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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE TURNALI c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 08
Numero: 4914/03/2009
Stato: Turchia
Data: 2009-04-07 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 8; danno materiale – domanda respinta; Danno morale – constatazione di violazione sufficiente
SECONDA SEZIONE
CAUSA TURNALI C. TURCHIA
( Richiesta no 4914/03)
SENTENZA
STRASBURGO
7 aprile 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Turnalı c. Turchia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 marzo 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 4914/03) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra Y. T. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 novembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A. A., avvocato a İzmir. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il richiedente adduceva in particolare che il rigetto da parte delle giurisdizioni interne della sua domanda che tendeva a stabilire la sua filiazione paterna ha costituito un attentato ai suoi diritti garantiti dagli articoli 8 e 6 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. L’ 8 aprile 2005, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1954 e ha risieduto a İzmir.
6. Il richiedente afferma essere di nato da una relazione extraconiugale di sua madre con H. Y., un ricco uomo d’affari che non ha riconosciuto giuridicamente il bambino. Considera che ha con questo uomo un legame di paternità di facto. L’ 8 luglio 2000, H. Y. decedette, lasciando dietro di lui un’eredità importante.
7. Peraltro, il richiedente produsse un documento preparato il 24 maggio 1973 dal sindaco del quartiere di Guzelyurt ad Izmir. Ne risulta che l’iscrizione del richiedente (Y. M.) all’anagrafe ebbe luogo in questa data. Secondo lo stesso documento, il richiedente era nato da una relazione extraconiugale tra la Sig.ra L. M. ed il Sig. H. Y.. Il 7 settembre 2000, il nome del Sig. H. Y. figurava parimenti, come il padre del richiedente nel brano di stato civile stabilito.
8. Ad una data non precisata, il richiedente aveva impegnato un’azione con la quale chiedeva di beneficiare della disposizione che autorizzava l’iscrizione senza penalità dei bambini nati fuori dal matrimonio. Con un giudizio del 21 settembre 1979, la corte d’appello competente aveva deciso di archiviare la causa in ragione della rinuncia da parte del richiedente alla sua azione.
9. Il 9 agosto 2000, in seguito al decesso di H. Y., il richiedente chiese alla pretura di İzmir la riconoscenza della sua qualità di erede legale. Poi, intentò un’azione ai fini di ottenimento del documento che attestava la sua qualità di erede legale il 15 agosto 2000.
10. Il 6 febbraio 2001, la pretura sospese l’azione, considerando che la filiazione paterna del richiedente costituiva una questione preliminare. La divisione dell’eredità del defunto fu effettuata parzialmente ed una parte fu riservata in attesa dell’ordinamento della questione preliminare.
11. Nello stesso tempo, il 1 febbraio 2001, il richiedente impegnò un’azione per constatazione di paternità dinnanzi alla corte d’appello di İzmir. Chiese il riconoscimento della sua filiazione con H. Y.. A questo fine, sollecitò in particolare un’analisi del DNA.
12. Il 3 luglio 2001, la corte d’appello decise di raccogliere le prove in vista del riconoscimento della filiazione paterna del richiedente, considerando che tale domanda doveva essere interpretata come un diritto fondamentale e che l’azione per constatazione non era suscettibile di prescrizione.
13. Tuttavia, con un giudizio del 16 ottobre 2001, la corte d’appello ritornò sulla sua decisione dal 3 luglio 2001 e respinse il richiedente della sua istanza per mancata osservanza della regola di prescrizione.
14. Nei suoi considerando, il tribunale sottolineò innanzitutto che la causa che aveva dato adito al giudizio del 21 settembre 1979 riguardava una disposizione che autorizzava l’iscrizione dei bambini nati fuori dal matrimonio senza penalità. Di conseguenza, il fatto che la parte sollecitatrice avesse rinunciato al suo ricorso all’epoca pertinente non significava che non aveva più il diritto di ottenere la riconoscenza della sua filiazione paterna.
Tuttavia, il tribunale considerò che l’azione intentata dall’interessata non poteva essere considerata come una semplice istanza di riconoscimento di filiazione di paternità, avuto in particolare riguardo alla formula dell’articolo 443 del codice civile (paragrafo 22 sotto) ed alle conseguenze giuridiche della richiesta in questione. L’azione del richiedente doveva essere qualificata come azione di ricerca di paternità dunque, ai sensi dell’articolo 296 del codice civile (paragrafo 19 sotto) imponendo questa disposizione tuttavia una regola di prescrizione non rispettata nello specifico. Il tribunale sottolineò inoltre che il diritto positivo non era compatibile con l’importanza del riconoscimento di paternità che costituiva un diritto fondamentale.
15. Il richiedente formò un ricorso contro questo giudizio.
16. Nel frattempo, mentre la causa del richiedente era pendente dinnanzi alla Corte di cassazione, il 1 gennaio 2002, fu adottato un nuove codice civile (paragrafi 20 e 21 sotto).
17. Il 18 febbraio 2002, la Corte di cassazione confermò il giudizio del 16 ottobre 2001. Parimenti, il ricorso per rettifica fu respinto il 9 maggio 2002.
18. Il 6 giugno 2002, la pretura di İzmir decise in seguito, di dividere tra gli eredi legali di H. Y. la parte riservata dell’eredità.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
19. All’epoca dei fatti, l’articolo 296 del codice civile disponeva:
“L’azione per ricerca di paternità deve essere esercitata nell’anno seguente la nascita del bambino. In caso di nomina di un tutore, il termine di prescrizione di un anno comincia a decorrere a partire da questa nomina. “
20. Le disposizioni del nuovo codice civile, modificato dalla legge no 4721 del 22 novembre 2001, sono entrate in vigore il 1 gennaio 2002. Peraltro, la legge no 4722 del 3 dicembre 2001 regolava le condizioni di entrata in vigore e di applicazione del nuovo codice civile. L’articolo 13, primo capoverso, della legge no 4722 dispone ciò che segue:
“Le azioni concernenti la paternità impegnate prima dell’entrata in vigore del codice civile saranno giudicate conformemente a questa legge [ossia il nuovo codice civile]. “
21. L’articolo 303 del ( nuovo) codice civile che corrisponde al vecchio articolo 296, dispone:
“L’azione per la ricerca della paternità può essere esercitata prima o dopo la nascita del bambino. Il diritto di iniziare un’azione da parte della madre è prescritto entro l’anno seguente alla nascita.
