TERZA SEZIONE
CAUSA VARODI C. ROMANIA
( Richiesta no 8704/06)
SENTENZA
STRASBURGO
19 gennaio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Varodi c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta dai:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 15 dicembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 8704/06) diretta contro la Romania e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra V. V. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 24 febbraio 2006 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 7 maggio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato inoltre deciso che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La richiedente è nata nel 1942 e risiede a Sânmartin.
5. I genitori della richiedente erano i proprietari di un quarto del diritto di proprietà su un immobile situato ad Oradea, ai numeri 11 e 11-13 di via Iuliu Maniu (“l’immobile”).
6. In una data non-precisata, lo stato prese possesso della loro proprietà in virtù del decreto di statalizzazione no 92/1950.
7. Coi contratti di vendita conclusi nel 1996 e 1997, lo stato vendette parecchi appartamenti che componevano l’immobile a terzi.
8. Il 7 giugno 2001, la richiedente investì i tribunali di un’azione per annullamento dei contratti di vendita concernenti gli appartamenti numeri 1, 2, 3 e 4 dell’immobile, situato al no 11 di via Iuliu Maniu e dei contratti concernenti gli appartamenti numero 1 e 9, anticamente no 6, situati al
no 11-13 della stessa via. Il 17 gennaio 2002, la richiedente rinunciò alle sue pretese tese all’annullamento dei contratti di vendita concernenti gli appartamenti numeri 3 e 4 situati al no 11 di via Iuliu Maniu e l’appartamento no 1 situato al no 11-13 della stessa via. Fondò la sua rinuncia su un rapporto di perizia secondo cui la proprietà ereditata dalla richiedente era formata degli appartamenti numero 1 e 2 dell’immobile, situato al no 11 di via Iuliu Maniu, così come dell’appartamento no 9, situato al no 11-13 della stessa via (“i tre appartamenti”).
9. Con una sentenza definitiva del 23 novembre 2005, la corte di appello di Oradea, accolse parzialmente la sua azione e constatò che la statalizzazione dell’immobile era stata illegale. La corte negò di annullare i contratti attaccati, in ragione della buona fede dei terzi acquirenti.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
10. Le disposizioni legali, ivi compreso quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue modifiche susseguenti, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, §§ 31-33, CEDH 1999-VII), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, §§ 19-26, CEDH 2005-VII), Păduraru c. Romania (no 63252/00, §§ 38-53, 1 dicembre 2005), Tudor c. Romania, (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007) e Viaşu c. Romania, (no 75951/01, § 37-46, 9 dicembre 2008).
11. Risulta delle osservazioni del Governo che le misure tese all’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” sono state prese dalle autorità nazionali recentemente, in virtù in particolare dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
12. La richiedente adduce che l’impossibilità di ricuperare la proprietà del suo bene immobiliare che è stato venduto dallo stato, o di vedersi versare un’indennità corrispondente al suo valore reale ha portato attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, come previsto dall’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato nella sua parte pertinente:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
13. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
14. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati in cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
15. La richiedente oppone a questa tesi.
16. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso di specie e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere le cause sopraccitate) particolarmente Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59, e Porteanu, precitata, §§ 32-35).
17. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, la vendita, da parte dello stato, del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’altro, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59; Porteanu, precitato, §§ 32-35; e Moroianu ed altri c. Romania, no 25008/05, § 23, 13 novembre 2008).
18. Per quanto il Governo fa valere che è lecito alla richiedente ottenere un indennizzo tramite l’organismo di collocamento collettivo in valori mobiliari “Proprietatea” sulla base della legge no 10/2001, all’altezza del valore stabilito tramite perizia del bene, la Corte reitera la sua constatazione anteriore secondo cui il fondo “Proprietatea” non funziona attualmente in un modo suscettibile da essere considerato come equivalente alla concessione effettiva di un’indennità (vedere, tra altre, Faimblat c. Romania, no 23066/02, § 40, 13 gennaio 2009).
19. Questa conclusione è senza giudicare a priori ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere, nell’avvenire, i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come la richiedente, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione che sembra avviarsi in pratica e che va in materia nel buonsenso (paragrafo 11 sopra).
20. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà della richiedente sui suoi beni, combinato con la mancanza totale di indennizzo, le ha fatto subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nello specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
21. La richiedente si lamenta di un attentato al suo diritto ad un processo equo in ragione delle decisioni rese dalle giurisdizioni interne nel procedimento per annullamento dei contratti di vendita. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato nella sua parte pertinente:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
22. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano ai paragrafi 21-24, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis e tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I; e Denes ed altri c. Romania, no 25862/03, § 59, 30 marzo 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
23. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte viene trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
24. La conclusione alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalle deficienze della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare al più presto il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento, attualmente le leggi nuemri 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere, le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009; e Faimblat, precitata, §§ 48-54).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
25. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
26. La richiedente chiede la restituzione della sua parte dell’immobile o, in mancanza di tale restituzione, la somma di 166 100 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito, rappresentante il valore del suo bene. Non chiede alcun risarcimento per il suo eventuale danno morale.
27. Il Governo fa valere che l’oggetto della richiesta di risarcimento del danno patrimoniale può riguardare solamente i tre appartamenti, nella misura in cui la richiedente aveva rinunciato ai suoi capi di richiesta tesi ad ottenere l’annullamento dei contratti di vendita riguardanti gli altri appartamenti dell’immobile. Fornisce un rapporto di perizia secondo cui il valore reale dei tre appartamenti ammonta a 92 751 EUR.
28. La Corte osserva, col Governo, che gli appartamenti a cui fa riferimento la richiedente nel procedimento interno come rappresentanti la sua eredità sono i tre suddetti appartamenti (paragrafo 8 in fine sopra). Tenuto conto della posizione della richiedente a questo riguardo dinnanzi alle giurisdizioni interne e del fatto che l’interessata non ha desiderato contestare questo punto nelle sue osservazioni in risposta a quelle del Governo, la Corte stima che la restituzione dei tre appartamenti porrebbe per quanto possibile la richiedente in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
29. A difetto per lo stato convenuto di procedere ad una simile restituzione, la Corte decide che dovrà versare alla richiedente, per danno patrimoniale, una somma che corrisponde al valore reale del bene in questione. Trattandosi del calcolo di questi importi, la Corte nota la differenza che si separa la stima della richiedente da quella avanzata dak Governo in quanto al valore degli appartamenti. Tenuto conto delle informazione fornite dalle parti sui prezzi del mercato immobiliare locale, stima il valore dei beni in questione a 110 000 EUR.
B. Oneri e spese
30. La richiedente non chiede il rimborso degli oneri e delle spese.
C. Interessi moratori
31. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare separatamente l’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire alla richiedente gli appartamenti
nostro 1 e 2 dell’immobile situato ad Oradea, al no 11 di via Iuliu Maniu e l’appartamento no 9, anticamente no 6, dell’immobile situato ad Oradea, al no 11-13 di via Iuliu Maniu, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, nello stesso termine dei tre mesi, lo stato convenuto deve versare alla richiedente 110 000 EUR (cento diecimila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno patrimoniale, da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 19 gennaio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente