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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE VARFIS c. GRÈCE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, P1-1
Numero: 40409/08/2011
Stato: Grecia
Data: 2011-07-19 00:00:00
Organo: Sezione Prima
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1; Parzialmente inammissibile; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA VARFIS C. GRECIA
(Richiesta no 40409/08)
SENTENZA
(fondo)
STRASBURGO
19 luglio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Varfis c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Elisabetta Steiner, Khanlar Hajiyev, George Nicolaou, Mirjana Lazarova Trajkovska, Julia Laffranque, Linos-Alexandre Sicilianos, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 giugno 2011,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 40409/08) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 25 luglio 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da P. M, avvocato ad Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dai delegati del suo agente, la Sig.ra F. Dedousi, assessore presso il Consulente legale dello stato, ed il Sig. D. Kalogiros, revisore presso il Consulente legale dello stato.
3. Il richiedente adduce in particolare una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 3 giugno 2010, la vicepresidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1944 e risiede ad Atene.
6. Con un contratto del 27 novembre 1986, il richiedente acquisì un terreno di 5 090,25 m² in località Kaltetzi, a Maratona. Il suo avvocato che controllò i titoli di proprietà, constatò che il terreno si trovava ai limiti della frazione di Kaltetzi ed era a quell’ epoca edificabile.
7. Il 26 agosto 1988, lo stato pubblicò un decreto presidenziale che stabiliva delle zone di protezione del monte Pendeli e che fissava dei limiti alla costruzione. Il terreno del richiedente fu incluso nella zona di protezione A, dove era autorizzata solo la costruzione di edifici destinati al tempo libero ed agli sport così come dei rifugi di montagna.
8. Il 3 settembre 2004, il richiedente investì la prefettura dell’Attica dell’est di una richiesta tesa a fare togliere le restrizioni che pesavano sul suo terreno. Adduceva delle violazioni degli articoli 6, 13 e 17 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Pretendeva che il suo terreno era edificabile e che il decreto lo rendeva inutilizzabile, senza contemplare alcuna indennità. Sosteneva anche che era per errore che l’amministrazione l’aveva incluso nella zona di protezione A. Precisava che l’amministrazione si basava sull’interesse generale, così che gli articoli 105 del codice di accompagnamento del codice civile e 914 del codice civile non potevano entrare in gioco. Infine, richiedeva, a titolo di indennità, la somma di 500 000 euro (EUR).
9. La prefettura non avendo risposto entro tre mesi, il richiedente investì, il 6 dicembre 2004, il Consiglio di stato di un ricorso per annullamento.
10. Con una sentenza del 16 aprile 2008, emessa in copia definitiva il 1 ottobre 2008, il Consiglio di stato respinse questo ricorso. Secondo lui, il decreto controverso non aveva espropriato la proprietà del richiedente ma aveva imposto delle restrizioni tese alla protezione ed al collocamento in valore di certi siti dell’Attica tra cui il monte Pendeli che era stato designato come sito di una bellezza naturale eccezionale da una decisione del ministro del Coordinamento del 27 marzo 1969. Queste restrizioni che erano stabilite secondo i criteri obiettivi a favore dell’interesse generale, non rendevano la proprietà inutilizzabile rispetto alla sua destinazione. Per i terreni situati fuori dal piano della città come quello del richiedente, questa destinazione non era la costruzione o lo sfruttamento turistico, ma lo sfruttamento agricolo e silvicolo così come il divertimento del pubblico. Ora queste restrizioni erano conformi agli articoli 17 della Costituzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
11. Il Consiglio di stato giudicò che il mezzo secondo cui l’amministrazione aveva incluso per errore il terreno del richiedente nella zona di protezione A era vago e non fondato. Infine, considerò che non c’era violazione del principio di uguaglianza, perché i proprietari dei due terreni limitrofi avevano costruito su questi prima del 1988, o prima della determinazione delle zone di protezione del monte Pendeli.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
1. La Costituzione
12. Gli articoli pertinenti della Costituzione dispongono:
Articolo 17
“1. La proprietà è posta sotto la protezione dello stato. I diritti che ne derivano non possono esercitarsi tuttavia a scapito dell’interesse generale.
2. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non è a causa di utilità pubblica, debitamente provata, nei casi e seguendo il procedimento determinato dalla legge e sempre mediante un’indennità preliminare completa. Questa deve corrispondere al valore che possiede la proprietà espropriata il giorno dell’udienza sulla causa concernente la determinazione provvisoria dell’indennità dal tribunale. Nel caso di un’istanza tesa alla determinazione immediata dell’indennità definitiva, è preso in considerazione il valore che la proprietà espropriata possiede al giorno dell’udienza del tribunale su questa istanza.
(…) “
Articolo 24
1. La protezione dell’ambiente naturale e culturale costituisce un obbligo dello stato ed un diritto per ciascuno. Lo stato è obbligato a prendere delle misure speciali, preventive o repressive per proteggere l’ambiente conformemente al principio di durabilità. La legge regola in generale le materie relative alla protezione delle foreste e degli spazi forestali. La tenuta di un registro delle foreste costituisce un obbligo per lo stato. La modifica della destinazione delle foreste e degli spazi forestali è vietata, a meno che il loro sfruttamento agricolo o un altro uso imposto dall’interesse pubblico non siano prioritari per l’economia nazionale.
2. Il piano di sviluppo del territorio del paese, la formazione, lo sviluppo, l’urbanistica e l’estensione delle città e delle zone da urbanizzare dipende in generale della legislazione e dal controllo dello stato, per servire al carattere funzionale ed allo sviluppo delle agglomerazioni e di garantire le migliori condizioni di vita possibile.
Le scelte tecniche e gli argomenti pertinenti sono dirette dalle regole della scienza. La tenuta di un catasto nazionale costituisce un obbligo per lo stato.
3. Per la riconoscenza di una regione come zona da urbanizzare ed in vista della sua urbanistica operativa, le proprietà che sono incluse contribuiscono obbligatoriamente sia alla disposizione, senza diritto ad un’indennità da parte dell’organismo implicato, dei terreni necessari per l’apertura delle vie e la creazione dei posti e di altri spazi di uso o di interesse pubblico in generale che alle spese per l’esecuzione dei lavori di infrastrutture urbane, così come è contemplato dalla legge.
4. La legge può contemplare la partecipazione dei proprietari di una regione caratterizzata come zona da urbanizzare al collocamento in valore ed alla pianificazione generale di questa seguente regione un piano di urbanistica debitamente approvato; questi proprietari ricevono in contro-prestazione degli immobili o delle parti di proprietà per piano di un valore uguale nei terreni alla fine destinati alla costruzione o negli edifici di questa zona.
5. Le disposizioni dei paragrafi precedenti sono già anche applicabili in caso del ripianificazione delle agglomerazioni urbane esistenti. I terreni liberati da questa ripianificazione sono destinati alla creazione di spazi di uso comune o sono messi in vendita per coprire le spese del ripianificazione urbanistica, così come è contemplato dalla legge.
6. I monumenti ed i siti ed elementi tradizionali sono posti sotto la protezione dello stato. La legge determina le misure restrittive della proprietà che sono necessarie per la realizzazione di questa protezione, così come le modalità e la natura dell’indennizzo dei proprietari.
Dichiarazione interpretativa. Il termine foresta o ecosistema forestale designano l’insieme organico costituito dalle piante selvagge dal tronco legnoso su una vasta superficie di terra e che, insieme con la flora e la fauna coesistenti là, costituiscono, con la loro reciproca interdipendenza e la loro interazione, un biocenosi particolare, biocenosi forestale, ed un ambiente naturale particolare, derivato dalla foresta. Un spazio forestale esiste quando la vegetazione legnosa selvaggia, che sia sotto forma di fustaia o arbustiva, è diradata.
13. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato, l’amministrazione è obbligata ad indennizzare il proprietario di un terreno, quando delle misure tese alla protezione dell’ambiente naturale o culturale restringono sostanzialmente, in modo parziale o assoluto, l’uso di questa proprietà secondo la sua destinazione, sentenze numero 2876/2004 e 3000/2005.
14. In seguito alle sentenze della Corte ZA.N.T.E. -Marathonisi A.E. c. Grecia,( no 4216/03, 6 dicembre 2007) ed Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia (no 35332/05, 21 febbraio 2008,) il Consiglio di stato ha reso il 21 settembre 2009 una sentenza 2707/2009 che stimava che risultava dai paragrafi 1 e 2 degli articoli 17 e 24 della Costituzione che la proprietà e gli altri diritti reali su un bene erano protetti nella cornice della destinazione del bene che includeva un ventaglio di usi permessi. Questi usi erano fissati sovranamente o direttamente dalle disposizioni costituzionali, o dal legislatore, o dall’amministrazione in conformità con la Costituzione. Una distinzione fondamentale concernente la destinazione dei beni era quella che esisteva tra quelli situati nelle zone urbane e quelli all’infuori di queste. I beni situati fuori dalle zone urbane, se non sono protetti come rigorosamente le foreste, sono destinati in principio ad uno sfruttamento agricolo o all’allevamento, e la costruzione su questi terreni è permessa solamente eccezionalmente ed in funzione delle particolarità di ogni zona, così che l’attentato all’ambiente naturale sia il minimo possibile.
15. Il Consiglio di stato si pronunciò, in particolare, come segue:
“Queste disposizioni costituzionali contemplano un obbligo di indennizzare in caso di imposta di una restrizione sostanziale che pesa sulla proprietà secondo la sua destinazione; in compenso, (…) non esiste obbligo di indennizzo quando la costruzione su una proprietà situata fuori da una zona urbana è vietata. Tuttavia, secondo l’articolo 1 del Protocollo no 1, il rispetto della proprietà privata esige all’epoca della regolamentazione con lo stato dell’uso di questa un giusto equilibrio tra l’interesse generale e gli interessi privati che sono garantiti, tra l’altro, dalla riconoscenza di un diritto ad indennizzo di colui che è leso dalla regolamentazione (CEDH, 23.9.1982, Sporrong e Lönnroth c. Svezia). Lo scopo legittimo perseguito della protezione dell’ambiente culturale tramite dell’imposizione di restrizioni non dispensa lo stato dal suo obbligo di indennizzare il proprietario leso per la privazione di ogni forma di uso contemplato per un bene determinato (CEDH, 6.12.2007, Z.A.N.T.E. -Marathonisi A.E. c. Grecia; CEDH, 21.2.2008, Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia. “)
16. Su questa base, il Consiglio di stato ha annullato una sentenza della corte amministrativa di appello al motivo che questa non aveva esaminato, per decidere se un obbligo di indennizzo pesava sullo stato, la questione di sapere se il bene controverso situato fuori dalla zona urbana fosse a questo riguardo edificabile prima dell’imposizione di un’interdizione.
17. Il Consiglio di stato ha reiterato questa posizione in una sentenza posteriore, no 3643/2009 del 18 novembre 2009.
2. La legge di accompagnamento (Εισαγωγικός Νόμος) del codice civile
18. Gli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile si leggono come segue:
Articolo 105
“Lo stato è tenuto a riparare il danno causato dagli atti illegali od omissioni dei suoi organi all’epoca dell’esercizio del potere pubblico, salvo se l’atto o l’omissione hanno avuto luogo per incomprensione di una disposizione destinata a servire l’interesse pubblico. La persona colpevole è solidalmente responsabile con lo stato, sotto riserva delle disposizioni speciali sulla responsabilità dei ministri. “
Articolo 106
“Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche in materia di responsabilità delle collettività territoriali o di altre persone giuridiche di diritto pubblico per il danno causato dagli atti od omissioni dei loro organi. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
19. Il richiedente si lamenta che le restrizioni portate all’edificabilità della sua proprietà, dopo la sua acquisizione e senza il versamento di un’indennità, hanno recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Adduce una violazione dell’articolo del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
20. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne da parte del richiedente. Sostiene che se questo considerasse che l’imposizione delle restrizioni controverse violava il principio della proporzionalità perché il suo terreno era edificabile nel momento in cui l’ha acquisito, avrebbe dovuto impegnare un’azione per danno-interessi dinnanzi alle giurisdizioni del merito. Difatti l’oggetto della controversia dinnanzi al Consiglio di stato non era l’indennizzo del richiedente, ma la legalità del rifiuto dell’amministrazione di togliere le restrizioni all’edificabilità della proprietà di questo.
21. Il richiedente ribatte che aveva e ha ancora la speranza di ritrovare la libera disposizione del suo bene.
22. La Corte rileva che il Governo aveva sollevato un’eccezione simile nella causa Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia precitata e nella quale la società richiedente sollevava lo stesso motivo di appello sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che il richiedente nella presente causa. In questa causa, il Governo rimproverava alla società richiedente di non avere investito le giurisdizioni amministrative di un’azione per indennizzo fondata sull’articolo 24 § 6 della Costituzione così come sugli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile. Nella presente causa, il Governo non menziona in particolare uno di questi articoli ma la sentenza del Consiglio di stato del 21 settembre 2009, paragrafo 14 sopra con cui questo avrebbe messo la sua giurisprudenza in conformità con quella della Corte in quanto alla questione di un eventuale indennizzo in caso di imposizione di restrizioni all’edificabilità di terreni situati fuori dalla zona urbana.
23. La Corte, pure riconoscendo che in principio l’articolo 24 § 6 della Costituzione possa costituire la base giuridica autonoma per un ricorso di indennizzo dinnanzi alle giurisdizioni amministrative (paragrafo 13 sopra) considera che nell’occorrenza tale ricorso non sarebbe stato efficace. Difatti, la seguente constatazione del Consiglio di stato per cui la destinazione del terreno controverso sarebbe limitata rigorosamente allo ” sfruttamento agricolo, silvicolo così come al divertimento del pubblico” escluderebbe ogni prospettiva per il richiedente di percepire un’indennità perché il suo terreno era considerato ab initio come non edificabile. Partendo da questa constatazione, il valore del terreno controverso non avrebbe subito nessuna diminuzione a causa della modifica del suo statuto giuridico e dell’interdizione a costruire. Ne risulta che il ricorso in indennità è privato praticamente, nel caso di specie, di ogni fortuna di successo. Ne va parimenti per il ricorso fondato sugli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile che presuppone un atto illecito dell’amministrazione, il che non è il caso nella presente causa.
24. In quanto alla sentenza del Consiglio di stato invocata, supponendo anche che possa avere una qualsiasi incidenza sull’efficacia di un’azione di indennizzo in situazioni come quelle dello specifico, è posteriore a quella del Consiglio di stato che si è pronunciato sul caso del richiedente e dunque questo non se ne poteva prevalere.
25. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che non si potrebbe rimproverare al richiedente di non avere fatto uso della via di ricorso indicata dal Governo. Conviene respingere l’eccezione di non-esaurimento sollevata dal Governo dunque.
26. La Corte constata, inoltre, che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
27. Il Governo sostiene che la restrizione portata dall’articolo 3 del decreto del 26 agosto 1988 alla proprietà del richiedente era legale perché tendeva alla protezione del monte Pendeli in quanto sito di una bellezza naturale eccezionale e serviva dunque l’interesse pubblico. Si riferisce inoltre alla giurisprudenza della Corte secondo la quale quando l’ingerenza nel diritto di proprietà consiste nell’interdizione o nella limitazione della possibilità di costruire e che il proprietario del bene non ha espresso mai la sua intenzione di costruire, l’esigenza di proporzionalità tra l’ ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente e lo scopo di interesse generale perseguito è rispettata (Kortessi c. Grecia, no 31259/04, § 40, 13 luglio 2006). Ora, dall’acquisizione del terreno e fino all’entrata in vigore del decreto, il richiedente non aveva espresso mai la sua intenzione di costruire.
28. Il richiedente sottolinea che la sua proprietà era situata al limite della zona protetta, su una strada e vicino ad altre residenze costruite da una parte e d’altro della strada. In più, disponeva del diritto a costruire a contare dal 1986 e gli apparteneva di scegliere il momento per esercitarlo.
29. La Corte nota in primo luogo che il Governo non contesta che c’è stata ingerenza nel diritto del richiedente di disporre liberamente del suo bene. Il richiedente ha acquisito il 27 novembre 1986 un terreno che all’epoca, secondo le sue affermazioni non contestate dal Governo, era edificabile. Il 26 agosto 1988, lo stato ha pubblicato un decreto presidenziale che stabiliva delle zone di protezione intorno al monte Pendeli e ch fissava dei limiti alla costruzione. Il terreno del richiedente è stato incluso in una zona di protezione dove era autorizzata solo la costruzione di edifici destinati alle libertà ed agli sport così come di rifugi di montagna. Il 3 settembre 2004, il richiedente ha investito la prefettura dell’Attica dell’est di una richiesta tesa a fare togliere le restrizioni che pesavano sul suo terreno ed a vedersi accordare un’indennità. In seguito alla conclusione consecutiva, con la sentenza del 16 aprile 2008, del procedimento dinnanzi al Consiglio di stato, procedimento cruciale per la valutazione della proporzionalità della misura incriminata, la Corte deve esaminare se l’ingerenza nel diritto del richiedente di disporre liberamente dei suoi beni era giustificata sotto l’angolo del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica ed altri c). Grecia, no 35859/02, § 36, 13 luglio 2006.
30. La Corte ricorda, da una parte che in un ambito così complesso e difficile come il piano di sviluppo del territorio, gli Stati contraenti godono di un grande margine di valutazione per condurre la loro politica urbanistica (vedere Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica ed altri, precitato, § 37; Elia S.r.l. c. Italia, no 37710/97, § 77, CEDH 2001-IX). Stima dunque che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni soddisfaceva le esigenze dell’interesse generale. Per tanto, lo scopo legittimo di proteggere il patrimonio naturale o culturale, pur importante che sia, non dispensa lo stato dsl suo obbligo di indennizzare gli interessati quando l’attentato al loro diritto di proprietà è eccessivo. Appartiene così alla Corte verificare, nel caso di specir, che l’equilibrio voluto è stato preservato in modo compatibile col diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni (vedere Saliba c. Malta, no 4251/02, § 45, 8 novembre 2005 e Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica ed altri, precitata, § 37).
31. Nell’occorrenza, la Corte nota che la questione della legalità delle restrizioni imposte alla proprietà controversa è stata esaminata dal Consiglio di stato nella cornice del procedimento amministrativo teso all’annullamento del rifiuto tacito dell’amministrazione di togliere le restrizioni che pesano sul terreno del richiedente. Il Consiglio di stato ha considerato nella sua sentenza che il decreto presidenziale controverso del 26 agosto 1988 non aveva espropriato la proprietà del richiedente ma aveva imposto delle restrizioni tese alla protezione ed al collocamento in valore di certi siti dell’Attica tra cui il monte Pendeli che era stato designato come sito di una bellezza naturale eccezionale da una decisione del ministro del Coordinamento del 27 marzo 1969. Queste restrizioni che erano stabilite secondo i criteri obiettivi a favore dell’interesse generale, non rendevano la proprietà inutilizzabile rispetto alla sua destinazione. Difatti, per i terreni situati fuori dal piano della città come quello del richiedente, questa destinazione non era la costruzione o lo sfruttamento turistico, ma lo sfruttamento agricolo e silvicolo così come il divertimento del pubblico.
32. La Corte considera che il motivo considerato dal Consiglio di stato per respingere il ricorso del richiedente si distingue per il suo rigore particolare. Difatti, assimila ogni terreno che si trova fuori dalla zona urbana ad un terreno destinato ad un uso agricolo, avicolo, silvicolo o di divertimento del pubblico, il che introduce una presunzione irrefragabile che ignora le particolarità di ogni terreno non incluso nella zona urbana. In particolare, il riferimento alla “destinazione” di un terreno, termine per se vago ed indefinito, non permette al giudice interno di tenere conto del diritto che, eventualmente, regolava in concreto il suo sfruttamento prima dell’imposizione della restrizione incriminata. Nei casi in cui la legislazione pertinente contempla solamente il suo sfruttamento agricolo, la “destinazione” del terreno non è, difatti, che l’agricoltura. In compenso, nei casi dove il diritto pertinente contempla espressamente l’edificabilità di un terreno, il giudice interno non potrebbe ignorare questo elemento facendo semplicemente appello alla “destinazione” di ogni terreno che si trova fuori dalla zona urbana (Z.A.N.TE). -Marathonisi A.E., precitata, § 52 ed Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis, precitata, § 47).
33. Nel caso di specie, certi elementi della pratica appoggiano la tesi del richiedente secondo la quale la destinazione della proprietà controversa non era unicamente lo sfruttamento agricolo e silvicolo. Quando il richiedente ha acquisito il suo terreno nel 1986, delle case erano già costruite sui terreni attigui.
34. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che, nel caso di specie, il criterio adoperato dal Consiglio di stato ha rotto il giusto equilibro che doveva regnare, in materia di regolamentazione dell’uso dei beni, tra l’interesse pubblico e gli interessi privati.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
35. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta che il Consiglio di stato, deliberando come ha fatto, gli ha portato danno. Il richiedente si lamenta anche di essere vittima di una discriminazione ingiustificata e contraria all’articolo 14 della Convenzione, rispetto a certe proprietà attigue, situate nella stessa via del suo terreno e che non sono riguardate dal decreto presidenziale controverso.
36. Per ciò che riguarda il primo motivo di appello, la Corte ricorda che ai termini dell’articolo 19 della Convenzione, ha per compito di garantire il rispetto degli impegni che risultano dalla Convenzione per le Parti contraenti. In particolare, non le appartiene conoscere degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi da una giurisdizione interna, salvo se e nella misura in cui hanno potuto portare attentato ai diritti e alle libertà salvaguardate dalla Convenzione (vedere, in particolare, García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I). La Corte non può valutare lei stessa gli elementi di fatto che hanno condotto una giurisdizione nazionale ad adottare tale decisione piuttosto che tal’ altra, se no si erigerebbe a giudice di quarta istanza e ignorerebbe i limiti della sua missione (vedere, mutatis mutandis, Kemmache c. Francia (no 3), 24 novembre 1994, § 44, serie A no 296-C). La Corte ha per sola funzione, allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione, di esaminare le richieste che adducono che le giurisdizioni nazionali hanno ignorato delle garanzie procedurali specifiche enunciate da questa disposizione o che la condotta del procedimento nel suo insieme non ha garantito un processo equo al richiedente (vedere, tra molte altre, Donadzé c. Georgia, no 74644/01, §§ 30-31, 7 marzo 2006).
37. Nell’occorrenza, la Corte non scopre nessun elemento che dà a pensare che il procedimento di prima istanza e d’ appello non si sia svolto conformemente alle esigenze del processo equo.
38. La Corte ricorda che l’articolo 14 offre una protezione contro la discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà garantite dalle altre clausole normative della Convenzione. Ogni differenza di trattamento non porta tuttavia automaticamente violazione di questo articolo. Bisogna stabilire che le persone poste in situazioni analoghe o comparabili godano di un trattamento preferenziale e che questa distinzione non trova nessuna giustificazione obiettiva o ragionevole. Gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se ed in quale misura le differenze tra le situazioni ad altri riguardi analoghe giustificano delle distinzioni di trattamento giuridico (Stubbings ed altri c. Regno Unito, 22 ottobre 1996, § 72, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
39. La Corte nota che, come ha sottolineato il Consiglio di stato, le case sulle proprietà attigue erano state costruite prima del 1988, o prima della determinazione delle zone di protezione e che di conseguenza, i loro proprietari non si trovavano in una situazione comparabile a quella del richiedente.
40. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta, conformemente all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
41. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
42. A titolo del danno patrimoniale, il richiedente, basandosi su un rapporto stabilito da un architetto, domanda le seguenti somme: 458 010 EUR, per il valore reale della casa che avrebbe potuto costruire se il decreto del 26 agosto 1988 non avesse stabilito la restrizione controversa; 561 830 EUR per il valore reale del terreno se questo fosse stato considerato come edificabile; 312 290 EUR per perdita di probabilità, somma che corrisponderebbe alla differenza del costo della costruzione tra il 1987 e il 2011. Il richiedente richiede anche 100 000 EUR per danno morale. Non richiede nessuna somma per oneri e spese.
43. Il Governo sottolinea che il richiedente non aveva l’intenzione di costruire perché non aveva proceduto a nessuna azione preparatoria a questo fine, come, per esempio un’istanza di permesso a costruire. In più, le pretese del richiedente sono vaghe, non motivate ed arbitrarie: non precisa che tipo di casa avrebbe potuto costruire in funzione dei suoi mezzi finanziari, né qual è il punto di partenza del periodo del suo danno, né su quali elementi è fondato il valore reale del terreno che utilizza come base per il calcolo del suo danno. Il Governo invita la Corte a riservare l’applicazione dell’articolo 41.
44. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura. Perciò, la riserva e fisserà l’ ulteriore procedimento tenuto conto della possibilità che il Governo ed il richiedente giungano ad un accordo, articolo 75 § 1 dell’ordinamento.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente a sottoporle per iscritto, entro tre mesi, le loro osservazioni sulla questione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ ulteriore procedimento e delega alla presidentessa della camera la cura di fissarla all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 19 luglio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1 ; Partiellement irrecevable ; Satisfaction équitable réservée
PREMIÈRE SECTION
AFFAIRE VARFIS c. GRÈCE
(Requête no 40409/08)
ARRÊT
(fond)
STRASBOURG
19 juillet 2011
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Varfis c. Grèce,
La Cour européenne des droits de l’homme (première section), siégeant en une chambre composée de :
Nina Vajić, présidente,
Elisabeth Steiner,
Khanlar Hajiyev,
George Nicolaou,
Mirjana Lazarova Trajkovska,
Julia Laffranque,
Linos-Alexandre Sicilianos, juges,
et de Søren Nielsen, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 28 juin 2011,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 40409/08) dirigée contre la République hellénique et dont un ressortissant de cet Etat, M. OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 25 juillet 2008 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me P. M , avocat à Athènes. Le gouvernement grec (« le Gouvernement ») est représenté par les délégués de son agent, Mme F. Dedousi, assesseure auprès du Conseil juridique de l’Etat, et M. D. Kalogiros, auditeur auprès du Conseil juridique de l’Etat.
3. Le requérant allègue en particulier une violation de l’article 1 du Protocole no 1.
4. Le 3 juin 2010, la vice-présidente de la première section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1944 et réside à Athènes.
6. Par un contrat du 27 novembre 1986, le requérant acquit un terrain de 5 090,25 m² au lieudit Kaltetzi, au Marathon. Son avocat, qui contrôla les titres de propriété, constata que le terrain se trouvait aux limites du hameau de Kaltetzi et était à cette époque constructible.
7. Le 26 août 1988, l’Etat publia un décret présidentiel établissant des zones de protection du mont Pendeli et fixant des limites à la construction. Le terrain du requérant fut inclus dans la zone de protection A, où seule la construction de bâtiments destinés aux loisirs et aux sports ainsi que de refuges de montagne était autorisée.
8. Le 3 septembre 2004, le requérant saisit la préfecture de l’Attique de l’Est d’une requête tendant à faire lever les restrictions pesant sur son terrain. Il alléguait des violations des articles 6, 13 et 17 de la Convention et 1 du Protocole no 1. Il prétendait que son terrain était constructible et que le décret le rendait inutilisable, sans prévoir d’indemnité. Il soutenait aussi que c’était par erreur que l’administration l’avait inclus dans la zone de protection A. Il précisait que l’administration se fondait sur l’intérêt général, de sorte que les articles 105 du code d’accompagnement du code civil et 914 du code civil ne pouvaient pas entrer en jeu. Enfin, il réclamait, à titre d’indemnité, la somme de 500 000 euros (EUR).
9. La préfecture n’ayant pas répondu dans un délai de trois mois, le requérant saisit, le 6 décembre 2004, le Conseil d’Etat d’un recours en annulation.
10. Par un arrêt du 16 avril 2008, mis au net le 1er octobre 2008, le Conseil d’Etat rejeta ce recours. Selon lui, le décret litigieux n’avait pas exproprié la propriété du requérant mais avait imposé des restrictions tendant à la protection et à la mise en valeur de certains sites de l’Attique, dont le mont Pendeli qui avait été désigné comme site d’une beauté naturelle exceptionnelle par une décision du ministre de la Coordination du 27 mars 1969. Ces restrictions, qui étaient établies selon des critères objectifs en faveur de l’intérêt général, ne rendaient pas la propriété inutilisable par rapport à sa destination. Pour les terrains situés hors du plan de la ville comme celui du requérant, cette destination n’était pas la construction ou l’exploitation touristique, mais l’exploitation agricole et sylvicole ainsi que le divertissement du public. Or ces restrictions étaient conformes aux articles 17 de la Constitution et 1 du Protocole no 1 à la Convention.
11. Le Conseil d’Etat jugea que le moyen selon lequel l’administration avait inclus par erreur le terrain du requérant dans la zone de protection A était vague et non fondé. Enfin, il considéra qu’il n’y avait pas violation du principe d’égalité, car les propriétaires des deux terrains limitrophes avaient construit sur ceux-ci avant 1988, soit avant l’établissement des zones de protection du mont Pendeli.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
1. La Constitution
12. Les articles pertinents de la Constitution disposent :
Article 17
« 1. La propriété est placée sous la protection de l’Etat. Les droits qui en dérivent ne peuvent toutefois s’exercer au détriment de l’intérêt général.
2. Nul ne peut être privé de sa propriété, si ce n’est pour cause d’utilité publique, dûment prouvée, dans les cas et suivant la procédure déterminés par la loi et toujours moyennant une indemnité préalable complète. Celle-ci doit correspondre à la valeur que possède la propriété expropriée le jour de l’audience sur l’affaire concernant la fixation provisoire de l’indemnité par le tribunal. Dans le cas d’une demande visant à la fixation immédiate de l’indemnité définitive, est prise en considération la valeur que la propriété expropriée possède au jour de l’audience du tribunal sur cette demande.
(…) »
Article 24
1. La protection de l’environnement naturel et culturel constitue une obligation de l’Etat et un droit pour chacun. L’Etat est obligé de prendre des mesures spéciales, préventives ou répressives pour protéger l’environnement conformément au principe de durabilité. La loi règle les matières relatives à la protection des forêts et des espaces forestiers en général. La tenue d’un registre des forêts constitue une obligation pour l’Etat. La modification de l’affectation des forêts et des espaces forestiers est interdite, à moins que leur exploitation agricole ou un autre usage imposé par l’intérêt public ne soit prioritaire pour l’économie nationale.
2. L’aménagement du territoire du pays, la formation, le développement, l’urbanisme et l’extension des villes et des zones à urbaniser en général relèvent de la législation et du contrôle de l’Etat, afin de servir au caractère fonctionnel et au développement des agglomérations et d’assurer les meilleures conditions de vie possibles.
Les choix techniques et les arguments pertinents sont dirigés par les règles de la science. La tenue d’un cadastre national constitue une obligation pour l’Etat.
3. Pour la reconnaissance d’une région comme zone à urbaniser et en vue de son urbanisme opérationnel, les propriétés qui y sont incluses contribuent obligatoirement tant à la disposition, sans droit à une indemnité de la part de l’organisme impliqué, des terrains nécessaires pour l’ouverture des rues et la création des places et d’autres espaces d’usage ou d’intérêt public en général, qu’aux dépenses pour l’exécution des travaux d’infrastructure urbaine, ainsi qu’il est prévu par la loi.
4. La loi peut prévoir la participation des propriétaires d’une région caractérisée comme zone à urbaniser à la mise en valeur et à l’aménagement général de cette région suivant un plan d’urbanisme dûment approuvé ; ces propriétaires reçoivent en contre-prestation des immeubles ou des parties de propriétés par étage d’une valeur égale dans les terrains finalement destinés à la construction ou dans les bâtiments de cette zone.
5. Les dispositions des paragraphes précédents sont également applicables en cas du réaménagement des agglomérations urbaines déjà existantes. Les terrains libérés par ce réaménagement sont affectés à la création d’espaces d’usage commun ou sont mis en vente pour couvrir les dépenses du réaménagement urbanistique, ainsi qu’il est prévu par la loi.
6. Les monuments et les sites et éléments traditionnels sont placés sous la protection de l’Etat. La loi détermine les mesures restrictives de la propriété qui sont nécessaires pour la réalisation de cette protection, ainsi que les modalités et la nature de l’indemnisation des propriétaires.
Déclaration interprétative. Le terme forêt ou écosystème forestier désigne l’ensemble organique constitué par des plantes sauvages au tronc ligneux sur une vaste étendue de terre et qui, ensemble avec la flore et la faune coexistant là, constituent, par leur mutuelle interdépendance et leur interaction, une biocénose particulière (biocénose forestière) et un milieu naturel particulier (dérivé de la forêt). Un espace forestier existe quand la végétation ligneuse sauvage, qu’elle soit sous forme de futaie ou arbustive, est clairsemée.
13. Selon la jurisprudence du Conseil d’Etat, l’administration est obligée d’indemniser le propriétaire d’un terrain, lorsque des mesures visant à la protection de l’environnement naturel ou culturel restreignent substantiellement, de manière partielle ou absolue, l’usage de cette propriété selon sa destination (arrêts nos 2876/2004 et 3000/2005).
14. Suite aux arrêts de la Cour ZA.N.T.E. – Marathonisi A.E. c. Grèce (no 4216/03, 6 décembre 2007) et Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grèce (no 35332/05, 21 février 2008), le Conseil d’Etat a rendu le 21 septembre 2009 un arrêt 2707/2009 estimant qu’il ressortait des paragraphes 1 et 2 des articles 17 et 24 de la Constitution que la propriété et les autres droits réels sur un bien étaient protégés dans le cadre de la destination du bien, qui incluait un éventail des usages permis. Ces usages étaient fixés souverainement soit directement par des dispositions constitutionnelles, soit par le législateur, soit par l’administration en conformité avec la Constitution. Une distinction fondamentale concernant la destination des biens était celle qui existait entre ceux situés dans les zones urbaines et ceux en dehors de celles-ci. Les biens situés hors des zones urbaines, s’ils ne sont pas protégés aussi strictement que les forêts, sont destinés en principe à une exploitation agricole ou à l’élevage, et la construction sur ces terrains n’est permise qu’exceptionnellement et en fonction des particularités de chaque zone, de sorte que l’atteinte à l’environnement naturel soit aussi minime que possible.
15. Le Conseil d’Etat se prononça, en particulier, comme suit :
« Ces dispositions constitutionnelles prévoient une obligation d’indemniser en cas d’imposition d’une restriction substantielle pesant sur la propriété selon sa destination ; en revanche, (…) il n’existe pas d’obligation d’indemniser lorsque (…) la construction sur une propriété située hors d’une zone urbaine est interdite. Toutefois, selon l’article 1 du Protocole no 1 (…), le respect de la propriété privée exige lors de la réglementation par l’Etat de l’usage de celle-ci un juste équilibre entre l’intérêt général et l’intérêt privé qui est assuré, entre autres, par la reconnaissance d’un droit à indemnisation de celui qui est affecté par la réglementation (CEDH, 23.9.1982, Sporrong et Lönnroth c. Suède). Le but légitime poursuivi de la protection de l’environnement culturel par le biais de l’imposition de restrictions ne dispense pas l’Etat de son obligation d’indemniser le propriétaire affecté pour la privation de toute forme d’usage prévue pour un bien déterminé (CEDH, 6.12.2007, Z.A.N.T.E. – Marathonisi A.E. c. Grèce ; CEDH, 21.2.2008, Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grèce). »
16. Sur cette base, le Conseil d’Etat a infirmé un arrêt de la cour administrative d’appel au motif que celle-ci n’avait pas examiné, afin de décider si une obligation d’indemnisation pesait sur l’Etat, la question de savoir si le bien litigieux situé hors de la zone urbaine était constructible avant l’imposition d’une interdiction à cet égard.
17. Le Conseil d’Etat a réitéré cette position dans un arrêt postérieur (no 3643/2009 du 18 novembre 2009).
2. La loi d’accompagnement (Εισαγωγικός Νόμος) du code civil
18. Les articles 105 et 106 de la loi d’accompagnement du code civil se lisent comme suit :
Article 105
« L’Etat est tenu de réparer le dommage causé par les actes illégaux ou omissions de ses organes lors de l’exercice de la puissance publique, sauf si l’acte ou l’omission a eu lieu en méconnaissance d’une disposition destinée à servir l’intérêt public. La personne fautive est solidairement responsable avec l’Etat, sous réserve des dispositions spéciales sur la responsabilité des ministres. »
Article 106
« Les dispositions des deux articles précédents s’appliquent aussi en matière de responsabilité des collectivités territoriales ou d’autres personnes morales de droit public pour le dommage causé par les actes ou omissions de leurs organes. »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
19. Le requérant se plaint que les restrictions apportées à la constructibilité de sa propriété, postérieurement à son acquisition et sans le versement d’une indemnité, ont porté atteinte à son droit au respect de ses biens. Il allègue une violation de l’article du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
20. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes par le requérant. Il soutient que si celui-ci considérait que l’imposition des restrictions litigieuses violait le principe de la proportionnalité parce que son terrain était constructible au moment où il l’a acquis, il aurait dû engager une action en dommages-intérêts devant les juridictions du fond. En effet l’objet du litige devant le Conseil d’Etat n’était pas l’indemnisation du requérant, mais la légalité du refus de l’administration de lever les restrictions à la constructibilité de la propriété de celui-ci.
21. Le requérant rétorque qu’il avait et a encore l’espoir de retrouver la libre disposition de son bien.
22. La Cour relève que le Gouvernement avait soulevé une exception similaire dans l’affaire Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grèce précitée et dans laquelle la société requérante soulevait le même grief sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1 que le requérant dans la présente affaire. Dans cette affaire, le Gouvernement reprochait à la société requérante de ne pas avoir saisi les juridictions administratives d’une action en indemnisation fondée sur l’article 24 § 6 de la Constitution ainsi que sur les articles 105 et 106 de la loi d’accompagnement du code civil. Dans la présente affaire, le Gouvernement ne mentionne pas un de ces articles en particulier mais l’arrêt du Conseil d’Etat du 21 septembre 2009 (paragraphe 14 ci-dessus), par lequel celui-ci aurait mis sa jurisprudence en conformité avec celle de la Cour quant à la question d’une indemnisation éventuelle en cas d’imposition de restrictions à la constructibilité de terrains situés hors de la zone urbaine.
23. La Cour, tout en reconnaissant qu’en principe l’article 24 § 6 de la Constitution peut constituer la base juridique autonome pour un recours en indemnisation devant les juridictions administratives (paragraphe 13 ci-dessus), considère qu’en l’occurrence un tel recours n’aurait pas été efficace. En effet, la constatation du Conseil d’Etat suivant laquelle la destination du terrain litigieux serait strictement limitée à « l’exploitation agricole, sylvicole ainsi que le divertissement du public » exclurait toute perspective pour le requérant de percevoir une indemnité car son terrain était considéré ab initio comme non constructible. Partant de ce constat, la valeur du terrain litigieux n’aurait subi aucune diminution du fait de la modification de son statut juridique et de l’interdiction de construire. Il en résulte que le recours en indemnité est pratiquement dépourvu, dans le cas d’espèce, de toute chance de succès. Il en va de même pour le recours fondé sur les articles 105 et 106 de la loi d’accompagnement du code civil, qui présuppose un acte illicite de l’administration, ce qui n’est pas le cas dans la présente affaire.
24. Quant à l’arrêt du Conseil d’Etat invoqué, à supposer même qu’il puisse avoir une quelconque incidence sur l’efficacité d’une action en indemnisation dans des situations comme celles de l’espèce, il est postérieur à celui du Conseil d’Etat qui s’est prononcé sur le cas du requérant et donc celui-ci ne pouvait pas s’en prévaloir.
25. Au vu de ce qui précède, la Cour considère que l’on ne saurait reprocher au requérant de ne pas avoir fait usage de la voie de recours indiquée par le Gouvernement. Il convient donc de rejeter l’exception de non-épuisement soulevée par le Gouvernement.
26. La Cour constate, en outre, que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
27. Le Gouvernement soutient que la restriction apportée par l’article 3 du décret du 26 août 1988 à la propriété du requérant était légale car elle tendait à la protection du mont Pendeli en tant que site d’une beauté naturelle exceptionnelle et servait donc l’intérêt public. Il se réfère en outre à la jurisprudence de la Cour selon laquelle lorsque l’ingérence dans le droit de propriété consiste en l’interdiction ou en la limitation de la possibilité de construire et que le propriétaire du bien n’a jamais manifesté son intention de construire, l’exigence de proportionnalité entre l’ingérence dans le droit de propriété du requérant et le but d’intérêt général poursuivi est respectée (Kortessi c. Grèce, no 31259/04, § 40, 13 juillet 2006). Or, depuis l’acquisition du terrain et jusqu’à l’entrée en vigueur du décret, le requérant n’avait jamais manifesté son intention de construire.
28. Le requérant souligne que sa propriété était située à la limite de la zone protégée, sur une route et à proximité d’autres résidences construites de part et d’autre de la route. De plus, il disposait du droit de construire à compter de 1986 et il lui appartenait de choisir le moment pour l’exercer.
29. La Cour note en premier lieu que le Gouvernement ne conteste pas qu’il y a eu ingérence dans le droit du requérant de disposer librement de son bien. Le requérant a acquis le 27 novembre 1986 un terrain qui à l’époque, selon ses affirmations non contestées par le Gouvernement, était constructible. Le 26 août 1988, l’Etat a publié un décret présidentiel établissant des zones de protection autour du mont Pendeli et fixant des limites à la construction. Le terrain du requérant a été inclus dans une zone de protection où seule la construction de bâtiments destinés aux loisirs et aux sports ainsi que de refuges de montagne était autorisée. Le 3 septembre 2004, le requérant a saisi la préfecture d’Attique de l’Est d’une requête tendant à faire lever les restrictions pesant sur son terrain et à se voir accorder une indemnité. Suite à la conclusion consécutive, avec l’arrêt du 16 avril 2008, de la procédure devant le Conseil d’Etat, procédure cruciale pour l’appréciation de la proportionnalité de la mesure incriminée, la Cour doit examiner si l’ingérence dans le droit du requérant de disposer librement de ses biens était justifiée sous l’angle du second paragraphe de l’article 1 du Protocole no 1 (voir Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica et autres c. Grèce, no 35859/02, § 36, 13 juillet 2006).
30. La Cour rappelle, d’une part, que dans un domaine aussi complexe et difficile que l’aménagement du territoire, les Etats contractants jouissent d’une grande marge d’appréciation pour mener leur politique urbanistique (voir Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica et autres, précité, § 37 ; Elia S.r.l. c. Italie, no 37710/97, § 77, CEDH 2001-IX). Elle estime donc que l’ingérence dans le droit du requérant au respect de ses biens répondait aux exigences de l’intérêt général. Pour autant, le but légitime de protéger le patrimoine naturel ou culturel, aussi important soit-il, ne dispense pas l’Etat de son obligation d’indemniser les intéressés lorsque l’atteinte à leur droit de propriété est excessive. Il appartient ainsi à la Cour de vérifier, dans le cas d’espèce, que l’équilibre voulu a été préservé de manière compatible avec le droit du requérant au respect de ses biens (voir Saliba c. Malte, no 4251/02, § 45, 8 novembre 2005 et Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica et autres, précité, § 37).
31. En l’occurrence, la Cour note que la question de la légalité des restrictions imposées à la propriété litigieuse a été examinée par le Conseil d’Etat dans le cadre de la procédure administrative visant à l’annulation du refus tacite de l’administration de lever les restrictions pesant sur le terrain du requérant. Le Conseil d’Etat a considéré dans son arrêt que le décret présidentiel litigieux du 26 août 1988 n’avait pas exproprié la propriété du requérant mais avait imposé des restrictions tendant à la protection et à la mise en valeur de certains sites de l’Attique, dont le mont Pendeli qui avait été désigné comme site d’une beauté naturelle exceptionnelle par une décision du ministre de la Coordination du 27 mars 1969. Ces restrictions, qui étaient établies selon des critères objectifs en faveur de l’intérêt général, ne rendaient pas la propriété inutilisable par rapport à sa destination. En effet, pour les terrains situés hors du plan de la ville comme celui du requérant, cette destination n’était pas la construction ou l’exploitation touristique, mais l’exploitation agricole et sylvicole ainsi que le divertissement du public.
