Conclusione Violazione di P1-1; Parzialmente inammissibile; Soddisfazione equa riservata
PRIMA SEZIONE
CAUSA VARFIS C. GRECIA
(Richiesta no 40409/08)
SENTENZA
(fondo)
STRASBURGO
19 luglio 2011
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Varfis c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Elisabetta Steiner, Khanlar Hajiyev, George Nicolaou, Mirjana Lazarova Trajkovska, Julia Laffranque, Linos-Alexandre Sicilianos, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 giugno 2011,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 40409/08) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 25 luglio 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da P. M, avvocato ad Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dai delegati del suo agente, la Sig.ra F. Dedousi, assessore presso il Consulente legale dello stato, ed il Sig. D. Kalogiros, revisore presso il Consulente legale dello stato.
3. Il richiedente adduce in particolare una violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 3 giugno 2010, la vicepresidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1944 e risiede ad Atene.
6. Con un contratto del 27 novembre 1986, il richiedente acquisì un terreno di 5 090,25 m² in località Kaltetzi, a Maratona. Il suo avvocato che controllò i titoli di proprietà, constatò che il terreno si trovava ai limiti della frazione di Kaltetzi ed era a quell’ epoca edificabile.
7. Il 26 agosto 1988, lo stato pubblicò un decreto presidenziale che stabiliva delle zone di protezione del monte Pendeli e che fissava dei limiti alla costruzione. Il terreno del richiedente fu incluso nella zona di protezione A, dove era autorizzata solo la costruzione di edifici destinati al tempo libero ed agli sport così come dei rifugi di montagna.
8. Il 3 settembre 2004, il richiedente investì la prefettura dell’Attica dell’est di una richiesta tesa a fare togliere le restrizioni che pesavano sul suo terreno. Adduceva delle violazioni degli articoli 6, 13 e 17 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Pretendeva che il suo terreno era edificabile e che il decreto lo rendeva inutilizzabile, senza contemplare alcuna indennità. Sosteneva anche che era per errore che l’amministrazione l’aveva incluso nella zona di protezione A. Precisava che l’amministrazione si basava sull’interesse generale, così che gli articoli 105 del codice di accompagnamento del codice civile e 914 del codice civile non potevano entrare in gioco. Infine, richiedeva, a titolo di indennità, la somma di 500 000 euro (EUR).
9. La prefettura non avendo risposto entro tre mesi, il richiedente investì, il 6 dicembre 2004, il Consiglio di stato di un ricorso per annullamento.
10. Con una sentenza del 16 aprile 2008, emessa in copia definitiva il 1 ottobre 2008, il Consiglio di stato respinse questo ricorso. Secondo lui, il decreto controverso non aveva espropriato la proprietà del richiedente ma aveva imposto delle restrizioni tese alla protezione ed al collocamento in valore di certi siti dell’Attica tra cui il monte Pendeli che era stato designato come sito di una bellezza naturale eccezionale da una decisione del ministro del Coordinamento del 27 marzo 1969. Queste restrizioni che erano stabilite secondo i criteri obiettivi a favore dell’interesse generale, non rendevano la proprietà inutilizzabile rispetto alla sua destinazione. Per i terreni situati fuori dal piano della città come quello del richiedente, questa destinazione non era la costruzione o lo sfruttamento turistico, ma lo sfruttamento agricolo e silvicolo così come il divertimento del pubblico. Ora queste restrizioni erano conformi agli articoli 17 della Costituzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione.
11. Il Consiglio di stato giudicò che il mezzo secondo cui l’amministrazione aveva incluso per errore il terreno del richiedente nella zona di protezione A era vago e non fondato. Infine, considerò che non c’era violazione del principio di uguaglianza, perché i proprietari dei due terreni limitrofi avevano costruito su questi prima del 1988, o prima della determinazione delle zone di protezione del monte Pendeli.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
1. La Costituzione
12. Gli articoli pertinenti della Costituzione dispongono:
Articolo 17
“1. La proprietà è posta sotto la protezione dello stato. I diritti che ne derivano non possono esercitarsi tuttavia a scapito dell’interesse generale.
