Conclusioni: Violazione dell’articolo 7 – Nessuna pena senza legge, Articolo 7-1 – Nulla poena sine lege, Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni, Danno patrimoniale – decisione riservata Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA VARVARA C. ITALIA
( Richiesta no 17475/09)
SENTENZA
(Merito)
STRASBURGO
29 ottobre 2013
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Varvara c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Danutė Jočienė, presidentessa,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 ottobre 2013,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17475/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 23 marzo 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente adduce che la confisca di cui è stato fatto oggetto è incompatibile con gli articoli 7 e 6 § 2 della Convenzione così come con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 21 maggio 2012, la richiesta è stata comunicata al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato in 1943 e ha risieduto a Gravina di Puglia.
A. Il progetto di lottizzazione
6. Desiderando costruire degli alloggi vicino alla foresta di Mercadante, il richiedente presentò un progetto di lottizzazione, piano di lottizzazione, alla città di Cassano delle Murge. Il 31 ottobre 1984, la città approvò il progetto. Il 1 marzo 1985, il richiedente conclude una convenzione di lottizzazione, convenzione di lottizzazione, con la città ed ottenne i permessi di costruire per un primo gruppo di edifici.
7. Il 6 febbraio 1986, un’ordinanza ministeriale del 1 agosto 1985 fu pubblicata al bollettino delle leggi. Questa ordinanza dichiarava che i terreni che cingevano la foresta di Mercadante dovevano beneficiare di protezione paesaggistica e come tali essere assoggettati alle disposizioni della legge no 1497/1939 che rendeva necessario l’ottenimento di un’autorizzazione ministeriale preliminare per potere rilasciare i permessi di costruire.
8. La città di Cassano delle Murge attaccò l’ordinanza ministeriale dinnanzi al tribunale amministrativo dei Pouilles e, con decisione del 10 marzo 1993, ebbe parzialmente guadagno di causa. Con l’effetto di questa decisione che non è versata alla pratica, i terreni previsti dal progetto del richiedente non furono più soggetti alle costrizioni di paesaggio.
9. Due leggi erano entrate, nel frattempo in vigore. La prima, legge no 431/1985, aveva assegnato alle regioni la competenza esclusiva di legiferare in materia di protezione del paesaggio. La seconda, legge regionale no 30/1990, sottoponeva i terreni ubicò vicino alle foreste alle costrizioni di paesaggio che necessita un’autorizzazione della Regione, salvo per i casi dove il progetto di lottizzazione era stato approvato prima del 6 giugno 1990. Con l’effetto combinato di queste leggi, i progetti dinnanzi ad essere approvati dopo questa data dovevano ricevere il parere favorevole del comitato regionale competente.
10. Nel 1993, il richiedente presentò già alla città di Cassano delle Murge una variante al progetto approvato nel 1984. Risulta della pratica che questa si era rivelato necessario perché il progetto originale aveva incluso inavvertitamente una zona attraversata da un acquedotto. Bisognava ridurre la taglia del progetto di 3 917 metri quadrati dunque. Inoltre, i proprietari dei fondi vicini avendo rinunciato al progetto, aveva bisognato emendarlo in particolare in quanto alla disposizione degli edifici. Questa variante fu approvata dalla città di Cassano delle Murge il 30 maggio 1994.
11. Il 19 agosto 1994, il richiedente conclude una convenzione di lottizzazione con la città. Questa ultima gli rilasciò i permessi di costruire.
12. Il 21 maggio 2007, la città rilasciò un attestato secondo il quale tutti i lavori costruiti dal richiedente prima del 30 settembre 2004 erano conformi alla legislazione in materia di paesaggio.
B. Il procedimento penale
13. Un procedimento penale per lottizzazione abusiva fu aperto contro il richiedente. Il 6 febbraio 1997, i terreni e le costruzioni, diciassette immobili che contengono ciascuno quattro alloggi, furono messi sotto sequestro conservatorio.
14. Con un giudizio del 1 giugno 1998, il giudice di istanza di Acquaviva delle Fonti rilevò che il richiedente aveva costruito diciassette alloggi conformemente alla variante approvata nel 1994 ed ai permessi di costruire rilasciati dalla città. Tuttavia, il giudice stimò che questa variante non era un semplice emendamento al progetto del 1984, ma che costituiva un nuovo progetto di lottizzazione che doveva essere assoggettata alle disposizioni entrate in vigore da. Dato che le disposizioni in questione contemplavano l’obbligo di chiedere e di ottenere il parere favorevole del comitato regionale competente in materia di urbanistica, e che il richiedente non l’aveva fatto, i permessi di costruire rilasciati dalla città dovevano passare come non avendo esposto di effetti.
La situazione controversa spettava quindi ad una lottizzazione abusiva, avendo provocato il deterioramento di un sito naturale protetto, articolo 20 lettere hanno, e c, della legge no 47/1985; articolo 734 del codice penale. Dopo avere tenuto conto delle circostanze attenuanti, il giudice condannò il richiedente ad una pena di detenzione di nove mesi col beneficio della condizionale ed ad una multa. Ordinò la confisca, a favore della città, dei terreni e degli edifici riguardati dal progetto di lottizzazione controversa.
15. Il richiedente interpose appello.
16. Con una sentenza del 22 gennaio 2001, la corte di appello di Bari accolse il ricorso del richiedente e lo prosciolse sul fondo, perché il fatto non sussiste. La corte stimò che aveva non ci che un solo progetto di lottizzazione che era stata autorizzata nel 1984, o molto prima l’entrata in vigore dell’ordinanza ministeriale di 1985 e della legge no 431/1985. Considerò che nel 1994, il richiedente aveva presentato già un semplice emendamento al progetto approvato. I terreni del richiedente non erano quindi sotto l’influenza di una misura di protezione del paesaggio e non c’era lottizzazione abusiva.
17. Il ministero pubblico e l’avvocato dello stato si ricorsero in cassazione.
18. Con una sentenza del 17 maggio 2002, la Corte di cassazione annullò con rinvio la decisione attaccata.
19. Con una sentenza del 5 maggio 2003, la corte di appello di Bari condannò il richiedente per lottizzazione abusiva, stimando che la variante al progetto di lottizzazione costituiva un progetto nuovo ed autonomo.
20. Il richiedente ricorse in cassazione.
21. Con una sentenza del 10 dicembre 2004, la Corte di cassazione accolse il ricorso del richiedente ed annullò con rinvio la decisione attaccata.
22. Con una sentenza del 23 marzo 2006, la corte di appello di Bari pronunciò un non luogo a procedere al motivo che i reati erano prescritti da fine 2002. La corte precisò che, seguendo la giurisprudenza della Corte di cassazione, era obbligatorio infliggere la confisca controversa che si trattasse di un proscioglimento sul fondo, eccetto la formula egli fatto non sussiste, o che si trattasse di una prescrizione se il progetto di lottizzazione si urtava obiettivamente con le disposizioni in materia di piano di sviluppo del territorio. Ora, considerò che la variante era un nuovo progetto di lottizzazione e che quindi avrebbe bisognato ottenere l’autorizzazione regionale prima di rilasciare i permessi di costruire. Peraltro, la corte di appello ordinò la confisca dei terreni e delle costruzioni eretti su questi al senso dell’articolo 1 della legge no 47/1985.
23. Il richiedente si ricorse in cassazione.
24. Con una sentenza del 11 giugno 2008, depositato il 1 ottobre 2008, la Corte di cassazione respinse il richiedente del suo ricorso alla cancelleria.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. Principi generali di diritto penale
25. a) L’articolo 27 § 1 della Costituzione italiana contemplano che “la responsabilità penale è personale.” La Corte costituzionale ha affermato a più riprese che non può avere responsabilità obiettiva in materia penale (vedere, tra altri, Corte costituzionale, sentenza no 1 del 10 gennaio 1997, ed infra, “altri casi di confisca.” L’articolo 27 § 3 della Costituzione contemplano che “le pene… devono tendere alla rieducazione del condannato.”
b) L’articolo 25 della Costituzione contempla, ai suoi secondo e terzo capoversi che “nessuno può essere punito in vigore nella mancanza di una legge entrata prima della commissione dei fatti” e che “nessuno può essere soggetto ad una misura di sicurezza salvo nei casi previsti dalla legge.”
c) L’articolo 1 del codice penale contempla che “nessuno può essere punito per un fatto che non è espressamente previsto con la legge come essendo costitutivo di una violazione penale, e con una pena che non è stabilita dalla legge.” L’articolo 199 del codice penale, concernente le misure di sicurezza, contempla che nessuno può essere sottomesso alle misure di sicurezza non contemplate dalla legge ed all’infuori dei casi previsti dalla legge.
d) L’articolo 42, 1 capoverso del codice penale contempla che “il non si può essere punito per un’azione o un’omissione costituendo una violazione penale prevista dalla legge se, nella commissione dei fatti, l’autore non aveva di coscienza e volontà, coscienza e volontà.” La stessa regola è stabilita dall’articolo 3 della legge no 689 del 25 novembre 1989 in ciò che riguarda i reati amministrativi.
e) L’articolo 5 del codice penale contempla che “nessuno può avvalersi della sua ignoranza della legge penale per ottenere una scusa.” La Corte costituzionale, sentenza no 364 del 1988, ha deliberato che questo principio non si applica quando si tratta di un errore inevitabile, così che questo articolo deve essere letto oramai come segue: “Nessuno può avvalersi della sua ignoranza della legge penale per ottenere una scusa, salvo se si tratta di un errore inevitabile.” La Corte costituzionale ha indicato come possibile origine dell’inevitabilità obiettiva dell’errore sulla legge penale l ‘ “oscurità assoluta della legge”, le “assicurazioni erronee” da parte di persone in posizione istituzionale per giudicare della legalità dei fatti da compiere, lo stato “gravemente caotico” della giurisprudenza.
B. La confisca
1. La confisca prevista dal codice penale
26. Ai termini dell’articolo 240 del codice penale:
“1 capoverso: In caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che hanno servito o che furono destinate alla commissione del reato, così come le cose che sono il prodotto o l’utile del reato.
2 capoverso: La confisca è ordinata sempre:
1. Per le cose che costituiscono il prezzo del reato;
2. Per le cose di cui la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione sono vietate penalmente.
3 capoverso: Nei casi contemplati al primo capoverso ed al punto 1 del secondo capoverso, la confisca non può colpire i terzo (“persone estere al reato”) proprietari delle cose in questione.
4 capoverso: Nel caso contemplato al punto 2 del secondo capoverso, la confisca non può colpire i terzo (“persone estere al reato”) proprietari quando la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere autorizzate dal verso di un’autorizzazione amministrativa. “
27. In quanto misura di sicurezza, la confisca rileva dell’articolo 199 del codice penale che contempla che “nessuno può essere sottomesso alle misure di sicurezza non contemplate dalla legge ed all’infuori dei casi previsti dalla legge.”
2. Altri casi di confisca / La giurisprudenza della Corte costituzionale
28. In materia di dogane e di contrabbando, le disposizioni applicabili contemplano la possibilità di confiscare dei beni materialmente illeciti, anche se questi ultimi sono detenuti dai terzo. Con la sentenza no 229 del 1974, la Corte costituzionale ha dichiarato le disposizioni pertinenti incompatibili con la Costituzione, in particolare l’articolo 27, sulla base del seguente ragionamento:
“Può avere delle cose materialmente illecite di cui il carattere illecito non dipende dalla relazione col nessuno che ne dispone. Queste cose devono essere confiscate presso di ogni persona che li detiene a qualsiasi titolo (… ).
Per evitare che la confisca obbligatorio delle cose che appartengono ai terzo – esteri al contrabbando – non si tradursi in una responsabilità obiettiva al loro carico – a sapere una responsabilità del semplice fatto che fanno i proprietari delle cose implicate – e per evitare che subiscono le conseguenze patrimoniali degli atti illeciti commessi con altri, occorre che si possa rimproverare a questi terzo un quid senza che il reato non avrebbe avuto luogo o non sarebbe stata favorita. Tutto sommato, bisogna potere rimproverare a questi terzo una mancanza di vigilanza. “
29. La Corte costituzionale ha reiterato questo principio nelle sentenze no 1 di 1997 e no 2 del 1987, in materia di dogane e di esportazione di œuvres di arte.
3. La confisca del caso di specie, articolo 19 della legge no 47 del 28 febbraio 1985,
30. L’articolo 19 della legge no 47 del 28 febbraio 1985 contempla anche bene la confisca dei lavori abusivi che i terreni lottizzati in modo abusiva, quando le giurisdizioni penali hanno stabilito da una sentenza definitiva che la lottizzazione è abusiva. La sentenza penale è trascritta immediatamente nei registri immobiliari.
4. L’articolo 20 della legge no 47 del 28 febbraio 1985
31. Questa disposizione contempla delle sanzioni definite come essendo delle “sanzioni penali.” La confisca non figura.
In caso di lottizzazione abusiva-come definito all’articolo 18 di questa stessa legge-le sanzioni contemplate sono la detenzione fino a due anni e la multa fino a 100 milioni di lire italiane, circa 516 460 euros.
5. L’articolo 44 del codice della costruzione, DPR no 380 di 2001,
32. Il Decreto del Presidente della Repubblica no 380 del 6 giugno 2001 (“Testo unico delle disposizioni legislativo e regolamentari in materia edilizia”) ha codificato in particolare le disposizioni esistenti in materia di diritto di costruire. Al momento della codificazione, gli articoli 19 e 20 della legge no 47 del 1985 sono stati unificati sopra in una sola disposizione, a sapere l’articolo 44 del codice che è titolare così,:
“Art. 44 (L)-Sanzioni penali
(…)
2. La confisca dei lavori abusivi anche bene che i terreni lottizzati in modo abusiva, quando le giurisdizioni penali hanno stabilito da una sentenza definitiva che la lottizzazione è illegale. “
6. La giurisprudenza relativa alla confisca per lottizzazione abusiva
33. In un primo tempo, le giurisdizioni nazionali avevano archiviato la confisca applicabile in caso di lottizzazione abusiva come essendo una sanzione penale. Poteva essere applicata quindi, solamente ai beni dell’imputato riconosciuto colpevole del reato di lottizzazione illegale, conformemente all’articolo 240 del codice penale (Corte di cassazione) Sez. 3, 18 ottobre 1988, Brunotti; 8 maggio 1991, Ligresti; Sezioni Unite, 3 febbraio 1990, Cancilleri).
34. Con una sentenza del 12 novembre 1990, la Sezione 3 della Corte di cassazione, causa Licastro, affermò che la confisca era una sanzione amministrativa ed obbligatoria, indipendente della condanna al penale. Poteva essere pronunciata al riguardo di terzo dunque, poiché all’origine della confisca c’è una situazione, una costruzione, una lottizzazione che deve essere materialmente abusiva, a prescindere dell’elemento morale. Di questo fatto, la confisca può essere ordinata quando l’autore è prosciolto in ragione della mancanza di elemento morale (si “appollaiato egli fatto non costituisce reato”). Non può essere ordinata se l’autore è prosciolto in ragione del non fisicità dei fatti (si “appollaiato egli fatto non sussiste”).
35. Questa giurisprudenza fu seguita largamente, Corte di Cassazione, Sezione 3, sentenza del 16 novembre 1995, Besana; 25 giugno 1999, Negro; 15 maggio 1997 no 331, Sucato; 23 dicembre 1997 no 3900, Farano; no 777 del 6 maggio 1999, Iacoangeli). Con l’ordinanza no 187 del 1998, la Corte costituzionale ha riconosciuto la natura amministrativa della confisca.
Pure essendo considerata come una sanzione amministrativa con la giurisprudenza, la confisca non può essere annullata da un giudice amministrativo, la competenza in materia rilevando unicamente del giudice penale (Corte di cassazione) Sez. 3, sentenza 10 novembre 1995, Zandomenighi).
La confisca di beni si giustifica poiché questi sono i “oggetti patrimoniali del reato.” In quanto tale, i terreni non sono “pericolosi”, ma lo diventano quando mettono in pericolo il potere di decisione che è riservata all’autorità amministrativa (Corte di cassazione) Sez. 3, no 1298/2000, Petrachi ed altri.
Se l’amministrazione regolarizza ex post la lottizzazione, la confisca deve essere revocata (Corte di cassazione) sentenza del 14 dicembre 2000 no 12999, Lanza; 21 gennaio 2002, no 1966, Venuti).
Lo scopo della confisca è di rendere indisponibile una cosa di cui si presume che si conosce la pericolosità: i terreni che sono oggetto di una lottizzazione abusiva e l’immobile abusivamente costruiti. Si evita così il collocamento sul mercato immobiliare dei tali immobili. In quanto ai terreni, si evita la commissione di reati ulteriori e non si lascia di posto alle pressioni eventuali sugli amministratori locali affinché regolarizzano la situazione (Corte di cassazione) Sez. 3, 8 febbraio 2002, Montalto).
C. Il diritto interno pertinente posteriore alla sentenza Sud Fondi S.r.l. ed altri c. Italia, no 75909/01, 20 gennaio 2009,
1. La Corte costituzionale
36. Il 9 aprile 2008, nella cornice di un processo penale che non riguarda il richiedente, la corte di appello di Bari-appellandosi sulla decisione sull’ammissibilità nella causa Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia, déc.), no 75909/01, 30 agosto 2007,-aveva investito la Corte costituzionale affinché questa si pronuncia sulla legalità della confisca che era inflitta automaticamente, anche nella mancanza di constatazione di responsabilità penale.
Con la sentenza no 239 del 2009, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione di incostituzionalità inammissibile. Nella parte finale del suo ragionamento, ha fatto osservare che quando c’è conflitto apparente tra una disposizione nazionale e le Convenzioni come interpretata con la Corte, un dubbio sulla costituzionalità del diritto nazionale può nascere unicamente se il conflitto non può essere deciso da via di interpretazione. Incombe in fatto sul giudice nazionale di interpretare il diritto nazionale in modo conforme alla disposizione internazionale, nella misura in cui la legge lo permette. Solamente se ciò non è possibile il giudico nazionale può investire la Corte costituzionale della questione di incostituzionalità.
2. La Corte di cassazione
37. La Corte di cassazione ha riaffermato la sua tesi secondo la quale la confisca controversa è una sanzione di natura amministrativa. Ne deriva che l’applicazione della sanzione è autorizzata anche quando il procedimento penale per lottizzazione abusiva non si conclude con la condanna dell’imputato, Sez. 3, sentenza no 39078 del 13 luglio 2009. Fanno eccezione i casi dove l’interessato è estero alla commissione dei fatti e la sua buona fede è stata constatata, Sez. 3, sentenze no 36844 del 9 luglio 2009 e no 397153 del 6 ottobre 2010,).
38. Quando la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva è acquisita prima dell’inizio dell’azione penale, il giudice che pronuncia il non luogo a procedere non può infliggere la confisca controversa. Quando la prescrizione è acquisita dopo l’inizio dell’azione penale, il giudice che pronuncia il non luogo a procedere può infliggere la sanzione controversa, Sez. 3, sentenza no 5857 di 2011.
39. Anche se la prescrizione è acquisita, il giudice può prosciogliere l’imputato sul fondo se risulta manifestamente della pratica che l’imputato non ha commesso i fatti rimproverati, che i fatti non hanno avuto luogo, egli fatto non sussiste, che il reato non è costituito o che i fatti non rilevano del diritto penale, articolo 129 § 2 del codice di procedimento penale.
3. La legge no 102 del 2009
40. Ai termini dell’articolo 4ter della legge no 102 del 3 agosto 2009, “senza toccare agli effetti della revoca della confisca dei beni, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo ha trovato una violazione della Convenzione in ragione della confisca, la stima dei beni deve farsi su base della destinazione urbanistica reale e senza tenere conto, del valore, dei lavori costruiti, sui terreni confiscati. Se dei lavori di collocamento in valore dei beni confiscati o un risarcimento straordinario sono stati effettuati ne bisogna tenere conto, e calcolare rispetto al momento della restituzione all’avuto diritto. Bisogna tenere inoltre conto, calcolando dello stesso modo, degli oneri impegnati per la demolizione dei lavori e per la rimessa nello stato dei luoghi.”
D. Le decisioni alla conclusione di un procedimento penale
41. La prescrizione figura tra le cause per che un procedimento penale può arrivare ad una decisione di non luogo a procedere. Quando il non luogo a procedere per prescrizione è pronunciato, il reato si estingue e, di conseguenza, il non si può applicare di pene, Corte costituzionale no 85 del 2008.
42. Il giudice pronuncia un proscioglimento sul fondo ogni volta che la prova dell’innocenza è acquisita, ogni volta che c’è insufficienza di prove o se le prove sono contraddittorie (articolo 530 del codice di procedimento penale). Tuttavia, quando la prescrizione è accertata, l’articolo 129 § 2 non permettono di prosciogliere sul fondo che se risulta in modo manifesto della pratica che l’imputato non ha commesso i fatti rimproverati, che i fatti non hanno avuto luogo, che il reato non è costituito o che i fatti non rilevano del diritto penale, il giudice può prosciogliere l’imputato (vedere anche sopra il paragrafo 39).
