Conclusione Violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA VERGU C. ROMANIA
( Richiesta no 8209/06)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
11 gennaio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Vergu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente,
Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Marialena Tsirli, greffière collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 7 dicembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 8209/06) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. Ş. V. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 febbraio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il richiedente adduce un attentato al suo diritto di proprietà in ragione dell’edificazione delle costruzioni di infrastruttura stradale sul suo terreno.
4. Il 19 novembre 2009, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1956 e risiede a Buzău.
6. Nel 2000, l’amministrazione nazionale delle strade iniziò i procedimenti amministrativi in vista della riabilitazione della strada nazionale no 2 Urziceni-Buzău. Lo studio tecnico del progetto menzionava che l’estensione della strada necessitava l’occupazione definitiva di un terreno agricolo di 5853 m2 appartenente ad una società commerciale. Il 10 agosto 2000, l’amministrazione nazionale delle strade acquistò questo terreno e ne fece menzione sul libro fondiario.
7. Il 20 febbraio 2001, il consiglio dipartimentale di Buzãu, basandosi sul suddetto studio tecnico e sui pareri favorevoli emessi dalle diverse autorità dello stato, rilasciò all’amministrazione nazionale delle strade un permesso di costruzione che prevedeva la riabilitazione della strada nazionale. I lavori cominciarono in una data non precisata, durante l’autunno 2002.
8. Il 15 ottobre 2002, il richiedente e sua moglie fecero l’acquisizione di circa tre terzi di due terreni agricoli, di una superficie totale di 20 000 m2 che era contiguo in parte alla strada nazionale ed al terreno acquistato dall’amministrazione nazionale delle strade. Fecero iscrivere il loro diritto di proprietà sul libro fondiario.
9. Il 16 luglio 2003, un ufficiale giudiziario di giustizia incaricato dai coniugi V. notificò all’amministrazione nazionale delle strade che l’impresa incaricata dei lavori aveva occupato abusivamente una parte del loro terreno. L’ufficiale giudiziario ingiunse all’amministrazione di mettere fine a questi fastidi e di rimettere il terreno allo stato iniziale.
10. Dinnanzi alla mancanza di risposta, il 26 agosto 2003, il richiedente e sua moglie introdussero dinnanzi al tribunale di prima istanza di Buzău un’azione contro l’amministrazione nazionale delle strade e dell’impresa intervenuta sul cantiere, richiedendo la rimessa in stato del loro terreno. Esponevano che le due parti convenute avevano effettuato senza il loro accordo dei lavori di estensione della strada su una parte del loro terreno.
11. Il tribunale ordinò una perizia che, su richiesta delle parti, fu completata in due riprese. La perizia concluse che un appezzamento di 903 m2 situato al bordo della strada ed appartenente ai coniugi V. era stato totalmente e definitivamente occupato dalle parti convenute che avevano costruito una rete per far defluire le acque pluviali. La perizia indicò che altre parti del terreno erano state danneggiate durante i lavori in particolare in ragione del passaggio dei veicoli del cantiere, ma che questi danni erano reversibili.
12. Con un giudizio del 18 marzo 2005, il tribunale accolse parzialmente l’azione ed ordinò alle parti convenute di rimettere in stato il terreno danneggiato dal passaggio dei veicoli o di versare ai coniugi V. la somma necessaria per effettuare i lavori di rimessa in stato, stimata ad un milione di vecchi lei rumeni.
13. Trattandosi dell’appezzamento di 903 m2, il tribunale constatò che faceva parte della zona di protezione della strada, prevista dall’ordinanza del Governo no 43/1997. Concedendosi ad un’interpretazione dell’articolo 17 di questa ordinanza, il tribunale concluse che la tenuta pubblica su cui si trovava la strada nazionale beneficiava di una servitù legale a riguardo dell’appezzamento controverso e che, di conseguenza, i coniugi V. non potevano opporsi all’edificazione sul loro terreno delle costruzioni necessarie alla pianificazione della strada.
14. L’appello dei coniugi V. fu respinto con una sentenza del 21 giugno 2005 della corte di appello di Ploieşti che confermò il giudizio del tribunale di prima istanza. Il loro ricorso in ricorso fu respinto anche con una sentenza definitiva dell’ 11 ottobre 2005 della corte di appello di Ploieşti. Questa ultima giudicò che la rimessa in stato del terreno era impossibile e che, per il pregiudizio al loro diritto di proprietà, i coniugi V. potevano richiedere solamente dei danni ed interessi. Però, osservò che tale richiesta non era stata formulata nello specifico.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
15. Gli articoli 998 e 999 del codice civile contemplano che tutte le azioni di qualsiasi uomo che causa danno ad altri obbligano quest’ultimo a ripararlo e che ciascuno è responsabile del danno che ha causato non solo a causa della sua azione , ma anche della sua negligenza o della sua imprudenza.
16. L’articolo 576 del codice civile contempla che una servitù è un carico imposto su un bene immobile per l’uso e l’utilità di un bene immobile che appartiene ad un altro proprietario. L’articolo 577 precisa che una servitù deriva o dalla situazione naturale dei luoghi, o dagli obblighi imposti dalla legge, o dalle convenzioni tra i proprietari. L’articolo 587 aggiunge che le servitù stabilite dalla legge per l’utilità pubblica o comunale hanno per oggetto la costruzione o la riparazione delle strade ed altri lavori pubblici o comunali.
17. Infine, gli articoli 630 e 635 precisano che colui a cui è dovuta una servitù ha diritto a fare tutti i lavori necessari per avvalersene e per conservarla, ma che può avvalersene solamente in seguito al suo titolo, senza potere fare, né nei fondi che deve la servitù, né nei fondi a cui è dovuta, nessun cambiamento che aggrava la condizione del primo.
18. L’ordinanza del governo no 43/1997 concernente le strade contempla che le strade comprendono una zona di sicurezza ed una zona di protezione. Queste zone, necessarie alla manutenzione ed allo sviluppo delle strade, si estendono, nel caso delle strade nazionali, su 22 metri a contare dall’asse della strada. L’articolo 16 § 1 precisa che nella zona di sicurezza, ogni forma di cultura agricola o forestale è vietata.
19. Trattandosi della zona di protezione, l’articolo 17 § 2 contempla che i terreni situati in questa zona rimangono nell’amministrazione dei loro proprietari. Lo sfruttamento agricolo di questi terreni è autorizzato purché i proprietari non intraprendano niente che possa nuocere alla circolazione e lo scorrimento delle acque.
20. La legge no 33/1994 relativa all’espropriazione a causa di utilità pubblica reitera il principio dell’articolo 41 (3) della Costituzione del 1991 che contempla che l’espropriazione può essere messa in opera solo per una causa di utilità pubblica e con un risarcimento preliminare.
21. La legge no 213/1998 relativa al regime giuridico dei beni appartenenti alla tenuta pubblica menziona la donazione, l’acquisto e l’espropriazione tra le modalità di trasferimento dei beni nella tenuta pubblica. Questa ultima legge contempla che le reti di canalizzazione, così come i terreni afferenti, fanno parte della tenuta pubblica.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
22. Il richiedente si lamenta dell’impossibilità di ricuperare l’uso dell’appezzamento di 903 m2. Stima che questo terreno gli è stato confiscato illegalmente e in mancanza di ogni compenso. Adduce la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
23. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
24. Il Governo sostiene che il richiedente non ha esaurito le vie di ricorso interne per ovviare all’attentato addotto al suo diritto di proprietà. Afferma che il richiedente ha trascurato di richiedere l’esecuzione del giudizio del 18 marzo 2005 e che ha omesso di introdurre dinnanzi alle giurisdizioni interne un’azione per danni ed interessi che avrebbe potuto compensare la violazione addotta. Infine, il Governo adduce che il richiedente avrebbe potuto richiedere dinnanzi al tribunale amministrativo l’annullamento del permesso di costruzione rilasciato dall’amministrazione nazionale delle strade.