2. Nessuno può essere privato della sua proprietà, se non è a causa di utilità pubblica, debitamente provata, nei casi e seguendo il procedimento determinato dalla legge e sempre mediante un’indennità preliminare completa. Questa deve corrispondere al valore che possiede la proprietà espropriata il giorno dell’udienza sulla causa concernente la determinazione provvisoria dell’indennità dal tribunale. Nel caso di un’istanza tesa alla determinazione immediata dell’indennità definitiva, è preso in considerazione il valore che la proprietà espropriata possiede al giorno dell’udienza del tribunale su questa istanza.
(…) “
Articolo 24
1. La protezione dell’ambiente naturale e culturale costituisce un obbligo dello stato ed un diritto per ciascuno. Lo stato è obbligato a prendere delle misure speciali, preventive o repressive per proteggere l’ambiente conformemente al principio di durabilità. La legge regola in generale le materie relative alla protezione delle foreste e degli spazi forestali. La tenuta di un registro delle foreste costituisce un obbligo per lo stato. La modifica della destinazione delle foreste e degli spazi forestali è vietata, a meno che il loro sfruttamento agricolo o un altro uso imposto dall’interesse pubblico non siano prioritari per l’economia nazionale.
2. Il piano di sviluppo del territorio del paese, la formazione, lo sviluppo, l’urbanistica e l’estensione delle città e delle zone da urbanizzare dipende in generale della legislazione e dal controllo dello stato, per servire al carattere funzionale ed allo sviluppo delle agglomerazioni e di garantire le migliori condizioni di vita possibile.
Le scelte tecniche e gli argomenti pertinenti sono dirette dalle regole della scienza. La tenuta di un catasto nazionale costituisce un obbligo per lo stato.
3. Per la riconoscenza di una regione come zona da urbanizzare ed in vista della sua urbanistica operativa, le proprietà che sono incluse contribuiscono obbligatoriamente sia alla disposizione, senza diritto ad un’indennità da parte dell’organismo implicato, dei terreni necessari per l’apertura delle vie e la creazione dei posti e di altri spazi di uso o di interesse pubblico in generale che alle spese per l’esecuzione dei lavori di infrastrutture urbane, così come è contemplato dalla legge.
4. La legge può contemplare la partecipazione dei proprietari di una regione caratterizzata come zona da urbanizzare al collocamento in valore ed alla pianificazione generale di questa seguente regione un piano di urbanistica debitamente approvato; questi proprietari ricevono in contro-prestazione degli immobili o delle parti di proprietà per piano di un valore uguale nei terreni alla fine destinati alla costruzione o negli edifici di questa zona.
5. Le disposizioni dei paragrafi precedenti sono già anche applicabili in caso del ripianificazione delle agglomerazioni urbane esistenti. I terreni liberati da questa ripianificazione sono destinati alla creazione di spazi di uso comune o sono messi in vendita per coprire le spese del ripianificazione urbanistica, così come è contemplato dalla legge.
6. I monumenti ed i siti ed elementi tradizionali sono posti sotto la protezione dello stato. La legge determina le misure restrittive della proprietà che sono necessarie per la realizzazione di questa protezione, così come le modalità e la natura dell’indennizzo dei proprietari.
Dichiarazione interpretativa. Il termine foresta o ecosistema forestale designano l’insieme organico costituito dalle piante selvagge dal tronco legnoso su una vasta superficie di terra e che, insieme con la flora e la fauna coesistenti là, costituiscono, con la loro reciproca interdipendenza e la loro interazione, un biocenosi particolare, biocenosi forestale, ed un ambiente naturale particolare, derivato dalla foresta. Un spazio forestale esiste quando la vegetazione legnosa selvaggia, che sia sotto forma di fustaia o arbustiva, è diradata.
13. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato, l’amministrazione è obbligata ad indennizzare il proprietario di un terreno, quando delle misure tese alla protezione dell’ambiente naturale o culturale restringono sostanzialmente, in modo parziale o assoluto, l’uso di questa proprietà secondo la sua destinazione, sentenze numero 2876/2004 e 3000/2005.