43. Il giudice può condannare solamente se l’imputato è colpevole al di là di ogni dubbio ragionevole (articolo 533 del codice di procedimento penale). Può infliggere allora la pena.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 7 DELLA CONVENZIONE
44. Il richiedente denuncia l’illegalità della confisca che ha colpito i suoi beni al motivo che questa sanzione sarebbe stata inflitta nella mancanza di un giudizio di condanna. Adduce la violazione dell’articolo 7 della Convenzione che dispone:
“1. Nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, nel momento in cui è stata commessa, non costituiva una violazione secondo il diritto nazionale o internazionale. Parimenti non è inflitto nessuna pena più forte che quella che era applicabile nel momento in cui il reato è stato commesso.
2. Il presente articolo non recherà offesa al giudizio ed alla punizione di una persona colpevole di un’azione o di un’omissione che, nel momento in cui è stata commessa, era criminale secondo i principi generali di diritto riconosciuto dalle nazioni civilizzate. “
A. Sull’ammissibilità
45. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. Rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti del richiedente
46. Il richiedente si lamenta di essere stato oggetto di una sanzione penale che è stata applicata malgrado la mancanza di condanna. Osserva che in dritto italiano l’azione penale non può essere perseguita quando una violazione penale è prescritta. Nello specifico, secondo il richiedente la prescrizione era acquisita già nell’agosto 2001. Tuttavia, l’azione penale ha proseguito fino nel 2008 nel solo scopo di potere infliggere una pena.
Il richiedente fa notare inoltre la disuguaglianza tra il seguente situazioni. Normalmente il giudice deve prosciogliere l’imputato ogni volta che c’è insufficienza di prove o in presenza di prove contraddittorie, articolo 530 CPP, o quando l’imputato non può essere tenuto per responsabile al di là di ogni dubbio ragionevole, articolo 533 CPP. Tuttavia, se il reato è prescritto, il giudice non può prosciogliere sul fondo che se è manifesto che l’imputato non ha commesso i fatti o che i fatti non rimangono o che i fatti non costituiscono una violazione o che non rilevano del diritto penale (articolo 129, 2o CPP,). C’è dunque inversione del carico della prova, nella misura in cui il richiedente ha dovuto provare a smontare l’evidenza della sua innocenza, e questa situazione non è compatibile con le garanzie del processo equo e con la Convenzione.
47. Peraltro, il richiedente ricorda che il progetto di lottizzazione è stato autorizzato dalla città di Cassano delle Murge; che ha costruito conformemente ai permessi di costruire che gli sono stati rilasciati; che ha ricevuto l’assicurazione che il suo progetto era conforme alle disposizioni applicabili. Secondo lui, la condotta delle autorità che hanno di prima autorizzato ed incoraggiato anche il progetto di costruzione e che, in seguito, hanno cambiato radicalmente atteggiamento dopo avere permesso il completamento dei lavori, è altamente criticabile. Infine, il richiedente precisa che se i suoi vicini hanno deciso di non perseguire col progetto di lottizzazione, questo non ha nessuno rapporto con la conformità o non del progetto stesso col diritto nazionale.
2. Argomenti del Governo
48. Il Governo osserva al primo colpo che in seguito alla constatazione di violazione registrata nella sentenza Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia, no 75909/01, 20 gennaio 2009, la Corte costituzionale, sentenza no 239 del 24 luglio 2009, ha detto che la legge nazionale deve essere interpretata conformemente alla Convenzione e che, secondo i principi stabiliti nella sentenza Sud Fondi, “la confisca non può derivare automaticamente di un’urbanizzazione abusiva, astrazione fatta della responsabilità dei fatti”.
Inoltre, la legge no 102 del 3 agosto 2009 ha introdotto la revoca della confisca e dei criteri di indennizzo per quelli che ha subito una confisca non giustificata allo sguardo della Convenzione.
49. Il Governo osserva poi che in dritto italiano la confisca controversa è considerata sempre dalle giurisdizioni come essendo una sanzione amministrativa. Questo è perché il fatto di infliggere questa sanzione al caso di specifico è compatibile con l’articolo 7 della Convenzione.
Alla differenza della causa Sud Fondi, nello specifico il richiedente non è stato prosciolto sul fondo ma ha beneficiato di un non luogo a procedere a causa di prescrizione. Secondo lui, il richiedente avrebbe potuto rinunciare all’applicazione della prescrizione ed avrebbe potuto chiedere al giudice di decidere ai termini dell’articolo 129 § 2 del codice di procedimento penale. In ogni caso, riferendosi alla giurisprudenza della Corte di cassazione, sentenza no 5857 del 16 febbraio 2011, il Governo fa osservare che nello specifico la prescrizione non era acquisita prima dell’inizio dell’azione penale, ciò che sostiene in favore della legalità della sanzione inflitta.
I lavori realizzati cozzavano in modo obiettiva contro le disposizioni di legge; il reato di urbanizzazione abusiva era costituito dunque perché il progetto di lottizzazione era abusivo. Secondo il Governo, il richiedente conosceva l’esistenza delle costrizioni di paesaggio. I vicini del richiedente si sarebbero dissociati del progetto per non essere implicati in una speculazione immobiliare. L’articolo 7 della Convenzione non è stato violato perché le disposizioni applicabili erano accessibili e prevedibili. Comportandosi siccome si è comportato il richiedente sapeva che si esporsi al rischio di subire la confisca dei beni. Questa sanzione era una conseguenza prevedibile dunque.
50. Per il caso dove la Corte concluderebbe ad una violazione della Convenzione, il Governo chiede a ciò che sia tenuto di questi argomenti alle fini della soddisfazione equa.
3. Valutazione della Corte
a) Applicabilità dell’articolo 7 della Convenzione
51. La Corte ricorda che, nella causa Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia, decisione precitata, ha detto che la confisca controversa si analizza in una pena. Pertanto, l’articolo 7 della Convenzione trova ad applicarsi.
b) Principi applicabili,
52. La garanzia che consacra l’articolo 7, elemento essenziale della preminenza del diritto, occupa un posto fondamentale nel sistema di protezione della Convenzione, siccome attestalo il fatto che l’articolo 15 autorizza non ci nessuna derogazione in tempo di guerra o altro pericolo pubblico. Così come egli deriva del suo oggetto e del suo scopo, si deve interpretarlo e deve applicarlo in modo da garantire una protezione effettiva contro i perseguimenti, le condanne e le sanzioni arbitrarie, sentenze S.W. c. Regno Unito, 22 novembre 1995, § 34, serie Ha no 335-B e C.R. c. Regno Unito del 22 novembre 1995, serie Ha i nostri 335-B e 335-C, § 32.
53. L’articolo 7 § 1 consacrano in particolare il principio della legalità dei reati e delle pene, nullum crimen, nulla poena sine lege. Se vieta in particolare estendere il campo di applicazione dei reati esistenti ai fatti che, anteriormente, non costituivano dei reati, comanda inoltre di non applicare la legge penale in modo estensiva allo scapito dell’imputato, per esempio con analogia (vedere, tra altri, Coëme ed altri c. Belgio, nostri 32492/96, 32547/96, 32548/96, 33209/96 e 33210/96, §145, CEDH 2000-VII,.
54. Segue che la legge deve definire chiaramente i reati e le pene che li reprimono, Achour c. Francia [GC], no 67335/01, § 41, CEDH 2006-IV. Questa condizione si trova assolta quando il giudicabile può sapere, a partire dalla formula della disposizione pertinente ed all’occorrenza con l’aiuto dell’interpretazione che ne è dato dai tribunali, quali atti ed omissioni impegnano la sua responsabilità penale.
55. La nozione di “diritto” (“law”) utilizzata all’articolo 7 corrisponde a quella di “legge” che figura in altri articoli della Convenzione; ingloba il diritto di origine tanto legislativa che giurisprudenziale ed implica delle condizioni qualitative, entra altri queste dell’accessibilità e del prevedibilità, Cantoni c. Francia, 15 novembre 1996, § 29, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V; S.W, precitata, § 35; Kokkinakis c. Grecia, 25 maggio 1993, §§ 40-42, serie Ha no 260-ha. Perciò chiaro che la formula di una disposizione legale possa essere, in qualche sistema morale che questo sia, ivi compreso il diritto penale, esiste immancabilmente un elemento di interpretazione giudiziale. Bisognerà chiarire sempre i punti dubbi ed adattarsi ai cambiamenti di situazione. È stabilito del resto solidamente nella tradizione giuridica degli Stati partiti alla Convenzione che la giurisprudenza, in quanto sorgente del diritto, contribuisci necessariamente all’evoluzione progressiva del diritto penale. Non si saprebbe interpretare l’articolo 7 della Convenzione come proibendo il chiarimento graduale delle regole della responsabilità penale con l’interpretazione giudiziale di una causa all’altro, purché il risultato sia coerente con la sostanza del reato e ragionevolmente prevedibile (Streletz, Kessler e Krenz c. Germania [GC], nostri 34044/96, 35532/97 e 44801/98, § 50, CEDH 2001-II.
56. La portata della nozione di prevedibilità dipende in un larga misuro del contenuto del testo di cui si tratta, della tenuta che copre così come del numero e della qualità dei suoi destinatari. Il prevedibilità di una legge non oppone a ciò che la persona riguardata è portata a ricorrere ai consigli illuminati per valutare, ad un grado ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze potendo risultare da un atto determinato. Ne va specialmente così dei professionisti, frequentatori abituali a dovere dare prova di una grande prudenza nell’esercizio del loro mestiere. Perciò può aspettarsi di essi che mettono una cura particolare a valutare i rischi che comprende, Pessino c. Francia, no 40403/02, § 33, 10 ottobre 2006.
57. Il compito che incombe sulla Corte è di assicurarsi dunque che, nel momento in cui un imputato ha commesso l’atto che ha dato adito ai perseguimenti ed alla condanna, esisteva una disposizione legale che rende l’atto punibile e che la pena imposta non ha superato i limiti fissati da questa disposizione, Murphy c. Regno Unito, no 4681/70, decisione della Commissione, 3 e 4 ottobre 1972, Raccolta di decisioni 43; Coëme ed altri, precitata, § 145.
c) L’applicazione di questi principi alla presente causa
58. La Corte ricorda che nella causa Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia precitata, §§ 112 e 114, aveva concluso che l’applicazione della confisca in dispetto della decisione di proscioglimento dei richiedenti era senza base legale ed arbitraria e violava l’articolo 7 della Convenzione. Il proscioglimento era stato pronunciato al motivo che i richiedenti avevano commesso un errore inevitabile e scusabile nell’interpretazione della legge.
59. Nello specifico, il richiedente ha beneficiato di un non luogo a procedere al motivo che il reato di lottizzazione abusiva era prescritto e è stato oggetto di una sanzione penale, a sapere la confisca dei lavori costruiti e dei terreni riguardati dal progetto di lottizzazione controversa. La Corte ha il dovere di esaminare se l’applicazione di una tale sanzione è compatibile con l’articolo 7 della Convenzione.
60. In primo luogo, la Corte constata che ai termini della disposizione applicabile, paragrafo 30 sopra, la confisca dei lavori abusivi anche bene che i terreni lottizzati in modo abusiva sono autorizzati quando le giurisdizioni penali hanno stabilito da una “decisione definitiva” che la lottizzazione è abusiva. Questo testo non precisa che questa “decisione definitiva” deve essere una sentenza di condanna.
Le giurisdizioni nazionali hanno interpretato questa disposizione nel senso che era possibile applicare la sanzione senza condanna a partire da dal momento in cui hanno considerato che si trattava di una sanzione amministrativa. La Corte nota a questo riguardo che esiste un principio in diritto nazionale, vedere diritto interno capitoli A. e D. secondo che il non si può punire un imputato nella mancanza di condanna. In particolare, quando il reato si estingue a causa di prescrizione, il non si può infliggere una pena, paragrafo 41 sopra. Inoltre, l’interpretazione della disposizione applicabile da parte delle giurisdizioni nazionali si è abituata allo scapito dell’imputato.
61. In secondo luogo, la Corte vede male come la punizione di un imputato da cui il processo non è arrivato ad una condanna potrebbe conciliarsi con l’articolo 7 della Convenzione, disposizione che chiarisce il principio di legalità in diritto penale.
62. Dato che nessuno può essere riconosciuto colpevole di una violazione che non sarebbe prevista dalla legge, e che nessuno può subire una pena che non sarebbe prevista dalla legge, una prima conseguenza è certamente l’interdizione per le giurisdizioni nazionali di interpretare in modo estensiva la legge allo scapito dell’imputato, mancanza di cui questo potrebbe essere punito per un comportamento che non è contemplato come essendo una violazione.
63. Un’altra conseguenza di importanza capitale fondamentale deriva del principio di legalità in diritto penale: l’interdizione di punire una persona mentre il reato è stato commesso da un altro.
64. La Corte ha avuto finora l’opportunità di dedicarsi su questa questione sotto l’angolo dell’articolo 6 § 2 della Convenzione.
65. Nel causa A.P, M.P. e T.P. c. Svizzera, 29 agosto 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-V, degli eredi erano stati puniti per gli atti delittuoso commesso col defunto. La Corte ha stimato che la sanzione penale inflitta agli eredi per una frode fiscale imputata al defunto non si conciliava con una regola fondamentale del diritto penale secondo la quale la responsabilità penale non sopravvive all’autore dell’atto delittuoso, ibid., § 48. È ciò che il diritto svizzero riconosceva esplicitamente, e la Corte ha affermato che questa regola è richiesta anche per la presunzione di innocenza consacrata 6 § 2 all’articolo della Convenzione. Ereditare della colpevolezza del defunto non è compatibile con le norme della giustizia penale in una società regolata dalla preminenza del diritto. Questo principio è stato riaffermato nel causa Lagardère, Lagardère c. Francia, no 18851/07, 12 aprile 2012, § 77, dove la Corte ha ricordato che la regola secondo la quale la responsabilità penale non sopravvive all’autore dell’atto delittuoso è richiesta anche non solo per la presunzione di innocenza consacrata 6 § 2 all’articolo della Convenzione, ma inoltre che ereditare della colpevolezza del defunto non è compatibile con le norme della giustizia penale in una società regolata dalla preminenza del diritto.
66. Considerando l’avvicinamento tra gli articoli 6 § 2 e 7 § 1 della Convenzione, Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, § 100, serie Ha no 39, la Corte stima che la regola che ha appena ricordato è anche valida sotto l’angolo dell’articolo 7 della Convenzione che comanda di vietare che si possa rispondere per il fatto di altrui in diritto penale. Difatti, se è vero che ogni persona deve potere stabilire ogni momento ciò che è permesso e ciò che è vietato dal verso di leggi precise e chiare, il non si saprebbe concepire allora un sistema che punisse quelli che non è responsabile, perché un terzo è stato.
67. Il si non può concepire neanche un sistema dove una persona scagionata o, in ogni caso, senza nessuno grado di responsabilità penale registrata in un verdetto di colpevolezza subissi una pena. È una terza conseguenza del principio di legalità in diritto penale: l’interdizione di infliggere una pena senza constatazione di responsabilità che deriva lei anche dell’articolo 7 della Convenzione.
68. Questo principio è stato, egli anche, affermato dalla Corte allo sguardo dell’articolo 6 § 2 della Convenzione. Nel causa Geerings, Geerings c. Paesi Bassi, no 30810/03, § 47, 1 marzo 2007, i tribunali nazionali avevano confiscato i beni dell’interessato perché avevano stimato che questo aveva tratto profitto dal crimine in questione anche se il richiedente non era stato trovato mai in possesso di beni di cui non era stato capace di spiegare l’origine. La Corte aveva stimato che la confisca dei “utili ottenuti era illegalmente” una misura inadatta tanto più che l’interessato non era stato dichiarato colpevole del crimine e che non era potuto essere stabilito mai che questo abbia tratto profitto da questo crimine. La Corte aveva stimato che questa situazione non poteva essere compatibile con la presunzione di innocenza ed aveva concluso alla violazione dell’articolo 6 § 2 della Convenzione.
69. L’avvicinamento dell’articolo 5 § 1 hanno, con gli articoli 6 § 2 e 7 § 1 orologio che alle fini della Convenzione non saprebbe avere “condanna” senza la determinazione legale di una violazione – penale o, all’occorrenza, disciplinare, Engel ed altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, § 68, serie Ha no 22; Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, § 100, serie A no 39. Non può avere parimenti, ci pena senza la determinazione di una responsabilità personale.
70. Certo, gli Stati contraenti rimangono liberi, in principio, di reprimere al penale un atto compiuto fuori dall’esercizio normale di uno dei diritti che protegge la Convenzione e, pertanto, di definire gli elementi costitutivi di simile reato. Possono in particolare, sempre in principio e sotto certe condizioni, rendere punibile un fatto patrimoniale od obiettivo considerato in si, che procede o no di un’intenzione delittuosa o di una negligenza; le loro legislazioni rispettive ne offrono degli esempi, Salabiaku c. Francia, 7 ottobre 1988, serie Ha no 141, § 27. Lo stesso principio è stato affermato in Janosevic c. Svezia (no 34619/97) 23 luglio 2002, § 68, dove la Corte ha aggiunto che “la mancanza di elementi soggettivi non priva necessariamente una violazione del suo carattere penale; di fatto, le legislazioni degli Stati contraenti offrono degli esempi di reati penali fondati unicamente su degli elementi obiettivi.” L’articolo 7 della Convenzione non richiede espressamente di “legame psicologico” o “intellettuale” o “morale” tra gli elementi patrimoniali del reato ed il nessuno che ne è considerato l’autore. La Corte ha concluso del resto recentemente alla no-violazione dell’articolo 7 in un caso dove una multa penale era stata inflitta ad una parte richiesta che aveva commesso una violazione accertata senza intenzione o mancanza della sua parte, Valico S.r.l. c. Italia, déc.), no 70074/01, CEDH 2006-III. La constatazione di responsabilità era sufficiente per giustificare dell’applicazione della sanzione.
71. La logica della “pena” e della “punizione”, e la nozione di “guilty”, nella versione inglese, e la corrispondente nozione di “persona colpevole”, nella versione francese, militano per un’interpretazione dell’articolo 7 che esige, per punire, una dichiarazione di responsabilità con le giurisdizioni nazionali che possa permettere di imputare il reato e di infliggere la pena al suo autore. A difetto di che cosa, la punizione non avrebbe senso, Sud Fondi ed altri, precitata, § 116. Sarebbe incoerente di esigere difatti, da una parte, una base legale accessibile e prevedibile e di permettere, altro parte, una punizione quando, siccome nello specifico, la persona riguardata è stata non condannata non.
72. Nella presente causa, la sanzione penale inflitta al richiedente, mentre il reato penale era estinto e che la sua responsabilità non è stata registrata in un giudizio di condanna, non conciliarti coi principi di legalità penale che la Corte ha appena chiarito e che fanno parte integrante del principio di legalità che l’articolo 7 della Convenzione comanda di osservare. Quindi, la sanzione controversa non è prevista dalla legge al senso dell’articolo 7 della Convenzione e è arbitrario.
73. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 7 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 6 § 2 DELLA CONVENZIONE
74. Il richiedente adduce che la confisca che gli è stata inflitta in dispetto della decisione di non luogo a procedere ha ignorato il principio della presunzione di innocenza, come previsto con l’articolo 6 § 2 della Convenzione, così formulata,:
“2. Ogni persona accusata di una violazione è presunta innocente finché la sua colpevolezza non è stata stabilita” legalmente.
75. Il Governo si oppone a questa tesi.
76. La Corte rileva che questo motivo di appello è legato a quell’esaminato sopra e deve essere dichiarato dunque anche ammissibile.
77. Nota poi che questo motivo di appello è legato strettamente ai fatti che l’hanno portata a concludere ad una violazione dell’articolo 7 della Convenzione. In queste condizioni, la Corte giudica che non c’è luogo di deliberare separatamente sul motivo di appello derivato della violazione di questa disposizione.
III. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
78. Il richiedente denuncia l’illegalità così come il carattere sproporzionato della confisca che ha colpito i suoi beni. Adduce la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che dispone nella sua parte pertinente così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
79. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
80. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
81. Il richiedente riprende per l’essenziale gli argomenti sollevati sotto l’angolo dell’articolo 7 e chieda alla Corte di concludere alla violazione di questa disposizione. Osserva inoltre che la sanzione controversa è sproporzionata, nella misura in cui il 90% dei terreni confiscati non sono costruiti.
82. Il Governo contesta questa tesi. Secondo lui, le condizioni di legalità e di proporzionalità sono rispettate, dato che lo scopo dissuasivo della confisca la rende proporzionata anche se prevede tutto il territorio circostante e non solo gli edifici costruiti. Il Governo chiede alla Corte di tenere conto di questi argomenti alle fini della soddisfazione equa nel caso in cui concluderebbe ad una violazione della Convenzione.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1
83. Siccome l’ha detto nella causa Sud Fondi (precitata, §§ 125, 129, la confisca dei terreni e degli edifici controversi di cui i richiedenti facevano i proprietari ha costituito un’ingerenza nel godimento del loro diritto al rispetto dei beni. Forza è di concludere che l’articolo 1 del Protocollo no 1 si applica. Resta a sapere se questa situazione è coperta dalla prima o la seconda norma di questa disposizione. L’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, figurando che nel secondo, fraseggia dello stesso capoverso, prevedi la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, entra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, entra altri, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie Ha no 98, ed Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 55, CEDH 1999-II.
Nella causa Sud Fondi (precitata, §§ 128-129, la Corte ha detto:
“128. La Corte nota che la presente causa si differenzia del causa Agosi c. Regno Unito, sentenza del 24 ottobre 1986, serie Ha no108, dove la confisca è stata ordinata al riguardo di beni che costituiscono l’oggetto del reato, objectum sceleris, in seguito alla condanna degli imputati, perché nello specifico la confisca è stata ordinata in seguito ad un proscioglimento. Per la stessa ragione, la presente causa si distingue di C.M. c. Francia ([déc.], no 28078/95, CEDH 2001-VII, o di aria Canada c. Regno Unito, sentenza del 5 maggio 1995, serie Ha no 316-ha, dove la confisca, ordinata dopo la condanna degli imputati, aveva colpito dei beni che erano gli instrumentum sceleris e che si trovavano in possesso di terzo. Trattandosi dei redditi di un’attività criminale, productum sceleris, la Corte ricorda che ha esaminato una causa dove la confisca aveva seguito la condanna del richiedente (vedere Phillips v). tè United Kingdom, no 41087/98, §§ 9-18, ECHR 2001-VII, così come delle cause dove la confisca era stata ordinata a prescindere dell’esistenza di ogni procedimento penale, perché il patrimonio dei richiedenti era presunto essere di origine illecita (vedere Riela ed altri c). Italia, déc.), no 52439/99, 4 settembre 2001; Arcuri ed altri c. Italia, déc.), no 52024/99, 5 luglio 2001; Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, Serie Ha no 281-ha, § 29, o essere utilizzato per le attività illecite, Butler c. Regno Unito, déc.) no 41661/98, 27 giugno 2002. Nella prima causa sopraccitata, la Corte ha detto che la confisca costituiva una pena al senso del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Phillips, sentenza precitata, § 51, e, mutatis mutandis, Welch c. Regno Unito, 9 febbraio 1995, serie Ha no 307-ha, § 35, mentre nelle altre cause ha stimato che si trattava della regolamentazione dell’uso dei beni.
129. Nel caso di specie, la Corte stima che non è necessario determinare se la confisca cade nella prima o nella seconda categoria, perché in ogni caso è il secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si applica, Frizen c. Russia, no 58254/00, § 31, 24 marzo 2005. “
Al maniera della causa Sud Fondi (precitata, § 129, la Corte stima che non è necessario determinare se la confisca cade nella prima o nella seconda categoria, perché in ogni caso è il secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si applica.
b) Sull’osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
84. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: il secondo fraseggia del primo capoverso di questo articolo non autorizzo una privazione di proprietà che “nelle condizioni previste dalla legge”; il secondo capoverso riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l’uso dei beni mettendo in vigore delle “leggi.” Di più, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione, Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II; Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, § 50, Raccolta 1996-III. Segue che la necessità di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A no 52; Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia [GC], no 25701/94, § 89, CEDH 2000-XII, non può farsi sentire che quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio della legalità e non era arbitrario.
85. La Corte ha appena constatato che il reato rispetto alla quale la confisca è stata inflitta al richiedente non era previsto dalla legge al senso dell’articolo 7 della Convenzione ed era arbitrario, paragrafi 72-73 sopra. Questa conclusione la porta a dire che l’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente era contraria al principio della legalità ed era arbitraria e che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Questa conclusione dispensa la Corte di ricercare se c’è stata rottura del giusto equilibro.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
86. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
87. Il richiedente chiede la restituzione dei beni confiscati piacqui una somma di 500 000 euros (EUR) a titolo di indennizzo per il deterioramento dei lavori. Inoltre, sollecita il versamento di 250 000 EUR a titolo del danno morale.
88. Il Governo oppone alla concessione di ogni somma perché stima che la richiesta non dà nessuni problemi allo sguardo della Convenzione. Nel caso in cui la Corte concluderebbe ad una violazione, chiede a ciò che il fatto che il richiedente non è stato prosciolto sul fondo sia preso in conto alle fini della soddisfazione equa.
89. La Corte considera che, nelle circostanze della causa, la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato per ciò che è del danno patrimoniale, considerando la complessità della causa e l’eventualità che le parti trovano una forma di risarcimento al livello nazionale. Pertanto, c’è luogo di riservare questa questione e di fissare il procedimento ulteriore tenendo conto di un eventuale accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti, articolo 75 § 1 dell’ordinamento.
90. Trattandosi del danno morale, la Corte, deliberando in equità, assegna al richiedente 10 000 EUR.
B. Oneri e spese
91. Il richiedente non sollecita il rimborso degli oneri e spese incorse fino a questo stadio del procedimento. In queste circostanze, la Corte stima che nessuna somma deve essere versata di questo capo al richiedente.
C. Interessi moratori
92. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, con sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 7 della Convenzione;
3. Stabilisce, all’unanimità, che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 2 della Convenzione;
4. Stabilisce, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;
5. Stabilisce all’unanimità,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, la somma di 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
6. Stabilisce, all’unanimità, che la questione dell’articolo 41 della Convenzione non è maura per il danno patrimoniale; perciò,
a) riserva questa la questione;
b) invita il Governo ed il richiedente a darle cognizione, entro sei mesi, di ogni accordo al quale potrebbero arrivare,;
c) riserva il procedimento e delega al presidente la cura di fissarlo all’occorrenza;
7. Respinge, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 ottobre 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Cancelliere Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice Pinto di Albuquerque.
D.J.
S.H.N.
OPINIONE IN PARTE CONCORDANTE, IN PARTE DISSIDENTE DEL GIUDICE PINTO DI ALBUQUERQUE
Nel causa Varvara, la Corte è confrontata di nuovo ad una confisca che non si fonda su nessuna condanna pronunciata in un procedimento penale. Così, nella causa Sud Fondi srl ed altri, la confisca era stata ordinata contro le società richieste che erano delle terza persone rispetto agli imputati in un procedimento penale alla conclusione della quale questi erano stati prosciolti al motivo che non poteva essere rimproverato essi né mancanza né intenzione di commettere i fatti delittuosi e che avevano commesso un “errore inevitabile e scusabile” nell’interpretazione di disposizioni regionali “oscure ed avevano formulato” male, il richiedente nella presente causa era sé imputato in un procedimento penale dove ha beneficiato di un non luogo a procedere per prescrizione. Allo visto delle incertezze della giurisprudenza della Corte sulla questione di principio della compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (“la Convenzione”) dei regimi di confisca senza condanna penale e di confisca allargata, la presente causa avrebbe dovuto permettere alla Corte di chiarificare le condizioni e modalità di questo strumento fondamentale della politica penale contemporanea, tenendo conto degli sviluppi del diritto internazionale dei diritti dell’uomo, del diritto penale internazionale, del diritto penale comparato e del diritto dell’unione europea. La camera ha scelto di non farlo. È esattamente ciò che mi proporsi di fare in questa opinione, aspettando l’urgente intervento clarificatrice della Grande Camera. Così saranno messe in evidenza le ragioni per che non divido la constatazione di violazione dell’articolo 7 della Convenzione, sebbene approvo la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ed il non luogo a procedere a deliberare sul terreno dell’articolo 6 § 2.