Se un tutore viene nominato dopo la nascita del bambino, il termine di un anno comincia a decorrere a partire dalla notificazione della nomina del tutore; se nessun tutore viene nominato, il termine di un anno comincia a decorrere a partire dalla maggior età del bambino
Nonostante lo scorrimento di un anno, se esistono delle circostanze tali da giustificare il ritardo, l’azione può essere esercitata entro il mese seguente la scomparsa di queste circostanze. “
22. L’articolo 443 del vecchio codice civile, come modificato dalla legge no 3678 del 14 novembre 1990, disponeva:
“I bambini naturali dispongono degli stessi diritti successori dei bambini legittimi. “
23. Nella sua sentenza del 18 ottobre 2004, la 2 camera civile della Corte di cassazione ha considerato che, in virtù dell’articolo 303 in fine, anche se il termine di un anno è trascorso, è possibile impegnare un’azione di ricerca di paternità quando esistono delle circostanze tali da giustificare il ritardo. Però, il giudice non può d’ufficio tenerne conto e spetta alla parte sollecitatrice eccepire di queste circostanze.
24. Nelle sue osservazioni presentate il 27 settembre 2005, il Governo sostenne che all’epoca dei fatti, in dritto turco, una persona che desiderava che la sua filiazione con il suo presunto padre venisse stabilita disponeva di due possibilità: da una parte, poteva impegnare un’azione di ricerca di paternità naturale (articolo 296 del codice civile) e, dall’altra parte, aveva la possibilità di fare constatare la paternità tramite un’azione di constatazione, in virtù delle disposizioni generali del codice civile. Per ciò che riguarda l’azione di constatazione, nessuno termine era previsto dalla legge e tale constatazione non provocava nessuno effetto giuridico nei confronti di terzi.
25. L’ 11 aprile 2007, il Governo presentò le sue osservazioni supplementari in seguito ad una questione posta dalla Corte. Fece valere in particolare che, conformemente all’articolo 303 del codice civile, se esistono delle circostanze tali da giustificare il ritardo del richiedente, questo ultimo può esercitare una nuova azione entro il mese seguente la scomparsa di queste circostanze.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
26. Il richiedente afferma che il rigetto da parte del tribunale della sua istanza di riconoscimento di filiazione paterna porta attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Invoca l’articolo 8 della Convenzione, così formulato:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
27. Il Governo combatte questa tesi.
28. Il richiedente si lamenta di non aver potuto ricorrere agli elementi che identificano la sua filiazione naturale. Denuncia anche il pesante danno che risulta per lei dall’impossibilità di ottenere la riconoscenza del suo legame di parentela con il suo padre naturale.
A. Sull’ammissibilità
29. Il Governo considera che la situazione di fatto e di diritto del richiedente non entra nella cornice dell’articolo 8 della Convenzione. Sostiene che, essendo nata fuori dai legami del matrimonio, l’interessata ha lo statuto di figlio naturale e che non è stabilita nessuna filiazione a riguardo di suo padre. Nota che questo non ha, da vivente, formulato nessuna richiesta in questo senso. A questo riguardo, il Governo si riferisce in particolare alla sentenza Haas c. Paesi Bassi (no 36983/97, CEDH 2004-I,). Di conseguenza, secondo lui, il richiedente si lamenta per essenzialmente di non avere potuto ereditare da suo padre mentre avrebbe avuto questa possibilità se fosse stata una figlia legittima o una figlia naturale riconosciuta.
30. Peraltro, il Governo considera che, se l’intenzione principale del richiedente fosse consistita nell’ ottenere il riconoscimento della sua filiazione paterna, non avrebbe rinunciato all’azione che aveva impegnato in questo senso (paragrafo 7 sopra)
31. Il richiedente sostiene l’applicabilità dell’articolo 8. Non combatte veramente l’affermazione del Governo secondo la quale la sua richiesta mirava sia a determinare i suoi legami giuridici col Sig. Y., suo presunto padre che ad essere, perciò, riconosciuta come erede. A questo riguardo, sostiene di avere sempre condotto una vita familiare con suo padre naturale, anche se ha vissuto con lui, sotto lo stesso tetto solo durante alcuni anni dopo la sua nascita. Secondo lei, numerosi testimoni possono confermare gli stretti legami che aveva annodato con suo padre fino alla sua morte. Dichiara che, fidandosi di questi legami, non ha fatto alcuna richiesta in vista del riconoscimento della sua filiazione paterna prima del decesso di suo padre. È precisamente per lo stesso motivo che aveva rinunciato anche in passato alla sua azione che era fondata su una disposizione che autorizzava l’iscrizione senza penalità dei bambini nati fuori dal matrimonio. Peraltro, dice di essere stata iscritta sul registro di stato civile solo nel 1973, all’età di diciannove anni. Ne deduce che ad ogni modo, gli era impossibile introdurre un’azione di ricerca di paternità nel rispetto della regola di prescrizione prevista all’articolo 296 del codice civile.
32. La Corte ricorda di avere detto a più riprese che i procedimenti che hanno fatto riferimento alla paternità ricadono sotto l’impero dell’articolo 8 (vedere, per esempio, Rasmussen c. Danimarca, sentenza del 28 novembre 1984, serie A no 87, p. 13, § 33, e Keegan c. Irlanda, sentenza del 26 maggio 1994, serie A no 290, p. 18, § 45). La nozione di “vita familiare” prevista dall’articolo 8 non si limita alle sole relazioni fondate sul matrimonio e può inglobare altri “legami familiari” de facto quando una relazione ha sufficientemente costanza (vedere, per esempio, Kroon ed altri c. Paesi Bassi, sentenza del 27 ottobre 1994, serie A no 297-C, pp. 55-56, § 30).
33. Nello specifico, il richiedente pretende di essere una figlia nata fuori dal matrimonio che cercava, tramite via giudiziale, di stabilire l’identità del suo genitore. La Corte osserva che l’azione di constatazione di paternità del richiedente mirava sia a determinare i suoi legami giuridici col Sig. Y., suo presunto padre sia ad essere, perciò, riconosciuta come erede. Però, questa azione è stata respinta definitivamente dalle giurisdizioni civili a causa dei termini di prescrizione senza che l’istanza della richiedente fosse stata oggetto di un esame al merito.