14. In seguito alle sentenze della Corte ZA.N.T.E. -Marathonisi A.E. c. Grecia,( no 4216/03, 6 dicembre 2007) ed Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia (no 35332/05, 21 febbraio 2008,) il Consiglio di stato ha reso il 21 settembre 2009 una sentenza 2707/2009 che stimava che risultava dai paragrafi 1 e 2 degli articoli 17 e 24 della Costituzione che la proprietà e gli altri diritti reali su un bene erano protetti nella cornice della destinazione del bene che includeva un ventaglio di usi permessi. Questi usi erano fissati sovranamente o direttamente dalle disposizioni costituzionali, o dal legislatore, o dall’amministrazione in conformità con la Costituzione. Una distinzione fondamentale concernente la destinazione dei beni era quella che esisteva tra quelli situati nelle zone urbane e quelli all’infuori di queste. I beni situati fuori dalle zone urbane, se non sono protetti come rigorosamente le foreste, sono destinati in principio ad uno sfruttamento agricolo o all’allevamento, e la costruzione su questi terreni è permessa solamente eccezionalmente ed in funzione delle particolarità di ogni zona, così che l’attentato all’ambiente naturale sia il minimo possibile.
15. Il Consiglio di stato si pronunciò, in particolare, come segue:
“Queste disposizioni costituzionali contemplano un obbligo di indennizzare in caso di imposta di una restrizione sostanziale che pesa sulla proprietà secondo la sua destinazione; in compenso, (…) non esiste obbligo di indennizzo quando la costruzione su una proprietà situata fuori da una zona urbana è vietata. Tuttavia, secondo l’articolo 1 del Protocollo no 1, il rispetto della proprietà privata esige all’epoca della regolamentazione con lo stato dell’uso di questa un giusto equilibrio tra l’interesse generale e gli interessi privati che sono garantiti, tra l’altro, dalla riconoscenza di un diritto ad indennizzo di colui che è leso dalla regolamentazione (CEDH, 23.9.1982, Sporrong e Lönnroth c. Svezia). Lo scopo legittimo perseguito della protezione dell’ambiente culturale tramite dell’imposizione di restrizioni non dispensa lo stato dal suo obbligo di indennizzare il proprietario leso per la privazione di ogni forma di uso contemplato per un bene determinato (CEDH, 6.12.2007, Z.A.N.T.E. -Marathonisi A.E. c. Grecia; CEDH, 21.2.2008, Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia. “)
16. Su questa base, il Consiglio di stato ha annullato una sentenza della corte amministrativa di appello al motivo che questa non aveva esaminato, per decidere se un obbligo di indennizzo pesava sullo stato, la questione di sapere se il bene controverso situato fuori dalla zona urbana fosse a questo riguardo edificabile prima dell’imposizione di un’interdizione.
17. Il Consiglio di stato ha reiterato questa posizione in una sentenza posteriore, no 3643/2009 del 18 novembre 2009.
2. La legge di accompagnamento (Εισαγωγικός Νόμος) del codice civile
18. Gli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile si leggono come segue:
Articolo 105
“Lo stato è tenuto a riparare il danno causato dagli atti illegali od omissioni dei suoi organi all’epoca dell’esercizio del potere pubblico, salvo se l’atto o l’omissione hanno avuto luogo per incomprensione di una disposizione destinata a servire l’interesse pubblico. La persona colpevole è solidalmente responsabile con lo stato, sotto riserva delle disposizioni speciali sulla responsabilità dei ministri. “
Articolo 106
“Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche in materia di responsabilità delle collettività territoriali o di altre persone giuridiche di diritto pubblico per il danno causato dagli atti od omissioni dei loro organi. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
19. Il richiedente si lamenta che le restrizioni portate all’edificabilità della sua proprietà, dopo la sua acquisizione e senza il versamento di un’indennità, hanno recato offesa al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Adduce una violazione dell’articolo del Protocollo no 1, così formulato:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
20. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne da parte del richiedente. Sostiene che se questo considerasse che l’imposizione delle restrizioni controverse violava il principio della proporzionalità perché il suo terreno era edificabile nel momento in cui l’ha acquisito, avrebbe dovuto impegnare un’azione per danno-interessi dinnanzi alle giurisdizioni del merito. Difatti l’oggetto della controversia dinnanzi al Consiglio di stato non era l’indennizzo del richiedente, ma la legalità del rifiuto dell’amministrazione di togliere le restrizioni all’edificabilità della proprietà di questo.
