Conclusioni: No-violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento civile Articolo 6-1 – Accesso ad un tribunale,
PRIMA SEZIONE
CAUSA TREVISANATO C. ITALIA
, Richiesta no 32610/07,
SENTENZA
STRASBURGO
15 settembre 2016
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Trevisanato c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta di:
Mirjana Lazarova Trajkovska, presidentessa,
Ledi Bianku,
Guido Raimondi,
Kristina Pardalos,
Paul Mahoney,
Ale? Pejchal,
Armen Harutyunyan, giudici,
e di Abele Campos, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 23 agosto 2016,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 32610/07) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 4 luglio 2007 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? stato rappresentato da OMISSIS, avvocato a Milano. Il governo italiano (“il Governo”) ? stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra Ersilia Spatafora.
3. Il richiedente adduce in particolare che l’interpretazione con la Corte di cassazione delle disposizioni che cadono sulle condizioni di presentazione del ricorso in cassazione ha ignorato il suo diritto ad un tribunale, garantito con l’articolo 6 ? 1 della Convenzione.
4. Il 5 marzo 2015, il motivo di appello concernente l’articolo 6 ? 1 della Convenzione sono stati comunicati al Governo e la richiesta ? stata dichiarata inammissibile per il surplus conformemente all’articolo 54 ? 3 dell’Ordinamento della Corte.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
5. Il richiedente ? nato in 1937 e ha risieduto a Casatenovo (Lecco).
6. I fatti della causa, come sono stati esposti dalle parti, possono riepilogare come segue.
7. Il richiedente fu salariato della societ? IBM durante 32 anni di cui 23 in quanto dirigente. Nel novembre 1994, la direzione della societ? gli notific? il suo licenziamento con preavviso di un anno a partire dal 1 gennaio 1995. Il licenziamento prese effetto il 17 giugno 1996.
Il procedimento interno
1. Sul declassamento professionale
8. Considerandosi vittima di declassamento professionale, il richiedente introdusse, ad una data non precisata, una richiesta in emergenza dinnanzi al giudice di istanza di Milano (pretore), al senso dell’articolo 700 del codice di procedimento civile (CPC), per ottenere il sospensione conservatorio, provvedimento cautelare, dell’atto di declassamento. Il giudice fece diritto alla sua domanda.
9. Nell’agosto 1995, inizi? un procedimento al fondo chiedendo la reintegrazione nella sua stazione di “direttivi consulente prodotti”, l’attribuzione di un ufficio individuale ed un indennizzo in ragione della riduzione salariale subita. Nel suo esposto, la societ? indic?, entra altri, che il licenziamento del richiedente faceva parte di un piano di licenziamento collettivo. Con decisione del 29 agosto 1997, il giudice di istanza condann? la societ? ad indennizzare il richiedente della differenza salariale non versata tra maggio 1995 e giugni 1996, respingendo il restante della domanda, l’oggetto della controversia avendo smesso di esistere seguito alla presa di effetto del licenziamento. Il 13 ottobre 1998, seguito all’appello introduce dalla societ? convenuta, il tribunale di Milano annull? questa decisione.
2. Sul licenziamento
10. Il 11 gennaio 1995, il richiedente contest? senza successo il licenziamento con via extragiudiziale dinnanzi alla direzione dipartimentale del lavoro (DPT). Nel 1999 e nel 2004, due tentativi di transazione presso del DPT fallirono.
11. Il 3 settembre 2004, il richiedente cit? in giustizia la societ? dinnanzi al giudice del lavoro di Milano, chiedendo la dichiarazione di nullit? o di inefficacia del licenziamento e la reintegrazione nella sua stazione sul fondamento dell’articolo 18 della legge no 300 del 20 maggio 1970. Contest? in particolare la violazione delle garanzie contemplate agli articoli 4, 5 e 24 della legge no 223 del 23 luglio 1991 relativo alle norme in materia di disoccupazione tecnica, mobilit?, sussidi di disoccupazione, collocamento in ?uvre di direttive comunitarie, collocamento di mano-d’?uvre e delle altre disposizioni relative al mercato del lavoro. Questa legge traspone in dritta interno il r?glementation comunitario in materia di licenziamenti collettivi.