34. A questo riguardo, la Corte stima che il fatto che il richiedente sperasse di stabilire non solo la sua filiazione paterna ma anche di beneficiare dell’eredità di suo presunto padre potrebbe non bastare per giustificare la privazione di ogni possibilità di stabilire la sua ascendenza. A questo riguardo, conviene notare che, nella causa Haas precitata (§ 44), la Sig.ra H. aveva la possibilità di sollecitare una dichiarazione giudiziale di paternità, a prescindere dal procedimento che aveva fatto riferimento al diritto all’eredità. Ora, nella presente causa, le giurisdizioni interne hanno qualificato l’azione di constatazione di paternità introdotta dal richiedente come azione di ricerca di paternità e l’hanno respinta definitivamente. Non risulta dalla pratica o dalle osservazioni del Governo (vedere in particolare sopra § 25) che l’interessata disponesse di altre vie di ricorso per chiedere il riconoscimento della sua filiazione paterna.
35. Peraltro, la Corte ha detto spesso che il diritto di conoscere la sua ascendenza è incluso nel campo di applicazione della nozione di “vita privata” che ingloba degli aspetti importanti dell’identità personale di cui l’identità dei genitori fa parte (Odièvre c. Francia [GC], no 42326/98, § 29, CEDH 2003-III, e Mikulić c. Croazia, no 53176/99, § 53, CEDH 2002-I). Non c’è nessuna ragione di principio di considerare la nozione di “vita privata” come escludente il riconoscimento di un legame giuridico o biologico tra un bambino nato fuori dal matrimonio ed il suo genitore (vedere, mutatis mutandis, Mikulić, ibidem).
36. Alla luce di ciò che precede, la Corte conclude che esiste nello specifico una relazione diretta tra il riconoscimento della filiazione e la vita privata del richiedente. Ne segue che i fatti della causa ricadono sotto l’impero dell’articolo 8 della Convenzione.
37. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
38. Il Governo, riferendosi alle disposizioni del nuovo codice civile, sottolinea che l’azione di ricerca di paternità prevista all’articolo 303 del codice civile ha per obiettivo il riconoscimento di una filiazione tra il figlio ed il presunto padre. Può essere introdotta dalla madre o dal figlio nei termini legali. Se questi termini sono superati, il figlio dispone anche della possibilità di introdurre un’azione di constatazione di paternità. Nessuno termine è previsto dalla legge in quanto all’introduzione di tale istanza. Questa azione permette semplicemente di constatare la paternità e non crea nessuno diritto a profitto di colui che in fatto l’istanza. A questo riguardo, secondo il Governo, è normale che la corte d’appello, prendendo in conto il desiderio del richiedente di ottenere una parte dell’eredità, abbia qualificato la sua azione di constatazione di paternità come ricerca di paternità, poiché solo questa ultima azione è di natura tale da creare il diritto di chiedere una parte successoria. Le giurisdizioni civili hanno applicato così i termini contemplati all’articolo 303 del codice civile e respinto l’interessata della sua istanza.
39. Peraltro, sempre secondo il Governo, essendo stata qualificata l’azione del richiedente come ricerca di paternità, i termini dell’articolo 303 erano applicabili, ed il richiedente, non avendo dimostrato che esistevano delle circostanze particolari tali da giustificare l’introduzione di tale richiesta più di ventinove anni dopo la sua maggior età, fu respinta della sua istanza.
40. La richiedente combatte le tesi del Governo. Sostiene che, anche se si ammette che la sua azione costituiva al merito un’azione di ricerca di paternità, era stata stabilita una deroga alla prescrizione del termine di azione da una revisione legislativa adottata il 1 gennaio 2002. È del parere che la Corte di cassazione avrebbe dovuto annullare il giudizio di prima istanza ed applicare d’ufficio questa nuova disposizione.
41. La Corte rileva che la richiedente ha introdotto un’azione di constatazione di paternità che mirava a stabilire che il Sig. Y. era il suo genitore. Tuttavia, tenuto conto delle conseguenze giuridiche di questa richiesta sui diritti successori, la corte d’appello ha qualificato questa richiesta come azione di ricerca di paternità ai sensi dell’articolo 296 del codice civile in virtù del quale l’azione di ricerca di paternità deve essere esercitata nell’anno seguente la nascita del bambino” (paragrafo 19 sopra). L’ha respinta in seguito per mancata osservanza della regola di prescrizione, pure notando che il diritto positivo non era compatibile con il riconoscimento di paternità che costituiva un diritto fondamentale (paragrafo 14 sopra).
42. La Corte osserva che il richiedente non rimette in causa il ratio legis dei termini previsti dal codice civile turco per impegnare un ricorso di ricerca di parentela che ha la vocazione di garantire la buona amministrazione della giustizia ed il rispetto del principio di sicurezza giuridica (vedere in questo senso, Rasmussen precitata, p. 15, § 41). Ricorda di avere sempre detto peraltro che in materia gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione (vedere, mutatis mutandis, Mizzi c. Malta, no 26111/02, § 110, CEDH 2006 -…). Su questo punto, non è addotto peraltro o stabilito che il diritto turco differiva da quello della maggior parte degli altri Stati contraenti.
43. La Corte rileva quindi che la situazione giuridica del richiedente causa malintesi in diritto interno. Difatti, contrariamente all’argomento del Governo, risulta dalla pratica che la causa del richiedente è stata decisa in applicazione dell’articolo 296 del vecchio codice civile e non dell’articolo 303 del nuovo codice civile. Mentre l’azione di ricerca di paternità del richiedente era pendente dinnanzi alla Corte di cassazione, l’articolo 296 del codice civile che contemplava un termine di prescrizione di un anno dopo la nascita del bambino, è stato emendato. La nuova disposizione che regola la materia, ossia l’articolo 303 del nuovo codice civile, ha creato un’eccezione alla regola di prescrizione di un anno permettendo ai giudicabili di eccepire dell’esistenza di circostanze tali da poter giustificare il loro ritardo.
44. L’emendamento legislativo non ha giovato tuttavia, in nessun modo all’interessata (vedere, l’articolo 13 della legge no 4722, paragrafi 20, 21 e 23 sotto) ed la richiedente non ha avuto mai la possibilità di fare valere i suoi argomenti tali da giustificare il suo ritardo e di fare esaminare da un tribunale la fondatezza della sua richiesta di riconoscimento della sua filiazione con il suo presunto padre.
45. Ora appare che il solo rimedio di natura tale da permettere alla richiedente di fare esaminare la sua richiesta da un tribunale era un’azione di ricerca di paternità, ai sensi dell’articolo 303 del codice civile. Difatti, in ragione delle conseguenze giuridiche sui diritti successori, un’azione si constatazione non presentava alcuna probabilità di successo (paragrafo 14 sopra). La Corte non è convinta dall’argomento del Governo (paragrafo 25 sopra) secondo cui l’interessata può sempre impegnare in virtù dell’ultimo capoverso dell’articolo 303 del nuovo codice civile un’azione di ricerca di paternità invocando delle circostanze suscettibili da giustificare il suo ritardo. Difatti, tale ricorso rischierebbe di urtare il principio dell’autorità della cosa giudicata (confrontare con Uçar c. Turchia, (déc.), no 31333/03, 28 giugno 2008).
46. Alla luce di ciò che precede, la Corte conclude che, nelle circostanze particolari dello specifico, il fatto che il richiedente non abbia potuto beneficiare, nonostante l’articolo 303 in fine del codice civile, della possibilità di eccepire dell’esistenza di circostanze tali da poter giustificare il suo ritardo nell’introduzione di un’azione di ricerca di paternità non è compatibile con le esigenze dell’articolo 8 della Convenzione. Quindi, c’è stata violazione di suddetta disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
47. Il richiedente si lamenta di un difetto di equità del procedimento dinnanzi alla corte d’appello di İzmir a causa della qualifica del suo ricorso come azione di ricerca di paternità e, di conseguenza, dell’applicazione della regola di prescrizione. Invoca a questo riguardo l’articolo 6 della Convenzione.
48. Il Governo combatte questa tesi.
49. La Corte rileva che questo motivo di appello è legato a quello esaminato sopra e deve così anche essere dichiarato ammissibile. Però, avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 8 (paragrafo 46 sopra) stima che non c’è luogo di esaminare se c’è stata, nello specifico, violazione di questa disposizione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
50. La richiedente si lamenta anche di essere stata privata dei suoi diritti successori col rigetto da parte delle giurisdizioni interne della sua istanza che tendeva al riconoscimento della sua filiazione paterna. Vede un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
51. Il Governo combatte questa tesi.
52. La Corte ricorda innanzitutto che l’articolo 1 del Protocollo no 1 si limita a consacrare il diritto di ciascuno al rispetto dei “suoi” beni, che vale di conseguenza solo per i beni reali e che non garantisce il diritto di acquisirne tramite successione ab intestato o liberalità” (Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979, serie A no 31, p. 23, § 50). A questo riguardo, ricorda di avere concluso nello specifico alla violazione dell’articolo 8 per il fatto che il rigetto della richiesta del richiedente l’ha privata di ogni possibilità di conoscere la sua ascendenza. Però, non potrebbe speculare sulla conclusione che avrebbe conosciuto la richiesta se fosse stata esaminata al merito.
53. Ne segue che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
54. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
55. Il richiedente richiede per danno materiale 100 000 000 lire turche (TRY) (o circa 47 620 000 euro (EUR)), somma riservata, secondo lei, in attesa dell’ordinamento dell’azione di constatazione di paternità (paragrafo 10 sopra). Chiede la stessa somma per danno morale.
56. Il Governo stima che queste pretese sono esagerate.
57. La Corte ricorda i avere concluso alla violazione dell’articolo 8 in ragione del fatto che, nonostante l’articolo 303 in fine del codice civile, la richiedente non ha potuto beneficiare della possibilità di eccepire dell’esistenza di circostanze tali da poter giustificare il suo ritardo nell’introduzione di un’azione di ricerca di paternità. Certo, non potrebbe speculare sulla conclusione della richiesta se fosse stata esaminata al merito. A questo riguardo, per la Corte, la correzione più appropriata nello specifico sarebbe di permettere al richiedente di beneficiare di suddetta possibilità.
58. Trattandosi dell’importo richiesto dal richiedente a titolo del danno materiale, la Corte non vede alcun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto, e respinge questa richiesta. Per ciò che riguarda il danno morale addotto, la Corte stima che, nelle circostanze dello specifico, la constatazione di violazione fornisce in sé al richiedente un risarcimento equo sufficiente.
B. Oneri e spese
59. Il richiedente chiede 250 000 TRY, o circa 119 000 EUR, per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte. Non fornisce nessuno giustificativo.
60. Il Governo contesta queste pretese.
61. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, il richiedente non avendo fornito nessuno giustificativo per supportare la sua richiesta, la Corte respinge questa.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, per 6 voci contro 1, la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 6 della Convenzione, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce, per 5 voci contro 2, che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce, per 5 voci contro 2, che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione;
4. Stabilisce, per 5 voci contro 2, che la constatazione di violazione costituisce in sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale subito dalla richiedente;
5. Respinge, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 7 aprile 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice Sajó.
F.T.
F.E.P.

OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE SAJÓ
(Traduzione)
Mi dispiace di non potere condividere il parere della maggioranza della Corte nello specifico perché secondo me la causa avrebbe dovuta essere dichiarata inammissibile. I fatti sono per l’essenziale identici a quelli della causa Haas c. Paesi Bassi (no 36983/97, CEDH 2004-I,). Il richiedente nello specifico cominciò col formare un’azione di petizione di eredità. Per soddisfare una condizione preliminare ad un’eventuale riconoscenza della sua supposta qualità di erede, intentò poi un’azione di constatazione di paternità. Il suo scopo affermato era di ottenere la sanzione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare. Personalmente, non vedo come questo diritto abbia potuto essere leso in seguito al decesso di H. Y., suo padre addotto. La sentenza della Corte si riferisce al diritto di ciascuno a conoscere la sua filiazione, elemento costitutivo dell’identità personale che dipende lui stesso dalla sfera della vita privata. Tuttavia, così come la Corte ha dichiarato nella causa Haas (paragrafo 43), un’azione con mire successorie non dipende dalla vita privata considerata in termini di identità personale. Contrariamente alla causa Odièvre c. Francia, dove il richiedente desiderava sapere chi era sua madre, il richiedente nello specifico afferma che conosceva suo padre.
Anche se la Sig.ra T. doveva essere considerata come se avesse cercato, mediante la sua azione, di scoprire le sue origini biologiche, supposizione che stimo non essere corroborata dagli elementi della pratica, non appartiene alla Corte di interpretare il diritto turco e di agire come una giurisdizione di quarta istanza. Per di più, un richiedente deve esaurire le vie di ricorso interne. La corte d’appello investita nello specifico sottolineò a questo riguardo nella sua decisione del 16 ottobre 2001 che la parte sollecitatrice non aveva perso il diritto di ottenere la riconoscenza della sua filiazione paterna. La questione dell’incidenza eventuale sul suo diritto ad ereditare dipende da un problematica differente e non pertinente nello specifico, non garantendo l’articolo 8 della Convenzione un diritto all’eredità.