32. La Cour considère que le motif retenu par le Conseil d’Etat pour rejeter le recours du requérant se distingue par sa rigueur particulière. En effet, il assimile tout terrain qui se trouve hors de la zone urbaine à un terrain destiné à un usage agricole, avicole, sylvicole ou de divertissement du public, ce qui introduit une présomption irréfragable qui méconnaît les particularités de chaque terrain non inclus dans la zone urbaine. En particulier, la référence à la « destination » d’un terrain, terme per se vague et indéfini, ne permet pas au juge interne de tenir compte du droit qui, éventuellement, régissait in concreto son exploitation avant l’imposition de la restriction incriminée. Dans les cas où la législation pertinente ne prévoit que son exploitation agricole, la « destination » du terrain n’est, en effet, que l’agriculture. En revanche, dans les cas où le droit pertinent prévoit expressément la constructibilité d’un terrain, le juge interne ne saurait méconnaître cet élément en faisant simplement appel à la « destination » de tout terrain se situant hors de la zone urbaine (Z.A.N.TE. – Marathonisi A.E., précité, § 52 et Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis, précité, § 47).
33. Dans le cas d’espèce, certains éléments du dossier appuient la thèse du requérant selon laquelle la destination de la propriété litigieuse n’était pas uniquement l’exploitation agricole et sylvicole. Lorsque le requérant a acquis son terrain en 1986, des maisons étaient déjà construites sur les terrains avoisinants.
34. Au vu de ce qui précède, la Cour considère que, dans le cas d’espèce, le critère employé par le Conseil d’Etat a rompu le juste équilibre devant régner, en matière de réglementation de l’usage des biens, entre l’intérêt public et l’intérêt privé.
Partant, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
35. Invoquant les articles 6 § 1 et 13 de la Convention, le requérant se plaint que le Conseil d’Etat, en statuant comme il l’a fait, lui a porté préjudice. Le requérant se plaint aussi d’être victime d’une discrimination injustifiée et contraire à l’article 14 de la Convention, par rapport à certaines propriétés avoisinantes, situées dans la même rue que son terrain et qui ne sont pas visées par le décret présidentiel litigieux.
36. En ce qui concerne le premier grief, la Cour rappelle qu’aux termes de l’article 19 de la Convention, elle a pour tâche d’assurer le respect des engagements résultant de la Convention pour les Parties contractantes. En particulier, il ne lui appartient pas de connaître des erreurs de fait ou de droit prétendument commises par une juridiction interne, sauf si et dans la mesure où elles pourraient avoir porté atteinte aux droits et libertés sauvegardés par la Convention (voir, notamment, García Ruiz c. Espagne [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I). La Cour ne peut apprécier elle-même les éléments de fait ayant conduit une juridiction nationale à adopter telle décision plutôt que telle autre, sinon elle s’érigerait en juge de quatrième instance et elle méconnaîtrait les limites de sa mission (voir, mutatis mutandis, Kemmache c. France (no 3), 24 novembre 1994, § 44, série A no 296-C). La Cour a pour seule fonction, au regard de l’article 6 de la Convention, d’examiner les requêtes alléguant que les juridictions nationales ont méconnu des garanties procédurales spécifiques énoncées par cette disposition ou que la conduite de la procédure dans son ensemble n’a pas garanti un procès équitable au requérant (voir, parmi beaucoup d’autres, Donadzé c. Géorgie, no 74644/01, §§ 30-31, 7 mars 2006).
37. En l’occurrence, la Cour ne décèle aucun élément donnant à penser que la procédure en première instance et en appel ne se soit pas déroulée conformément aux exigences du procès équitable.
38. La Cour rappelle que l’article 14 offre une protection contre la discrimination dans la jouissance des droits et libertés garantis par les autres clauses normatives de la Convention. Toute différence de traitement n’emporte toutefois pas automatiquement violation de cet article. Il faut établir que des personnes placées dans des situations analogues ou comparables en la matière jouissent d’un traitement préférentiel et que cette distinction ne trouve aucune justification objective ou raisonnable. Les Etats contractants jouissent d’une certaine marge d’appréciation pour déterminer si et dans quelle mesure les différences entre des situations à d’autres égards analogues justifient des distinctions de traitement juridique (Stubbings et autres c. Royaume-Uni, 22 octobre 1996, § 72, Recueil des arrêts et décisions 1996-IV).
39. La Cour note que, comme l’a souligné le Conseil d’Etat, les maisons sur les propriétés avoisinantes avaient été construites avant 1988, soit avant l’établissement des zones de protection et que par conséquent, leurs propriétaires ne se trouvaient pas dans une situation comparable à celle du requérant.
40. Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée, conformément à l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
41. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
42. Au titre du dommage matériel, le requérant, se fondant sur un rapport établi par un architecte, demande les sommes suivantes : 458 010 EUR, pour la valeur actuelle de la maison qu’il aurait pu construire si le décret du 26 août 1988 n’avait établi la restriction litigieuse ; 561 830 EUR pour la valeur actuelle du terrain si celui-ci était considéré comme constructible ; 312 290 EUR pour perte de chances, somme qui correspondrait à la différence du coût de la construction entre 1987 et 2011. Le requérant réclame aussi 100 000 EUR pour dommage moral. Il ne réclame aucune somme pour frais et dépens.
43. Le Gouvernement souligne que le requérant n’avait pas l’intention de construire car il n’avait procédé à aucune action préparatoire à cette fin, comme, par exemple une demande de permis de construire. De plus, les prétentions du requérant sont vagues, non motivées et arbitraires : il ne précise pas quel type de maison il aurait pu construire en fonction de ses moyens financiers, ni quel est le point de départ de la période de son préjudice, ni sur quels éléments est fondée la valeur actuelle du terrain qu’il utilise comme base pour le calcul de son préjudice. Le Gouvernement invite la Cour à réserver l’application de l’article 41.
44. La Cour estime que la question de l’application de l’article 41 ne se trouve pas en état. En conséquence, elle la réserve et fixera la procédure ultérieure compte tenu de la possibilité que le Gouvernement et le requérant parviennent à un accord (article 75 § 1 du règlement).
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit que la question de l’application de l’article 41 de la Convention ne se trouve pas en état ; en conséquence,
a) la réserve en entier ;
b) invite le Gouvernement et le requérant à lui soumettre par écrit, dans les trois mois, leurs observations sur la question et, en particulier, à lui donner connaissance de tout accord auquel ils pourraient aboutir ;
c) réserve la procédure ultérieure et délègue à la présidente de la chambre le soin de la fixer au besoin.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 19 juillet 2011, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Søren Nielsen Nina Vajić
Greffier Présidente

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