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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VARVARA c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 05, 06, 07, P1-1
Numero: 17475/09/2013
Stato: Italia
Data: 2013-10-29 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 7 – Nessuna pena senza legge, Articolo 7-1 – Nulla poena sine lege, Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni, Danno patrimoniale – decisione riservata Danno morale – risarcimento

SECONDA SEZIONE

CAUSA VARVARA C. ITALIA

( Richiesta no 17475/09)

SENTENZA
(Merito)

STRASBURGO

29 ottobre 2013

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Varvara c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta di:
Danutė Jočienė, presidentessa,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 ottobre 2013,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 17475/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 23 marzo 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e col suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Il richiedente adduce che la confisca di cui è stato fatto oggetto è incompatibile con gli articoli 7 e 6 § 2 della Convenzione così come con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 21 maggio 2012, la richiesta è stata comunicata al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato in 1943 e ha risieduto a Gravina di Puglia.
A. Il progetto di lottizzazione
6. Desiderando costruire degli alloggi vicino alla foresta di Mercadante, il richiedente presentò un progetto di lottizzazione, piano di lottizzazione, alla città di Cassano delle Murge. Il 31 ottobre 1984, la città approvò il progetto. Il 1 marzo 1985, il richiedente conclude una convenzione di lottizzazione, convenzione di lottizzazione, con la città ed ottenne i permessi di costruire per un primo gruppo di edifici.
7. Il 6 febbraio 1986, un’ordinanza ministeriale del 1 agosto 1985 fu pubblicata al bollettino delle leggi. Questa ordinanza dichiarava che i terreni che cingevano la foresta di Mercadante dovevano beneficiare di protezione paesaggistica e come tali essere assoggettati alle disposizioni della legge no 1497/1939 che rendeva necessario l’ottenimento di un’autorizzazione ministeriale preliminare per potere rilasciare i permessi di costruire.
8. La città di Cassano delle Murge attaccò l’ordinanza ministeriale dinnanzi al tribunale amministrativo dei Pouilles e, con decisione del 10 marzo 1993, ebbe parzialmente guadagno di causa. Con l’effetto di questa decisione che non è versata alla pratica, i terreni previsti dal progetto del richiedente non furono più soggetti alle costrizioni di paesaggio.
9. Due leggi erano entrate, nel frattempo in vigore. La prima, legge no 431/1985, aveva assegnato alle regioni la competenza esclusiva di legiferare in materia di protezione del paesaggio. La seconda, legge regionale no 30/1990, sottoponeva i terreni ubicò vicino alle foreste alle costrizioni di paesaggio che necessita un’autorizzazione della Regione, salvo per i casi dove il progetto di lottizzazione era stato approvato prima del 6 giugno 1990. Con l’effetto combinato di queste leggi, i progetti dinnanzi ad essere approvati dopo questa data dovevano ricevere il parere favorevole del comitato regionale competente.
10. Nel 1993, il richiedente presentò già alla città di Cassano delle Murge una variante al progetto approvato nel 1984. Risulta della pratica che questa si era rivelato necessario perché il progetto originale aveva incluso inavvertitamente una zona attraversata da un acquedotto. Bisognava ridurre la taglia del progetto di 3 917 metri quadrati dunque. Inoltre, i proprietari dei fondi vicini avendo rinunciato al progetto, aveva bisognato emendarlo in particolare in quanto alla disposizione degli edifici. Questa variante fu approvata dalla città di Cassano delle Murge il 30 maggio 1994.
11. Il 19 agosto 1994, il richiedente conclude una convenzione di lottizzazione con la città. Questa ultima gli rilasciò i permessi di costruire.
12. Il 21 maggio 2007, la città rilasciò un attestato secondo il quale tutti i lavori costruiti dal richiedente prima del 30 settembre 2004 erano conformi alla legislazione in materia di paesaggio.
B. Il procedimento penale
13. Un procedimento penale per lottizzazione abusiva fu aperto contro il richiedente. Il 6 febbraio 1997, i terreni e le costruzioni, diciassette immobili che contengono ciascuno quattro alloggi, furono messi sotto sequestro conservatorio.
14. Con un giudizio del 1 giugno 1998, il giudice di istanza di Acquaviva delle Fonti rilevò che il richiedente aveva costruito diciassette alloggi conformemente alla variante approvata nel 1994 ed ai permessi di costruire rilasciati dalla città. Tuttavia, il giudice stimò che questa variante non era un semplice emendamento al progetto del 1984, ma che costituiva un nuovo progetto di lottizzazione che doveva essere assoggettata alle disposizioni entrate in vigore da. Dato che le disposizioni in questione contemplavano l’obbligo di chiedere e di ottenere il parere favorevole del comitato regionale competente in materia di urbanistica, e che il richiedente non l’aveva fatto, i permessi di costruire rilasciati dalla città dovevano passare come non avendo esposto di effetti.
La situazione controversa spettava quindi ad una lottizzazione abusiva, avendo provocato il deterioramento di un sito naturale protetto, articolo 20 lettere hanno, e c, della legge no 47/1985; articolo 734 del codice penale. Dopo avere tenuto conto delle circostanze attenuanti, il giudice condannò il richiedente ad una pena di detenzione di nove mesi col beneficio della condizionale ed ad una multa. Ordinò la confisca, a favore della città, dei terreni e degli edifici riguardati dal progetto di lottizzazione controversa.
15. Il richiedente interpose appello.
16. Con una sentenza del 22 gennaio 2001, la corte di appello di Bari accolse il ricorso del richiedente e lo prosciolse sul fondo, perché il fatto non sussiste. La corte stimò che aveva non ci che un solo progetto di lottizzazione che era stata autorizzata nel 1984, o molto prima l’entrata in vigore dell’ordinanza ministeriale di 1985 e della legge no 431/1985. Considerò che nel 1994, il richiedente aveva presentato già un semplice emendamento al progetto approvato. I terreni del richiedente non erano quindi sotto l’influenza di una misura di protezione del paesaggio e non c’era lottizzazione abusiva.
17. Il ministero pubblico e l’avvocato dello stato si ricorsero in cassazione.
18. Con una sentenza del 17 maggio 2002, la Corte di cassazione annullò con rinvio la decisione attaccata.
19. Con una sentenza del 5 maggio 2003, la corte di appello di Bari condannò il richiedente per lottizzazione abusiva, stimando che la variante al progetto di lottizzazione costituiva un progetto nuovo ed autonomo.
20. Il richiedente ricorse in cassazione.
21. Con una sentenza del 10 dicembre 2004, la Corte di cassazione accolse il ricorso del richiedente ed annullò con rinvio la decisione attaccata.
22. Con una sentenza del 23 marzo 2006, la corte di appello di Bari pronunciò un non luogo a procedere al motivo che i reati erano prescritti da fine 2002. La corte precisò che, seguendo la giurisprudenza della Corte di cassazione, era obbligatorio infliggere la confisca controversa che si trattasse di un proscioglimento sul fondo, eccetto la formula egli fatto non sussiste, o che si trattasse di una prescrizione se il progetto di lottizzazione si urtava obiettivamente con le disposizioni in materia di piano di sviluppo del territorio. Ora, considerò che la variante era un nuovo progetto di lottizzazione e che quindi avrebbe bisognato ottenere l’autorizzazione regionale prima di rilasciare i permessi di costruire. Peraltro, la corte di appello ordinò la confisca dei terreni e delle costruzioni eretti su questi al senso dell’articolo 1 della legge no 47/1985.
23. Il richiedente si ricorse in cassazione.
24. Con una sentenza del 11 giugno 2008, depositato il 1 ottobre 2008, la Corte di cassazione respinse il richiedente del suo ricorso alla cancelleria.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. Principi generali di diritto penale
25. a) L’articolo 27 § 1 della Costituzione italiana contemplano che “la responsabilità penale è personale.” La Corte costituzionale ha affermato a più riprese che non può avere responsabilità obiettiva in materia penale (vedere, tra altri, Corte costituzionale, sentenza no 1 del 10 gennaio 1997, ed infra, “altri casi di confisca.” L’articolo 27 § 3 della Costituzione contemplano che “le pene… devono tendere alla rieducazione del condannato.”
b) L’articolo 25 della Costituzione contempla, ai suoi secondo e terzo capoversi che “nessuno può essere punito in vigore nella mancanza di una legge entrata prima della commissione dei fatti” e che “nessuno può essere soggetto ad una misura di sicurezza salvo nei casi previsti dalla legge.”
c) L’articolo 1 del codice penale contempla che “nessuno può essere punito per un fatto che non è espressamente previsto con la legge come essendo costitutivo di una violazione penale, e con una pena che non è stabilita dalla legge.” L’articolo 199 del codice penale, concernente le misure di sicurezza, contempla che nessuno può essere sottomesso alle misure di sicurezza non contemplate dalla legge ed all’infuori dei casi previsti dalla legge.
d) L’articolo 42, 1 capoverso del codice penale contempla che “il non si può essere punito per un’azione o un’omissione costituendo una violazione penale prevista dalla legge se, nella commissione dei fatti, l’autore non aveva di coscienza e volontà, coscienza e volontà.” La stessa regola è stabilita dall’articolo 3 della legge no 689 del 25 novembre 1989 in ciò che riguarda i reati amministrativi.
e) L’articolo 5 del codice penale contempla che “nessuno può avvalersi della sua ignoranza della legge penale per ottenere una scusa.” La Corte costituzionale, sentenza no 364 del 1988, ha deliberato che questo principio non si applica quando si tratta di un errore inevitabile, così che questo articolo deve essere letto oramai come segue: “Nessuno può avvalersi della sua ignoranza della legge penale per ottenere una scusa, salvo se si tratta di un errore inevitabile.” La Corte costituzionale ha indicato come possibile origine dell’inevitabilità obiettiva dell’errore sulla legge penale l ‘ “oscurità assoluta della legge”, le “assicurazioni erronee” da parte di persone in posizione istituzionale per giudicare della legalità dei fatti da compiere, lo stato “gravemente caotico” della giurisprudenza.
B. La confisca
1. La confisca prevista dal codice penale
26. Ai termini dell’articolo 240 del codice penale:
“1 capoverso: In caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che hanno servito o che furono destinate alla commissione del reato, così come le cose che sono il prodotto o l’utile del reato.
2 capoverso: La confisca è ordinata sempre:
1. Per le cose che costituiscono il prezzo del reato;
2. Per le cose di cui la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione sono vietate penalmente.
3 capoverso: Nei casi contemplati al primo capoverso ed al punto 1 del secondo capoverso, la confisca non può colpire i terzo (“persone estere al reato”) proprietari delle cose in questione.
4 capoverso: Nel caso contemplato al punto 2 del secondo capoverso, la confisca non può colpire i terzo (“persone estere al reato”) proprietari quando la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere autorizzate dal verso di un’autorizzazione amministrativa. “
27. In quanto misura di sicurezza, la confisca rileva dell’articolo 199 del codice penale che contempla che “nessuno può essere sottomesso alle misure di sicurezza non contemplate dalla legge ed all’infuori dei casi previsti dalla legge.”
2. Altri casi di confisca / La giurisprudenza della Corte costituzionale
28. In materia di dogane e di contrabbando, le disposizioni applicabili contemplano la possibilità di confiscare dei beni materialmente illeciti, anche se questi ultimi sono detenuti dai terzo. Con la sentenza no 229 del 1974, la Corte costituzionale ha dichiarato le disposizioni pertinenti incompatibili con la Costituzione, in particolare l’articolo 27, sulla base del seguente ragionamento:
“Può avere delle cose materialmente illecite di cui il carattere illecito non dipende dalla relazione col nessuno che ne dispone. Queste cose devono essere confiscate presso di ogni persona che li detiene a qualsiasi titolo (… ).
Per evitare che la confisca obbligatorio delle cose che appartengono ai terzo – esteri al contrabbando – non si tradursi in una responsabilità obiettiva al loro carico – a sapere una responsabilità del semplice fatto che fanno i proprietari delle cose implicate – e per evitare che subiscono le conseguenze patrimoniali degli atti illeciti commessi con altri, occorre che si possa rimproverare a questi terzo un quid senza che il reato non avrebbe avuto luogo o non sarebbe stata favorita. Tutto sommato, bisogna potere rimproverare a questi terzo una mancanza di vigilanza. “
29. La Corte costituzionale ha reiterato questo principio nelle sentenze no 1 di 1997 e no 2 del 1987, in materia di dogane e di esportazione di œuvres di arte.
3. La confisca del caso di specie, articolo 19 della legge no 47 del 28 febbraio 1985,
30. L’articolo 19 della legge no 47 del 28 febbraio 1985 contempla anche bene la confisca dei lavori abusivi che i terreni lottizzati in modo abusiva, quando le giurisdizioni penali hanno stabilito da una sentenza definitiva che la lottizzazione è abusiva. La sentenza penale è trascritta immediatamente nei registri immobiliari.
4. L’articolo 20 della legge no 47 del 28 febbraio 1985
31. Questa disposizione contempla delle sanzioni definite come essendo delle “sanzioni penali.” La confisca non figura.
In caso di lottizzazione abusiva-come definito all’articolo 18 di questa stessa legge-le sanzioni contemplate sono la detenzione fino a due anni e la multa fino a 100 milioni di lire italiane, circa 516 460 euros.
5. L’articolo 44 del codice della costruzione, DPR no 380 di 2001,
32. Il Decreto del Presidente della Repubblica no 380 del 6 giugno 2001 (“Testo unico delle disposizioni legislativo e regolamentari in materia edilizia”) ha codificato in particolare le disposizioni esistenti in materia di diritto di costruire. Al momento della codificazione, gli articoli 19 e 20 della legge no 47 del 1985 sono stati unificati sopra in una sola disposizione, a sapere l’articolo 44 del codice che è titolare così,:
“Art. 44 (L)-Sanzioni penali
(…)
2. La confisca dei lavori abusivi anche bene che i terreni lottizzati in modo abusiva, quando le giurisdizioni penali hanno stabilito da una sentenza definitiva che la lottizzazione è illegale. “
6. La giurisprudenza relativa alla confisca per lottizzazione abusiva
33. In un primo tempo, le giurisdizioni nazionali avevano archiviato la confisca applicabile in caso di lottizzazione abusiva come essendo una sanzione penale. Poteva essere applicata quindi, solamente ai beni dell’imputato riconosciuto colpevole del reato di lottizzazione illegale, conformemente all’articolo 240 del codice penale (Corte di cassazione) Sez. 3, 18 ottobre 1988, Brunotti; 8 maggio 1991, Ligresti; Sezioni Unite, 3 febbraio 1990, Cancilleri).
34. Con una sentenza del 12 novembre 1990, la Sezione 3 della Corte di cassazione, causa Licastro, affermò che la confisca era una sanzione amministrativa ed obbligatoria, indipendente della condanna al penale. Poteva essere pronunciata al riguardo di terzo dunque, poiché all’origine della confisca c’è una situazione, una costruzione, una lottizzazione che deve essere materialmente abusiva, a prescindere dell’elemento morale. Di questo fatto, la confisca può essere ordinata quando l’autore è prosciolto in ragione della mancanza di elemento morale (si “appollaiato egli fatto non costituisce reato”). Non può essere ordinata se l’autore è prosciolto in ragione del non fisicità dei fatti (si “appollaiato egli fatto non sussiste”).
35. Questa giurisprudenza fu seguita largamente, Corte di Cassazione, Sezione 3, sentenza del 16 novembre 1995, Besana; 25 giugno 1999, Negro; 15 maggio 1997 no 331, Sucato; 23 dicembre 1997 no 3900, Farano; no 777 del 6 maggio 1999, Iacoangeli). Con l’ordinanza no 187 del 1998, la Corte costituzionale ha riconosciuto la natura amministrativa della confisca.
Pure essendo considerata come una sanzione amministrativa con la giurisprudenza, la confisca non può essere annullata da un giudice amministrativo, la competenza in materia rilevando unicamente del giudice penale (Corte di cassazione) Sez. 3, sentenza 10 novembre 1995, Zandomenighi).
La confisca di beni si giustifica poiché questi sono i “oggetti patrimoniali del reato.” In quanto tale, i terreni non sono “pericolosi”, ma lo diventano quando mettono in pericolo il potere di decisione che è riservata all’autorità amministrativa (Corte di cassazione) Sez. 3, no 1298/2000, Petrachi ed altri.
Se l’amministrazione regolarizza ex post la lottizzazione, la confisca deve essere revocata (Corte di cassazione) sentenza del 14 dicembre 2000 no 12999, Lanza; 21 gennaio 2002, no 1966, Venuti).
Lo scopo della confisca è di rendere indisponibile una cosa di cui si presume che si conosce la pericolosità: i terreni che sono oggetto di una lottizzazione abusiva e l’immobile abusivamente costruiti. Si evita così il collocamento sul mercato immobiliare dei tali immobili. In quanto ai terreni, si evita la commissione di reati ulteriori e non si lascia di posto alle pressioni eventuali sugli amministratori locali affinché regolarizzano la situazione (Corte di cassazione) Sez. 3, 8 febbraio 2002, Montalto).
C. Il diritto interno pertinente posteriore alla sentenza Sud Fondi S.r.l. ed altri c. Italia, no 75909/01, 20 gennaio 2009,
1. La Corte costituzionale
36. Il 9 aprile 2008, nella cornice di un processo penale che non riguarda il richiedente, la corte di appello di Bari-appellandosi sulla decisione sull’ammissibilità nella causa Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia, déc.), no 75909/01, 30 agosto 2007,-aveva investito la Corte costituzionale affinché questa si pronuncia sulla legalità della confisca che era inflitta automaticamente, anche nella mancanza di constatazione di responsabilità penale.
Con la sentenza no 239 del 2009, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione di incostituzionalità inammissibile. Nella parte finale del suo ragionamento, ha fatto osservare che quando c’è conflitto apparente tra una disposizione nazionale e le Convenzioni come interpretata con la Corte, un dubbio sulla costituzionalità del diritto nazionale può nascere unicamente se il conflitto non può essere deciso da via di interpretazione. Incombe in fatto sul giudice nazionale di interpretare il diritto nazionale in modo conforme alla disposizione internazionale, nella misura in cui la legge lo permette. Solamente se ciò non è possibile il giudico nazionale può investire la Corte costituzionale della questione di incostituzionalità.
2. La Corte di cassazione
37. La Corte di cassazione ha riaffermato la sua tesi secondo la quale la confisca controversa è una sanzione di natura amministrativa. Ne deriva che l’applicazione della sanzione è autorizzata anche quando il procedimento penale per lottizzazione abusiva non si conclude con la condanna dell’imputato, Sez. 3, sentenza no 39078 del 13 luglio 2009. Fanno eccezione i casi dove l’interessato è estero alla commissione dei fatti e la sua buona fede è stata constatata, Sez. 3, sentenze no 36844 del 9 luglio 2009 e no 397153 del 6 ottobre 2010,).
38. Quando la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva è acquisita prima dell’inizio dell’azione penale, il giudice che pronuncia il non luogo a procedere non può infliggere la confisca controversa. Quando la prescrizione è acquisita dopo l’inizio dell’azione penale, il giudice che pronuncia il non luogo a procedere può infliggere la sanzione controversa, Sez. 3, sentenza no 5857 di 2011.
39. Anche se la prescrizione è acquisita, il giudice può prosciogliere l’imputato sul fondo se risulta manifestamente della pratica che l’imputato non ha commesso i fatti rimproverati, che i fatti non hanno avuto luogo, egli fatto non sussiste, che il reato non è costituito o che i fatti non rilevano del diritto penale, articolo 129 § 2 del codice di procedimento penale.
3. La legge no 102 del 2009
40. Ai termini dell’articolo 4ter della legge no 102 del 3 agosto 2009, “senza toccare agli effetti della revoca della confisca dei beni, quando la Corte europea dei diritti dell’uomo ha trovato una violazione della Convenzione in ragione della confisca, la stima dei beni deve farsi su base della destinazione urbanistica reale e senza tenere conto, del valore, dei lavori costruiti, sui terreni confiscati. Se dei lavori di collocamento in valore dei beni confiscati o un risarcimento straordinario sono stati effettuati ne bisogna tenere conto, e calcolare rispetto al momento della restituzione all’avuto diritto. Bisogna tenere inoltre conto, calcolando dello stesso modo, degli oneri impegnati per la demolizione dei lavori e per la rimessa nello stato dei luoghi.”
D. Le decisioni alla conclusione di un procedimento penale
41. La prescrizione figura tra le cause per che un procedimento penale può arrivare ad una decisione di non luogo a procedere. Quando il non luogo a procedere per prescrizione è pronunciato, il reato si estingue e, di conseguenza, il non si può applicare di pene, Corte costituzionale no 85 del 2008.
42. Il giudice pronuncia un proscioglimento sul fondo ogni volta che la prova dell’innocenza è acquisita, ogni volta che c’è insufficienza di prove o se le prove sono contraddittorie (articolo 530 del codice di procedimento penale). Tuttavia, quando la prescrizione è accertata, l’articolo 129 § 2 non permettono di prosciogliere sul fondo che se risulta in modo manifesto della pratica che l’imputato non ha commesso i fatti rimproverati, che i fatti non hanno avuto luogo, che il reato non è costituito o che i fatti non rilevano del diritto penale, il giudice può prosciogliere l’imputato (vedere anche sopra il paragrafo 39).
43. Il giudice può condannare solamente se l’imputato è colpevole al di là di ogni dubbio ragionevole (articolo 533 del codice di procedimento penale). Può infliggere allora la pena.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 7 DELLA CONVENZIONE
44. Il richiedente denuncia l’illegalità della confisca che ha colpito i suoi beni al motivo che questa sanzione sarebbe stata inflitta nella mancanza di un giudizio di condanna. Adduce la violazione dell’articolo 7 della Convenzione che dispone:
“1. Nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, nel momento in cui è stata commessa, non costituiva una violazione secondo il diritto nazionale o internazionale. Parimenti non è inflitto nessuna pena più forte che quella che era applicabile nel momento in cui il reato è stato commesso.
2. Il presente articolo non recherà offesa al giudizio ed alla punizione di una persona colpevole di un’azione o di un’omissione che, nel momento in cui è stata commessa, era criminale secondo i principi generali di diritto riconosciuto dalle nazioni civilizzate. “
A. Sull’ammissibilità
45. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. Rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti del richiedente
46. Il richiedente si lamenta di essere stato oggetto di una sanzione penale che è stata applicata malgrado la mancanza di condanna. Osserva che in dritto italiano l’azione penale non può essere perseguita quando una violazione penale è prescritta. Nello specifico, secondo il richiedente la prescrizione era acquisita già nell’agosto 2001. Tuttavia, l’azione penale ha proseguito fino nel 2008 nel solo scopo di potere infliggere una pena.
Il richiedente fa notare inoltre la disuguaglianza tra il seguente situazioni. Normalmente il giudice deve prosciogliere l’imputato ogni volta che c’è insufficienza di prove o in presenza di prove contraddittorie, articolo 530 CPP, o quando l’imputato non può essere tenuto per responsabile al di là di ogni dubbio ragionevole, articolo 533 CPP. Tuttavia, se il reato è prescritto, il giudice non può prosciogliere sul fondo che se è manifesto che l’imputato non ha commesso i fatti o che i fatti non rimangono o che i fatti non costituiscono una violazione o che non rilevano del diritto penale (articolo 129, 2o CPP,). C’è dunque inversione del carico della prova, nella misura in cui il richiedente ha dovuto provare a smontare l’evidenza della sua innocenza, e questa situazione non è compatibile con le garanzie del processo equo e con la Convenzione.
47. Peraltro, il richiedente ricorda che il progetto di lottizzazione è stato autorizzato dalla città di Cassano delle Murge; che ha costruito conformemente ai permessi di costruire che gli sono stati rilasciati; che ha ricevuto l’assicurazione che il suo progetto era conforme alle disposizioni applicabili. Secondo lui, la condotta delle autorità che hanno di prima autorizzato ed incoraggiato anche il progetto di costruzione e che, in seguito, hanno cambiato radicalmente atteggiamento dopo avere permesso il completamento dei lavori, è altamente criticabile. Infine, il richiedente precisa che se i suoi vicini hanno deciso di non perseguire col progetto di lottizzazione, questo non ha nessuno rapporto con la conformità o non del progetto stesso col diritto nazionale.
2. Argomenti del Governo
48. Il Governo osserva al primo colpo che in seguito alla constatazione di violazione registrata nella sentenza Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia, no 75909/01, 20 gennaio 2009, la Corte costituzionale, sentenza no 239 del 24 luglio 2009, ha detto che la legge nazionale deve essere interpretata conformemente alla Convenzione e che, secondo i principi stabiliti nella sentenza Sud Fondi, “la confisca non può derivare automaticamente di un’urbanizzazione abusiva, astrazione fatta della responsabilità dei fatti”.
Inoltre, la legge no 102 del 3 agosto 2009 ha introdotto la revoca della confisca e dei criteri di indennizzo per quelli che ha subito una confisca non giustificata allo sguardo della Convenzione.
49. Il Governo osserva poi che in dritto italiano la confisca controversa è considerata sempre dalle giurisdizioni come essendo una sanzione amministrativa. Questo è perché il fatto di infliggere questa sanzione al caso di specifico è compatibile con l’articolo 7 della Convenzione.
Alla differenza della causa Sud Fondi, nello specifico il richiedente non è stato prosciolto sul fondo ma ha beneficiato di un non luogo a procedere a causa di prescrizione. Secondo lui, il richiedente avrebbe potuto rinunciare all’applicazione della prescrizione ed avrebbe potuto chiedere al giudice di decidere ai termini dell’articolo 129 § 2 del codice di procedimento penale. In ogni caso, riferendosi alla giurisprudenza della Corte di cassazione, sentenza no 5857 del 16 febbraio 2011, il Governo fa osservare che nello specifico la prescrizione non era acquisita prima dell’inizio dell’azione penale, ciò che sostiene in favore della legalità della sanzione inflitta.
I lavori realizzati cozzavano in modo obiettiva contro le disposizioni di legge; il reato di urbanizzazione abusiva era costituito dunque perché il progetto di lottizzazione era abusivo. Secondo il Governo, il richiedente conosceva l’esistenza delle costrizioni di paesaggio. I vicini del richiedente si sarebbero dissociati del progetto per non essere implicati in una speculazione immobiliare. L’articolo 7 della Convenzione non è stato violato perché le disposizioni applicabili erano accessibili e prevedibili. Comportandosi siccome si è comportato il richiedente sapeva che si esporsi al rischio di subire la confisca dei beni. Questa sanzione era una conseguenza prevedibile dunque.
50. Per il caso dove la Corte concluderebbe ad una violazione della Convenzione, il Governo chiede a ciò che sia tenuto di questi argomenti alle fini della soddisfazione equa.
3. Valutazione della Corte
a) Applicabilità dell’articolo 7 della Convenzione
51. La Corte ricorda che, nella causa Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia, decisione precitata, ha detto che la confisca controversa si analizza in una pena. Pertanto, l’articolo 7 della Convenzione trova ad applicarsi.
b) Principi applicabili,
52. La garanzia che consacra l’articolo 7, elemento essenziale della preminenza del diritto, occupa un posto fondamentale nel sistema di protezione della Convenzione, siccome attestalo il fatto che l’articolo 15 autorizza non ci nessuna derogazione in tempo di guerra o altro pericolo pubblico. Così come egli deriva del suo oggetto e del suo scopo, si deve interpretarlo e deve applicarlo in modo da garantire una protezione effettiva contro i perseguimenti, le condanne e le sanzioni arbitrarie, sentenze S.W. c. Regno Unito, 22 novembre 1995, § 34, serie Ha no 335-B e C.R. c. Regno Unito del 22 novembre 1995, serie Ha i nostri 335-B e 335-C, § 32.
53. L’articolo 7 § 1 consacrano in particolare il principio della legalità dei reati e delle pene, nullum crimen, nulla poena sine lege. Se vieta in particolare estendere il campo di applicazione dei reati esistenti ai fatti che, anteriormente, non costituivano dei reati, comanda inoltre di non applicare la legge penale in modo estensiva allo scapito dell’imputato, per esempio con analogia (vedere, tra altri, Coëme ed altri c. Belgio, nostri 32492/96, 32547/96, 32548/96, 33209/96 e 33210/96, §145, CEDH 2000-VII,.
54. Segue che la legge deve definire chiaramente i reati e le pene che li reprimono, Achour c. Francia [GC], no 67335/01, § 41, CEDH 2006-IV. Questa condizione si trova assolta quando il giudicabile può sapere, a partire dalla formula della disposizione pertinente ed all’occorrenza con l’aiuto dell’interpretazione che ne è dato dai tribunali, quali atti ed omissioni impegnano la sua responsabilità penale.
55. La nozione di “diritto” (“law”) utilizzata all’articolo 7 corrisponde a quella di “legge” che figura in altri articoli della Convenzione; ingloba il diritto di origine tanto legislativa che giurisprudenziale ed implica delle condizioni qualitative, entra altri queste dell’accessibilità e del prevedibilità, Cantoni c. Francia, 15 novembre 1996, § 29, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V; S.W, precitata, § 35; Kokkinakis c. Grecia, 25 maggio 1993, §§ 40-42, serie Ha no 260-ha. Perciò chiaro che la formula di una disposizione legale possa essere, in qualche sistema morale che questo sia, ivi compreso il diritto penale, esiste immancabilmente un elemento di interpretazione giudiziale. Bisognerà chiarire sempre i punti dubbi ed adattarsi ai cambiamenti di situazione. È stabilito del resto solidamente nella tradizione giuridica degli Stati partiti alla Convenzione che la giurisprudenza, in quanto sorgente del diritto, contribuisci necessariamente all’evoluzione progressiva del diritto penale. Non si saprebbe interpretare l’articolo 7 della Convenzione come proibendo il chiarimento graduale delle regole della responsabilità penale con l’interpretazione giudiziale di una causa all’altro, purché il risultato sia coerente con la sostanza del reato e ragionevolmente prevedibile (Streletz, Kessler e Krenz c. Germania [GC], nostri 34044/96, 35532/97 e 44801/98, § 50, CEDH 2001-II.
56. La portata della nozione di prevedibilità dipende in un larga misuro del contenuto del testo di cui si tratta, della tenuta che copre così come del numero e della qualità dei suoi destinatari. Il prevedibilità di una legge non oppone a ciò che la persona riguardata è portata a ricorrere ai consigli illuminati per valutare, ad un grado ragionevole nelle circostanze della causa, le conseguenze potendo risultare da un atto determinato. Ne va specialmente così dei professionisti, frequentatori abituali a dovere dare prova di una grande prudenza nell’esercizio del loro mestiere. Perciò può aspettarsi di essi che mettono una cura particolare a valutare i rischi che comprende, Pessino c. Francia, no 40403/02, § 33, 10 ottobre 2006.
57. Il compito che incombe sulla Corte è di assicurarsi dunque che, nel momento in cui un imputato ha commesso l’atto che ha dato adito ai perseguimenti ed alla condanna, esisteva una disposizione legale che rende l’atto punibile e che la pena imposta non ha superato i limiti fissati da questa disposizione, Murphy c. Regno Unito, no 4681/70, decisione della Commissione, 3 e 4 ottobre 1972, Raccolta di decisioni 43; Coëme ed altri, precitata, § 145.
c) L’applicazione di questi principi alla presente causa
58. La Corte ricorda che nella causa Sud Fondi, Sud Fondi srl ed altri c. Italia precitata, §§ 112 e 114, aveva concluso che l’applicazione della confisca in dispetto della decisione di proscioglimento dei richiedenti era senza base legale ed arbitraria e violava l’articolo 7 della Convenzione. Il proscioglimento era stato pronunciato al motivo che i richiedenti avevano commesso un errore inevitabile e scusabile nell’interpretazione della legge.
59. Nello specifico, il richiedente ha beneficiato di un non luogo a procedere al motivo che il reato di lottizzazione abusiva era prescritto e è stato oggetto di una sanzione penale, a sapere la confisca dei lavori costruiti e dei terreni riguardati dal progetto di lottizzazione controversa. La Corte ha il dovere di esaminare se l’applicazione di una tale sanzione è compatibile con l’articolo 7 della Convenzione.
60. In primo luogo, la Corte constata che ai termini della disposizione applicabile, paragrafo 30 sopra, la confisca dei lavori abusivi anche bene che i terreni lottizzati in modo abusiva sono autorizzati quando le giurisdizioni penali hanno stabilito da una “decisione definitiva” che la lottizzazione è abusiva. Questo testo non precisa che questa “decisione definitiva” deve essere una sentenza di condanna.