Testo Tradotto

Conclusion Partiellement irrecevable ; Violation de l’art. 8 ; Dommage matériel – demande rejetée ; Préjudice moral – constat de violation suffisant
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE TURNALI c. TURQUIE
(Requête no 4914/03)
ARRÊT
STRASBOURG
7 avril 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Turnalı c. Turquie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 10 mars 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 4914/03) dirigée contre la République de Turquie et dont une ressortissante de cet Etat, Mme Y. T. (« la requérante »), a saisi la Cour le 7 novembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me A. A., avocat à İzmir. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. La requérante alléguait en particulier que le rejet par les juridictions internes de sa demande tendant à l’établissement de sa filiation paternelle a constitué une atteinte à ses droits garantis par les articles 8 et 6 de la Convention et l’article 1 du Protocole no 1.
4. Le 8 avril 2005, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La requérante est née en 1954 et réside à İzmir.
6. La requérante affirme être née d’une liaison extraconjugale de sa mère avec H. Y., un riche homme d’affaires, qui n’a pas reconnu juridiquement l’enfant. Elle considère qu’elle a avec cet homme un lien de paternité de facto. Le 8 juillet 2000, H. Y.ş décéda, laissant derrière lui un héritage important.
7. Par ailleurs, la requérant produisit un document dressé le 24 mai 1973 par le maire du quartier de Guzelyurt à Izmir. Il en ressort que l’inscription de la requérante (Y. M.) à l’état civile eut lieu à cette date. Selon le même document, la requérante était née d’une liaison extraconjugale entre Mme L. M. et M. H. Y.. De même, dans l’extrait d’état civil établi le 7 septembre 2000, le nom de M. H. Y. figure comme étant le père de la requérante.
8. A une date non précisée, la requérante avait engagé une action par laquelle elle demandait à bénéficier de la disposition autorisant l’inscription sans pénalités des enfants nés hors mariage. Par un jugement du 21 septembre 1979, le tribunal de grande instance compétent avait décidé de classer l’affaire en raison de la renonciation par la requérante à son action.
9. Le 9 août 2000, à la suite du décès de H. Y., la requérante demanda au tribunal d’instance d’İzmir la reconnaissance de sa qualité d’héritière légale. Puis, le 15 août 2000, elle intenta une action aux fins d’obtention du document attestant de sa qualité d’héritière légale.
10. Le 6 février 2001, le tribunal d’instance suspendit l’action, considérant que la filiation paternelle de la requérante constituait une question préliminaire. Le partage de l’héritage du défunt fut effectué partiellement et une part en fut réservée dans l’attente du règlement de la question préliminaire.
11. Dans le même temps, le 1er février 2001, la requérante engagea une action en constatation de paternité devant le tribunal de grande instance d’İzmir. Elle demanda l’établissement de sa filiation avec H. Y.. A cette fin, elle sollicita notamment une recherche ADN.
12. Le 3 juillet 2001, le tribunal de grande instance décida de recueillir les preuves en vue de l’établissement de la filiation paternelle de la requérante, considérant qu’une telle demande devait être interprétée comme un droit fondamental et que l’action en constatation n’était pas susceptible de prescription.
13. Toutefois, par un jugement du 16 octobre 2001, le tribunal de grande instance revint sur sa décision du 3 juillet 2001 et débouta la requérante de sa demande pour non-respect de la règle de prescription.
14. Dans ses attendus, le tribunal souligna tout d’abord que l’affaire qui avait donné lieu au jugement du 21 septembre 1979 portait sur une disposition autorisant l’inscription des enfants nés hors mariage sans pénalités. Par conséquent, le fait que la partie demanderesse ait renoncé à son recours à l’époque pertinente ne signifiait pas qu’elle n’avait plus le droit d’obtenir la reconnaissance de sa filiation paternelle.
Toutefois, le tribunal considéra que l’action intentée par l’intéressée ne pouvait être considérée comme une simple demande d’établissement de filiation de paternité, eu égard notamment au libellé de l’article 443 du code civil (paragraphe 22 ci-dessous) et aux conséquences juridiques de la demande en question. L’action de la requérante devait donc être qualifiée d’action en recherche de paternité, au sens de l’article 296 du code civil (paragraphe 19 ci-dessous), cette disposition imposant toutefois une règle de prescription non respectée en l’espèce. Le tribunal souligna en outre que le droit positif n’était pas compatible avec l’importance de l’établissement de paternité qui constituait un droit fondamental.
15. La requérante forma un pourvoi contre ce jugement.
16. Entre-temps, alors que l’affaire de la requérante était pendante devant la Cour de cassation, le 1er janvier 2002, le nouveau code civil fut adopté (paragraphes 20 et 21 ci-dessous).
17. Le 18 février 2002, la Cour de cassation confirma le jugement du 16 octobre 2001. De même, le recours en rectification fut rejeté le 9 mai 2002.
18. Par la suite, le 6 juin 2002, le tribunal d’instance d’İzmir décida de partager entre les héritiers légaux de H. Y. la part réservée de l’héritage.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
19. A l’époque des faits, l’article 296 du code civil disposait :
« L’action en recherche de paternité doit être exercée dans l’année suivant la naissance de l’enfant. En cas de nomination d’un tuteur, le délai de prescription d’un an commence à courir à partir de cette nomination. »
20. Les dispositions du nouveau code civil, modifié par la loi no 4721 du 22 novembre 2001, sont entrées en vigueur le 1er janvier 2002. Par ailleurs, la loi no 4722 du 3 décembre 2001 régissait les conditions d’entrée en vigueur et d’application du nouveau code civil. L’article 13, premier alinéa, de la loi no 4722 dispose ce qui suit :
« Les actions concernant la paternité engagées avant l’entrée en vigueur du code civil seront jugées conformément à cette loi [à savoir le nouveau code civil]. »
21. L’article 303 du (nouveau) code civil, qui correspond à l’ancien article 296, dispose :
« L’action en recherche de paternité peut être exercée avant ou après la naissance de l’enfant. Le droit d’entamer une action par la mère est prescrit dans un délai d’un an suivant la naissance.
Si un tuteur est nommé après la naissance de l’enfant, le délai d’un an commence à courir à partir de la notification de la nomination du tuteur ; si aucun tuteur n’est nommé, le délai d’un an commence à courir à partir de la majorité de l’enfant (…)
Nonobstant l’écoulement d’un an, s’il existe des circonstances pouvant justifier le retard, l’action peut être exercée dans un délai d’un mois suivant la disparition de ces circonstances. »
22. L’article 443 de l’ancien code civil, tel que modifié par la loi no 3678 du 14 novembre 1990, disposait :
« Les enfants naturels disposent des mêmes droits successoraux que les enfants légitimes. »
23. Dans son arrêt du 18 octobre 2004, la 2ème chambre civile de la Cour de cassation a considéré que, en vertu de l’article 303 in fine, même si le délai d’un an s’est écoulé, il est possible d’engager une action en recherche de paternité lorsqu’il existe des circonstances pouvant justifier le retard. Cependant, le juge ne peut d’office en tenir compte et c’est la partie demanderesse qui doit exciper de ces circonstances.
24. Dans ses observations présentées le 27 septembre 2005, le Gouvernement soutint qu’à l’époque des faits, en droit turc, une personne souhaitant que sa filiation avec son père présumé soit établie disposait de deux possibilités : d’une part, elle pouvait engager une action en recherche de paternité naturelle (article 296 du code civil) et, d’autre part, elle avait la possibilité de faire constater la paternité par le moyen d’une action en constatation, en vertu des dispositions générales du code civil. En ce qui concerne l’action en constatation, aucun délai n’était prévu par la loi et un tel constat n’entraînait aucun effet juridique vis-à-vis des tiers.
25. Le 11 avril 2007, le Gouvernement présenta ses observations supplémentaires à la suite d’une question posée par la Cour. Il fit valoir notamment que, conformément à l’article 303 du code civil, s’il existe des circonstances pouvant justifier le retard de la requérante, cette dernière peut exercer une nouvelle action dans un délai d’un mois suivant la disparition de ces circonstances.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
26. La requérante affirme que le rejet par le tribunal de sa demande d’établissement de filiation paternelle porte atteinte à son droit au respect de sa vie privée et familiale. Elle invoque l’article 8 de la Convention, ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
27. Le Gouvernement combat cette thèse.
28. La requérante se plaint de ne pas avoir pu recourir aux éléments identifiant sa filiation naturelle. Elle dénonce également le lourd préjudice qui résulte pour elle de l’impossibilité d’obtenir la reconnaissance de son lien de parenté avec son père naturel.
A. Sur la recevabilité
29. Le Gouvernement considère que la situation de fait et de droit de la requérante n’entre pas dans le cadre de l’article 8 de la Convention. Il soutient que, étant née hors des liens du mariage, l’intéressée a le statut d’enfant naturel et qu’aucune filiation à l’égard de son père n’est établie. Il note que celui-ci n’a, de son vivant, formulé aucune demande en ce sens. A cet égard, le Gouvernement se réfère en particulier à l’arrêt Haas c. Pays-Bas (no 36983/97, CEDH 2004-I). Par conséquent, selon lui, la requérante se plaint pour l’essentiel de n’avoir pu hériter de son père alors qu’elle aurait eu cette possibilité si elle avait été un enfant légitime ou un enfant naturel reconnu.
30. Par ailleurs, le Gouvernement considère que, si l’intention principale de la requérante avait consisté à obtenir l’établissement de sa filiation paternelle, elle n’aurait pas renoncé à l’action qu’elle avait engagée en ce sens (paragraphe 7 ci-dessus).
31. La requérante plaide pour l’applicabilité de l’article 8. Elle ne combat pas vraiment l’affirmation du Gouvernement selon laquelle sa demande visait aussi bien à déterminer ses liens juridiques avec M. Y., son père présumé, qu’à être, en conséquence, reconnue comme héritière. A cet égard, elle soutient avoir toujours mené une vie familiale avec son père naturel, même si elle n’a vécu avec lui, sous le même toit, que pendant quelques années après sa naissance. Selon elle, de nombreux témoins peuvent confirmer les liens étroits qu’elle avait noués avec son père jusqu’à sa mort. Elle déclare que, se fiant à ces liens, elle n’a pas fait de demande en vue de l’établissement de sa filiation paternelle avant le décès de son père. C’est précisément pour le même motif qu’elle avait aussi renoncé à son action par le passé, laquelle était fondée sur une disposition autorisant l’inscription sans pénalités des enfants nés hors mariage. Par ailleurs, elle dit n’avoir été inscrite dans le registre d’état civil qu’en 1973, à l’âge de dix-neuf ans. Elle en déduit qu’en tout état de cause, il lui était impossible d’introduire une action en recherche de paternité dans le respect de la règle de prescription prévue à l’article 296 du code civil.
32. La Cour rappelle avoir dit à maintes reprises que les procédures ayant trait à la paternité tombent sous l’empire de l’article 8 (voir, par exemple, Rasmussen c. Danemark, arrêt du 28 novembre 1984, série A no 87, p. 13, § 33, et Keegan c. Irlande, arrêt du 26 mai 1994, série A no 290, p. 18, § 45). La notion de « vie familiale » visée par l’article 8 ne se borne pas aux seules relations fondées sur le mariage et peut englober d’autres « liens familiaux » de facto lorsqu’une relation a suffisamment de constance (voir, par exemple, Kroon et autres c. Pays-Bas, arrêt du 27 octobre 1994, série A no 297-C, pp. 55-56, § 30).
33. En l’espèce, la requérante prétend être une enfant née hors mariage qui cherchait, par la voie judiciaire, à établir l’identité de son géniteur. La Cour observe que l’action en constatation de paternité de la requérante visait aussi bien à déterminer ses liens juridiques avec M. Y., son père présumé, qu’à être, en conséquence, reconnue comme héritière. Cependant, cette action a été rejetée définitivement par les juridictions civiles par le jeu des délais de prescription sans que la demande de la requérante eût fait l’objet d’un examen au fond.
34. A cet égard, la Cour estime que le fait que la requérante espérait non seulement établir sa filiation paternelle mais aussi bénéficier de l’héritage de son père présumé ne saurait suffire pour justifier la privation de toute possibilité d’établir son ascendance. A cet égard, il convient de noter que, dans l’affaire Haas précitée (§ 44), Mme H. avait la possibilité de solliciter une déclaration judiciaire de paternité, indépendamment de la procédure ayant trait au droit à l’héritage. Or, dans la présente affaire, les juridictions internes ont qualifié l’action en constatation de paternité introduite par la requérante d’action en recherche de paternité et l’ont rejetée définitivement. Il ne ressort pas du dossier ou des observations du Gouvernement (voir en particulier § 25 ci-dessus) que l’intéressée disposait d’autres voies de recours pour demander l’établissement de sa filiation paternelle.
35. Par ailleurs, la Cour a souvent dit que le droit de connaître son ascendance est inclus dans le champ d’application de la notion de « vie privée », qui englobe des aspects importants de l’identité personnelle dont l’identité des géniteurs fait partie (Odièvre c. France [GC], no 42326/98, § 29, CEDH 2003-III, et Mikulić c. Croatie, no 53176/99, § 53, CEDH 2002-I). Il n’y a aucune raison de principe de considérer la notion de « vie privée » comme excluant l’établissement d’un lien juridique ou biologique entre un enfant né hors mariage et son géniteur (voir, mutatis mutandis, Mikulić, ibidem).
36. A la lumière de ce qui précède, la Cour conclut qu’il existe en l’espèce une relation directe entre l’établissement de la filiation et la vie privée de la requérante. Il s’ensuit que les faits de la cause tombent sous l’empire de l’article 8 de la Convention.
37. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
38. Le Gouvernement, se référant aux dispositions du nouveau code civil, souligne que l’action en recherche de paternité prévue à l’article 303 du code civil a pour objectif l’établissement d’une filiation entre l’enfant et le père présumé. Elle peut être introduite par la mère ou par l’enfant dans les délais légaux. Si ces délais sont dépassés, l’enfant dispose également de la possibilité d’introduire une action en constatation de paternité. Aucun délai n’est prévu par la loi quant à l’introduction d’une telle demande. Cette action permet simplement de constater la paternité et ne crée aucun droit au profit de celui qui en fait la demande. A cet égard, selon le Gouvernement, il est normal que le tribunal de grande instance, prenant en compte le souhait de la requérante d’obtenir une part de l’héritage, ait qualifié son action de constatation de paternité en recherche de paternité, puisque seule cette dernière action est de nature à créer un droit de demander une part successorale. Les juridictions civiles ont ainsi appliqué les délais prévus à l’article 303 du code civil et débouté l’intéressée de sa demande.
39. Par ailleurs, toujours selon le Gouvernement, l’action de la requérante ayant été qualifiée de recherche de paternité, les délais de l’article 303 étaient applicables, et la requérante, n’ayant pas démontré qu’il existait des circonstances particulières justifiant l’introduction d’une telle demande plus de vingt-neuf ans après sa majorité, fut déboutée de sa demande.
40. La requérante combat les thèses du Gouvernement. Elle soutient que, même si l’on admet que son action constituait au fond une action en recherche de paternité, une dérogation à la prescription du délai d’action avait été établie par une révision législative adoptée le 1er janvier 2002. Elle est d’avis que la Cour de cassation aurait dû infirmer le jugement de première instance et appliquer d’office cette nouvelle disposition.
41. La Cour relève que la requérante a introduit une action en constatation de paternité visant à établir que M. Yavaş était son géniteur. Toutefois, compte tenu des conséquences juridiques de cette demande sur les droits successoraux, le tribunal de grande instance a qualifié cette demande d’action en recherche de paternité au sens de l’article 296 du code civil en vertu duquel l’action en recherche de paternité « doit être exercée dans l’année suivant la naissance de l’enfant » (paragraphe 19 ci-dessus). Il l’a par la suite rejetée pour non-respect de la règle de prescription, tout en notant que le droit positif n’était pas compatible avec l’établissement de paternité qui constituait un droit fondamental (paragraphe 14 ci-dessus).
42. La Cour observe que la requérante ne remet pas en cause la ratio legis des délais prévus par le code civil turc pour engager un recours en recherche de parenté, qui ont vocation à assurer la bonne administration de la justice et le respect du principe de la sécurité juridique (voir dans ce sens, Rasmussen précité, p. 15, § 41). Elle rappelle par ailleurs avoir toujours dit qu’en la matière les Etats contractants jouissent d’une certaine marge d’appréciation (voir, mutatis mutandis, Mizzi c. Malte, no 26111/02, § 110, CEDH 2006-…). Sur ce point, il n’est pas par ailleurs allégué ou établi que le droit turc différait de celui de la plupart des autres États contractants.
43. La Cour relève cependant que la situation juridique de la requérante prête à confusion en droit interne. En effet, contrairement à l’argument du Gouvernement, il ressort du dossier que l’affaire de la requérante a été tranchée en application de l’article 296 de l’ancien code civil et non de l’article 303 du nouveau code civil. Alors que l’action en recherche de paternité de la requérante était pendante devant la Cour de cassation, l’article 296 du code civil, qui prévoyait un délai de prescription d’un an après la naissance de l’enfant, a été amendé. La nouvelle disposition qui régit la matière, à savoir l’article 303 du nouveau code civil, a créé une exception à la règle de prescription d’un an permettant aux justiciables d’exciper de l’existence de circonstances pouvant justifier leur retard.
44. Toutefois, l’amendement législatif n’a aucunement profité à l’intéressée (voir, l’article 13 de la loi no 4722, paragraphes 20, 21 et 23 ci-dessous) et la requérante n’a jamais eu la possibilité de faire valoir ses arguments pouvant justifier son retard et de faire examiner par un tribunal le bien-fondé de sa demande d’établissement de sa filiation avec son père présumé.
45. Or il apparaît que le seul remède de nature à permettre à la requérante de faire examiner sa demande par un tribunal était une action en recherche de paternité, au sens de l’article 303 du code civil. En effet, en raison des conséquences juridiques sur les droits successoraux, une action en constatation ne présentait pas de chances de succès (paragraphe 14 ci-dessus). La Cour n’est pas convaincue par l’argument du Gouvernement (paragraphe 25 ci-dessus) selon lequel l’intéressée peut toujours engager en vertu du dernier alinéa de l’article 303 du nouveau code civil une action en recherche de paternité en invoquant des circonstances susceptibles de justifier son retard. En effet, un tel recours risquerait de se heurter au principe de l’autorité de la chose jugée (comparer avec Uçar c. Turquie (déc.), no 31333/03, 28 juin 2008).
46. A la lumière de ce qui précède, la Cour conclut que, dans les circonstances particulières de l’espèce, le fait que la requérante n’ait pas pu bénéficier, nonobstant l’article 303 in fine du code civil, de la possibilité d’exciper de l’existence de circonstances pouvant justifier son retard dans l’introduction d’une action en recherche de paternité n’est pas compatible avec les exigences de l’article 8 de la Convention. Dès lors, il y a eu violation de ladite disposition.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 DE LA CONVENTION
47. La requérante se plaint d’un défaut d’équité de la procédure devant le tribunal de grande instance d’İzmir du fait de la qualification de son recours en action en recherche de paternité et, par conséquent, de l’application de la règle de prescription. Elle invoque à cet égard l’article 6 de la Convention.
48. Le Gouvernement combat cette thèse.
49. La Cour relève que ce grief est lié à celui examiné ci-dessus et doit ainsi également être déclaré recevable. Cependant, eu égard au constat relatif à l’article 8 (paragraphe 46 ci-dessus), elle estime qu’il n’y a pas lieu d’examiner s’il y a eu, en l’espèce, violation de cette disposition.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
50. La requérante se plaint également d’avoir été privée de ses droits successoraux par le rejet par les juridictions internes de sa demande tendant à l’établissement de sa filiation paternelle. Elle y voit une atteinte à son droit au respect de ses biens au sens de l’article 1 du Protocole no 1.
51. Le Gouvernement combat cette thèse.
52. La Cour rappelle tout d’abord que l’article 1 du Protocole no 1 « se borne à consacrer le droit de chacun au respect de « ses » biens, qu’il ne vaut par conséquent que pour des biens actuels et qu’il ne garantit pas le droit d’en acquérir par voie de succession ab intestat ou de libéralités » (Marckx c. Belgique, arrêt du 13 juin 1979, série A no 31, p. 23, § 50). A cet égard, elle rappelle avoir conclu en l’espèce à la violation de l’article 8 du fait que le rejet de la demande de la requérante l’a privée de toute possibilité de connaître son ascendance. Cependant, elle ne saurait spéculer sur l’issue qu’aurait connue la demande si elle avait été examinée au fond.
53. Il s’ensuit que ce grief est manifestement mal fondé et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
54. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
55. La requérante réclame pour dommage matériel 100 000 000 livres turques (TRY) (soit environ 47 620 000 euros (EUR)), somme réservée, selon elle, dans l’attente du règlement de l’action en constatation de paternité (paragraphe 10 ci-dessus). Elle demande la même somme pour dommage moral.
56. Le Gouvernement estime que ces prétentions sont exagérées.
57. La Cour rappelle avoir conclu à la violation de l’article 8 en raison du fait que, nonobstant l’article 303 in fine du code civil, la requérante n’a pas pu bénéficier de la possibilité d’exciper de l’existence de circonstances pouvant justifier son retard dans l’introduction d’une action en recherche de paternité. Certes, elle ne saurait spéculer sur l’issue de la demande si elle avait été examinée au fond. A cet égard, pour la Cour, le redressement le plus approprié en l’espèce serait de permettre à la requérante de bénéficier de ladite possibilité.
58. S’agissant du montant réclamé par la requérante à titre de dommage matériel, la Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation constatée et le dommage matériel allégué, et rejette cette demande. Pour ce qui est du préjudice moral allégué, la Cour estime que, dans les circonstances de l’espèce, le constat de violation fournit en soi à la requérante une réparation équitable suffisante.
B. Frais et dépens
59. La requérante demande 250 000 TRY (soit environ 119 000 EUR) pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et devant la Cour. Elle ne fournit aucun justificatif.
60. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
61. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, la requérante n’ayant fourni aucun justificatif pour étayer sa demande, la Cour rejette celle-ci.
PAR CES MOTIFS, LA COUR
1. Déclare, par 6 voix contre 1, la requête recevable quant aux griefs tirés des articles 8 et 6 de la Convention, et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit, par 5 voix contre 2, qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention ;
3. Dit, par 5 voix contre 2, qu’il n’y a pas lieu d’examiner le grief tiré de l’article 6 de la Convention ;
4. Dit, par 5 voix contre 2, que le constat de violation constitue en soi une satisfaction équitable suffisante pour le dommage moral subi par la requérante ;
5. Rejette, à l’unanimité, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 7 avril 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente
Au présent arrêt se trouve joint, conformément aux articles 45 § 2 de la Convention et 74 § 2 du règlement, l’exposé de l’opinion séparée du juge Sajó.
F.T.
F.E.P.

OPINION DISSIDENTE DU JUGE SAJÓ
(Traduction)
Je regrette de ne pouvoir partager l’avis de la majorité de la Cour en l’espèce car d’après moi la cause aurait dû être déclarée irrecevable. Les faits en sont pour l’essentiel identiques à ceux de l’affaire Haas c. Pays-Bas (no 36983/97, CEDH 2004-I). La requérante en l’espèce commença par former une action en pétition d’hérédité. Afin de satisfaire une condition préalable à une éventuelle reconnaissance de sa qualité supposée d’héritière, elle intenta ensuite une action en constatation de paternité. Son but affirmé était d’obtenir la sanction de son droit au respect de sa vie familiale. Pour ma part, je ne vois pas comment ce droit pourrait avoir été affecté consécutivement au décès de H. Y., son père allégué. L’arrêt de la Cour se réfère au droit de chacun à connaître sa filiation, élément constitutif de l’identité personnelle, laquelle relève elle-même de la sphère de la vie privée. Toutefois, ainsi que la Cour l’a déclaré dans l’affaire Haas (paragraphe 43), une action à visée successorale ne relève pas de la vie privée envisagée en termes d’identité personnelle. Contrairement à l’affaire Odièvre c. France, où le requérant souhaitait savoir qui était sa mère, la requérante en l’espèce affirme qu’elle connaissait son père.
Même si Mme T. devait être considérée comme ayant cherché, au travers de son action, à découvrir ses origines biologiques, supposition que j’estime ne pas être corroborée par les éléments du dossier, il n’appartient pas à la Cour d’interpréter le droit turc et d’agir comme une juridiction de quatrième instance. De surcroît, un requérant doit épuiser les voies de recours internes. Le tribunal de grande instance saisi en l’espèce souligna à cet égard dans sa décision du 16 octobre 2001 que la partie demanderesse n’avait pas perdu le droit d’obtenir la reconnaissance de sa filiation paternelle. La question de l’incidence éventuelle sur son droit à hériter relève d’une problématique différente et non pertinente en l’espèce, l’article 8 de la Convention ne garantissant pas un droit à hériter.

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    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 25/01/2025