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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE TURUS c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 31566/03/2009
Stato: Romania
Data: 2009-07-07 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA TURUS C. ROMANIA
( Richiesta no 31566/03)
SENTENZA
STRASBURGO
7 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Turus c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 16 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 31566/03) diretta contro la Romania e in cui due cittadini svedesi, la Sig.ra C. M T. ed il Sig. I. T. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 29 agosto 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da V. C., avvocato a Satu Mare. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. RăzvanHoraţiu ¬ Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 22 febbraio 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione. È stato deciso inoltre che la Camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
4. Il governo svedese al quale una copia della richiesta è stata comunicata, in virtù dell’articolo 44 § 1 hanno, dell’Ordinamento della Corte, non ha desiderato presentare il suo punto di vista sulla causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati nel 1939 e risiedono a Malmö, Svezia.
6. Con una decisione del 18 novembre 1985, un immobile appartenente ai richiedenti, composto da una casa e dal terreno attiguo di 453 m², fu nazionalizzato, in ragione della loro partenza all’estero.
7. Il 7 gennaio 1986, lo stato affittò l’immobile a P.Z. e P.M.R. (“gli inquilini”).
8. Con una dichiarazione del 1 luglio 1996, i richiedenti informarono il municipio del loro accordo affinché l’immobile venisse restituito a M.M, la madre del richiedente. Con una decisione del 13 maggio 1998, il municipio ordinò la restituzione dell’immobile a M.M. Su ricorso degli inquilini, con una sentenza definitiva del 26 gennaio 2000, la corte di appello di Oradea (“la corte di appello”) annullò la decisione del 13 maggio 1998 e constatò che i richiedenti avevano diritto ad un indennizzo per l’immobile.
1. Azione per la riconoscenza del carattere illegale della statalizzazione
9. Con un giudizio definitivo del 25 aprile 2000, il tribunale di prima istanza di Satu Mare (“il tribunale di prima istanza”) fece diritto all’azione dei richiedenti contro il municipio, constatò l’illegalità della decisione di statalizzazione ed ordinò la rettifica del registro fondiario a favore dei richiedenti. L’8 dicembre 2000, i richiedenti furono iscritti in quanto proprietari sul registro fondiario.
2. Azione per l’ annullamento del contratto di vendita
10. L’ 11 maggio 2000, lo stato vendette agli inquilini la casa e 55 m² dei 453 m² del terreno.
11. Nel 2002, i richiedenti investirono il tribunale di prima istanza di un’azione contro gli inquilini per annullamento del contratto di vendita precitato, facendo valere che lo stato non era più il proprietario dell’immobile all’epoca della conclusione di questo contratto.
12. Con un giudizio del 13 marzo 2002, il tribunale di prima istanza fece diritto all’azione ed annullò il contratto. Con una sentenza definitiva del 19 febbraio 2003, messa in bella copia il 6 marzo 2003, la corte di appello accolse il ricorso degli inquilini e respinse l’azione. Considerò che la sentenza del 26 gennaio 2000 riconosceva ai richiedenti solo il diritto ad un indennizzo (vedere sopra paragrafo 8) e che, il contratto di vendita era stato concluso quindi, legalmente.
3. Azione riguardante l’iscrizione degli inquilini in quanto proprietari dell’immobile sul registro fondiario
13. Nel 2001, gli inquilini investirono il tribunale di prima istanza di un’azione contro i richiedenti, per farsi iscrivere in quanto proprietari dell’immobile sul registro fondiario.
14. Con un giudizio del 30 gennaio 2002, il tribunale di prima istanza respinse l’azione, giudicando che i richiedenti erano iscritti su questo registro in virtù del giudizio definitivo del 25 aprile 2000 (vedere sopra paragrafo 9).
15. Con una sentenza definitiva del 19 febbraio 2003, messa in bella copia il 6 marzo 2003, la corte di appello, in una formazione di giudizio identica a quella che aveva respinto l’azione per l’annullamento del contratto di vendita, accolse l’azione degli inquilini, ordinò la radiazione dei richiedenti del registro fondiario e l’iscrizione degli inquilini in quanto proprietari per la parte dell’immobile che era stato oggetto del contratto di vendita.
16. Gli inquilini iscrissero il loro diritto di proprietà sul registro di pubblicità immobiliare per la casa e sui 55 m² dei 453 m² di terreno.
17. Il 4 ottobre 2001, basandosi sulle disposizioni della legge no 10/2001, i richiedenti indirizzarono una notificazione al municipio di Satu Mare chiedendo la restituzione in natura del bene immobiliare, composto dalla casa e dal terreno di 453 m². Nel 2006, l’autorità competente chiese ai richiedenti di completare la loro pratica.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
18. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche tra cui quelle portate dalla legge no 247/2005, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005); e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
19. Alcune misure che prevedevano in particolare l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso i fondi di investimento “Proprietatea” sono state prese dalle autorità nazionali in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
20. I richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto di proprietà, in ragione della vendita dell’immobile agli inquilini, del rifiuto della corte di appello di Oradea di annullare questa vendita e dell’iscrizione di questi ultimi in quanto proprietari dell’immobile sul registro di pubblicità immobiliare. Adducono un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
21. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
22. Il Governo reitera i suoi argomenti presentati in cause simili anteriori (vedere, tra altre, Cîrstoiu c. Romania, no 22281/05, § 22, 4 marzo 2008).
23. I richiedenti si oppongono a questa tesi.
24. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quelle del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere le cause sopraccitate, in particolare Străin precitata, §§ 39, 43 e 59, e Porteanu c. Romania, no 4596/03, §§ 32-35, 16 febbraio 2006).
25. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. La Corte riafferma in particolare che, nel contesto legislativo rumeno che regola le azioni di restituzione dei beni nazionalizzati dal regime comunista, la vendita da parte dello stato del bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma definitiva in giustizia del diritto di proprietà dell’altro, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Vodă e Bob c. Romania, no 7976/02, § 23, 7 febbraio 2008).
26. Per di più, osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in atto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
27. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbe conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsti da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come i richiedenti, si sono visti riconoscere la qualità di proprietari, con una decisione giudiziale definitiva. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi sia in pratica e che in materia verso il buonsenso.
28. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà dei richiedenti sul loro bene, combinato con la mancanza totale di indennizzo da circa nove anni, hanno fatto subire loro un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto del loro bene garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
Pertanto, c’è stata nella specifico violazione di questa disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
29. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti adducono l’iniquità dei procedimenti che si sono conclusi con le due sentenze del 19 febbraio 2003 della corte di appello di Oradea, e più in particolare una mancanza di imparzialità, tenuto conto del fatto che la stessa formazione di giudizio ha reso le due suddette sentenze.
30. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne per ciò che riguarda il motivo di appello derivato dalla mancanza di imparzialità dei giudici della corte di appello.
31. Avuto riguardo alla natura del motivo di appello ed agli elementi della pratica, la Corte stima che conviene unire questa eccezione al merito.
32. La Corte stima anche, alla luce dell’insieme degli elementi in suo possesso, che questo motivo di appello dei richiedenti è ammissibile. Tuttavia, considera, tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 22-28, che non c’è luogo di deliberare sul merito di questo motivo di appello (vedere, mutatis mutandis tra altre, Laino c. Italia [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Chiesa cattolica della Morta c. Grecia, sentenza del 16 dicembre 1997, Raccolta 1997-VIII, § 50 e Davidescu c. Romania, no 2252/02, § 56, 16 novembre 2006). Questa conclusione dispensa peraltro la Corte dal pronunciarsi sull’eccezione sollevata dal Governo (Moschopoulos-Veïnoglou ed altri c. Grecia, no 32636/05, § 35, 18 ottobre 2007).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
33. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
34. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera dalle leggi di risarcimento al più presto così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere, le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009 e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
35. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
36. I richiedenti chiedono la restituzione del bene immobiliare controverso, composto dalla casa e dal terreno attiguo di 453 m² e sottolineano che non vogliono ricevere dei risarcimenti. Richiedono anche 60 000 euro (EUR) a titolo del danno morale che avrebbero subito.
37. Il Governo nota che, sebbene la restituzione in integrum sia la migliore modalità per riparare un danno, un indennizzo può essere accordato dalla Corte quando questa restituzione si rivela impossibile. Il Governo ricorda che il contratto di vendita riguardava unicamente la casa ed il terreno di 55/453 m2, ossia l’equivalente di 55 m² di terreno. Stima il valore della parte dell’immobile venduto agli inquilini a 29 952 EUR e fornisce a questo fine un rapporto di perizia datato settembre 2007. Il 3 aprile 2009, il Governo ha informato la Corte che il valore reale dell’immobile in causa è lo stesso di quello stabilito nel rapporto di perizia precitato e che, secondo le informazione fornite dalla camera dei notai, il valore del terreno adeguato dagli inquilini è di 60 lei rumeni (RON)/m². Il Governo stima che nessuno danno morale potrebbe essere considerato, perché nessuno legame di causalità è stato stabilito tra i procedimenti che sono stati oggetto della presente richiesta e le sofferenze addotte dai richiedenti.
38. La Corte osserva che i richiedenti erano i proprietari dell’insieme del bene immobiliare, ossia la casa ed il terreno attiguo di 453 m² la cui statalizzazione era stata riconosciuta come illegale. Nota anche che solo una parte di questo bene è stata venduta agli inquilini e che unicamente questi ultimi hanno ottenuto l’iscrizione del loro diritto di proprietà sul registro di pubblicità immobiliare per questa parte. Quindi, la Corte constata che i richiedenti restano proprietari per la differenza di terreno per la quale nessuno risarcimento sarà accordato.
39. La Corte stima che, nelle circostanze dello specifico, la restituzione del bene controverso ai richiedenti, ossia la parte del bene immobiliare venduto agli inquilini, porrebbe per quanto possibile gli interessati in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbero se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione non fossero stati ignorati. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva, la Corte decide che dovrà versare ai richiedenti, per danno materiale, una somma corripsondente al valore reale del bene controverso.
40. Nello specifico, in quanto alla determinazione dell’importo dell’indennità che può essere versata ai richiedenti, la Corte nota che solo il Governo ha fornito un rapporto di stima sul valore del bene immobiliare venduto agli inquilini. Tenuto conto delle informazione in suo possesso, stima il valore del bene a 31 000 EUR.
41. Concernente la richiesta dei richiedenti a titolo del danno morale, la Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno provocato loro dei dispiaceri e delle incertezze, e che la somma di 2 000 EUR, accordata congiuntamente, rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito.
B. Oneri e spese
42. I richiedenti chiedono anche 40 000 EUR per gli oneri e le spese, senza fornire dei giustificativi.
43. Il Governo nota che i richiedenti non hanno sottoposto nessun giustificativo.
44. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, la Corte nota che i richiedenti non hanno supportato la loro richiesta e, quindi, la respinge.
C. Interessi moratori
45. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare i motivi di appello derivati dall’articolo 6 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire ai richiedenti il bene immobiliare venduto agli inquilini l’11 maggio 2000, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine di tre mesi, 31 000 EUR (trentun mila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che lo stato convenuto deve versare ad ogni modo, congiuntamente ai richiedenti, nello stesso termine, 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che le somme menzionate ai punti b) e c) saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
e che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 7 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE TURUS c. ROUMANIE
(Requête no 31566/03)
ARRÊT
STRASBOURG
7 juillet 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Turus c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 16 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 31566/03) dirigée contre la Roumanie et dont deux ressortissants suédois, Mme C. M T. et M. I. T. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 29 août 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me V. C., avocat à Satu Mare. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan¬Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 22 février 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention. Il a en outre été décidé que la Chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
4. Le gouvernement suédois, auquel une copie de la requête a été communiquée, en vertu de l’article 44 § 1 a) du Règlement de la Cour, n’a pas souhaité présenter son point de vue sur l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés en 1939 et résident à Malmö, Suède.
6. Par une décision du 18 novembre 1985, un immeuble appartenant aux requérants, composé d’une maison et du terrain attenant de 453 m², fut nationalisé, en raison de leur départ à l’étranger.
7. Le 7 janvier 1986, l’État loua l’immeuble à P.Z. et P.M.R. (« les locataires »).
8. Par une déclaration du 1er juillet 1996, les requérants informèrent la mairie de leur accord pour que l’immeuble soit restitué à M.M., la mère de la requérante. Par une décision du 13 mai 1998, la mairie ordonna la restitution de l’immeuble à M.M. Sur recours des locataires, par un arrêt définitif du 26 janvier 2000, la cour d’appel d’Oradea (« la cour d’appel ») annula la décision du 13 mai 1998 et constata que les requérants avaient droit à une indemnisation pour l’immeuble.
1. Action en reconnaissance du caractère illégal de la nationalisation
9. Par un jugement définitif du 25 avril 2000, le tribunal de première instance de Satu Mare (« le tribunal de première instance ») fit droit à l’action des requérants contre la mairie, constata l’illégalité de la décision de nationalisation et ordonna la rectification du registre foncier en faveur des requérants. Le 8 décembre 2000, les requérants furent inscrits en tant que propriétaires sur le registre foncier.
2. Action en annulation du contrat de vente
10. Le 11 mai 2000, l’État vendit aux locataires la maison et 55 m² sur les 453 m² du terrain.
11. En 2002, les requérants saisirent le tribunal de première instance d’une action contre les locataires en annulation du contrat de vente précité, en faisant valoir que l’État n’était plus le propriétaire de l’immeuble lors de la conclusion de ce contrat.
12. Par un jugement du 13 mars 2002, le tribunal de première instance fit droit à l’action et annula le contrat. Par un arrêt définitif du 19 février 2003, mis au net le 6 mars 2003, la cour d’appel accueillit le recours des locataires et rejeta l’action. Elle retint que l’arrêt du 26 janvier 2000 ne reconnaissait aux requérants que le droit à une indemnisation (voir paragraphe 8 ci-dessus) et que, dès lors, le contrat de vente avait été légalement conclu.
3. Action portant sur l’inscription des locataires en tant que propriétaires de l’immeuble sur le registre foncier
13. En 2001, les locataires saisirent le tribunal de première instance d’une action contre les requérants, afin de se faire inscrire en tant que propriétaires de l’immeuble sur le registre foncier.
14. Par un jugement du 30 janvier 2002, le tribunal de première instance rejeta l’action, en jugeant que les requérants étaient inscrits sur ce registre en vertu du jugement définitif du 25 avril 2000 (voir paragraphe 9 ci-dessus).
15. Par un arrêt définitif du 19 février 2003, mis au net le 6 mars 2003, la cour d’appel, dans une formation de jugement identique à celle qui avait rejeté l’action en annulation du contrat de vente, accueillit l’action des locataires, ordonna la radiation des requérants du registre foncier et l’inscription des locataires en tant que propriétaires pour la partie de l’immeuble qui avait fait l’objet du contrat de vente.
16. Les locataires inscrivirent leur droit de propriété sur le registre de publicité immobilière pour la maison et 55 m² sur les 453 m² de terrain.
17. Le 4 octobre 2001, se fondant sur les dispositions de la loi no 10/2001, les requérants adressèrent une notification à la mairie de Satu Mare demandant la restitution en nature du bien immobilier, composé de la maison et du terrain de 453 m². En 2006, l’autorité compétente demanda aux requérants de compléter leur dossier.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
18. Les dispositions légales (y compris celles de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’État entre le 6 mars 1945 et le 22 décembre 1989, et de ses modifications subséquentes, parmi lesquelles celles apportées par la loi no 247/2005) et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) ; et Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 11 décembre 2007).
19. Des mesures visant l’accélération de la procédure d’octroi des dédommagements à travers le fonds d’investissement « Proprietatea » ont été prises par les autorités nationales en vertu notamment de l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 81/2007.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
20. Les requérants se plaignent d’une atteinte à leur droit de propriété, en raison de la vente de l’immeuble aux locataires, du refus de la cour d’appel d’Oradea d’annuler cette vente et de l’inscription de ces derniers en tant que propriétaires de l’immeuble sur le registre de publicité immobilière. Ils allèguent une atteinte à leur droit au respect de leurs biens, tel que reconnu par l’article 1 du Protocole no 1 :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
21. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
22. Le Gouvernement réitère ses arguments présentés dans des affaires similaires antérieures (voir, parmi d’autres, Cîrstoiu c. Roumanie, no 22281/05, § 22, 4 mars 2008).
23. Les requérants s’opposent à cette thèse.
24. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celles du cas d’espèce et a constaté la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention (voir les affaires citées ci-dessus, notamment Străin précité, §§ 39, 43 et 59, et Porteanu c. Roumanie, no 4596/03, §§ 32-35, 16 février 2006).
25. Après avoir examiné tous les éléments qui lui ont été soumis, la Cour considère que le Gouvernement n’a exposé aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans le cas présent. La Cour réaffirme notamment que, dans le contexte législatif roumain régissant les actions en restitution des biens nationalisés par le régime communiste, la vente par l’État du bien d’autrui à des tiers de bonne foi, même lorsqu’elle est antérieure à la confirmation définitive en justice du droit de propriété de l’autre, s’analyse en une privation de bien. Une telle privation, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, est contraire à l’article 1 du Protocole no 1 (Vodă et Bob c. Roumanie, no 7976/02, § 23, 7 février 2008).
26. De surcroît, elle observe qu’à ce jour, le Gouvernement n’a pas démontré que le système d’indemnisation mis en place par la loi no 247/2005 permettrait aux bénéficiaires de cette loi de toucher, selon une procédure et un calendrier prévisible, une indemnité en rapport avec la valeur vénale des biens dont ils ont été privés.
27. Cette conclusion ne préjuge pas toute évolution positive que pourraient connaître à l’avenir les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme les requérants, se sont vu reconnaître la qualité de propriétaires, par une décision judiciaire définitive. A cet égard, la Cour prend note avec satisfaction de l’évolution récente qui semble s’amorcer en pratique et qui va dans le bon sens en la matière.
28. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la mise en échec du droit de propriété des requérants sur leur bien, combinée avec l’absence totale d’indemnisation depuis environ neuf ans, leur ont fait subir une charge disproportionnée et excessive, incompatible avec le droit au respect de leur bien garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
Partant, il y a eu en l’espèce violation de cette disposition.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 DE LA CONVENTION
29. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, les requérants allèguent l’iniquité des procédures qui ont pris fin par les deux arrêts du 19 février 2003 de la cour d’appel d’Oradea, et plus particulièrement un manque d’impartialité, compte tenu de ce que la même formation de jugement a rendu les deux arrêts susmentionnés.
30. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes pour ce qui est du grief tiré du manque d’impartialité des juges de la cour d’appel.
31. Eu égard à la nature du grief et aux éléments du dossier, la Cour estime qu’il convient de joindre cette exception au fond.
32. La Cour estime également, à la lumière de l’ensemble des éléments en sa possession, que ce grief des requérants est recevable. Toutefois, elle considère, compte tenu de ses conclusions figurant aux paragraphes 22-28 ci-dessus, qu’il n’y a pas lieu de statuer sur le fond de ce grief (voir, mutatis mutandis entre autres, Laino c. Italie [GC], no 33158/96, § 25, CEDH 1999-I, Église catholique de la Canée c. Grèce, arrêt du 16 décembre 1997, Recueil 1997-VIII, § 50 et Davidescu c. Roumanie, no 2252/02, § 56, 16 novembre 2006). Cette conclusion dispense par ailleurs la Cour de se prononcer sur l’exception soulevée par le Gouvernement (Moschopoulos-Veïnoglou et autres c. Grèce, no 32636/05, § 35, 18 octobre 2007).
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
33. L’article 46 de la Convention dispose :
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
34. La conclusion de violation de l’article 1 du Protocole no 1 révèle un problème à grande échelle résultant de la défectuosité de la législation sur la restitution des immeubles nationalisés qui ont été vendus par l’État à des tiers. Dès lors, la Cour estime que l’État doit aménager dans les plus brefs délais la procédure mise en place par les lois de réparation de sorte qu’elle devienne réellement cohérente, accessible, rapide et prévisible (voir, les arrêts Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, § 83, 9 décembre 2008 ; Katz c. Roumanie, no 29739/03, §§ 30-37, 20 janvier 2009 et Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 48-54, 13 janvier 2009).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
35. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
36. Les requérants demandent la restitution du bien immobilier litigieux, composé de la maison et du terrain attenant de 453 m² et soulignent qu’ils ne veulent pas recevoir des dédommagements. Ils réclament également 60 000 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’ils auraient subi.
37. Le Gouvernement note que, bien que la restitution in integrum soit la meilleure modalité pour réparer un préjudice, une indemnisation peut être accordée par la Cour lorsque cette restitution s’avère impossible. Le Gouvernement rappelle que le contrat de vente portait uniquement sur la maison et le terrain de 55/453 m2, à savoir l’équivalent de 55 m² de terrain. Il estime la valeur de la partie de l’immeuble vendu aux locataires à 29 952 EUR et fournit à cette fin un rapport d’expertise daté de septembre 2007. Le 3 avril 2009, le Gouvernement a informé la Cour que la valeur actuelle de l’immeuble en cause est la même que celle établie dans le rapport d’expertise précité et que, selon les informations fournies par la chambre des notaires, la valeur du terrain approprié par les locataires est de 60 lei roumains (RON)/m². Le Gouvernement estime qu’aucun préjudice moral ne saurait être retenu, car aucun lien de causalité n’a été établi entre les procédures qui ont fait l’objet de la présente requête et les souffrances alléguées par les requérants.
38. La Cour observe que les requérants étaient propriétaires de l’ensemble du bien immobilier, à savoir la maison et le terrain attenant de 453 m², dont la nationalisation avait été reconnue comme illégale. Elle note également que seule une partie de ce bien a été vendue aux locataires et qu’uniquement pour cette partie ces derniers ont obtenu l’inscription de leur droit de propriété sur le registre de publicité immobilière. Dès lors, la Cour constate que les requérants restent propriétaires pour la différence de terrain pour laquelle aucune réparation ne sera accordée.
39. La Cour estime que, dans les circonstances de l’espèce, la restitution du bien litigieux aux requérants, à savoir la partie du bien immobilier vendu aux locataires, placerait les intéressés autant que possible dans une situation équivalant à celle où ils se trouveraient si les exigences de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention n’avaient pas été méconnues. A défaut pour l’État défendeur de procéder à pareille restitution dans un délai de trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif, la Cour décide qu’il devra verser aux requérants, pour dommage matériel, une somme correspondant à la valeur actuelle du bien litigieux.
40. En l’espèce, quant à la détermination du montant de l’indemnité pouvant être versée aux requérants, la Cour note que seul le Gouvernement a fourni un rapport expertise sur la valeur du bien immobilier vendu aux locataires. Compte tenu des informations en sa possession, elle estime la valeur du bien à 31 000 EUR.
41. Concernant la demande des requérants au titre du dommage moral, la Cour considère que les événements en cause ont entraîné pour eux des désagréments et des incertitudes, et que la somme de 2 000 EUR, accordée conjointement, représente une réparation équitable du préjudice moral subi.
B. Frais et dépens
42. Les requérants demandent également 40 000 EUR pour les frais et dépens, sans fournir des justificatifs.
43. Le Gouvernement remarque que les requérants n’ont soumis aucun justificatif.
44. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, la Cour note que les requérants n’ont pas étayé leur demande et, dès lors, la rejette.
C. Intérêts moratoires
45. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner les griefs tirés de l’article 6 de la Convention ;
4. Dit
a) que l’État défendeur doit restituer aux requérants le bien immobilier vendu aux locataires le 11 mai 2000, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention ;
b) qu’à défaut d’une telle restitution, l’État défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans le même délai de trois mois, 31 000 EUR (trente et un mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
c) qu’en tout état de cause, l’État défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans le même délai, 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
d) que les sommes mentionnées aux points b) et c) seront à convertir dans la monnaie de l’État défendeur au taux applicable à la date du règlement ;
e) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 7 juillet 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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