Le giurisdizioni nazionali hanno interpretato questa disposizione nel senso che era possibile applicare la sanzione senza condanna a partire da dal momento in cui hanno considerato che si trattava di una sanzione amministrativa. La Corte nota a questo riguardo che esiste un principio in diritto nazionale, vedere diritto interno capitoli A. e D. secondo che il non si può punire un imputato nella mancanza di condanna. In particolare, quando il reato si estingue a causa di prescrizione, il non si può infliggere una pena, paragrafo 41 sopra. Inoltre, l’interpretazione della disposizione applicabile da parte delle giurisdizioni nazionali si è abituata allo scapito dell’imputato.
61. In secondo luogo, la Corte vede male come la punizione di un imputato da cui il processo non è arrivato ad una condanna potrebbe conciliarsi con l’articolo 7 della Convenzione, disposizione che chiarisce il principio di legalità in diritto penale.
62. Dato che nessuno può essere riconosciuto colpevole di una violazione che non sarebbe prevista dalla legge, e che nessuno può subire una pena che non sarebbe prevista dalla legge, una prima conseguenza è certamente l’interdizione per le giurisdizioni nazionali di interpretare in modo estensiva la legge allo scapito dell’imputato, mancanza di cui questo potrebbe essere punito per un comportamento che non è contemplato come essendo una violazione.
63. Un’altra conseguenza di importanza capitale fondamentale deriva del principio di legalità in diritto penale: l’interdizione di punire una persona mentre il reato è stato commesso da un altro.
64. La Corte ha avuto finora l’opportunità di dedicarsi su questa questione sotto l’angolo dell’articolo 6 § 2 della Convenzione.
65. Nel causa A.P, M.P. e T.P. c. Svizzera, 29 agosto 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-V, degli eredi erano stati puniti per gli atti delittuoso commesso col defunto. La Corte ha stimato che la sanzione penale inflitta agli eredi per una frode fiscale imputata al defunto non si conciliava con una regola fondamentale del diritto penale secondo la quale la responsabilità penale non sopravvive all’autore dell’atto delittuoso, ibid., § 48. È ciò che il diritto svizzero riconosceva esplicitamente, e la Corte ha affermato che questa regola è richiesta anche per la presunzione di innocenza consacrata 6 § 2 all’articolo della Convenzione. Ereditare della colpevolezza del defunto non è compatibile con le norme della giustizia penale in una società regolata dalla preminenza del diritto. Questo principio è stato riaffermato nel causa Lagardère, Lagardère c. Francia, no 18851/07, 12 aprile 2012, § 77, dove la Corte ha ricordato che la regola secondo la quale la responsabilità penale non sopravvive all’autore dell’atto delittuoso è richiesta anche non solo per la presunzione di innocenza consacrata 6 § 2 all’articolo della Convenzione, ma inoltre che ereditare della colpevolezza del defunto non è compatibile con le norme della giustizia penale in una società regolata dalla preminenza del diritto.
66. Considerando l’avvicinamento tra gli articoli 6 § 2 e 7 § 1 della Convenzione, Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, § 100, serie Ha no 39, la Corte stima che la regola che ha appena ricordato è anche valida sotto l’angolo dell’articolo 7 della Convenzione che comanda di vietare che si possa rispondere per il fatto di altrui in diritto penale. Difatti, se è vero che ogni persona deve potere stabilire ogni momento ciò che è permesso e ciò che è vietato dal verso di leggi precise e chiare, il non si saprebbe concepire allora un sistema che punisse quelli che non è responsabile, perché un terzo è stato.
67. Il si non può concepire neanche un sistema dove una persona scagionata o, in ogni caso, senza nessuno grado di responsabilità penale registrata in un verdetto di colpevolezza subissi una pena. È una terza conseguenza del principio di legalità in diritto penale: l’interdizione di infliggere una pena senza constatazione di responsabilità che deriva lei anche dell’articolo 7 della Convenzione.
68. Questo principio è stato, egli anche, affermato dalla Corte allo sguardo dell’articolo 6 § 2 della Convenzione. Nel causa Geerings, Geerings c. Paesi Bassi, no 30810/03, § 47, 1 marzo 2007, i tribunali nazionali avevano confiscato i beni dell’interessato perché avevano stimato che questo aveva tratto profitto dal crimine in questione anche se il richiedente non era stato trovato mai in possesso di beni di cui non era stato capace di spiegare l’origine. La Corte aveva stimato che la confisca dei “utili ottenuti era illegalmente” una misura inadatta tanto più che l’interessato non era stato dichiarato colpevole del crimine e che non era potuto essere stabilito mai che questo abbia tratto profitto da questo crimine. La Corte aveva stimato che questa situazione non poteva essere compatibile con la presunzione di innocenza ed aveva concluso alla violazione dell’articolo 6 § 2 della Convenzione.
69. L’avvicinamento dell’articolo 5 § 1 hanno, con gli articoli 6 § 2 e 7 § 1 orologio che alle fini della Convenzione non saprebbe avere “condanna” senza la determinazione legale di una violazione – penale o, all’occorrenza, disciplinare, Engel ed altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, § 68, serie Ha no 22; Guzzardi c. Italia, 6 novembre 1980, § 100, serie A no 39. Non può avere parimenti, ci pena senza la determinazione di una responsabilità personale.
70. Certo, gli Stati contraenti rimangono liberi, in principio, di reprimere al penale un atto compiuto fuori dall’esercizio normale di uno dei diritti che protegge la Convenzione e, pertanto, di definire gli elementi costitutivi di simile reato. Possono in particolare, sempre in principio e sotto certe condizioni, rendere punibile un fatto patrimoniale od obiettivo considerato in si, che procede o no di un’intenzione delittuosa o di una negligenza; le loro legislazioni rispettive ne offrono degli esempi, Salabiaku c. Francia, 7 ottobre 1988, serie Ha no 141, § 27. Lo stesso principio è stato affermato in Janosevic c. Svezia (no 34619/97) 23 luglio 2002, § 68, dove la Corte ha aggiunto che “la mancanza di elementi soggettivi non priva necessariamente una violazione del suo carattere penale; di fatto, le legislazioni degli Stati contraenti offrono degli esempi di reati penali fondati unicamente su degli elementi obiettivi.” L’articolo 7 della Convenzione non richiede espressamente di “legame psicologico” o “intellettuale” o “morale” tra gli elementi patrimoniali del reato ed il nessuno che ne è considerato l’autore. La Corte ha concluso del resto recentemente alla no-violazione dell’articolo 7 in un caso dove una multa penale era stata inflitta ad una parte richiesta che aveva commesso una violazione accertata senza intenzione o mancanza della sua parte, Valico S.r.l. c. Italia, déc.), no 70074/01, CEDH 2006-III. La constatazione di responsabilità era sufficiente per giustificare dell’applicazione della sanzione.
71. La logica della “pena” e della “punizione”, e la nozione di “guilty”, nella versione inglese, e la corrispondente nozione di “persona colpevole”, nella versione francese, militano per un’interpretazione dell’articolo 7 che esige, per punire, una dichiarazione di responsabilità con le giurisdizioni nazionali che possa permettere di imputare il reato e di infliggere la pena al suo autore. A difetto di che cosa, la punizione non avrebbe senso, Sud Fondi ed altri, precitata, § 116. Sarebbe incoerente di esigere difatti, da una parte, una base legale accessibile e prevedibile e di permettere, altro parte, una punizione quando, siccome nello specifico, la persona riguardata è stata non condannata non.
72. Nella presente causa, la sanzione penale inflitta al richiedente, mentre il reato penale era estinto e che la sua responsabilità non è stata registrata in un giudizio di condanna, non conciliarti coi principi di legalità penale che la Corte ha appena chiarito e che fanno parte integrante del principio di legalità che l’articolo 7 della Convenzione comanda di osservare. Quindi, la sanzione controversa non è prevista dalla legge al senso dell’articolo 7 della Convenzione e è arbitrario.
73. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 7 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 6 § 2 DELLA CONVENZIONE
74. Il richiedente adduce che la confisca che gli è stata inflitta in dispetto della decisione di non luogo a procedere ha ignorato il principio della presunzione di innocenza, come previsto con l’articolo 6 § 2 della Convenzione, così formulata,:
“2. Ogni persona accusata di una violazione è presunta innocente finché la sua colpevolezza non è stata stabilita” legalmente.
75. Il Governo si oppone a questa tesi.
76. La Corte rileva che questo motivo di appello è legato a quell’esaminato sopra e deve essere dichiarato dunque anche ammissibile.
77. Nota poi che questo motivo di appello è legato strettamente ai fatti che l’hanno portata a concludere ad una violazione dell’articolo 7 della Convenzione. In queste condizioni, la Corte giudica che non c’è luogo di deliberare separatamente sul motivo di appello derivato della violazione di questa disposizione.
III. SULLA VIOLAZIONE PRESUNTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
78. Il richiedente denuncia l’illegalità così come il carattere sproporzionato della confisca che ha colpito i suoi beni. Adduce la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che dispone nella sua parte pertinente così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
79. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
80. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato al senso dell’articolo 35 § 3 ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
81. Il richiedente riprende per l’essenziale gli argomenti sollevati sotto l’angolo dell’articolo 7 e chieda alla Corte di concludere alla violazione di questa disposizione. Osserva inoltre che la sanzione controversa è sproporzionata, nella misura in cui il 90% dei terreni confiscati non sono costruiti.
82. Il Governo contesta questa tesi. Secondo lui, le condizioni di legalità e di proporzionalità sono rispettate, dato che lo scopo dissuasivo della confisca la rende proporzionata anche se prevede tutto il territorio circostante e non solo gli edifici costruiti. Il Governo chiede alla Corte di tenere conto di questi argomenti alle fini della soddisfazione equa nel caso in cui concluderebbe ad una violazione della Convenzione.
2. Valutazione della Corte
a) Sull’applicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1
83. Siccome l’ha detto nella causa Sud Fondi (precitata, §§ 125, 129, la confisca dei terreni e degli edifici controversi di cui i richiedenti facevano i proprietari ha costituito un’ingerenza nel godimento del loro diritto al rispetto dei beni. Forza è di concludere che l’articolo 1 del Protocollo no 1 si applica. Resta a sapere se questa situazione è coperta dalla prima o la seconda norma di questa disposizione. L’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte: la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, figurando che nel secondo, fraseggia dello stesso capoverso, prevedi la privazione di proprietà e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati il potere, entra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. Non si tratta per tanto di regole prive di rapporto tra esse. La seconda e la terza hanno fatto riferimento agli esempi particolari di attentati al diritto di proprietà; quindi, devono interpretarsi alla luce del principio consacrato dalla prima (vedere, entra altri, James ed altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie Ha no 98, ed Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 55, CEDH 1999-II.
Nella causa Sud Fondi (precitata, §§ 128-129, la Corte ha detto:
“128. La Corte nota che la presente causa si differenzia del causa Agosi c. Regno Unito, sentenza del 24 ottobre 1986, serie Ha no108, dove la confisca è stata ordinata al riguardo di beni che costituiscono l’oggetto del reato, objectum sceleris, in seguito alla condanna degli imputati, perché nello specifico la confisca è stata ordinata in seguito ad un proscioglimento. Per la stessa ragione, la presente causa si distingue di C.M. c. Francia ([déc.], no 28078/95, CEDH 2001-VII, o di aria Canada c. Regno Unito, sentenza del 5 maggio 1995, serie Ha no 316-ha, dove la confisca, ordinata dopo la condanna degli imputati, aveva colpito dei beni che erano gli instrumentum sceleris e che si trovavano in possesso di terzo. Trattandosi dei redditi di un’attività criminale, productum sceleris, la Corte ricorda che ha esaminato una causa dove la confisca aveva seguito la condanna del richiedente (vedere Phillips v). tè United Kingdom, no 41087/98, §§ 9-18, ECHR 2001-VII, così come delle cause dove la confisca era stata ordinata a prescindere dell’esistenza di ogni procedimento penale, perché il patrimonio dei richiedenti era presunto essere di origine illecita (vedere Riela ed altri c). Italia, déc.), no 52439/99, 4 settembre 2001; Arcuri ed altri c. Italia, déc.), no 52024/99, 5 luglio 2001; Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, Serie Ha no 281-ha, § 29, o essere utilizzato per le attività illecite, Butler c. Regno Unito, déc.) no 41661/98, 27 giugno 2002. Nella prima causa sopraccitata, la Corte ha detto che la confisca costituiva una pena al senso del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Phillips, sentenza precitata, § 51, e, mutatis mutandis, Welch c. Regno Unito, 9 febbraio 1995, serie Ha no 307-ha, § 35, mentre nelle altre cause ha stimato che si trattava della regolamentazione dell’uso dei beni.
129. Nel caso di specie, la Corte stima che non è necessario determinare se la confisca cade nella prima o nella seconda categoria, perché in ogni caso è il secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si applica, Frizen c. Russia, no 58254/00, § 31, 24 marzo 2005. “
Al maniera della causa Sud Fondi (precitata, § 129, la Corte stima che non è necessario determinare se la confisca cade nella prima o nella seconda categoria, perché in ogni caso è il secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si applica.
b) Sull’osservazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1
84. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale: il secondo fraseggia del primo capoverso di questo articolo non autorizzo una privazione di proprietà che “nelle condizioni previste dalla legge”; il secondo capoverso riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l’uso dei beni mettendo in vigore delle “leggi.” Di più, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, è inerente all’insieme degli articoli della Convenzione, Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II; Amuur c. Francia, 25 giugno 1996, § 50, Raccolta 1996-III. Segue che la necessità di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A no 52; Ex-re di Grecia ed altri c. Grecia [GC], no 25701/94, § 89, CEDH 2000-XII, non può farsi sentire che quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio della legalità e non era arbitrario.
85. La Corte ha appena constatato che il reato rispetto alla quale la confisca è stata inflitta al richiedente non era previsto dalla legge al senso dell’articolo 7 della Convenzione ed era arbitrario, paragrafi 72-73 sopra. Questa conclusione la porta a dire che l’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni del richiedente era contraria al principio della legalità ed era arbitraria e che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Questa conclusione dispensa la Corte di ricercare se c’è stata rottura del giusto equilibro.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
86. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
87. Il richiedente chiede la restituzione dei beni confiscati piacqui una somma di 500 000 euros (EUR) a titolo di indennizzo per il deterioramento dei lavori. Inoltre, sollecita il versamento di 250 000 EUR a titolo del danno morale.
88. Il Governo oppone alla concessione di ogni somma perché stima che la richiesta non dà nessuni problemi allo sguardo della Convenzione. Nel caso in cui la Corte concluderebbe ad una violazione, chiede a ciò che il fatto che il richiedente non è stato prosciolto sul fondo sia preso in conto alle fini della soddisfazione equa.
89. La Corte considera che, nelle circostanze della causa, la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato per ciò che è del danno patrimoniale, considerando la complessità della causa e l’eventualità che le parti trovano una forma di risarcimento al livello nazionale. Pertanto, c’è luogo di riservare questa questione e di fissare il procedimento ulteriore tenendo conto di un eventuale accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti, articolo 75 § 1 dell’ordinamento.
90. Trattandosi del danno morale, la Corte, deliberando in equità, assegna al richiedente 10 000 EUR.
B. Oneri e spese
91. Il richiedente non sollecita il rimborso degli oneri e spese incorse fino a questo stadio del procedimento. In queste circostanze, la Corte stima che nessuna somma deve essere versata di questo capo al richiedente.
C. Interessi moratori
92. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile,;

2. Stabilisce, con sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 7 della Convenzione;

3. Stabilisce, all’unanimità, che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 2 della Convenzione;

4. Stabilisce, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione;

5. Stabilisce all’unanimità,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, la somma di 10 000 EUR, diecimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;

6. Stabilisce, all’unanimità, che la questione dell’articolo 41 della Convenzione non è maura per il danno patrimoniale; perciò,
a) riserva questa la questione;
b) invita il Governo ed il richiedente a darle cognizione, entro sei mesi, di ogni accordo al quale potrebbero arrivare,;
c) riserva il procedimento e delega al presidente la cura di fissarlo all’occorrenza;

7. Respinge, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 29 ottobre 2013, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Cancelliere Presidentessa

Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice Pinto di Albuquerque.
D.J.
S.H.N.

OPINIONE IN PARTE CONCORDANTE, IN PARTE DISSIDENTE DEL GIUDICE PINTO DI ALBUQUERQUE
Nel causa Varvara, la Corte è confrontata di nuovo ad una confisca che non si fonda su nessuna condanna pronunciata in un procedimento penale. Così, nella causa Sud Fondi srl ed altri, la confisca era stata ordinata contro le società richieste che erano delle terza persone rispetto agli imputati in un procedimento penale alla conclusione della quale questi erano stati prosciolti al motivo che non poteva essere rimproverato essi né mancanza né intenzione di commettere i fatti delittuosi e che avevano commesso un “errore inevitabile e scusabile” nell’interpretazione di disposizioni regionali “oscure ed avevano formulato” male, il richiedente nella presente causa era sé imputato in un procedimento penale dove ha beneficiato di un non luogo a procedere per prescrizione. Allo visto delle incertezze della giurisprudenza della Corte sulla questione di principio della compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (“la Convenzione”) dei regimi di confisca senza condanna penale e di confisca allargata, la presente causa avrebbe dovuto permettere alla Corte di chiarificare le condizioni e modalità di questo strumento fondamentale della politica penale contemporanea, tenendo conto degli sviluppi del diritto internazionale dei diritti dell’uomo, del diritto penale internazionale, del diritto penale comparato e del diritto dell’unione europea. La camera ha scelto di non farlo. È esattamente ciò che mi proporsi di fare in questa opinione, aspettando l’urgente intervento clarificatrice della Grande Camera. Così saranno messe in evidenza le ragioni per che non divido la constatazione di violazione dell’articolo 7 della Convenzione, sebbene approvo la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ed il non luogo a procedere a deliberare sul terreno dell’articolo 6 § 2.

L’obbligo internazionale di confisca degli strumenti e prodotti del crimine

Il diritto internazionale riconosce da molto l’importanza capitale della confisca in quanto misura di lotta contro le forme più gravi della criminalità, come per esempio il traffico di stupefacenti, il terrorismo, la criminalità sovranazionale organizzata e la corruzione.
L’articolo 37 della Convenzione unica sugli stupefacenti di 1961, modificati dal Protocollo del 1972, contempla la confisca di ogni stupefacente, ogni sostanza, obiectum sceleris, e tutto patrimoniale utilizzati per commettere un qualsiasi dei reati mirati all’articolo 36 o destinati a commettere una tale violazione, instrumentum sceleris. L’articolo 22 (3) della Convenzione sui sostanze psychotropes del 1971 riprende questa disposizione. L’articolo 5 della Convenzione delle Nazioni unite del 1988 contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psychotropes allarga la confisca al di là degli stupefacenti, sostanze psychotropes, materiali ed attrezzature o altri strumenti utilizzati o destinati ad essere utilizzati di qualche modo che siano per i reati invalsi conformemente al paragrafo 1 dell’articolo 3 di suddetta Convenzione, per includere i prodotti derivati dei reati invalsi conformemente a questo paragrafo o dei beni di cui il valore corrisponde a quella di detti prodotti, productum sceleris. I redditi o altri vantaggi derivati di questo prodotto del crimine, dei beni ne che il prodotto è stato trasformato o convertito o dei beni ai quali è stato mischiato possono fare anche l’oggetto di una confisca, salvo in caso di attentato ai diritti dei terzo di buona fede. Il carico della prova dell’origine lecito del prodotto presunto del crimine o di altri beni confiscabili può essere posto sul convenuto. Questo regime di confisca è stato ripreso in parecchi altre disposizioni internazionali costrittive, come gli articoli 77 (2) (b), 93 (1) (k), e 109 (1) dello Statuto di Roma di 1998 della Corte Penale Internazionale, l’articolo 8 della Convenzione internazionale del 1999 per la repressione del finanziamento del terrorismo, l’articolo 12 della Convenzione delle Nazioni unite del 2000 contro la criminalità sovranazionale organizzata, l’articolo 31 della Convenzione delle Nazioni unite del 2003 contro la corruzione, e l’articolo 16 della Convenzione dell’unione africana del 2003 sulla prevenzione e la lotta contro la corruzione.
In Europa, la regola internazionale in materia di confisca è buona si radicata. Nella cornice del Consiglio dell’Europa, gli articoli 2 e 13 della Convenzione del Consiglio dell’Europa del 1990 relative all’imbiancatura, al rintracciamento, al sequestro ed alla confisca dei prodotti del crimine contemplavano già la confisca degli strumenti e prodotti del crimine, la confisca del valore equivalente e la confisca senza condanna penale. Gli articoli 5 e 23 della Convenzione del 2005 relative all’imbiancatura, al rintracciamento, al sequestro ed alla confisca dei prodotti del crimine ed al finanziamento del terrorismo ha precisato le disposizioni precedenti.
La cornice giuridica reale dell’unione europea in materia di confisca degli strumenti e prodotti del crimine è costituita da parecchi testi: il decisione-inquadro 2001/500/JAI che fanno obbligo agli Stati membri di non formulare né mantenere di riserve al riguardo delle disposizioni della convenzione del Consiglio dell’Europa sulla confisca quando il reato è punito di una pena privativa di libertà o di una misura di sicurezza di una durata massimale superiore ad un anno, di autorizzare la confisca in valore quando i prodotti diretti del crimine non possono essere fermati e di badare a ciò che le domande che provengono degli altri Stati membri siano trattate con lo stesso grado da precedenza che quell’accordato ai procedimenti interni; il decisione-inquadro 2003/577/JAI che contemplano la riconoscenza reciproca delle decisioni di gelo; il decisione-inquadro 2005/212/JAI che contemplano la confisca ordinaria, ivi compreso la confisca in valore, per tutti i reati passibili di una pena privativa di libertà di una durata massimale di un anno e la confisca di tutto o partire dei beni detenuti da una persona riconosciuta colpevole di certi reati gravi, quando sono “commesse nella cornice di un’organizzazione criminale”, senza stabilire una relazione tra gli averi presunto di origine criminale ed una violazione precisa; il decisione-inquadro 2006/783/JAI che contemplano la riconoscenza reciproca delle decisioni di confisca; e la decisione 2007/845/JAI del Consiglio relativo alla cooperazione tra gli uffici di recupero dell’averi degli Stati membri.
Infine, un opinio iuris solido in favore di regole internazionali in materia di confisca degli strumenti e prodotti del crimine si è liberato con l’adozione con parecchie organizzazioni internazionali di raccomandazioni e di guide dei migliori pratici, come per esempio la raccomandazione no 3 del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI, dell’OCSE, rivista nel febbraio 2012,). Il GAFI ha suggerito che gli Stati adottino delle misure simili a queste indicate nelle convenzioni di Vienna e di Palermo, ivi compreso di natura legislativa, in modo che le loro autorità competenti possano confiscare i beni imbiancati, i prodotti che derivano dell’imbiancatura di capitali o dei reati sottostanti, così come gli strumenti utilizzati o destinati ad essere utilizzati per commettere questi reati, o dei beni di un valore equivalente, senza danno del diritto dei terzo di buona fede. Secondo lui, gli Stati possono avere intenzione di adottare delle misure che permettono la confisca dei tali prodotti o strumenti senza condanna penale preliminare, o facendo obbligo all’autore presunto del reato di stabilire la prova dell’origine lecita dei beni presunti passibili di confisca, nella misura in cui un tale obbligo è conforme ai principi del loro diritto interno. La terza delle nove raccomandazioni speciali del GAFI sul finanziamento del terrorismo rinforza questa proposta in ciò che riguarda il gelo e la confisca dei beni dei terroristi.
Si è obbligati a concludere dalla pratica consolidata e quasi universale degli Stati e dell’opinio iuris suddetta che esiste oggi una regola abituale internazionale in materia di confisca degli strumenti e prodotti del crimine, intorno a sei assi,: confisca degli strumenti utilizzati all’epoca della perpetrazione del crimine o destinati a questo, confisca dei prodotti del crimine, confisca del loro valore equivalente, confisca dei prodotti trasformati o mischiati ad altri beni, confisca dei redditi e degli altri vantaggi indiretti e protezione del terzo di buona fede. L’obbligo di confiscare gli strumenti e prodotti del crimine, secondo le ampie modalità desc

Testo Tradotto

Conclusions: Violation de l’article 7 – Pas de peine sans loi (Article 7-1 – Nulla poena sine lege) Violation de l’article 1 du Protocole n° 1 – Protection de la propriété (article 1 al. 1 du Protocole n° 1 – Respect des biens) Dommage matériel – décision réservée Préjudice moral – réparation

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE VARVARA c. ITALIE

(Requête no 17475/09)

ARRÊT
(Fond)

STRASBOURG

29 octobre 2013

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Varvara c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Danutė Jočienė, présidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er octobre 2013,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 17475/09) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet Etat, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 23 mars 2009 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant a été représenté par OMISSIS, avocat à Rome. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora, et par son coagent, Mme P. Accardo.
3. Le requérant allègue que la confiscation dont il a fait l’objet est incompatible avec les articles 7 et 6 § 2 de la Convention ainsi qu’avec l’article 1 du Protocole no 1.
4. Le 21 mai 2012, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1943 et réside à Gravina di Puglia.
A. Le projet de lotissement
6. Souhaitant construire des logements à proximité de la forêt de Mercadante, le requérant présenta un projet de lotissement (piano di lottizzazione) à la ville de Cassano delle Murge. Le 31 octobre 1984, la ville approuva le projet. Le 1er mars 1985, le requérant conclut une convention de lotissement (convenzione di lottizzazione) avec la ville et obtint les permis de construire pour un premier groupe de bâtiments.
7. Le 6 février 1986, un arrêté ministériel du 1er août 1985 fut publié au bulletin des lois. Cet arrêté déclarait que les terrains entourant la forêt de Mercadante devaient bénéficier de protection paysagère et comme tels être assujettis aux dispositions de la loi no 1497/1939, qui rendait nécessaire l’obtention d’une autorisation ministérielle préalable pour pouvoir délivrer les permis de construire.
8. La ville de Cassano delle Murge attaqua l’arrêté ministériel devant le tribunal administratif des Pouilles et, par décision du 10 mars 1993, eut partiellement gain de cause. Par l’effet de cette décision (qui n’est pas versée au dossier) les terrains visés par le projet du requérant ne furent plus assujettis aux contraintes de paysage.
9. Par ailleurs, deux lois étaient entre-temps entrées en vigueur. La première (loi no 431/1985) avait attribué aux régions la compétence exclusive de légiférer en matière de protection du paysage. La deuxième (loi régionale no 30/1990) soumettait les terrains sis à proximité des forêts à des contraintes de paysage nécessitant une autorisation de la Région, sauf pour les cas où le projet de lotissement avait été approuvé avant le 6 juin 1990. Par l’effet combiné de ces lois, les projets devant être approuvés après cette date devaient recevoir l’avis favorable du comité régional compétent.
10. En 1993, le requérant présenta à la ville de Cassano delle Murge une variante au projet déjà approuvé en 1984. Il ressort du dossier que celle-ci s’était avérée nécessaire car le projet original avait par mégarde inclus une zone traversée par un aqueduc. Il fallait donc réduire la taille du projet de 3 917 mètres carrés. En outre, les propriétaires des fonds voisins ayant renoncé au projet, il avait fallu l’amender en particulier quant à la disposition des bâtiments. Cette variante fut approuvée par la ville de Cassano delle Murge le 30 mai 1994.
11. Le 19 août 1994, le requérant conclut une convention de lotissement avec la ville. Cette dernière lui délivra les permis de construire.
12. Le 21 mai 2007, la ville délivra une attestation selon laquelle tous les ouvrages construits par le requérant avant le 30 septembre 2004 étaient conformes à la législation en matière de paysage.
B. La procédure pénale
13. Une procédure pénale pour lotissement abusif fut ouverte à l’encontre du requérant. Le 6 février 1997, les terrains et les constructions (dix-sept immeubles contenant chacun quatre logements) furent mis sous saisie conservatoire.
14. Par un jugement du 1er juin 1998, le juge d’instance d’Acquaviva delle Fonti releva que le requérant avait construit dix-sept logements conformément à la variante approuvée en 1994 et aux permis de construire délivrés par la ville. Toutefois, le juge estima que cette variante n’était pas un simple amendement au projet de 1984, mais qu’elle constituait un nouveau projet de lotissement, qui devait être assujetti aux dispositions entrées en vigueur depuis. Etant donné que les dispositions en question prévoyaient l’obligation de demander et d’obtenir l’avis favorable du comité régional compétent en matière d’urbanisme, et que le requérant ne l’avait pas fait, les permis de construire délivrés par la ville devaient passer comme n’ayant pas déployé d’effets.
La situation litigieuse revenait dès lors à un lotissement abusif, ayant entraîné la détérioration d’un site naturel protégé (article 20 lettres a) et c) de la loi no 47/1985 ; article 734 du code pénal). Après avoir tenu compte des circonstances atténuantes, le juge condamna le requérant à une peine d’emprisonnement de neuf mois avec sursis et à une amende. Il ordonna la confiscation, au bénéfice de la ville, des terrains et des bâtiments concernés par le projet de lotissement litigieux.
15. Le requérant interjeta appel.
16. Par un arrêt du 22 janvier 2001, la cour d’appel de Bari accueillit le recours du requérant et l’acquitta sur le fond (perché il fatto non sussiste). La cour estima qu’il n’y avait qu’un seul projet de lotissement, qui avait été autorisé en 1984, soit bien avant l’entrée en vigueur de l’arrêté ministériel de 1985 et de la loi no 431/1985. Elle considéra qu’en 1994, le requérant avait présenté un simple amendement au projet déjà approuvé. Les terrains du requérant n’étaient dès lors pas sous le coup d’une mesure de protection du paysage et il n’y avait pas de lotissement abusif.
17. Le ministère public et l’avocat de l’Etat se pourvurent en cassation.
18. Par un arrêt du 17 mai 2002, la Cour de cassation annula avec renvoi la décision attaquée.
19. Par un arrêt du 5 mai 2003, la cour d’appel de Bari condamna le requérant pour lotissement abusif, estimant que la variante au projet de lotissement constituait un projet nouveau et autonome.
20. Le requérant se pourvut en cassation.
21. Par un arrêt du 10 décembre 2004, la Cour de cassation accueillit le recours du requérant et annula avec renvoi la décision attaquée.
22. Par un arrêt du 23 mars 2006, la cour d’appel de Bari prononça un non-lieu au motif que les infractions étaient prescrites depuis fin 2002. La cour précisa que, suivant la jurisprudence de la Cour de cassation, il était obligatoire d’infliger la confiscation litigieuse qu’il s’agisse d’un acquittement sur le fond (à l’exception de la formule il fatto non sussiste) ou qu’il s’agisse d’une prescription si le projet de lotissement se heurtait objectivement avec des dispositions en matière d’aménagement du territoire. Or, elle considéra que la variante était un nouveau projet de lotissement et que dès lors il aurait fallu obtenir l’autorisation régionale avant de délivrer les permis de construire. Par ailleurs, la cour d’appel ordonna la confiscation des terrains et des constructions érigées sur ceux-ci au sens de l’article 1 de la loi no 47/1985.
23. Le requérant se pourvut en cassation.
24. Par un arrêt du 11 juin 2008, déposé au greffe le 1er octobre 2008, la Cour de cassation débouta le requérant de son pourvoi.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. Principes généraux de droit pénal
25. a) L’article 27 § 1 de la Constitution italienne prévoit que « la responsabilité pénale est personnelle ». La Cour constitutionnelle a affirmé à plusieurs reprises qu’il ne peut y avoir de responsabilité objective en matière pénale (voir, parmi d’autres, Cour constitutionnelle, arrêt no 1 du 10 janvier 1997, et infra, « autres cas de confiscation ». L’article 27 § 3 de la Constitution prévoit que « les peines … doivent tendre à la rééducation du condamné ».
b) L’article 25 de la Constitution prévoit, à ses deuxième et troisième alinéas, que « personne ne peut être puni en l’absence d’une loi entrée en vigueur avant la commission des faits » et que « personne ne peut être sujette à une mesure de sureté sauf dans les cas prévus par la loi ».
c) L’article 1 du code pénal prévoit que « personne ne peut être puni pour un fait qui n’est pas expressément prévu par la loi comme étant constitutif d’une infraction pénale, et avec une peine qui n’est pas établie par la loi ». L’article 199 du code pénal, concernant les mesures de sureté, prévoit que personne ne peut être soumis à des mesures de sûreté non prévues par la loi et en dehors des cas prévus par la loi.
d) L’article 42, 1er alinéa du code pénal prévoit que « l’on ne peut être puni pour une action ou une omission constituant une infraction pénale prévue par la loi si, dans la commission des faits, l’auteur n’avait pas de conscience et volonté (coscienza e volontà) ». La même règle est établie par l’article 3 de la loi no 689 du 25 novembre 1989 en ce qui concerne les infractions administratives.
e) L’article 5 du code pénal prévoit que « Nul ne peut se prévaloir de son ignorance de la loi pénale pour obtenir une excuse ». La Cour constitutionnelle (arrêt no 364 de 1988) a statué que ce principe ne s’applique pas quand il s’agit d’une erreur inévitable, de sorte que cet article doit désormais être lu comme suit : « Nul ne peut se prévaloir de son ignorance de la loi pénale pour obtenir une excuse, sauf s’il s’agit d’une erreur inévitable ». La Cour constitutionnelle a indiqué comme possible origine de l’inévitabilité objective de l’erreur sur la loi pénale l’ « obscurité absolue de la loi », les « assurances erronées » de la part de personnes en position institutionnelle pour juger de la légalité des faits à accomplir, l’état « gravement chaotique » de la jurisprudence.
B. La confiscation
1. La confiscation prévue par le code pénal
26. Aux termes de l’article 240 du code pénal :
« 1er alinéa : En cas de condamnation, le juge peut ordonner la confiscation des choses qui ont servi ou qui furent destinées à la commission de l’infraction, ainsi que les choses qui sont le produit ou le bénéfice de l’infraction.
2ème alinéa : La confiscation est toujours ordonnée :
1. Pour les choses qui constituent le prix de l’infraction ;
2. Pour les choses dont la fabrication, l’usage, le port, la détention ou l’aliénation sont pénalement interdites.
3ème alinéa : Dans les cas prévus au premier alinéa et au point 1 du deuxième alinéa, la confiscation ne peut frapper les tiers (« personnes étrangères à l’infraction ») propriétaires des choses en question.
4ème alinéa : Dans le cas prévu au point 2 du deuxième alinéa, la confiscation ne peut frapper les tiers (« personnes étrangères à l’infraction ») propriétaires lorsque la fabrication, l’usage, le port, la détention ou l’aliénation peuvent être autorisés par le biais d’une autorisation administrative. »
27. En tant que mesure de sûreté, la confiscation relève de l’article 199 du code pénal qui prévoit que « personne ne peut être soumis à des mesures de sûreté non prévues par la loi et en dehors des cas prévus par la loi ».
2. Autres cas de confiscation / La jurisprudence de la Cour constitutionnelle
28. En matière de douanes et de contrebande, les dispositions applicables prévoient la possibilité de confisquer des biens matériellement illicites, même si ces derniers sont détenus par des tiers. Par l’arrêt no 229 de 1974, la Cour constitutionnelle a déclaré les dispositions pertinentes incompatibles avec la Constitution (notamment l’article 27), sur la base du raisonnement suivant :
« Il peut y avoir des choses matériellement illicites, dont le caractère illicite ne dépend pas de la relation avec la personne qui en dispose. Ces choses doivent être confisquées auprès de toute personne les détenant à n’importe quel titre (… ).
Pour éviter que la confiscation obligatoire des choses appartenant à des tiers -étrangers à la contrebande – ne se traduise en une responsabilité objective à leur charge – à savoir une responsabilité du simple fait qu’ils sont propriétaires des choses impliquées – et pour éviter qu’ils subissent les conséquences patrimoniales des actes illicites commis par d’autres, il faut que l’on puisse reprocher à ces tiers un quid sans lequel l’infraction (…) n’aurait pas eu lieu ou n’aurait pas été favorisée. En somme, il faut pouvoir reprocher à ces tiers un manque de vigilance. »
29. La Cour constitutionnelle a réitéré ce principe dans les arrêts no 1 de 1997 et no 2 de 1987, en matière de douanes et d’exportation d’œuvres d’art.
3. La confiscation du cas d’espèce (article 19 de la loi no 47 du 28 février 1985)
30. L’article 19 de la loi no 47 du 28 février 1985 prévoit la confiscation des ouvrages abusifs aussi bien que des terrains lotis de manière abusive, lorsque les juridictions pénales ont établi par un arrêt définitif que le lotissement est abusif. L’arrêt pénal est immédiatement transcrit dans les registres immobiliers.
4. L’article 20 de la loi no 47 du 28 février 1985
31. Cette disposition prévoit des sanctions définies comme étant des « sanctions pénales ». La confiscation n’y figure pas.
En cas de lotissement abusif – tel que défini à l’article 18 de cette même loi – les sanctions prévues sont l’emprisonnement jusqu’à deux ans et l’amende jusqu’à 100 millions de lires italiennes (environ 516 460 euros).
5. L’article 44 du code de la construction (DPR no 380 de 2001)
32. Le Décret du Président de la République no 380 du 6 juin 2001 (« Testo unico delle disposizioni legislative et regolamentari in materia edilizia ») a codifié les dispositions existantes notamment en matière de droit de bâtir. Au moment de la codification, les articles 19 et 20 de la loi no 47 de 1985 ci-dessus ont été unifiés en une seule disposition, à savoir l’article 44 du code, qui est ainsi titré :
« Art. 44 (L) – Sanctions pénales
(…)
2. La confiscation des ouvrages abusifs aussi bien que des terrains lotis de manière abusive, lorsque les juridictions pénales ont établi par un arrêt définitif que le lotissement est illégal. »
6. La jurisprudence relative à la confiscation pour lotissement abusif
33. Dans un premier temps, les juridictions nationales avaient classé la confiscation applicable en cas de lotissement abusif comme étant une sanction pénale. Dès lors, elle ne pouvait être appliquée qu’aux biens du prévenu reconnu coupable du délit de lotissement illégal, conformément à l’article 240 du code pénal (Cour de cassation, Sec. 3, 18 octobre 1988, Brunotti ; 8 mai 1991, Ligresti ; Sections Unies, 3 février 1990, Cancilleri).
34. Par un arrêt du 12 novembre 1990, la Section 3 de la Cour de cassation (affaire Licastro) affirma que la confiscation était une sanction administrative et obligatoire, indépendante de la condamnation au pénal. Elle pouvait donc être prononcée à l’égard de tiers, puisqu’à l’origine de la confiscation il y a une situation (une construction, un lotissement) qui doit être matériellement abusive, indépendamment de l’élément moral. De ce fait, la confiscation peut être ordonnée lorsque l’auteur est acquitté en raison de l’absence d’élément moral (« perché il fatto non costituisce reato »). Elle ne peut pas être ordonnée si l’auteur est acquitté en raison de la non matérialité des faits (« perché il fatto non sussiste »).
35. Cette jurisprudence fut largement suivie (Cour de Cassation, Section 3, arrêt du 16 novembre 1995, Besana ; 25 juin 1999, Negro ; 15 mai 1997 no 331, Sucato ; 23 décembre 1997 no 3900, Farano ; no 777 du 6 mai 1999, Iacoangeli). Par l’ordonnance no 187 de 1998, la Cour constitutionnelle a reconnu la nature administrative de la confiscation.
Tout en étant considérée comme une sanction administrative par la jurisprudence, la confiscation ne peut être annulée par un juge administratif, la compétence en la matière relevant uniquement du juge pénal (Cour de cassation, Sec. 3, arrêt 10 novembre 1995, Zandomenighi).
La confiscation de biens se justifie puisque ceux-ci sont les « objets matériels de l’infraction ». En tant que tels, les terrains ne sont pas « dangereux », mais ils le deviennent lorsqu’ils mettent en danger le pouvoir de décision qui est réservé à l’autorité administrative (Cour de cassation, Sec. 3, no 1298/2000, Petrachi et autres).
Si l’administration régularise ex post le lotissement, la confiscation doit être révoquée (Cour de cassation, arrêt du 14 décembre 2000 no 12999, Lanza ; 21 janvier 2002, no 1966, Venuti).
Le but de la confiscation est de rendre indisponible une chose dont on présume qu’on connaît la dangerosité : les terrains faisant l’objet d’un lotissement abusif et les immeuble abusivement construits. On évite ainsi la mise sur le marché immobilier de tels immeubles. Quant aux terrains, on évite la commission d’infractions ultérieures et on ne laisse pas de place à des pressions éventuelles sur les administrateurs locaux afin qu’ils régularisent la situation (Cour de cassation, Sec. 3, 8 février 2002, Montalto).
C. Le droit interne pertinent postérieur à l’arrêt Sud Fondi S.r.l. et autres c. Italie, no 75909/01, 20 janvier 2009
1. La Cour constitutionnelle
36. Le 9 avril 2008, dans le cadre d’un procès pénal ne concernant pas le requérant, la cour d’appel de Bari – s’appuyant sur la décision sur la recevabilité dans l’affaire Sud Fondi (Sud Fondi srl et autres c. Italie (déc.), no 75909/01, 30 août 2007) – avait saisi la Cour constitutionnelle pour que celle-ci se prononce sur la légalité de la confiscation, qui était infligée automatiquement, même en l’absence de constat de responsabilité pénale.
Par l’arrêt no 239 de 2009, la Cour constitutionnelle a déclaré la question d’inconstitutionnalité irrecevable. Dans la partie finale de son raisonnement, elle a fait observer que lorsqu’il y a conflit apparent entre une disposition nationale et la Convention telle qu’interprétée par la Cour, un doute sur la constitutionnalité du droit national peut naître uniquement si le conflit ne peut pas être résolu par voie d’interprétation. Il incombe en fait au juge national d’interpréter le droit national de façon conforme à la disposition internationale, dans la mesure où la loi le permet. Seulement si cela n’est pas possible le juge national peut saisir la Cour constitutionnelle de la question d’inconstitutionnalité.
2. La Cour de cassation
37. La Cour de cassation a réaffirmé sa thèse selon laquelle la confiscation litigieuse est une sanction de nature administrative. Il en découle que l’application de la sanction est autorisée même lorsque la procédure pénale pour lotissement abusif ne se termine pas avec la condamnation de l’accusé (Sec. 3, arrêt no 39078 du 13 juillet 2009). Font exception les cas où l’intéressé est étranger à la commission des faits et sa bonne foi a été constatée (Sec. 3, arrêts no 36844 du 9 juillet 2009 et no 397153 du 6 octobre 2010,).
38. Lorsque la prescription de l’infraction de lotissement abusif est acquise avant le début de l’action pénale, le juge qui prononce le non-lieu ne peut pas infliger la confiscation litigieuse. Lorsque la prescription est acquise après le début de l’action pénale, le juge qui prononce le non-lieu peut infliger la sanction litigieuse (Sec. 3, arrêt no 5857 de 2011).
39. Même si la prescription est acquise, le juge peut acquitter l’accusé sur le fond s’il ressort manifestement du dossier que l’accusé n’a pas commis les faits reprochés, que les faits n’ont pas eu lieu (il fatto non sussiste), que l’infraction n’est pas constituée ou que les faits ne relèvent pas du droit pénal (article 129 § 2 du code de procédure pénale).
3. La loi no 102 de 2009
40. Aux termes de l’article 4ter de la loi no 102 du 3 août 2009, « sans toucher aux effets de la révocation de la confiscation des biens (…), lorsque la Cour européenne des droits de l’homme a trouvé une violation de la Convention en raison de la confiscation, l’estimation des biens doit se faire sur base de la destination urbanistique actuelle et sans tenir compte (de la valeur) des ouvrages construits (sur les terrains confisqués). Si des travaux de mise en valeur des biens confisqués ou une réparation extraordinaire ont été effectués il faut en tenir compte, et calculer par rapport au moment de la restitution aux ayants droit. Il faut en outre tenir compte, en calculant de la même façon, des frais engagés pour la démolition des ouvrages et pour la remise en l’état des lieux ».
D. Les décisions à l’issue d’une procédure pénale
41. La prescription figure parmi les causes pour lesquelles une procédure pénale peut aboutir à une décision de non-lieu. Lorsque le non-lieu pour prescription est prononcé, l’infraction s’éteint et, par conséquent, l’on ne peut appliquer de peines (Cour constitutionnelle no 85 de 2008).
42. Le juge prononce un acquittement sur le fond chaque fois que la preuve de l’innocence est acquise, chaque fois qu’il y a insuffisance de preuves ou si les preuves sont contradictoires (article 530 du code de procédure pénale). Toutefois, lorsque la prescription est avérée, l’article 129 § 2 ne permet d’acquitter sur le fond que s’il ressort de manière manifeste du dossier que l’accusé n’a pas commis les faits reprochés, que les faits n’ont pas eu lieu, que l’infraction n’est pas constituée ou que les faits ne relèvent pas du droit pénal, le juge peut acquitter l’accusé (voir également le paragraphe 39 ci-dessus).
43. Le juge ne peut condamner que si l’accusé est coupable au-delà de tout doute raisonnable (article 533 du code de procédure pénale). Il peut alors infliger la peine.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 7 DE LA CONVENTION
44. Le requérant dénonce l’illégalité de la confiscation qui a frappé ses biens au motif que cette sanction aurait été infligée en l’absence d’un jugement de condamnation. Il allègue la violation de l’article 7 de la Convention, qui dispose :
« 1. Nul ne peut être condamné pour une action ou une omission qui, au moment où elle a été commise, ne constituait pas une infraction d’après le droit national ou international. De même il n’est infligé aucune peine plus forte que celle qui était applicable au moment où l’infraction a été commise.
2. Le présent article ne portera pas atteinte au jugement et à la punition d’une personne coupable d’une action ou d’une omission qui, au moment où elle a été commise, était criminelle d’après les principes généraux de droit reconnus par les nations civilisées. »
A. Sur la recevabilité
45. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments du requérant
46. Le requérant se plaint d’avoir fait l’objet d’une sanction pénale qui a été appliquée malgré l’absence de condamnation. Il observe qu’en droit italien l’action pénale ne peut être poursuivie quand une infraction pénale est prescrite. En l’espèce, selon le requérant la prescription était acquise en août 2001 déjà. Toutefois, l’action pénale s’est poursuivie jusqu’en 2008 dans le seul but de pouvoir infliger une peine.
Le requérant fait en outre remarquer l’inégalité entre les situations suivantes. Normalement le juge doit acquitter l’accusé chaque fois qu’il y a insuffisance de preuves ou en présence de preuves contradictoires (article 530 CPP) ou lorsque l’accusé ne peut pas être tenu pour responsable au-delà de tout doute raisonnable (article 533 CPP). Toutefois, si l’infraction est prescrite, le juge ne peut acquitter sur le fond que s’il est manifeste que l’accusé n’a pas commis les faits ou que les faits ne subsistent pas ou que les faits ne constituent pas une infraction ou qu’ils ne relèvent pas du droit pénal (article 129, 2o CPP). Il y a donc inversion de la charge de la preuve, dans la mesure où le requérant a dû essayer de démonter l’évidence de son innocence, et cette situation n’est pas compatible avec les garanties du procès équitable et avec la Convention.
47. Par ailleurs, le requérant rappelle que le projet de lotissement a été autorisé par la ville de Cassano delle Murge ; qu’il a construit conformément aux permis de construire qui lui ont été délivrés ; qu’il a reçu l’assurance que son projet était conforme aux dispositions applicables. Selon lui, la conduite des autorités, qui ont d’abord autorisé et même encouragé le projet de construction et qui, par la suite, ont radicalement changé d’attitude après avoir permis l’achèvement des travaux, est hautement critiquable. Enfin, le requérant précise que si ses voisins ont décidé de ne pas poursuivre avec le projet de lotissement, ceci n’a aucun rapport avec la conformité ou pas du projet même avec le droit national.
2. Arguments du Gouvernement
48. Le Gouvernement observe d’emblée qu’à la suite du constat de violation consigné dans l’arrêt Sud Fondi (Sud Fondi srl et autres c. Italie, no 75909/01, 20 janvier 2009), la Cour constitutionnelle (arrêt no 239 du 24 juillet 2009) a dit que la loi nationale doit être interprétée conformément à la Convention et que, selon les principes établis dans l’arrêt Sud Fondi, « la confiscation ne peut pas découler automatiquement d’une urbanisation abusive, abstraction faite de la responsabilité des faits ».
En outre, la loi no 102 du 3 août 2009 a introduit la mainlevée de la confiscation et des critères d’indemnisation pour ceux qui ont subi une confiscation non justifiée au regard de la Convention.
49. Le Gouvernement observe ensuite qu’en droit italien la confiscation litigieuse est toujours considérée par les juridictions comme étant une sanction administrative. C’est pourquoi le fait d’infliger cette sanction au cas d’espèce est compatible avec l’article 7 de la Convention.
A la différence de l’affaire Sud Fondi, en l’espèce le requérant n’a pas été acquitté sur le fond mais il a bénéficié d’un non-lieu pour cause de prescription. Selon lui, le requérant aurait pu renoncer à l’application de la prescription et demander au juge de décider aux termes de l’article 129 § 2 du code de procédure pénale. En tout cas, se référant à la jurisprudence de la Cour de cassation (arrêt no 5857 du 16 février 2011), le Gouvernement fait observer qu’en l’espèce la prescription n’était pas acquise avant le début de l’action pénale, ce qui plaide en faveur de la légalité de la sanction infligée.
Les ouvrages réalisés se heurtaient de manière objective à des dispositions de loi ; l’infraction d’urbanisation abusive était donc constituée car le projet de lotissement était abusif. Selon le Gouvernement, le requérant connaissait l’existence des contraintes de paysage. Les voisins du requérant se seraient dissociés du projet pour ne pas être impliqués dans une spéculation immobilière. L’article 7 de la Convention n’a pas été violé car les dispositions applicables étaient accessibles et prévisibles. En se conduisant comme il s’est conduit le requérant savait qu’il s’exposait au risque de subir la confiscation des biens. Cette sanction était donc une conséquence prévisible.
50. Pour le cas où la Cour conclurait à une violation de la Convention, le Gouvernement demande à ce qu’il soit tenu de ces arguments aux fins de la satisfaction équitable.
3. Appréciation de la Cour
a) Applicabilité de l’article 7 de la Convention
51. La Cour rappelle que, dans l’affaire Sud Fondi (Sud Fondi srl et autres c. Italie, décision précitée) elle a dit que la confiscation litigieuse s’analyse en une peine. Partant, l’article 7 de la Convention trouve à s’appliquer.
b) Principes applicables
52. La garantie que consacre l’article 7, élément essentiel de la prééminence du droit, occupe une place primordiale dans le système de protection de la Convention, comme l’atteste le fait que l’article 15 n’y autorise aucune dérogation en temps de guerre ou autre danger public. Ainsi qu’il découle de son objet et de son but, on doit l’interpréter et l’appliquer de manière à assurer une protection effective contre les poursuites, les condamnations et les sanctions arbitraires (arrêts S.W. c. Royaume-Uni, 22 novembre 1995, § 34, série A no 335 B et C.R. c. Royaume-Uni du 22 novembre 1995, série A nos 335-B et 335-C, § 32).
53. L’article 7 § 1 consacre notamment le principe de la légalité des délits et des peines (nullum crimen, nulla poena sine lege). S’il interdit en particulier d’étendre le champ d’application des infractions existantes à des faits qui, antérieurement, ne constituaient pas des infractions, il commande en outre de ne pas appliquer la loi pénale de manière extensive au détriment de l’accusé, par exemple par analogie (voir, parmi d’autres, Coëme et autres c. Belgique, nos 32492/96, 32547/96, 32548/96, 33209/96 et 33210/96, §145, CEDH 2000 VII).
54. Il s’ensuit que la loi doit définir clairement les infractions et les peines qui les répriment (Achour c. France [GC], no 67335/01, § 41, CEDH 2006 IV). Cette condition se trouve remplie lorsque le justiciable peut savoir, à partir du libellé de la disposition pertinente et au besoin à l’aide de l’interprétation qui en est donnée par les tribunaux, quels actes et omissions engagent sa responsabilité pénale.
55. La notion de « droit » (« law ») utilisée à l’article 7 correspond à celle de « loi » qui figure dans d’autres articles de la Convention ; elle englobe le droit d’origine tant législative que jurisprudentielle et implique des conditions qualitatives, entre autres celles de l’accessibilité et de la prévisibilité (Cantoni c. France, 15 novembre 1996, § 29, Recueil des arrêts et décisions 1996 V ; S.W., précité, § 35 ; Kokkinakis c. Grèce, 25 mai 1993, §§ 40-42, série A no 260 A). Aussi clair que le libellé d’une disposition légale puisse être, dans quelque système juridique que ce soit, y compris le droit pénal, il existe immanquablement un élément d’interprétation judiciaire. Il faudra toujours élucider les points douteux et s’adapter aux changements de situation. D’ailleurs il est solidement établi dans la tradition juridique des Etats parties à la Convention que la jurisprudence, en tant que source du droit, contribue nécessairement à l’évolution progressive du droit pénal. On ne saurait interpréter l’article 7 de la Convention comme proscrivant la clarification graduelle des règles de la responsabilité pénale par l’interprétation judiciaire d’une affaire à l’autre, à condition que le résultat soit cohérent avec la substance de l’infraction et raisonnablement prévisible (Streletz, Kessler et Krenz c. Allemagne [GC], nos 34044/96, 35532/97 et 44801/98, § 50, CEDH 2001 II).
56. La portée de la notion de prévisibilité dépend dans une large mesure du contenu du texte dont il s’agit, du domaine qu’il couvre ainsi que du nombre et de la qualité de ses destinataires. La prévisibilité d’une loi ne s’oppose pas à ce que la personne concernée soit amenée à recourir à des conseils éclairés pour évaluer, à un degré raisonnable dans les circonstances de la cause, les conséquences pouvant résulter d’un acte déterminé. Il en va spécialement ainsi des professionnels, habitués à devoir faire preuve d’une grande prudence dans l’exercice de leur métier. Aussi peut-on attendre d’eux qu’ils mettent un soin particulier à évaluer les risques qu’il comporte (Pessino c. France, no 40403/02, § 33, 10 octobre 2006).
57. La tâche qui incombe à la Cour est donc de s’assurer que, au moment où un accusé a commis l’acte qui a donné lieu aux poursuites et à la condamnation, il existait une disposition légale rendant l’acte punissable et que la peine imposée n’a pas excédé les limites fixées par cette disposition (Murphy c. Royaume-Uni, no 4681/70, décision de la Commission, 3 et 4 octobre 1972, Recueil de décisions 43 ; Coëme et autres, précité, § 145).
c) L’application de ces principes dans la présente affaire
58. La Cour rappelle que dans l’affaire Sud Fondi (Sud Fondi srl et autres c. Italie précitée, §§ 112 et 114), elle avait conclu que l’application de la confiscation en dépit de la décision d’acquittement des requérantes était sans base légale et arbitraire et violait l’article 7 de la Convention. L’acquittement avait été prononcé au motif que les requérantes avaient commis une erreur inévitable et excusable dans l’interprétation de la loi.
59. En l’espèce, le requérant a bénéficié d’un non-lieu au motif que l’infraction de lotissement abusif était prescrite et il a fait l’objet d’une sanction pénale, à savoir la confiscation des ouvrages construits et des terrains concernés par le projet de lotissement litigieux. La Cour se doit d’examiner si l’application d’une telle sanction est compatible avec l’article 7 de la Convention.
60. En premier lieu, la Cour constate qu’aux termes de la disposition applicable (paragraphe 30 ci-dessus), la confiscation des ouvrages abusifs aussi bien que des terrains lotis de manière abusive est autorisée lorsque les juridictions pénales ont établi par une « décision définitive » que le lotissement est abusif. Ce texte ne précise pas que cette « décision définitive » doit être un arrêt de condamnation.
Les juridictions nationales ont interprété cette disposition dans le sens qu’il était possible d’appliquer la sanction sans condamnation à partir du moment où elles ont considéré qu’il s’agissait d’une sanction administrative. La Cour note à cet égard qu’il existe un principe en droit national (voir droit interne chapitres A. et D.) selon lequel l’on ne peut pas punir un accusé en l’absence de condamnation. En particulier, lorsque l’infraction s’éteint pour cause de prescription, l’on ne peut pas infliger une peine (paragraphe 41 ci-dessus). En outre, l’interprétation de la disposition applicable de la part des juridictions nationales s’est faite au détriment de l’accusé.
61. En deuxième lieu, la Cour voit mal comment la punition d’un accusé dont le procès n’a pas abouti à une condamnation pourrait se concilier avec l’article 7 de la Convention, disposition qui explicite le principe de légalité en droit pénal.
62. Etant donné que personne ne peut être reconnu coupable d’une infraction qui ne serait pas prévue par la loi, et que personne ne peut subir une peine qui ne serait pas prévue par la loi, une première conséquence est bien sûr l’interdiction pour les juridictions nationales d’interpréter de manière extensive la loi au détriment de l’accusé, faute de quoi celui-ci pourrait être puni pour un comportement qui n’est pas prévu comme étant une infraction.
63. Une autre conséquence d’importance capitale fondamentale découle du principe de légalité en droit pénal : l’interdiction de punir une personne alors que l’infraction a été commise par une autre.
64. La Cour a eu jusqu’à présent l’opportunité de se pencher sur cette question sous l’angle de l’article 6 § 2 de la Convention.
65. Dans l’affaire A.P., M.P. et T.P. c. Suisse, 29 août 1997, Recueil des arrêts et décisions 1997 V), des héritiers avaient été punis pour des actes délictueux commis par le défunt. La Cour a estimé que la sanction pénale infligée aux héritiers pour une fraude fiscale imputée au défunt ne se conciliait pas avec une règle fondamentale du droit pénal, selon laquelle la responsabilité pénale ne survit pas à l’auteur de l’acte délictueux (ibid., § 48). C’est ce que le droit suisse reconnaissait explicitement, et la Cour a affirmé que cette règle est aussi requise pour la présomption d’innocence consacrée à l’article 6 § 2 de la Convention. Hériter de la culpabilité du défunt n’est pas compatible avec les normes de la justice pénale dans une société régie par la prééminence du droit. Ce principe a été réaffirmé dans l’affaire Lagardère (Lagardère c. France, no 18851/07, 12 avril 2012, § 77), où la Cour a rappelé que la règle selon laquelle la responsabilité pénale ne survit pas à l’auteur de l’acte délictueux est aussi requise non seulement pour la présomption d’innocence consacrée à l’article 6 § 2 de la Convention, mais en outre qu’hériter de la culpabilité du défunt n’est pas compatible avec les normes de la justice pénale dans une société régie par la prééminence du droit.
66. Etant donné le rapprochement entre les articles 6 § 2 et 7 § 1 de la Convention (Guzzardi c. Italie, 6 novembre 1980, § 100, série A no 39), la Cour estime que la règle qu’elle vient de rappeler est également valide sous l’angle de l’article 7 de la Convention, qui commande d’interdire qu’en droit pénal l’on puisse répondre pour le fait d’autrui. En effet, s’il est vrai que toute personne doit pouvoir établir à tout moment ce qui est permis et ce qui est interdit par le biais de lois précises et claires, l’on ne saurait concevoir alors un système qui punisse ceux qui ne sont pas responsables, car un tiers l’a été.
67. L’on ne peut pas non plus concevoir un système où une personne innocentée ou, en tout cas, sans aucun degré de responsabilité pénale consignée dans un verdict de culpabilité subisse une peine. C’est une troisième conséquence du principe de légalité en droit pénal : l’interdiction d’infliger une peine sans constat de responsabilité, qui découle elle aussi de l’article 7 de la Convention.
68. Ce principe a été, lui aussi, affirmé par la Cour au regard de l’article 6 § 2 de la Convention. Dans l’affaire Geerings (Geerings c. Pays-Bas, no 30810/03, § 47, 1er mars 2007), les tribunaux nationaux avaient confisqué les biens de l’intéressé car ils avaient estimé que celui-ci avait tiré profit du crime en question même si le requérant n’avait jamais été trouvé en possession de biens dont il n’avait pas été capable d’expliquer l’origine. La Cour avait estimé que la confiscation des « bénéfices obtenus illégalement » était une mesure inappropriée d’autant plus que l’intéressé n’avait pas été déclaré coupable du crime et qu’il n’avait pu être jamais établi que celui-ci ait tiré profit de ce crime. La Cour avait estimé que cette situation ne pouvait pas être compatible avec la présomption d’innocence et avait conclu à la violation de l’article 6 § 2 de la Convention.
69. Le rapprochement de l’article 5 § 1 a) avec les articles 6 § 2 et 7 § 1 montre qu’aux fins de la Convention il ne saurait y avoir « condamnation » sans l’établissement légal d’une infraction – pénale ou, le cas échéant, disciplinaire (Engel et autres c. Pays-Bas, 8 juin 1976, § 68, série A no 22 ; Guzzardi c. Italie, 6 novembre 1980, § 100, série A no 39). De même, il ne peut y avoir de peine sans l’établissement d’une responsabilité personnelle.
70. Certes, les Etats contractants demeurent libres, en principe, de réprimer au pénal un acte accompli hors de l’exercice normal de l’un des droits que protège la Convention et, partant, de définir les éléments constitutifs de pareille infraction. Ils peuvent notamment, toujours en principe et sous certaines conditions, rendre punissable un fait matériel ou objectif considéré en soi, qu’il procède ou non d’une intention délictueuse ou d’une négligence ; leur législations respectives en offrent des exemples (Salabiaku c. France, 7 octobre 1988, série A no 141, § 27). Le même principe a été affirmé dans Janosevic c. Suède (no 34619/97, 23 juillet 2002, § 68) où la Cour a ajouté que « l’absence d’éléments subjectifs ne prive pas nécessairement une infraction de son caractère pénal ; de fait, les législations des Etats contractants offrent des exemples d’infractions pénales fondées uniquement sur des éléments objectifs ». L’article 7 de la Convention ne requiert pas expressément de « lien psychologique » ou « intellectuel » ou « moral » entre l’élément matériel de l’infraction et la personne qui en est considérée l’auteur. La Cour a d’ailleurs récemment conclu à la non-violation de l’article 7 dans un cas où une amende pénale avait été infligée à une partie requérante qui avait commis une infraction avérée sans intention ou faute de sa part (Valico S.r.l. c. Italie (déc.), no 70074/01, CEDH 2006 III). Le constat de responsabilité était suffisant pour justifier de l’application de la sanction.
71. La logique de la « peine » et de la « punition », et la notion de « guilty » (dans la version anglaise) et la correspondante notion de « personne coupable » (dans la version française), militent pour une interprétation de l’article 7 qui exige, pour punir, une déclaration de responsabilité par les juridictions nationales, qui puisse permettre d’imputer l’infraction et d’infliger la peine à son auteur. A défaut de quoi, la punition n’aurait pas de sens (Sud Fondi et autres, précité, § 116). Il serait en effet incohérent d’exiger, d’une part, une base légale accessible et prévisible et de permettre, d’autre part, une punition quand, comme en l’espèce, la personne concernée n’a pas été condamnée.
72. Dans la présente affaire, la sanction pénale infligée au requérant, alors que l’infraction pénale était éteinte et que sa responsabilité n’a pas été consignée dans un jugement de condamnation, ne se concilie pas avec les principes de légalité pénale que la Cour vient d’expliciter et qui font partie intégrante du principe de légalité que l’article 7 de la Convention commande d’observer. Dès lors, la sanction litigieuse n’est pas prévue par la loi au sens de l’article 7 de la Convention et est arbitraire.
73. Partant, il y a eu violation de l’article 7 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 2 DE LA CONVENTION
74. Le requérant allègue que la confiscation qui lui a été infligée en dépit de la décision de non-lieu a méconnu le principe de la présomption d’innocence, tel que prévu par l’article 6 § 2 de la Convention, ainsi libellé :
« 2. Toute personne accusée d’une infraction est présumée innocente jusqu’à ce que sa culpabilité ait été légalement établie ».
75. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
76. La Cour relève que ce grief est lié à celui examiné ci-dessus et doit donc aussi être déclaré recevable.
77. Elle note ensuite que ce grief est étroitement lié aux faits qui l’ont amenée à conclure à une violation de l’article 7 de la Convention. Dans ces conditions, la Cour juge qu’il n’y a pas lieu de statuer séparément sur le grief tiré de la violation de cette disposition.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
78. Le requérant dénonce l’illégalité ainsi que le caractère disproportionné de la confiscation qui a frappé ses biens. Il allègue la violation de l’article 1 du Protocole no 1, qui dispose dans sa partie pertinente ainsi :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général (…). »
79. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
80. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
81. Le requérant reprend pour l’essentiel les arguments soulevés sous l’angle de l’article 7 et demande à la Cour de conclure à la violation de cette disposition. Il observe en outre que la sanction litigieuse est disproportionnée, dans la mesure où 90 % des terrains confisqués ne sont pas construits.
82. Le Gouvernement conteste cette thèse. Selon lui, les conditions de légalité et de proportionnalité sont respectées, étant donné que le but dissuasif de la confiscation la rend proportionnée même si elle vise tout le territoire environnant et non seulement les bâtiments construits. Le Gouvernement demande à la Cour de tenir compte de ces arguments aux fins de la satisfaction équitable au cas où elle conclurait à une violation de la Convention.
2. Appréciation de la Cour
a) Sur l’applicabilité de l’article 1 du Protocole no 1
83. Comme elle l’a dit dans l’affaire Sud Fondi (précité, §§ 125, 129), la confiscation des terrains et des bâtiments litigieux dont les requérantes étaient propriétaires a constitué une ingérence dans la jouissance de leur droit au respect des biens. Force est de conclure que l’article 1 du Protocole no 1 s’applique. Reste à savoir si cette situation est couverte par la première ou la deuxième norme de cette disposition. L’article 1 du Protocole no 1 contient trois normes distinctes : la première, qui s’exprime dans la première phrase du premier alinéa et revêt un caractère général, énonce le principe du respect de la propriété ; la deuxième, figurant dans la seconde phrase du même alinéa, vise la privation de propriété et la soumet à certaines conditions ; quant à la troisième, consignée dans le second alinéa, elle reconnaît aux Etats le pouvoir, entre autres, de réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général. Il ne s’agit pas pour autant de règles dépourvues de rapport entre elles. La deuxième et la troisième ont trait à des exemples particuliers d’atteintes au droit de propriété ; dès lors, elles doivent s’interpréter à la lumière du principe consacré par la première (voir, entre autres, James et autres c. Royaume-Uni, 21 février 1986, § 37, série A no 98, et Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 55, CEDH 1999-II).
Dans l’affaire Sud Fondi (précité, §§ 128-129), la Cour a dit :
« 128. La Cour note que la présente affaire se différencie de l’affaire Agosi c. Royaume-Uni (arrêt du 24 octobre 1986, série A no108), où la confiscation a été ordonnée à l’égard de biens constituant l’objet de l’infraction (objectum sceleris), à la suite de la condamnation des prévenus, car en l’espèce la confiscation a été ordonnée à la suite d’un acquittement. Pour la même raison, la présente affaire se distingue de C.M. c. France ([déc.], no 28078/95, CEDH 2001 VII) ou d’Air Canada c. Royaume-Uni (arrêt du 5 mai 1995, série A no 316 A), où la confiscation, ordonnée après la condamnation des accusés, avait frappé des biens qui étaient l’instrumentum sceleris et qui se trouvaient en possession de tiers. S’agissant des revenus d’une activité criminelle (productum sceleris), la Cour rappelle qu’elle a examiné une affaire où la confiscation avait suivi la condamnation du requérant (voir Phillips v. the United Kingdom, no 41087/98, §§ 9-18, ECHR 2001-VII) ainsi que des affaires où la confiscation avait été ordonnée indépendamment de l’existence de toute procédure pénale, car le patrimoine des requérantes était présumé être d’origine illicite (voir Riela et autres c. Italie (déc.), no 52439/99, 4 septembre 2001; Arcuri et autres c. Italie (déc.), no 52024/99, 5 juillet 2001; Raimondo c. Italie, 22 février 1994, Série A no 281-A, § 29) ou être utilisé pour des activités illicites (Butler c. Royaume-Uni (déc.) no 41661/98, 27 juin 2002). Dans la première affaire citée ci-dessus, la Cour a dit que la confiscation constituait une peine au sens du deuxième paragraphe de l’article 1 du Protocole no 1 (Phillips, arrêt précité, § 51, et, mutatis mutandis, Welch c. Royaume-Uni, 9 février 1995, série A no 307-A, § 35), tandis que dans les autres affaires elle a estimé qu’il s’agissait de la réglementation de l’usage des biens.
129. Dans le cas d’espèce, la Cour estime qu’il n’est pas nécessaire de déterminer si la confiscation tombe dans la première ou dans la deuxième catégorie, car dans tous les cas c’est le deuxième paragraphe de l’article 1 du Protocole no 1 qui s’applique (Frizen c. Russie, no 58254/00, § 31, 24 mars 2005). »
A l’instar de l’affaire Sud Fondi (précité, § 129), la Cour estime qu’il n’est pas nécessaire de déterminer si la confiscation tombe dans la première ou dans la deuxième catégorie, car dans tous les cas c’est le deuxième paragraphe de l’article 1 du Protocole no 1 qui s’applique.
b) Sur l’observation de l’article 1 du Protocole no 1
84. La Cour rappelle que l’article 1 du Protocole no 1 exige, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale : la seconde phrase du premier alinéa de cet article n’autorise une privation de propriété que « dans les conditions prévues par la loi » ; le second alinéa reconnaît aux Etats le droit de réglementer l’usage des biens en mettant en vigueur des « lois ». De plus, la prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique, est inhérente à l’ensemble des articles de la Convention (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999 II ; Amuur c. France, 25 juin 1996, § 50, Recueil 1996 III). Il s’ensuit que la nécessité de rechercher si un juste équilibre a été maintenu entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, § 69, série A no 52 ; Ex-roi de Grèce et autres c. Grèce [GC], no 25701/94, § 89, CEDH 2000 XII) ne peut se faire sentir que lorsqu’il s’est avéré que l’ingérence litigieuse a respecté le principe de la légalité et n’était pas arbitraire.
85. La Cour vient de constater que l’infraction par rapport à laquelle la confiscation a été infligée au requérant n’était pas prévue par la loi au sens de l’article 7 de la Convention et était arbitraire (paragraphes 72-73 ci-dessus). Cette conclusion l’amène à dire que l’ingérence dans le droit au respect des biens du requérant était contraire au principe de la légalité et était arbitraire et qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1. Cette conclusion dispense la Cour de rechercher s’il y a eu rupture du juste équilibre.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
86. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
87. Le requérant demande la restitution des biens confisqués plus une somme de 500 000 euros (EUR) au titre d’indemnisation pour la détérioration des ouvrages. En outre, il sollicite le versement de 250 000 EUR au titre du préjudice moral.
88. Le Gouvernement s’oppose à l’octroi de toute somme car il estime que la requête ne pose aucun problème au regard de la Convention. Au cas où la Cour conclurait à une violation, il demande à ce que le fait que le requérant n’a pas été acquitté sur le fond soit pris en compte aux fins de la satisfaction équitable.
89. La Cour considère que, dans les circonstances de la cause, la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état pour ce qui est du dommage matériel, étant donné la complexité de l’affaire et l’éventualité que les parties trouvent une forme de réparation au niveau national. Partant, il y a lieu de réserver cette question et de fixer la procédure ultérieure en tenant compte d’un éventuel accord entre l’Etat défendeur et la requérante (article 75 § 1 du règlement).
90. S’agissant du dommage moral, la Cour, statuant en équité, alloue au requérant 10 000 EUR.
B. Frais et dépens
91. Le requérant ne sollicite pas le remboursement des frais et dépens encourus jusqu’à ce stade de la procédure. Dans ces circonstances, la Cour estime qu’aucune somme ne doit être versée de ce chef au requérant.
C. Intérêts moratoires
92. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR
1. Déclare, à l’unanimité, la requête recevable ;

2. Dit, par six voix contre une, qu’il y a eu violation de l’article 7 de la Convention ;

3. Dit, à l’unanimité, qu’il n’y a pas lieu d’examiner le grief tiré de l’article 6 § 2 de la Convention ;

4. Dit, à l’unanimité, qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 de la Convention ;

5. Dit à l’unanimité,
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, la somme de 10 000 EUR (dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

6. Dit, à l’unanimité, que la question de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état pour le dommage matériel ; en conséquence,
a) réserve cette question ;
b) invite le Gouvernement et le requérant à lui donner connaissance, dans les six mois, de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure et délègue au président le soin de la fixer au besoin ;

7. Rejette, à l’unanimité, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 29 octobre 2013, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Danutė Jočienė
Greffier Présidente

Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion séparée du juge Pinto de Albuquerque.
D.J.
S.H.N.

OPINION EN PARTIE CONCORDANTE, EN PARTIE DISSIDENTE DU JUGE PINTO DE ALBUQUERQUE
Dans l’affaire Varvara, la Cour est de nouveau confrontée à une confiscation ne reposant sur aucune condamnation prononcée dans une procédure pénale. Si, dans l’affaire Sud Fondi srl et autres, la confiscation avait été ordonnée à l’encontre des sociétés requérantes qui étaient des tierces personnes par rapport aux accusés dans une procédure pénale à l’issue de laquelle ceux-ci avaient été acquittés au motif qu’il ne pouvait leur être reproché ni faute ni intention de commettre les faits délictueux et qu’ils avaient commis une « erreur inévitable et excusable » dans l’interprétation de dispositions régionales « obscures et mal formulées » , le requérant dans la présente affaire était lui-même accusé dans une procédure pénale où il a bénéficié d’un non-lieu pour prescription. Au vu des incertitudes de la jurisprudence de la Cour sur la question de principe de la compatibilité avec la Convention européenne des droits de l’homme (« la Convention ») des régimes de confiscation sans condamnation pénale et de confiscation élargie, la présente affaire aurait dû permettre à la Cour de clarifier les conditions et modalités de cet instrument fondamental de la politique pénale contemporaine, en tenant compte des développements du droit international des droits de l’homme, du droit pénal international, du droit pénal comparé et du droit de l’Union européenne. La chambre a choisi de ne pas le faire. C’est exactement ce que je me propose de faire dans cette opinion, en attendant l’urgente intervention clarificatrice de la Grande Chambre. Ainsi seront mises en évidence les raisons pour lesquelles je ne partage pas le constat de violation de l’article 7 de la Convention, bien que j’approuve le constat de violation de l’article 1 du Protocole no 1 et le non-lieu à statuer sur le terrain de l’article 6 § 2.

L’obligation internationale de confiscation des instruments et produits du crime

Le droit international reconnaît depuis longtemps l’importance capitale de la confiscation en tant que mesure de lutte contre les formes plus graves de la criminalité, comme par exemple le trafic de stupéfiants, le terrorisme, la criminalité transnationale organisée et la corruption.
L’article 37 de la Convention unique sur les stupéfiants de 1961, modifiée par le Protocole de 1972, prévoit la confiscation de tous stupéfiants, toutes substances (obiectum sceleris) et tout matériel utilisés pour commettre l’une quelconque des infractions visées à l’article 36 ou destinés à commettre une telle infraction (instrumentum sceleris). L’article 22 (3) de la Convention sur les substances psychotropes de 1971 reprend cette disposition. L’article 5 de la Convention des Nations unies de 1988 contre le trafic illicite de stupéfiants et de substances psychotropes élargit la confiscation au-delà des stupéfiants, substances psychotropes, matériels et équipements ou autres instruments utilisés ou destinés à être utilisés de quelque manière que ce soit pour les infractions établies conformément au paragraphe 1 de l’article 3 de ladite Convention, pour inclure les produits tirés des infractions établies conformément à ce paragraphe ou des biens dont la valeur correspond à celle desdits produits (productum sceleris). Les revenus ou autres avantages tirés de ce produit du crime, des biens en lesquels le produit a été transformé ou converti ou des biens auxquels il a été mêlé peuvent aussi faire l’objet d’une confiscation, sauf en cas d’atteinte aux droits des tiers de bonne foi. La charge de la preuve de l’origine licite du produit présumé du crime ou d’autres biens confiscables peut être placée sur le défendeur . Ce régime de confiscation a été repris dans plusieurs autres dispositions internationales contraignantes, tels que les articles 77 (2) (b), 93 (1) (k), et 109 (1) du Statut de Rome de 1998 de la Cour Pénale Internationale , l’article 8 de la Convention internationale de 1999 pour la répression du financement du terrorisme , l’article 12 de la Convention des Nations unies de 2000 contre la criminalité transnationale organisée , l’article 31 de la Convention des Nations unies de 2003 contre la corruption , et l’article 16 de la Convention de l’Union africaine de 2003 sur la prévention et la lutte contre la corruption .
En Europe, la règle internationale en matière de confiscation est bien ancrée. Dans le cadre du Conseil de l’Europe, les articles 2 et 13 de la Convention du Conseil de l’Europe de 1990 relative au blanchiment, au dépistage, à la saisie et à la confiscation des produits du crime prévoyaient déjà la confiscation des instruments et produits du crime, la confiscation de la valeur équivalente et la confiscation sans condamnation pénale . Les articles 5 et 23 de la Convention de 2005 relative au blanchiment, au dépistage, à la saisie et à la confiscation des produits du crime et au financement du terrorisme ont précisé les dispositions précédentes .
Le cadre juridique actuel de l’Union Européenne en matière de confiscation des instruments et produits du crime est constitué par plusieurs textes : la décision-cadre 2001/500/JAI, qui fait obligation aux Etats membres de ne pas formuler ni maintenir de réserves à l’égard des dispositions de la convention du Conseil de l’Europe sur la confiscation lorsque l’infraction est punie d’une peine privative de liberté ou d’une mesure de sûreté d’une durée maximale supérieure à un an, d’autoriser la confiscation en valeur lorsque les produits directs du crime ne peuvent pas être appréhendés et de veiller à ce que les demandes émanant des autres Etats membres soient traitées avec le même degré de priorité que celui accordé aux procédures intérieures ; la décision-cadre 2003/577/JAI, qui prévoit la reconnaissance mutuelle des décisions de gel ; la décision-cadre 2005/212/JAI, qui prévoit la confiscation ordinaire, y compris la confiscation en valeur, pour toutes les infractions passibles d’une peine privative de liberté d’une durée maximale d’un an et la confiscation de tout ou partie des biens détenus par une personne reconnue coupable de certaines infractions graves, lorsqu’elles sont « commises dans le cadre d’une organisation criminelle », sans établir une relation entre les avoirs présumés d’origine criminelle et une infraction précise ; la décision-cadre 2006/783/JAI, qui prévoit la reconnaissance mutuelle des décisions de confiscation ; et la décision 2007/845/JAI du Conseil relative à la coopération entre les bureaux de recouvrement des avoirs des Etats membres .
Enfin, une opinio iuris solide en faveur de règles internationales en matière de confiscation des instruments et produits du crime s’est dégagée avec l’adoption par plusieurs organisations internationales de recommandations et de guides de meilleurs

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

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