Conclusione Violazione dell’art. 8 (rispetto della vita privata); Violazione dell’arte. 13; violazione di P1-3; Parzialmente inammissibile; Danno morale – risarcimento pecuniario; Danno materiale – domanda respinta; Rimborso parziale oneri e spese – procedimento della Convenzione
TERZA SEZIONE
CAUSA TAIANI C. ITALIA
(Richiesta no 3641/02)
SENTENZA
STRASBURGO
20 luglio 2006
DEFINITIVO
20/10/2006
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Taiani c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, L. Caflisch, V. Zagrebelsky, la Sig.ra A. Gyulumyan, il
Sig. E. Myjer, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e del Sig. V. Berger, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 giugno 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 3641/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, il Sig. P. T. e la Sig.ra E. T. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 6 settembre 2001 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti che sono stati ammessi a favore dell’assistenza giudiziale, sono rappresentati dal Sig. S. F. ed il Sig. R., avvocati a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, il Sig. Ivo Maria Braguglia, dal suo coagente, il Sig. Francesco Crisafulli, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. Nicola Lettieri.
3. Il 23 settembre 2004, la Corte, prima sezione, ha dichiarato la richiesta parzialmente inammissibile e ha deciso di comunicare le lagnanze derivate degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1, 2 del Protocollo no 4, 3 del Protocollo no 1 e 13 della Convenzione al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 ? 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilit? e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni, articolo 25 ? 1 dell’ordinamento. La presente richiesta ? stata assegnata alla terza sezione cos? ricomposta, articolo 52 ? 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1969 e 1966 e hanno risieduto a Benevento.
1. Il procedimento di fallimento
6. Con un giudizio depositato il 7 marzo 1996, il tribunale di Benevento dichiar? il fallimento della societ? di fatto che esiste tra i richiedenti cos? come i fallimenti personali di questi.
7. Il 13 marzo 1996, il curatore redasse l’inventario dei beni dei richiedenti.
8. Il 26 luglio 1996, il curatore rinunci? al suo mandato e, il 26 settembre 1996, un nuovo curatore fu nominato.
9. Un’udienza per la verifica del passivo del fallimento fu fissata al 18 dicembre 1996 e fu rinviata fino al 16 settembre 1999 a sei riprese.
10. In questa data, il giudice delegato (“il giudice”) dichiar? il passivo del fallimento esecutivo.
11. Il 6 ottobre 1999, il Sig. M. fece opposizione al passivo del fallimento. Questo procedimento fu chiuso con un giudizio del 25 gennaio 2001.
12. Il 20 ottobre 2000, il curatore chiese nel frattempo, al giudice l’autorizzazione di prelevare una somma dal conto corrente del fallimento e, il 24 ottobre 2000, il giudice accolse questa domanda.
13. Il 31 gennaio 2002, il curatore inform? il giudice dell’impossibilit? di ripartire parzialmente l’attivo del fallimento, essendo scarse le somme realizzate e essendoci parecchi procedimenti civili concernenti i beni facenti parte dell’attivo del fallimento in pendenza.
14. Secondo le informazione fornite dai richiedenti, il procedimento di fallimento era ancora pendente al 4 aprile 2006.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla legge Pinto
15. Il 21 novembre 2002, i richiedenti introdussero separatamente un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma conformemente alla legge Pinto per lamentarsi della durata del procedimento cos? come del prolungamento delle incapacit? che derivano dal loro collocamento in fallimento.
16. Con due decisioni depositate il 3 aprile 2003, la corte di appello, considerando che “l’importo dei crediti dei richiedenti non era elevato” e che la posta della controversia e gli interessi in gioco non erano importanti, respinse questa domanda.
17. Il 18 luglio 2003, i richiedenti introdussero separatamente un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Roma per ottenere la revoca di questa decisione. Stimarono che la corte di appello aveva commesso un errore considerando che i richiedenti erano i creditori del fallimento mentre, in realt?, erano le persone che erano state dichiarate fallite.
