intérêts n’est pas un recours effectif que les requérants auraient dû épuiser. Pour moi, lorsqu’une juridiction nationale a expressément constaté que le requérant aurait pu engager une action en dommages-intérêts au niveau interne mais qu’il ne l’a pas fait et que le Gouvernement évoque des affaires comparables, la Cour ne saurait se limiter à accepter le point de vue du requérant selon lequel l’engagement d’une telle action est inacceptable. A mon sens, elle devrait être très vigilante quant à la règle de non-épuisement des voies de recours internes qu’elle a elle-même instituée.
3. Dans la plupart des ordres juridiques européens, en l’absence de mécanismes spécifiques, une action civile en dommages-intérêts est généralement accessible. La Cour devrait s’abstenir de mettre à mal cette pratique et d’agir comme un tribunal de première instance. En tout état de cause, quand bien même les requérants auraient voulu reprendre possession de leur terrain, les tribunaux ont finalement établi, à l’issue d’un raisonnement certes problématique (paragraphe 13), que cela était impossible car des aménagements publics avaient été effectués sur cette parcelle. Or la Convention n’a jamais prévu que la violation d’un droit entraîne immanquablement une restitutio in integrum, laquelle, souvent, est impossible. En pareil cas, une indemnisation pour le dommage causé constitue une solution viable.

OPINION DISSIDENTE DE LA JUGE POWER,
À LAQUELLE SE RALLIE LE JUGE ZUPANČIČ
(Traduction)
1. Je ne partage pas le point de vue de la majorité en l’espèce. A mon avis, la requête aurait dû être déclarée irrecevable pour non-épuisement des voies de recours internes. Avec tout le respect que je dois à mes collègues de la majorité, j’estime que l’arrêt ne tient pas suffisamment compte de l’important principe de subsidiarité, consacré par l’article 35 § 1 de la Convention et indispensable au bon fonctionnement du dispositif de protection offert par la Convention.
2. On ne peut guère douter que le requérant ait établi devant les juridictions nationales l’existence d’une ingérence dans son droit de propriété. Le fait que la cour d’appel de Ploieşti a qualifié cette ingérence de « légale » peut prêter à discussion1 mais cette juridiction a expressément attiré l’attention du requérant sur l’existence d’une procédure en dommages-intérêts. Elle a estimé que, eu égard aux faits de l’espèce tels qu’ils se présentaient en octobre 2005, la remise en état du terrain était impossible et que le seul recours qui restait ouvert au requérant était une demande de dommages-intérêts. Or le requérant a jugé cette démarche tout simplement « inacceptable ».
3. La restitution du terrain est la seule forme de réparation que l’intéressé a revendiquée au niveau interne. Cependant, la jurisprudence de la Cour ne consacre pas un droit pour les requérants d’obtenir exactement ce qu’ils souhaitent dans chaque affaire où une violation est alléguée. Ce à quoi ils ont droit, c’est à un recours effectif. Un recours offert en droit interne est considéré comme « effectif » s’il empêche la survenance ou la continuation de la violation alléguée ou fournit à l’intéressé « un redressement approprié pour toute violation s’étant déjà produite »2. Le requérant ne nie pas n’avoir jamais réclamé une indemnisation aux tribunaux roumains. Il indique simplement qu’effectuer cette démarche était pour lui « inacceptable ». Après avoir échoué à obtenir la remise de son terrain au niveau interne, il a introduit une requête devant la Cour en demandant réparation pour la violation alléguée, alors même que la cour d’appel lui avait expressément signalé qu’une demande de dommages-intérêts était un recours qu’il pouvait exercer devant les juridictions roumaines.
4. La Convention énonce clairement que la Cour ne peut être saisie qu’« après l’épuisement des voies de recours internes ». Il incombe à l’Etat défendeur excipant du non-épuisement de prouver qu’un recours est disponible au niveau interne, et la norme à respecter à cet égard est celle de la « perspective raisonnable de succès » – certainement pas celle d’une issue favorable de la procédure3. L’Etat a invoqué une jurisprudence interne confirmant qu’il est possible d’obtenir des dommages-intérêts pour ce type de demande. Le fait que l’affaire citée4 soit ultérieure à l’introduction de la requête du requérant ne saurait être décisif dans des circonstances où le droit national a toujours prévu une cause d’action en dommages-intérêts5. L’affaire en question concernait des travaux litigieux d’aménagement d’une route effectués en 2005. Le plaignant avait engagé une action en réparation en 2008 et fut indemnisé par le système juridique roumain en l’espace d’un an, ce qui est tout à fait louable. Le requérant aurait donc pu suivre cet exemple et était juridiquement tenu de le faire. Le fait qu’il n’a pas demandé réparation au niveau national rend la requête irrecevable pour non-épuisement des voies de recours internes, conformément à l’article 35 § 1.
5. Mon désaccord avec l’approche de la majorité tient à ce que je considère être un non-respect du principe fondamental de subsidiarité consacré par la Convention, ce qui vide ce principe de tout effet utile. La subsidiarité exige qu’avant que la Cour n’octroie une indemnité pour redresser une violation de la Convention, les autorités nationales doivent « avoir eu la possibilité de redresser la situation dans leur ordre juridique interne »6. Que la Cour se permette de priver les juridictions internes de la possibilité de décider d’une demande d’indemnisation d’un requérant ne dénote pas seulement un manque de respect de la subsidiarité ; cela signifie qu’elle assume les fonctions d’un tribunal de première instance.
1 La cour d’appel a estimé qu’il s’agissait en l’espèce de l’exercice d’une servitude et non d’une violation de propriété comme le soutenait le requérant.

2 Scordino c. Italie (no 1) [GC], no 36813/97, CEDH 2006-V; Sürmeli c. Allemagne [GC], no 75529/01, § 98, CEDH 2006-VII ; et Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, §§ 157-158, CEDH 2000-XI.

3 Pellegriti c. Italie, n° 77363/01, 26 mai 2005.

4 La décision définitive du tribunal de première instance de Craiova du 31 mars 2009 (évoquée au paragraphe 25 de l’arrêt)

5 Articles 998 et 999 du code civil roumain.

6 T. c. Royaume-Uni [GC], no 24724/94, § 55, 16 décembre 1999.

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