L’obbligo internazionale di confisca degli strumenti e prodotti del crimine
Il diritto internazionale riconosce da molto l’importanza capitale della confisca in quanto misura di lotta contro le forme più gravi della criminalità, come per esempio il traffico di stupefacenti, il terrorismo, la criminalità sovranazionale organizzata e la corruzione.
L’articolo 37 della Convenzione unica sugli stupefacenti di 1961, modificati dal Protocollo del 1972, contempla la confisca di ogni stupefacente, ogni sostanza, obiectum sceleris, e tutto patrimoniale utilizzati per commettere un qualsiasi dei reati mirati all’articolo 36 o destinati a commettere una tale violazione, instrumentum sceleris. L’articolo 22 (3) della Convenzione sui sostanze psychotropes del 1971 riprende questa disposizione. L’articolo 5 della Convenzione delle Nazioni unite del 1988 contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psychotropes allarga la confisca al di là degli stupefacenti, sostanze psychotropes, materiali ed attrezzature o altri strumenti utilizzati o destinati ad essere utilizzati di qualche modo che siano per i reati invalsi conformemente al paragrafo 1 dell’articolo 3 di suddetta Convenzione, per includere i prodotti derivati dei reati invalsi conformemente a questo paragrafo o dei beni di cui il valore corrisponde a quella di detti prodotti, productum sceleris. I redditi o altri vantaggi derivati di questo prodotto del crimine, dei beni ne che il prodotto è stato trasformato o convertito o dei beni ai quali è stato mischiato possono fare anche l’oggetto di una confisca, salvo in caso di attentato ai diritti dei terzo di buona fede. Il carico della prova dell’origine lecito del prodotto presunto del crimine o di altri beni confiscabili può essere posto sul convenuto. Questo regime di confisca è stato ripreso in parecchi altre disposizioni internazionali costrittive, come gli articoli 77 (2) (b), 93 (1) (k), e 109 (1) dello Statuto di Roma di 1998 della Corte Penale Internazionale, l’articolo 8 della Convenzione internazionale del 1999 per la repressione del finanziamento del terrorismo, l’articolo 12 della Convenzione delle Nazioni unite del 2000 contro la criminalità sovranazionale organizzata, l’articolo 31 della Convenzione delle Nazioni unite del 2003 contro la corruzione, e l’articolo 16 della Convenzione dell’unione africana del 2003 sulla prevenzione e la lotta contro la corruzione.
In Europa, la regola internazionale in materia di confisca è buona si radicata. Nella cornice del Consiglio dell’Europa, gli articoli 2 e 13 della Convenzione del Consiglio dell’Europa del 1990 relative all’imbiancatura, al rintracciamento, al sequestro ed alla confisca dei prodotti del crimine contemplavano già la confisca degli strumenti e prodotti del crimine, la confisca del valore equivalente e la confisca senza condanna penale. Gli articoli 5 e 23 della Convenzione del 2005 relative all’imbiancatura, al rintracciamento, al sequestro ed alla confisca dei prodotti del crimine ed al finanziamento del terrorismo ha precisato le disposizioni precedenti.
La cornice giuridica reale dell’unione europea in materia di confisca degli strumenti e prodotti del crimine è costituita da parecchi testi: il decisione-inquadro 2001/500/JAI che fanno obbligo agli Stati membri di non formulare né mantenere di riserve al riguardo delle disposizioni della convenzione del Consiglio dell’Europa sulla confisca quando il reato è punito di una pena privativa di libertà o di una misura di sicurezza di una durata massimale superiore ad un anno, di autorizzare la confisca in valore quando i prodotti diretti del crimine non possono essere fermati e di badare a ciò che le domande che provengono degli altri Stati membri siano trattate con lo stesso grado da precedenza che quell’accordato ai procedimenti interni; il decisione-inquadro 2003/577/JAI che contemplano la riconoscenza reciproca delle decisioni di gelo; il decisione-inquadro 2005/212/JAI che contemplano la confisca ordinaria, ivi compreso la confisca in valore, per tutti i reati passibili di una pena privativa di libertà di una durata massimale di un anno e la confisca di tutto o partire dei beni detenuti da una persona riconosciuta colpevole di certi reati gravi, quando sono “commesse nella cornice di un’organizzazione criminale”, senza stabilire una relazione tra gli averi presunto di origine criminale ed una violazione precisa; il decisione-inquadro 2006/783/JAI che contemplano la riconoscenza reciproca delle decisioni di confisca; e la decisione 2007/845/JAI del Consiglio relativo alla cooperazione tra gli uffici di recupero dell’averi degli Stati membri.
Infine, un opinio iuris solido in favore di regole internazionali in materia di confisca degli strumenti e prodotti del crimine si è liberato con l’adozione con parecchie organizzazioni internazionali di raccomandazioni e di guide dei migliori pratici, come per esempio la raccomandazione no 3 del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI, dell’OCSE, rivista nel febbraio 2012,). Il GAFI ha suggerito che gli Stati adottino delle misure simili a queste indicate nelle convenzioni di Vienna e di Palermo, ivi compreso di natura legislativa, in modo che le loro autorità competenti possano confiscare i beni imbiancati, i prodotti che derivano dell’imbiancatura di capitali o dei reati sottostanti, così come gli strumenti utilizzati o destinati ad essere utilizzati per commettere questi reati, o dei beni di un valore equivalente, senza danno del diritto dei terzo di buona fede. Secondo lui, gli Stati possono avere intenzione di adottare delle misure che permettono la confisca dei tali prodotti o strumenti senza condanna penale preliminare, o facendo obbligo all’autore presunto del reato di stabilire la prova dell’origine lecita dei beni presunti passibili di confisca, nella misura in cui un tale obbligo è conforme ai principi del loro diritto interno. La terza delle nove raccomandazioni speciali del GAFI sul finanziamento del terrorismo rinforza questa proposta in ciò che riguarda il gelo e la confisca dei beni dei terroristi.
Si è obbligati a concludere dalla pratica consolidata e quasi universale degli Stati e dell’opinio iuris suddetta che esiste oggi una regola abituale internazionale in materia di confisca degli strumenti e prodotti del crimine, intorno a sei assi,: confisca degli strumenti utilizzati all’epoca della perpetrazione del crimine o destinati a questo, confisca dei prodotti del crimine, confisca del loro valore equivalente, confisca dei prodotti trasformati o mischiati ad altri beni, confisca dei redditi e degli altri vantaggi indiretti e protezione del terzo di buona fede. L’obbligo di confiscare gli strumenti e prodotti del crimine, secondo le ampie modalità desc