18. Con due decisioni depositate il 27 aprile 2004, la corte di appello accolse a queste domande ed accord? ai richiedenti 2 500 euro (EUR) ciascuno per il danno morale che avevano subito in ragione della durata del procedimento.
19. L? 11 ottobre 2004, i richiedenti notificarono al ministero della Giustizia un atto di sequestro (atto di precetto) per ottenere il pagamento di questa somma, e, ad una data non precisata, introdussero una domanda di sequestro ( pignoramento presso terzi) per ottenere suddetta somma.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
20. Il diritto interno pertinente ? descritto nelle sentenze Campagnano c. Italia (no 77955/01, ?? 19-22, 23 marzo 2006) Albanese c. Italia (no 77924/01, ?? 23-26, 23 marzo 2006) e Vitiello c. Italia (no 77962/01, ?? 17-20, 23 marzo 2006,).
21. L’articolo 403 del codice di procedimento civile ? formulato cos?:
“(…) Il giudizio che decide in merito a un ricorso in revoca pu? essere attaccato tramite mezzi di ricorso contemplati per attaccare il giudizio originario che ? stato oggetto del ricorso in revoca”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA, 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
22. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto della loro corrispondenza in ragione del fatto che la corrispondenza del fallito ? sottoposta al controllo del curatore. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1, si lamentano che la dichiarazione di fallimento li abbia privati dei loro beni, in particolare in ragione della durata del procedimento. Invocando l’articolo 2 del Protocollo no 4, i richiedenti denunciano la limitazione della loro libert? di circolazione, in particolare in ragione della durata del procedimento. Questi articoli sono formulati cos?:
Articolo 8 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non pu? esserci ingerenza di un’autorit? pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e che costituisca una misura che, in una societ? democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? altrui. “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? se non a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 2 del Protocollo no 4
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona ? libera di lasciare qualunque paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di questi diritti non pu? essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una societ? democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? di altrui.
23. Il Governo sostiene che i richiedenti, non essendosi presentati in cassazione conformemente alla legge Pinto, non hanno esaurito le vie di ricorso interne. Si riferisce, tra l?altro, alla sentenza della Corte di cassazione no 362 del 2003.
24. I richiedenti osservano che la loro richiesta non riguarda la durata del procedimento ma il prolungamento delle incapacit? che derivano del collocamento in fallimento.
25. La Corte rileva che, nella sua sentenza no 362 del 2003, depositata il 14 gennaio 2003, la Corte di cassazione ha per la prima volta riconosciuto che il risarcimento morale relativo alla durata dei procedimenti di fallimento deve tenere conto, tra l?altro, del prolungamento delle incapacit? che derivano dello statuto di fallito.
26. La Corte ricorda avere considerato che, a partire dal 14 luglio 2003, la sentenza no 362 del 2003 non pu? pi? essere ignorata dal pubblico e che ? a contare da questa data che deve essere esatto dai richiedenti che utilizzino questo ricorso ai fini dell’articolo 35 ? 1 della Convenzione (vedere Sgattoni c. Italia, no 77132/01, ? 48, 6 ottobre 2005).
27. Rileva che, nel caso specifico, i richiedenti hanno introdotto due ricorsi conformemente alla legge Pinto e che, seguito a due decisioni di rifiuto, hanno introdotto due ricorsi in revoca. Al termine di questi ultimi, i richiedenti hanno ottenuto un risarcimento morale per il danno subito in ragione della durata del procedimento.
28. La Corte osserva che, conformemente all’articolo 403 del codice di procedimento civile, i richiedenti avrebbero potuto ricorrere in cassazione contro queste decisioni. Non essendo state esaurite le vie di ricorso interne, questa parte della richiesta deve essere respinta conformemente all’articolo 35 ?? 1 e 4 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE, IN QUANTO AL DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA
29. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di un attentato al loro diritto al rispetto della vita privata nella misura in cui, in ragione dell’iscrizione del loro nome nel registro dei falliti, non possono esercitare nessuna attivit? professionale o commerciale. Inoltre, denunciano il fatto che, secondo l’articolo 143 della legge sul fallimento, la loro riabilitazione che mette fine a queste incapacit? personali, non pu? essere chiesta che cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento. L’articolo 8 ? formulato cos?:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata.