12. Il 12 maggio 2005, il giudice dichiar? il ricorso inammissibile. Osserv? che la relazione di lavoro aveva cessato senza nessuna riserva formulata dal richiedente. Inoltre, stim? che la questione controversa era legata ai conclusioni della decisione del giudice di istanza del 1997, avendo acquisito da forza di cosa giudicata.
13. Il 24 giugno 2005, il richiedente fece appello della decisione, chiedendo anche l’immissione nel processo della Corte di Giustizia dell’unione europea (CJUE) di una questione pregiudiziale sulla compatibilit? della legge no 223/1991 con la direttiva 98/59/CE. Il 23 gennaio 2007, la corte di appello di Milano, pure il dichiarante ammissibile, respinse sul fondo le affermazioni del richiedente. Stim? che, in virt? dell’articolo 4, paragrafo 9, della legge no 223/1991, la categoria dei dirigenti non poteva beneficiare della protezione che deriva della legge no 223/1991.
14. Il 13 novembre 2007, il richiedente si ricorse in cassazione. Nell’unico mezzo, attacc? l’esclusione dei dirigenti come essendo contrario alla legislazione europea, in particolare all’articolo 1 della direttiva 98/59, come interpretato col CJUE.
15. Le parti pertinenti del suo esposto sono redatte nei seguenti termini:
“Mezzo-Violazione o cattiva applicazione della legge
La corte di appello di Milano, nella sentenza attaccata, dopo avere censurato correttamente la decisione resa dal pretore, nella parte dove aveva considerato che la forza di cosa giudicata di una decisione resa in materia di declassamento professionale trovava ad applicarsi in un procedimento che cade su una domanda di nullit? del licenziamento e sull’applicazione della reintegrazione, reintegrazione nel posto di lavoro, ha violato o fatto una cattiva applicazione della legge, considerando che l’articolo 24 della legge 23/7/1991 no 223 non erano applicabili alla categoria dei dirigenti. E questo, in virt? del rinvio all’articolo 4, paragrafo 9, secondo quale,: “Una volta ottenuta l’accordo sindacale, o al termine del procedimento ai sensi dei paragrafi 6, 7 e 8, l’impresa ha la facolt? di porre sugli elenchi di mobilit? i salariati, gli operai e le cornici di cui le stazioni sono eccedentarie (omissis).”
Questo, senza ambig?it? agli occhi della corte, di appello, permise di escludere la categoria dei dirigenti.
(…)
Questa interpretazione ? chiaramente assurda se si considera che il legge 223/91 rappresenta la trasposizione della direttiva della Comunit? europea, oggi direttiva 98/59/CE, adottata sul fondamento della risoluzione del Consiglio europeo del 21 gennaio 1974 tendendo all’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi.
Ora, suddetta direttiva, in particolare il suo articolo 1, non solo non fatto nessuna distinzione tra categorie di lavoratori, ma non concede neanche la facolt? allo Stati membro di fare una qualsiasi distinzione al momento della sua trasposizione nel sistema nazionale.
Alle fini del calcolo del quorum che definisce il campo di applicazione di un licenziamento collettivo, si ritrova nella direttiva un’uniformit? di applicazione al riguardo di tutti i lavoratori adoperati da societ? private, purch? non siano stati licenziati per le ragioni individuali e, ne pi?, secondo l’interpretazione di questa disposizione, articolo 1 della direttiva, resa dalla Corte di Giustizia (CJUE), impedisce anche che una norma interna o nazionale possa escludere, anche temporaneamente, una categoria determinata di lavoratori del calcolo del numero dei lavoratori impiegati.
Precisa e decisiva, a questo riguardo, ? stato la decisione resa dalla seconda sezione della Corte di Giustizia il 18.01.07 nella causa C-385/05 relativo alla questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di stato francese: “L’articolo 1, capoverso 1a, della direttiva 98/59/CE del Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente l’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativi ai licenziamenti collettivi, deve essere interpretato in questo senso che oppone ad una regolamentazione nazionale che esclude, fu questo temporaneamente, una categoria determinata di lavoratori del calcolo del numero dei lavoratori impiegati previsti con questa disposizione.”
(…)
Inoltre, c’? luogo di rilevare che la Corte Costituzionale ha stabilito da molto, sentenze no 113/1985 e no 389/1989, che le decisioni di interpretazione della Corte di Giustizia devono essere applicate subito, come le norme di diritto comunitario e considerate come succo superveniens.
Ci? dice, bisogna considerare che il passaggio contemplato all’articolo 4, capoverso 9, della legge 223/91, nella parte dove enumera le categorie che il datore di lavoro pu? porre negli elenchi di mobilit?, e dove non appare quella dei dirigenti, doveva o essere allontanato dalla corte di appello di Milano, o, almeno, fare l’oggetto di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, peraltro chiesta dal richiedente, al senso dell’articolo 234, paragrafo 2, TCE, nello scopo di verificare la conformit? della legislazione nazionale che sosteneva la dottrina di esclusione dei dirigenti, alle disposizioni della direttiva,.
Aspettato
– che, la decisione attaccata deve essere annullata tuttavia, necessariamente per violazione o cattiva applicazione della legge e che, al senso della sentenza della Corte Costituzionale no 170/1984, deve essere fatto applicazione della sentenza di interpretazione della Corte di Giustizia del 18/01/2007 reso sull’articolo 1 della direttiva 98/59/CE che sembra confermare l’inesistenza di un’esclusione di categorie di lavoratori della protezione reale contro i licenziamenti collettivi;
– che, a titolo accessorio, questa stimabile Corte di cassazione, ai sensi dell’articolo 234, paragrafo 3, TCE, pu? indirizzare una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia in vista di conoscere se l’articolo 4, paragrafo 9, della legge no 223/91 ? o non conforme alle disposizioni dell’articolo 1 della direttiva 98/59/CE, nella misura in cui la sua applicazione sembra limitare quella della direttiva, escludendo la categoria dei dirigenti del calcolo dei lavoratori laureati,;
Considerando
Tutto ci? che ha appena stato esposto, l’ingegnere Gino Trevisanato, ut sopra rappresentato, domiciliato e difeso,
Domanda
Che questa molto illustre Corte suprema, contrariis rejectis,
Vuoi
A titolo principale
Rilevare direttamente il conflitto flagrante tra le legislazioni europee applicabile, a sapere l’articolo 1 delle direttive 92/56/CE e 98/56/CE del Consiglio, e la disposizione contemplata all’articolo 4, capoverso 9, della legge no 223 del 1991 che, nella decisione contestata, ? presa come fondamento dell’esclusione di applicazione della legge 223/91 al riguardo dei dirigenti;
Rilevare che bisogna applicare, ai sensi delle sentenze della Corte Costituzionale i nostri 113/1985 e 389/1989, l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia in data del 18/01/2007 secondo la quale l’articolo 1, no 1, let. ha, della direttiva del Consiglio 98/56/CE del 20/07/1998 deve essere interpretata nel senso che oppone ad una legislazione nazionale che esclude, anche temporaneamente, una categoria determinata di lavoratori del calcolo dei lavoratori impiegati, previsti da questo articolo e, a questo effetto e ha fortiori, del calcolo dei lavoratori laureati, anche previsti con questa disposizione.
Annullare il decisione no75 della corte di appello di Milano, resa il 23/01/2007 che non ha allontanato la disposizione menzionata in favore della legislazione comunitaria, violando cos? o facendo una cattiva applicazione della legge che, ai sensi dell’articolo 384 del codice di procedimento civile, comprendi la formulazione del principio di diritto, ad applicare col giudice di rinvio, o la decisione al fondo, tenuto conto dell’esistenza di un licenziamento collettivo, ai sensi dell’articolo 24 della legge no 223 del 1991, regolarmente contestato in virt? della legge.
A questo riguardo, si ricorda che come nei ricorsi di primo e secondo istanze, le domande riguardano la verifica e la dichiarazione di nullit? et/ou di inefficacia del licenziamento per violazione degli articoli 4, 5, e 24 della legge no 223 del 1991 e l’applicazione che seguono, contemplate all’articolo 5, terzo paragrafo, dell’articolo 18 della legge 300/1970 che prescrive la reintegrazione in servizio del richiedente ed il versamento di un’indennit?.
A titolo accessorio
Visto l’articolo 224, paragrafo 3, TCE,
Sospendere il presente procedimento e
Porre alla Corte di Giustizia, CJUE, una questione pregiudiziale che cade sulla conformit? della norma interna, a sapere l’articolo 4, paragrafo 9 della legge 223/1991 che ha permesso di escludere la categoria dei dirigenti della protezione sui licenziamenti collettivi contemplati, al contrario, per tutti i lavoratori salariati nelle direttive 92/56/CE e 98/59/CE, ed in particolare del calcolo contemplato all’articolo 1 delle direttive menzionate.
(…) “
16. Il 28 ottobre 2010, la Corte di cassazione, conformemente all’articolo 366bis del CPC, applicabile in virt? dell’articolo 27, capoverso 2, del decreto legislativo no 40/2006 e dell’articolo 47 della legge no 69/2009, dichiar? inammissibile mancanza il ricorso di formulazione adeguata ed adeguata del punto di diritto, quesito di diritto.
17. Il 20 aprile 2011, il richiedente introdusse una domanda in revisione dinnanzi alla Corte di cassazione, dichiarata inammissibile il 22 dicembre 2011.
3. Sull’azione in responsabilit? contro la presidenza del Consiglio dei ministri
18. Il 29 agosto 2013, sul fondamento dell’articolo 2 della legge no 117/1988 relativo alla responsabilit? civile dei magistrati nell’esercizio delle loro funzioni, il richiedente present? un’azione in responsabilit? contro la presidenza del Consiglio dei ministri dinnanzi al tribunale di Milano. Il ricorso ? stato dichiarato inammissibile il 22 gennaio 2015.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNE PERTINENTI
19. Il procedimento dinnanzi alla Corte di cassazione ? regolato dagli articoli del Titolo III, capi Gli ed III, del codice di procedimento civile (CPC). L’articolo 360 CPC contemplano i casi dove un ricorso pu? essere formato contro una decisione pronunciata in appello (o, nei casi eccezionali, pronunciati in prima istanza, per applicazione scorrette di regole di diritto. La versione dell’articolo applicabile al momento dei fatti era formulata cos?:
“Art. 360 (Decisioni suscettibili di ricorso e motivi di ricorso) Le sentenze pronunciate in appello o in prima istanza pu? essere contestata dal verso di un ricorso in cassazione:
1, per i motivi relativi alla giurisdizione,;
2, per le violazioni delle norme sulla competenza, quando l’ordinamento di competenza non ? prescritto;
3, per le violazioni o delle cattive applicazioni di norme di diritto e di contratti o accordi collettivi nazionali di lavoro;
4, per nullit? della sentenza o del procedimento,;
5, per un difetto di motivazione o una motivazione insufficiente o contraddittoria su un fatto contestato e decisivo per il giudizio “
20. Il decreto legislativo no 40 del 2 febbraio 2006 ha introdotto l’articolo 366bis CPC relativi alle condizioni di forma di un ricorso in cassazione. Era formulato cos?:
“Art. 366bis (Formulazione dei mezzi di diritto). -Nei casi contemplati all’articolo 360, 1 capoverso, numeri 1, – 4, l’indicazione di ogni mezzo deve concludere si, sotto pena di inammissibilit?, con la formulazione della questione in diritto. Nel caso contemplato all’articolo 360, 1 capoverso, numero 5, la formulazione di ogni mezzo deve contenere, sotto pena di inammissibilit?, l’indicazione chiara del fatto contestato a proposito del quale la motivazione ? criticata come essendo inadempiente o contraddittorio, o le ragioni per che la motivazione insufficiente non ? propria a giustificare la decisione. “
21. Seguito all’introduzione dell’articolo 366bis CPC, la giurisprudenza della Corte di cassazione ? stata oggetto di un’analisi approfondita da parte del servizio di documentazione, degli studi e del rapporto della Corte di cassazione, ufficio del massimario e del ruolo che ha pubblicato due rapporti, i nostri 25 e 89 di 2008, cadendo sulle modalit? di presentazione e di formulazione della questione in diritto, cos? come sul suo posto, ivi compreso sul piano formale, in seno all’esposto.
22. In particolare, nella sentenza no 7258 del 26 marzo 2007, l’assemblea plenaria, Sezioni Unit?, della Corte di cassazione ha giudicato che:
“(…) ? inammissibile, per violazione dell’articolo 366bis del codice di procedimento civile, introdotto dall’articolo 6 del decreto legislativo no 40 del 2006, il ricorso in cassazione in che la presentazione di ogni motivo non ? seguita dalla formulazione di una questione in diritto esplicito, atto a circoscrivere la decisione del giudice nei limiti di un’accettazione o rigetto della questione formulata dalla parte. “
23. In seguito, la Corte di cassazione, sempre in assemblea plenaria, Sezioni Unit?, ha sviluppato questo punto nella sentenza no 3519 del 14 febbraio 2008. Ha indicato in particolare che:
“(…) la questione deve essere la chiave di lettura delle ragioni presentate e permettere alla Corte, di cassazione, di rispondere a questa fissando il ?regol? iuris ‘ che deve essere in quanto tale suscettibile di trovare applicazione nei casi simili, al di l? della causa controversa sottoposta all’esame del giudice che ha pronunciato la decisione contestata. Questo notifica che la Corte, di cassazione, deve potere comprendere della lettura della sola questione, considerata come sintesi logico-giuridica del mezzo, l’errore di diritto che il giudice del fondo avrebbe commesso e, secondo la tesi del richiedente, la regola ad applicare. “
24. Il decreto legislativo no 40/2006, ? entrato in vigore il 2 marzo 2006. L’articolo 27, capoverso 2, del decreto ha contemplato l’applicazione dell’articolo 366bis CPC:
“(…) ai ricorsi in cassazione contro le sentenze ed altre decisioni pubblicate in vigore a partire dalla data di entrata del presente decreto. “
L’articolo 366bis CPC sono stati abrogati, senza effetto retroattivo, con l’articolo 47 della legge no 69 del 18 giugno 2009, entrata in vigore il 4 luglio 2009.
IN DIRITTO
SU LA VIOLAZIONE ADDOTTA DI L’ARTICOLO 6 ? 1 DI LA CONVENZIONE
25. Il richiedente si lamenta della decisione con la quale il 28 ottobre 2010, la Corte di cassazione dichiar? inammissibile il suo ricorso in cassazione, in applicazione dell’articolo 366bis del codice di procedimento civile. Denunciando un attentato al suo diritto ad un tribunale, invoca l’articolo 6 ? 1 della Convenzione di cui la parte pertinente ? formulata cos?:
“Ogni persona ha diritto a ci? che la sua causa sia equamente sentita con un tribunale chi decider? delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
26. Il Governo oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilit?
27. La Corte constata che la richiesta non ? manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 ha, della Convenzione e che non cozza peraltro contro nessuno altro motivo di inammissibilit?. La dichiara ammissibile dunque.
B. Sul fondo
1. Argomenti delle parti
28. Il richiedente sostiene che il suo ricorso in cassazione rispettava le condizioni di forma e di contenuto richiesta in vigore dalle disposizioni all’epoca dei fatti e che la decisione di inammissibilit? della Corte di cassazione per mancata osservanza dell’articolo 366bis CPC l’avrebbero privato del suo diritto ad un tribunale.
