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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SÜZER ET EKSEN HOLDİNG A.Ş. c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 35, 06, P1-1
Numero: 6334/05/2012
Stato: Turchia
Data: 2012-10-23 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Eccezione preliminare unita al merito e respinta, Articolo 35-1 – Esaurimento delle vie di ricorso interni Articolo 35-3 – Ratione materiae,
Violazione dell’articolo 6 – Diritto ad un processo equo, Articolo 6 – Procedimento amministrativo Articolo 6-1 – Accesso ad un tribunale,
Violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 – Protezione della proprietà, articolo 1 al. 1 del Protocollo n° 1 – Rispetto dei beni
Beni articolo 1 al. 2 del Protocollo n° 1 – Regolamentare l’uso dei beni,
Danno patrimoniale – domanda respinta Danno patrimoniale – decisione riservata Danno giuridico – domanda respinta

SECONDA SEZIONE

CAUSA SÜZER ED EKSEN HOLDİNG A.Ş. c. TURCHIA

(Richiesta no 6334/05)

SENTENZA

(merito)

STRASBURGO

23 ottobre 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Süzer ed Eksen Holding A.Ş. c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Ineta Ziemele, presidentessa,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, juges,et
di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 25 settembre 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 6334/05), diretta contro la Repubblica della Turchia e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS, ed una società anonima di dritto turco, Eksen Holding S.p.A. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 7 gennaio 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono, dal 25 agosto 2010, rappresentato da OMISSIS, avvocati ad Istanbul.
Gli altri rappresentanti avendo partecipato prima al procedimento sono i Miei N. Doğan, del foro di Istanbul, incaricata dal 6 gennaio 2005, A. Surkultay, del foro di Izmir ed associata dello studio Postacıoğlu Hukuk Bürosu, incaricata il 6 gennaio 2005 e destituita il 31 agosto 2010, A. Tchekhoff, D. Léger e G. Lascault, avvocati a Parigi, incaricati il 3 marzo 2005 ed essendo tolto si il 8 settembre 2010, così come O. Uðural, del foro di Istanbul, incaricato il 9 ottobre 2006 e si essendo licenziato delle sue funzioni il 16 agosto 2010.
Il governo turco (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente.
3. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione e l’articolo 1 del Protocollo no 1, i richiedenti denunciano in particolare il rifiuto delle autorità nazionali di eseguire i giudizi definitivi che portano ex tunc annullamento di tutte le misure amministrative avendo provocato lo scioglimento della loro banca Kentbank S.p.A.
4. Il 30 agosto 2010, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si pronuncierebbe sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
5. Il primo richiedente, MOMISSIS, è un cittadino turco nato in 1949 e residente ad Istanbul.
All’epoca dei fatti, il richiedente e Süzer Holding S.p.A. controllavano a più del 99% il capitale di Kentbank (“Kentbank”), una banca privata creato nel 1992.
Ulteriormente, Süzer Holding S.p.A. diventò Eksen Holding S.p.A., a sapere la società richiedente di cui il Sig. Süzer è sempre l’azionista maggioritario ed il presidente. Anche se una grande parte dei avvenimenti sotto esposti ha riguardato Süzer Holding S.p.A., non sarà fatto oramai menzione che la società richiedente, il suo successore.
A. La genesi della causa
6. Il 1 febbraio 2001, due revisori giurato presso l’agenzia di regolamentazione e di supervisione delle banche (“l’ARSB”) depositarono un primo rapporto del suddetto no R-1/R-1 (“il rapporto R-1, intitolato “Direzione generale di Kentbank – Rapporto di situazione finanziaria”; questo documento tracciava un quadro economico deficitario della banca nel suo stato al 30 settembre 2000.
Il 15 seguente febbraio, gli stessi revisori depositarono un secondo rapporto no R-4/R-4 (“rapporto no R-4”), intitolato “Kentbank-Rapporto relativo ai reati alla legge no 4389 sulle banche”, in vigore all’epoca dei fatti, paragrafo 66 sotto.
7. Il 15 marzo 2001, basandosi sul rapporto R-1, l’ARSB notificò a Kentbank, ingiunzione no 1877, una serie di misure che stimava dovere essere presi in applicazione dell’articolo 14 § 2 la legge no 4389, ibidem, per migliorare la situazione finanziaria della determinazione. L’esortava in particolare a ricostituire i suoi capitali propri ed a non più acconsentire dei nuovi crediti alle società filiali controllate coi richiedenti.
8. Il 21 seguente marzo, l’ARSB chiese a Kentbank di non distribuire di dividendi sull’eventuale utile realizzato nell’anno 2000.
9. Con una lettera del 13 aprile 2001, Kentbank comunicò le sue obiezioni ed osservazioni riguardando le due ingiunzioni suddette dell’ARSB.
10. Il 16 aprile 2001, l’ARSB invitò Kentbank a sottoporre, nei dieci giorni che seguono, un piano di correzione realistica e fattibile.
Il 4 seguente maggio, Kentbank presentò il suo piano di azione. Con una lettera del 14 maggio 2001, l’ARSB esortò Kentbank a rinforzare questo piano su numero di punti ed a prendere degli impegni più concreti.
Il 3 e 5 giugno 2001, Kentbank scrisse all’ARSB per persuaderla che la situazione era dominata molto bene al livello delle finanze e gli fece parte della decisione di raddoppiare il capitale proprio della società, prenda il 9 maggio precedente dal suo consiglio di amministrazione.
11. Il 20 giugno 2001, l’ARSB convocò i dirigenti ed azionisti maggioritari di Kentbank per valutare il piano di correzione. Dopo due riunioni, una valutazione provvisoria su Kentbank fu redatta il 3 luglio 2001.
Il 9 luglio 2001, quattro revisori giurato dell’ARSB depositarono un terzo rapporto no R-2/R-2/R-12 (“rapporto R-12”), intitolato “Kentbank – Rapporto di monitorage della situazione finanziaria”, relativamente alla sua situazione al 31 marzo 2001. Questo rapporto conteneva un progetto di bilancia di cessione dell’attivo e del passivo in vista di appoggiare un’eventuale decisione di trasferimento di Kentbank ai Fondi di assicurazione dei depositi di risparmio, il “Insipido”-paragrafo 67 sotto.
12. Sempre il 9 luglio 2001, con un’ordinanza no 382 e senza aspettare che Kentbank conduce sopra a termine il piano da correzione imposta (paragrafi 7) 10 e 11, l’ARSB pronunciò il suo trasferimento forzato all’Insipido, in virtù dell’articolo 14 §§ 3 e 4 della legge no 4389, e questo, nello stesso momento in cui quattro altre banche private di cui Bayındırbank S.p.A.
A questa data, Kentbank disponeva di 93 succursali ed adoperava circa 2000 persone. Secondo i richiedenti, sulle 79 banche allora attive in Turchia, Kentbank occupava il 22 posto col suo attivo di circa 390 milioni di euros (“EUR”), e l’agenzia di notazione Fitch IBCA gli aveva assegnato come note a campo ed a lungo termine rispettivamente C/D e B+.
La cessione copriva sotto tutti i diritti di azionariato, eccetto i tassi di sconto, di gestione e di controllo di Kentbank, paragrafo 67, così come tutti i suoi crediti, i suoi beni immobiliari e le sue parti in altre società.
13. I richiedenti tentarono di ottenere l’annullamento del rapporto di auditing del 9 luglio 2001, paragrafo 11 in fini, sopra) che si era rivelato decisivo. La 10 camera del Consiglio di stato (“la 10 camera”) respinse i richiedenti, al motivo che si trattava là di un semplice attrezzo di lavoro, e non di un atto amministrativo suscettibile di annullamento.
B. I principali procedimenti intorno alla causa
1. I primi episodi
a) L’inchiesta parlamentare
14. Il procedimento di trasferimento forzato delle cinque banche scatenate il 9 luglio 2001, paragrafo 12 in limine, sopra) fece l’oggetto di un’inchiesta parlamentare.
In un rapporto no 252 del 22 settembre 2003, la commissione di inchiesta conclude che questa operazione non era legittima perché era stata realizzata allora sotto la pressione del governo al potere, al disprezzo degli interessi del Tesoro pubblico.
15. Secondo la commissione, delle investigazioni spinte erano necessari per rispondere in particolare al seguente questioni:
-perché le banche previste non si erano viste accordare il tempo necessario per applicare le misure imposte dall’ARSB?
-per quale ragione il rapporto del suddetto R-12 che riguarda Kentbank era stato stabilito [il giorno stesso] del suo trasferimento all’Insipido, mentre avrebbe dovuto legalmente essere prima di questa decisione, paragrafi 11 e 12 sopra?
-quale era il tenore delle trattative segrete tra i Fondi monetari internazionali (FMI), il Governo, il Tesoro pubblico e l’ARSB in quanto alla sorte di queste cinque banche?
-perché certe altre banche, bene più deficitario che queste cedute all’Insipido, non erano state inquietate mai?
-il FMI ed il suo presidente avevano lasciato intendere al Governo che il collocamento alla disposizione della Turchia di un aiuto economico, detto di stand-by, dipenderebbe tra altri dalla liquidazione accelerata di queste cinque banche?
16. Le investigazioni raccomandate dalla commissione parlamentare furono affidate ad un comitato di periti presieduti dall’ispettore in capo presso il Primo ministro, paragrafi 42 a 44 sotto.
b) I procedimenti amministrative ed altre misure imposte dall’ARSB
17. Il 7 settembre 2001, i richiedenti investirono la 10 camera di un’azione in annullamento dell’ordinanza no 382, paragrafo 12 sopra.
18. Il 13 dicembre 2001, con l’ordinanza no 552, l’ARSB vieta a Kentbank effettuare delle operazioni bancarie e di ricevere dei depositi, con effetto al 28 dicembre 2001, paragrafo 67 in limine, sotto).
19. Il 30 gennaio 2002, i richiedenti investirono di nuovo la 10 camera, chiedendo questa volta l’annullamento dell’ordinanza no 552.
20. Mentre questi due procedimenti erano ancora pendenti, l’ARSB, ordinanza no 653 del 20 febbraio 2002, e l’Insipido, in particolare l’ordinanza no 177 del 20 marzo 2002, decisero congiuntamente di interrompere la liquidazione di Kentbank e di fonderla con Bayındırbank S.p.A., una delle altre banche trasferite all’Insipido in virtù della legge no 4389, paragrafo 12 in limine, sopra).
21. Il 4 aprile 2002, la fusione fu finita. Perciò, Kentbank fu radiato del registro di commercio e perse ipso giuro la personalità giuridica.
Nell’intervallo, l’insieme delle sue succursali e dei suoi beni mobili era stato venduto.
Ad una data non precisata, i richiedenti introdussero un’azione in annullamento delle ordinanze i nostri 177 e 653 suddetti, paragrafo 20 sopra, dinnanzi alla 13 camera del Consiglio di stato (“la 13 camera”).
22. Il 15 aprile 2002, con l’ordinanza no 6083, l’Insipido impose inoltre al richiedente, il Sig. Süzer, un’interdizione di lasciare il territorio turco che rimase in vigore fino nell’aprile 2005.
23. Con un giudizio (no 2003/2566) del 23 giugno 2003, pratica no 2001/2705, la 10 camera respinse la domanda in annullamento concernente l’ordinanza no 382, paragrafo 17 sopra.
I richiedenti fecero appello di questa decisione dinnanzi all’assemblea plenaria delle camere amministrative del Consiglio di stato (“l’assemblea plenaria”).
24. Con una sentenza (no 2003/897) del 11 dicembre 2003, pratica no 2003/710, l’assemblea plenaria annullò il giudizio attaccato.
Osservò al primo colpo che il 9 luglio 2001, Kentbank aveva intrapreso già dei passi per raddoppiare il suo capitale proprio e rinforzare la sua situazione prima del suo trasferimento all’Insipido conformemente alle istruzioni del 15 marzo 2001, paragrafi 7 e 10 sopra. Sottolineando che l’ARSB aveva fatto sapere del resto che rivedrebbe la sua posizione una volta l’apporto di capitale contabilizzato, l’assemblea plenaria considerò che la banca era quindi in diritto di vedersi accordare un certo tempo per concretizzare il suo piano di azione.
Giudicando il trasferimento all’Insipido precipitoso, conclude che la legittimità dello scopo che doveva prevedere le misure previste dall’articolo 14 della legge no 4389 se ne vedeva inficiata.
25. L’assemblea plenaria considerò peraltro che gli argomenti tratti dal carattere supposément abusivo di decisioni che accordano dei crediti alle filiali della società richiedente erano male fondati, perché dopo l’ingiunzione del 15 marzo 2001, paragrafo 7 sopra, Kentbank non aveva registrato nessuna operazione di questo tipo. Stimò del resto che niente nella pratica supportava le altre affermazioni secondo che i dirigenti della banca si erano resi colpevoli di sottrazione di fondi o malversazioni.
26. Ad una data non precisata, l’ARSB introdusse un ricorso in rettifica della sentenza del 11 dicembre 2003, paragrafo 24 sopra.
Il 29 aprile 2004, l’assemblea plenaria allontanò questo ricorso e la causa fu rinviata dinnanzi alla 10 camera per riesame.
27. Con un primo giudizio (no 2004/5575) del 21 giugno 2004, pratica no 2004/7935, la 10 camera pronunciò, all’unanimità, l’annullamento puro e semplice dell’ordinanza no 382 che porta cessione di Kentbank all’Insipido, paragrafo 12 sopra.
28. Con un secondo giudizio, no 2004/5576, reso lo stesso giorno, deliberò anche sulla seconda azione dei richiedenti, pratica no 2002/666, e dichiarò no 552 nullo l’ordinanza e non avvenuto, la nullità dell’ordinanza no 382 che gli toglie ogni base legale, paragrafi 18 e 27 sopra.
29. Il 30 luglio 2004, l’ARSB ricorse sopra dinnanzi all’assemblea plenaria contro i due giudizi del 21 giugno 2004 (paragrafi 27) 28 e 48 sotto.
c) I procedimenti penali pertinenti,
30. Tra i differenti passi di diritto penali imprese in questa causa, più significative sono descritte qui di seguito.
31. Il 13 febbraio 2002, basandosi sul rapporto R-1, paragrafo 6 sopra, l’ARSB depositò presso un primo lamento della procura di Şişli (“la procura”) contro i dirigenti di Kentbank di cui il richiedente. Erano accusati di frode e di appropriazione indebita che riguarda, entra altri, l’utilizzazione irregolare del plusvalore emanato della cessione di quote sociali di un società terza.
Il 18 febbraio 2002, la procura rese un’ordinanza di non luogo a procedere, pratica no 2002/7308.
Il 9 aprile 2002, l’ARSB formò opposizione dinnanzi alla 1re camera della corte di basi di Beyoðlu che respinse questo ricorso il 24 aprile 2002. Il non luogo a procedere diventò così definitivo.
32. Il 3 aprile 2002, l’ARSB depositò sopra un secondo lamento, allargando la portata della prima, paragrafo 31, esponendo che al visto delle informazione ottenute ulteriormente, i fatti denunciati costituivano precedentemente peraltro il reato di sottrazione di fondi.
Il 3 ottobre 2003, la procura rese anche un non luogo a procedere in quanto a questo capo, pratica no 2003/35753.
L’arsb attaccò questa ordinanza dinnanzi alla 3 camera della corte di basi di Beyoğlu. Il 5 marzo 2004, questa allontanò l’opposizione ed il non luogo a procedere diventò definitivo.
33. L’esame della pratica permette di identificare un terzo lamento depositato, probabilmente, il 26 febbraio 2002 e nella quale l’ARSB rimproverava ai dirigenti di Kentbank di cui il Sig. Süzer, di avere consentito sopra parecchi crediti a due filiali della holding, al disprezzo dell’interdizione posta dall’ingiunzione no 1877 del 15 marzo 2001, paragrafo 7.
Il non luogo a procedere reso in questa causa il 3 ottobre 2002 fu confermato il 20 novembre 2002.
34. Concernente questi tre lamenti definitivamente aperti, paragrafi 31-33 sopra, l’ARSB investe il ministro della Giustizia affinché intervenga nell’interesse della legge.
35. Il 23 luglio 2004, mentre questo ricorso straordinario era ancora durante esame dinnanzi al ministro, l’ARSB depositò un quarto lamento dinnanzi alla procura di Şişli; riprendeva le sue accuse di sottrazione di fondi, paragrafo 32 in limine sopra, ma presentava dei nuovi elementi all’appoggio.
Una pratica di istruzione fu a questo riguardo aperta, apparentemente sotto il numero 2004/39422, prima istruzione.
36. Il 24 settembre 2004, il ministro fece diritto alla domanda precedente dell’ARSB, paragrafo 34 sopra, ed ingiunse al procuratore generale della Corte di cassazione di impegnare dei perseguimenti per le accuse avendo fatto l’oggetto dei due lamenti definitivamente archiviati rispettivamente il 18 febbraio 2002 e 3 ottobre 2003, paragrafi 31 e 32 sopra.
37. Mentre questo procedimento era in corso, il 29 settembre 2004, l’ARSB depositò un quinto lamento; rimproverava ai dirigenti di Kentbank di avere commesso numero di frodi, utilizzando l’entità giuridica ed economica della banca come schermo.
Questo quinto lamento fu registrato, sembra, sotto il numero di pratica 2004/39402, secondo istruzione.
38. Il 1 ottobre 2004, il ministro diventò anche dritto alla domanda di intervento nell’interesse della legge che riguarda il terzo lamento, paragrafi 33 e 34 sopra, e trasmise la pratica al procuratore generale.
Ad una data non precisata, la 7 camera penale della Corte di cassazione accolse questo ricorso ed annullò la decisione del 20 novembre 2002 della corte di basi, paragrafo 33 in fini sopra.
La pratica di istruzione afferente fu riaperta così.
39. Il 14 dicembre 2004, la 11 camera penale della Corte di cassazione respinse il primo ricorso ministeriale nell’interesse della legge, paragrafo 36 sopra, in quanto cadeva sui capi di frode e di appropriazione indebita, paragrafo 31 sopra.
40. Tuttavia, con una sentenza del 4 maggio 2005, annullò il giudizio del 5 marzo 2004, paragrafo 32 in fini sopra, in quanto al capo di sottrazione di fondi. Ciò provocò ipso giuro l’apertura di una nuova istruzione penale di cui la pratica fu unita a quello della prima istruzione, no 2004/39422, in corso per lo stesso capo, paragrafo 35 in fini sopra.
41. Al termine di queste due istruzioni i nostri 2004/39422 e 2004/39402, paragrafo 37 in fini sopra, due requisitorie furono preparate, rispettivamente per sottrazione di fondi, requisitoria no 804 che cade su diciannove reati, e per frode, requisitoria no 805 che cade su dieci reati.
Queste requisitorie furono comunicate per azione all’ufficio del contrabbando e delle frodi finanziarie presso la procura di Istanbul, paragrafo 45-47 sotto.
2. Gli ultimi episodi
a) L’inchiesta parlamentare
42. Il comitato di periti nominato nello specifico, paragrafo 16 sopra, rimise il suo rapporto il 24 giugno 2004. Nelle sue parti concernente la cessione di Kentbank, questo rapporto conteneva i seguenti elementi:
-il primo rapporto, no R-1, che fa stato della situazione deficitaria di Kentbank datava del 1 febbraio 2001 ed era quello su che si basava l’ingiunzione del 15 marzo 2001, paragrafi 6 in limine e 7 sopra,; ciò che è, l’ordinanza no 382 del 9 luglio 2001, paragrafo 12 sopra, trovava la sua origine nel secondo rapporto, no R-4, gli presentato anche il “1 febbraio 2001 (confrontare, paragrafo 6 in fini, sopra)” e concludente alla necessità di trasferire Kentbank all’Insipido;
-concernente le intese oscure supposte tra le istanze competenti ed i FMI, se questo aveva esercitato bene una certa influenza, le cessioni criticate rilevavano piuttosto dell’impegno del Governo di “decidere imperativamente i problemi legati alle banche economicamente deboli, avendo esaurito i loro capitali e contravvenendo alla disciplina finanziaria”; Kentbank rispondeva a questi criteri perché, al 30 settembre 2000, paragrafo 6 in limine sopra, non disponeva più dei capitali propri.
43. Perciò, il comitato emise il parere che, se i richiedenti avevano potuto ottenere guadagno di causa dinnanzi alla 10 camera ed avevano potuto evitare fino ad allora dei perseguimenti penali, ciò era dovuto solamente agli indugi amministrativi e degli errori di manœuvre dell’ARSB.
Stimava tuttavia che era ancora possibile ovviare a questo problema tramite il ministro della Giustizia, abilità a ricorrersi nell’interesse della legge; questo ricorso invocato fu proprio quello preso dall’ARSB, paragrafo 34 sopra.
b, I procedimenti penali pertinenti,
44. Con un atto del 30 giugno 2005, l’ufficio del contrabbando e della frode finanziaria, paragrafo 41 sopra, mise il richiedente ed i 34 dirigenti di Kentbank in accusa dinnanzi alla 8 camera della corte di basi di Istanbul.
La causa fu iscritta sotto il numero di pratica 2005/89.
45. Questa azione fu seguita relativamente da un secondo, introdotto dinnanzi alla 11 camera della corte di basi di Şişli, agli atti presunti di accordo fraudolento di crediti avendo fatto l’oggetto del terzo lamento, paragrafi 33 e 38 sopra.
46. Questa causa, inizialmente registrata sotto la pratica no 2005/254, fu unita con la causa no 2005/89 in seguito, paragrafo 44 sopra, già pendente dinnanzi alla 8 camera della corte di basi di Istanbul.
c) I procedimenti giurisdizionali amministrativi,
i. In quanto al merito
47. Con due sentenze del 17 febbraio 2005, i nostri 2005/31 e 2005/32 rispettivamente, l’assemblea plenaria allontanò i due ultimi ricorsi dell’ARSB, paragrafo 29 sopra, concernente la nullità rispettivamente delle ordinanze i nostri 382 e 552, paragrafi 27 e 28 sopra.
48. Questo introdusse allora un ricorso in rettifica contro le sentenze i nostri 2005/31 e 2005/32 precitati.
L’avvocato generale ed il giudice referendario presso l’assemblea plenaria emisero il parere che conveniva sospendere l’esame di questi ricorsi fino alla conclusione del procedimento penale unito suddetto, allora pendente, paragrafo 46 sopra.
49. Tuttavia, con due sentenze rese rispettivamente il 2 febbraio 2006 e 21 marzo 2007, l’assemblea plenaria respinse l’ARSB dei suoi due ricorsi in rettifica, al motivo che niente giustificava nello specifico di sospendere a deliberare.
Così, tutti i mezzi di diritto suscettibile di essere esercitati contro l’annullamento delle ordinanze i nostri 382 e 552 furono esauriti.
50. Nell’intervallo, con una sentenza del 16 settembre 2005, la 13 camera annullò ex tunc le ordinanze i nostri 177 e 653, paragrafi 20 e 21 sopra, al motivo che in seguito all’annullamento definitivo dell’ordinanza no 382, paragrafo 49 sopra, questi due atti si trovavano esausti del loro fondamento legale.
Con una sentenza del 21 marzo 2007, l’assemblea plenaria respinse il ricorso dell’ARSB. Questa introdusse allora un ricorso in rettifica di sentenza che fu allontanata anche il 26 giugno 2008, in quanto riguardava l’ARSB, relativamente all’ordinanza no 653.
Però, il ricorso fu ammesso nel capo dell’Insipido per ciò che è dell’ordinanza no 177.
Più tardi, la 13 camera fu chiamata a decidere questo secondo risvolto della controversia, lasciata fino ad allora in suspense. Con un giudizio del 22 ottobre 2008, conclude che non c’era luogo di decidere, tenuto conto di un protocollo firmato il 1 marzo 2007 tra i richiedenti, l’Insipido, ed il successore di Bayındırbank S.p.A., paragrafo 57 sotto.
51. Difatti, ai termini di questo protocollo, i richiedenti rinunciavano ad ogni pretesa o azione giudiziale contro l’Insipide, del suo personale così come delle banche sotto la sua tutela. Peraltro, si portavano garanti dei debiti delle filiali della holding verso Kentbank di cui il credito totale di 229 359 534 USD, toccata a questo titolo, si trovava trasferita già all’Insipido. In compenso, l’Insipido accettava di ridurre il debito totale a rimborsare a 188 156 327 USD e di stabilire un piano di rimborso clemente.
ii. In quanto all’esecuzione dei giudizi i nostri 2004/5575 e 2004/5576
52. Il 19 luglio 2004, i richiedenti, invocando l’articolo 28 della legge no 2577 e l’articolo 138 della Costituzione, paragrafo 68 sotto, invitarono l’ARSB ad eseguire i giudizi i nostri 2004/5575 e 2004/5576 della 10 camera che porta rispettivamente annullamento delle ordinanze i nostri 382 e 552, paragrafi 27 e 28 sopra, passo che non era prematuro, perché il ricorso esercitato contro questi giudizi con l’ARSB, paragrafo 29 sopra, non aveva nessuno effetto sospensivo.
Avvalendosi del principio del restitutio in integrum, i richiedenti chiesero che gli attivi e passivi confusi di Bayýndýrbank S.p.A. e di Kentbank sia distinto, che il patrimonio di questa sia restituito loro, e che l’interdizione di effettuare delle operazioni bancarie imposte alla loro banca sia tolta.
Parallelamente, i richiedenti ripeterono lo stesso invito ad ubbidire presso dell’Insipido.
53. In ciò che riguarda il risvolto relativo all’ordinanza no 382, l’ARSB rispose il 11 agosto 2004 con una decisione no 1369. In questa decisione, fondata su un parere giuridico di tre professori di diritto amministrativo, l’ARSB arguiva dell’impossibilità, tanto giuridico che patrimoniale, paragrafo 72 sotto, di eseguire il giudizio no 2004/5575, paragrafo 27 sopra, per i seguenti motivi:
“(…) la personalità giuridica di Kentbank ha preso fine con la sua radiazione del Registro del commercio; (…) tra gli atti avendo provocato questo scioglimento, solo quello concernente la fusione con Bayındırbank S.p.A. proveniva dell’ARSB; (…) gli altri prendono atto all’origine dello scioglimento rilevavano dell’Insipido e dell’assemblea generale liquidatrice di Kentbank; (…) infine, le modifiche cadute dalla legge no 5020 alla legge sulle banche facevano ostacolo all’esecuzione fa ne ed in diritto [di questo giudizio]. “
54. In ciò che riguarda il risvolto relativo all’ordinanza no 552, l’ARSB reagisce con una decisione no 1400 del 24 settembre 2004. Appellandosi sugli stessi motivi che avevano fondato già la sua decisione no 1369 precitata, paragrafo 53 sopra, l’ARSB arguì derechef dell’impossibilità di eseguire il giudizio no 2004/5576, paragrafo 28 sopra.
55. Il 6 ottobre 2004, i richiedenti invitarono l’ARSB a spettare sulla sua posizione e conformarsi ai giudizi in causa nello specifico.
60 giorni passarono senza risposta da parte dell’ARSB di cui il silenzio valeva rifiuto tacito.
Perciò i richiedenti impegnarono essi dinnanzi alla 13 camera due azioni in annullamento contro i rifiuti opposti alle loro domande.
56. Con due sentenze del 29 novembre 2005, i nostri 2009/32 e 2005/5545, la 13 camera respinse i richiedenti delle loro domande, formulate a titolo delle ordinanze nostri 382, giudizio no 2004/5575, e 552, giudizio no 2004/5576, rispettivamente, paragrafi 27 e 28 sopra.
Ricordando i principi fondamentali posti dall’articolo 138 della Costituzione e l’articolo 28 § 1 della legge no 2577, paragrafo 68 sotto, la 13 camera riaffermò il dovere rigoroso dell’amministrazione di conformarsi al giudizio in causa e di ristabilire senza tardare la situazione anteriore all’atto annullato.
Però, riconobbe che poteva avere dei casi dove l’esecuzione di un giudizio possa rivelarsi impossibile come nel caso di specifico, dove non c’era nessuno mezzo realista di restaurare la situazione giuridica e finanziaria di Kentbank, come era anteriore il suo trasferimento all’Insipido.
Di conseguenza, il rifiuto dell’ARSB di ubbidire non era contrario alla legge.
57. Nel frattempo, il 19 ottobre 2005, fu promulgata la nuova legge no 5411 sulle banche.
In seguito, in virtù di un’ordinanza del 7 dicembre 2005, Bayındırbank S.p.A., paragrafo 20 sopra, diventò Birleşik Fon Bankası S.p.A. che è sempre attiva sotto la tutela dell’Insipida.
58. I richiedenti si ricorsero dinnanzi all’assemblea plenaria contro i due giudizi del 29 novembre 2005, paragrafo 56 in limine, sopra).
Con due sentenze del 21 marzo 2007, l’assemblea plenaria respinse i richiedenti che introdussero allora, parallelamente, due ricorsi in rettifica di sentenza.
59. Il 26 giugno 2008, l’assemblea plenaria, composta di 27 giudici, alla maggioranza, rese due sentenze, facendo diritto alle domande dei richiedenti. Nei loro considerando, i giudici, dopo avere ricordato i grandi principi del diritto amministrativo, concludevano come segue:
“(…) l’esecuzione con l’amministrazione dei giudizi resi dal Consiglio di stato, i tribunali amministrativi ordinari, regionali o del contenzioso delle imposte, è una regola fondamentale.
Nell’occorrenza, allo visto dell’insieme delle informazione e documenti della pratica, si constata che, malgrado l’annullamento dell’ordinanza che porta cessione di Kentbank all’Insipido, non è possibile restaurare la situazione giuridica e finanziaria di questa banca anteriore alla data di suddetto ordinanza, e di restituire questa agli interessati nello stato dove si trovava alla data in questione.
Però, conformemente a ciò che il giudizio di annullamento esige ed a meno che ci sia un altro ostacolo giuridico qualsiasi, l’amministrazione è tenuta di garantire le condizioni necessarie affinché gli interessati possano esercitare di nuovo delle attività bancarie e di autorizzare questi ultimi a fondare una banca che sarà abilitata ad effettuare delle operazioni bancarie così come ad accettare dei depositi, nella cornice delle disposizioni della legge sulle banche. “
60. A queste due sentenze si trovavano unite delle opinioni dissidenti di dodici giudici che fecero il seguente osservazioni:
-tenuto conto del deficit di capitale proprio di Kentbank alla data del suo trasferimento all’Insipido, questo ha dovuto versare 154 trillavamo delle anziane libri turche (“ATRL”) per consolidare i conti e costituire una riserva facoltativa di un importo di 1 605 244 500 notizie libri turche (“TRL”), essendo sentito che prima di questa data, il solo debito degli azionisti principali verso Kentbank ammontava già a 527 540 082 TRL;
-si saprebbe aspettarsi solamente gli interessati-che, in passato, non erano stati in grado di assumere i loro obblighi-possano essere in grado di garantire l’apporto dei fondi necessari per colmare il deficit in capitale di Kentbank, se questa dovesse essere restituitoloro;
-c’è bene un’impossibilità giuridica e patrimoniale di restituire Kentbank nel suo stato anteriore al suo trasferimento all’Insipido, sapendo che al rimanendo, gli interessati hanno loro stessi rinunciato all’azione in annullamento impegnato dinnanzi alla 13 camera contro l’ordinanza no 177 del 20 marzo 2002 concernente la fusione di Kentbank con Bayındırbank S.p.A. (confrontare, paragrafi 20, 21 e 50 in fini, sopra);
-peraltro, all’epoca pertinente, gli interessati erano gli azionisti maggioritari di un’altra banca, a sapere Atlante Yatırım Bankası S.p.A.; con un’ordinanza no 378 del 9 luglio 2001, questa era stato vietato di attività bancarie, in virtù dell’articolo 14 della vecchia legge no 4389; ora, contrariamente a ciò che è desiderato dalla maggioranza, secondo questa legge, tutto come la legge no 5411 del 19 ottobre 2005 che l’ha sostituita, paragrafi 57 sopra e 67 sotto, i vecchi azionisti di una banca colpita di una tale interdizione, come i richiedenti, sono vietati fondare una nuova banca.
61. In seguito, nel luglio 2008, per una ragione non precisata, i richiedenti introdussero, sempre dinnanzi alla 13 camera, un secondo serie di azioni in annullamento di cui gli oggetti erano sopra identici a quelli delle due azioni precedenti, a sapere la levata dei rifiuti espressi dall’ARSB nelle sue decisioni no 1369 del 11 agosto 2004 e no 1400 del 24 settembre 2004, paragrafi 53 e 54.
62. Con due giudizi del 6 gennaio 2009, la 13 camera diede guadagno di causa ai richiedenti. Ricordando li aspettati delle due sentenze del 26 giugno 2008 dell’assemblea plenaria, paragrafo 59 sopra, conclude all’illegalità dei rifiuti opposti dall’ARSB.
L’arsb si ricorse allora dinnanzi all’assemblea plenaria che, con una sentenza del 10 dicembre 2009 reso all’unanimità, allontanò il ricorso, precisando che i giudizi attaccati si allineavano perfettamente con quelli del 26 giugno 2008, ibidem.
Il 10 giugno 2010, l’estremo ricorso in rettifica di sentenza sollecitata dall’ARSB fu respinto anche.
3. Conclusione
63. A questa ultima dato, tutti i procedimenti amministrativi relativi alle misure prese nei confronti di Kentbank si trovavano chiuse in favore dei richiedenti e la nullità ex tunc di tutti gli atti amministrativi controversi, tanto principali che accessori, era confermata definitivamente.
64. Sembra che il solo procedimento ancora pendente sia l’azione pubblica dinnanzi alla 8 camera della corte di basi di Istanbul sotto la pratica no 2005/89, paragrafo 46 sopra. L’Insipido si era costituito parte intervenuta in questo processo, ma si è ritrarsi dopo avere firmato il protocollo del 1 marzo 2007, paragrafo 51 sopra. Comunque sia, questo processo non ha fatto certo ostacolo alla soluzione definitiva della controversia principale nella cornice del contenzioso amministrativo, paragrafo 49 sopra.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI
A. Le misure preventive che prevedono le banche in difficoltà secondo la vecchia legge no 4389 sulle banche
65. Il regime stabilito dall’articolo 14 della legge no 4389 sulle banche, nella sua versione in vigore all’epoca dei fatti e posteriore alle modifiche portate dalla legge no 5020 del 26 dicembre 2003, contemplava una serie di misure in direzione delle determinazioni in difficoltà, l’autorità di dritto pubblico regolatore di questo settore che è l’ARSB. Per esercitare i suoi poteri, questa si basava sulle informazione finanziarie ed i rapporti che gli erano indirizzati coi revisori giurato. Quando la liquidità e la solvibilità di una banca non soddisfacevano più le esigenze legali, poteva imporrgli un piano di azione propria a risanare la situazione, articolo 14 § 2, capoverso ha. Nella stessa ottica, se i fondi propri di una banca si rivelavano insufficienti per soddisfare alla soglia minimale, l’ARSB poteva ordinare che il capitale dell’impresa sia rinforzato, secondo un piano che avrebbe approvato, articolo 14 § 2, capoverso b.
66. Se la banca mira non poteva o non voleva ubbidire o se presentava un deficit come nessuna delle misure preventive non possa ovviare, l’ARSB pronunciava il suo trasferimento all’Insipido, articolo 14 § 3, un’altra entità di dritto pubblico, incaricata in virtù dell’articolo 15 della legge no 4389 della correzione delle banche in difficoltà. L’arsb poteva vietare anche alla banca prevista di accettare dei depositi e di procedere a tutta altra forma di operazione bancaria.
Il trasferimento comprendeva tutti i diritti di azionariato, eccetto i tassi di sconto, di gestione e di controllo della banca in questione, che è sentito che l’Insipido era abilitato ad effettuare ogni tipo di operazioni, ivi compreso la cessione ai terzo delle azioni, beni e succursali delle banche di cui aveva la tutela.
Delle tali misure potevano intervenire anche quando l’ARSB constatava che i responsabile della direzione e del controllo di una banca abusavano dei fondi propri dell’impresa in modo da mettere in pericolo il suo buono funzionamento e gli interessi dei terzo, articolo 14 § 4.
67. La legge no 4389 fu sostituito dalla nuova legge no 5411 sulle banche del 19 ottobre 2005 che contempla un regime comparabile a quello descrive sopra. Nel contesto della presente causa, conviene ricordare che secondo l’articolo 8 b, di questa legge, i vecchi azionisti maggioritari o le persone avendo disposto del controllo di una banca trasferita all’Insipido prima del 19 ottobre 2005, non sono abilitati a fondare una nuova banca.
B. L’esecuzione delle decisioni giudiziali rese contro l’amministrazione
68. In virtù dell’articolo 138 § 4 della Costituzione e dell’articolo 28 § 1 della legge no 2577 sul procedimento amministrativo, i poteri legislativi ed esecutivi così come tutte le autorità amministrative sono tenuti di rispettare le decisioni di giustizia resa al loro carico. Queste disposizioni si leggono come segue:
Articolo 138 § 4 della Costituzione
“Gli organi del poteri esecutivo e legislativo così come l’amministrazione sono tenuti di conformarsi alle decisioni giudiziali; suddetti organi e l’amministrazione non possono, in nessun caso, modificare le decisioni giudiziali né differire ne l’esecuzione. “
Articolo 28 § 1 della legge no 2577
“1. L’amministrazione è tenuta di adottare senza tardare l’atto o l’azione richiesta dalle decisioni rese al merito col Consiglio di stato o i tribunali amministrativi Il termine [per questo fare] non può superare in nessun caso i trenta giorni che seguono la notificazione della decisione all’amministrazione. “
69. Secondo i principi del diritto turco e la giurisprudenza buona invalsa del Consiglio di stato, un’azione in annullamento intentato contro un atto amministrativo ha per scopo di stabilire se questo atto è contrario alla legge, e non di constatare la violazione di un diritto individuale né di riparare il danno che potrebbe risultare.
In particolare, l’ufficio del giudice, se constata la fondatezza di un’azione di questo tipo, limitati a pronunciare l’annullamento dell’atto attaccato, senza sostituire nessuna decisione nuova sé all’atto annullato. È all’amministrazione che ritorna la cura da prendere, della sua propria iniziativa, ogni nuova decisione o misura chiamata dal giudizio.
70. Peraltro, un atto amministrativo annullato è reputato nullo e non avvenuto fin dalla sua data di adozione, come tutte le altre misure e decisioni preso sul fondamento di questo atto. La nullità ha un effetto ex tunc estensivo dunque. Per eseguire un giudizio di annullamento, l’amministrazione deve prodigarsi di ufficio a restaurare la situazione anteriore all’atto annullato, badando a cancellare ne le conseguenze.
A questo riguardo, importa di notare che, nei confronti l’amministrazione messa in causa, una decisione di annullamento è costrittiva, non solo col suo dispositivo, ma anche coi motivi che lo sottendono. Segue che, per conformarsi ad un tale giudizio, l’entità prevista deve prendere tutte le decisioni o misure necessarie per arrivare allo scopo inerente al dispositivo di questo giudizio, e questo, allineandosi sui motivi ed i considerando considerati dal tribunale.
71. L’amministrazione non può, in nessun caso, alterare i giudizi resi al suo luogo né ritardare ne o rifiutare ne l’esecuzione. Non può aggirare neanche o può ostacolare l’esecuzione di un giudizio, per esempio, facendo intervenire delle notizie decisioni o misure amministrative a questo effetto, o assoggettando la sua esecuzione ad una forma qualsiasi di autorizzazione di un’entità amministrativa.
72. L’amministrazione riguardata deve ubbidire imperativamente nei 30 seguente giorni la notificazione della decisione di giustizia, prendendo tutte le misure pertinenti, che si trattasse di decisioni formali o di atti materiali. In questo contesto, una dichiarazione dell’amministrazione secondo la quale si troverebbe nell’impossibilità patrimoniale di eseguire una decisione non gli permette per niente di sottrarsisi ai suoi obblighi.
In pratica, anche nei casi eccezionali dove sarebbe effettivamente impossibile fa ne o in diritto di mettere in œuvre un giudizio di annullamento, in particolare trattandosi delle decisioni che implicano un’esecuzione in natura, l’obbligo per l’amministrazione di ubbidire non si estingue. In presenza accertata dei tali ostacoli, si parlerà piuttosto di un cambiamento nella modalità di esecuzione, ed egli si tratta allora di determinare la soluzione di ricambio più soddisfacente, senza che l’interessato abbia di nuovo a stare in giustizia. Per esempio, per fare valere un ostacolo di natura “giuridica”, l’amministrazione deve stabilire che questo è “discutibile”, vedere la sentenza del 10 febbraio 1987 della 5 camera del Consiglio di stato, no 1986/951E, per esempio. -1987/179K.
Che si trattasse di un caso di impossibilità giuridica o patrimoniale, l’amministrazione prevista deve dimostrare ad ogni modo che ha fatto tutto ciò che era nel suo potere per eseguire il giudizio, e che gli ostacoli erano insormontabili; poi, deve dare dei segni chiari della sua volontà di conformarsi alla decisione in questione, proponendo all’interessato la soluzione di ricambio il più adeguata e pertinente, questo che, in numero di caso, può corrispondere ad un risarcimento integrale, restitutio in integrum.
73. Questa questione della “modalità di esecuzione” di un giudizio non è a confondere con la questione del “risarcimento” del danno patrimoniale o giuridico subito dall’interessato.
In ciò che riguarda la questione generale del risarcimento a causa degli atti e decisioni dell’amministrazione, il principio è posto dall’articolo 125 §§ 1 e 7 della Costituzione:
“Tutto atto o decisione dell’amministrazione è suscettibile di un controllo giurisdizionale
L’amministrazione è tenuta di riparare ogni danno risultante dei suoi atti e misure. “
Il corollario di questo principio è definito negli articoli 11 a 13 della legge no 2577 sul procedimento amministrativo. Difatti, in virtù di queste disposizioni, ogni vittima di un danno risultante di un atto dell’amministrazione può chiedere risarcimento a questa ultima nel termine di un anno a contare della data dell’atto addotto. In caso di rigetto di tutto o partire della domanda o così nessuna risposta non è stata ottenuta entro sessanta giorni, la vittima può impegnare un procedimento dinnanzi alla giurisdizione amministrativa.
74. Le regole sopra che formano il nucleo di lex generalis, sono fatte concorrenza da altre disposizioni nel contesto specifico dei danni che risultano dall’inadempienza di un giudizio amministrativo. In questa tenuta particolare, il principio posto dall’articolo 138 della Costituzione e l’articolo 28 § 1 della legge no 2577, paragrafo 68 sopra, trova un corollario nelle disposizioni dell’articolo 28 §§ 3 e 4 della legge no 2577 sulla responsabilità pecuniaria dell’amministrazione. Queste ultime disposizioni-che si presentano come uan lex specialis rispetto a queste descritto al paragrafo precedente -si leggono così:
“3. Quando l’amministrazione non ha adottato un atto o non ha reagito conformemente ad una decisione del Consiglio di stato o dei tribunali amministrativi, un’azione in risarcimento del danno giuridico o patrimoniale può essere impegnata contro l’amministrazione dinnanzi al Consiglio di stato ed i tribunali competenti. “
“4. In caso di inadempimento deliberato delle decisioni dei tribunali coi funzionari nei trenta giorni [che seguono la decisione], un’azione in indennizzo può essere impegnata tanto contro l’amministrazione che contro il funzionario che nega di eseguire la decisione in questione. “
75. Secondo la giurisprudenza del Consiglio di stato, l’amministrazione deve ubbidire di ufficio, senza che gli interessati abbiano a sollecitarla a questa fine. Se omette di farlo nel termine legale di 30 giorni, paragrafo 55 sopra, l’interessato dispone di un termine di dieci anni per investire l’entità mira e richiedere l’esecuzione della decisione di annullamento.
Si tratta là di un passo preliminare all’introduzione di un’eventuale azione in indennizzo, azione di piena giurisdizione, per ottenere risarcimento del danno patrimoniale et/ou giuridico. Se l’amministrazione respinge questo reclamo preliminare-esplicitamente o implicitamente, 60 giorni scorsi senza risposta che vale rigetto,-, l’interessato può allora, nei 60 giorni che seguono, impegnare un’azione in risarcimento contro l’autorità prevista dalla decisione, articolo 28 § 3 suddetti, et/ou contro il funzionario che ha negato volontariamente di eseguire questa, articolo 28 § 4.
Se è vero che, tenuto conto dei principi che regolano un Stato di diritto, l’inadempimento di una decisione giudiziale è considerato generalmente come costitutivo di una “mancanza di servizio”, ciò non basta per ottenere risarcimento del danno che ne risulta. Difatti, l’indennizzo di una persona secondo la via sapere-descritta dipende dalla determinazione, di prima, del danno attualmente subito. In particolare, per ciò che è dei danni patrimoniali, soli un danno reale e preciso può essere denunciato, tale una riduzione di attivi nel patrimonio o la perdita di un aumento certo del patrimonio. In compenso, le pretese speculative fondate su dei guadagni futuri saranno inammissibili, così come egli è stato giudicato, per esempio, in una sentenza del 21 maggio 1985 della 6 camera del Consiglio di stato, no 1985/880E. -1985/143K.). Il giudicabile deve stabilire poi un legame di causalità con, o una “mancanza di servizio pesante”, tale è il caso, per esempio, quando è stabilito che l’amministrazione nega volontariamente di ubbidire, o di una “mancanza personale”, a seconda che si mette in causa un’entità amministrativa o un funzionario. In questa ultima ipotesi, la causa può rilevare anche del contenzioso civile.
Per tanto, secondo la giurisprudenza consolidata del Consiglio di stato, il versamento di un’indennità per l’inadempienza di un giudizio di annullamento non libera l’amministrazione del suo obbligo costituzionale di eseguire suddetto giudizio (vedere la sentenza del 19 maggio 1992 della 6 camera del Consiglio di stato, no 1990/848E, per esempio). ve 1992/632 K..
76. Oltre la responsabilità pecuniaria, due altri tipi di responsabilità possono essere impegnati anche.
Si tratta, in primo luogo, della responsabilità penale del funzionario colpevole. Difatti, questo può essere perseguito per “abuso di funzioni” o “negligenza nell’esercizio delle sue funzioni.” Per ciò, basta dimostrare che abbia ostacolato-fu involontariamente questo stesso -l’esecuzione di una decisione di giustizia.
Da ultimo, conviene menzionare anche per memoria la responsabilità politica che tasto alla questione della legittimità dell’entità politica (in particolare, il governo, il primo ministro, un ministro ecc., nella misura in cui c’è stata incomprensione dell’articolo 138 della Costituzione.
IN DIRITTO
I. L’OGGETTO DELLA CONTROVERSIA
77. Nella loro richiesta originaria, introdotta il 7 gennaio 2005, i richiedenti adducevano una violazione del loro diritto ad un processo equo in ragione dell’inadempienza con l’amministrazione della prima serie di giudizi con che la 10 camera del Consiglio di stato aveva dato loro guadagno di causa. Invocavano l’articolo 6 § 1 della Convenzione di cui il passaggio pertinente si legge così:
“Ogni persona ha diritto a ciò che la sua causa sia equamente sentita con un tribunale chi deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
78. Sempre nella loro richiesta, i richiedenti sostenevano che, la cessione di Kentbank all’Insipido essendo privata di base legale dall’annullamento ex tunc delle misure prese a questo effetto, la situazione reale portava anche violazione continua dell’articolo 1 § 1 del Protocollo no 1 che si legge così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà che a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale. “
79. In seguito, dopo la comunicazione della presente causa al Governo e grazie alle osservazioni che questo ha fatto pervenire, la Corte ha preso cognizione per il fatto che la seconda serie di giudizi, resi dalla 13 camera del Consiglio di stato, era diventata definitiva il 10 giugno 2010, paragrafo 62 sopra. In parallelo, nelle loro ultime memorie complementari, in particolare quello del 5 dicembre 2010, i richiedenti hanno, in sostanza, disteso la portata dei loro motivi di appello sul merito a questa seconda serie di giudizi, paragrafi 112 e 134 sopra,; del suo lato, nelle sue osservazioni complementari del 6 gennaio 2011, il Governo ha combattuto i nuovi argomenti formulati a questo titolo, paragrafi 103, 104, 106 e 141 sopra.
Competente per trattare ogni questione da fatto o di diritto che sorge durante l’istanza impegnata dinnanzi a lei, Cruz Varas ed altri c. Svezia, 20 marzo 1991, § 76, serie Ha no 201, la Corte osserva che la seconda serie di giudizi in causa nello specifico è la continuazione evidente della prima e è indissociabile di questa; la disputa all’origine della richiesta introduttiva di istanza dinnanzi alla Corte non ha cambiato natura di questo fatto dunque, la questione principale sottoposta per decisione che è sempre di sapere se l’inadempimento con l’amministrazione desdits giudizi sono o non contrario alla Convenzione. Così, la Corte stima potere infatti mettersi sul terreno degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 anche nel contesto di questa seconda serie di giudizi amministrativi, alla luce dei nuovi argomenti delle parti, mutatis mutandis, Müslim c. Turchia, no 53566/99, § 57, 26 aprile 2005.
II. SU L’AMMISSIBILITÀ
A. Tesi delle parti
1. Il Governo
80. Il Governo afferma che i richiedenti non hanno la qualità di vittima di una violazione della Convenzione, al senso del suo articolo 34, per i motivi che seguono.
Di prima, avendo loro stessi mise Kentbank in pericolo, col loro maneggi irresponsabile ed illegale, i richiedenti non saprebbero essere autorizzati a trarre profitto dalle loro proprie malefatte, né avvalersi del loro vecchio statuto di azionisti di Kentbank, dal momento che questa entità e, dello stesso colpo, suddetto statuto ha smesso da molto di esistere sul piano giuridico.
81. Secondariamente, firmando il protocollo del 1 marzo 2007, paragrafo 51 sopra, i richiedenti avrebbero rinunciato al loro diritto di stare in giustizia contro l’Insipida così come alla loro azione in annullamento contro l’ordinanza no 177 che porta fusione di Kentbank con Bayındırbank S.p.A., paragrafi 20 e 50 sopra. Avendo liberato così l’Insipido di ogni responsabilità giuridica, i richiedenti non saprebbero avvalersi di un diritto patrimoniale di carattere civile che possa avere una base legale in Turchia, essendo sentito che in queste circostanze, la Corte non può neanche, con via di interpretazione dell’articolo 6 § 1, creare un tale diritto opponibile all’Insipido, mancanza di una “base legale nello stato riguardato”, Fayed c. Regno Unito, 21 settembre 1994, § 65, serie Ha no 294-B.
Secondo il Governo, questa considerazione vale ha fortiori per il motivo di appello derivato dell’articolo 1 del Protocollo no 1, perché la rinuncia stipulata nel protocollo del 1 marzo 2007 sarebbe ancora di più a questo riguardo decisiva: nello specifico, l’unica misura presa dall’ARSB ed annullata portava in seguito semplicemente sul “trasferimento” di Kentbank; tutte le altre misure, questo essere-a-argomento le operazioni di liquidazione e di fusione che hanno provocato alla fine la scomparsa della personalità giuridica della banca, erano stati presi o con l’assemblea generale liquidatrice sia con l’Insipida. Ora, siccome è stato detto già, la responsabilità dell’Insipido non può più essere impegnata sul piano di dritto interno.
82. Il Governo eccepisce anche della no-esaurimento delle vie di ricorso interni, al disprezzo dell’articolo 35 della Convenzione che non esige solamente l’immissione nel processo delle giurisdizioni nazionali competenti, ma ordine inoltre l’impiego dei mezzi di procedimento proprio ad impedire la violazione addotta della Convenzione, Cardot c. Francia, 19 marzo 1991, § 34, serie Ha no 200.
A questo motivo, ricorda che nell’occorrenza, le giurisdizioni amministrative si sono rintanate ad annullare le decisioni attaccate dai richiedenti, senza assegnare nessuna indennità in connessione con questo dispositivo e senza condannare l’amministrazione mirata a restaurare un diritto di proprietà qualsiasi. Perché, in diritto amministrativo turco, un giudizio che porta annullamento di un atto non può contenere di dispositivo indennizzante. Anche, apparteneva ai richiedenti di prendere in prestito altri ricorsi disponibili ed adeguati se stimavano avere subito realmente un danno.
83. Più precisamente, secondo il Governo, i richiedenti avrebbero dovuto intentare contro l’amministrazione ricalcitrante un’azione in indennizzo per richiedere il risarcimento del loro danno che stimavano nato a causa dell’inadempienza dei giudizi resi nel loro favore, siccome lo permetteva loro l’articolo 28 §§ 3 e 4 della legge no 2577, paragrafo 74 sopra. A questo riguardo, cita due precedenti della 10 camera, sentenze i nostri 1994/5161 e 2007/739 del 25 ottobre 1994 e del 27 febbraio 2007 rispettivamente, dove li amministrati si sono visti accordare delle somme a titolo del danno patrimoniale et/ou giuridico subito in ragione del rifiuto dell’amministrazione di ubbidire.
84. Nelle osservazioni che ha comunicato il 6 gennaio 2011 sulla questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, il Governo aggiunge altri argomenti concernente l’ammissibilità della richiesta.
Eccepisce difatti, ci di nuovo della no-esaurimento delle vie amministrative di risarcimento, ma invocando questa volta le disposizioni a carattere di lex generalis degli articoli 11 a 13 della legge no 2577 suddetti, paragrafo 73 sopra. Queste permetterebbero a chiunque avendo subito un torto a causa di un atto amministrativo o dell’esecuzione di una decisione amministrativa di introdurre un’azione di piena giurisdizione-accompagnata o no di una domanda in annullamento della misura contestata-per ottenere risarcimento del suo danno.
85. Sempre nelle sue osservazioni precitate del 6 gennaio 2011, il Governo arguë del “carattere prematuro” della richiesta, in ciò che i richiedenti non hanno sollecitato mai l’ARSB in vista di ottenere una nuova licenza bancaria, come l’assemblea plenaria l’avrebbe indicato nelle sue sentenze del 26 giugno 2008, paragrafo 59 sopra.
86. Il Governo sviluppa di più questo argomento sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
Fa notare che la “domanda di restituzione” dei richiedenti attinge nei giudizi amministrativi, mancanza di cui non avrebbero avuto nessuna pretesa valida. Segue che il motivo di appello che formulano a titolo di un diritto al rispetto dei beni si distingue con una “domanda” di restituzione, e non con un “bene reale” al senso della giurisprudenza della Corte.
Affinché una tale “domanda” possa passare per un “bene”, occorrerebbe che abbia una base legale in dritta turco e si iscriva nel contesto di una “speranza legittima.”
Ora, invitando la Corte a confrontare-ha contrario-la presente causa con le sentenze Raffinerie greci Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 59, serie Ha no 301-B, e Bourdov c. Russia, no 59498/00, § 40, CEDH 2002-III, il Governo stima che nella mancanza di un credito suscettibile di “essere eseguita”, i richiedenti non saprebbero arguire dell’esistenza di una speranza legittima. Difatti, nel loro dispositivo, i giudizi in questione non riconoscono ai richiedenti che il diritto “di investire l’ARSB per ottenere le autorizzazioni” necessarie, ciò che non hanno fatto mai.
Perciò i richiedenti non possono passare essi per avere rispettato le consegne dei giudici amministrativi né, di conseguenza, pretendere avere una speranza legittima.
Secondo il Governo, la Corte è incompetente ratione materiae per conoscere di questo motivo di appello preciso dunque.
2. I richiedenti
87. I richiedenti deplorano i rifiuti consecutivi dell’ARSB di eseguire i giudizi definitivi i nostri 2004/5575 e 2004/5576 del 21 giugno 2004, paragrafi 27 e 28 sopra, portando sopra ex tunc annullamento delle ordinanze i nostri 382 e 552, all’origine di tutte le misure imposte a Kentbank, paragrafo 12. Secondo essi, questa situazione si analizza in una violazione continua dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, come interpretato, entra altri, nel sentenza Hornsby c. Grecia del 19 marzo 1997 (Raccolta delle sentenze e decisioni 1997-II).
88. Alla luce della giurisprudenza della Corte, Dragne ed altri c. Romania, no 78047/01, § 27, 7 aprile 2005, e Sabin Popescu c. Romania, no 48102/99, § 59, 2 marzo 2004, i richiedenti stimano che il loro reclamo del 19 luglio 2004 presso dell’ARSB affinché ubbidisce, così come i procedimenti amministrativi condotti a termine con successo per ottenere alla fine a questo riguardo l’annullamento dei rifiuti oppositore con l’ARSB, costituivano il solo tipo di ricorso a prendere, essendo sentito che in dritto turco, è impossibile ricorrere alle vie di esecuzione forzata contro un’entità amministrativa.
89. Trattandosi delle vie di risarcimento invocato dal Governo, paragrafi 83 e 84 sopra, i richiedenti sottolineano che, contrariamente a ciò che questo lascia intendere, il loro motivo di appello principale cade sulla circostanza, per essi, di continuare ad essere spossessati illegalmente del patrimonio che rappresentava Kentbank prima che sia trasferita, e non della mancanza di una via di risarcimento a ragione dell’inadempimento delle decisioni giudiziali interni.
B. La valutazione della Corte
1. Osservazioni preliminari
90. La Corte nota al primo colpo che il secondo ramo della seconda eccezione tirata della regola di esaurimento delle vie di ricorso interni, paragrafo 84 sopra, tutto come le due eccezioni fondate sulla no-immissione nel processo dell’ARSB, paragrafi 85 e 86 sopra, non sono state invocate per la prima volta col Governo che nelle sue osservazioni del 6 gennaio 2011, paragrafo 79 sopra che dovevano portare normalmente sulla questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione. Ora, ai termini dell’articolo 55 dell’ordinamento, ogni eccezione di questa natura sarebbero dovute essere sollevate nelle osservazioni sull’ammissibilità della richiesta, Tănase c. Moldova [GC], no 7/08, § 121, CEDH 2010 (brani)). I richiedenti sarebbero stati invitati allora a replicare a queste eccezioni. Ciò dice, non c’è luogo di attardarsi sulla questione della decadenza, Prokopovitch c. Russia, no 58255/00, § 29, CEDH 2004-XI, Sejdovic c,. Italia [GC], no 56581/00, § 41, CEDH 2006-II, e Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 53, CEDH 1999-VII, perché in ogni modo queste eccezioni non resistono all’esame, per i motivi che saranno esposti qui sotto.
2. Esame
91. In ciò che riguarda sopra il primo ramo della prima eccezione, relativa alle mancanze che sarebbero state commesse dai richiedenti nella gestione di Kentbank, paragrafo 80, la Corte ricorda che con la parola “vittima” l’articolo 34 della Convenzione designa la persona direttamente riguardata dall’atto o l’omissione contenzioso (Brumărescu, precitata, § 50.
A questo riguardo, è a rilevare che non c’è molto controversia tra le parti sulla natura della disputa portata dinnanzi alla Corte col Sig. Mustafa Süzer e la società richiedente nel loro requisito di azionisti che, all’origine dei fatti, controllavano a più del 99% il capitale di Kentbank. Questa controversia cade in modo essenziale sull’omissione dell’amministrazione di conformarsi a diverse decisioni di giustizia, e cioè: di prima, ai giudizi del 21 giugno 2004, paragrafi 27 e 28 sopra, annullando tutte le misure relative a Kentbank e che sono diventati rispettivamente definitivi con le sentenze del 2 febbraio 2006 e del 21 marzo 2007, paragrafo 49 sopra,; poi alle sentenze del 26 giugno 2008, paragrafo 59 sopra, sanzionando l’inadempienza desdits giudizi con l’amministrazione mira; ed infine, alla seconda serie di giudizi, resi sopra dalla 13 camera, con riferimento a queste ultime sentenze, paragrafo 62.
Che i richiedenti siano stati colpevoli o no in quanto gestori di Kentbank possono giocare probabilmente sul piano interno; ma, contrariamente a ciò che il Governo pensa, questo elemento non saprebbe entrare in nessun caso in fila di conto per il diritto in definirsi vittima di una violazione nel caso presente, dove l’esame della Corte deve cadere sui évènements posteriori all’annullamento ex tunc delle decisioni prese dall’ARSB e non sulle ragioni che erano potuti essere in passato considerate da questa per consolidare queste decisioni che, siccome è stato detto già, non fanno più parte dell’ordine giuridico turco.
92. La Corte segna anche il suo disaccordo col secondo argomento del Governo secondo che i richiedenti non sarebbero in diritto di agire in quanto vecchi azionisti di una banca che ha smesso di esistere sul piano giuridico.
Difatti, oltre il fatto che le condizioni che regolano le richieste individuali introdotte a titolo della Convenzione non coincidono necessariamente coi criteri nazionali relativi al locus standi (vedere, tra altri, Norris c. Irlanda, 26 ottobre 1988, § 31, serie Ha no 142, forza è di osservare che nello specifico, lo scioglimento di Kentbank non cambia niente alla circostanza che i richiedenti che ne detenevano il controllo, furono molto tempo attivi nel settore bancario, così che erano necessariamente in possesso, entra altri, di licenze di sfruttamento, di beni mobiliari ed immobiliari e di una certa clientela. Del resto, sono buono essi che hanno introdotto con successo le istanze amministrative in questa causa, mentre la loro banca si trovava sciolta già, per una situazione comparabile, vedere Pine Valley Developments Ltd ed altri c. Irlanda, 29 novembre 1991, § 42, serie Ha no 222, ed aveva perso così la possibilità di stare in giustizia tramite i suoi organi statutari o coi suoi liquidatori, Agrotexim ed altri c. Grecia, 24 ottobre 1995, § 66, serie Ha no 330-ha, Vatan c. Russia, no 47978/99, § 48, 7 ottobre 2004, ed Unione delle Cliniche Private di Grecia ed altri c. Grecia, no 6036/07, § 35, 15 ottobre 2009, questi ultimi avendo deciso di interrompere il processo di liquidazione, paragrafo 20 sopra.
Accettare che i richiedenti non abbiano requisito per agire nelle tali circostanze scalzerebbe la sostanza stessa del diritto di ricorso individuale delle persone giuridiche o dei loro soci, nella misura in cui ciò sarebbe di natura tale da incoraggiare i governi a privare della loro personalità giuridica queste che potrebbe depositare una richiesta dinnanzi alla Corte (vedere, mutatis mutandis, Capitale Bank Ad c. Bulgaria, no 49429/99, § 80, CEDH 2005-XII (brani)), per negare poi agli ex-soci il diritto di investire la Corte nel loro proprio nome.
93. Per ciò che è dei mezzi derivati degli impegni sinallagmatici che derivano del protocollo del 1 marzo 2007 e, più particolarmente, della rinuncia dei richiedenti a certi diritti di natura procedurale nei confronti l’Insipido, paragrafo 51 sopra, la Corte stima che nessuna delle due questioni sollevate a questo titolo-relativamente alla mancanza di un diritto civile opponibile all’Insipido sul terreno dell’articolo 6 § 1 et/ou alla pretesa immunità di cui l’Insipido beneficerebbe rispetto alle misure privative di proprietà prese con sé, paragrafo 81 sopra,-non derivo a conseguenza.
Difatti, senza avere ad esaminare se questa rinuncia rispondeva alle condizioni necessarie per entrare in fila di conto sotto l’angolo della Convenzione (vedere, per esempio, Pfeifer e Plankl c. Austria, 25 febbraio 1992, § 37, serie Ha no 227, e Neumeister c. Austria (articolo 50), 7 maggio 1974, §§ 33 e 36, serie Ha no 17, la Corte osserva che l’entità prevista dai giudizi ad eseguire era l’ARSB, non l’Insipido. A questo riguardo, basta ricordare del resto che allo sguardo della Convenzione, unica si trova in causa la responsabilità internazionale dello stato, qualunque sia l’autorità nazionale a cui la trasgressione alla Convenzione potrebbe essere imputabile nel sistema interno (vedere Assanidzé c). Georgia [GC], no 71503/01, § 146, CEDH 2004 II, ed i riferimenti che figurano, e Chuykina c. Ucraina, no 28924/04, § 51, 13 gennaio 2011.
94. Perciò i richiedenti sono essi in diritto di avvalersi dell’articolo 6 § 1 del Convenzione et/ou dell’articolo 1 del Protocollo no 1, essendo sentito che nella mancanza di una misura qualsiasi suscettibile di togliere essi la qualità di “vittima” (Brumărescu, precitata, ibidem), si trovano al momento nella stessa situazione che al 21 giugno 2004 e continuano a pâtir del rifiuto delle autorità nazionali di ubbidire.
Perciò la Corte respinge lei, in tutti i suoi rami, la prima eccezione del Governo concernente la mancanza di requisito di vittima dei richiedenti.
95. Per ciò che è del primo risvolto della seconda eccezione del Governo, derivato sopra della no-esaurimento della via amministrativa di indennizzo previsto dall’articolo 28 §§ 3 e 4 della legge no 2577 (paragrafi 74) 82 e 83, la Corte ricorda al primo colpo che l’articolo 35 della Convenzione esige solamente l’esaurimento dei ricorsi accessibili, adeguati e relativi alle violazioni incriminate (vedere, tra molto altri, Tsomtsos ed altri c. Grecia, 15 novembre 1996, § 32, Raccolta 1996-V.
Se è vero che un’azione in risa

Testo Tradotto

Conclusions :Exception préliminaire jointe au fond et rejetée (Article 35-1 -Epuisement des voies de recours internes Article 35-3 – Ratione materiae)
Violation de l’article 6 – Droit à un procès équitable (Article 6 – Procédure administrative Article 6-1 – Accès à un tribunal)
Violation de l’article 1 du Protocole n° 1 – Protection de la propriété (article 1 al. 1 du Protocole n° 1 – Respect des biens
Biens article 1 al. 2 du Protocole n° 1 – Réglementer l’usage des biens)
Dommage matériel – demande rejetée Dommage matériel – décision réservée Préjudice moral – demande rejetée

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE SÜZER ET EKSEN HOLDİNG A.Ş. c. TURQUIE

(Requête no 6334/05)

ARRÊT

(fond)

STRASBOURG

23 octobre 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Süzer et Eksen Holding A.Ş. c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Ineta Ziemele, présidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Guido Raimondi, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 25 septembre 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 6334/05), dirigée contre la République de Turquie et dont un ressortissant de cet Etat, OMISSIS, et une société anonyme de droit turc, Eksen Holding S.A. (« les requérants »), ont saisi la Cour le 7 janvier 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont, depuis le 25 août 2010, représentés par OMISSIS, avocats à Istanbul.
Les autres représentants ayant auparavant participé à la procédure sont Mes N. Doğan, du barreau d’Istanbul (mandaté depuis le 6 janvier 2005), A. Surkultay, du barreau d’Izmir et associée du cabinet Postacıoğlu Hukuk Bürosu (mandatée le 6 janvier 2005 et destituée le 31 août 2010), A. Tchekhoff, D. Léger et G. Lascault (avocats à Paris, mandatés le 3 mars 2005 et s’étant retirés le 8 septembre 2010), ainsi que O. Uğural (du barreau d’Istanbul, mandaté le 9 octobre 2006 et ayant démissionné de ses fonctions le 16 août 2010).
Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent.
3. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention et l’article 1 du Protocole no 1, les requérants dénoncent notamment le refus des autorités nationales d’exécuter les jugements définitifs portant annulation ex tunc de toutes les mesures administratives ayant entraîné la dissolution de leur banque Kentbank S.A.
4. Le 30 août 2010, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le premier requérant, MOMISSIS, est un ressortissant turc né en 1949 et résidant à Istanbul.
A l’époque des faits, le requérant et Süzer Holding S.A. contrôlaient à plus de 99 % le capital de Kentbank (« Kentbank »), une banque privée créée en 1992.
Ultérieurement, Süzer Holding S.A. devint Eksen Holding S.A., à savoir la société requérante, dont M. Süzer est toujours l’actionnaire majoritaire et le président. Même si une grande partie des évènements exposés ci-dessous ont concerné Süzer Holding S.A., il ne sera désormais fait mention que de la société requérante, son successeur.
A. La genèse de l’affaire
6. Le 1er février 2001, deux auditeurs assermentés près l’Agence de réglementation et de supervision des banques (« l’ARSB ») déposèrent un premier rapport d’audit no R-1/R-1 (« le rapport R-1), intitulé « Direction générale de Kentbank – Rapport de situation financière » ; ce document traçait un tableau économique déficitaire de la banque dans son état au 30 septembre 2000.
Le 15 février suivant, les mêmes auditeurs déposèrent un second rapport no R-4/R-4 (« rapport no R-4 »), intitulé « Kentbank – Rapport relatif aux infractions à la loi no 4389 sur les banques », en vigueur à l’époque des faits (paragraphe 66 ci-dessous).
7. Le 15 mars 2001, se fondant sur le rapport R-1, l’ARSB notifia à Kentbank (injonction no 1877) une série de mesures qu’elle estimait devoir être prises en application de l’article 14 § 2 la loi no 4389 (ibidem) pour améliorer la situation financière de l’établissement. Il l’exhortait notamment à reconstituer ses capitaux propres et à ne plus consentir de nouveaux crédits aux sociétés filiales contrôlées par les requérants.
8. Le 21 mars suivant, l’ARSB demanda à Kentbank de ne pas distribuer de dividendes sur l’éventuel bénéfice réalisé en l’an 2000.
9. Par une lettre du 13 avril 2001, Kentbank communiqua ses objections et remarques concernant les deux injonctions susmentionnées de l’ARSB.
10. Le 16 avril 2001, l’ARSB invita Kentbank à soumettre, dans les dix jours qui suivent, un plan de redressement réaliste et faisable.
Le 4 mai suivant, Kentbank présenta son plan d’action. Par une lettre du 14 mai 2001, l’ARSB exhorta Kentbank à renforcer ce plan sur nombre de points et à prendre des engagements plus concrets.
Les 3 et 5 juin 2001, Kentbank écrivit à l’ARSB pour la persuader que la situation était très bien maîtrisée au niveau des finances et lui fit part de la décision de doubler le capital propre de la société, prise le 9 mai précédent par son conseil d’administration.
11. Le 20 juin 2001, l’ARSB convoqua les dirigeants et actionnaires majoritaires de Kentbank afin d’évaluer le plan de redressement. Après deux réunions, une évaluation provisoire sur Kentbank fut rédigée le 3 juillet 2001.
Le 9 juillet 2001, quatre auditeurs assermentés de l’ARSB déposèrent un troisième rapport no R-2/R-2/R-12 (« rapport R-12 »), intitulé « Kentbank – Rapport de monitorage de la situation financière », relativement à sa situation au 31 mars 2001. Ce rapport contenait un projet de balance de cession de l’actif et du passif en vue d’appuyer une éventuelle décision de transfert de Kentbank au Fonds d’assurance des dépôts d’épargne (le « FADE » – paragraphe 67 ci-dessous).
12. Toujours le 9 juillet 2001, par un arrêté no 382 et sans attendre que Kentbank mène à terme le plan de redressement imposé (paragraphes 7, 10 et 11 ci-dessus), l’ARSB prononça son transfert forcé au FADE, en vertu de l’article 14 §§ 3 et 4 de la loi no 4389, et ce, en même temps que quatre autres banques privées, dont Bayındırbank S.A.
A cette date, Kentbank disposait de 93 succursales et employait environ 2000 personnes. D’après les requérants, sur les 79 banques alors actives en Turquie, Kentbank occupait la 22e place avec son actif d’environ 390 millions d’euros (« EUR »), et l’agence de notation Fitch IBCA lui avait attribué comme notes à court et à long terme respectivement C/D et B+.
La cession couvrait tous les droits d’actionnariat (à l’exception des agios), de gestion et de contrôle de Kentbank (paragraphe 67 ci-dessous), ainsi que toutes ses créances, ses biens immobiliers et ses parts dans d’autres sociétés.
13. Les requérants tentèrent d’obtenir l’annulation du rapport d’audit du 9 juillet 2001 (paragraphe 11 in fine, ci-dessus) qui s’était avéré décisif. La 10e chambre du Conseil d’Etat (« la 10e chambre ») débouta les requérants, au motif qu’il s’agissait là d’un simple outil de travail, et pas d’un acte administratif susceptible d’annulation.
B. Les principales procédures autour de l’affaire
1. Les premiers épisodes
a) L’enquête parlementaire
14. La procédure de transfert forcé des cinq banques déclenchée le 9 juillet 2001 (paragraphe 12 in limine, ci-dessus) fit l’objet d’une enquête parlementaire.
Dans un rapport no 252 du 22 septembre 2003, la commission d’enquête conclut que cette opération n’était pas légitime car elle avait été réalisée sous la pression du gouvernement alors au pouvoir, au mépris des intérêts du Trésor public.
15. Selon la commission, des investigations poussées étaient nécessaires pour répondre notamment aux questions suivantes :
– pourquoi les banques visées ne s’étaient-elles pas vu accorder le temps nécessaire pour appliquer les mesures imposées par l’ARSB ?
– pour quelle raison le rapport d’audit R-12 concernant Kentbank avait-il été établi [le jour même] de son transfert au FADE, alors qu’il aurait légalement dû l’être avant cette décision (paragraphes 11 et 12 ci-dessus) ?
– quelle était la teneur des pourparlers secrets entre le Fonds monétaire international (FMI), le Gouvernement, le Trésor public et l’ARSB quant au sort de ces cinq banques ?
– pourquoi certaines autres banques, bien plus déficitaires que celles cédées au FADE, n’avaient-elles jamais été inquiétées ?
– le FMI et son président avaient-ils laissé entendre au Gouvernement que la mise à la disposition de la Turquie d’une aide économique, dite de stand-by, dépendrait entre autres de la liquidation accélérée de ces cinq banques ?
16. Les investigations recommandées par la commission parlementaire furent confiées à un comité d’experts présidé par l’inspecteur en chef près le Premier ministre (paragraphes 42 à 44 ci-dessous).
b) Les procédures administratives et autres mesures imposées par l’ARSB
17. Le 7 septembre 2001, les requérants saisirent la 10e chambre d’une action en annulation de l’arrêté no 382 (paragraphe 12 ci-dessus).
18. Le 13 décembre 2001, par l’arrêté no 552, l’ARSB interdit à Kentbank d’effectuer des opérations bancaires et de recevoir des dépôts, avec effet au 28 décembre 2001 (paragraphe 67 in limine, ci-dessous).
19. Le 30 janvier 2002, les requérants saisirent à nouveau la 10e chambre, demandant cette fois-ci l’annulation de l’arrêté no 552.
20. Alors que ces deux procédures étaient encore pendantes, l’ARSB (arrêté no 653 du 20 février 2002) et le FADE (en particulier l’arrêté no 177 du 20 mars 2002) décidèrent conjointement d’interrompre la liquidation de Kentbank et de la fusionner avec Bayındırbank S.A., l’une des autres banques transférées au FADE en vertu de la loi no 4389 (paragraphe 12 in limine, ci-dessus).
21. Le 4 avril 2002, la fusion fut achevée. En conséquence, Kentbank fut radiée du registre de commerce et perdit ipso jure la personnalité morale.
Dans l’intervalle, l’ensemble de ses succursales et de ses biens meubles avaient été vendus.
A une date non précisée, les requérants introduisirent une action en annulation des arrêtés nos 177 et 653 susmentionnés (paragraphe 20 ci dessus) devant la 13e chambre du Conseil d’Etat (« la 13e chambre »).
22. Le 15 avril 2002, par l’arrêté no 6083, le FADE imposa en outre au requérant, M. Süzer, une interdiction de quitter le territoire turc, qui demeura en vigueur jusqu’en avril 2005.
23. Par un jugement (no 2003/2566) du 23 juin 2003 (dossier no 2001/2705), la 10e chambre rejeta la demande en annulation concernant l’arrêté no 382 (paragraphe 17 ci-dessus).
Les requérants firent appel de cette décision devant l’Assemblée plénière des chambres administratives du Conseil d’État (« l’Assemblée plénière »).
24. Par un arrêt (no 2003/897) du 11 décembre 2003 (dossier no 2003/710), l’Assemblée plénière infirma le jugement attaqué.
Elle observa d’emblée qu’avant son transfert au FADE le 9 juillet 2001, Kentbank avait déjà entrepris des démarches pour doubler son capital propre et renforcer sa situation conformément aux instructions du 15 mars 2001 (paragraphes 7 et 10 ci-dessus). Soulignant que l’ARSB avait d’ailleurs fait savoir qu’il reverrait sa position une fois l’apport de capital comptabilisé, l’Assemblée plénière considéra que la banque était dès lors en droit de se voir accorder un certain temps pour concrétiser son plan d’action.
Jugeant le transfert au FADE précipité, elle conclut que la légitimité du but que devaient viser les mesures prévues par l’article 14 de la loi no 4389 s’en voyait entachée.
25. L’Assemblée plénière considéra par ailleurs que les arguments tirés du caractère supposément abusif de décisions accordant des crédits à des filiales de la société requérante étaient mal fondés, car après l’injonction du 15 mars 2001 (paragraphe 7 ci-dessus), Kentbank n’avait enregistré aucune opération de ce type. Elle estima du reste que rien dans le dossier n’étayait les autres allégations selon lesquelles les dirigeants de la banque s’étaient rendus coupables de détournement de fonds ou malversations.
26. A une date non précisée, l’ARSB introduisit un recours en rectification de l’arrêt du 11 décembre 2003 (paragraphe 24 ci-dessus).
Le 29 avril 2004, l’Assemblée plénière écarta ce recours et l’affaire fut renvoyée devant la 10e chambre pour réexamen.
27. Par un premier jugement (no 2004/5575) du 21 juin 2004 (dossier no 2004/7935), la 10e chambre prononça, à l’unanimité, l’annulation pure et simple de l’arrêté no 382 portant cession de Kentbank au FADE (paragraphe 12 ci-dessus).
28. Par un second jugement (no 2004/5576) rendu le même jour, elle statua également sur la seconde action des requérants (dossier no 2002/666) et déclara l’arrêté no 552 nul et non avenu, la nullité de l’arrêté no 382 lui ôtant toute base légale (paragraphes 18 et 27 ci-dessus).
29. Le 30 juillet 2004, l’ARSB recourut devant l’Assemblée plénière contre les deux jugements du 21 juin 2004 (paragraphes 27, 28 ci-dessus et 48 ci-dessous).
c) Les procédures pénales pertinentes
30. Parmi les différentes démarches de droit pénal entreprises dans cette affaire, les plus significatives sont décrites ci-après.
31. Le 13 février 2002, se fondant sur le rapport R-1 (paragraphe 6 ci dessus), l’ARSB déposa une première plainte auprès du parquet de Şişli (« le parquet ») contre les dirigeants de Kentbank, dont le requérant. Ils étaient accusés de fraude et d’abus de confiance concernant, entre autres, l’utilisation irrégulière de la plus-value dégagée de la cession de parts sociales d’une société tierce.
Le 18 février 2002, le parquet rendit une ordonnance de non-lieu (dossier no 2002/7308).
Le 9 avril 2002, l’ARSB forma opposition devant la 1re chambre de la cour d’assises de Beyoğlu, laquelle rejeta ce recours le 24 avril 2002. Le non-lieu devint ainsi définitif.
32. Le 3 avril 2002, l’ARSB déposa une seconde plainte, élargissant la portée de la première (paragraphe 31 ci-dessus), en exposant qu’au vu des informations obtenues ultérieurement, les faits dénoncés précédemment constituaient par ailleurs le délit de détournement de fonds.
Le 3 octobre 2003, le parquet rendit également un non-lieu quant à ce chef (dossier no 2003/35753).
L’ARSB attaqua cette ordonnance devant la 3e chambre de la cour d’assises de Beyoğlu. Le 5 mars 2004, celle-ci écarta l’opposition et le non lieu devint définitif.
33. L’examen du dossier permet d’identifier une troisième plainte déposée, sans doute, le 26 février 2002 et dans laquelle l’ARSB reprochait aux dirigeants de Kentbank, dont M. Süzer, d’avoir consenti plusieurs crédits à deux filiales du holding, au mépris de l’interdiction posée par l’injonction no 1877 du 15 mars 2001 (paragraphe 7 ci-dessus).
Le non-lieu rendu dans cette affaire le 3 octobre 2002 fut confirmé le 20 novembre 2002.
34. Concernant ces trois plaintes définitivement écartées (paragraphes 31 33 ci-dessus), l’ARSB saisit le ministre de la Justice pour qu’il intervienne dans l’intérêt de la loi.
35. Le 23 juillet 2004, alors que ce recours extraordinaire était encore en cours d’examen devant le ministre, l’ARSB déposa une quatrième plainte devant le parquet de Şişli ; elle y reprenait ses accusations de détournement de fonds (paragraphe 32 in limine ci-dessus), mais présentait de nouveaux éléments à l’appui.
Un dossier d’instruction fut ouvert à cet égard, apparemment sous le numéro 2004/39422 (première instruction).
36. Le 24 septembre 2004, le ministre fit droit à la demande précédente de l’ARSB (paragraphe 34 ci-dessus) et enjoignit au procureur général de la Cour de cassation d’engager des poursuites pour les accusations ayant fait l’objet des deux plaintes définitivement classées les 18 février 2002 et 3 octobre 2003 respectivement (paragraphes 31 et 32 ci-dessus).
37. Alors que cette procédure était en cours, le 29 septembre 2004, l’ARSB déposa une cinquième plainte ; elle reprochait derechef aux dirigeants de Kentbank d’avoir commis nombre de fraudes, en utilisant l’entité juridique et économique de la banque comme écran.
Cette cinquième plainte fut enregistrée, semble-t-il, sous le numéro de dossier 2004/39402 (seconde instruction).
38. Le 1er octobre 2004, le ministre fit également droit à la demande d’intervention dans l’intérêt de la loi concernant la troisième plainte (paragraphes 33 et 34 ci-dessus) et transmit le dossier au procureur général.
A une date non précisée, la 7e chambre pénale de la Cour de cassation accueillit ce recours et infirma la décision du 20 novembre 2002 de la cour d’assises (paragraphe 33 in fine ci-dessus).
Le dossier d’instruction afférent fut ainsi rouvert.
39. Le 14 décembre 2004, la 11e chambre pénale de la Cour de cassation rejeta le premier recours ministériel dans l’intérêt de la loi (paragraphe 36 ci-dessus), en tant qu’il portait sur les chefs de fraude et d’abus de confiance (paragraphe 31 ci-dessus).
40. Toutefois, par un arrêt du 4 mai 2005, elle infirma le jugement du 5 mars 2004 (paragraphe 32 in fine ci-dessus) quant au chef de détournement de fonds. Cela entraîna ipso jure l’ouverture d’une nouvelle instruction pénale, dont le dossier fut joint à celui de la première instruction (no 2004/39422) en cours pour le même chef (paragraphe 35 in fine ci dessus).
41. A l’issue de ces deux instructions nos 2004/39422 et 2004/39402 (paragraphe 37 in fine ci-dessus), deux réquisitoires furent préparés, respectivement pour détournement de fonds (réquisitoire no 804 portant sur dix-neuf délits) et pour fraude (réquisitoire no 805 portant sur dix délits).
Ces réquisitoires furent communiqués pour action au bureau de la contrebande et des fraudes financières près le parquet d’Istanbul (paragraphe 45-47 ci-dessous) .
2. Les derniers épisodes
a) L’enquête parlementaire
42. Le comité d’experts désigné en l’espèce (paragraphe 16 ci-dessus) remit son rapport le 24 juin 2004. Dans ses parties concernant la cession de Kentbank, ce rapport contenait les éléments suivants :
– le premier rapport (no R-1) faisant état de la situation déficitaire de Kentbank datait du 1er février 2001 et était celui sur lequel se fondait l’injonction du 15 mars 2001 (paragraphes 6 in limine et 7 ci-dessus) ; cela étant, l’arrêté no 382 du 9 juillet 2001 (paragraphe 12 ci-dessus) trouvait son origine dans le second rapport (no R-4), présenté lui aussi le « 1er février 2001 (comparer, paragraphe 6 in fine, ci-dessus) » et concluant à la nécessité de transférer Kentbank au FADE ;
– concernant les ententes obscures supposées entre les instances compétentes et le FMI, si celui-ci avait bien exercé une certaine influence, les cessions critiquées relevaient plutôt de l’engagement du Gouvernement de « résoudre impérativement les problèmes liés aux banques économiquement faibles, ayant épuisé leurs capitaux et contrevenant à la discipline financière » ; Kentbank répondait à ces critères car, au 30 septembre 2000 (paragraphe 6 in limine ci-dessus), elle ne disposait plus de capitaux propres.
43. En conséquence, le comité émit l’avis que, si les requérants avaient pu obtenir gain de cause devant la 10e chambre et éviter jusqu’alors des poursuites pénales, cela n’était dû qu’à des atermoiements administratifs et des erreurs de manœuvre de l’ARSB.
Il estimait toutefois qu’il était encore possible de remédier à ce problème par l’intermédiaire du ministre de la Justice, habilité à se pourvoir dans l’intérêt de la loi ; ce recours invoqué fut justement celui emprunté par l’ARSB (paragraphe 34 ci-dessus).
b) Les procédures pénales pertinentes
44. Par un acte du 30 juin 2005, le bureau de la contrebande et de la fraude financière (paragraphe 41 ci-dessus) mit le requérant et les 34 dirigeants de Kentbank en accusation devant la 8e chambre de la cour d’assises d’Istanbul.
L’affaire fut inscrite sous le numéro de dossier 2005/89.
45. Cette action fut suivie par une seconde, introduite devant la 11e chambre de la cour d’assises de Şişli, relativement aux actes présumés d’accord frauduleux de crédits ayant fait l’objet de la troisième plainte (paragraphes 33 et 38 ci-dessus).
46. Cette affaire, initialement enregistrée sous le dossier no 2005/254, fut par la suite jointe avec l’affaire no 2005/89 (paragraphe 44 ci-dessus) déjà pendante devant la 8e chambre de la cour d’assises d’Istanbul.
c) Les procédures juridictionnelles administratives
i. Quant au fond
47. Par deux arrêts du 17 février 2005 (nos 2005/31 et 2005/32 respectivement), l’Assemblée plénière écarta les deux derniers pourvois de l’ARSB (paragraphe 29 ci-dessus) concernant la nullité respectivement des arrêtés nos 382 et 552 (paragraphes 27 et 28 ci-dessus).
48. Celui-ci introduisit alors un recours en rectification contre les arrêts nos 2005/31 et 2005/32 précités.
L’avocat général et le juge référendaire près l’Assemblée plénière émirent l’avis qu’il convenait de suspendre l’examen de ces recours jusqu’à l’aboutissement de la procédure pénale jointe susmentionnée, alors pendante (paragraphe 46 ci-dessus).
49. Toutefois, par deux arrêts rendus les 2 février 2006 et 21 mars 2007 respectivement, l’Assemblée plénière débouta l’ARSB de ses deux recours en rectification, au motif que rien ne justifiait en l’espèce de surseoir à statuer.
Ainsi, tous les moyens de droit susceptibles d’être exercés contre l’annulation des arrêtés nos 382 et 552 furent épuisés.
50. Dans l’intervalle, par un arrêt du 16 septembre 2005, la 13e chambre annula ex tunc les arrêtés nos 177 et 653 (paragraphes 20 et 21 ci-dessus), au motif que par suite de l’annulation définitive de l’arrêté no 382 (paragraphe 49 ci-dessus), ces deux actes se trouvaient vidés de leur fondement légal.
Par un arrêt du 21 mars 2007, l’Assemblée plénière rejeta le pourvoi de l’ARSB. Celle-ci introduisit alors un recours en rectification d’arrêt, lequel fut également écarté le 26 juin 2008, en tant qu’il concernait l’ARSB, relativement à l’arrêté no 653.
Cependant, le recours fut admis dans le chef du FADE pour ce qui est de l’arrêté no 177.
Plus tard, la 13e chambre fut appelée à trancher ce second volet du litige, laissé jusqu’alors en suspens. Par un jugement du 22 octobre 2008, elle conclut qu’il n’y avait pas lieu de trancher, compte tenu d’un protocole signé le 1er mars 2007 entre les requérants, le FADE, et le successeur de Bayındırbank S.A. (paragraphe 57 ci-dessous).
51. En effet, aux termes de ce protocole, les requérants renonçaient à toute prétention ou action judiciaire à l’encontre du FADE, de son personnel ainsi que des banques sous sa tutelle. Par ailleurs, ils se portaient garants des dettes des filiales du holding envers Kentbank, dont la créance totale de 229 359 534 USD, échue à ce titre, se trouvait déjà transférée au FADE. En contrepartie, le FADE acceptait de réduire la dette totale à rembourser à 188 156 327 USD et d’établir un plan de remboursement clément.
ii. Quant à l’exécution des jugements nos 2004/5575 et 2004/5576
52. Le 19 juillet 2004, les requérants, invoquant l’article 28 de la loi no 2577 et l’article 138 de la Constitution (paragraphe 68 ci-dessous), invitèrent l’ARSB à exécuter les jugements nos 2004/5575 et 2004/5576 de la 10e chambre portant annulation respectivement des arrêtés nos 382 et 552 (paragraphes 27 et 28 ci-dessus), démarche qui n’était pas prématurée, car le pourvoi exercé contre ces jugements par l’ARSB (paragraphe 29 ci-dessus) n’avait aucun effet suspensif.
Se prévalant du principe de la restitutio in integrum, les requérants demandèrent que les actifs et passifs confondus de Bayındırbank S.A. et de Kentbank soient distingués, que le patrimoine de celle-ci leur soit restitué, et que l’interdiction d’effectuer des opérations bancaires imposée à leur banque soit levée.
Parallèlement, les requérants répétèrent la même invitation à s’exécuter auprès du FADE .
53. En ce qui concerne le volet relatif à l’arrêté no 382, l’ARSB répondit le 11 août 2004 par une décision no 1369. Dans cette décision, fondée sur un avis juridique de trois professeurs de droit administratif, l’ARSB arguait de l’impossibilité, tant juridique que matérielle (paragraphe 72 ci-dessous), d’exécuter le jugement no 2004/5575 (paragraphe 27 ci-dessus), pour les motifs suivants :
« (…) la personnalité morale de Kentbank a pris fin avec sa radiation du Registre du commerce ; (…) parmi les actes ayant entraîné cette dissolution, seul celui concernant la fusion avec Bayındırbank S.A. émanait de l’ARSB ; (…) les autres actes à l’origine de la dissolution relevaient du FADE et de l’assemblée générale liquidatrice de Kentbank ; (…) enfin, les modifications portées par la loi no 5020 à la loi sur les banques faisaient obstacle à l’exécution en fait et en droit [de ce jugement]. »
54. En ce qui concerne le volet relatif à l’arrêté no 552, l’ARSB réagit par une décision no 1400 du 24 septembre 2004. En s’appuyant sur les mêmes motifs qui avaient déjà fondé sa décision no 1369 précitée (paragraphe 53 ci-dessus), l’ARSB argua derechef de l’impossibilité d’exécuter le jugement no 2004/5576 (paragraphe 28 ci-dessus).
55. Le 6 octobre 2004, les requérants invitèrent l’ARSB à revenir sur sa position et se conformer aux jugements en cause en l’espèce.
60 jours s’écoulèrent sans réponse de la part de l’ARSB, dont le silence valait refus tacite.
Aussi les requérants engagèrent-ils devant la 13e chambre deux actions en annulation contre les refus opposés à leurs demandes.
56. Par deux arrêts du 29 novembre 2005 (nos 2009/32 et 2005/5545), la 13e chambre débouta les requérants de leurs demandes, formulées au titre des arrêtés nos 382 (jugement no 2004/5575) et 552 (jugement no 2004/5576) respectivement (paragraphes 27 et 28 ci-dessus).
Rappelant les principes fondamentaux posés par l’article 138 de la Constitution et l’article 28 § 1 de la loi no 2577 (paragraphe 68 ci-dessous), la 13e chambre réaffirma le devoir strict de l’administration de se conformer au jugement en cause et de rétablir sans tarder la situation antérieure à l’acte annulé.
Cependant, elle reconnut qu’il pouvait y avoir des cas où l’exécution d’un jugement puisse s’avérer impossible, comme dans le cas d’espèce, où il n’y avait aucun moyen réaliste de restaurer la situation juridique et financière de Kentbank, telle qu’elle était avant son transfert au FADE.
Par conséquent, le refus de l’ARSB de s’exécuter n’était pas contraire à la loi.
57. Entre-temps, le 19 octobre 2005, fut promulguée la nouvelle loi no 5411 sur les banques.
Par la suite, en vertu d’un arrêté du 7 décembre 2005, Bayındırbank S.A. (paragraphe 20 ci-dessus) devint Birleşik Fon Bankası S.A., qui est toujours active sous la tutelle du FADE.
58. Les requérants se pourvurent devant l’Assemblée plénière contre les deux jugements du 29 novembre 2005 (paragraphe 56 in limine, ci-dessus).
Par deux arrêts du 21 mars 2007, l’Assemblée plénière débouta les requérants qui introduisirent alors, parallèlement, deux recours en rectification d’arrêt.
59. Le 26 juin 2008, l’Assemblée plénière (composée de 27 juges), à la majorité, rendit deux arrêts, faisant droit aux demandes des requérants. Dans leurs considérants, les juges, après avoir rappelé les grands principes du droit administratif, concluaient comme suit :
« (…) l’exécution par l’administration des jugements rendus par le Conseil d’Etat, les tribunaux administratifs ordinaires, régionaux ou du contentieux des impôts, est une règle primordiale.
En l’occurrence, au vu de l’ensemble des informations et documents du dossier, on constate que, malgré l’annulation de l’arrêté portant cession de Kentbank (…) au FADE, il n’est pas possible de restaurer la situation juridique et financière de cette banque antérieure à la date dudit arrêté, et de restituer celle-ci aux intéressés dans l’état où elle se trouvait à la date en question.
Cependant, conformément à ce que le jugement d’annulation exige et à moins qu’il y ait un autre obstacle juridique quelconque, l’administration est tenue d’assurer les conditions nécessaires pour que les intéressés puissent à nouveau exercer des activités bancaires et d’autoriser ces derniers à fonder une banque qui sera habilitée à effectuer des opérations bancaires ainsi qu’à accepter des dépôts, dans le cadre des dispositions de la loi sur les banques. »
60. A ces deux arrêts se trouvaient jointes des opinions dissidentes de douze juges qui firent les observations suivantes :
– compte tenu du déficit de capital propre de Kentbank à la date de son transfert au FADE, celui-ci a dû verser 154 trillions d’anciennes livres turques (« ATRL ») pour consolider les comptes et constituer une réserve facultative d’un montant de 1 605 244 500 nouvelles livres turques (« TRL »), étant entendu qu’avant cette date, la seule dette des actionnaires principaux envers Kentbank s’élevait déjà à 527 540 082 TRL ;
– on ne saurait escompter que les intéressés – qui, par le passé, n’avaient pas été en mesure d’assumer leurs obligations – puissent être à même de cautionner l’apport des fonds nécessaires pour combler le déficit en capital de Kentbank, si celle-ci devait leur être restituée ;
– il y a bien une impossibilité juridique et matérielle de restituer Kentbank en son état antérieur à son transfert au FADE, sachant qu’au demeurant, les intéressés ont eux-mêmes renoncé à l’action en annulation engagée devant la 13e chambre contre l’arrêté no 177 du 20 mars 2002 concernant la fusion de Kentbank avec Bayındırbank S.A. (comparer, paragraphes 20, 21 et 50 in fine, ci-dessus) ;
– par ailleurs, à l’époque pertinente, les intéressés étaient les actionnaires majoritaires d’une autre banque, à savoir Atlas Yatırım Bankası S.A. ; par un arrêté no 378 du 9 juillet 2001, celle-ci avait été interdite d’activités bancaires, en vertu de l’article 14 de l’ancienne loi no 4389 ; or, contrairement à ce qui est souhaité par la majorité, selon cette loi, tout comme la loi no 5411 du 19 octobre 2005 qui l’a remplacée (paragraphes 57 ci-dessus et 67 ci-dessous), les anciens actionnaires d’une banque frappée d’une telle interdiction, tels que les requérants, sont interdits de fonder une nouvelle banque.
61. Par la suite, en juillet 2008, pour une raison non précisée, les requérants introduisirent, toujours devant la 13e chambre, une seconde série d’actions en annulation, dont les objets étaient identiques à ceux des deux actions précédentes, à savoir la levée des refus exprimés par l’ARSB dans ses décisions no 1369 du 11 août 2004 et no 1400 du 24 septembre 2004 (paragraphes 53 et 54 ci-dessus).
62. Par deux jugements du 6 janvier 2009, la 13e chambre donna gain de cause aux requérants. Rappelant les attendus des deux arrêts du 26 juin 2008 de l’Assemblée plénière (paragraphe 59 ci-dessus), elle conclut à l’illégalité des refus opposés par l’ARSB.
L’ARSB se pourvut alors devant l’Assemblée plénière qui, par un arrêt du 10 décembre 2009 rendu à l’unanimité, écarta le pourvoi, précisant que les jugements attaqués s’alignaient parfaitement avec ceux du 26 juin 2008 (ibidem).
Le 10 juin 2010, l’ultime recours en rectification d’arrêt diligenté par l’ARSB fut également rejeté.
3. Conclusion
63. A cette dernière date, toutes les procédures administratives relatives aux mesures prises à l’endroit de Kentbank se trouvaient clôturées en faveur des requérants et la nullité ex tunc de tous les actes administratifs litigieux, tant principaux qu’accessoires, était définitivement confirmée.
64. Il semble que la seule procédure encore pendante est l’action publique devant la 8e chambre de la cour d’assises d’Istanbul sous le dossier no 2005/89 (paragraphe 46 ci-dessus). Le FADE s’était constitué partie intervenante dans ce procès, mais il s’est rétracté après avoir signé le protocole du 1er mars 2007 (paragraphe 51 ci-dessus). Quoi qu’il en soit, ce procès n’a assurément pas fait obstacle à la solution définitive du litige principal dans le cadre du contentieux administratif (paragraphe 49 ci dessus).
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
A. Les mesures préventives visant les banques en difficulté selon l’ancienne loi no 4389 sur les banques
65. Le régime établi par l’article 14 de la loi no 4389 sur les banques, dans sa version en vigueur à l’époque des faits et postérieure aux modifications apportées par la loi no 5020 du 26 décembre 2003, prévoyait une série de mesures en direction des établissements en difficulté, l’autorité de droit public régulatrice de ce secteur étant l’ARSB. Pour exercer ses pouvoirs, celle-ci se fondait sur les informations financières et les rapports qui lui étaient adressés par des auditeurs assermentés. Lorsque la liquidité et la solvabilité d’une banque ne répondaient plus aux exigences légales, elle pouvait lui imposer un plan d’action propre à redresser la situation (article 14 § 2, alinéa a). Dans la même optique, si les fonds propres d’une banque se révélaient insuffisants pour satisfaire au seuil minimal, l’ARSB pouvait ordonner que le capital de l’entreprise soit renforcé, selon un plan qu’elle aurait approuvé (article 14 § 2, alinéa b).
66. Si la banque visée ne pouvait ou ne voulait s’exécuter ou si elle présentait un déficit tel qu’aucune des mesures préventives ne puisse y remédier, l’ARSB prononçait son transfert au FADE (article 14 § 3), une autre entité de droit public, chargée en vertu de l’article 15 de la loi no 4389 du redressement des banques en difficulté. L’ARSB pouvait aussi interdire à la banque visée d’accepter des dépôts et de procéder à toute autre forme d’opération bancaire.
Le transfert comprenait tous les droits d’actionnariat (à l’exception des agios), de gestion et de contrôle de la banque en question, étant entendu que le FADE était habilité à effectuer toutes sortes d’opérations, y compris la cession à des tiers des actions, biens et succursales des banques dont il avait la tutelle.
De telles mesures pouvaient aussi intervenir lorsque l’ARSB constatait que les responsables de la direction et du contrôle d’une banque abusaient des fonds propres de l’entreprise de manière à mettre en péril son bon fonctionnement et les intérêts des tiers (article 14 § 4).
67. La loi no 4389 fut remplacée par la nouvelle loi no 5411 sur les banques du 19 octobre 2005, laquelle prévoit un régime comparable à celui décrit ci-dessus. Dans le contexte de la présente affaire, il convient de rappeler que selon l’article 8 b) de cette loi, les anciens actionnaires majoritaires ou les personnes ayant disposé du contrôle d’une banque transférée au FADE avant le 19 octobre 2005, ne sont pas habilités à fonder une nouvelle banque.
B. L’exécution des décisions judiciaires rendues à l’encontre de l’administration
68. En vertu de l’article 138 § 4 de la Constitution et de l’article 28 § 1 de la loi no 2577 sur la procédure administrative, les pouvoirs législatif et exécutif ainsi que toutes les autorités administratives sont tenus de respecter les décisions de justice rendues à leur encontre. Ces dispositions se lisent comme suit :
Article 138 § 4 de la Constitution
« Les organes des pouvoirs exécutif et législatif ainsi que l’administration sont tenus de se conformer aux décisions judiciaires ; lesdits organes et l’administration ne peuvent, en aucun cas, modifier les décisions judiciaires ni en différer l’exécution. »
Article 28 § 1 de la loi no 2577
« 1. L’administration est tenue d’adopter sans tarder l’acte ou l’action requis par les décisions (…) rendues au fond par le Conseil d’État ou les tribunaux administratifs (…) Le délai [pour ce faire] ne peut en aucun cas dépasser les trente jours qui suivent la notification de la décision à l’administration. »
69. Selon les principes du droit turc et la jurisprudence bien établie du Conseil d’État, une action en annulation intentée contre un acte administratif a pour but d’établir si cet acte est contraire à la loi, et non pas de constater la violation d’un droit individuel ni de réparer le dommage qui pourrait en résulter.
En particulier, l’office du juge, s’il constate le bien-fondé d’une action de ce type, se limite à prononcer l’annulation de l’acte attaqué, sans substituer lui-même aucune décision nouvelle à l’acte annulé. C’est à l’administration que revient le soin de prendre, de sa propre initiative, toute nouvelle décision ou mesure appelée par le jugement.
70. Par ailleurs, un acte administratif annulé est réputé nul et non avenu dès sa date d’adoption, de même que toutes les autres mesures et décisions prises sur le fondement de cet acte. La nullité a donc un effet ex tunc extensif. Pour exécuter un jugement d’annulation, l’administration doit s’employer d’office à restaurer la situation antérieure à l’acte annulé, en veillant à en effacer les conséquences.
A cet égard, il importe de noter que, vis-à-vis de l’administration mise en cause, une décision d’annulation est contraignante, non seulement par son dispositif, mais également par les motifs qui le sous-tendent. Il s’ensuit que, pour se conformer à un tel jugement, l’entité visée doit prendre toutes les décisions ou mesures nécessaires pour aboutir au but inhérent au dispositif de ce jugement, et ce, en s’alignant sur les motifs et les considérants retenus par le tribunal.
71. L’administration ne peut, en aucun cas, altérer les jugements rendus à son endroit ni en retarder ou en refuser l’exécution. Elle ne peut non plus contourner ou entraver l’exécution d’un jugement, par exemple, en faisant intervenir de nouvelles décisions ou mesures administratives à cet effet, ou en assujettissant son exécution à une forme quelconque d’autorisation d’une entité administrative.
72. L’administration concernée doit impérativement s’exécuter dans les 30 jours suivant la notification de la décision de justice, en prenant toutes les mesures pertinentes, qu’il s’agisse de décisions formelles ou d’actes matériels. Dans ce contexte, une déclaration de l’administration selon laquelle elle se trouverait dans l’impossibilité matérielle d’exécuter une décision ne lui permet nullement de se soustraire à ses obligations.
En pratique, même dans les cas exceptionnels où il serait effectivement impossible en fait ou en droit de mettre en œuvre un jugement d’annulation (notamment s’agissant des décisions impliquant une exécution en nature), l’obligation pour l’administration de s’exécuter ne s’éteint point. En présence avérée de tels obstacles, on parlera plutôt d’un changement dans la modalité d’exécution, et il s’agit alors de déterminer la solution de rechange la plus satisfaisante, sans que l’intéressé ait à nouveau à ester en justice. Par exemple, pour faire valoir un obstacle de nature « juridique », l’administration doit établir que celui-ci est « incontournable » (voir par exemple l’arrêt du 10 février 1987 de la 5e chambre du Conseil d’Etat, no 1986/951E. – 1987/179K).
Qu’il s’agisse d’un cas d’impossibilité juridique ou matérielle, l’administration visée doit en tout état de cause démontrer qu’elle a fait tout ce qui était en son pouvoir pour exécuter le jugement, et que les obstacles étaient insurmontables ; ensuite, elle doit donner des signes clairs de sa volonté de se conformer à la décision en question, en proposant à l’intéressé la solution de rechange la plus adéquate et pertinente, ce qui, dans nombre de cas, peut correspondre à un dédommagement intégral (restitutio in integrum).
73. Cette question de la « modalité d’exécution » d’un jugement n’est pas à confondre avec la question de la « réparation » du préjudice matériel ou moral subi par l’intéressé.
En ce qui concerne la question générale de la réparation du fait des actes et décisions de l’administration, le principe est posé par l’article 125 §§ 1 et 7 de la Constitution :
« Tout acte ou décision de l’administration est susceptible d’un contrôle juridictionnel (…)
L’administration est tenue de réparer tout dommage résultant de ses actes et mesures. »
Le corollaire de ce principe est défini dans les articles 11 à 13 de la loi no 2577 sur la procédure administrative. En effet, en vertu de ces dispositions, toute victime d’un dommage résultant d’un acte de l’administration peut demander réparation à cette dernière dans le délai d’un an à compter de la date de l’acte allégué. En cas de rejet de tout ou partie de la demande ou si aucune réponse n’a été obtenue dans un délai de soixante jours, la victime peut engager une procédure devant la juridiction administrative.
74. Les règles ci-dessus, qui forment un socle de lex generalis, sont concurrencées par d’autres dispositions dans le contexte spécifique des préjudices résultant de l’inexécution d’un jugement administratif. En ce domaine particulier, le principe posé par l’article 138 de la Constitution et l’article 28 § 1 de la loi no 2577 (paragraphe 68 ci-dessus) trouve un corollaire dans les dispositions de l’article 28 §§ 3 et 4 de la loi no 2577 sur la responsabilité pécuniaire de l’administration. Ces dernières dispositions – qui se présentent comme une lex specialis par rapport à celles décrites au paragraphe précédent – se lisent ainsi :
« 3. Lorsque l’administration n’a pas adopté un acte ou n’a pas réagi conformément à une décision du Conseil d’Etat ou des tribunaux administratifs (…), une action en réparation du dommage moral ou matériel peut être engagée contre l’administration devant le Conseil d’Etat et les tribunaux compétents. »
« 4. En cas de non-exécution délibérée des décisions des tribunaux par les fonctionnaires dans les trente jours [qui suivent la décision], une action en indemnisation peut être engagée tant contre l’administration que contre le fonctionnaire qui refuse d’exécuter la décision en question. »
75. D’après la jurisprudence du Conseil d’État, l’administration doit s’exécuter d’office, sans que les intéressés aient à la solliciter à cette fin. Si elle omet de le faire dans le délai légal de 30 jours (paragraphe 55 ci dessus), l’intéressé dispose d’un délai de dix ans pour saisir l’entité visée et réclamer l’exécution de la décision d’annulation.
Il s’agit là d’une démarche préalable à l’introduction d’une éventuelle action en indemnisation (action de pleine juridiction) afin d’obtenir réparation du dommage matériel et/ou moral. Si l’administration rejette cette réclamation préalable – explicitement ou implicitement (60 jours écoulés sans réponse valant rejet) –, l’intéressé peut alors, dans les 60 jours qui suivent, engager une action en réparation contre l’autorité visée par la décision (article 28 § 3 susmentionné) et/ou contre le fonctionnaire qui a sciemment refusé d’exécuter celle-ci (article 28 § 4).
S’il est vrai que, compte tenu des principes régissant un État de droit, la non-exécution d’une décision judiciaire est généralement considérée comme constitutive d’une « faute de service », cela ne suffit pas pour obtenir réparation du préjudice qui en résulte. En effet, l’indemnisation d’une personne selon la voie sus-décrite dépend de l’établissement, d’abord, du dommage actuellement subi. Notamment, pour ce qui est des préjudices matériels, seul un dommage réel et précis peut être dénoncé, tel un amoindrissement d’actifs dans le patrimoine ou la perte d’une augmentation certaine du patrimoine. En revanche, les prétentions spéculatives fondées sur des gains futurs seront irrecevables (ainsi qu’il a été jugé, par exemple, dans un arrêt du 21 mai 1985 de la 6e chambre du Conseil d’Etat, no 1985/880E. – 1985/143K.). Le justiciable doit ensuite établir un lien de causalité avec, soit une « faute de service lourde » (tel est le cas, par exemple, lorsqu’il est établi que l’administration refuse sciemment de s’exécuter), soit d’une « faute personnelle », selon qu’on met en cause une entité administrative ou un fonctionnaire. Dans cette dernière hypothèse, l’affaire peut également relever du contentieux civil.
Pour autant, selon la jurisprudence constante du Conseil d’Etat, le versement d’une indemnité pour l’inexécution d’un jugement d’annulation n’affranchit point l’administration de son obligation constitutionnelle d’exécuter ledit jugement (voir par exemple l’arrêt du 19 mai 1992 de la 6e chambre du Conseil d’Etat, no 1990/848E. ve 1992/632 K.).
76. Outre la responsabilité pécuniaire, deux autres types de responsabilité peuvent également être engagés.
Il s’agit, en premier lieu, de la responsabilité pénale du fonctionnaire fautif. En effet, celui-ci peut être poursuivi pour « abus de fonctions » ou « négligence dans l’exercice de ses fonctions ». Pour cela, il suffit de démontrer qu’il a entravé – fût-ce même involontairement – l’exécution d’une décision de justice.
En dernier lieu, il convient de mentionner également pour mémoire la responsabilité politique, laquelle touche à la question de la légitimité de l’entité politique (en particulier, le gouvernement, le premier ministre, un ministre etc.), dans la mesure où il y a eu méconnaissance de l’article 138 de la Constitution.
EN DROIT
I. L’OBJET DU LITIGE
77. Dans leur requête originelle, introduite le 7 janvier 2005, les requérants alléguaient une violation de leur droit à un procès équitable en raison de l’inexécution par l’administration de la première série de jugements, par lesquels la 10e chambre du Conseil d’État leur avait donné gain de cause. Ils invoquaient l’article 6 § 1 de la Convention, dont le passage pertinent se lit ainsi :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
78. Toujours dans leur requête, les requérants soutenaient que, la cession de Kentbank au FADE étant dépourvue de base légale depuis l’annulation ex tunc des mesures prises à cet effet, la situation actuelle emportait aussi violation continue de l’article 1 § 1 du Protocole no 1 qui se lit ainsi :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international. »
79. Par la suite, après la communication de la présente affaire au Gouvernement et grâce aux observations que celui-ci a fait parvenir, la Cour a pris connaissance du fait que la seconde série de jugements, rendus par la 13e chambre du Conseil d’État, était devenue définitive le 10 juin 2010 (paragraphe 62 ci-dessus). En parallèle, dans leurs derniers mémoires complémentaires, notamment celui du 5 décembre 2010, les requérants ont, en substance, étendu la portée de leurs griefs sur le fond à cette seconde série de jugements (paragraphes 112 et 134 ci-dessus) ; de son côté, dans ses observations complémentaires du 6 janvier 2011, le Gouvernement a combattu les nouveaux arguments formulés à ce titre (paragraphes 103, 104, 106 et 141 ci-dessus).
Compétente pour traiter toute question de fait ou de droit qui surgit pendant l’instance engagée devant elle (Cruz Varas et autres c. Suède, 20 mars 1991, § 76, série A no 201), la Cour observe que la seconde série de jugements en cause en l’espèce est la continuation évidente de la première et est indissociable de celle-ci ; le différend à l’origine de la requête introductive d’instance devant la Cour n’a donc pas changé de nature de ce fait, la question principale soumise pour décision étant toujours de savoir si la non-exécution par l’administration desdits jugements est ou non contraire à la Convention. Ainsi, la Cour estime pouvoir effectivement se placer sur le terrain des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1 également dans le contexte de cette seconde série de jugements administratifs, à la lumière des nouveaux arguments des parties (mutatis mutandis, Müslim c. Turquie, no 53566/99, § 57, 26 avril 2005).
II. SUR LA RECEVABILITÉ
A. Thèses des parties
1. Le Gouvernement
80. Le Gouvernement affirme que les requérants n’ont pas la qualité de victime d’une violation de la Convention, au sens de son article 34, pour les motifs qui suivent.
D’abord, ayant eux-mêmes mis Kentbank en péril, par leurs agissements irresponsables et illégaux, les requérants ne sauraient être autorisés à tirer profit de leurs propres méfaits, ni se prévaloir de leur ancien statut d’actionnaires de Kentbank, dès lors que cette entité et, du même coup, ledit statut ont depuis longtemps cessé d’exister sur le plan juridique.
81. Deuxièmement, en signant le protocole du 1er mars 2007 (paragraphe 51 ci-dessus), les requérants auraient renoncé à leur droit d’ester en justice contre le FADE ainsi qu’à leur action en annulation contre l’arrêté no 177 portant fusion de Kentbank avec Bayındırbank S.A. (paragraphes 20 et 50 ci-dessus). Ayant ainsi affranchi le FADE de toute responsabilité juridique, les requérants ne sauraient se prévaloir d’un droit matériel de caractère civil qui puisse avoir une base légale en Turquie, étant entendu que dans ces circonstances, la Cour ne peut non plus, par voie d’interprétation de l’article 6 § 1, créer un tel droit opposable au FADE, faute d’une « base légale dans l’État concerné » (Fayed c. Royaume-Uni, 21 septembre 1994, § 65, série A no 294 B).
Selon le Gouvernement, cette considération vaut a fortiori pour le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1, car la renonciation stipulée dans le protocole du 1er mars 2007 serait encore davantage décisive à cet égard : en l’espèce, l’unique mesure prise par l’ARSB et annulée par la suite portait simplement sur le « transfert » de Kentbank ; toutes les autres mesures (c’est-à-dire les opérations de liquidation et de fusion), qui ont finalement entraîné la disparition de la personnalité morale de la banque, avaient été prises soit par l’assemblée générale liquidatrice soit par le FADE. Or, comme il a été déjà dit, la responsabilité du FADE ne peut plus être engagée sur le plan de droit interne.
82. Le Gouvernement excipe également du non-épuisement des voies de recours internes, au mépris de l’article 35 de la Convention, lequel n’exige pas seulement la saisine des juridictions nationales compétentes, mais commande en outre l’emploi des moyens de procédure propres à empêcher la violation alléguée de la Convention (Cardot c. France, 19 mars 1991, § 34, série A no 200).
A ce sujet, il rappelle qu’en l’occurrence, les juridictions administratives se sont cantonnées à annuler les décisions attaquées par les requérants, sans allouer aucune indemnité en connexion avec ce dispositif et sans condamner l’administration visée à restaurer un droit de propriété quelconque. Car, en droit administratif turc, un jugement portant annulation d’un acte ne peut pas contenir de dispositif indemnitaire. Aussi, il appartenait aux requérants d’emprunter d’autres recours disponibles et adéquats s’ils estimaient réellement avoir subi un préjudice.
83. Plus précisément, d’après le Gouvernement, les requérants auraient dû intenter contre l’administration récalcitrante une action en indemnisation pour réclamer la réparation de leur préjudice qu’ils estimaient né du fait de l’inexécution des jugements rendus en leur faveur, comme le leur permettait l’article 28 §§ 3 et 4 de la loi no 2577 (paragraphe 74 ci-dessus). A cet égard, il cite deux précédents de la 10e chambre (arrêts nos 1994/5161 et 2007/739 du 25 octobre 1994 et du 27 février 2007 respectivement), où les administrés se sont vu accorder des sommes au titre du dommage matériel et/ou moral subi en raison du refus de l’administration de s’exécuter.
84. Dans les observations qu’il a communiquées le 6 janvier 2011 sur la question de l’application de l’article 41 de la Convention, le Gouvernement ajoute d’autres arguments concernant la recevabilité de la requête.
En effet, il y excipe à nouveau du non-épuisement des voies administratives de réparation, mais en invoquant cette fois-ci les dispositions à caractère de lex generalis des articles 11 à 13 de la loi no 2577 susmentionnés (paragraphe 73 ci-dessus). Celles-ci permettraient à quiconque ayant subi un tort du fait d’un acte administratif ou de l’exécution d’une décision administrative d’introduire une action de pleine juridiction – accompagnée ou non d’une demande en annulation de la mesure contestée – afin d’obtenir réparation de son préjudice.
85. Toujours dans ses observations précitées du 6 janvier 2011, le Gouvernement arguë du « caractère prématuré » de la requête, en ce que les requérants n’ont jamais sollicité l’ARSB en vue d’obtenir une nouvelle licence bancaire, comme l’Assemblée plénière l’aurait indiqué dans ses arrêts du 26 juin 2008 (paragraphe 59 ci-dessus).
86. Le Gouvernement développe davantage cet argument sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1.
Il fait remarquer que la « demande de restitution » des requérants puise dans des jugements administratifs, faute de quoi ils n’auraient eu aucune prétention valable. Il s’ensuit que le grief qu’ils formulent au titre d’un droit au respect des biens se caractérise par une « demande » de restitution, et non pas par un « bien actuel » au sens de la jurisprudence de la Cour.
Pour qu’une telle « demande » puisse passer pour un « bien », il faudrait qu’elle ait une base légale en droit turc et s’inscrive dans le contexte d’une « espérance légitime ».
Or, invitant la Cour à comparer – a contrario – la présente affaire avec les arrêts Raffineries grecques Stran et Stratis Andreadis c. Grèce (9 décembre 1994, § 59, série A no 301 B), et Bourdov c. Russie (no 59498/00, § 40, CEDH 2002 III), le Gouvernement estime qu’en l’absence d’une créance susceptible d’être « exécutée », les requérants ne sauraient arguer de l’existence d’une espérance légitime. En effet, dans leur dispositif, les jugements en question ne reconnaissent aux requérants que le droit « de saisir l’ARSB afin d’obtenir les autorisations » nécessaires, ce qu’ils n’ont jamais fait.
Aussi les requérants ne peuvent-ils passer pour avoir respecté les consignes des juges administratifs ni, par conséquent, prétendre avoir une espérance légitime.
Selon le Gouvernement, la Cour est donc incompétente ratione materiae pour connaître de ce grief précis.
2. Les requérants
87. Les requérants déplorent les refus consécutifs de l’ARSB d’exécuter les jugements définitifs nos 2004/5575 et 2004/5576 du 21 juin 2004 (paragraphes 27 et 28 ci-dessus), portant annulation ex tunc des arrêtés nos 382 et 552, à l’origine de toutes les mesures imposées à Kentbank (paragraphe 12 ci-dessus). D’après eux, cette situation s’analyse en une violation continue de l’article 6 § 1 de la Convention, tel qu’interprété, entre autres, dans l’arrêt Hornsby c. Grèce du 19 mars 1997 (Recueil des arrêts et décisions 1997 II).
88. A la lumière de la jurisprudence de la Cour (Dragne et autres c. Roumanie, no 78047/01, § 27, 7 avril 2005, et Sabin Popescu c. Roumanie, no 48102/99, § 59, 2 mars 2004), les requérants estiment que leur réclamation du 19 juillet 2004 auprès de l’ARSB afin qu’elle s’exécute, ainsi que les procédures administratives menées à terme avec succès pour finalement obtenir l’annulation des refus opposés à cet égard par l’ARSB, constituaient le seul type de recours à emprunter, étant entendu qu’en droit turc, il est impossible de recourir à des voies d’exécution forcée contre une entité administrative.
89. S’agissant des voies de réparation invoquées par le Gouvernement (paragraphes 83 et 84 ci-dessus), les requérants soulignent que, contrairement à ce que celui-ci laisse entendre, leur grief principal porte sur la circonstance, pour eux, de continuer à être illégalement dépossédés du patrimoine que représentait Kentbank avant qu’elle ne soit transférée, et non pas de l’absence d’une voie de dédommagement à raison de la non exécution des décisions judiciaires internes.
B. L’appréciation de la Cour
1. Observations liminaires
90. La Cour note d’emblée que la deuxième branche de la seconde exception tirée de la règle d’épuisement des voies de recours internes (paragraphe 84 ci-dessus), tout comme les deux exceptions fondées sur la non-saisine de l’ARSB (paragraphes 85 et 86 ci-dessus), n’ont été invoquées pour la première fois par le Gouvernement que dans ses observations du 6 janvier 2011 (paragraphe 79 ci-dessus), qui devaient normalement porter sur la question de l’application de l’article 41 de la Convention. Or, aux termes de l’article 55 du règlement, toutes exceptions de cette nature auraient dû être soulevées dans les observations sur la recevabilité de la requête (Tănase c. Moldova [GC], no 7/08, § 121, CEDH 2010 (extraits)). Les requérants auraient alors été invités à répliquer à ces exceptions. Cela dit, il n’y a pas lieu de s’attarder sur la question de la forclusion (Prokopovitch c. Russie, no 58255/00, § 29, CEDH 2004-XI, Sejdovic c. Italie [GC], no 56581/00, § 41, CEDH 2006 II, et Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, § 53, CEDH 1999 VII), car de toute façon ces exceptions ne résistent pas à l’examen, pour les motifs qui seront exposés ci-dessous.
2. Examen
91. En ce qui concerne la première branche de la première exception, relative aux fautes qui auraient été commises par les requérants dans la gestion de Kentbank (paragraphe 80 ci-dessus), la Cour rappelle que par le mot « victime » l’article 34 de la Convention désigne la personne directement concernée par l’acte ou l’omission litigieux (Brumărescu, précité, § 50).
A cet égard, il est à relever qu’il n’y a guère de controverse entre les parties sur la nature du différend porté devant la Cour par M. Mustafa Süzer et la société requérante en leur qualité d’actionnaires qui, à l’origine des faits, contrôlaient à plus de 99 % le capital de Kentbank. Ce litige porte de façon essentielle sur l’omission de l’administration de se conformer à diverses décisions de justice, à savoir : d’abord, aux jugements du 21 juin 2004 (paragraphes 27 et 28 ci-dessus) annulant toutes les mesures relatives à Kentbank et qui sont devenus définitifs par les arrêts du 2 février 2006 et du 21 mars 2007 respectivement (paragraphe 49 ci-dessus) ; puis aux arrêts du 26 juin 2008 (paragraphe 59 ci-dessus) sanctionnant l’inexécution desdits jugements par l’administration visée ; et enfin, à la seconde série de jugements, rendus par la 13e chambre, par référence à ces derniers arrêts (paragraphe 62 ci-dessus).
Que les requérants aient été fautifs ou non en tant que gestionnaires de Kentbank peut sans doute jouer sur le plan interne ; mais, contrairement à ce que le Gouvernement pense, cet élément ne saurait en aucune manière entrer en ligne de compte pour le droit à se prétendre victime d’une violation dans le cas présent, où l’examen de la Cour doit porter sur les évènements postérieurs à l’annulation ex tunc des décisions prises par l’ARSB et non pas sur les raisons qui par le passé avaient pu être retenues par celle-ci pour asseoir ces décisions qui, comme il a déjà été dit, ne font plus partie de l’ordre juridique turc.
92. La Cour marque également son désaccord avec le second argument du Gouvernement, selon lequel les requérants ne seraient pas en droit d’agir en tant qu’anciens actionnaires d’une banque qui a cessé d’exister sur le plan juridique.
En effet, outre le fait que les conditions régissant les requêtes individuelles introduites au titre de la Convention ne coïncident pas nécessairement avec les critères nationaux relatifs au locus standi (voir, parmi d’autres, Norris c. Irlande, 26 octobre 1988, § 31, série A no 142), force est d’observer qu’en l’espèce, la dissolution de Kentbank ne change rien à la circonstance que les requérants, qui en détenaient le contrôle, furent longtemps actifs dans le secteur bancaire, de sorte qu’ils étaient forcément en possession, entre autres, de licences d’exploitation, de biens mobiliers et immobiliers et d’une certaine clientèle. Au demeurant, c’est bien eux qui ont introduit avec succès les instances administratives dans cette affaire, alors que leur banque se trouvait déjà dissoute (pour une situation comparable, voir Pine Valley Developments Ltd et autres c. Irlande, 29 novembre 1991, § 42, série A no 222), et avait ainsi perdu la possibilité d’ester en justice par l’intermédiaire de ses organes statutaires ou par ses liquidateurs (Agrotexim et autres c. Grèce, 24 octobre 1995, § 66, série A no 330 A, Vatan c. Russie, no 47978/99, § 48, 7 octobre 2004, et Union des Cliniques Privées de Grèce et autres c. Grèce, no 6036/07, § 35, 15 octobre 2009), ces derniers ayant décidé d’interrompre le processus de liquidation (paragraphe 20 ci-dessus).
Accepter que les requérants n’aient pas qualité pour agir dans de telles circonstances saperait la substance même du droit de recours individuel des personnes morales ou de leurs sociétaires, dans la mesure où cela serait de nature à encourager les gouvernements à dépouiller de leur personnalité juridique celles qui pourraient déposer une requête devant la Cour (voir, mutatis mutandis, Capital Bank AD c. Bulgarie, no 49429/99, § 80, CEDH 2005 XII (extraits)), pour ensuite dénier aux ex-sociétaires le droit de saisir la Cour en leur propre nom.
93. Pour ce qui e

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