21. Il richiedente ribatte che aveva e ha ancora la speranza di ritrovare la libera disposizione del suo bene.
22. La Corte rileva che il Governo aveva sollevato un’eccezione simile nella causa Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis c. Grecia precitata e nella quale la società richiedente sollevava lo stesso motivo di appello sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che il richiedente nella presente causa. In questa causa, il Governo rimproverava alla società richiedente di non avere investito le giurisdizioni amministrative di un’azione per indennizzo fondata sull’articolo 24 § 6 della Costituzione così come sugli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile. Nella presente causa, il Governo non menziona in particolare uno di questi articoli ma la sentenza del Consiglio di stato del 21 settembre 2009, paragrafo 14 sopra con cui questo avrebbe messo la sua giurisprudenza in conformità con quella della Corte in quanto alla questione di un eventuale indennizzo in caso di imposizione di restrizioni all’edificabilità di terreni situati fuori dalla zona urbana.
23. La Corte, pure riconoscendo che in principio l’articolo 24 § 6 della Costituzione possa costituire la base giuridica autonoma per un ricorso di indennizzo dinnanzi alle giurisdizioni amministrative (paragrafo 13 sopra) considera che nell’occorrenza tale ricorso non sarebbe stato efficace. Difatti, la seguente constatazione del Consiglio di stato per cui la destinazione del terreno controverso sarebbe limitata rigorosamente allo ” sfruttamento agricolo, silvicolo così come al divertimento del pubblico” escluderebbe ogni prospettiva per il richiedente di percepire un’indennità perché il suo terreno era considerato ab initio come non edificabile. Partendo da questa constatazione, il valore del terreno controverso non avrebbe subito nessuna diminuzione a causa della modifica del suo statuto giuridico e dell’interdizione a costruire. Ne risulta che il ricorso in indennità è privato praticamente, nel caso di specie, di ogni fortuna di successo. Ne va parimenti per il ricorso fondato sugli articoli 105 e 106 della legge di accompagnamento del codice civile che presuppone un atto illecito dell’amministrazione, il che non è il caso nella presente causa.
24. In quanto alla sentenza del Consiglio di stato invocata, supponendo anche che possa avere una qualsiasi incidenza sull’efficacia di un’azione di indennizzo in situazioni come quelle dello specifico, è posteriore a quella del Consiglio di stato che si è pronunciato sul caso del richiedente e dunque questo non se ne poteva prevalere.
25. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che non si potrebbe rimproverare al richiedente di non avere fatto uso della via di ricorso indicata dal Governo. Conviene respingere l’eccezione di non-esaurimento sollevata dal Governo dunque.
26. La Corte constata, inoltre, che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
27. Il Governo sostiene che la restrizione portata dall’articolo 3 del decreto del 26 agosto 1988 alla proprietà del richiedente era legale perché tendeva alla protezione del monte Pendeli in quanto sito di una bellezza naturale eccezionale e serviva dunque l’interesse pubblico. Si riferisce inoltre alla giurisprudenza della Corte secondo la quale quando l’ingerenza nel diritto di proprietà consiste nell’interdizione o nella limitazione della possibilità di costruire e che il proprietario del bene non ha espresso mai la sua intenzione di costruire, l’esigenza di proporzionalità tra l’ ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente e lo scopo di interesse generale perseguito è rispettata (Kortessi c. Grecia, no 31259/04, § 40, 13 luglio 2006). Ora, dall’acquisizione del terreno e fino all’entrata in vigore del decreto, il richiedente non aveva espresso mai la sua intenzione di costruire.
28. Il richiedente sottolinea che la sua proprietà era situata al limite della zona protetta, su una strada e vicino ad altre residenze costruite da una parte e d’altro della strada. In più, disponeva del diritto a costruire a contare dal 1986 e gli apparteneva di scegliere il momento per esercitarlo.
29. La Corte nota in primo luogo che il Governo non contesta che c’è stata ingerenza nel diritto del richiedente di disporre liberamente del suo bene. Il richiedente ha acquisito il 27 novembre 1986 un terreno che all’epoca, secondo le sue affermazioni non contestate dal Governo, era edificabile. Il 26 agosto 1988, lo stato ha pubblicato un decreto presidenziale che stabiliva delle zone di protezione intorno al monte Pendeli e ch fissava dei limiti alla costruzione. Il terreno del richiedente è stato incluso in una zona di protezione dove era autorizzata solo la costruzione di edifici destinati alle libertà ed agli sport così come di rifugi di montagna. Il 3 settembre 2004, il richiedente ha investito la prefettura dell’Attica dell’est di una richiesta tesa a fare togliere le restrizioni che pesavano sul suo terreno ed a vedersi accordare un’indennità. In seguito alla conclusione consecutiva, con la sentenza del 16 aprile 2008, del procedimento dinnanzi al Consiglio di stato, procedimento cruciale per la valutazione della proporzionalità della misura incriminata, la Corte deve esaminare se l’ingerenza nel diritto del richiedente di disporre liberamente dei suoi beni era giustificata sotto l’angolo del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica ed altri c). Grecia, no 35859/02, § 36, 13 luglio 2006.