29. Il Governo contesta l’argomento del richiedente. Ricorda che il sistema italiano contempla due gradi di giurisdizione al fondo e che il ruolo della Corte di cassazione, in modo similare ad altri sistemi giuridici, ? limitato ad un controllo sull’applicazione del diritto fa con le giurisdizioni inferiori per garantire un’interpretazione uniforme della legge.
30. Il Governo sostiene che la pratica dei ricorsi in cassazione, lontano da riferirsi ai principi del diritto che la parte stima essere stato violato o applicate in modo scorretta, orologio una pi? tendenza a fare riferimento ai fatti piuttosto che au dritto. Ci? che avrebbe per conseguenza un appesantimento del carico di lavoro della Corte di cassazione, confrontata difficile al compito di isolare i principi di diritto presumibilmente violato. L’introduzione dell’articolo 366bis CPC avrebbero avuto per obiettivo la necessit? di eliminare questa pratica dunque e di rendere pi? chiara e precisa la formulazione dei mezzi di cassazione. Mantiene inoltre che l’obbligo di presentare di diritto” suddetto “quesito ridursi ad un semplice esercizio logico di sintesi che chiederebbe alla parte un riferimento preciso al principio del diritto presumibilmente raggiunto.
31. Il Governo conclude che l’abrogazione dell’articolo 366bis CPC non sono la conseguenza di una valutazione negativa della disposizione citata ma il risultato di una riorganizzazione del procedimento dinnanzi alla Corte di cassazione e del rafforzamento del filtro preventivo di ammissibilit? dei ricorsi presentati dinnanzi a lei.
2. Valutazione della Corte
32. La Corte ricorda la sua giurisprudenza consolidata secondo la quale non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorit? nazionali, ed in particolare ai corsi e tribunali, che tocca di interpretare la legislazione interna (vedere, tra molto altri, Garc?a Manibardo c. Spagna, no 38695/97, ? 36, CEDH 2000 II. Il suo ruolo a lei si limita a verificare la compatibilit? con la Convenzione degli effetti di simile interpretazione. Ci? ? particolarmente vero trattandosi dell’interpretazione coi tribunali di regole procedurali come queste che fissa i termini a rispettare per il deposito dei documenti o l’introduzione dei ricorsi, Tejedor Garc?a c. Spagna del 16 dicembre 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII, ? 31. La regolamentazione relativa alle formalit? e termini ad osservare per formare un ricorso miri a garantire la buona amministrazione della giustizia ed il rispetto, in particolare, della sicurezza giuridica. Gli interessati devono aspettarsi normalmente di ci? che queste regole siano applicate, Miragall Escolano ed altri c. Spagna, nostri 38366/97, 38688/97, 40777/98, 40843/98, 41015/98, 41400/98, 41446/98, 41484/98, 41487/98 e 41509/98, ?? 33, CEDH 2000-I,,.
33. Peraltro, il “diritto ad un tribunale” di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto, non ? assoluto e prestati alle limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in ci? che riguarda le condizioni di ammissibilit? di un ricorso, perch? chiama anche per la sua natura una regolamentazione con lo stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione, Garc?a Manibardo c. Spagna, precitato, ? 36, e Mortaio c. Francia, no 42195/98, ? 33, 31 luglio 2001. Tuttavia, le limitazioni applicate non devono restringere l’accesso aperto all’individuo di un modo o ad un punto come il diritto se ne trova raggiunge nella sua sostanza stessa. Inoltre, non si conciliano con l’articolo 6 ? 1 che se inseguono un scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (vedere il sentenza Gu?rin c). Francia del 29 luglio 1998, Raccolta 1998-V, ? 37.
34. La compatibilit? delle limitazioni previste dal diritto interno col diritto di accesso ad un tribunale riconosciuto dall’articolo 6 ? 1 dipende dalle particolarit? del procedimento in causa. Bisogna prendere in conto l’insieme del processo condotto nell’ordine giuridico interno ed il ruolo che gioco la giurisdizione di cassazione, le condizioni di ammissibilit? di un ricorso in cassazione che pu? essere pi? rigorose che per un appello (vedere, entra altri, Khalfaoui c. Francia, no 34791/97, ? 37, CEDH 1999-IX, e Ble? ?ed altri c. Repubblica ceca, no 47273/99, ? 62, 12 novembre 2002.
