Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 8; danno materiale – domanda respinta; Danno morale – constatazione di violazione sufficiente
SECONDA SEZIONE
CAUSA TURNALI C. TURCHIA
( Richiesta no 4914/03)
SENTENZA
STRASBURGO
7 aprile 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Turnalı c. Turchia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 10 marzo 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 4914/03) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra Y. T. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 7 novembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da A. A., avvocato a İzmir. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il richiedente adduceva in particolare che il rigetto da parte delle giurisdizioni interne della sua domanda che tendeva a stabilire la sua filiazione paterna ha costituito un attentato ai suoi diritti garantiti dagli articoli 8 e 6 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. L’ 8 aprile 2005, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1954 e ha risieduto a İzmir.
6. Il richiedente afferma essere di nato da una relazione extraconiugale di sua madre con H. Y., un ricco uomo d’affari che non ha riconosciuto giuridicamente il bambino. Considera che ha con questo uomo un legame di paternità di facto. L’ 8 luglio 2000, H. Y. decedette, lasciando dietro di lui un’eredità importante.
7. Peraltro, il richiedente produsse un documento preparato il 24 maggio 1973 dal sindaco del quartiere di Guzelyurt ad Izmir. Ne risulta che l’iscrizione del richiedente (Y. M.) all’anagrafe ebbe luogo in questa data. Secondo lo stesso documento, il richiedente era nato da una relazione extraconiugale tra la Sig.ra L. M. ed il Sig. H. Y.. Il 7 settembre 2000, il nome del Sig. H. Y. figurava parimenti, come il padre del richiedente nel brano di stato civile stabilito.
8. Ad una data non precisata, il richiedente aveva impegnato un’azione con la quale chiedeva di beneficiare della disposizione che autorizzava l’iscrizione senza penalità dei bambini nati fuori dal matrimonio. Con un giudizio del 21 settembre 1979, la corte d’appello competente aveva deciso di archiviare la causa in ragione della rinuncia da parte del richiedente alla sua azione.
9. Il 9 agosto 2000, in seguito al decesso di H. Y., il richiedente chiese alla pretura di İzmir la riconoscenza della sua qualità di erede legale. Poi, intentò un’azione ai fini di ottenimento del documento che attestava la sua qualità di erede legale il 15 agosto 2000.
10. Il 6 febbraio 2001, la pretura sospese l’azione, considerando che la filiazione paterna del richiedente costituiva una questione preliminare. La divisione dell’eredità del defunto fu effettuata parzialmente ed una parte fu riservata in attesa dell’ordinamento della questione preliminare.
11. Nello stesso tempo, il 1 febbraio 2001, il richiedente impegnò un’azione per constatazione di paternità dinnanzi alla corte d’appello di İzmir. Chiese il riconoscimento della sua filiazione con H. Y.. A questo fine, sollecitò in particolare un’analisi del DNA.
12. Il 3 luglio 2001, la corte d’appello decise di raccogliere le prove in vista del riconoscimento della filiazione paterna del richiedente, considerando che tale domanda doveva essere interpretata come un diritto fondamentale e che l’azione per constatazione non era suscettibile di prescrizione.
13. Tuttavia, con un giudizio del 16 ottobre 2001, la corte d’appello ritornò sulla sua decisione dal 3 luglio 2001 e respinse il richiedente della sua istanza per mancata osservanza della regola di prescrizione.
14. Nei suoi considerando, il tribunale sottolineò innanzitutto che la causa che aveva dato adito al giudizio del 21 settembre 1979 riguardava una disposizione che autorizzava l’iscrizione dei bambini nati fuori dal matrimonio senza penalità. Di conseguenza, il fatto che la parte sollecitatrice avesse rinunciato al suo ricorso all’epoca pertinente non significava che non aveva più il diritto di ottenere la riconoscenza della sua filiazione paterna.
Tuttavia, il tribunale considerò che l’azione intentata dall’interessata non poteva essere considerata come una semplice istanza di riconoscimento di filiazione di paternità, avuto in particolare riguardo alla formula dell’articolo 443 del codice civile (paragrafo 22 sotto) ed alle conseguenze giuridiche della richiesta in questione. L’azione del richiedente doveva essere qualificata come azione di ricerca di paternità dunque, ai sensi dell’articolo 296 del codice civile (paragrafo 19 sotto) imponendo questa disposizione tuttavia una regola di prescrizione non rispettata nello specifico. Il tribunale sottolineò inoltre che il diritto positivo non era compatibile con l’importanza del riconoscimento di paternità che costituiva un diritto fondamentale.
15. Il richiedente formò un ricorso contro questo giudizio.
16. Nel frattempo, mentre la causa del richiedente era pendente dinnanzi alla Corte di cassazione, il 1 gennaio 2002, fu adottato un nuove codice civile (paragrafi 20 e 21 sotto).
17. Il 18 febbraio 2002, la Corte di cassazione confermò il giudizio del 16 ottobre 2001. Parimenti, il ricorso per rettifica fu respinto il 9 maggio 2002.
18. Il 6 giugno 2002, la pretura di İzmir decise in seguito, di dividere tra gli eredi legali di H. Y. la parte riservata dell’eredità.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
19. All’epoca dei fatti, l’articolo 296 del codice civile disponeva:
“L’azione per ricerca di paternità deve essere esercitata nell’anno seguente la nascita del bambino. In caso di nomina di un tutore, il termine di prescrizione di un anno comincia a decorrere a partire da questa nomina. “
20. Le disposizioni del nuovo codice civile, modificato dalla legge no 4721 del 22 novembre 2001, sono entrate in vigore il 1 gennaio 2002. Peraltro, la legge no 4722 del 3 dicembre 2001 regolava le condizioni di entrata in vigore e di applicazione del nuovo codice civile. L’articolo 13, primo capoverso, della legge no 4722 dispone ciò che segue:
“Le azioni concernenti la paternità impegnate prima dell’entrata in vigore del codice civile saranno giudicate conformemente a questa legge [ossia il nuovo codice civile]. “
21. L’articolo 303 del ( nuovo) codice civile che corrisponde al vecchio articolo 296, dispone:
“L’azione per la ricerca della paternità può essere esercitata prima o dopo la nascita del bambino. Il diritto di iniziare un’azione da parte della madre è prescritto entro l’anno seguente alla nascita.
Se un tutore viene nominato dopo la nascita del bambino, il termine di un anno comincia a decorrere a partire dalla notificazione della nomina del tutore; se nessun tutore viene nominato, il termine di un anno comincia a decorrere a partire dalla maggior età del bambino
Nonostante lo scorrimento di un anno, se esistono delle circostanze tali da giustificare il ritardo, l’azione può essere esercitata entro il mese seguente la scomparsa di queste circostanze. “
22. L’articolo 443 del vecchio codice civile, come modificato dalla legge no 3678 del 14 novembre 1990, disponeva:
“I bambini naturali dispongono degli stessi diritti successori dei bambini legittimi. “
23. Nella sua sentenza del 18 ottobre 2004, la 2 camera civile della Corte di cassazione ha considerato che, in virtù dell’articolo 303 in fine, anche se il termine di un anno è trascorso, è possibile impegnare un’azione di ricerca di paternità quando esistono delle circostanze tali da giustificare il ritardo. Però, il giudice non può d’ufficio tenerne conto e spetta alla parte sollecitatrice eccepire di queste circostanze.
24. Nelle sue osservazioni presentate il 27 settembre 2005, il Governo sostenne che all’epoca dei fatti, in dritto turco, una persona che desiderava che la sua filiazione con il suo presunto padre venisse stabilita disponeva di due possibilità: da una parte, poteva impegnare un’azione di ricerca di paternità naturale (articolo 296 del codice civile) e, dall’altra parte, aveva la possibilità di fare constatare la paternità tramite un’azione di constatazione, in virtù delle disposizioni generali del codice civile. Per ciò che riguarda l’azione di constatazione, nessuno termine era previsto dalla legge e tale constatazione non provocava nessuno effetto giuridico nei confronti di terzi.
25. L’ 11 aprile 2007, il Governo presentò le sue osservazioni supplementari in seguito ad una questione posta dalla Corte. Fece valere in particolare che, conformemente all’articolo 303 del codice civile, se esistono delle circostanze tali da giustificare il ritardo del richiedente, questo ultimo può esercitare una nuova azione entro il mese seguente la scomparsa di queste circostanze.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
26. Il richiedente afferma che il rigetto da parte del tribunale della sua istanza di riconoscimento di filiazione paterna porta attentato al suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare. Invoca l’articolo 8 della Convenzione, così formulato:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
27. Il Governo combatte questa tesi.
28. Il richiedente si lamenta di non aver potuto ricorrere agli elementi che identificano la sua filiazione naturale. Denuncia anche il pesante danno che risulta per lei dall’impossibilità di ottenere la riconoscenza del suo legame di parentela con il suo padre naturale.
A. Sull’ammissibilità
29. Il Governo considera che la situazione di fatto e di diritto del richiedente non entra nella cornice dell’articolo 8 della Convenzione. Sostiene che, essendo nata fuori dai legami del matrimonio, l’interessata ha lo statuto di figlio naturale e che non è stabilita nessuna filiazione a riguardo di suo padre. Nota che questo non ha, da vivente, formulato nessuna richiesta in questo senso. A questo riguardo, il Governo si riferisce in particolare alla sentenza Haas c. Paesi Bassi (no 36983/97, CEDH 2004-I,). Di conseguenza, secondo lui, il richiedente si lamenta per essenzialmente di non avere potuto ereditare da suo padre mentre avrebbe avuto questa possibilità se fosse stata una figlia legittima o una figlia naturale riconosciuta.
30. Peraltro, il Governo considera che, se l’intenzione principale del richiedente fosse consistita nell’ ottenere il riconoscimento della sua filiazione paterna, non avrebbe rinunciato all’azione che aveva impegnato in questo senso (paragrafo 7 sopra)
31. Il richiedente sostiene l’applicabilità dell’articolo 8. Non combatte veramente l’affermazione del Governo secondo la quale la sua richiesta mirava sia a determinare i suoi legami giuridici col Sig. Y., suo presunto padre che ad essere, perciò, riconosciuta come erede. A questo riguardo, sostiene di avere sempre condotto una vita familiare con suo padre naturale, anche se ha vissuto con lui, sotto lo stesso tetto solo durante alcuni anni dopo la sua nascita. Secondo lei, numerosi testimoni possono confermare gli stretti legami che aveva annodato con suo padre fino alla sua morte. Dichiara che, fidandosi di questi legami, non ha fatto alcuna richiesta in vista del riconoscimento della sua filiazione paterna prima del decesso di suo padre. È precisamente per lo stesso motivo che aveva rinunciato anche in passato alla sua azione che era fondata su una disposizione che autorizzava l’iscrizione senza penalità dei bambini nati fuori dal matrimonio. Peraltro, dice di essere stata iscritta sul registro di stato civile solo nel 1973, all’età di diciannove anni. Ne deduce che ad ogni modo, gli era impossibile introdurre un’azione di ricerca di paternità nel rispetto della regola di prescrizione prevista all’articolo 296 del codice civile.
32. La Corte ricorda di avere detto a più riprese che i procedimenti che hanno fatto riferimento alla paternità ricadono sotto l’impero dell’articolo 8 (vedere, per esempio, Rasmussen c. Danimarca, sentenza del 28 novembre 1984, serie A no 87, p. 13, § 33, e Keegan c. Irlanda, sentenza del 26 maggio 1994, serie A no 290, p. 18, § 45). La nozione di “vita familiare” prevista dall’articolo 8 non si limita alle sole relazioni fondate sul matrimonio e può inglobare altri “legami familiari” de facto quando una relazione ha sufficientemente costanza (vedere, per esempio, Kroon ed altri c. Paesi Bassi, sentenza del 27 ottobre 1994, serie A no 297-C, pp. 55-56, § 30).
33. Nello specifico, il richiedente pretende di essere una figlia nata fuori dal matrimonio che cercava, tramite via giudiziale, di stabilire l’identità del suo genitore. La Corte osserva che l’azione di constatazione di paternità del richiedente mirava sia a determinare i suoi legami giuridici col Sig. Y., suo presunto padre sia ad essere, perciò, riconosciuta come erede. Però, questa azione è stata respinta definitivamente dalle giurisdizioni civili a causa dei termini di prescrizione senza che l’istanza della richiedente fosse stata oggetto di un esame al merito.
34. A questo riguardo, la Corte stima che il fatto che il richiedente sperasse di stabilire non solo la sua filiazione paterna ma anche di beneficiare dell’eredità di suo presunto padre potrebbe non bastare per giustificare la privazione di ogni possibilità di stabilire la sua ascendenza. A questo riguardo, conviene notare che, nella causa Haas precitata (§ 44), la Sig.ra H. aveva la possibilità di sollecitare una dichiarazione giudiziale di paternità, a prescindere dal procedimento che aveva fatto riferimento al diritto all’eredità. Ora, nella presente causa, le giurisdizioni interne hanno qualificato l’azione di constatazione di paternità introdotta dal richiedente come azione di ricerca di paternità e l’hanno respinta definitivamente. Non risulta dalla pratica o dalle osservazioni del Governo (vedere in particolare sopra § 25) che l’interessata disponesse di altre vie di ricorso per chiedere il riconoscimento della sua filiazione paterna.
35. Peraltro, la Corte ha detto spesso che il diritto di conoscere la sua ascendenza è incluso nel campo di applicazione della nozione di “vita privata” che ingloba degli aspetti importanti dell’identità personale di cui l’identità dei genitori fa parte (Odièvre c. Francia [GC], no 42326/98, § 29, CEDH 2003-III, e Mikulić c. Croazia, no 53176/99, § 53, CEDH 2002-I). Non c’è nessuna ragione di principio di considerare la nozione di “vita privata” come escludente il riconoscimento di un legame giuridico o biologico tra un bambino nato fuori dal matrimonio ed il suo genitore (vedere, mutatis mutandis, Mikulić, ibidem).
36. Alla luce di ciò che precede, la Corte conclude che esiste nello specifico una relazione diretta tra il riconoscimento della filiazione e la vita privata del richiedente. Ne segue che i fatti della causa ricadono sotto l’impero dell’articolo 8 della Convenzione.
37. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
38. Il Governo, riferendosi alle disposizioni del nuovo codice civile, sottolinea che l’azione di ricerca di paternità prevista all’articolo 303 del codice civile ha per obiettivo il riconoscimento di una filiazione tra il figlio ed il presunto padre. Può essere introdotta dalla madre o dal figlio nei termini legali. Se questi termini sono superati, il figlio dispone anche della possibilità di introdurre un’azione di constatazione di paternità. Nessuno termine è previsto dalla legge in quanto all’introduzione di tale istanza. Questa azione permette semplicemente di constatare la paternità e non crea nessuno diritto a profitto di colui che in fatto l’istanza. A questo riguardo, secondo il Governo, è normale che la corte d’appello, prendendo in conto il desiderio del richiedente di ottenere una parte dell’eredità, abbia qualificato la sua azione di constatazione di paternità come ricerca di paternità, poiché solo questa ultima azione è di natura tale da creare il diritto di chiedere una parte successoria. Le giurisdizioni civili hanno applicato così i termini contemplati all’articolo 303 del codice civile e respinto l’interessata della sua istanza.
39. Peraltro, sempre secondo il Governo, essendo stata qualificata l’azione del richiedente come ricerca di paternità, i termini dell’articolo 303 erano applicabili, ed il richiedente, non avendo dimostrato che esistevano delle circostanze particolari tali da giustificare l’introduzione di tale richiesta più di ventinove anni dopo la sua maggior età, fu respinta della sua istanza.
40. La richiedente combatte le tesi del Governo. Sostiene che, anche se si ammette che la sua azione costituiva al merito un’azione di ricerca di paternità, era stata stabilita una deroga alla prescrizione del termine di azione da una revisione legislativa adottata il 1 gennaio 2002. È del parere che la Corte di cassazione avrebbe dovuto annullare il giudizio di prima istanza ed applicare d’ufficio questa nuova disposizione.
41. La Corte rileva che la richiedente ha introdotto un’azione di constatazione di paternità che mirava a stabilire che il Sig. Y. era il suo genitore. Tuttavia, tenuto conto delle conseguenze giuridiche di questa richiesta sui diritti successori, la corte d’appello ha qualificato questa richiesta come azione di ricerca di paternità ai sensi dell’articolo 296 del codice civile in virtù del quale l’azione di ricerca di paternità deve essere esercitata nell’anno seguente la nascita del bambino” (paragrafo 19 sopra). L’ha respinta in seguito per mancata osservanza della regola di prescrizione, pure notando che il diritto positivo non era compatibile con il riconoscimento di paternità che costituiva un diritto fondamentale (paragrafo 14 sopra).
42. La Corte osserva che il richiedente non rimette in causa il ratio legis dei termini previsti dal codice civile turco per impegnare un ricorso di ricerca di parentela che ha la vocazione di garantire la buona amministrazione della giustizia ed il rispetto del principio di sicurezza giuridica (vedere in questo senso, Rasmussen precitata, p. 15, § 41). Ricorda di avere sempre detto peraltro che in materia gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione (vedere, mutatis mutandis, Mizzi c. Malta, no 26111/02, § 110, CEDH 2006 -…). Su questo punto, non è addotto peraltro o stabilito che il diritto turco differiva da quello della maggior parte degli altri Stati contraenti.
43. La Corte rileva quindi che la situazione giuridica del richiedente causa malintesi in diritto interno. Difatti, contrariamente all’argomento del Governo, risulta dalla pratica che la causa del richiedente è stata decisa in applicazione dell’articolo 296 del vecchio codice civile e non dell’articolo 303 del nuovo codice civile. Mentre l’azione di ricerca di paternità del richiedente era pendente dinnanzi alla Corte di cassazione, l’articolo 296 del codice civile che contemplava un termine di prescrizione di un anno dopo la nascita del bambino, è stato emendato. La nuova disposizione che regola la materia, ossia l’articolo 303 del nuovo codice civile, ha creato un’eccezione alla regola di prescrizione di un anno permettendo ai giudicabili di eccepire dell’esistenza di circostanze tali da poter giustificare il loro ritardo.
44. L’emendamento legislativo non ha giovato tuttavia, in nessun modo all’interessata (vedere, l’articolo 13 della legge no 4722, paragrafi 20, 21 e 23 sotto) ed la richiedente non ha avuto mai la possibilità di fare valere i suoi argomenti tali da giustificare il suo ritardo e di fare esaminare da un tribunale la fondatezza della sua richiesta di riconoscimento della sua filiazione con il suo presunto padre.
45. Ora appare che il solo rimedio di natura tale da permettere alla richiedente di fare esaminare la sua richiesta da un tribunale era un’azione di ricerca di paternità, ai sensi dell’articolo 303 del codice civile. Difatti, in ragione delle conseguenze giuridiche sui diritti successori, un’azione si constatazione non presentava alcuna probabilità di successo (paragrafo 14 sopra). La Corte non è convinta dall’argomento del Governo (paragrafo 25 sopra) secondo cui l’interessata può sempre impegnare in virtù dell’ultimo capoverso dell’articolo 303 del nuovo codice civile un’azione di ricerca di paternità invocando delle circostanze suscettibili da giustificare il suo ritardo. Difatti, tale ricorso rischierebbe di urtare il principio dell’autorità della cosa giudicata (confrontare con Uçar c. Turchia, (déc.), no 31333/03, 28 giugno 2008).
46. Alla luce di ciò che precede, la Corte conclude che, nelle circostanze particolari dello specifico, il fatto che il richiedente non abbia potuto beneficiare, nonostante l’articolo 303 in fine del codice civile, della possibilità di eccepire dell’esistenza di circostanze tali da poter giustificare il suo ritardo nell’introduzione di un’azione di ricerca di paternità non è compatibile con le esigenze dell’articolo 8 della Convenzione. Quindi, c’è stata violazione di suddetta disposizione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
47. Il richiedente si lamenta di un difetto di equità del procedimento dinnanzi alla corte d’appello di İzmir a causa della qualifica del suo ricorso come azione di ricerca di paternità e, di conseguenza, dell’applicazione della regola di prescrizione. Invoca a questo riguardo l’articolo 6 della Convenzione.
48. Il Governo combatte questa tesi.
49. La Corte rileva che questo motivo di appello è legato a quello esaminato sopra e deve così anche essere dichiarato ammissibile. Però, avuto riguardo alla constatazione relativa all’articolo 8 (paragrafo 46 sopra) stima che non c’è luogo di esaminare se c’è stata, nello specifico, violazione di questa disposizione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
50. La richiedente si lamenta anche di essere stata privata dei suoi diritti successori col rigetto da parte delle giurisdizioni interne della sua istanza che tendeva al riconoscimento della sua filiazione paterna. Vede un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni al senso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
51. Il Governo combatte questa tesi.
52. La Corte ricorda innanzitutto che l’articolo 1 del Protocollo no 1 si limita a consacrare il diritto di ciascuno al rispetto dei “suoi” beni, che vale di conseguenza solo per i beni reali e che non garantisce il diritto di acquisirne tramite successione ab intestato o liberalità” (Marckx c. Belgio, sentenza del 13 giugno 1979, serie A no 31, p. 23, § 50). A questo riguardo, ricorda di avere concluso nello specifico alla violazione dell’articolo 8 per il fatto che il rigetto della richiesta del richiedente l’ha privata di ogni possibilità di conoscere la sua ascendenza. Però, non potrebbe speculare sulla conclusione che avrebbe conosciuto la richiesta se fosse stata esaminata al merito.
53. Ne segue che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
54. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
55. Il richiedente richiede per danno materiale 100 000 000 lire turche (TRY) (o circa 47 620 000 euro (EUR)), somma riservata, secondo lei, in attesa dell’ordinamento dell’azione di constatazione di paternità (paragrafo 10 sopra). Chiede la stessa somma per danno morale.
56. Il Governo stima che queste pretese sono esagerate.
57. La Corte ricorda i avere concluso alla violazione dell’articolo 8 in ragione del fatto che, nonostante l’articolo 303 in fine del codice civile, la richiedente non ha potuto beneficiare della possibilità di eccepire dell’esistenza di circostanze tali da poter giustificare il suo ritardo nell’introduzione di un’azione di ricerca di paternità. Certo, non potrebbe speculare sulla conclusione della richiesta se fosse stata esaminata al merito. A questo riguardo, per la Corte, la correzione più appropriata nello specifico sarebbe di permettere al richiedente di beneficiare di suddetta possibilità.
58. Trattandosi dell’importo richiesto dal richiedente a titolo del danno materiale, la Corte non vede alcun legame di causalità tra la violazione constatata ed il danno materiale addotto, e respinge questa richiesta. Per ciò che riguarda il danno morale addotto, la Corte stima che, nelle circostanze dello specifico, la constatazione di violazione fornisce in sé al richiedente un risarcimento equo sufficiente.
B. Oneri e spese
59. Il richiedente chiede 250 000 TRY, o circa 119 000 EUR, per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte. Non fornisce nessuno giustificativo.
60. Il Governo contesta queste pretese.
61. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, il richiedente non avendo fornito nessuno giustificativo per supportare la sua richiesta, la Corte respinge questa.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, per 6 voci contro 1, la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 6 della Convenzione, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce, per 5 voci contro 2, che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce, per 5 voci contro 2, che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione;
4. Stabilisce, per 5 voci contro 2, che la constatazione di violazione costituisce in sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale subito dalla richiedente;
5. Respinge, all’unanimità, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 7 aprile 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione separata dal giudice Sajó.
F.T.
F.E.P.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE SAJÓ
(Traduzione)
Mi dispiace di non potere condividere il parere della maggioranza della Corte nello specifico perché secondo me la causa avrebbe dovuta essere dichiarata inammissibile. I fatti sono per l’essenziale identici a quelli della causa Haas c. Paesi Bassi (no 36983/97, CEDH 2004-I,). Il richiedente nello specifico cominciò col formare un’azione di petizione di eredità. Per soddisfare una condizione preliminare ad un’eventuale riconoscenza della sua supposta qualità di erede, intentò poi un’azione di constatazione di paternità. Il suo scopo affermato era di ottenere la sanzione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare. Personalmente, non vedo come questo diritto abbia potuto essere leso in seguito al decesso di H. Y., suo padre addotto. La sentenza della Corte si riferisce al diritto di ciascuno a conoscere la sua filiazione, elemento costitutivo dell’identità personale che dipende lui stesso dalla sfera della vita privata. Tuttavia, così come la Corte ha dichiarato nella causa Haas (paragrafo 43), un’azione con mire successorie non dipende dalla vita privata considerata in termini di identità personale. Contrariamente alla causa Odièvre c. Francia, dove il richiedente desiderava sapere chi era sua madre, il richiedente nello specifico afferma che conosceva suo padre.
Anche se la Sig.ra T. doveva essere considerata come se avesse cercato, mediante la sua azione, di scoprire le sue origini biologiche, supposizione che stimo non essere corroborata dagli elementi della pratica, non appartiene alla Corte di interpretare il diritto turco e di agire come una giurisdizione di quarta istanza. Per di più, un richiedente deve esaurire le vie di ricorso interne. La corte d’appello investita nello specifico sottolineò a questo riguardo nella sua decisione del 16 ottobre 2001 che la parte sollecitatrice non aveva perso il diritto di ottenere la riconoscenza della sua filiazione paterna. La questione dell’incidenza eventuale sul suo diritto ad ereditare dipende da un problematica differente e non pertinente nello specifico, non garantendo l’articolo 8 della Convenzione un diritto all’eredità.