2. Non pu? esserci ingerenza di un’autorit? pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e che costituisca una misura che, in una societ? democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libert? di altrui. “
A. Sull’ammissibilit?
30. La Corte constata che questa lagnanza non ? manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non urta nessuno altro motivo di inammissibilit?. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
31. La Corte considera che l’insieme delle incapacit? che derivano dell’iscrizione del nome dello fallito nel registro provoca in s? un’ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata dei richiedenti che, tenuto conto della natura automatica di suddetta iscrizione, della mancanza di una valutazione e di un controllo giurisdizionale sull’applicazione delle incapacit? ivi relative cos? come del lasso di tempo previsto per l’ottenimento della riabilitazione, non ? “necessaria in una societ? democratica” al senso dell’articolo 8 ? 2.
La Corte stima dunque che c’? stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1
32. Invocando l’articolo 3 del Protocollo no 1, i richiedenti si lamentano inoltre della limitazione dei loro diritti elettorali nella misura in cui questa costituisce una misura repressiva ed anacronistica, priva di una giustificazione legittima e che mira a punire ed emarginare il fallito. Questo articolo ? formulato cos?:
“Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, in condizioni che garantiscono la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. “
A. Sull’ammissibilit?
33. La Corte constata che questa lagnanza non ? manifestamente mal fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questo non urta nessuno altro motivo di inammissibilit?. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
34. Il Governo sostiene che gli Stati godono di un ampio margine di valutazione per stabilire le condizioni che restringono i diritti elettorali garantiti all’articolo 3 del Protocollo no 1 e che, comunque, la limitazione in questione ha una durata di cinque anni a partire dalla dichiarazione di fallimento.
35. I richiedenti considerano che la limitazione dei diritti elettorali del fallito si fonda sull’idea che questo ? penalmente responsabile del suo fallimento. Questa misura che non ha altro scopo che quello di sanzionare il fallito, appare oggi anti-democratica e rappresenta un attentato alla dignit? umana del fallito.
36. La Corte ricorda che l’articolo 3 del Protocollo no 1 implica i diritti soggettivi di voto e di eleggibilit? (Mathieu-Mohin e Clerfayt c. Belgio, sentenza del 2 marzo 1987, serie A no 113, pp. 22-23, ? 51) e lei considera che questi diritti siano cruciali per l’instaurazione ed il mantenimento dei fondamenti di una vera democrazia regolata dallo stato di diritto (Hirst c. Regno Unito (no 2), GC, no 74025/01, ? 58, 6 ottobre 2005). Ricorda anche che, pur importanti che siano, questi diritti non sono per? assoluti. Nei loro ordini giuridici rispettivi, gli Stati contraenti restringono i diritti di voto e di eleggibilit? con condizioni alle quali l’articolo 3 in principio non pone ostacolo. Godono in materia di un ampio margine di valutazione, ma appartiene alla Corte di deliberare in ultima istanza sull’osservazione delle esigenze del Protocollo no 1; le occorre assicurarsi che suddette condizioni non riducano i diritti di cui si tratta al punto di colpirli nella loro sostanza stessa e di privarli del loro effettivit?, che inseguono un scopo legittimo e che i mezzi impiegati non si rivelano sproporzionati (vedere Gitonas ed altri c. Grecia, sentenza del 1 luglio 1997, Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-IV, ? 39, Aziz c. Cipro, no 69949/01, ? 25, e Hirst, precitato, ? 62).
37. Nello specifico, la Corte rileva che la misura controversa ? contemplata dalla legge, e cio? l’articolo 2, capoverso 1, lettera a, del decreto del presidente della Repubblica no 223 del 20 marzo 1967, modificato dalla legge no 15 del 16 gennaio 1992, che prevede essenzialmente la sospensione dei diritti elettorali del fallito per tutta la durata del procedimento di fallimento e, in ogni caso, per un periodo non superiora a cinque anni a partire dalla dichiarazione di fallimento.
38. Evidentemente, questa misura costituisce un’ingerenza nei diritti elettorali del richiedente garantito all’articolo 3 del Protocollo no 1.
Peraltro altre incapacit? personali derivano dalla limitazione dei diritti elettorali, come, per esempio, l’impossibilit? di occupare degli impieghi civili per lo stato.
39. La Corte rileva per di pi? che i richiedenti hanno subito una limitazione dei loro diritti elettorali per cinque anni a partire dal 7 marzo 1996 e che le elezioni politiche, alla Camera dei deputati ed al Senato, si sono tenute in Italia il 21 aprile 1996.
40. In quanto allo scopo perseguito da questa misura, la Corte ricorda che, contrariamente ad altre disposizioni della Convenzione, l’articolo 3 del Protocollo no 1 non precisa n? limita gli scopi ai quali una restrizione deve mirare. Una grande variet? di scopi pu? trovarsi compatibile con esso dunque (vedere ? 74 Hirst, precitato, e, per esempio, Podkolzina c. Lettonia, no 46726/99, ? 33, 9 aprile 2002, CEDH 2002-II).
La Corte rileva anche che nel causa Hirst (precitata, ? 74) ha constatato che la restrizione del diritto di voto dei detenuti poteva passare per mirare lo scopo di prevenire il crimine, rinforzare il senso civico ed il rispetto dello stato di diritto.
La Corte tiene a sottolineare che il procedimento di fallimento in questione dipende non dal diritto penale ma dal diritto civile. Per questo fatto, ogni nozione di dolo o di frode della persona dichiarata fallita ? estranea ai fatti dello specifico, altrimenti si cadrebbe nell’ipotesi del reato di bancarotta semplice o fraudolenta, regolamentata dagli articoli 216 e 217 della legge sul fallimento. La Corte sottolinea inoltre che la limitazione dei diritti elettorali del fallito insegue una finalit? di carattere essenzialmente afflittivo, mirando solo a disprezzare e punire, il fallito in quanto individuo indegno e coperto da infamia per la sola ragione che ? stato oggetto di un procedimento di fallimento civile.
41. Alla vista di queste considerazioni, la Corte stima che la misura prevista dall’articolo 2 del decreto del presidente della Repubblica no 223 del 20 marzo 1967 non ha per scopo che sminuire il fallito e costituisce un biasimo morale per questo per il solo fatto di essere insolvibile ed a prescindere da ogni colpevolezza (vedere, mutatis mutandis, Sabou e Pircalab c. Romania, no 46572/99, ? 48, 28 settembre 2004). Non insegue un obiettivo legittimo dunque. Peraltro, la Corte sottolinea che, lontano da essere un privilegio, votare costituisce un diritto garantito dalla Convenzione (vedere ? 75 Hirst, precitata,).
Questa conclusione dispensa la Corte dal verificare nello specifico se i mezzi adoperati per raggiungere lo scopo perseguito si rivelano sproporzionati.
C’? stata dunque violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
42. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, i richiedenti si lamentano di non disporre di un ricorso effettivo per lamentarsi delle incapacit? patrimoniali e personali toccate durante tutto il procedimento di fallimento e fino all’ottenimento della loro riabilitazione. Questo articolo ? formulato cos?:
“Ogni persona i cui diritti e libert? riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se che la violazione fosse stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
A. Sull’ammissibilit?
43. In quanto alla parte della lagnanza concernente la limitazione prolungata del diritto al rispetto dei beni, articolo 1 del Protocollo no 1, del diritto al rispetto della corrispondenza (articolo 8 della Convenzione) e della libert? di circolazione dei richiedenti, articolo 2 del Protocollo no 4, la Corte ricorda avere concluso all’inammissibilit? di queste lagnanze. Pertanto, stima che, non trattandosi di lagnanze “difendibili” allo sguardo della Convenzione, questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente male fondata secondo l’articolo 35 ?? 3 e 4 della Convenzione.
44. In quanto alla parte della lagnanza che riguarda le incapacit? personali che derivano dall’iscrizione del nome del fallito nel registro dei falliti e che perdurano fino all’ottenimento della riabilitazione civile, la Corte constata che non ? manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non urta nessuno altro motivo di inammissibilit?. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
45. La Corte ha trattato gi? cause che sollevano delle questioni simili a queste del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c. Italia, no 56298/00, ?? 41-46, 17 luglio 2003).
46. La Corte ha esaminato la presente causa e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto n? argomento che possa condurre ad una conclusione differente nel caso presente.
Pertanto, la Corte conclude che c’? stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
47. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
48. I richiedenti presentano una perizia che valuta a 88 068 euro (EUR) ciascuno il danno materiale che avrebbero subito. Questa somma corrisponde al salario minimo (pensione sociale) che avrebbero percepito a partire dalla loro dichiarazione di fallimento. I richiedenti richiedono anche 200 000 EUR ciascuno per il danno morale che avrebbero subito.
49. Il Governo contesta queste pretese.
50. La Corte non vede legame di causalit? tra le violazioni constatate ed il danno materiale addotto e respinge la domanda. In quanto al danno morale, stima che i richiedenti hanno subito in particolare un torto morale certo, dovuto alla privazione del loro diritto di voto. Deliberando in equit?, accorda 1 500 EUR a questo titolo ad ogni richiedente.
B. Oneri e spese
51. I richiedenti chiedono anche 35 912,88 EUR per gli oneri e spese incorse dinnanzi alla Corte cos? come 1 813,02 EUR per gli oneri di perizia.
52. Il Governo contesta queste pretese.
53. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non pu? ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese se non nella misura in cui vengano stabiliti la loro realt?, la loro necessit? ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 2 000 EUR a titolo di oneri e spese per il procedimento dinnanzi alla Corte e l’accorda congiuntamente ai richiedenti.
C. Interessi moratori
54. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto alle lagnanze derivate degli articoli 8 della Convenzione, per ci? che riguarda il diritto al rispetto della vita privata, 13 della Convenzione, per ci? che riguarda la mancanza di un ricorso per lamentarsi delle incapacit? che derivano dall’iscrizione del nome del fallito nel registro, e 3 del Protocollo no 1, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione;
3. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1;
5 Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, 1 500 EUR (mille cinque cento euro) ad ogni richiedente per danno morale e 2 000 EUR (duemila euro) ai richiedenti congiuntamente per oneri e spese, pi? ogni importo che pu? essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sar? da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
6 respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 20 luglio 2006 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
Vincent Pastore Bo?tjan Sig. Zupancic
Cancelliere Presidente
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 ? 2 della Convenzione e 74 ? 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione concordante del Sig. Caflisch e la Sig.ra Ziemele.
B.M.Z.
V.B.
Opinione Concordante Comune
al Sig. Giudice CAFLISCH e alla Sig.ra Giudice ZIEMELE
Sottoscriviamo la sentenza salvo per ci? che riguarda il paragrafo 50 di questa, in cui la Corte constata che il richiedente ha subito in particolare un torto morale certo, dovuto alla limitazione del suo diritto di voto” ed di accordargli “1 500 EUR a questo titolo.”
Secondo noi, il torto morale che risulta da una limitazione del diritto di voto non ? quantificabile La Corte avrebbe dovuto giudicare che la constatazione di una violazione dell’articolo 3 del Protocollo no 1 avrebbe costituito, per se stessa, una soddisfazione equa adeguata.