25. In appoggio della sua tesi, il Governo rinvia a parecchie decisioni di giustizia che hanno accolto delle azioni per danni ed interessi degli individui che si lamentavano dell’insediamento sui loro terreni delle linee della rete elettrica e delle condotte di distribuzione di acqua. Fornisce anche un giudizio definitivo del 31 marzo 2009 del tribunale di prima istanza di Craiova che ha condannato la Compagnia nazionale delle autostrade e delle strade nazionali ad indennizzare un individuo per l’occupazione definitiva di un terreno nella cornice dei lavori di pianificazione di una strada nazionale.
26. Il richiedente contesta la tesi del Governo. Espone che chiedendo la restituzione e la rimessa in stato del terreno, ha fatto uso delle vie di ricorso interne disponibile per mettere fine alla violazione del suo diritto di proprietà. Tenuto conto dell’illegalità dell’appropriazione, stima che l’obbligo a carico del proprietario di richiedere dei danni ed interessi dinnanzi alle giurisdizioni interne è inaccettabile.
27. In quanto all’omissione di chiedere l’esecuzione del giudizio del 18 marzo 2005, il richiedente espone che la somma assegnata per la rimessa in stato del resto del terreno era insignificante e non copriva neanche gli oneri di esecuzione del giudizio.
28. La Corte constata che l’argomento principale del Governo consiste nel dire che il richiedente avrebbe potuto richiedere dinnanzi alle giurisdizioni interne civili il versamento di un’indennità per l’attentato addotto al suo diritto di proprietà.
29. La Corte ricorda che l’esame delle modalità di indennizzo dipende dalla valutazione del “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo e particolarmente del rapporto ragionevole della proporzionalità tra le misure controverse e lo scopo previsto (Kozacıoğlu c. Turchia [GC], no 2334/03, § 64, CEDH 2009…). Questa questione essendo legata strettamente alla sostanza del motivo di appello, conviene unire l’eccezione del Governo al merito (vedere, mutatis mutandis, Burghelea c. Romania, no 26985/03, § 31, 27 gennaio 2009).
30. Trattandosi degli argomenti del Governo concernenti l’inadempimento del giudizio del 18 marzo 2005 e l’omissione di chiedere l’annullamento del permesso di costruzione, la Corte nota che la somma assegnata dal suddetto giudizio era destinata alla rimessa in stato di un altro terreno diverso dall’appezzamento di 903 m2 e che il permesso di costruzione non contemplava l’occupazione di questo appezzamento. Su questo ultimo punto, la Corte constata che il motivo di appello del richiedente non riguarda la legalità del permesso di costruzione, ma sull’occupazione di questo appezzamento da parte dell’amministrazione nazionale delle strade che ha superato la cornice che il permesso di costruzione imponeva ai lavori di riabilitazione della strada. Di conseguenza, la Corte stima che né l’esecuzione del giudizio del 18 marzo 2005 né l’annullamento del permesso di costruzione avrebbero potuto ovviare alla violazione del diritto di proprietà addotta dal richiedente.
31. Inoltre, la Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
32. Il richiedente sostiene che l’ingerenza nel suo diritto al rispetto dei suoi beni non è compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
33. Contesta l’esistenza di una servitù legale sul suo terreno ed afferma che la privazione di proprietà ha infranto il principio di legalità dal momento che l’amministrazione nazionale delle strade si è appropriata dell’appezzamento controverso in seguito ad un comportamento illegale, ossia l’occupazione senza titolo. Stima che l’amministrazione avrebbe dovuto acquistare a priori questo appezzamento o chiedere la sua espropriazione secondo le forme legali e mediante un indennizzo.
34. Il Governo invita la Corte a constatare che nello specifico, non c’è stata ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente.
35. Espone che l’appezzamento controverso si trova nella zona di protezione della strada, in un perimetro fortemente leso dai lavori delle infrastrutture.
36. Sostiene che in virtù dell’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997, la tenuta pubblica su cui si trova la strada nazionale beneficia di una servitù legale a riguardo del terreno del richiedente ed afferma che i lavori di miglioramento della strada sono stati effettuati nella cornice dell’esercizio normale di questa servitù. Il Governo invoca anche la legge no 213/1998 concernente la tenuta pubblica ed afferma che le reti di canalizzazione delle acque ed i terreni afferenti fanno parte della tenuta pubblica.
37. Per il caso in cui la Corte considerasse che c’è stata ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente, stima che questa ingerenza era “prevista dalla legge”, nell’occorrenza dall’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997.
38. Fa osservare poi che l’ingerenza ha avuto luogo “a causa di utilità pubblica”, ossia i lavori di riabilitazione della strada nazionale.
39. Infine, il Governo sostiene che la proporzionalità dell’ingerenza è stata oggetto di un esame approfondito dei tribunali interni. Aggiunge che un’azione per danno-interessi avrebbe permesso al richiedente di ottenere il risarcimento integrale per il presunto danno subito ed avrebbe potuto costituire un risarcimento sufficiente dell’ingerenza.
40. Avuto riguardo al margine di valutazione che l’articolo 1 del Protocollo no 1 riconosce alle autorità, il Governo stima che la restrizione controversa ha rispettato il giusto equilibrio voluto in materia.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza
41. La Corte ricorda che, per determinare se c’è stata privazione di beni ai sensi della seconda “norma”, bisogna esaminare non solo se ci sono stati spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di là delle apparenze ed analizzare la realtà della situazione controversa. Essendo tesa la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione equivaleva ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 63, serie A no 52).
42. La Corte nota che nello specifico, il richiedente ha perso totalmente e definitivamente la padronanza dell’appezzamento controverso in ragione della sua occupazione da parte dell’amministrazione nazionale delle strade che l’ha trasformato irrimediabilmente costruendovi una rete di evacuazione delle acque. Sebbene non ci sia stato un atto di espropriazione formale e che il richiedente mantenga la possibilità teorica da vendere questo terreno, la Corte considera che le limitazioni portate al suo diritto di proprietà sono state così severe che si può assimilarle ad un’espropriazione di fatto che dipende dalla seconda frase del primo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, mutatis mutandis, Belvedere Alberghiera S.R.L. c. Italia, no 31524/96, § 54, CEDH 2000-VI).
43. Pertanto, c’è stata ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni.
44. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1 una tale ingerenza deve essere operato “a causa di utilità pubblica”, “nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale”. L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e Lönnroth, precitata, § 69). Inoltre, la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi non sentire solo quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II; Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I e Belvedere Alberghiera S.R.L., precitata, § 55).
b) Sul rispetto del principio di legalità
45. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale. In particolare, il principio di legalità presuppone l’esistenza di norme di diritto interno sufficientemente accessibili, precise e prevedibili nella loro applicazione (Hutten-Czapska c. Polonia [GC], no 35014/97, § 163, CEDH 2006-VIII).
46. Nello specifico, trattandosi del fondamento legale dell’ingerenza, il Governo afferma che l’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997 istituiva sul terreno controverso una servitù a favore della tenuta pubblica in virtù della quale i lavori hanno avuto luogo. Inoltre, afferma che in applicazione di legge no 213/1998, le reti di canalizzazione ed i terreni afferenti fanno parte della tenuta pubblica.
47. La Corte non potrebbe aderire agli argomenti del Governo.
48. Trattandosi del primo, la Corte nota che l’articolo 17 dell’ordinanza del governo no 43/1997 contempla che i terreni situati nella zona di protezione della strada rimangono nell’amministrazione dei loro proprietari.
49. Per di più, la Corte constata che il codice civile contempla che colui a cui è dovuta una servitù ha diritto a fare i lavori necessari per avvalersene, a patto di non fare nei fondi dovuti alla servitù dei cambiamenti che aggravano la condizione di questi fondi.
50. Nello specifico, la Corte nota che il terreno è stato trasformato in modo irreversibile e che il richiedente ne ha perso la padronanza a contare dalla sua occupazione da parte dell’amministrazione nazionale delle strade. Di conseguenza, supponendo anche che questo terreno fosse gravato da una servitù, la Corte constata che nell’occuparlo in modo irreversibile e senza informarne il richiedente, le autorità hanno superato la cornice legale fissata dal codice civile e dall’ordinanza no 43/1997 per l’esercizio normale della servitù e si sono appropriate definitivamente di un bene a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e dovuta forma.
51. In quanto al secondo argomento derivato dall’applicazione delle disposizioni della legge no 213/1998, la Corte osserva che la rete di evacuazione delle acque non era preesistente all’acquisto del terreno da parte del richiedente, ma che è stata creata ulteriormente, dopo l’occupazione del terreno da parte dell’amministrazione nazionale delle strade. Ora, questa occupazione non ha avuto come fondamento legale nessuno dei modi di trasferimento dei beni nella tenuta pubblica previsti dalla legge no 213/1998, ossia, la donazione, la vendita o l’espropriazione.
52. Pertanto, la Corte conclude che neanche questa ultima legge poteva costituire una base legale per l’occupazione del terreno.
53. Alla vista di queste considerazioni, in mancanza di un atto formale di trasferimento di proprietà, la Corte stima che la situazione del richiedente non potrebbe essere considerata come “prevedibile” e come soddisfacente l’esigenza di “sicurezza giuridica” (vedere, mutatis mutandis, Burghelea, precitata, § 39).
54. In quanto all’argomento del Governo secondo cui il richiedente avrebbe potuto chiedere ai tribunali interni il risarcimento del danno subito, la Corte nota che ha fornito solamente un solo esempio di giurisprudenza, ossia il giudizio del 31 marzo 2009 del tribunale di prima istanza di Craiova, concernente la possibilità di chiedere un risarcimento per l’occupazione definitiva dei terreni nella cornice dei lavori di pianificazione delle strade.
55. Oltre al fatto che si tratta di un giudizio pronunciato sei anni dopo l’occupazione del terreno controverso e più di tre anni dopo la fine del procedimento introdotto dai coniugi V., tenuto conto della confisca dello stato su questo terreno e del difetto di “prevedibilità” in cui il richiedente si è trovato a causa delle autorità, la Corte non potrebbe rimproverare al richiedente di non avere tentato, dopo una prima azione destinata a ricuperare il suo terreno, un nuovo procedimento per risarcimenti la cui conclusione era incerta (vedere, mutatis mutandis, Belvedere Alberghiera S.R.L, precitato, § 68 e Burghelea, precitata, § 40).
56. Alla luce di ciò che precede, la Corte stima che l’ingerenza controversa non era compatibile col principio di legalità e, di conseguenza, che ha infranto il diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni. Tale conclusione dispensa la Corte dal ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi di salvaguardia dei diritti individuali.
57. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
58. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
59. Il richiedente richiede 50 000 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito. Questa somma rappresenta il valore dell’appezzamento di 903 m2 occupato dall’amministrazione nazionale delle strade. Sostiene che il prezzo di vendita del metro quadrato nella stessa zona si trovava, nel 2007, a circa 100 EUR.
60. Il Governo si oppone alla richiesta del richiedente. Espone che questo ultimo è solamente il comproprietario dell’appezzamento e che non ha fornito nessun giustificativo per il calcolo dell’importo richiesto.
61. La Corte considera che, nelle circostanze della causa, la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura. Vista la violazione constatata dall’articolo 1 del Protocollo no 1 e l’occupazione irreversibile del terreno, la Corte considera che la miglior forma di risarcimento consiste nella concessione da parte dello stato di un’indennità per il danno patrimoniale subito. Non avendo tuttavia fornito le parti informazioni precise sul valore di questo terreno, c’è luogo di riservare la questione e di fissare entro sei mesi a contare dalla data della presente sentenza l’ulteriore procedimento tenendo conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti (articolo 75 § 1 dell’ordinamento).
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, alla maggioranza, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per quattro voci contro tre, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce, per quattro voci contro tre, che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura;
Perciò:
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente ad indirizzarle per iscritto, entro sei mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto l’ 11 gennaio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Marialena Tsirli Josep Casadevall
Cancelliera collaboratrice Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, lì esposizione delle seguenti opinioni separate:
-opinione dissidente del giudice Ziemele;
-opinione dissidente del giudice Power alla quale aderisce il giudice Zupančič.
J.C.M.
M.T.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE ZIEMELE
(Traduzione)
1. Contrariamente alla maggioranza, non penso che bisognasse dichiarare la richiesta ammissibile o concludere alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 nello specifico. In particolare, rilevo che, per ciò che riguarda l’occupazione illegale da parte dell’amministrazione nazionale delle strade di un appezzamento di 903 metri quadrati appartenente al richiedente nella cornice dei lavori di riabilitazione di una strada nazionale adiacente al terreno di questo, la corte di appello, nella sua decisione definitiva, ha concluso che la restituzione di questo appezzamento era impossibile ma ha indicato che il richiedente e sua moglie potevano richiedere dei danno-interessi per la sua perdita (paragrafo 14). La corte ha rilevato però che gli interessati non avevano fatto tale richiesta. Dinnanzi alla Corte, la sola giustificazione data dal richiedente al fatto che non aveva chiesto risarcimento a livello nazionale consisteva nel dire che i proprietari non avrebbero dovuto avere l’obbligo di impegnare un procedimento per danno-interessi dinnanzi presso le giurisdizioni interne, simile obbligo essendo secondo lui “inaccettabile” (paragrafo 26). Il Governo ha rinviato in parecchie decisioni di giustizia che hanno accolto delle azioni per danni ed interessi di individui che si lamentavano dell’insediamento sui loro terreni delle linee della rete elettrica e delle condotte di distribuzione di acqua.” Evidentemente, menziona qui altre sentenze diverse da quelle del 2009 al quale la camera si riferisce nel suo ragionamento (paragrafi 54-55).
2. Nelle circostanze, non saprei aderire al punto di vista della maggioranza secondo cui l’azione civile per danno-interessi non è un ricorso effettivo che i richiedenti avrebbero dovuto esaurire. Per me, quando una giurisdizione nazionale ha constatato espressamente che il richiedente avrebbe potuto impegnare un’azione per danno-interessi a livello interno ma non l’ha fatto e che il Governo menziona delle cause comparabili, la Corte non potrebbe limitarsi ad accettare il punto di vista del richiedente secondo cui l’impegno di tale azione è inaccettabile. Secondo me, dovrebbe essere molto vigile in quanto alla regola del non-esaurimento delle vie di ricorso interne che ha lei stessa istituito.
3. Nella maggior parte degli ordini giuridici europei, in mancanza di meccanismi specifici, un’azione civile per danno-interessi è generalmente accessibile. La Corte dovrebbe astenersi dal mettere in difficoltà questa pratica e di agire come tribunale di prima istanza. Ad ogni modo, anche se i richiedenti avessero voluto riprendere possesso del loro terreno, i tribunali hanno stabilito alla fine, al termine di un ragionamento certo problematico (paragrafo 13) che ciò era impossibile perché delle pianificazioni pubbliche erano state effettuate su questo appezzamento. Ora la Convenzione non ha mai contemplato che la violazione di un diritto provoca immancabilmente una restitutio in integrum che, spesso, è impossibile. In simile caso, un indennizzo per il danno causato costituisce una soluzione valida.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE POWER
ALLA QUALE ADERISCE IL GIUDICE ZUPANÈIÈ
(Traduzione)
1. Non condivido il punto di vista della maggioranza nello specifico. Secondo me, la richiesta avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Con tutto il rispetto che devo ai miei colleghi della maggioranza, stimo che la sentenza non tiene sufficientemente conto dell’importante principio di sussidiarietà, consacrato dall’articolo 35 § 1 della Convenzione ed indispensabile al buon funzionamento del dispositivo di protezione offerto dalla Convenzione.
2. Non si può dubitare che il richiedente abbia stabilito dinnanzi alle giurisdizioni nazionali l’esistenza di un’ingerenza nel suo diritto di proprietà. Il fatto che la corte di appello di Ploieşti ha qualificato questa ingerenza come “legale” può suscitare discussione1 ma questa giurisdizione ha attirato espressamente l’attenzione del richiedente sull’esistenza di un procedimento per danno-interessi. Ha stimato che, avuto riguardo ai fatti dello specifico come si presentavano nell’ottobre 2005, la rimessa in stato del terreno era impossibile e che il solo ricorso che restava aperto al richiedente era una richiesta di danno-interessi. Ora il richiedente ha giudicato questo passo semplicemente “inaccettabile.”
3. La restituzione del terreno è l’unica forma di risarcimento che l’interessato ha rivendicato a livello interno. Però, la giurisprudenza della Corte non consacra un diritto per i richiedenti di ottenere esattamente ciò che desiderano in ogni causa in cui una violazione viene addotta. Ciò a cui hanno diritto, è ad un ricorso effettivo. Un ricorso offerto in diritto interno è considerato come “effettivo” se impedisce il sopraggiungere o la continuazione della violazione addotta o fornisce all’interessato “una correzione adeguata per ogni violazione che si è già prodotta »2. Il richiedente non nega di non avere mai richiesto un indennizzo ai tribunali rumeni. Indica semplicemente che effettuare questo passo era per lui “inaccettabile.” Dopo aver fallito nell’ ottenere la rimessa del suo terreno a livello interno, ha introdotto una richiesta dinnanzi alla Corte chiedendo il risarcimento per la violazione addotta, anche se la corte di appello gli aveva segnalato espressamente che una richiesta di danno-interessi era un ricorso che poteva esercitare dinnanzi alle giurisdizioni rumene.
4. La Convenzione enuncia chiaramente che la Corte può essere investita solo “dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne.” Incombe sullo stato convenuto che eccepisce del non-esaurimento di provare che un ricorso è disponibile a livello interno, e la norma da rispettare è a questo riguardo quella della “prospettiva ragionevole di successo”-certamente non quella di una conclusione favorevole del procedimento3. Lo stato ha invocato una giurisprudenza interna che conferma che è possibile ottenere dei danno-interessi per questo tipo di richiesta. Il fatto che la causa citata4 sia ulteriore all’introduzione della richiesta del richiedente non potrebbe essere decisivo nelle circostanze in cui il diritto nazionale ha sempre contemplato una causa di azione per danno-interessi5. La causa in questione riguardava dei lavori controversi di pianificazione di una strada effettuati nel 2005. Il querelante aveva impegnato un’azione per risarcimento nel 2008 ed fu indennizzato dal sistema giuridico rumeno nello spazio di un anno, il che è completamente lodevole. Il richiedente avrebbe potuto seguire questo esempio dunque ed avrebbe potuto tenere giuridicamente di farlo. Il fatto che non ha chiesto risarcimento a livello nazionale rende la richiesta inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, conformemente all’articolo 35 § 1.
5. Il mio disaccordo con l’approccio della maggioranza si riferisce al fatto che considero essere una mancata osservanza del principio fondamentale di sussidiarietà consacrata dalla Convenzione, il che svuota questo principio di ogni effetto utile. La sussidiarietà esige che prima che la Corte non conceda un’indennità per risanare una violazione della Convenzione, le autorità nazionali debbano avere
la possibilità di risanare la situazione nel loro ordine giuridico interno »6. Che la Corte si permetta di privare le giurisdizioni interne della possibilità di decidere di una richiesta di indennizzo di un richiedente non denota solamente una mancanza di rispetto della sussidiarietà; ciò significa che assume le funzioni di un tribunale di prima istanza.
1 la corte di appello ha stimato che si trattava nello specifico dell’esercizio di una servitù e non di una violazione di proprietà come sosteneva il richiedente.
2 Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, CEDH 2006-V; Sürmeli c. Germania [GC], no 75529/01, § 98, CEDH 2006-VII; e Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, §§ 157-158, CEDH 2000-XI.
3 Pellegriti c. Italia, n° 77363/01, 26 maggio 2005.
4 la decisione definitiva del tribunale di prima istanza di Craiova del 31 marzo 2009, menzionata al paragrafo 25 della sentenza,
5 articoli 998 e 999 del codice civile rumeno.
6 T. C. Regno Unito [GC], no 24724/94, § 55, 16 dicembre 1999.