35. La Corte ricorda che il suo compito consiste in verificare se il rigetto per inammissibilit? del ricorso in cassazione non ha recato offesa alla sostanza stessa del “diritto” del richiedente “ad un tribunale.” Per questo fare, ricercher?, di prima, se le condizioni di ammissibilit? del ricorso in cassazione inseguivano un scopo legittimo, dedicandosi poi sulla proporzionalit? della limitazione imposta (vedere, tra molto altri, Brualla G?mez del Torre c. Spagna, 19 dicembre 1997, ? 33, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997 VIII, e Papaioannou c. Grecia, no 18880/15, ? 49, 2 giugno 2016.
36. In ci? che riguarda la finalit? di questa disposizione, la Corte prende nota della giurisprudenza della Corte di cassazione anteriore al ricorso del richiedente (vedere paragrafo 23 secondo la quale la questione in diritto rappresentava il punto di congiunzione tra le soluzioni del caso specifico e la formulazione di un principio giuridico generale applicabile ai casi simili). Lo scopo di questo articolo era dunque al tempo stesso di proteggere l’interesse della parte ad ottenere, all’occorrenza, la riforma della decisione attaccata e di preservare la funzione della Corte di cassazione nel suo ruolo di giudice dell’interpretazione uniforme della legge.
37. Di conseguenza, la Corte stima che la limitazione imposta dall’articolo 366bis CPC inseguiva un scopo legittimo, ubbidendo tutto insieme alle esigenze della sicurezza giuridica e della buona amministrazione della giustizia, Kemp ed altri c. Lussemburgo, no 17140/05, ? 53, 24 aprile 2008.
38. Resta a sapere se questa esigenza di precisione risponde, nello specifico, alla condizione della proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (vedere, tra molto altri, Edificaciones March Gallego S.p.A. c. Spagna, 19 febbraio 1998, ? 34, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998I.? Difatti, la Corte ha concluso gi? a pi? riprese che un’interpretazione fin troppo formalista delle condizioni di forma di un ricorso ? suscettibile di violare il diritto di accesso ad un tribunale, Ble? ?ed altri c. Repubblica ceca, precitata, ? 69, Zvolsk? e Zvolsk? c. Repubblica ceca, no 46129/99, ? 55, CEDH 2002 IX, e Viard c. Francia, no 71658/10, ? 38, 9 gennaio 2014. La Corte esaminer? dunque, di quale modo il richiedente present? da una parte, il suo motivo di appello alla Corte di cassazione, e, altro parte, per quali ragioni il suo ricorso fu respinto.
39. Nel suo esposto in cassazione, il richiedente si lament? di una violazione o cattiva applicazione delle disposizioni della legge no 223/1991. Argu? in particolare che l’esclusione del campo di applicazione di questa legge della categoria dei dirigenti era contraria alla direttiva Questo 98/59 concernente l’avvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relativi ai licenziamenti collettivi. Per questo fare, si appell? in particolare su una sentenza del CJUE.
40. A conclusione del suo unico mezzo, il richiedente non formul? la questione in diritto nella quale avrebbe dovuto indicare il principio di diritto che assumeva violato. Nei suoi conclusioni, dopo avere riassunto il suo ragionamento, invit? la Corte di cassazione ad annullare la decisione della corte di appello di Milano ed a formulare il principio di diritto ad applicare nel procedimento di rinvio.
41. La Corte di cassazione respinse la ricorso mancanza di formulazione adeguata ed adeguata di una questione in diritto che permette l’identificazione del contenuto del ricorso ed il ragionamento della parte. Ricord?, inoltre, la sua giurisprudenza consolidata in materia secondo la quale se la questione in diritto potesse essere dedotta della formulazione del mezzo di cassazione, una tale interpretazione produrrebbe un’abrogazione implicita della condizione di ammissibilit? dei ricorsi in cassazione prevista all’articolo 366bis CPC.
42. La Corte rileva che il ricorso del richiedente manca di una questione in diritto a conclusione del mezzo di cassazione difatti, come chiesta dall’articolo suddetto e di cui la finalit? risponde ad un’esigenza legittima (vedere sopra ? 37 paragrafo). Agli occhi della Corte, il fatto di chiedere al richiedente di concludere il suo mezzo di cassazione con un paragrafo di sintesi, riassumendo il ragionamento seguito e chiarendo il principio di diritto che assume violato, non avrebbe richiesto nessuno sforzo particolare ulteriore da parte di questo ultimo. Pertanto, la decisione di inammissibilit? non saprebbe passare per un’interpretazione fin troppo formalista della legalit? ordinaria che impedisce, infatti, l’esame in fondo al ricorso esercitato dall’interessato (vedere, ha contrario, Kemp ed altri, precitato, ? 59; RTBF c. Belgio, no 50084/06, ? 71, CEDH 2011 (brani)).
43. Inoltre, contrariamente a ci? che la Corte ha constatato nel sentenza Ble? ?ed altri (precitato, ? 63, nello specifico il richiedente ed il suo avvocato potevano valutare a priori le probabilit? di vedere il loro ricorso in cassazione ammisi, l’ammissibilit? di questo dipendente di una giurisprudenza interna fornita. Difatti, la Corte di cassazione chiedeva la formulazione esplicita di una questione in diritto, a conclusione di ogni mezzo che doveva essere la “chiave di lettura delle ragioni presentate, e permettere alla Corte, di cassazione, di rispondere a questa fissando la “regol? iuris” (…) suscettibile di trovare applicazione nei casi simili” (vedere sopra paragrafo 23).
44. La Corte rileva che la regola applicata dalla Corte di cassazione per pronunciarsi sull’ammissibilit? del ricorso non ? di costruzione giurisprudenziale ma introdotta dal legislatore attraverso l’articolo 366bis del codice di procedimento civile (vedere, ha contrario, Kemp ed altri, precitato, ? 52, e Dattel c. Lussemburgo (no 2), no 18522/06, ? 37, 30 luglio 2009.
45. Su questo punto, la Corte osserva anche che la nuova condizione di ammissibilit? era stata introdotta il 2 febbraio 2006, molto prima la presentazione, il 13 novembre 2007, del ricorso controverso. Il consiglio del richiedente era in grado di conoscere in materia i suoi obblighi dunque, appellandosi sulla formula dell’articolo suddetto e con l’aiuto dell’interpretazione della Corte di cassazione che presentava una chiarezza ed una coerenza bastiamo, vedere Prestazioni Servizi c Lievitazione. Francia, 23 ottobre 1996, ? 42, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996 V. La Corte ricorda peraltro che gli avvocati abituali a rappresentare le parti dinnanzi alla Corte di cassazione italiana devono essere iscritti obbligatoriamente in un elenco speciale sulla base di certi requisiti richiesti (vedere, ha contrario, Dattel c. Lussemburgo (no 2), precitato, ? 43.
46. Infine, la Corte non saprebbe dubitare dell’affermazione del Governo convenuto secondo la quale l’abrogazione dell’articolo suddetto, fatto dalla legge no 69 del 18 giugno 2009, risulti dalla riorganizzazione del procedimento dinnanzi alla Corte di cassazione e non ? la conseguenza di una valutazione negativa della disposizione citata (vedere paragrafo 31).
47. In queste condizioni, la Corte stima che il richiedente non ha subito un ostacolo sproporzionato al suo diritto ad un tribunale e che, quindi, non c’? stato raggiunta alla sostanza di questo diritto. Pertanto, non c’? stata violazione dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione.
CON QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Dice che ha avuto non ci non violazione dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 15 settembre 2016, in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento della Corte.
Abele Campos Mirjana Lazarova Trajkovska
Cancelliere Presidentessa