30. La Corte ricorda, da una parte che in un ambito così complesso e difficile come il piano di sviluppo del territorio, gli Stati contraenti godono di un grande margine di valutazione per condurre la loro politica urbanistica (vedere Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica ed altri, precitato, § 37; Elia S.r.l. c. Italia, no 37710/97, § 77, CEDH 2001-IX). Stima dunque che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni soddisfaceva le esigenze dell’interesse generale. Per tanto, lo scopo legittimo di proteggere il patrimonio naturale o culturale, pur importante che sia, non dispensa lo stato dsl suo obbligo di indennizzare gli interessati quando l’attentato al loro diritto di proprietà è eccessivo. Appartiene così alla Corte verificare, nel caso di specir, che l’equilibrio voluto è stato preservato in modo compatibile col diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni (vedere Saliba c. Malta, no 4251/02, § 45, 8 novembre 2005 e Housing Association of War Disabled et Victims of War of Attica ed altri, precitata, § 37).
31. Nell’occorrenza, la Corte nota che la questione della legalità delle restrizioni imposte alla proprietà controversa è stata esaminata dal Consiglio di stato nella cornice del procedimento amministrativo teso all’annullamento del rifiuto tacito dell’amministrazione di togliere le restrizioni che pesano sul terreno del richiedente. Il Consiglio di stato ha considerato nella sua sentenza che il decreto presidenziale controverso del 26 agosto 1988 non aveva espropriato la proprietà del richiedente ma aveva imposto delle restrizioni tese alla protezione ed al collocamento in valore di certi siti dell’Attica tra cui il monte Pendeli che era stato designato come sito di una bellezza naturale eccezionale da una decisione del ministro del Coordinamento del 27 marzo 1969. Queste restrizioni che erano stabilite secondo i criteri obiettivi a favore dell’interesse generale, non rendevano la proprietà inutilizzabile rispetto alla sua destinazione. Difatti, per i terreni situati fuori dal piano della città come quello del richiedente, questa destinazione non era la costruzione o lo sfruttamento turistico, ma lo sfruttamento agricolo e silvicolo così come il divertimento del pubblico.
32. La Corte considera che il motivo considerato dal Consiglio di stato per respingere il ricorso del richiedente si distingue per il suo rigore particolare. Difatti, assimila ogni terreno che si trova fuori dalla zona urbana ad un terreno destinato ad un uso agricolo, avicolo, silvicolo o di divertimento del pubblico, il che introduce una presunzione irrefragabile che ignora le particolarità di ogni terreno non incluso nella zona urbana. In particolare, il riferimento alla “destinazione” di un terreno, termine per se vago ed indefinito, non permette al giudice interno di tenere conto del diritto che, eventualmente, regolava in concreto il suo sfruttamento prima dell’imposizione della restrizione incriminata. Nei casi in cui la legislazione pertinente contempla solamente il suo sfruttamento agricolo, la “destinazione” del terreno non è, difatti, che l’agricoltura. In compenso, nei casi dove il diritto pertinente contempla espressamente l’edificabilità di un terreno, il giudice interno non potrebbe ignorare questo elemento facendo semplicemente appello alla “destinazione” di ogni terreno che si trova fuori dalla zona urbana (Z.A.N.TE). -Marathonisi A.E., precitata, § 52 ed Anonymos Touristiki Etairia Xenodocheia Kritis, precitata, § 47).
33. Nel caso di specie, certi elementi della pratica appoggiano la tesi del richiedente secondo la quale la destinazione della proprietà controversa non era unicamente lo sfruttamento agricolo e silvicolo. Quando il richiedente ha acquisito il suo terreno nel 1986, delle case erano già costruite sui terreni attigui.
34. Alla vista di ciò che precede, la Corte considera che, nel caso di specie, il criterio adoperato dal Consiglio di stato ha rotto il giusto equilibro che doveva regnare, in materia di regolamentazione dell’uso dei beni, tra l’interesse pubblico e gli interessi privati.
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
35. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta che il Consiglio di stato, deliberando come ha fatto, gli ha portato danno. Il richiedente si lamenta anche di essere vittima di una discriminazione ingiustificata e contraria all’articolo 14 della Convenzione, rispetto a certe proprietà attigue, situate nella stessa via del suo terreno e che non sono riguardate dal decreto presidenziale controverso.
36. Per ciò che riguarda il primo motivo di appello, la Corte ricorda che ai termini dell’articolo 19 della Convenzione, ha per compito di garantire il rispetto degli impegni che risultano dalla Convenzione per le Parti contraenti. In particolare, non le appartiene conoscere degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi da una giurisdizione interna, salvo se e nella misura in cui hanno potuto portare attentato ai diritti e alle libertà salvaguardate dalla Convenzione (vedere, in particolare, García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I). La Corte non può valutare lei stessa gli elementi di fatto che hanno condotto una giurisdizione nazionale ad adottare tale decisione piuttosto che tal’ altra, se no si erigerebbe a giudice di quarta istanza e ignorerebbe i limiti della sua missione (vedere, mutatis mutandis, Kemmache c. Francia (no 3), 24 novembre 1994, § 44, serie A no 296-C). La Corte ha per sola funzione, allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione, di esaminare le richieste che adducono che le giurisdizioni nazionali hanno ignorato delle garanzie procedurali specifiche enunciate da questa disposizione o che la condotta del procedimento nel suo insieme non ha garantito un processo equo al richiedente (vedere, tra molte altre, Donadzé c. Georgia, no 74644/01, §§ 30-31, 7 marzo 2006).
37. Nell’occorrenza, la Corte non scopre nessun elemento che dà a pensare che il procedimento di prima istanza e d’ appello non si sia svolto conformemente alle esigenze del processo equo.
38. La Corte ricorda che l’articolo 14 offre una protezione contro la discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà garantite dalle altre clausole normative della Convenzione. Ogni differenza di trattamento non porta tuttavia automaticamente violazione di questo articolo. Bisogna stabilire che le persone poste in situazioni analoghe o comparabili godano di un trattamento preferenziale e che questa distinzione non trova nessuna giustificazione obiettiva o ragionevole. Gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione per determinare se ed in quale misura le differenze tra le situazioni ad altri riguardi analoghe giustificano delle distinzioni di trattamento giuridico (Stubbings ed altri c. Regno Unito, 22 ottobre 1996, § 72, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-IV).
39. La Corte nota che, come ha sottolineato il Consiglio di stato, le case sulle proprietà attigue erano state costruite prima del 1988, o prima della determinazione delle zone di protezione e che di conseguenza, i loro proprietari non si trovavano in una situazione comparabile a quella del richiedente.
40. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta, conformemente all’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
41. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
42. A titolo del danno patrimoniale, il richiedente, basandosi su un rapporto stabilito da un architetto, domanda le seguenti somme: 458 010 EUR, per il valore reale della casa che avrebbe potuto costruire se il decreto del 26 agosto 1988 non avesse stabilito la restrizione controversa; 561 830 EUR per il valore reale del terreno se questo fosse stato considerato come edificabile; 312 290 EUR per perdita di probabilità, somma che corrisponderebbe alla differenza del costo della costruzione tra il 1987 e il 2011. Il richiedente richiede anche 100 000 EUR per danno morale. Non richiede nessuna somma per oneri e spese.
43. Il Governo sottolinea che il richiedente non aveva l’intenzione di costruire perché non aveva proceduto a nessuna azione preparatoria a questo fine, come, per esempio un’istanza di permesso a costruire. In più, le pretese del richiedente sono vaghe, non motivate ed arbitrarie: non precisa che tipo di casa avrebbe potuto costruire in funzione dei suoi mezzi finanziari, né qual è il punto di partenza del periodo del suo danno, né su quali elementi è fondato il valore reale del terreno che utilizza come base per il calcolo del suo danno. Il Governo invita la Corte a riservare l’applicazione dell’articolo 41.
44. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura. Perciò, la riserva e fisserà l’ ulteriore procedimento tenuto conto della possibilità che il Governo ed il richiedente giungano ad un accordo, articolo 75 § 1 dell’ordinamento.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura; perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente a sottoporle per iscritto, entro tre mesi, le loro osservazioni sulla questione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ ulteriore procedimento e delega alla presidentessa della camera la cura di fissarla all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 19 luglio 2011, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidentessa