TERZA SEZIONE
CAUSA TURUS C. ROMANIA
( Richiesta no 31566/03)
SENTENZA
STRASBURGO
7 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Turus c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 31566/03) diretta contro la Romania e in cui due cittadini svedesi, la Sig.ra C. M T. ed il Sig. I. T. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 29 agosto 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da V. C., avvocato a Satu Mare. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. RăzvanHoraţiu ¬ Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 22 febbraio 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione. È stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
4. Il governo svedese al quale una copia della richiesta è stata comunicata, in virtù dell’articolo 44 § 1 hanno, dell’Ordinamento della Corte, non ha desiderato presentare il suo punto di vista sulla causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati nel 1939 e risiedono a Malmö, Svezia.
6. Con una decisione del 18 novembre 1985, un immobile appartenente ai richiedenti, composto da una casa e dal terreno attiguo di 453 m², fu nazionalizzato, in ragione della loro partenza all’estero.
7. Il 7 gennaio 1986, lo stato affittò l’immobile a P.Z. e P.M.R. (“gli inquilini”).
8. Con una dichiarazione del 1 luglio 1996, i richiedenti informarono il municipio del loro accordo affinché l’immobile venisse restituito a M.M, la madre del richiedente. Con una decisione del 13 maggio 1998, il municipio ordinò la restituzione dell’immobile a M.M. Su ricorso degli inquilini, con una sentenza definitiva del 26 gennaio 2000, la corte di appello di Oradea (“la corte di appello”) annullò la decisione del 13 maggio 1998 e constatò che i richiedenti avevano diritto ad un indennizzo per l’immobile.
1. Azione per la riconoscenza del carattere illegale della statalizzazione
9. Con un giudizio definitivo del 25 aprile 2000, il tribunale di prima istanza di Satu Mare (“il tribunale di prima istanza”) fece diritto all’azione dei richiedenti contro il municipio, constatò l’illegalità della decisione di statalizzazione ed ordinò la rettifica del registro fondiario a favore dei richiedenti. L’8 dicembre 2000, i richiedenti furono iscritti in quanto proprietari sul registro fondiario.
2. Azione per l’ annullamento del contratto di vendita
10. L’ 11 maggio 2000, lo stato vendette agli inquilini la casa e 55 m² dei 453 m² del terreno.
11. Nel 2002, i richiedenti investirono il tribunale di prima istanza di un’azione contro gli inquilini per annullamento del contratto di vendita precitato, facendo valere che lo stato non era più il proprietario dell’immobile all’epoca della conclusione di questo contratto.
12. Con un giudizio del 13 marzo 2002, il tribunale di prima istanza fece diritto all’azione ed annullò il contratto. Con una sentenza definitiva del 19 febbraio 2003, messa in bella copia il 6 marzo 2003, la corte di appello accolse il ricorso degli inquilini e respinse l’azione. Considerò che la sentenza del 26 gennaio 2000 riconosceva ai richiedenti solo il diritto ad un indennizzo (vedere sopra paragrafo 8) e che, il contratto di vendita era stato concluso quindi, legalmente.
3. Azione riguardante l’iscrizione degli inquilini in quanto proprietari dell’immobile sul registro fondiario
13. Nel 2001, gli inquilini investirono il tribunale di prima istanza di un’azione contro i richiedenti, per farsi iscrivere in quanto proprietari dell’immobile sul registro fondiario.
14. Con un giudizio del 30 gennaio 2002, il tribunale di prima istanza respinse l’azione, giudicando che i richiedenti erano iscritti su questo registro in virtù del giudizio definitivo del 25 aprile 2000 (vedere sopra paragrafo 9).
15. Con una sentenza definitiva del 19 febbraio 2003, messa in bella copia il 6 marzo 2003, la corte di appello, in una formazione di giudizio identica a quella che aveva respinto l’azione per l’annullamento del contratto di vendita, accolse l’azione degli inquilini, ordinò la radiazione dei richiedenti del registro fondiario e l’iscrizione degli inquilini in quanto proprietari per la parte dell’immobile che era stato oggetto del contratto di vendita.
16. Gli inquilini iscrissero il loro diritto di proprietà sul registro di pubblicità immobiliare per la casa e sui 55 m² dei 453 m² di terreno.
17. Il 4 ottobre 2001, basandosi sulle disposizioni della legge no 10/2001, i richiedenti indirizzarono una notificazione al municipio di Satu Mare chiedendo la restituzione in natura del bene immobiliare, composto dalla casa e dal terreno di 453 m². Nel 2006, l’autorità competente chiese ai richiedenti di completare la loro pratica.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
18. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche tra cui quelle portate dalla legge no 247/2005, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
19. Alcune misure che prevedevano in particolare l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso i fondi di investimento “Proprietatea” sono state prese dalle autorità nazionali in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
20. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto di proprietà, in ragione della vendita dell’immobile agli inquilini, del rifiuto della corte di appello di Oradea di annullare questa vendita e dell’iscrizione di questi ultimi in quanto proprietari dell’immobile sul registro di pubblicità immobiliare. Adducono un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
21. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
22. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati in cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
23. I richiedenti si oppongono a questa tesi.
24. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59, e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
25. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’altro, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
26. Per di più, osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in atto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
27. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbe conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi sia in pratica e che in materia verso il buonsenso.
28. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sul loro bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo da circa nove anni, hanno fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto del loro bene garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
29. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti adducono l’iniquità dei procedimenti che si sono conclusi con le due sentenze del 19 febbraio 2003 della corte di appello di Oradea, e più in particolare una mancanza di imparzialità, tenuto conto del fatto che la stessa formazione di giudizio ha reso le due suddette sentenze.
30. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne per ciò che riguarda il motivo di appello derivato dalla mancanza di imparzialità dei giudici della corte di appello.
31. Avuto riguardo alla natura del motivo di appello ed agli elementi della pratica, la Corte stima che conviene unire questa eccezione al merito.
32. La Corte stima anche, alla luce dell’insieme degli elementi in suo possesso, che questo motivo di appello dei richiedenti è ammissibile. Tuttavia, considera, tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 22-28, che non c’è luogo di deliberare sul merito di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Chiesa cattolica della Morta c. Grecia, sentenza del 16 dicembre 1997, Raccolta 1997-VIII, § 50 e Davidescu c. Romania, no 2252/02, § 56, 16 novembre 2006). Questa conclusione dispensa peraltro la Corte dal pronunciarsi sull’eccezione sollevata dal Governo (Moschopoulos-Veïnoglou ed altri c. Grecia, no 32636/05, § 35, 18 ottobre 2007).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
33. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
34. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere, le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009 e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
35. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
36. I richiedenti chiedono la restituzione del bene immobiliare controverso, composto dalla casa e dal terreno attiguo di 453 m² e sottolineano che non vogliono ricevere dei risarcimenti. Richiedono anche 60 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbero subito.
37. Il Governo nota che, sebbene la restituzione in integrum sia la migliore modalità per riparare un danno, un indennizzo può essere accordato dalla Corte quando questa restituzione si rivela impossibile. Il Governo ricorda che il contratto di vendita riguardava unicamente la casa ed il terreno di 55/453 m2, ossia l’equivalente di 55 m² di terreno. Stima il valore della parte dell’immobile venduto agli inquilini a 29 952 EUR e fornisce a questo fine un rapporto di perizia datato settembre 2007. Il 3 aprile 2009, il Governo ha informato la Corte che il valore reale dell’immobile in causa è lo stesso di quello stabilito nel rapporto di perizia precitato e che, secondo le informazione fornite dalla camera dei notai, il valore del terreno adeguato dagli inquilini è di 60 lei rumeni (RON)/m². Il Governo stima che nessuno danno morale potrebbe essere considerato, perché nessuno legame di causalità è stato stabilito tra i procedimenti che sono stati oggetto della presente richiesta e le sofferenze addotte dai richiedenti.
38. La Corte osserva che i richiedenti erano i proprietari dell’insieme del bene immobiliare, ossia la casa ed il terreno attiguo di 453 m² la cui statalizzazione era stata riconosciuta come illegale. Nota anche che solo una parte di questo bene è stata venduta agli inquilini e che unicamente questi ultimi hanno ottenuto l’iscrizione del loro diritto di proprietà sul registro di pubblicità immobiliare per questa parte. Quindi, la Corte constata che i richiedenti restano proprietari per la differenza di terreno per la quale nessuno risarcimento sarà accordato.
39. La Corte stima che, nelle circostanze dello specifico, la restituzione del bene controverso ai richiedenti, ossia la parte del bene immobiliare venduto agli inquilini, porrebbe per quanto possibile gli interessati in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione non fossero stati ignorati. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva, la Corte decide che dovrà versare ai richiedenti, per danno materiale, una somma corripsondente al valore reale del bene controverso.
40. Nello specifico, in quanto alla determinazione dell’importo dell’indennità che può essere versata ai richiedenti, la Corte nota che solo il Governo ha fornito un rapporto di stima sul valore del bene immobiliare venduto agli inquilini. Tenuto conto delle informazione in suo possesso, stima il valore del bene a 31 000 EUR.
41. Concernente la richiesta dei richiedenti a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato loro dei dispiaceri e delle incertezze, e che la somma di 2 000 EUR, accordata congiuntamente, rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito.
B. Oneri e spese
42. I richiedenti chiedono anche 40 000 EUR per gli oneri e le spese, senza fornire dei giustificativi.
43. Il Governo nota che i richiedenti non hanno sottoposto nessun giustificativo.
44. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, la Corte nota che i richiedenti non hanno supportato la loro richiesta e, quindi, la respinge.
C. Interessi moratori
45. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare i motivi di appello derivati dall’articolo 6 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire ai richiedenti il bene immobiliare venduto agli inquilini l’11 maggio 2000, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine di tre mesi, 31 000 EUR (trentun mila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine, 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che le somme menzionate ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 7 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente