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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VASILEV ET DOYCHEVA c. BULGARIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 41, 13, 35, 46, P1-1
Numero: 14966/04/2012
Stato: Bulgaria
Data: 2012-05-31 00:00:00
Organo: Sezione Quarta
Testo Originale

Conclusioni: Parzialmente inammissibile – Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni, Violazione dell’articolo 13 – Diritto ad un ricorso effettivo, Articolo 13 – Ricorso effettivo, Danno patrimoniale e danno morale – risarcimento

QUARTA SEZIONE

CAUSA VASILEV E DOYCHEVA C. BULGARIA

(Richiesta no 14966/04)

SENTENZA

STRASBURGO

31 maggio 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Vasilev e Doycheva c. Bulgaria,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quarta sezione, riunendosi in una camera composta da
Lech Garlicki, presidente,
Davide Thór Björgvinsson,
Päivi Hirvelä,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Zdravka Kalaydjieva,
Nebojša Vučinić, giudici e
da Lawrence Early, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 maggio 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 14966/04) diretta contro la Repubblica della Bulgaria e in cui due cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 22 aprile 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da OMISSIS, avvocato a Sofia. Il governo bulgaro (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra Sig. Dimova, del ministero della Giustizia.
3. I richiedenti adducono che la durata eccessiva e l’inefficacia del procedimento di restituzione del loro terreno hanno costituito una violazione del loro diritto a godere del loro bene. Adducono anche che il diritto interno non offriva loro nessuna via di ricorso suscettibile di ovviare a questa situazione.
4. Il 4 settembre 2008, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente in 1950 e 1936 e risiedono a Sofia.
A. Il procedimento di restituzione dei terreni agricoli dei richiedenti
6. Nel 1991, l’assemblea nazionale bulgara adottò la legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole. Le disposizioni di questa legge e del suo ordinamento di applicazione contemplavano la restituzione dei terreni agricoli collettivizzati dal regime comunista ai loro proprietari o agli eredi di questi.
7. Nel novembre 1992, i due richiedenti chiesero alla commissione agraria di Oryahovo di restituire loro rispettivamente due vigneti di una superficie di 3 200 metri quadrati e 2 000 metri quadrati, situato alla località “Gornite lozya”, vicino al villaggio di Ostrov. Precisarono che i terreni in causa erano appartenuti a loro nonno prima di essere portati alla cooperativa locale negli anni 1950.
8. Il 10 novembre 1992, la commissione agraria riconobbe loro il diritto di vedersi restituire i due terreni in causa o di ottenere un compenso pecuniario.
9. Con una decisione del 27 ottobre 1997, la commissione agraria riconobbe il diritto dei richiedenti di vedersi restituire i due terreni nei loro limiti di origine ancora esistente o suscettibile di essere ricostituite sulla base delle vecchie mappe catastali, съществуващи или възстановими стари реални граници. La decisione menzionava che i due terreni erano situati in una zona dove l’usufrutto era stato trasferito agli individui e dove trovava ad applicarsi il procedimento di restituzione prevista dai paragrafi 4 e segue della legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole.
10. Il 8 settembre 2000, il governatore regionale di Vratsa nominò un gruppo di lavoro di sei periti ed ordinò loro di analizzare il lavoro effettuato dalla commissione agraria in applicazione dei paragrafi 4 e segue della legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole sul territorio del comune di Oryahovo.
11. Alla sua riunione del 20 settembre 2000, il gruppo di lavoro constatò che la zona adiacente al villaggio di Ostrov, dove trovava ad applicarsi il procedimento di restituzione prevista dai paragrafi 4 e segue della legge, copriva due località, “Gornite lozya” e “Dolnite lozya”, ed aveva una superficie totale di 208,78 ettari. La commissione agraria di Oryahovo aveva reso 765 decisioni ed aveva riconosciuto le pretese dei vecchi proprietari e dei loro eredi per i terreni situati in questa zona alla quota di 130,5 ettari. I periti constatarono sebbene la superficie totale dei terreni che erano stati dati agli usufruttuario all’inizio degli anni 1980 in questa stessa zona ammontava a 26,2 ettari. Nel 1994, novantatre usufruttuario avevano fatto dei passi per fare valutare i loro terreni per acquisirli, mediante il pagamento del prezzo ai proprietari. Nessuno usufruttuario non aveva chiesto l’acquisizione del suo terreno nei termini supplementari fissati coi paragrafi 61 e segue dell’ordinamento di applicazione della legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole. Delle mappe catastali per le località “Gornite lozya” e “Dolnite lozya” erano stati elaborati nel 1990.
12. Tenuto conto di tutti questi dati, i periti diedero come parere che il procedimento di restituzione delle terre agricole doveva continuare del seguente modo. La commissione specializzata incaricata di raccogliere le domande di acquisizione degli usufruttuario per la zona adiacente al villaggio di Ostrov doveva innalzare un elenco dei terreni che non erano stati oggetto di una tale domanda nei termini previsti dalla legislazione interna. Sulla base di questa constatazione, la commissione agraria di Oryahovo doveva modificare la superficie della zona dove trovava ad applicarsi il procedimento previsto dai paragrafi 4 e segue della legge ed escludere di questa i terreni suddetti. La commissione agraria doveva applicare poi il procedimento ordinario di restituzione per i terreni suddetti, rilasciando ai loro proprietari una nuova decisione corredata all’occorrenza di un brano della mappa catastale che dimostra i limiti del terreno, o elaborando un piano di ripartizione delle terre se i limiti di origine non potessero essere ricostituiti.
13. Secondo le informazione presentate dal Governo alla data del 4 marzo 2009, il lancio del procedimento di determinazione di un piano dei terreni restituiti nella località “Gornite lozya” era imminente. Il procedimento sarebbe annunciato da una pubblicazione alla Gazzetta ufficiale; i richiedenti e tutti gli altri proprietari sarebbero invitati dalla commissione agraria a precisare i limiti di origine dei loro terreni. In seguito a queste consultazioni sarebbero elaborate il piano dei terreni restituiti, ed i richiedenti riceverebbero una nuova decisione della commissione agraria corredata di brani di suddetto piano che precisa i limiti esatti dei loro terreni. Il procedimento in causa sarebbe senza onere per gli interessati.
B. Il procedimento di rivendicazione intentata dai richiedenti
14. Nel 1999, ad una data non comunicata, i due richiedenti intentarono un’azione in rivendicazione contro quattro persone: P.Y, G.Y, V.R. e H.G. I richiedenti pretendevano che i convenuti occupavano illecitamente i due terreni che si erano visti restituire con la commissione agraria. Dinnanzi al tribunale di distretto di Oryahovo, i richiedenti tolsero la loro azione contro P.Y. e G.Y. concernente più grande dei due terreni ed il procedimento continuò contro gli altri due convenuti, V.R. e H.G che occupava più piccolo dei due terreni.
15. Con un giudizio del 27 aprile 2001, il tribunale di distretto di Oryahovo diede guadagno di causa ai richiedenti. Constatò che, con la sua decisione del 10 novembre 1992, la commissione agraria aveva restituito loro un terreno di 2 000 metri quadrati situati alla località “Gornite lozya” vicino al villaggio di Ostrov. Una perizia ordinata durante il procedimento giudiziale aveva dimostrato che suddetto terreno corrispondeva agli appezzamenti occupati dai convenuti V.R. e H.G. Questi ultimi non avevano dimostrato, prove all’appoggio, che erano titolari dei diritti reali opponibili ai proprietari. Il tribunale ordinò ai convenuti di rimettere gli appezzamenti ai richiedenti.
16. Il 17 aprile 2002, deliberando sull’appello della Sig.ra V.R, il tribunale regionale di Vratsa confermò il giudizio del tribunale di distretto. Riprese la motivazione del tribunale inferiore ed aggiunse che V.R. aveva ottenuto l’usufrutto del suo appezzamento in virtù di un decreto del 1978. Non aveva esercitato tuttavia il suo diritto di ricomprare il terreno, siccome glielo permetteva la legislazione sulla restituzione delle terre collettivizzate, e lei doveva rimettere di conseguenza l’appezzamento in causa ai due richiesti che disponevano di una decisione della commissione agraria che riconosce loro il diritto di proprietà su suddetto terreno.
17. V.R. si ricorre in cassazione. Presentò una decisione della commissione agraria di Oryahovo del 1997 che gli restituiva, in quanto erede di un denominato P.R, un vigneto di 2 000 metri quadrati situati alla località “Gornite lozya.” Del loro lato, i richiedenti si avvalsero della decisione del 27 ottobre 1997 della commissione agraria (vedere sopra paragrafo 9).
18. Con una sentenza del 28 gennaio 2004, la Corte suprema di cassazione dichiarò inammissibile l’azione intentata dai richiedenti. La Corte suprema constatò al primo colpo che le due parti avevano presentato delle decisioni della commissione agraria, rese in virtù dei paragrafi 4 e segue della legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole e che restituivano a ciascuna di esse un terreno di 2 000 metri quadrati situati alla località “Gornite lozya” vicino al villaggio di Ostrov. Risultava della conclusione dei periti raccolti dinnanzi al tribunale regionale che il piano di delimitazione dei terreni restituiti intorno al villaggio di Ostrov non era ancora elaborato. Questa constatazione era corroborata dal fatto che le due decisioni della commissione agraria presentata dalle parti non erano corredate da brani delle mappe catastali che dimostrano i limiti dei loro terreni rispettivi. La Corte di cassazione ne dedusse che il procedimento di restituzione non era ancora compiuto e che il terreno dei richiedenti non era identificabile perché non era individualizzato dai suoi limiti. Nella mancanza di bene immobile concreto ed identificabile, i richiedenti non potevano pretendere essere titolari di un qualsiasi diritto di proprietà. Per questi motivi, l’alta giurisdizione annullò i giudizi dei tribunali inferiori e mise fine al procedimento giudiziale.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
19. Il processo di restituzione delle terre agricole collettivizzate dal regime comunista è regolato dalla legge del 1991 sulla proprietà e l’uso delle terre agricole ed il suo ordinamento di applicazione. Questa legislazione permette ai proprietari ed ai loro eredi di ricuperare i loro terreni agricoli collettivizzati, nei loro vecchi limiti di origine o nei notizie limiti tracciati in un piano di ripartizione delle terre agricole, nella cornice di un procedimento condotto dagli organi collettivi specializzati, chiamate commettessimo agrari, o nella cornice di un procedimento giudiziale dinnanzi ai tribunali. Un’esposizione concernente l’approccio generale del legislatore bulgaro nella determinazione delle condizioni patrimoniali per la restituzione delle terre agricole, gli organi responsabili di questo processo, i principali procedimenti amministrativi e giudiziali a seguire e della giurisprudenza pertinente delle giurisdizioni giudiziali e costituzionali bulgare può essere trovata nei sentenze Kehaya ed altri c. Bulgaria, i nostri 47797/99 e 68698/01, §§ 34-49, 12 gennaio 2006; Lyubomir Popov c. Bulgaria, no 69855/01, §§ 83-95, 7 gennaio 2010; Mutishev ed altri c. Bulgaria, no 18967/03, §§ 68-75, 3 dicembre 2009.
20. I paragrafi 4 e segue della legge del 1991 contemplano un procedimento speciale per la restituzione delle terre agricole nelle zone dove lo stato aveva distribuito degli appezzamenti per uso personale alle persone fisiche, usufruttuario. Un’esposizione dettagliata della legislazione concernente questo procedimento e della giurisprudenza dei tribunali nella sua applicazione può essere trovata nel sentenza Naydenov c. Bulgaria, no 17353/03, §§ 21-42, 26 novembre 2009.
21. L’articolo 1, capoverso 1, della legge sulla responsabilità dello stato e delle municipalità permette agli individui di ottenere un risarcimento del danno causato dagli atti, prendevamo atto o inoperosità illegali degli organi o agenti statali o municipali esercitando delle funzioni amministrative. Un riassunto della giurisprudenza concernente l’applicazione di questa disposizione legislativa nel caso di danni subiti nella cornice dei procedimenti di restituzione può essere trovato nel sentenza Naydenov, precitata, §§ 43-47.
22. L’articolo 108 della legge sulla proprietà permette al proprietario di introdurre un’azione in rivendicazione contro tutto nessuno che occupa il suo bene immobile senza avere ne il diritto.
23. Gli articoli 256 e 257 del codice di procedimento amministrativo, entrato in vigore il 1 marzo 2007, contemplano la possibilità per gli individui di contestare dinnanzi ai tribunali amministrativi l’inoperosità degli organi amministrativi quando questa rappresenta l’inadempimento di un obbligo che deriva della legislazione interna. Questo ricorso può essere introdotto alla scadenza di quattordici seguente giorni la domanda dell’interessato formato dinnanzi all’organo amministrativo competente (articolo 256 del codice) od ogni momento, se l’obbligo di agire dell’amministrazione derivi direttamente di un atto legislativo (articolo 257 del codice). Se i tribunali amministrativi decidono di accogliere il ricorso, fissano un termine obbligatorio per il compimento dell’azione amministrativa chiesta (articolo 257) capoverso 2 dello stesso codice.
IN DIRITTO
I. SUlLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
24. I richiedenti adducono che non hanno potuto godere pienamente tuttavia del loro diritto alla restituzione riconosciuta, e questo a causa dell’inerzia delle autorità interne competenti per il compimento delle differenti formalità nella cornice del procedimento di restituzione. I richiedenti invocano l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
25. Il Governo si oppone a questa tesi. Stima che i richiedenti non hanno esaurito le vie di ricorso interni che si aprivano ad essi ed in particolare la possibilità di intentare un’azione in danni ed interessi in virtù dell’articolo 1, capoverso 1, della legge sulla responsabilità dello stato e delle municipalità. Presenta a sostegno di questa osservazione una sentenza della Corte suprema di cassazione bulgara datata del 14 febbraio 2008 ed in che l’alta giurisdizione bulgara ha concesso un risarcimento pecuniario al richiedente per, entra altri, il ritardo del procedimento di restituzione imputabile alla commissione agraria locale.
A. Sull’ammissibilità
26. La Corte ricorda che in virtù dell’articolo 35 § 1 della Convenzione, non può essere investita che dopo l’esaurimento delle vie di ricorso che è normalmente disponibili in dritto interno e che sono sufficientemente adeguate per ovviare alla violazione addotta della Convenzione o dei suoi Protocolli (vedere, tra molte altre, Kiiskinen c. Finlandia, déc.), no 26323/95, CEDH 1999-V (brani)).
27. Nella sua giurisprudenza, ha potuto affermare che i ricorsi di natura puramente compensatoria potevano costituire delle vie adeguate ad esaurire nel caso di inadempimento di un giudizio che ordina il pagamento di una somma di denaro (vedere Wasserman c). Russia (no 2), no 21071/05, §§ 48, 52 e 53, 10 aprile 2008; Bourdov c. Russia (no 2), no 33509/04, § 99, CEDH 2009 -…). La Corte ha stimato ancora che all’infuori di questo caso di figura specifica, un meccanismo di indennizzo non può rappresentare un mezzo adeguato che quando le autorità competenti hanno preso già delle misure specifiche per conformarsi al giudizio pronunciato a loro carico, Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 47, CEDH 1999-II, e Hornsby c. Grecia, 19 marzo 1997, § 37, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II. Nel suo sentenza Naydenov, precitata, § 52, ha stimato che i principi suddetti trovano ad applicarsi anche nei casi concernente la realizzazione dei diritti di restituzione riconosciuta da una decisione amministrativa definitiva.
28. Girandosi verso i fatti dello specifico, la Corte osserva che i richiedenti erano in possesso di decisioni della commissione agraria che riconoscevano il loro diritto di restituzione su due terreni situati vicino al villaggio di Ostrov. Suddette decisioni non precisavano tuttavia i limiti dei terreni ed apparteneva alla commissione agraria di prendere le misure necessarie per elaborare un piano di delimitazione delle terre restituite vicino al villaggio di Ostrov (vedere sopra 9 e 12 paragrafi). A questo riguardo, la Corte osserva una differenza sensibile col causa Naydenov, precitata, §§ 10-20, dove i differenti organi competenti avevano messo in œuvre parecchi tipi di misure per conformarsi alla decisione di restituzione resa al profitto del richiedente. Nel presente genere, la commissione agraria doveva prodigarsi a delimitare i terreni dei differenti proprietari nella località “Gornite lozya”, dove si trovavano i terreni dei richiedenti (vedere sopra paragrafo 12). Ora, forza è di constatare che fino al 4 marzo 2009, o sedici anni dopo la sua prima decisione resa in favore dei richiedenti e nove anni dopo le raccomandazioni del gruppo di lavoro nominato dal governatore regionale, la commissione agraria non aveva preso ancora di misure concrete che mirano ad elaborare il piano di delimitazione dei terreni dei differenti proprietari (vedere sopra paragrafo 13). Il governo non ha invocato nessuna via di ricorso interno col verso della quale i richiedenti avrebbero potuto accelerare il procedimento dinnanzi alla commissione agraria.
29. Così, nella mancanza di misure specifiche per conformarsi alla decisione amministrativa pronunciata in favore del richiedente e di una via di ricorso suscettibile di accelerare il corso del procedimento di restituzione, la Corte stima che l’azione in risarcimento previsto dall’articolo 1, capoverso 1 della legge sulla responsabilità dello stato che era di una natura puramente compensatoria, non potrebbe essere considerata come sufficientemente adeguata allo sguardo dell’articolo 35 § 1 della Convenzione. Peraltro, la Corte ricorda che ha avuto già l’occasione, nella cornice dell’esame di altra causa simile contro la Bulgaria, di respingere l’eccezione di no-esaurimento sollevata dal Governo e fondata sulla stessa sentenza della Corte suprema di cassazione del 14 febbraio 2008. Nei suoi sentenze Naydenov, precitata, §§ 55 e 56, e Mutishev ed altri, precitata, § 105, ha constatato che suddetto sentenza dell’alta giurisdizione restava un caso isolato e non dimostrava l’esistenza di una giurisprudenza consolidata e bene invalso al momento dell’introduzione di queste richieste. Così, queste stesse considerazioni rimangono valide nella presente causa.
30. Allo visto sopra degli argomenti esposti, la Corte stima che c’è luogo di allontanare l’eccezione di no-esaurimento sollevata dal Governo.
31. La Corte constata peraltro che il motivo di appello derivato dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
32. I richiedenti adducono che il loro diritto di vedersi restituire più piccolo dei due terreni essendo appartenuto a loro nonno è stato ignorato nello specifico. Espongono che hanno fatto presso tutti i passi necessari degli organi dello stato per iniziare il procedimento di restituzione. Nel 1992, la commissione agraria aveva riconosciuto loro il diritto di vedersi restituire suddetto terreno o di ottenere un compenso e, con una decisione del 27 ottobre 1997, la stessa commissione aveva precisato che gli interessati dovevano ottenere il terreno in causa nei suoi limiti di origine.
33. A partire da questo momento, apparteneva alle autorità dello stato di prendere tutte le misure necessarie per stabilire i limiti di origine di questo appezzamento elaborando un piano della località “Gornite lozya”, ciò che avrebbe permesso ai richiedenti di riprendere possesso del loro bene immobile. Ora, parecchi anni dopo l’inizio del procedimento di restituzione, niente è stato fatto per compiere questa formalità tecnica. La mancanza di un piano di delimitazione delle terre restituite è stata considerata come argomento coi tribunali interni per respingere l’azione in rivendicazione che gli interessati avevano formato contro gli occupanti del loro terreno restituito. I richiedenti stimano che la passività degli organi statali e la lentezza del procedimento di restituzione ha costituito un attentato ingiustificato al loro diritto di godere del loro bene.
34. Il Governo fa osservare che la collettivizzazione delle terre agricolo collocamento in œuvre col regime comunista è stato corredato spesso da una ricomposizione fondiaria in vista della creazione dei vasti campi agricoli sfruttati dalle cooperative o le imprese agricole statali. Le misure di piano di sviluppo del territorio, l’incremento urbano e la costruzione dell’infrastruttura del paese hanno leso anche le terre agricole collettivizzate sminuendo la loro superficie. Il legislatore bulgaro ha dovuto tenere conto di tutte queste circostanze elaborando la legislazione sulla restituzione delle terre agricole collettivizzate. Ha contemplato di conseguenza la possibilità di restituire i terreni nei loro vecchi limiti di origine, là dove era ancora possibile ricostituire queste, o di effettuare una nuova ripartizione delle terre collettivizzate sulla base dei piani specialmente elaborati a questo effetto. La legislazione ha contemplato anche un meccanismo di compenso per i proprietari che, per tale o tale ragione, non potevano ottenere la restituzione della totalità delle loro terre collettivizzate.
35. La legislazione in causa è stata adottata dopo la democratizzazione della regime politica in Bulgaria e rileva della tenuta dell’interesse generale, la restituzione che è un atto di giustizia sociale che restaura i diritti dei vecchi proprietari. Questo processo si distingue con una grande complessità: tanto il legislatore che gli organi incaricati della restituzione devono tenere non solo conto dei diritti dei vecchi proprietari, ma anche degli interessi patrimoniali delle persone titolari dei diritti reali opponibili ai vecchi proprietari.
36. In ciò che riguarda la situazione di cui si lamenta i richiedenti, nelle sue osservazioni del 4 marzo 2009 il Governo presenta l’elaborazione di un piano dei terreni restituiti per il villaggio di Ostrov come imminente, affermando che i due richiedenti sarebbero contattati presto dalle autorità per precisare i limiti dei loro terreni (vedere sopra paragrafo 13). Il Governo stima che i richiedenti non sono stati vittime di una restrizione ingiustificata dei loro diritti patrimoniali.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’esistenza di un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni dei richiedenti
37. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza, un richiedente non può addurre una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione che nella misura in cui i fatti che denuncia si riferiscono ai suoi “beni” al senso di questa disposizione. La nozione di “beni” può ricoprire tanta i “beni reali” che i valori patrimoniali, ivi compreso dei crediti di cui il titolare dimostra che hanno una base sufficiente in dritta interno ed in virtù dalle quali il richiedente può pretendere avere almeno una “speranza legittima” di ottenere il godimento effettivo di un diritto di proprietà, Draon c. Francia [GC], no 1513/03, § 65, 6 ottobre 2005; Principe Hans-Adamo II di Liechtenstein c. Germania [GC], no 42527/98, § 83, CEDH 2001-VIII.
38. La Corte ha detto anche che la speranza di un richiedente di vedere riconoscere la sopravvivenza di un vecchio diritto di proprietà che è molto tempo da bene impossibile esercitare infatti non può essere considerato come un bene al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Ne va parimenti di un credito condizionale che si estingue a causa del mancata realizzazione della condizione (vedere Principe Hans-Adamo II di Liechtenstein, precitata, § 83).
39. Tuttavia, quando un Stato contraente, dopo avere ratificato la Convenzione, ivi compreso il Protocollo no 1, adotta una legislazione che contempla la restituzione totale o parziale di beni confiscati in virtù di un regime anteriore, simile legislazione può essere considerata come generando un nuovo diritto di proprietà protetto con l’articolo 1 del Protocollo no 1 nel capo delle persone che soddisfanno alle condizioni di restituzione. Lo stesso principio può applicarsi al riguardo dei dispositivi di restituzione o di indennizzo stabilita in virtù di una legislazione adottata prima della ratifica della Convenzione, così simile legislazione rimane in vigore dopo la ratifica del Protocollo no 1 (vedere, entra altri, Kopecký c. Slovacchia [GC], no 44912/98, §§ 35 e 48-52, CEDH 2004-IX, Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 125, CEDH 2004-V.
40. Nello stesso contesto, la Corte ha giudicato già che quando il principio di restituzione delle proprietà abusivamente confiscate è stato adottato già da un Stato, l’incertezza in quanto al collocamento in pratica di questo principio, che sia legislativa, amministrativa o tenendo alle pratiche applicate dalle autorità, è di natura tale da generare, quando è persistente nel tempo e nella mancanza di reazione coerente e veloce dello stato, una trasgressione di questo ultimo al suo obbligo di garantire il godimento effettivo del diritto di proprietà garantita dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (Broniowski, precitata, § 151, Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 58, 9 dicembre 2008.
41. Nello specifico, la Corte osserva che i due richiedenti si sono avvalsi della possibilità che offriva loro la legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole per chiedere la restituzione del terreno controverso che era appartenuto a loro nonno. Con una decisione del 10 novembre 1992, la commissione agraria ha riconosciuto loro il diritto di restituzione o di compenso per questo appezzamento, paragrafo 8 sopra. Il 27 ottobre 1997, la stessa commissione ha riconosciuto ai richiedenti il diritto di restituzione del terreno in causa nei suoi vecchi limiti di origine (vedere sopra paragrafo 9).
42. Malgrado l’esistenza di queste decisioni favorevoli ai richiedenti, la Corte suprema di cassazione che ha deliberato in ultima istanza sulla loro azione in rivendicazione, ha stimato che gli interessati non erano titolari di un diritto di proprietà su un bene immobile identificabile, al senso del diritto interno, perché il terreno menzionato nelle decisioni in causa non era identificato dai suoi limiti (vedere sopra paragrafo 18). La Corte ne conclude che i richiedenti non erano titolari di un diritto reale su un “bene reale.”
43. La Corte constata mentre il diritto di restituzione del terreno in causa nei suoi vecchi limiti di origine che la commissione agraria ha riconosciuto in data del 27 ottobre 1997 era, con l’indennizzo in argento, una delle due forme che poteva prendere il diritto di restituzione dei richiedenti in virtù dei paragrafi 4 e segue della legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole (vedere la sentenza Naydenov precitata, § 69,). Questa decisione amministrativa non è stata contestata né è stata modificata in seguito. Peraltro, secondo i conclusioni del gruppo di lavoro chiamato nel 2000 col governatore regionale, appare che le terre disponibili vicino al villaggio di Ostrov totalizzavano una superficie sufficiente per soddisfare tutte le pretese fondate tante il parte degli usufruttuario che da parte dei vecchi proprietari di cui facevano i richiedenti (vedere sopra paragrafo 11) parte. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che i due richiedenti avevano la speranza legittima di ottenere o il godimento del diritto di proprietà sul loro terreno agricolo nei suoi vecchi limiti sia un indennizzo per questo stesso terreno. Considera che questo diritto rilevava infatti della nozione autonoma di “bene”, consacrato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, e che questa ultima disposizione trova ad applicarsi nel caso di specifico dunque.
44. La Corte osserva che malgrado la riconoscenza del loro diritto alla restituzione, alla data del 4 marzo 2009 i richiedenti non sempre potevano prendere possesso del terreno in questione, a causa in particolare della mancanza di piano di delimitazione dei terreni restituiti nella località “Gornite lozya” (vedere sopra paragrafo 13). Non avevano ricevuto neanche un compenso per il loro terreno statalizzato. La Corte stima che suddetta situazione si analizza in un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni dei richiedenti che conviene esaminare alla luce della norma iscritta nella prima frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) Sulla giustificazione dell’ingerenza
45. La Corte ricorda che per essere giustificata, un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve essere prevista dalla legge, inseguire una causa di utilità pubblica e predisporre un giusto equilibrano tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Viaşu, precitata, §§ 62-73; Broniowski, precitata, §§ 147-151.
46. La Corte osserva che i richiedenti non contestano né la qualità della legislazione interna sulla restituzione delle terre agricole, né la sua utilità per la società intera (vedere sopra 32 e 33 paragrafi). Nella sua sentenza Naydenov precitata, ha potuto constatare già che i cambiamenti legislativi nella tenuta della restituzione delle terre agricole non potevano essere considerati come contrarii al principio della preminenza del diritto, in ragione del loro carattere tecnico e per il fatto che non ledevano la sostanza del diritto degli interessati. Ha ammesso anche che il collocamento in posto delle regole previste dai paragrafi 4 e segue della legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole mirava a trovare un equilibrio accettabile tra gli interessi di tutte le persone riguardate, e che l’ingerenza che si fonda su questa base legale inseguiva un scopo legittimo di protezione dei diritti di altrui (vedere §§ 76-78 della sentenza precitata). La Corte non vede nessuna ragione di scostarsi di questi conclusioni nel caso di specifico. Gli resta a ricercare a stabilire se l’esigenza di proporzionalità dell’ingerenza è stata rispettata anche nel caso di specifico.
47. Per determinare se un giusto equilibrio è stato predisposto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia del diritto al rispetto dei beni dei richiedenti, la Corte è chiamata ad esaminare se il termine necessario alle autorità bulgare per restituire i terreni ai richiedenti non ha fatto sopportare agli interessati un carico sproporzionato ed eccessivo. Gli Stati dispongono di un margine di valutazione distesa per determinare ciò che è nell’interesse pubblico, soprattutto quando si tratta di adottare e di applicare delle misure di riforma economica o di giustizia sociale (Viaşu, precitata, § 69. Tuttavia, quando una questione di interesse generale è in gioco, tale la realizzazione dei diritti di proprietà di tutta una categoria di persone, i poteri pubblici sono tenuti di reagire in tempo utile, in modo corretta e con la più grande coerenza (Broniowski, precitata, § 151; Kirilova ed altri c. Bulgaria, nostri 42908/98, 44038/98, 44816/98 e 7319/02, § 106, 9 giugno 2005,.
48. Girandosi verso i fatti dello specifico, la Corte osserva che la decisione che riconosce il diritto dei richiedenti di ottenere la restituzione del loro terreno nei suoi limiti di origine è stata resa in ottobre 1997 (vedere sopra paragrafo 9). Tre anni più tardi, il governatore regionale ha nominato un gruppo di periti che dovevano fare il bilancio del lavoro effettuato dagli organi competenti sulla restituzione delle terre agricole nella regione di Oryahovo. Nel loro rapporto del 20 settembre 2000, i periti hanno stabilito la superficie totale dei terreni restituiti per il villaggio di Ostrov, il numero degli usufruttuario che avevano chiesto ad acquisire dei terreni ubicati vicino a questo villaggio e la superficie massimale dei terreni che potevano essere ricomprati da questi ultimi. I periti hanno raccomandato poi all’amministrazione specializzata incaricata della restituzione delle terre agricole di prendere delle misure concrete per sminuire la zona di applicazione del procedimento previsto dai paragrafi 4 e hanno seguito della legge sulla proprietà e l’uso delle terre agricole e per elaborare un piano dei terreni restituiti permettendo agli interessati di conoscere i limiti precisi dei loro terreni rispettivi. La Corte constata che alla data del 4 marzo 2009, od otto anni più tardi, i richiedenti non conoscevano sempre i limiti dei loro terreni perché il piano di delimitazione dei terreni restituiti non era sempre elaborato.
49. La Corte ammette che l’elaborazione di un tale piano implicava necessariamente la determinazione preliminare dei limiti tra parecchi appezzamenti, la scelta di un esperto geometra o di un’impresa specializzato nell’elaborazione dei tali piani ed il compimento di un certo numero di compiti di natura puramente tecnica. Forza è di constatare tuttavia che il Governo non ha invocato nessuno argomento suscettibile di spiegare questo ritardo considerevole nell’elaborazione del piano di delimitazione dei terreni restituiti, tanto più che appare che le autorità disponevano di tutti gli elementi necessari per compiere questo compito fin da settembre 2000, quando il gruppo di periti chiamati col governatore regionale ha reso il suo rapporto (vedere sopra paragrafo 11).
50. La Corte rileva che questo ritardo del procedimento non è in nessun modo imputabile al comportamento dei richiedenti che hanno effettuato i passi necessari per vedersi restituire il loro terreno e che non hanno formato male di ricorso fondato che avrebbero impedito la commissione agraria o gli altri organi specializzati di compiere i loro compiti in tempo utile.
51. L’inerzia degli organi amministrativi nell’elaborazione del piano in causa ha avuto un impatto negativo sui diritti patrimoniali dei richiedenti allo sguardo del diritto interno. Appellandosi sulle decisioni favorevoli della commissione agraria, i richiedenti hanno intentato un’azione in rivendicazione contro gli occupanti del terreno situato alla località “Gornite lozya.” I tribunali dei differenti gradi hanno emesso dei pareri contraddittori in quanto all’esistenza di un “diritto reale” al profitto dei richiedenti: le giurisdizioni di primo e secondo grado hanno concluso che le decisioni della commissione agraria avevano avuto come effetto di riconoscere ai richiedenti il diritto di proprietà sul terreno in causa (vedere sopra 15 e 16 paragrafi), mentre la Corte suprema di cassazione ha stimato che queste decisioni non potevano costituire un titolo di proprietà dal momento che non era corredata da un brano dei piani di delimitazioni delle terre agricole che indicano i limiti del terreno restituito (vedere sopra paragrafo 18). Così, durante un periodo di più di sei anni, la mancanza di piano di delimitazioni dei terreni per la località “Gornite lozya” ha creato un’incertezza giuridica in quanto all’esistenza stessa di un “diritto reale”, ai termini del diritto interno, al profitto dei richiedenti. È solamente nel gennaio 2004 che questa questione è stata decisa definitivamente dalla Corte suprema di cassazione: ha dichiarato inammissibile l’azione in rivendicazione dei richiedenti al motivo che i limiti del loro terreno restituito non erano ancora fissati in un piano, questo che allo sguardo del diritto interno notificava che il loro diritto di proprietà non era realizzato e non poteva essere difeso dinnanzi ai tribunali (vedere sopra paragrafo 18).
52. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che le autorità bulgare non abbiano agito con lo zelo richiesto dall’articolo 1 del Protocollo no 1. La Corte considera in particolare che la lunga durata del procedimento di restituzione ha rotto appena l’equilibro a predisporre tra le protezioni del diritto dei richiedenti al rispetto del loro bene e le esigenze dell’interesse generale e che gli interessati hanno sopportato un carico sproporzionato ed eccessivo.
53. C’è stata dunque violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DI L’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
54. I richiedenti adducono che non dispongono di vie di ricorsi effettivi in dritti bulgaro per fare valere il loro diritto al rispetto dei loro beni. Invocano l’articolo 13 della Convenzione, formula come segue:
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
55. Il Governo contesta questa tesi sostenendo che i richiedenti avrebbero potuto introdurre un’azione in virtù dell’articolo 1, capoverso 1, della legge sulla responsabilità dello stato e delle municipalità per danni.
A. Sull’ammissibilità
56. La Corte rileva che questo motivo di appello non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione e che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
57. La Corte ricorda che, secondo la sua giurisprudenza consolidata, l’articolo 13 esige un ricorso interno per i soli motivi di appello che si può stimare “difendibile” allo sguardo della Convenzione o dei suoi Protocolli. L’articolo 13 garantisce l’esistenza in dritta interno di un ricorso che permette di avvalersi dei diritti e libertà della Convenzione, come possono si trovare consacrati. Questa disposizione esige un ricorso interno che abilita “l’istanza nazionale competente” a conoscere del contenuto del motivo di appello fondato sulla Convenzione dunque ed ad offrire la correzione appropriata, anche se gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione in quanto al modo di conformarsi agli obblighi che derivano per essi di questa disposizione. Il ricorso esatto dall’articolo 13 deve essere “effettivo” in pratica come in diritto (vedere, tra molto altri, Rotaru c. Romania [GC], no 28341/95, § 67, CEDH 2000-V.
58. La Corte ricorda che ha dichiarato ammissibile il motivo di appello che i richiedenti hanno sollevato sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e che ha concluso alla violazione di suddetto articolo (vedere sopra 31 e 53 paragrafi). Segue che i richiedenti avevano bene un motivo di appello difendibile allo sguardo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e che l’articolo 13 della Convenzione trova ad applicarsi nel caso di specifico dunque.
59. Il Governo adduce che un’azione in danni ed interessi contro lo stato avrebbe permesso ai richiedenti di ottenere una correzione adeguata per la violazione del loro diritto al rispetto dei loro beni. La Corte osserva mentre la violazione denunciata dai richiedenti deriva del ritardo ingiustificato delle autorità interne ad elaborare un piano di delimitazione dei terreni restituiti vicino al villaggio di Ostrov e che il Governo non ha invocato nessuna via di ricorso che avrebbe potuto permettere ai richiedenti di accelerare il corso di questo procedimento amministrativo. Esaminando l’eccezione di no-esaurimento delle vie di ricorso interni sollevati dal Governo in quanto al motivo di appello derivato dell’articolo 1 del Protocollo no 1, la Corte ha affermato che l’azione prevista dall’articolo 1, capoverso 1, della legge sulla responsabilità dello stato non poteva essere considerata come una via di ricorso sufficientemente adeguato e stabilita in dritto interno per ovviare alla violazione addotta del diritto al rispetto dei beni degli interessati (vedere sopra paragrafo 29). Non saprebbe essere considerata dunque neanche come una via di ricorso che offre una correzione adeguata allo sguardo dell’articolo 13 della Convenzione.
60. La Corte osserva che gli articoli 256 e 257 del codice di procedimento amministrativo contemplano un ricorso suscettibile di accelerare il corso dei procedimenti amministrativi nella misura in cui i tribunali investiti possono ingiungere agli organi amministrativi di effettuare l’azione amministrativa chiesta in un certo termine. Forza è di constatare mentre queste disposizioni sono entrate in vigore nel marzo 2007 e che a questa data il procedimento di restituzione iniziata dai richiedenti aveva accumulato già un ritardo considerevole di parecchi anni (vedere sopra paragrafi 7-13). Per di più, il Governo non ha presentato nessuna decisione delle giurisdizioni interne che permettono di concludere che queste disposizioni del codice di procedimento amministrativo sarebbero applicabili ed effettive nella cornice del processo di restituzione della terra agricola e nella situazione particolare dei richiedenti. La Corte stima dunque che, nelle circostanze specifiche della presente causa, il ricorso previsto dagli articoli 256 e 257 del codice di procedimento amministrativo non saprebbe essere considerato come sufficientemente effettivo allo sguardo dell’articolo 13 della Convenzione.
61. C’è stata dunque violazione di questo articolo.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
62. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano anche che le giurisdizioni interne abbiano dichiarato inammissibili la loro azione in rivendicazione intentata contro le persone che occupano il loro terreno restituito. La Corte stima che conviene di esaminare suddetto motivo di appello sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, formula come segue nella sua parte pertinente:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
63. Ricorda che il diritto di accesso ad un tribunale, consacrato dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, comprende non solo il diritto di impegnare un’azione, ma anche il diritto ad una “soluzione” giurisdizionale della controversia, Kutić c. Croazia, no 48778/99, § 25, CEDH 2002-II. Appartiene alla Corte di assicurarsi che il grado di accesso procurato dalla legislazione nazionale basta per garantire all’individuo riguardato il “diritto ad un tribunale”, avuto riguardo al principio della “preminenza del diritto” in una società democratica (vedere, tra molto altri, Ashingdane c. Regno Unito, 28 maggio 1985, § 57, serie Ha no 93. La Corte ricorda a questo riguardo che il fatto che un’azione in giustizia sia stata giudicata inammissibile non equivale ad un rifiuto di accesso ad un tribunale se il richiedente ha beneficiato di un esame effettivo dei suoi mezzi, Obermeier c. Austria, 28 giugno 1990, § 68, serie Ha no 179.
64. Girandosi verso i fatti dello specifico, la Corte osserva che i richiedenti hanno intentato un’azione in rivendicazione contro gli occupanti di uno dei loro terreni restituiti dalla decisione della commissione agraria. I tribunali di prima istanza e di appello hanno dato loro guadagno di causa, ma la Corte suprema di cassazione ha annullato il giudizio del tribunale di appello al motivo che l’azione introdotta dagli interessati era inammissibile (vedere sopra paragrafi 14-18). La Corte osserva che la decisione dell’alta giurisdizione giudiziale è stata basata sulla constatazione che nella mancanza di un piano di delimitazione dei terreni restituiti vicino al villaggio di Ostrov la decisione amministrativa resa dalla commissione agraria al profitto dei richiedenti non costituiva una prova di un qualsiasi diritto di proprietà, perché non identificava il terreno restituito dai suoi limiti (vedere sopra paragrafo 18).
65. La Corte osserva che la risposta alla questione di sapere se gli interessati erano i proprietari del terreno rivendicato era al cœur della controversia che opponeva questi ai due convenuti, e che nella cornice del procedimento di rivendicazione i tribunali interni avevano il dovere di esaminare questo punto prima di ricercare se i convenuti occupavano il terreno controverso senza avere ne il diritto (vedere sopra paragrafo 22). Per arrivare alla conclusione che i richiedenti non potevano pretendere essere validamente titolari di un diritto di proprietà su un terreno identificabile coi suoi limiti, la Corte suprema di cassazione ha preso in conto le prove presentate dalle due parti e ha constatato che il procedimento di restituzione non era ancora compiuto (vedere sopra paragrafo 18). Ha motivato ampiamente la sua sentenza e ha risposto agli argomenti principali sollevati dagli interessati.
66. La Corte stima dunque che i richiedenti hanno beneficiato di un esame effettivo dei loro mezzi sollevati nella cornice del procedimento di rivendicazione condotta dinnanzi alle giurisdizioni interne e che le circostanze della presente causa non rivelano nessuna apparenza di violazione del diritto di accesso ad un tribunale. Risulta così come il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione è manifestamente male fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 ha, e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE

67. I richiedenti invitano la Corte ad assegnare al Governo un termine preciso per prendere tutte le misure necessarie per finalizzare il procedimento di restituzione del loro terreno.
68. La Corte ricorda che, nella cornice dell’esecuzione di una sentenza in applicazione dell’articolo 46 della Convenzione, una sentenza che constata una violazione provoca non solo per lo stato convenuto l’obbligo giuridico allo sguardo di questa disposizione di versare agli interessati l’è assegnata a titolo della soddisfazione equa, ma anche di scegliere, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, le misure generali et/ou, all’occorrenza, individuali ad integrare nel suo ordine giuridico interna. Inoltre, risulta dalla Convenzione, ed in particolare del suo articolo 1 che ratificando la Convenzione, gli Stati contraenti si avviano a fare in modo che il loro diritto interno sia compatibile con questa, Maestri c. Italia [GC], no 39748/98, § 47, CEDH 2004-I; Viaşu, precitata, §§ 79 e 80.
69. Nel caso di specifico la Corte ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 13 della Convenzione in ragione del termine eccessivo nel compimento del procedimento di restituzione e della mancanza di vie di ricorso interni suscettibili di ovviare a questa situazione (vedere sopra 37-53 e 57-61 paragrafi). La Corte osserva che in altre cause bulgare ha potuto constatare già che il ritardo ingiustificato del procedimento di restituzione portava attentato al diritto di rispetto dei beni come è garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1, vedere i sentenze Lyubomir Popov, § 122, e Naydenov, § 84, precitati). Inoltre, la Corte ha ricevuto parecchi altre richieste che sollevano lo stesso problema. Tenuto conto dei queste considerazioni, e per assistere il Governo nel compimento dei suoi obblighi che derivano dell’articolo 46 § 1 della Convenzione, la Corte esprime il parere che le misure generali ad essere adottate in esecuzione di questa sentenza dovrebbero comprendere l’introduzione in dritta interno di: ha, termini precisi per l’adozione e l’esecuzione delle decisioni amministrative delle autorità interne competenti necessarie per il compimento dei procedimenti di restituzione di terre agricole e b, una via di ricorso che permette alle persone riguardate di ottenere in modo effettiva un compenso in caso di non osservazione di questi stessi termini.
70. In ciò che riguarda le misure individuali ad adottare nel caso di specifico, appare che l’ostacolo principale alla realizzazione del diritto di restituzione dei richiedenti è l’inerzia delle autorità nel compimento dei differenti compiti amministrativi, ed in particolare nell’elaborazione di un piano di delimitazione dei terreni restituiti vicino al villaggio di Ostrov. La Corte è del parere che la misura individuale più appropriata nello specifico sarebbe di finalizzare senza il procedimento di restituzione del terreno in causa nessuno ritardo supplementare dunque.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
71. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
72. I richiedenti richiedono 13 068 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale, suddetta somma che rappresenta il valore venale del loro terreno di 2 000 metri quadrati, i redditi che avrebbero procurato loro la vendita dei raccolti di uva per il periodo compreso entrano 1992 e 2009 e le sovvenzioni agricole che non hanno toccato. Presentano a sostegno di questa pretesa un rapporto redatto da un perito gradito. Gli interessati richiedono anche la somma di 4 000 EUR per il danno giuridico subito. Chiedono che la somma assegnata per il danni materiale e morale siano trasferite sul conto del loro rappresentante, OMISSIS.
73. Il Governo fa osservare che l’importo chiesto dai richiedenti a titolo del danno patrimoniale è esorbitante e che questa pretesa è male fondata e non supportata. Per ciò che è del danno giuridico, il Governo stima che la somma assegnata dalla Corte deve essere legata rigorosamente alla violazione constatata della Convenzione e non superare gli importi già assegnati nei casi simili a quello nello specifico.
74. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo di mettere un termine alla violazione e di cancellare ne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto fare si può la situazione anteriore a questa, Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI.
75. Se la natura della violazione permette una restitutio in integrum, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, la Corte che non ha né la competenza né la possibilità pratico di compierlo lei stessa. Il diritto nazionale non permette così, in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’è luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata, Brumărescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000-I. Nell’esercizio di questo potere, dispone di una certa latitudine; l’aggettivo “equo” ed il membro di frase “se c’è luogo” ne testimoniano.
76. La Corte ricorda che le violazioni dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 13 della Convenzione constatata nel caso di specifico derivano sopra della durata eccessiva del procedimento di restituzione (vedere paragrafi 52) 59 e 60. La Corte è di parere che i richiedenti hanno subito del danni materiale e morale in risultato di queste violazioni dei loro diritti. Considera che c’è luogo di accordare loro una somma globale che copre unicamente il danni materiale e morale causato dal termine del procedimento di restituzione in causa. Tenuto conto di questi argomenti e delle circostanze specifiche dello specifico, accorda loro la somma di 3 000 EUR a questo titolo.
77. Conformemente ai desideri espressi nella domanda di soddisfazione equa della parte richiesta, suddetta somma sono a trasferire direttamente sul conto bancario del loro rappresentante dinnanzi alla Corte.
B. Oneri e spese
78. I richiedenti chiedono anche 588 EUR per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne, 600 EUR per gli oneri di avvocato impegnato dinnanzi alla Corte, 128 EUR per la perizia presentata con la loro domanda di soddisfazione equa e 66 EUR per gli oneri di stazione. Presentano a sostegno delle ricevute che attestano il pagamento della parcella del loro avvocato, di un perito e degli oneri di stazione. Chiedono che la somma assegnata a questo titolo sia trasferita sul conto del loro rappresentante.
79. Il Governo invita la Corte a respingere le pretese a titolo degli oneri impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte per difetto di giustificativi ed ad assegnare solamente la somma chiesta per gli oneri di stazione.
80. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte respinge la domanda relativa agli oneri e spese del procedimento nazionale ed accordi la somma di 650 EUR per il procedimento dinnanzi alla Corte, onere di stazione inclusa, a versare sul conto del rappresentante dei richiedenti.
C. Interessi moratori
81. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello derivati dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 13 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;

2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;

3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;

4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme, a convertire in levs bulgari al tasso applicabile in data dell’ordinamento, e da versare direttamente sul conto del loro rappresentante:
i. 3 000 EUR, tremila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danni materiale e morale,;
ii. 650 EUR, sei cento cinquanta euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

5. Respinge la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 31 maggio 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Lawrence Early Lech Garlicki
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

Conclusions : Partiellement irrecevable – Violation de l’article 1 du Protocole n° 1 – Protection de la propriété (article 1 al. 1 du Protocole n° 1 – Respect des biens) Violation de l’article 13 – Droit à un recours effectif (Article 13 – Recours effectif) Dommage matériel et préjudice moral – réparation

QUATRIÈME SECTION

AFFAIRE VASILEV ET DOYCHEVA c. BULGARIE

(Requête no 14966/04)

ARRÊT

STRASBOURG

31 mai 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Vasilev et Doycheva c. Bulgarie,
La Cour européenne des droits de l’homme (quatrième section), siégeant en une chambre composée de :
Lech Garlicki, président,
David Thór Björgvinsson,
Päivi Hirvelä,
George Nicolaou,
Ledi Bianku,
Zdravka Kalaydjieva,
Nebojša Vučinić, juges,
et de Lawrence Early, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 mai 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 14966/04) dirigée contre la République de Bulgarie et dont deux ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), ont saisi la Cour le 22 avril 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par OMISSIS, avocat à Sofia. Le gouvernement bulgare (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme M. Dimova, du ministère de la Justice.
3. Les requérants allèguent que la durée excessive et l’inefficacité de la procédure de restitution de leur terrain ont constitué une violation de leur droit de jouir de leur bien. Ils allèguent également que le droit interne ne leur offrait aucune voie de recours susceptible de remédier à cette situation.
4. Le 4 septembre 2008, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés respectivement en 1950 et 1936 et résident à Sofia.
A. La procédure de restitution des terrains agricoles des requérants
6. En 1991, l’Assemblée nationale bulgare adopta la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles. Les dispositions de cette loi et de son règlement d’application prévoyaient la restitution des terrains agricoles collectivisés par le régime communiste à leurs propriétaires ou aux héritiers de ceux-ci.
7. En novembre 1992, les deux requérants demandèrent à la commission agraire d’Oryahovo de leur restituer deux vignobles d’une superficie de 3 200 mètres carrés et 2 000 mètres carrés respectivement, situés au lieu-dit « Gornite lozya », près du village d’Ostrov. Ils précisèrent que les terrains en cause avaient appartenu à leur grand-père avant d’être apportés à la coopérative locale dans les années 1950.
8. Le 10 novembre 1992, la commission agraire leur reconnut le droit de se voir restituer les deux terrains en cause ou d’obtenir une compensation pécuniaire.
9. Par une décision du 27 octobre 1997, la commission agraire reconnut le droit des requérants de se voir restituer les deux terrains dans leurs limites d’origine encore existantes ou susceptibles d’être reconstituées sur la base des anciens plans cadastraux (съществуващи или възстановими стари реални граници). La décision mentionnait que les deux terrains étaient situés dans une zone où l’usufruit avait été transféré à des particuliers et où trouvait à s’appliquer la procédure de restitution prévue par les paragraphes 4 et suivants de la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles.
10. Le 8 septembre 2000, le gouverneur régional de Vratsa nomma un groupe de travail de six experts et leur ordonna d’analyser le travail effectué par la commission agraire en application des paragraphes 4 et suivants de la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles sur le territoire de la commune d’Oryahovo.
11. A sa réunion du 20 septembre 2000, le groupe de travail constata que la zone adjacente au village d’Ostrov, où trouvait à s’appliquer la procédure de restitution prévue par les paragraphes 4 et suivants de la loi, couvrait deux lieux-dits, « Gornite lozya » et « Dolnite lozya », et avait une superficie totale de 208,78 hectares. La commission agraire d’Oryahovo avait rendu 765 décisions et avait reconnu les prétentions des anciens propriétaires et de leurs héritiers pour des terrains situés dans cette zone à la hauteur de 130,5 hectares. Les experts constatèrent encore que la superficie totale des terrains qui avaient été donnés à des usufruitiers au début des années 1980 dans cette même zone s’élevait à 26,2 hectares. En 1994, quatre-vingt-treize usufruitiers avaient fait des démarches pour faire évaluer leurs terrains afin de les acquérir, moyennant le paiement du prix aux propriétaires. Aucun usufruitier n’avait demandé l’acquisition de son terrain dans les délais supplémentaires fixés par les paragraphes 61 et suivants du règlement d’application de la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles. Des plans cadastraux pour les lieux-dits « Gornite lozya » et « Dolnite lozya » avaient été élaborés en 1990.
12. Compte tenu de toutes ces données, les experts donnèrent comme avis que la procédure de restitution des terres agricoles devait continuer de la manière suivante. La commission spécialisée chargée de recueillir les demandes d’acquisition des usufruitiers pour la zone adjacente au village d’Ostrov devait dresser une liste des terrains qui n’avaient pas fait l’objet d’une telle demande dans les délais prévus par la législation interne. Sur la base de ce constat, la commission agraire d’Oryahovo devait modifier l’étendue de la zone où trouvait à s’appliquer la procédure prévue par les paragraphes 4 et suivants de la loi et exclure de celle-ci les terrains susmentionnés. La commission agraire devait ensuite appliquer la procédure ordinaire de restitution pour les terrains susmentionnés, en délivrant à leurs propriétaires une nouvelle décision accompagnée le cas échéant d’un extrait du plan cadastral démontrant les limites du terrain, ou en élaborant un plan de répartition des terres si les limites d’origine ne pouvaient pas être reconstituées.
13. Selon les informations présentées par le Gouvernement à la date du 4 mars 2009, le lancement de la procédure d’établissement d’un plan des terrains restitués dans le lieu-dit « Gornite lozya » était imminent. La procédure serait annoncée par une publication au Journal officiel ; les requérants et tous les autres propriétaires seraient invités par la commission agraire à préciser les limites d’origine de leurs terrains. A la suite de ces consultations serait élaboré le plan des terrains restitués, et les requérants recevraient une nouvelle décision de la commission agraire accompagnée d’extraits dudit plan précisant les limites exactes de leurs terrains. La procédure en cause serait sans frais pour les intéressés.
B. La procédure de revendication intentée par les requérants
14. En 1999, à une date non communiquée, les deux requérants intentèrent une action en revendication contre quatre personnes : P.Y., G.Y., V.R. et H.G. Les requérants prétendaient que les défendeurs occupaient illicitement les deux terrains qu’ils s’étaient vu restituer par la commission agraire. Devant le tribunal de district d’Oryahovo, les requérants retirèrent leur action contre P.Y. et G.Y. concernant le plus grand des deux terrains et la procédure continua à l’encontre des deux autres défendeurs, V.R. et H.G., qui occupaient le plus petit des deux terrains.
15. Par un jugement du 27 avril 2001, le tribunal de district d’Oryahovo donna gain de cause aux requérants. Il constata que, par sa décision du 10 novembre 1992, la commission agraire leur avait restitué un terrain de 2 000 mètres carrés situé au lieu-dit « Gornite lozya » près du village d’Ostrov. Une expertise ordonnée au cours de la procédure judiciaire avait démontré que ledit terrain correspondait aux parcelles occupées par les défendeurs V.R. et H.G. Ces derniers n’avaient pas démontré, preuves à l’appui, qu’ils étaient titulaires de droits réels opposables aux propriétaires. Le tribunal ordonna aux défendeurs de remettre les parcelles aux requérants.
16. Le 17 avril 2002, statuant sur l’appel de Mme V.R., le tribunal régional de Vratsa confirma le jugement du tribunal de district. Il reprit la motivation du tribunal inférieur et ajouta que V.R. avait obtenu l’usufruit de sa parcelle en vertu d’un décret de 1978. Elle n’avait toutefois pas exercé son droit de racheter le terrain, comme le lui permettait la législation sur la restitution des terres collectivisées, et elle devait par conséquent remettre la parcelle en cause aux deux requérants, qui disposaient d’une décision de la commission agraire leur reconnaissant le droit de propriété sur ledit terrain.
17. V.R. se pourvut en cassation. Elle présenta une décision de la commission agraire d’Oryahovo de 1997 qui lui restituait, en tant qu’héritière d’un dénommé P.R., un vignoble de 2 000 mètres carrés situé au lieu-dit « Gornite lozya ». De leur côté, les requérants se prévalurent de la décision du 27 octobre 1997 de la commission agraire (voir paragraphe 9 ci-dessus).
18. Par un arrêt du 28 janvier 2004, la Cour suprême de cassation déclara irrecevable l’action intentée par les requérants. La Cour suprême constata d’emblée que les deux parties avaient présenté des décisions de la commission agraire, rendues en vertu des paragraphes 4 et suivants de la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles et qui restituaient à chacune d’entre elles un terrain de 2 000 mètres carrés situé au lieu-dit « Gornite lozya » près du village d’Ostrov. Il ressortait de la conclusion des experts recueillie devant le tribunal régional que le plan de délimitation des terrains restitués autour du village d’Ostrov n’était pas encore élaboré. Ce constat était corroboré par le fait que les deux décisions de la commission agraire présentées par les parties n’étaient pas accompagnées d’extraits des plans cadastraux démontrant les limites de leurs terrains respectifs. La Cour de cassation en déduisit que la procédure de restitution n’était pas encore achevée et que le terrain des demandeurs n’était pas identifiable car il n’était pas individualisé par ses limites. En l’absence de bien immeuble concret et identifiable, les demandeurs ne pouvaient pas prétendre être titulaires d’un quelconque droit de propriété. Pour ces motifs, la haute juridiction annula les jugements des tribunaux inférieurs et mit fin à la procédure judiciaire.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
19. Le processus de restitution des terres agricoles collectivisées par le régime communiste est régi par la loi de 1991 sur la propriété et l’usage des terres agricoles et son règlement d’application. Cette législation permet aux propriétaires et à leurs héritiers de récupérer leurs terrains agricoles collectivisés, dans leurs anciennes limites d’origine ou dans de nouvelles limites tracées dans un plan de répartition des terres agricoles, dans le cadre d’une procédure menée par des organes collectifs spécialisés, appelés commissions agraires, ou dans le cadre d’une procédure judiciaire devant les tribunaux. Un exposé concernant l’approche générale du législateur bulgare dans l’établissement des conditions matérielles pour la restitution des terres agricoles, les organes responsables de ce processus, les principales procédures administratives et judiciaires à suivre et de la jurisprudence pertinente des juridictions judiciaires et constitutionnelles bulgares peut être trouvé dans les arrêts Kehaya et autres c. Bulgarie, nos 47797/99 et 68698/01, §§ 34-49, 12 janvier 2006 ; Lyubomir Popov c. Bulgarie, no 69855/01, §§ 83-95, 7 janvier 2010 ; Mutishev et autres c. Bulgarie, no 18967/03, §§ 68-75, 3 décembre 2009.
20. Les paragraphes 4 et suivants de la loi de 1991 prévoient une procédure spéciale pour la restitution des terres agricoles dans des zones où l’Etat avait distribué des parcelles pour usage personnel à des personnes physiques (usufruitiers). Un exposé détaillé de la législation concernant cette procédure et de la jurisprudence des tribunaux dans son application peut être trouvé dans l’arrêt Naydenov c. Bulgarie, no 17353/03, §§ 21-42, 26 novembre 2009.
21. L’article 1, alinéa 1, de la loi sur la responsabilité de l’Etat et des municipalités permet aux particuliers d’obtenir un dédommagement du préjudice causé par les actes, actions ou inactions illégaux des organes ou agents étatiques ou municipaux exerçant des fonctions administratives. Un résumé de la jurisprudence concernant l’application de cette disposition législative dans le cas de dommages subis dans le cadre des procédures de restitution peut être trouvé dans l’arrêt Naydenov, précité, §§ 43-47.
22. L’article 108 de la loi sur la propriété permet au propriétaire d’introduire une action en revendication contre toute personne qui occupe son bien immeuble sans en avoir le droit.
23. Les articles 256 et 257 du code de procédure administrative, entrés en vigueur le 1er mars 2007, prévoient la possibilité pour les particuliers de contester devant les tribunaux administratifs l’inaction des organes administratifs quand celle-ci représente le non-accomplissement d’une obligation découlant de la législation interne. Ce recours peut être introduit à l’expiration de quatorze jours suivant la demande de l’intéressé formée devant l’organe administratif compétent (article 256 du code) ou à tout moment, si l’obligation d’agir de l’administration découle directement d’un acte législatif (article 257 du code). Si les tribunaux administratifs décident d’accueillir le recours, ils fixent un délai obligatoire pour l’accomplissement de l’action administrative demandée (article 257, alinéa 2 du même code).
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
24. Les requérants allèguent qu’ils n’ont pas pu jouir pleinement de leur droit à la restitution pourtant reconnu, et ce du fait de l’inertie des autorités internes compétentes pour l’accomplissement des différentes formalités dans le cadre de la procédure de restitution. Les requérants invoquent l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
25. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse. Il estime que les requérants n’ont pas épuisé les voies de recours internes qui s’ouvraient à eux et notamment la possibilité d’intenter une action en dommages et intérêts en vertu de l’article 1, alinéa 1, de la loi sur la responsabilité de l’Etat et des municipalités. Il présente à l’appui de cette observation un arrêt de la Cour suprême de cassation bulgare daté du 14 février 2008 et dans lequel la haute juridiction bulgare a octroyé un dédommagement pécuniaire au demandeur pour, entre autres, le retard de la procédure de restitution imputable à la commission agraire locale.
A. Sur la recevabilité
26. La Cour rappelle qu’en vertu de l’article 35 § 1 de la Convention, elle ne peut être saisie qu’après l’épuisement des voies de recours qui sont normalement disponibles en droit interne et qui sont suffisamment adéquates pour remédier à la violation alléguée de la Convention ou de ses Protocoles (voir, parmi beaucoup d’autres, Kiiskinen c. Finlande (déc.), no 26323/95, CEDH 1999 V (extraits)).
27. Dans sa jurisprudence, elle a pu affirmer que les recours de nature purement compensatoire pouvaient constituer des voies adéquates à épuiser dans le cas de non-exécution d’un jugement ordonnant le paiement d’une somme d’argent (voir Wasserman c. Russie (no 2), no 21071/05, §§ 48, 52 et 53, 10 avril 2008 ; Bourdov c. Russie (no 2), no 33509/04, § 99, CEDH 2009-…). La Cour a encore estimé qu’en dehors de ce cas de figure spécifique, un mécanisme d’indemnisation ne peut représenter un moyen adéquat que lorsque les autorités compétentes ont déjà pris des mesures spécifiques pour se conformer au jugement prononcé à leur encontre (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 47, CEDH 1999-II, et Hornsby c. Grèce, 19 mars 1997, § 37, Recueil des arrêts et décisions 1997-II). Dans son arrêt Naydenov, précité, § 52, elle a estimé que les principes susmentionnés trouvent à s’appliquer également dans les cas concernant la réalisation des droits de restitution reconnus par une décision administrative définitive.
28. Se tournant vers les faits de l’espèce, la Cour observe que les requérants étaient en possession de décisions de la commission agraire qui reconnaissaient leur droit de restitution sur deux terrains situés près du village d’Ostrov. Lesdites décisions ne précisaient toutefois pas les limites des terrains et il appartenait à la commission agraire de prendre les mesures nécessaires afin d’élaborer un plan de délimitation des terres restituées près du village d’Ostrov (voir paragraphes 9 et 12 ci-dessus). A cet égard, la Cour observe une différence sensible avec l’affaire Naydenov, précitée, §§ 10-20, où les différents organes compétents avaient mis en œuvre plusieurs types de mesures afin de se conformer à la décision de restitution rendue au profit du requérant. Dans la présente espèce, la commission agraire devait s’employer à délimiter les terrains des différents propriétaires dans le lieu-dit « Gornite lozya », où se trouvaient les terrains des requérants (voir paragraphe 12 ci-dessus). Or, force est de constater que jusqu’au 4 mars 2009, soit seize ans après sa première décision rendue en faveur des requérants et neuf ans après les recommandations du groupe de travail nommé par le gouverneur régional, la commission agraire n’avait pas encore pris de mesures concrètes visant à élaborer le plan de délimitation des terrains des différents propriétaires (voir paragraphe 13 ci-dessus). Le gouvernement n’a invoqué aucune voie de recours interne par le biais de laquelle les requérants auraient pu accélérer la procédure devant la commission agraire.
29. Ainsi, en l’absence de mesures spécifiques pour se conformer à la décision administrative prononcée en faveur du requérant et d’une voie de recours susceptible d’accélérer le cours de la procédure de restitution, la Cour estime que l’action en dédommagement prévue par l’article 1, alinéa 1 de la loi sur la responsabilité de l’Etat, qui était d’une nature purement compensatoire, ne pourrait pas être considérée comme suffisamment adéquate au regard de l’article 35 § 1 de la Convention. Par ailleurs, la Cour rappelle qu’elle a déjà eu l’occasion, dans le cadre de l’examen d’autres affaire similaires contre la Bulgarie, de rejeter l’exception de non épuisement soulevée par le Gouvernement et fondée sur le même arrêt de la Cour suprême de cassation du 14 février 2008. Dans ses arrêts Naydenov, précité, §§ 55 et 56, et Mutishev et autres, précité, § 105, elle a constaté que ledit arrêt de la haute juridiction restait un cas isolé et ne démontrait pas l’existence d’une jurisprudence constante et bien établie au moment de l’introduction de ces requêtes. Ainsi, ces mêmes considérations demeurent valables dans la présente affaire.
30. Au vu des arguments exposés ci-dessus, la Cour estime qu’il y a lieu d’écarter l’exception de non-épuisement soulevée par le Gouvernement.
31. La Cour constate par ailleurs que le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
32. Les requérants allèguent que leur droit de se voir restituer le plus petit des deux terrains ayant appartenu à leur grand-père a été méconnu en l’espèce. Ils exposent qu’ils ont fait toutes les démarches nécessaires auprès des organes de l’Etat pour initier la procédure de restitution. En 1992, la commission agraire leur avait reconnu le droit de se voir restituer ledit terrain ou d’obtenir une compensation et, par une décision du 27 octobre 1997, la même commission avait précisé que les intéressés devaient obtenir le terrain en cause dans ses limites d’origine.
33. A partir de ce moment-là, il appartenait aux autorités de l’Etat de prendre toutes les mesures nécessaires afin d’établir les limites d’origine de cette parcelle en élaborant un plan du lieu-dit « Gornite lozya », ce qui aurait permis aux requérants de reprendre possession de leur bien immeuble. Or, plusieurs années après le début de la procédure de restitution, rien n’a été fait pour accomplir cette formalité technique. L’absence d’un plan de délimitation des terres restituées a été retenue comme argument par les tribunaux internes pour rejeter l’action en revendication que les intéressés avaient formée contre les occupants de leur terrain restitué. Les requérants estiment que la passivité des organes étatiques et la lenteur de la procédure de restitution ont constitué une atteinte injustifiée à leur droit de jouir de leur bien.
34. Le Gouvernement fait observer que la collectivisation des terres agricoles mise en œuvre par le régime communiste a souvent été accompagnée d’un remembrement foncier en vue de la création de vastes champs agricoles exploités par les coopératives ou les entreprises agricoles étatiques. Les mesures d’aménagement du territoire, l’accroissement urbain et la construction de l’infrastructure du pays ont également affecté les terres agricoles collectivisées en diminuant leur étendue. Le législateur bulgare a dû tenir compte de toutes ces circonstances en élaborant la législation sur la restitution des terres agricoles collectivisées. Il a par conséquent prévu la possibilité de restituer les terrains dans leurs anciennes limites d’origine, là où il était encore possible de reconstituer celles-ci, ou d’effectuer une nouvelle répartition des terres collectivisées sur la base des plans spécialement élaborés à cet effet. La législation a également prévu un mécanisme de compensation pour les propriétaires qui, pour telle ou telle raison, ne pouvaient pas obtenir la restitution de la totalité de leurs terres collectivisées.
35. La législation en cause a été adoptée après la démocratisation du régime politique en Bulgarie et elle relève du domaine de l’intérêt général, la restitution étant un acte de justice sociale restaurant les droits des anciens propriétaires. Ce processus se caractérise par une grande complexité : tant le législateur que les organes chargés de la restitution doivent tenir compte non seulement des droits des anciens propriétaires, mais aussi des intérêts patrimoniaux des personnes titulaires de droits réels opposables aux anciens propriétaires.
36. En ce qui concerne la situation dont se plaignent les requérants, dans ses observations du 4 mars 2009 le Gouvernement présente l’élaboration d’un plan des terrains restitués pour le village d’Ostrov comme imminente, affirmant que les deux requérants seraient bientôt contactés par les autorités afin de préciser les limites de leurs terrains (voir paragraphe 13 ci-dessus). Le Gouvernement estime que les requérants n’ont pas été victimes d’une restriction injustifiée de leurs droits patrimoniaux.
2. Appréciation de la Cour
a) Sur l’existence d’une ingérence dans le droit au respect des biens des requérants
37. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence, un requérant ne peut alléguer une violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention que dans la mesure où les faits qu’il dénonce se rapportent à ses « biens » au sens de cette disposition. La notion de « biens » peut recouvrir tant des « biens actuels » que des valeurs patrimoniales, y compris des créances, dont le titulaire démontre qu’elles ont une base suffisante en droit interne et en vertu desquelles le requérant peut prétendre avoir au moins une « espérance légitime » d’obtenir la jouissance effective d’un droit de propriété (Draon c. France [GC], no 1513/03, § 65, 6 octobre 2005 ; Prince Hans-Adam II de Liechtenstein c. Allemagne [GC], no 42527/98, § 83, CEDH 2001-VIII).
38. La Cour a également dit que l’espoir d’un requérant de voir reconnaître la survivance d’un ancien droit de propriété qu’il est depuis bien longtemps impossible d’exercer effectivement ne peut être considéré comme un bien au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Il en va de même d’une créance conditionnelle s’éteignant du fait de la non-réalisation de la condition (voir Prince Hans-Adam II de Liechtenstein, précité, § 83).
39. Toutefois, lorsqu’un Etat contractant, après avoir ratifié la Convention, y compris le Protocole no 1, adopte une législation prévoyant la restitution totale ou partielle de biens confisqués en vertu d’un régime antérieur, semblable législation peut être considérée comme engendrant un nouveau droit de propriété protégé par l’article 1 du Protocole no 1 dans le chef des personnes satisfaisant aux conditions de restitution. Le même principe peut s’appliquer à l’égard des dispositifs de restitution ou d’indemnisation établis en vertu d’une législation adoptée avant la ratification de la Convention, si pareille législation demeure en vigueur après la ratification du Protocole no 1 (voir, entre autres, Kopecký c. Slovaquie [GC], no 44912/98, §§ 35 et 48-52, CEDH 2004-IX, Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 125, CEDH 2004-V).
40. Dans le même contexte, la Cour a déjà jugé que lorsque le principe de restitution des propriétés abusivement confisquées a déjà été adopté par un Etat, l’incertitude quant à la mise en pratique de ce principe, qu’elle soit législative, administrative ou tenant aux pratiques appliquées par les autorités, est de nature à engendrer, lorsqu’elle est persistante dans le temps et en l’absence de réaction cohérente et rapide de l’Etat, un manquement de ce dernier à son obligation d’assurer la jouissance effective du droit de propriété garanti par l’article 1 du Protocole no 1 (Broniowski, précité, § 151, Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, § 58, 9 décembre 2008).
41. En l’espèce, la Cour observe que les deux requérants se sont prévalus de la possibilité que leur offrait la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles pour demander la restitution du terrain litigieux, qui avait appartenu à leur grand-père. Par une décision du 10 novembre 1992, la commission agraire leur a reconnu le droit de restitution ou de compensation pour cette parcelle (paragraphe 8 ci-dessus). Le 27 octobre 1997, la même commission a reconnu aux requérants le droit de restitution du terrain en cause dans ses anciennes limites d’origine (voir paragraphe 9 ci-dessus).
42. Malgré l’existence de ces décisions favorables aux requérants, la Cour suprême de cassation, qui a statué en dernier ressort sur leur action en revendication, a estimé que les intéressés n’étaient pas titulaires d’un droit de propriété sur un bien immeuble identifiable, au sens du droit interne, parce que le terrain mentionné dans les décisions en cause n’était pas identifié par ses limites (voir paragraphe 18 ci-dessus). La Cour en conclut que les requérants n’étaient pas titulaires d’un droit réel sur un « bien actuel ».
43. La Cour constate cependant que le droit de restitution du terrain en cause dans ses anciennes limites d’origine que la commission agraire a reconnu en date du 27 octobre 1997 était, avec l’indemnisation en argent, une des deux formes que pouvait prendre le droit de restitution des requérants en vertu des paragraphes 4 et suivants de la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles (voir l’arrêt Naydenov précité, § 69). Cette décision administrative n’a été ni contestée ni modifiée par la suite. Par ailleurs, d’après les conclusions du groupe de travail nommé en 2000 par le gouverneur régional, il apparaît que les terres disponibles près du village d’Ostrov totalisaient une superficie suffisante pour satisfaire toutes les prétentions fondées tant de la part des usufruitiers que de la part des anciens propriétaires, dont faisaient partie les requérants (voir paragraphe 11 ci dessus). Ces éléments suffisent à la Cour pour conclure que les deux requérants avaient l’espérance légitime d’obtenir soit la jouissance du droit de propriété sur leur terrain agricole dans ses anciennes limites soit une indemnisation pour ce même terrain. Elle considère que ce droit relevait effectivement de la notion autonome de « bien », consacrée par l’article 1 du Protocole no 1, et que cette dernière disposition trouve donc à s’appliquer dans le cas d’espèce.
44. La Cour observe que malgré la reconnaissance de leur droit à la restitution, à la date du 4 mars 2009 les requérants ne pouvaient toujours pas prendre possession du terrain en question, à cause notamment de l’absence de plan de délimitation des terrains restitués dans le lieu-dit « Gornite lozya » (voir paragraphe 13 ci-dessus). Ils n’avaient pas non plus reçu une compensation pour leur terrain nationalisé. La Cour estime que ladite situation s’analyse en une ingérence dans le droit au respect des biens des requérants qu’il convient d’examiner à la lumière de la norme inscrite dans la première phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1.
b) Sur la justification de l’ingérence
45. La Cour rappelle que pour être justifiée, une ingérence dans le droit au respect des biens doit être prévue par la loi, poursuivre une cause d’utilité publique et ménager un juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (Viaşu, précité, §§ 62-73 ; Broniowski, précité, §§ 147-151).
46. La Cour observe que les requérants ne contestent ni la qualité de la législation interne sur la restitution des terres agricoles, ni son utilité pour la société entière (voir paragraphes 32 et 33 ci-dessus). Dans son arrêt Naydenov précité, elle a déjà pu constater que les changements législatifs dans le domaine de la restitution des terres agricoles ne pouvaient pas être considérés comme contraires au principe de la prééminence du droit, en raison de leur caractère technique et du fait qu’ils n’affectaient pas la substance du droit des intéressés. Elle a également admis que la mise en place des règles prévues par les paragraphes 4 et suivants de la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles visait à trouver un équilibre acceptable entre les intérêts de toutes les personnes concernées, et que l’ingérence reposant sur cette base légale poursuivait un but légitime de protection des droits d’autrui (voir §§ 76-78 de l’arrêt précité). La Cour ne voit aucune raison de s’écarter de ces conclusions dans le cas d’espèce. Il lui reste à rechercher à établir si l’exigence de proportionnalité de l’ingérence a également été respectée dans le cas d’espèce.
47. Afin de déterminer si un juste équilibre a été ménagé entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde du droit au respect des biens des requérants, la Cour est appelée à examiner si le délai nécessaire aux autorités bulgares afin de restituer les terrains aux requérants n’a pas fait supporter aux intéressés une charge disproportionnée et excessive. Les Etats disposent d’une marge d’appréciation étendue pour déterminer ce qui est dans l’intérêt public, surtout lorsqu’il s’agit d’adopter et d’appliquer des mesures de réforme économique ou de justice sociale (Viaşu, précité, § 69). Néanmoins, lorsqu’une question d’intérêt général est en jeu, telle la réalisation des droits de propriété de toute une catégorie de personnes, les pouvoirs publics sont tenus de réagir en temps utile, de façon correcte et avec la plus grande cohérence (Broniowski, précité, § 151 ; Kirilova et autres c. Bulgarie, nos 42908/98, 44038/98, 44816/98 et 7319/02, § 106, 9 juin 2005).
48. Se tournant vers les faits de l’espèce, la Cour observe que la décision reconnaissant le droit des requérants d’obtenir la restitution de leur terrain dans ses limites d’origine a été rendue en octobre 1997 (voir paragraphe 9 ci-dessus). Trois ans plus tard, le gouverneur régional a nommé un groupe d’experts qui devaient faire le bilan du travail effectué par les organes compétents sur la restitution des terres agricoles dans la région d’Oryahovo. Dans leur rapport du 20 septembre 2000, les experts ont établi la superficie totale des terrains restitués pour le village d’Ostrov, le nombre des usufruitiers qui avaient demandé à acquérir des terrains sis près de ce village et la superficie maximale des terrains qui pouvaient être rachetés par ces derniers. Les experts ont ensuite recommandé à l’administration spécialisée chargée de la restitution des terres agricoles de prendre des mesures concrètes pour diminuer la zone d’application de la procédure prévue par les paragraphes 4 et suivants de la loi sur la propriété et l’usage des terres agricoles et pour élaborer un plan des terrains restitués permettant aux intéressés de connaître les limites précises de leurs terrains respectifs. La Cour constate qu’à la date du 4 mars 2009, soit huit ans plus tard, les requérants ne connaissaient toujours pas les limites de leurs terrains parce que le plan de délimitation des terrains restitués n’était toujours pas élaboré.
49. La Cour admet que l’élaboration d’un tel plan impliquait nécessairement l’établissement préalable des limites entre plusieurs parcelles, le choix d’un expert géomètre ou d’une entreprise spécialisée dans l’élaboration de tels plans et l’accomplissement d’un certain nombre de tâches de nature purement technique. Force est de constater toutefois que le Gouvernement n’a invoqué aucun argument susceptible d’expliquer ce retard considérable dans l’élaboration du plan de délimitation des terrains restitués, d’autant plus qu’il apparaît que les autorités disposaient de tous les éléments nécessaires pour accomplir cette tâche dès septembre 2000, quand le groupe d’experts nommé par le gouverneur régional a rendu son rapport (voir paragraphe 11 ci-dessus).
50. La Cour relève que ce retard de la procédure n’est aucunement imputable au comportement des requérants, qui ont effectué les démarches nécessaires afin de se voir restituer leur terrain et qui n’ont pas formé de recours mal fondés qui auraient empêché la commission agraire ou les autres organes spécialisés d’accomplir leurs tâches en temps utile.
51. L’inertie des organes administratifs dans l’élaboration du plan en cause a eu un impact négatif sur les droits patrimoniaux des requérants au regard du droit interne. En s’appuyant sur les décisions favorables de la commission agraire, les requérants ont intenté une action en revendication contre les occupants du terrain situé au lieu-dit « Gornite lozya ». Les tribunaux de différents degrés ont émis des avis contradictoires quant à l’existence d’un « droit réel » au profit des requérants : les juridictions de premier et deuxième degré ont conclu que les décisions de la commission agraire avaient eu comme effet de reconnaître aux requérants le droit de propriété sur le terrain en cause (voir paragraphes 15 et 16 ci-dessus), tandis que la Cour suprême de cassation a estimé que ces décisions ne pouvaient pas constituer un titre de propriété dès lors qu’elle n’étaient pas accompagnées d’un extrait des plans de délimitations des terres agricoles indiquant les limites du terrain restitué (voir paragraphe 18 ci-dessus). Ainsi, pendant une période de plus de six ans, l’absence de plan de délimitations des terrains pour le lieu-dit « Gornite lozya » a créé une incertitude juridique quant à l’existence même d’un « droit réel », aux termes du droit interne, au profit des requérants. Ce n’est qu’en janvier 2004 que cette question a été définitivement tranchée par la Cour suprême de cassation : elle a déclaré irrecevable l’action en revendication des requérants au motif que les limites de leur terrain restitué n’étaient pas encore fixées dans un plan, ce qui au regard du droit interne signifiait que leur droit de propriété n’était pas matérialisé et ne pouvait pas être défendu devant les tribunaux (voir paragraphe 18 ci-dessus).
52. Ces éléments suffisent à la Cour pour conclure que les autorités bulgares n’ont pas agi avec la diligence requise par l’article 1 du Protocole no 1. La Cour considère en particulier que la longue durée de la procédure de restitution a rompu le juste équilibre à ménager entre la protection du droit des requérants au respect de leur bien et les exigences de l’intérêt général et que les intéressés ont supporté une charge disproportionnée et excessive.
53. Il y a donc eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 13 DE LA CONVENTION
54. Les requérants allèguent qu’ils ne disposent pas de voies de recours effectives en droit bulgare pour faire valoir leur droit au respect de leurs biens. Ils invoquent l’article 13 de la Convention, libellé comme suit :
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. ».
55. Le Gouvernement conteste cette thèse en soutenant que les requérants auraient pu introduire une action en vertu de l’article 1, alinéa 1, de la loi sur la responsabilité de l’Etat et des municipalités pour dommages.
A. Sur la recevabilité
56. La Cour relève que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
57. La Cour rappelle que, selon sa jurisprudence constante, l’article 13 exige un recours interne pour les seuls griefs que l’on peut estimer « défendables » au regard de la Convention ou de ses Protocoles. L’article 13 garantit l’existence en droit interne d’un recours permettant de se prévaloir des droits et libertés de la Convention, tels qu’ils peuvent s’y trouver consacrés. Cette disposition exige donc un recours interne habilitant « l’instance nationale compétente » à connaître du contenu du grief fondé sur la Convention et à offrir le redressement approprié, même si les Etats contractants jouissent d’une certaine marge d’appréciation quant à la manière de se conformer aux obligations qui découle pour eux de cette disposition. Le recours exigé par l’article 13 doit être « effectif » en pratique comme en droit (voir, parmi beaucoup d’autres, Rotaru c. Roumanie [GC], no 28341/95, § 67, CEDH 2000-V).
58. La Cour rappelle qu’elle a déclaré recevable le grief que les requérants ont soulevé sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1 et qu’elle a conclu à la violation dudit article (voir paragraphes 31 et 53 ci-dessus). Il s’ensuit que les requérants avaient bien un grief défendable au regard de l’article 1 du Protocole no 1 et que l’article 13 de la Convention trouve donc à s’appliquer dans le cas d’espèce.
59. Le Gouvernement allègue qu’une action en dommages et intérêts contre l’Etat aurait permis aux requérants d’obtenir un redressement approprié pour la violation de leur droit au respect de leurs biens. La Cour observe cependant que la violation dénoncée par les requérants découle du retard injustifié des autorités internes à élaborer un plan de délimitation des terrains restitués près du village d’Ostrov et que le Gouvernement n’a invoqué aucune voie de recours qui aurait pu permettre aux requérants d’accélérer le cours de cette procédure administrative. En examinant l’exception de non-épuisement des voies de recours internes soulevée par le Gouvernement quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1, la Cour a affirmé que l’action prévue par l’article 1, alinéa 1, de la loi sur la responsabilité de l’Etat ne pouvait être considérée comme une voie de recours suffisamment adéquate et établie en droit interne pour remédier à la violation alléguée du droit au respect des biens des intéressés (voir paragraphe 29 ci-dessus). Elle ne saurait donc être considérée non plus comme une voie de recours offrant un redressement adéquat au regard de l’article 13 de la Convention.
60. La Cour observe que les articles 256 et 257 du code de procédure administrative prévoient un recours susceptible d’accélérer le cours des procédures administratives dans la mesure où les tribunaux saisis peuvent enjoindre aux organes administratifs d’effectuer l’action administrative demandée dans un certain délai. Force est de constater cependant que ces dispositions sont entrées en vigueur en mars 2007 et qu’à cette date la procédure de restitution entamée par les requérants avait déjà accumulé un retard considérable de plusieurs années (voir paragraphes 7-13 ci-dessus). De surcroît, le Gouvernement n’a présenté aucune décision des juridictions internes permettant de conclure que ces dispositions du code de procédure administratives seraient applicables et effectives dans le cadre du processus de restitution des terre agricoles et dans la situation particulière des requérants. La Cour estime donc que, dans les circonstances spécifiques de la présente affaire, le recours prévu par les articles 256 et 257 du code de procédure administrative ne saurait être considéré comme suffisamment effectif au regard de l’article 13 de la Convention.
61. Il y a donc eu violation de cet article.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
62. Invoquant l’article 13 de la Convention, les requérants se plaignent également que les juridictions internes ont déclaré irrecevable leur action en revendication intentée à l’encontre des personnes occupant leur terrain restitué. La Cour estime qu’il convient d’examiner ledit grief sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention, libellé comme suit dans sa partie pertinente :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
63. Elle rappelle que le droit d’accès à un tribunal, consacré par l’article 6 § 1 de la Convention, comprend non seulement le droit d’engager une action, mais aussi le droit à une « solution » juridictionnelle du litige (Kutić c. Croatie, no 48778/99, § 25, CEDH 2002 II). Il appartient à la Cour de s’assurer que le degré d’accès procuré par la législation nationale suffit pour assurer à l’individu concerné le « droit à un tribunal », eu égard au principe de la « prééminence du droit » dans une société démocratique (voir, parmi beaucoup d’autres, Ashingdane c. Royaume-Uni, 28 mai 1985, § 57, série A no 93). La Cour rappelle à cet égard que le fait qu’une action en justice ait été jugée irrecevable n’équivaut pas à un refus d’accès à un tribunal si le requérant a bénéficié d’un examen effectif de ses moyens (Obermeier c. Autriche, 28 juin 1990, § 68, série A no 179).
64. Se tournant vers les faits de l’espèce, la Cour observe que les requérants ont intenté une action en revendication contre les occupants de l’un de leurs terrains restitués par la décision de la commission agraire. Les tribunaux de première instance et d’appel leur ont donné gain de cause, mais la Cour suprême de cassation a annulé le jugement du tribunal d’appel au motif que l’action introduite par les intéressés était irrecevable (voir paragraphes 14-18 ci-dessus). La Cour observe que la décision de la haute juridiction judiciaire a été basée sur le constat qu’en l’absence d’un plan de délimitation des terrains restitués près du village d’Ostrov la décision administrative rendue par la commission agraire au profit des requérants ne constituait pas une preuve d’un quelconque droit de propriété, parce qu’elle n’identifiait pas le terrain restitué par ses limites (voir paragraphe 18 ci dessus).
65. La Cour observe que la réponse à la question de savoir si les intéressés étaient les propriétaires du terrain revendiqué était au cœur du litige qui opposait ceux-ci aux deux défendeurs, et que dans le cadre de la procédure de revendication les tribunaux internes se devaient d’examiner ce point avant de rechercher si les défendeurs occupaient le terrain litigieux sans en avoir le droit (voir paragraphe 22 ci-dessus). Pour arriver à la conclusion que les requérants ne pouvaient pas valablement prétendre être titulaires d’un droit de propriété sur un terrain identifiable par ses limites, la Cour suprême de cassation a pris en compte les preuves présentées par les deux parties et a constaté que la procédure de restitution n’était pas encore achevée (voir paragraphe 18 ci-dessus). Elle a amplement motivé son arrêt et a répondu aux arguments principaux soulevés par les intéressés.
66. La Cour estime donc que les requérants ont bénéficié d’un examen effectif de leurs moyens soulevés dans le cadre de la procédure de revendication menée devant les juridictions internes et que les circonstances de la présente affaire ne révèlent aucune apparence de violation du droit d’accès à un tribunal. Il ressort ainsi que le grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention est manifestement mal fondé et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 a) et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION

67. Les requérants invitent la Cour à impartir au Gouvernement un délai précis pour prendre toutes les mesures nécessaires afin de finaliser la procédure de restitution de leur terrain.
68. La Cour rappelle que, dans le cadre de l’exécution d’un arrêt en application de l’article 46 de la Convention, un arrêt constatant une violation entraîne pour l’État défendeur l’obligation juridique au regard de cette disposition non seulement de verser aux intéressés les sommes allouées au titre de la satisfaction équitable, mais aussi de choisir, sous le contrôle du Comité des Ministres, les mesures générales et/ou, le cas échéant, individuelles à intégrer dans son ordre juridique interne. En outre, il résulte de la Convention, et notamment de son article 1, qu’en ratifiant la Convention, les États contractants s’engagent à faire en sorte que leur droit interne soit compatible avec celle-ci (Maestri c. Italie [GC], no 39748/98, § 47, CEDH 2004 I ; Viaşu , précité, §§ 79 et 80).
69. Dans le cas d’espèce la Cour a conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 et de l’article 13 de la Convention en raison du délai excessif dans l’accomplissement de la procédure de restitution et de l’absence de voies de recours internes susceptibles de remédier à cette situation (voir paragraphes 37-53 et 57-61 ci-dessus). La Cour observe que dans d’autres affaires bulgares elle a déjà pu constater que le retard injustifié de la procédure de restitution portait atteinte au droit de respect des biens tel qu’il est garanti par l’article 1 du Protocole no 1 (voir les arrêts Lyubomir Popov, § 122, et Naydenov, § 84, précités). En outre, la Cour a reçu plusieurs autres requêtes soulevant le même problème. Compte tenu des ces considérations, et afin d’assister le Gouvernement dans l’accomplissement de son obligations découlant de l’article 46 § 1 de la Convention, la Cour exprime l’avis que les mesures générales à être adoptées en exécution de cet arrêt devraient comprendre l’introduction en droit interne de : a) délais précis pour l’adoption et l’exécution des décisions administratives des autorités internes compétentes nécessaires pour l’accomplissement des procédures de restitution de terres agricoles et b) une voie de recours permettant aux personnes concernées d’obtenir de manière effective une compensation en cas de non observation de ces mêmes délais.
70. En ce qui concerne les mesures individuelles à adopter dans le cas d’espèce, il apparaît que l’obstacle principal à la réalisation du droit de restitution des requérants est l’inertie des autorités dans l’accomplissement des différentes tâches administratives, et notamment dans l’élaboration d’un plan de délimitation des terrains restitués près du village d’Ostrov. La Cour est donc de l’avis que la mesure individuelle la plus appropriée en l’espèce serait de finaliser la procédure de restitution du terrain en cause sans aucun retard supplémentaire.
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
71. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
72. Les requérants réclament 13 068 euros (EUR) au titre du préjudice matériel, ladite somme représentant la valeur vénale de leur terrain de 2 000 mètres carrés, les revenus que leur aurait procurés la vente des récoltes de raisin pour la période comprise entre 1992 et 2009 et les subventions agricoles qu’ils n’ont pas touchées. Ils présentent à l’appui de cette prétention un rapport rédigé par un expert agréé. Les intéressés réclament également la somme de 4 000 EUR pour le préjudice moral subi. Ils demandent que la somme allouée pour les dommages matériel et moral soit transférée sur le compte de leur représentant, OMISSIS.
73. Le Gouvernement fait observer que le montant demandé par les requérants au titre du préjudice matériel est exorbitant et que cette prétention est mal fondée et non étayée. Pour ce qui est du préjudice moral, le Gouvernement estime que la somme allouée par la Cour doit être strictement liée à la violation constatée de la Convention et ne pas dépasser les montants déjà alloués dans des cas similaires à celui en l’espèce.
74. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences de manière à rétablir autant que faire se peut la situation antérieure à celle-ci (Iatridis c. Grèce (satisfaction équitable) [GC], no 31107/96, § 32, CEDH 2000-XI).
75. Si la nature de la violation permet une restitutio in integrum, il incombe à l’Etat défendeur de la réaliser, la Cour n’ayant ni la compétence ni la possibilité pratique de l’accomplir elle-même. Si, en revanche, le droit national ne permet pas ou ne permet qu’imparfaitement d’effacer les conséquences de la violation, l’article 41 habilite la Cour à accorder, s’il y a lieu, à la partie lésée la satisfaction qui lui semble appropriée (Brumărescu c. Roumanie (satisfaction équitable) [GC], no 28342/95, § 20, CEDH 2000 I). Dans l’exercice de ce pouvoir, elle dispose d’une certaine latitude ; l’adjectif « équitable » et le membre de phrase « s’il y a lieu » en témoignent.
76. La Cour rappelle que les violations de l’article 1 du Protocole no 1 et de l’article 13 de la Convention constatées dans le cas d’espèce découlent de la durée excessive de la procédure de restitution (voir paragraphes 52, 59 et 60 ci-dessus). La Cour est d’avis que les requérants ont subi des préjudices matériel et moral en résultat de ces violations de leurs droits. Elle considère qu’il y a lieu de leur accorder une somme globale couvrant uniquement les dommages matériel et moral causés par le délai de la procédure de restitution en cause. Compte tenu de ces arguments et des circonstances spécifiques de l’espèce, elle leur accorde la somme de 3 000 EUR à ce titre.
77. Conformément aux souhaits exprimés dans la demande de satisfaction équitable de la partie requérante, ladite somme est à transférer directement sur le compte bancaire de leur représentant devant la Cour.
B. Frais et dépens
78. Les requérants demandent également 588 EUR pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes, 600 EUR pour les frais d’avocat engagés devant la Cour, 128 EUR pour l’expertise présentée avec leur demande de satisfaction équitable et 66 EUR pour les frais de poste. Ils présentent à l’appui des récépissés attestant le paiement des honoraires de leur avocat, d’un expert et des frais de poste. Ils demandent que la somme allouée à ce titre soit transférée sur le compte de leur représentant.
79. Le Gouvernement invite la Cour à rejeter les prétentions au titre des frais engagés devant les juridictions internes et devant la Cour pour défaut de justificatifs et à n’allouer que la somme demandée pour les frais de poste.
80. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour rejette la demande relative aux frais et dépens de la procédure nationale et accorde la somme de 650 EUR pour la procédure devant la Cour, frais de poste inclus, à verser sur le compte du représentant des requérants.
C. Intérêts moratoires
81. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés de l’article 1 du Protocole no 1 et de l’article 13 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;

2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;

3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention ;

4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes, à convertir en levs bulgares au taux applicable à la date du règlement, et à verser directement sur le compte de leur représentant :
i. 3 000 EUR (trois mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommages matériel et moral ;
ii. 650 EUR (six cent cinquante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 31 mai 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Lawrence Early Lech Garlicki
Greffier Président

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