Conclusione Parzialmente inammissibile; Violazione dell’art. 6-2; violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA TENDAM C. SPAGNA
( Richiesta no 25720/05)
SENTENZA
(fondo)
STRASBURGO
13 luglio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Tendam c. Spagna,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici, Alejandro Saiz Arnaiz, giudice ad hoc,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 22 giugno 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 25720/05) diretta contro il Regno della Spagna e in cui un cittadino tedesco, il Sig. H. E. T. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 9 luglio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da J.C. P., avvocato a Porto de La Cruz. Il governo spagnolo (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. I. Blasco Lozano, capo del servizio giuridico dei diritti dell’uomo al ministero della Giustizia.
3. Il richiedente si lamenta del rigetto da parte delle autorità spagnole delle richieste di indennizzo a titolo dei danni subiti a causa della detenzione provvisoria e della scomparsa ed il deterioramento dei beni sequestrati nella cornice dei procedimenti penali impegnati a suo carico. Invoca l’articolo 6 § 2 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1.
4. Il 23 maggio 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
5. Il governo tedesco al quale una copia della richiesta è stata comunicata dalla Corte in virtù dell’articolo 44 § 1 a), dell’ordinamento, non ha desiderato intervenire.
6. In seguito all’astensione del Sig. L. López Guerra, giudice eletto a titolo della Spagna (articolo 28 dell’ordinamento), il Governo ha designato il Sig. A. Saiz Arnaiz come giudice ad hoc per riunirsi al suo posto (articoli 27 § 2 della Convenzione e 29 § 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
7. Il richiedente è nato nel 1937 e risiede a Santa Cruz di Tenerife.
8. Nel 1984, il richiedente e sua moglie, di nazionalità spagnola, costituirono una società di apicoltura dedicata alla produzione di miele.
A. I procedimenti penali
1. Il procedimento penale no 68/91 per furto
9. Il 25 marzo 1986, il richiedente fu arrestato nella cornice di un procedimento penale relativo al furto di parecchi alveari di api.
10. Il 26 marzo 1986, fu posto in detenzione provvisoria e fu rimesso provvisoriamente in libertà il 6 agosto 1986, contro il versamento di una garanzia di 400 000 pesete, circa 2 404 EUR.
11. Con un giudizio del 12 aprile 1993, il giudice penale no 1 di Santa Cruz di Tenerife riconobbe il richiedente colpevole di furto. Lo condannò ad una pena di due anni e quattro mesi di detenzione. Il richiedente fu condannato anche a versare un indennizzo di 124 040 pesete (745, 50 EUR) alla società di apicoltura proprietaria degli alveari rubati.
12. Con una sentenza del 9 settembre 1993, l’Audiencia Provinciale di Tenerife annullò il giudizio intrapreso e rilasciò il richiedente. Stimò che non era stato provato che il richiedente aveva commesso il reato imputato.
13. Il 25 gennaio 1994, la garanzia di 400 000 pesete fu rimborsata al richiedente.
2. Il procedimento penale no 473/91 per ricettazione
14. Nel marzo 1986, dei perseguimenti penali furono impegnati contro il richiedente dal giudice istruttore no 1 di L’Orotava (Tenerife). Nella cornice di questo procedimento, parecchie perquisizioni del suo domicilio e del suo laboratorio di elettronica ebbero luogo, mentre il richiedente era posto in detenzione provvisoria. Queste perquisizioni furono autorizzate dal giudice istruttore no 1 di L’Orotava e furono effettuate in presenza della moglie del richiedente. All’epoca delle perquisizioni, parecchi beni tra cui molti beni elettronici, furono sequestrati e depositati nei locali della guardia civile o del giudice istruttore. Alcuni di loro furono restituiti alle persone che affermavano di essere i loro proprietari ed che avevano denunciato a priori il loro furto. Questa restituzione fu effettuata in quanto deposito, in attesa della conclusione del procedimento penale.
15. Al termine dell’istruzione, il richiedente fu rinviato a giudizio dinnanzi al giudice penale no 3 di Santa Cruz di Tenerife. Con un giudizio del 29 ottobre 1993, il giudice penale no 3 di Santa Cruz di Tenerife prosciolse il richiedente del capo di ricettazione, in seguito all’ abbandono dell’accusa da parte del ministero pubblico all’epoca dell’udienza pubblica.
16. Il 19 novembre 1993, il richiedente chiese la restituzione dei beni sequestrati durante l’istruzione. Il 22 gennaio 1994, il richiedente ricuperò una parte dei beni sequestrati. Nell’atto di restituzione, firmato dal cancelliere presso il giudice istruttore no 1 di L’Orotova, il richiedente fece stato della scomparsa di certi beni, così come del deterioramento di tutti i beni recuperati. In questo atto, il cancelliere constatò anche il cattivo stato di parecchi oggetti, alcuni di loro arrugginiti. Il 9 marzo 1994, il richiedente comparve dinnanzi al cancelliere in vista di recuperare un’altra parte dei beni, ma dichiarò che quelli che erano stati depositati non erano i suoi. Risulta dalla pratica che certe richieste di restituzione del giudice istruttore a terzi che avevano ricevuto dei beni sequestrati nel 1986 non ebbero successo.
B. Il procedimento per responsabilità patrimoniale dello stato
1. Il procedimento dinnanzi agli organi amministrativi
17. Il 19 agosto 1994, il richiedente, basandosi sulle disposizioni pertinenti della legge organica relativa al potere giudiziale (LOPJ), presentò un reclamo presso il ministero della Giustizia e dell’interno, in vista di ottenere dei danno-interessi. Primariamente, chiedeva un indennizzo per il danno subito a causa dei cento trentacinque giorni passati in detenzione, più l’interesse legale dell’importo della garanzia rimborsata, o 3 671 666 pesete (22 067, 16 EUR) a titolo del primo procedimento penale. Secondariamente, il richiedente sollecitava un indennizzo per il cattivo funzionamento della giustizia che aveva provocato la non-restituzione o la perdita di valore degli oggetti sequestrati nella cornice del secondo procedimento penale. A questo riguardo, portava una perizia privata che fissava il valore degli oggetti (più di trecento) non-restituiti e danneggiati a 82 429 942 pesete (495 413,93 EUR) ed un’altra perizia che costatava il danneggiamento di numerosi beni elettronici sequestrati dal 1986. Il richiedente richiedeva anche 8 000 000 pesete (48 080, 97 EUR) per gli oggetti non inventariati così come 40 000 000 pesete (240 404,84 EUR) a titolo del danno morale e degli altri danni subiti. L’importo totale delle sue richieste era di 139 141 608 pesete (836 257,91 EUR).
18. Con una decisione del 17 novembre 1995, in seguito ai rapporti del Consiglio generale del potere giudiziale (CGPJ) in data 5 aprile 1995 e del Consiglio di stato in data 28 settembre 1995, il ministro della Giustizia e dell’interno respinse il reclamo del richiedente. Trattandosi dell’indennizzo sollecitato a titolo della detenzione provvisoria, il ministro notò che il richiedente era stato prosciolto in appello “non per l’inesistenza obiettiva o soggettiva del fatto delittuoso” ma in ragione della mancanza di prove sufficienti per consolidare la sua condanna, e che dopo la sentenza del 9 settembre 1993 dell’Audiencia Provinciale, “la non partecipazione del richiedente ai fatti delittuosi non era stata stabilita” sufficientemente. Per questo fatto, l’esigenza enunciata all’articolo 294 LOPJ non era soddisfatta ed il richiedente non aveva dunque diritto ad un indennizzo sulla base di questa disposizione.
19. Per ciò che riguarda la richiesta di indennizzo a titolo del cattivo funzionamento della giustizia (articolo 292 LOPJ) il ministro considerò che il richiedente non aveva portato le prove necessarie affinché la scomparsa o il deterioramento dei beni di cui pretendeva essere il proprietario potessero essere stabiliti. Stimò peraltro che il fatto di avere restituito certi beni sequestrati alle persone che pretendevano di essere i proprietari era giustificato nella misura in cui si trattava di un procedimento penale per ricettazione. Il ministro considerò infine che il dovere di conservazione imposta ai cancellieri presso i tribunali non era stato infranto nello specifico e che perciò, il cattivo funzionamento della giustizia non poteva essere stabilito.
2. Il procedimento dinnanzi alle giurisdizioni contenzioso-amministrative
20. Il 30 maggio 1996, il richiedente formò un ricorso contenzioso-amministrativo contro la decisione presso il ministro dell’Audiencia Nacional che, con una sentenza del 4 febbraio 1998, respinse il ricorso. Il tribunale ricordò la giurisprudenza emanata dal Tribunale supremo sull’articolo 294 LOPJ secondo la quale l’indennizzo per detenzione provvisoria può essere assegnato solo in caso di inesistenza obiettiva o soggettiva del fatto delittuoso. Secondo questa giurisprudenza, affinché l’inesistenza soggettiva venga stabilita, non basta che ci siano dei dubbi concernenti la partecipazione dell’interessato ma occorre che ci sia una certezza in quanto alla mancanza di partecipazione. Nel caso di specie, l’esistenza obiettiva dei fatti rimproverati non suscitava controversia. Trattandosi della partecipazione del richiedente, il tribunale notò che si trattava di un caso tipico di mancanza di prove e che dunque il richiedente non assolveva i criteri dell’articolo 294 LOPJ come interpretati dalle giurisdizioni spagnole. Peraltro, l’Audiencia Nacional interinò il ragionamento del ministro in quanto alla mancanza di prove portate sul cattivo funzionamento della giustizia.
21. In seguito, il richiedente ricorse in cassazione, invocando in particolare una cattiva interpretazione dell’articolo 294 LOPJ.
22. Con una sentenza del 27 gennaio 2003, il Tribunale supremo respinse il ricorso al motivo che il proscioglimento del richiedente non poteva aprire diritto a risarcimento, nella misura in cui non si fondava sulla mancanza provata di partecipazione del richiedente al fatto delittuoso ma sulla mancanza di prove. In quanto alla non-restituzione o al danneggiamento dei beni controversi, il Tribunale supremo ricordò che non gli spettava valutare i fatti e le prove prodotte dinnanzi al tribunale di prima istanza. Notò che il reclamo del richiedente non riguardava unicamente dei beni sequestrati di cui aveva ricuperato una parte, ma anche dei beni che non figuravano nell’inventario dei beni sequestrati e che sarebbero stati depositati nei locali della guardia civile o del giudice istruttore. Per ciò che riguarda il danneggiamento addotto dei beni restituiti, il Tribunale supremo stimò che il richiedente non aveva provato lo stato dei beni al momento del loro sequestro né i danni subiti a causa del deposito.
23. In un’opinione dissidente unita alla sentenza, due giudici parteciparono il loro disaccordo concernente la questione della non-restituzione o del danneggiamento dei beni, stimando che l’onere della prova concernente i beni sparì o deteriorati spettava all’amministrazione di giustizia e non al richiedente. Stimarono che la sola prova possibile concernente il sequestro dei beni effettuato durante le perquisizioni del domicilio del richiedente quando era posto in detenzione provvisoria, era quella costituita dagli atti e dai verbali redatti dalla polizia o dalle autorità giudiziali. I due giudici dissidenti sottolinearono che il richiedente doveva essere presunto il proprietario dei beni sequestrati nella misura in cui possedeva i suddetti beni al momento del loro sequestro, conformemente all’articolo 635 del codice di procedimento penale (vedere sotto, § 29,). Considerarono infine che l’amministrazione di giustizia non aveva fornito nessuna giustificazione sulla scomparsa ed il deterioramento dei beni sequestrai e che la responsabilità patrimoniale dello stato per il cattivo funzionamento della giustizia era dunque impegnata. I giudici dissidenti conclusero che il richiedente avrebbe dovuto avere diritto ad un indennizzo sulla base della perizia portata da lui nella cornice del procedimento amministrativo.
C. Il procedimento di amparo
24. Il 4 marzo 2003, il richiedente formò un ricorso di amparo dinnanzi al Tribunale costituzionale invocando gli articoli 15 (interdizione della tortura e diritto all’integrità fisica e morale), 24 §§ 1 e 2 (diritto ad un processo equo ed alla presunzione di innocenza). Nel suo ricorso, il richiedente considerava che il procedimento dinnanzi al Tribunale supremo non era stato equo per due ragioni. Da una parte, l’onere della prova concernente i beni sequestrati e scomparsi si fondava su lui. Dall’altra parte, nella misura in cui era stato posto in detenzione provvisoria per sei mesi per i fatti che non sono stati mai provati, avrebbe dovuto avere diritto al risarcimento a titolo di questa privazione di libertà.
25. Con una decisione del 17 gennaio 2005, il Tribunale costituzionale dichiarò il ricorso inammissibile. Respinse il motivo di appello derivato dell’articolo 15 della Costituzione per non-esaurimento delle vie di ricorso ordinarie, mancanza per il richiedente di avere invocato questo diritto dinnanzi alle giurisdizioni ordinarie. Per ciò che riguarda il diritto alla presunzione di innocenza, il Tribunale costituzionale stimò che, conformemente alla sua giurisprudenza, le decisioni amministrative e giudiziali di cui il richiedente si lamentava non potevano essere considerate come se rivestissero una natura punitiva e che l’articolo 24 § 2 dunque (diritto alla presunzione di innocenza) non poteva entrare in gioco.
26. Per ciò che riguarda il diritto ad un processo equo, l’alta giurisdizione notò che il richiedente si limitava a contestare l’interpretazione fatta dalle giurisdizioni ordinarie sulle due questioni controverse, ossia quella relativa al rigetto dell’indennizzo a titolo della detenzione provvisoria e quella riguardante l’onere della prova a riguardo dei beni spariti o deteriorati. Il Tribunale costituzionale stimò che le decisioni giudiziali attaccate erano ragionevoli e motivate e applicavano solamente la legislazione in vigore e la giurisprudenza esistente in materia di responsabilità patrimoniale dell’amministrazione. Secondo il Tribunale costituzionale, la valutazione delle prove fatte da queste giurisdizioni non potrebbe passare per manifestamente irragionevole o inficiata di arbitrarietà.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
27. La Costituzione
Articolo 121
“I danni causati da un errore giudiziale e quelli che sono la conseguenza del funzionamento anormale dell’amministrazione della giustizia aprono diritto ad un indennizzo a carico dello stato, conformemente alla legge. “
28. Le disposizioni pertinenti della Legge organica relativa al potere giudiziale (LOPJ) si leggono così:
Articolo 292
“1. Ogni vittima di un danno risultante da un errore giudiziale o da un funzionamento anormale della giustizia ha diritto ad un indennizzo da parte dello stato, salvo in caso di forza maggiore, conformemente alle disposizioni del presente Titolo.
2. Ad ogni modo, il danno addotto deve essere effettivo, finanziariamente quantificabile e individualizzato, che riguarda una persona o un gruppo di persone.
3. La sola revoca o annullamento delle decisioni giudiziali non implica di per sé il diritto ad un indennizzo. “
Articolo 293
“1. Ogni richiesta di indennizzo a causa di errore deve essere preceduta da una decisione giudiziale che riconosce espressamente l’errore. Questa decisione preliminare può derivare direttamente da una decisione pronunciata nella cornice di un ricorso per revisione. In tutti gli altri casi si applicano le seguenti regole:
a) L’azione giudiziale per riconoscenza dell’errore deve essere intentata imperativamente entro tre mesi a contare dal giorno in cui può essere esercitata.
(…)
2. Nei casi di errore giudiziale dichiarato o di danno dovuto ad un funzionamento anormale dell’amministrazione della giustizia, l’interessato indirizza direttamente la sua domanda di indennizzo al ministero della Giustizia. Questa richiesta viene esaminata secondo le disposizioni applicabili in materia di responsabilità patrimoniale dello stato. La decisione del ministero della Giustizia può essere oggetto di un ricorso contenzioso-amministrativo. Il diritto di chiedere un indennizzo si prescrive entro un anno a contare dal giorno in cui può essere esercitato. “
Articolo 294 § 1
“1. Ogni persona che, dopo essere stata posta in detenzione provvisoria, viene prosciolta in ragione dell’inesistenza dei fatti imputati, o è oggetto di un non luogo a procedere definitivo per questo motivo, ha diritto alle indennità quando ha subito un danno.
2. L’importo dell’indennizzo è fissato tenuto conto della durata della privazione di libertà e delle conseguenze personali e familiari subita.
3. La domanda di indennizzo è trattata conformemente alle disposizioni dell’articolo 293 § 2. “
29. Il codice di procedimento penale
Articolo 635
“La persona che possiede un bene al momento del sequestro da parte del giudice istruttore è presunto proprietario del bene in questione.”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 2 DELLA CONVENZIONE
30. Il richiedente si lamenta del rifiuto delle giurisdizioni spagnole di accordargli l’indennizzo che ha richiesto a titolo della detenzione provvisoria subita. Contesta i criteri che risultano dal diritto e dalla giurisprudenza interni per aprire il diritto al risarcimento in caso di detenzione provvisoria. Adduce la violazione degli articoli 6 §§ 1 e 2 della Convenzione e 3 del Protocollo no 7. Le disposizioni citate sono formulate, nelle loro parti pertinenti, come segue:
Articolo 6 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile, o della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. (…)
2. Ogni persona accusata di una violazione è presunta innocente finché la sua colpevolezza è stata stabilita legalmente. (…) “
Articolo 3 del Protocollo no 7
“Quando una condanna penale definitiva viene annullata ulteriormente, o quando la grazia viene accordata, perché un fatto nuovo o di recente rivelato prova che si è prodotto un errore giudiziale, la persona che ha subito una pena in ragione di questa condanna viene indennizzato, conformemente alla legge o all’uso in vigore nello stato riguardato, a meno che sia provato che la non-rivelazione in tempo utile del fatto sconosciuto gli è imputabile in tutto o in parte. “
31. La Corte stima opportuno esaminare questo motivo di appello sotto l’angolo dell’articolo 6 § 2 della Convenzione. Nota che la Spagna non aveva ratificato il Protocollo no 7 al momento dei fatti. Peraltro, la Corte ricorda che la situazione osservata nello specifico non è comparabile a quella che regola l’articolo 3 del Protocollo no 7 che vale unicamente per una persona che ha subito una pena in ragione di una condanna imputabile ad un errore giudiziale (Sekanina c. Austria, 25 agosto 1993, § 25, serie A no 266-A).
A. Sull’ammissibilità
32. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomento delle parti
33. Il richiedente fa valere che ha scontato cento trentacinque giorni di detenzione provvisoria per fatti che erano inesistenti, e per cui le giurisdizioni interne hanno rifiutato di indennizzarlo. Sostiene che il fatto di essere stato prosciolto dalle giurisdizioni penali per mancanza di prove non significa che i fatti delittuosi che gli erano imputati avevano avuto luogo. Per il richiedente, le giurisdizioni penali avrebbero utilizzato questo motivo, la mancanza di prove sufficienti, per evitare che i danni subiti in ragione della detenzione provvisoria di cui è stato oggetto potessero essere indennizzati. Contesta la distinzione fatta dalle giurisdizioni interne tra “inesistenza obiettiva” e “inesistenza soggettiva” del reato secondo la quale hanno diritto ad un indennizzo solo le persone essendo state prosciolte in ragione dell’inesistenza obiettiva dei fatti imputati, sia perché i fatti non si sono prodotti sia perché non erano costitutivi di un reato.
34. Il Governo ricorda che la Convenzione non dà all’ “imputato” un diritto al risarcimento per una detenzione provvisoria regolare in caso di non condanna (Englert c. Germania, 25 agosto 1987, serie A no 123). Questa conclusione è confermata dall’articolo 5 § 5 della Convenzione che riconosce solamente il diritto al risarcimento in caso di privazione di libertà nelle condizioni contrarie alle disposizioni dell’articolo 5. Il Governo sottolinea che il diritto ad essere risarcito per una detenzione provvisoria in caso di proscioglimento derivi dal diritto nazionale: in dritto spagnolo, tale risarcimento è previsto dall’articolo 121 della Costituzione e dagli articoli 292 e seguenti del LOPJ. Secondo queste disposizioni, affinché i danni subiti in ragione di una detenzione provvisoria possano essere indennizzati, è necessario che il proscioglimento o la revoca della condanna siano pronunciati in virtù di motivi determinati, e non unicamente in ragione della mancanza di prove a carico. Il Governo osserva che nello specifico, tanto il ministero della Giustizia che le giurisdizioni contenzioso-amministrative che avevano esaminato la domanda del richiedente si sono limitati a constatare che il suo proscioglimento si basava esclusivamente sulla presunzione di innocenza, cioè sulla mancanza di prove a carico, e non sull’inesistenza obiettiva o soggettiva del fatto delittuoso. Le condizioni previste dall’articolo 294 del LOPJ non si trovavano soddisfatte dunque. Il Governo sostiene che le giurisdizioni interne non si sono pronunciate in nessun modo sulla colpevolezza del richiedente e che le loro decisioni non dipendevano dall’ambito penale, ma da quello patrimoniale e contenzioso-amministrativo. Precisa che, a differenza della causa Puig Panella c. Spagna (no 1483/02, 25 aprile 2006) dove il richiedente aveva scontato totalmente la pena di privazione di libertà quando le decisioni di condanna furono annullate, nel presente genere la detenzione provvisoria subita dal richiedente non ha superato i rigorosi limiti previsti dalla legge.
2. Valutazione della Corte
35. La Corte ricorda al primo colpo che la presunzione di innocenza si trova misconosciuta se una decisione giudiziale che riguarda un imputato riflette il sentimento che è colpevole, mentre la sua colpevolezza non è stata stabilita legalmente prima di tutto. E’ sufficiente, anche in mancanza di constatazione formale, una motivazione che dà a pensare che il giudice considera l’interessato come colpevole (vedere, tra molte altre, Puig Panella, precitata, § 51).
36. Inoltre, la Corte ricorda che il campo di applicazione dell’articolo 6 § 2 non si limita ai procedimenti penali che sono pendenti, ma si estende ai procedimenti giudiziali consecutivi al proscioglimento definitivo dell’imputato (vedere, tra molte altre, le sentenze Sekanina, precitata, Rushiti c. Austria, no 28389/95, 21 marzo 2000, e Lamanna c. Austria, no 28923/95, 10 luglio 2001,) nella misura in cui le questioni sollevate in questi procedimenti costituivano un corollario ed un complemento dei procedimenti penali riguardati in cui il richiedente aveva la qualità “di imputato.” Sebbene né l’articolo 6 § 2 né nessuna altra clausola della Convenzione diano diritto a risarcimento per una detenzione provvisoria regolare in caso di proscioglimento (vedere, mutatis mutandis, Dinares Peñalver c. Spagna, (dec.), no 44301/98, 23 marzo 2000) l’espressione di sospetti sull’innocenza di un imputato non è più accettabile dopo un proscioglimento diventato definitivo (vedere, in questo senso, Sekanina, precitata, § 30.) La Corte ha avuto già l’occasione di sottolineare che una volta diventato definitivo il proscioglimento – anche se si tratta di un proscioglimento a favore del dubbio conformemente all’articolo 6 § 2-l’espressione di dubbi sulla colpevolezza, ivi compresi quelli derivati dai motivi del proscioglimento, non sono compatibili con la presunzione di innocenza (Rushiti, precitata, § 31). Difatti, delle decisioni giudiziali posteriori o delle dichiarazioni che provengono dalle autorità pubbliche possono sollevare un problema sotto l’angolo dell’articolo 6 § 2, se equivalgono ad una constatazione di colpevolezza che ignora, deliberatamente, il proscioglimento preliminare dell’imputato (vedere Del Latte c. Paesi Bassi, no 44760/98, § 30, 9 novembre 2004).
37. In più, la Corte nota che in virtù del principio “in dubio pro reo” che costituisce un’espressione particolare del principio della presunzione di innocenza, nessuna differenza qualitativa deve esistere tra una sospensione per mancanza di prove ed una sospensione risultante da una constatazione dell’innocenza della persona che non fa nessun dubbio. Difatti, i giudizi di proscioglimento non si differenziano in funzione dei motivi che sono ad ogni volta considerati dal giudice penale. Bene al contrario, nella cornice dell’articolo 6 § 2 della Convenzione, il dispositivo di un giudizio di proscioglimento deve essere rispettato da ogni autorità che si pronuncia in modo diretto o incidentale sulla responsabilità penale dell’interessato (Vassilios Stavropoulos c. Grecia, no 35522/04, § 39, 27 settembre 2007). Peraltro, il fatto di esigere da una persona che porti la prova della sua innocenza nella cornice di un procedimento di indennizzo per detenzione provvisoria appare irragionevole e rivela un attentato alla presunzione di innocenza (Capeau c. Belgio, no 42914/98, § 25, CEDH 2005-I).
38. La Corte constata che la presente causa si distingue dalla causa Puig Panella, citata dal Governo, dove la domanda di indennizzo era stata introdotta dal richiedente in seguito ad una sentenza del Tribunale costituzionale che aveva annullato, una volta scontata la pena detentiva, le decisioni di condanna di cui era stato oggetto. Ora, nel presente caso, il richiedente è stato prosciolto in appello e non ha scontato mai una pena di prigione ferma. Malgrado queste differenze, la Corte è chiamata anche nel caso di specie ad esaminare se, col loro modo di agire, coi motivi delle loro decisioni o col linguaggio utilizzato nel loro ragionamento, il ministero della Giustizia e le giurisdizioni interne hanno gettato dei sospetti sull’innocenza del richiedente e hanno recato così offesa al principio della presunzione di innocenza, come garantito dall’articolo 6 § 2 della Convenzione (Puig Panella, precitata, § 54).
39. La Corte constata che il ministro della Giustizia e dell’interno, nella sua decisione del 17 novembre 1995, si è appellato al fatto che il richiedente era stato prosciolto in appello per mancanza di prove sufficienti a carico e non per l’inesistenza obiettiva o soggettiva del fatto delittuoso. Per respingere la domanda di indennizzo del richiedente, il ministro ha fatto osservare che dopo la sentenza di proscioglimento, “la non partecipazione del richiedente ai fatti delittuosi non era stata stabilita” sufficientemente (vedere sopra § 18). Sebbene si fondi sull’articolo 294 § 1 del LOPJ che contempla che hanno diritto ad un indennizzo solo le persone che sono state prosciolte o che sono state oggetto di un non luogo a procedere definitivo in ragione dell’inesistenza dei fatti che erano imputati loro, tale motivazione, senza sfumatura né riserva, lascia aleggiare un dubbio sull’innocenza del richiedente (Puig Panella, precitata, § 55). La Corte considera che questo ragionamento, operante una distinzione tra un proscioglimento per mancanze di prove ed un proscioglimento risultante da una constatazione dell’inesistenza dei fatti delittuosi, ignora il proscioglimento preliminare dell’imputato di cui il dispositivo deve essere rispettato da ogni autorità giudiziale, qualunque siano i motivi considerati dal giudice penale (vedere § 39 Vassilios Stavropoulos, precitata).
40. La Corte rileva peraltro che il ragionamento del ministro della Giustizia e dell’interno è stato confermato ulteriormente dalle giurisdizioni interne investite che hanno sottoscritto questa analisi. Le giurisdizioni contenzioso-amministrative hanno fatto seguire solamente la giurisprudenza consolidata in materia di applicazione dell’articolo 294 del LOPJ, fondata sul criterio dell’inesistenza soggettiva, cioè della mancanza provata di partecipazione della connessione ai fatti delittuosi. Di conseguenza, le giurisdizioni interne, interinando il ragionamento del ministro in applicazione di questa giurisprudenza, non hanno portato rimedio al problema che si poneva (vedere, mutatis mutandis, Ismoïlov ed altri c. Russia, no 2947/06, § 169, 24 aprile 2008).
41. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che ci sia stata violazione dell’articolo 6 § 2 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
42. Il richiedente si lamenta anche della scomparsa e del danneggiamento dei suoi beni sequestrati nella cornice del procedimento penale per ricettazione. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
Articolo 1 del Protocollo no 1
“”Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
43. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
44. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità (vedere Fernandez-Molina Gonzalez ed altri c). Spagna, (dec.), no 64359/01, CEDH 2002-IX, ed Oubiña Lago c. Spagna, (dec.), no 11452/05, 10 giugno 2008). Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
45. Il richiedente sottoscrive l’opinione dissidente unita alla sentenza del Tribunale supremo del 27 gennaio 2003 nella quale due magistrati hanno stimato che l’onere della prova concernente la scomparsa o il deterioramento addotto dei beni sequestrati doveva pesare sull’amministrazione di giustizia (vedere sopra, § 23,).
46. Il Governo sostiene che, come hanno rilevato il ministro della Giustizia e dell’interno e le giurisdizioni nazionali, il richiedente non aveva portato le prove necessarie affinché la scomparsa o il deterioramento addotto dei beni sequestrati potessero essere stabiliti. Afferma che le prove prodotte dal richiedente non sono state considerate sufficienti per stabilire la responsabilità patrimoniale dell’amministrazione di giustizia.
47. La Corte ricorda che la ritenzione dei beni sequestrati dalle autorità giudiziali nella cornice di un procedimento penale deve essere esaminata sotto l’angolo del diritto per lo stato di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale, ai sensi del secondo paragrafo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Smirnov c. Russia, no 71362/01, § 54, CEDH 2007-VII, Adamczyk c,. Polonia, (dec.), no 28551/04, 7 novembre 2006, e Borjonov c. Russia, no 18274/04, § 57, 22 gennaio 2009). Constata che nello specifico, il sequestro cercava non di privare il richiedente dei suoi beni, ma solamente di impedirgli di avvalersene in modo temporaneo, in attesa del risultato del procedimento penale.
48. La Corte osserva che niente nella pratica permette di stabilire che il sequestro e la ritenzione dei beni controversi non avevano una base legale. Rileva che l’ingerenza aveva per scopo di garantire la soddisfazione delle domande che le eventuali parti civili avrebbero potuto cercare di formulare (vedere, mutatis mutandis, Földes e Földesné Hajlik c. Ungheria, no 41463/02, § 26, CEDH 2006-XII). A questo riguardo, la Corte ammette che il sequestro e la ritenzione del beni oggetto di una violazione penale possano essere necessarie nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia che costituisce un scopo legittimo che rileva dall’ “interesse generale” della comunità (vedere, mutatis mutandis, Smirnov, precitata, § 57).
49. Tuttavia, la Corte ricorda che deve avere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo eventualmente perseguito dalle misure applicate dallo stato, ivi comprese quelle destinate a controllare l’uso della proprietà individuale. Questa esigenza si esprime nella nozione di “giusto equilibrio” da predisporre da una parte tra gli imperativi dell’interesse generale della comunità e le esigenze della protezione dei diritti fondamentali dell’individuo dall’altra parte (vedere § 57 Smirnov, precitata). Peraltro, nonostante il silenzio dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in materia di esigenze procedurali, i procedimenti applicabili nello specifico devono offrire anche alla persona riguardata un’occasione adeguata di esporre la sua causa alle autorità competenti per contestare infatti le misure che recano offesa ai diritti garantiti da questa disposizione. Per assicurarsi del rispetto di questa condizione, c’è luogo di considerare i procedimenti applicabili da un punto di vista generale (Zehentner c. Austria, no 20082/02, § 73, CEDH 2009 -…).
50. La Corte ha affermato già che ogni sequestro provoca un danno che non deve superare tuttavia i limiti dell’inevitabile (Raimondo c. Italia, 22 febbraio 1994, § 33, serie A no 281-A). Ha riconosciuto inoltre che il proprietario prosciolto dal capo di contrabbando deve in principio avere il diritto di recuperare gli articoli sequestrati in seguito alla sua sospensione (Jucys c. Lituania, no 5457/03, § 36, 8 gennaio 2008).
51. È vero che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non consacra un diritto per la persona prosciolta di ottenere risarcimento per ogni danno risultante dal sequestro dei suoi beni effettuato durante l’istruzione in un procedimento penale (vedere Adamczyk, decisione precitata, ed Andrews c. Regno Unito,(dec.), no 49584/99, 26 settembre 2002). Tuttavia, quando le autorità giudiziali o di perseguimento sequestrano dei beni, devono prendere le misure ragionevoli necessarie alla loro conservazione, in particolare redigendo un inventario dei beni e del loro stato al momento del sequestro così come all’epoca della loro restituzione al proprietario prosciolto. Peraltro, la legislazione interna deve contemplare la possibilità di iniziare un procedimento contro lo stato per ottenere risarcimento per i danni che risultano dalla non-conservazione di questi beni in uno stato relativamente buono (vedere Karamitrov ed altri c. Bulgaria, no 53321/99, § 77, 10 gennaio 2008, riferendosi all’articolo 13 della Convenzione, e Novikov c. Russia, no 35989/02, § 46, 18 giugno 2009). Ancora occorre che questo procedimento sia effettivo, per permettere al proprietario prosciolto di difendere la sua causa.
52. Nell’occorrenza, la Corte osserva che il richiedente ha iniziato un’azione contro lo stato per il danneggiamento dei beni sequestrati e recuperati dopo il suo proscioglimento, così come per la scomparsa di una parte dei beni sequestrati e non restituiti, sulla base dell’articolo 292 del LOPJ relativo al funzionamento anormale della giustizia. La Corte ricorda che spetta al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi e tribunali, interpretare i fatti e la legislazione interna, e la Corte non sostituirà la sua propria valutazione dei fatti e del diritto alla loro nella mancanza di arbitrarietà (vedere, tra altre, Tejedor García c. Spagna, 16 dicembre 1997, § 31, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-VIII). Peraltro, appartiene agli Stati contraenti definire le condizioni del diritto al risarcimento in caso di danni che risultano da un sequestro (Adamczyk, decisione precitata).
53. Ciò essendo, la Corte nota che nello specifico, nell’atto di restituzione del 22 gennaio 1994 il richiedente fece stato della scomparsa di certi beni, così come del deterioramento di tutti i beni recuperati. Osserva inoltre che in questo atto, il cancelliere del giudice istruttore no 1 di L’Orotava constatò il cattivo stato di parecchi oggetti. Peraltro, risulta della pratica che certe istanze di restituzione del giudice istruttore a terzi che avevano ricevuto dei beni sequestrati nel 1986 furono infruttuose. A questo riguardo, la Corte nota che questi beni erano stati restituiti alle presunte vittime in qualità di deposito, in attesa della conclusione del procedimento penale impegnato contro il richiedente. Ora, le autorità nazionali, ed in ultima istanza il Tribunale supremo, hanno respinto il reclamo del richiedente, al motivo che questo ultimo non aveva provato la scomparsa ed il deterioramento dei beni investiti.
54. Nelle circostanze dello specifico, la Corte stima che l’onere della prova concernente la situazione dei beni sequestrati o mancanti degradati spettava all’amministrazione di giustizia, responsabile della conservazione dei beni durante tutto il periodo del sequestro, e non al richiedente, prosciolto più di sette anni dopo il sequestro dei beni. Non avendo l’amministrazione di giustizia fornito dopo il proscioglimento del richiedente nessuna giustificazione sulla scomparsa e la degradazione dei beni sequestrati, i danni che risultano dal sequestro le sono imputabili.
55. La Corte constata che le giurisdizioni interne che hanno esaminato il reclamo del richiedente non hanno né tenuto conto della responsabilità dell’amministrazione di giustizia nei fatti della causa né permesso al richiedente di ottenere risarcimento per i danni che risultano dalla non-conservazione dei beni sequestrati.
56. Agli occhi della Corte, le autorità interne avendo rifiutato l’indennizzo richiesto dal richiedente hanno fatto pesare sul richiedente un carico sproporzionato ed eccessivo.
57. Di conseguenza, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ALTRI ARTICOLI DELLA CONVENZIONE
58. Invocando gli articoli 3 e 5 della Convenzione, il richiedente si lamenta anche di essere stato posto in detenzione provvisoria per un reato minore, mentre era residente in Spagna, sposato ad una cittadina spagnola che era incinta al momento dei fatti. Fa motivo di appello alle autorità spagnole dell’essere stato trattato come un delinquente volgare e recidivo.
59. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, il richiedente si lamenta infine delle molteplici violazioni del suo diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.
60. La Corte ha esaminato questi motivi di appello come sono stati presentati dal richiedente. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione; questi motivi di appello sono manifestamente mal fondati e devono essere respinti in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
61. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Riparazione sollecitata nello specifico
62. Nelle sue osservazioni, il richiedente sollecita un indennizzo per, da una parte, i cento trentacinque giorni passati in detenzione provvisoria, e d’ altra parte, il valore dei beni sequestrati e non recuperati, conformemente alla perizia privata portata da lui nella cornice del procedimento interno. Rinvia al suo formulario di richiesta. Nel suo formulario di richiesta, il richiedente aveva chiesto un importo di 836 257,90 EUR, abbinato ad interessi, a titolo del danno patrimoniale che avrebbe subito a causa del sequestro dei suoi beni. Aveva chiesto inoltre 300 000 EUR, abbinato ad interessi, a titolo del danno morale subito, più 67 500 EUR a titolo dei cento trentacinque giorni passati in prigione. Il richiedente aveva chiesto una somma globale che non può essere inferiore a 2 000 000 EUR.
63. Il richiedente chiede anche che il Governo sia condannato a pagare gli oneri e le spese, senza valutarli. Non ha fornito note spese.
64. Il Governo considera eccessiva e non giustificata la somma richiesta dal richiedente. Sostiene che il richiedente non ha portato dei nuovi argomenti, limitandosi a riprodurre le richieste presentate dinnanzi ai tribunali nazionali.
65. Il Governo non ha formulato nessun commento particolare concernente gli oneri e spese.
B. Conclusione della Corte
66. La Corte sottolinea che in virtù dell’articolo 60 del suo ordinamento, ogni pretesa in materia di soddisfazione equa deve essere valutata e deve essere ripartita in voci, esposta per iscritto ed accompagnata dai giustificativi necessari, nel termine assegnato al richiedente per la presentazione delle sue osservazioni sul merito, “in mancanza di ciò [lei] può respingere la richiesta, in tutto o in parte”.
1. Danno patrimoniale
67. Avuto riguardo alle circostanze dello specifico, la Corte non si stima sufficientemente illuminata sui criteri da applicare per valutare il danno patrimoniale subito dal richiedente, trattandosi in particolare dei beni degradati a causa del sequestro. Considera quindi che la questione dell’indennizzo del danno patrimoniale non è matura, così che conviene riservarla tenendo conto dell’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti.
2. Danno morale
68. La Corte stima che il richiedente ha subito, in ragione delle violazioni constatate, un danno morale che non può essere riparato dalla semplice constatazione di violazione formulata. Deliberando in equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte concede al richiedente la somma di 15 600 EUR, per danno morale.
3. Oneri e spese
69. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisce la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Gómez di Liaño ci Botella c. Spagna, no 21369/04, § 86, 22 luglio 2008). Nello specifico, il richiedente non ha sottomesso delle note spese alla Corte per supportare la sua richiesta. Perciò, la Corte stima che non c’è luogo di accordargli una somma a questo titolo.
4. Interessi moratori
70. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dall’articolo 6 § 2 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 2 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura per ciò che riguarda la richiesta del richiedente per danno patrimoniale e, perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed il richiedente a sottoporle per iscritto le loro osservazioni sulla questione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
5. Stabilisce,
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 15 600 EUR (quindicimila sei centesimi euro) per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti di percentuale;
6. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 luglio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente