Conclusione Non -violazione di P1-1
QUINTA SEZIONE
CAUSA SUD PARIGINA DI COSTRUZIONE C. FRANCIA
( Richiesta no 33704/04)
SENTENZA
STRASBURGO
11 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Sud Parigina di Costruzione c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Renate Jaeger, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Isabelle Berro-Lefèvre, Mirjana Lazarova Trajkovska, Zdravka Kalaydjieva, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33704/04), diretta contro la Repubblica francese, formata da una persona giuridica, la società S. P. di C. (“la richiedente”) che ha investito la Corte il 13 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentata da O. di N., avvocato al Consiglio di stato ed alla Corte di cassazione. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle Cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. La richiedente adduceva la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 29 agosto 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. La richiedente, S. P. di C., è una società di diritto francese che ha la sua sede sociale in Francia, a Mandres-les-roses.
6. Tramite un contratto stipulato il 7 novembre 1984, l’Assistenza Pubblica -ospedali di Parigi (qui di seguito “APHP”) affidò alla società E. T. la realizzazione di un lotto per la costruzione dell’ospedale Robert Debré.
7. Con un atto distinto e speciale dell’ 11 dicembre 1986, l’APHP gradì, su proposta dell’impresa principale incaricata del grosso dell’opera, la richiedente come subappaltata per la costruzione dei muri di sostegno dell’ospedale. Gli interessi moratori- destinati a riparare il danno subito dal titolare di un contratto pubblico o il subappaltatore a causa dei ritardi di pagamento dell’amministrazione-erano stati definiti all’epoca della conclusione del contratto a 2,5 punti al disopra del tasso di interesse degli obblighi garantiti, fissato al 14,5% dal 4 novembre 1981, o all’altezza del 17%, conformemente alle disposizioni allora in vigore dell’articolo 2 dell’ordinanza del 29 agosto 1977 secondo cui “il tasso degli interessi contemplati all’articolo 181 del codice dei contratto pubblici è il tasso di interesse degli obblighi garantiti aumentato di due punti e mezzo.”
1. Procedimento relativo al pagamento diretto da parte dell’APHP della fattura emessa dalla richiedente per i lavori realizzati
8. Il 27 ottobre 1987, la società E. T. rescisse il contratto di subappalto.
9. Il 1 febbraio 1988, la richiedente indirizzò alla società E. T. , per pagamento diretto da parte dell’APHP in virtù della legge del 31 dicembre 1975 relativa al subappalto, una fattura di fine lavori realizzati anteriormente alla data di risoluzione, di un importo di 1 420 300 franchi, o 216 509 euro.
10. La società E. T. non avendo contestato l’importo delle fatture che rappresentavano il saldo del contratto di subappalto, la richiedente, conformemente al codice dei contratti pubblici, articolo 186 ter, si rivolse direttamente all’APHP per ottenere il pagamento di suddetta fattura, aumentata degli interessi moratori come definito nel contratto di contratto pubblico, per un totale di 2 018 212 franchi (307 654 euro).
11. In seguito alla decisione implicita di rigetto della sua istanza, la richiedente investì il tribunale amministrativo di Parigi che, con un giudizio del 19 dicembre 1995, respinse la sua richiesta tesa va a affinché l’APHP venisse condannato a procedere al pagamento diretto del saldo del contratto di subappalto stipulato con l’impresa T..Questa Interpose appello del giudizio.
12. Il 30 dicembre 1996, il Parlamento votò la legge finanziaria di rettifica no 96-1182, entrata in vigore il 1 gennaio 1997 (paragrafo 20 sotto).
13. Il 31 maggio 1997, il ministro dell’economia e delle Finanze modificò perciò il tasso degli interessi moratori estendendolo ai contratti pubblici stipulati prima del 19 dicembre 1993. Fissò al 1 gennaio 1997 “la data a partire dalla quale gli interessi moratori non ancora versati, relativi ai contratti pubblici stipulati anteriormente al 19 dicembre 1993, sarebbero stati calcolati con riferimento ai tassi di interesse legale in vigore(…) aumentato di due punti” (paragrafo 21 sotto).
14. Con una sentenza del 3 giugno 1997, la corte amministrativa di appello annullò il giudizio intrapreso del 19 dicembre 1995. Constatò l’esistenza del credito della richiedente, ossia il pagamento diretto, da parte del capo del lavoro, l’APHP, delle somme che restavano dovute al subappaltatore come rimunerazione dei lavori eseguiti da questo. Sull’importo del credito, la corte condannò l’APHP a versare alla richiedente la somma al principale di 1 346 952,57 franchi, “abbinata ad interessi moratori contrattuali calcolati conformemente alle disposizioni combinate degli articoli 178 e 186 ter del codice dei contratti pubblici.” Rilevando inoltre che la richiedente aveva chiesto il 27 aprile 1992 ed il 26 aprile 1996 la capitalizzazione degli interessi, fece diritto a queste richieste .
15. Con una sentenza dell’ 11 ottobre 1999, il Consiglio di stato respinse il ricorso formato dall’APHP contro questa decisione, e la condannò a versare alla richiedente la somma di 15 000 franchi a titolo degli oneri non compresi nelle spese.
2. Procedimento relativo all’esecuzione della sentenza della corte amministrativa di appello di Parigi del 3 giugno 1997
16. Nella cornice dell’esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997, l’APHP oppose alla richiedente l’importo degli interessi moratori dovuti in applicazione dell’articolo 50 della legge di finanza del 30 dicembre 1996 e dell’ordinanza di applicazione del 31 maggio 1997.
17. Il 7 gennaio 1998, la richiedente investì la corte amministrativa di appello di Parigi di un’istanza di esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997, adducendo in particolare una violazione dell’articolo 6 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Sosteneva che la parte avversa aveva eseguito solamente parzialmente questa sentenza, e che conveniva applicare il tasso degli interessi moratori contrattuali, definito all’epoca della conclusione del contratto pubblico che ammontava a 2,5 punti al disopra del tasso degli obblighi garantiti, o il 17%. Stimava che questo tasso non poteva essere modificato a titolo retroattivo in applicazione dell’ordinanza ministeriale del 31 maggio 1997.
18. La corte amministrativa di appello di Parigi rese la sua sentenza il 21 giugno 2001. Ricordò innanzitutto che in virtù dell’ordinanza del 17 dicembre 1993 presa per l’applicazione dell’articolo 182 del codice dei contratti, il tasso degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici da cui il procedimento di passaggio era stato lanciato a contare dal 19 dicembre 1993 era in vigore il tasso legale nella data in cui gli interessi avevano cominciato a decorrere, aumentato di due punti. Sottolineò poi che, se il tasso degli interessi moratori applicabili ai contratti pubblici il cui procedimento di passaggio era anteriore al 19 dicembre 1993 restava determinato con riferimento al tasso di interesse degli obblighi garantiti, in vigore nella data in cui gli interessi avevano cominciato a decorrere, l’articolo 50 della legge controversa ed il suo decreto di applicazione del 31 maggio 1997 avevano uniformato il regime degli interessi moratori qualunque fosse la data di stipulazione del contratto.
Sul merito della controversia, respinse, in primo luogo, le conclusioni tese a vedere applicare un tasso di interessi moratori contrattuali definiti al 17%. Considerando, da una parte, che l’articolo 50 precitato aveva per solo oggetto di garantire l’uguaglianza di trattamento tra i titolari di contratti pubblici i cui ì interessi moratori non erano stati saldati prima del 1 gennaio 1997-qualunque fosse la data in cui fu iniziato il procedimento di stipula del contratto assegnato-stimò che questa disposizione legislativa doveva essere riguardata “come essendo stata decretata ad uno scopo di interesse generale”, e che non poteva essere considerata come “un’ingerenza privata di base ragionevole nel godimento del bene” che costituiva, ai sensi dell’articolo 1 del protocollo no 1, il diritto di credito di interessi moratori detenuti dalla richiedente sull’APHP. Considerando, dall’altra parte, che l’articolo 50 precitato non aveva né per oggetto né per effetto di fare fallire l’esecuzione di decisioni di giustizia, stimò solamente che il mezzo derivato dalla violazione dell’articolo 6 della Convenzione poteva essere respinto. Precisò che se l’articolo 50 aveva inteso conferire un carattere retroattivo al testo regolamentare di cui aveva contemplato l’intervento”, questa disposizione legislativa non era incompatibile con le disposizioni della Convenzione. La corte di appello ne dedusse che gli interessi moratori dovuti alla richiedente nella sua qualità di impresa subappaltata di un contratto pubblico stipulato prima del 19 dicembre 1993 potevano essere calcolati legalmente con riferimento al tasso di interesse legale, fissato al 9,5% all’anno 1988, aumentato di due punti, o l’ 11,5%, e questo stesso a titolo del periodo anteriore alla pubblicazione dell’ordinanza ministeriale intervenuta l’ 1 giugno 1997.
In secondo luogo, la corte di appello constatò che gli interessi moratori erano stati liquidati ad un tasso inferiore al tasso precitato per un certo periodo. Considerò quindi che tutte le misure proprie a garantire la completa esecuzione della sentenza della corte del 3 giugno 1997 non erano state prese e pronunciò un obbligo, fissato a 1 000 franchi (152 euro) al giorno di ritardo, contro l’APHP se questa non giustificava, nei tre mesi seguenti la notifica della decisione di appello, di avere eseguito completamente suddetto sentenza.
19. Con una sentenza del 5 luglio 2004, il Consiglio di stato respinse il ricorso formato dalla richiedente.
Constatando che le disposizioni dell’articolo 50 della legge finanziaria di rettifica per il 1996 avevano inteso “conferire un carattere retroattivo” all’ordinanza ministeriale del 31 maggio 1997, il Consiglio di stato ricordò che queste disposizioni avevano avuto per effetto “di armonizzare il metodo di calcolo degli interessi non ancora corrisposti qualunque fosse la data di stipula del contratto.” Sottolineando lo scarto esistente tra questi tassi e quello risultante dell’applicazione dei testi anteriormente in vigore che facevano riferimento al tasso degli obblighi garantiti, stimò che avevano “privato le imprese interessate di una frazione del credito di interessi che potevano fare valere.”
Considerò tuttavia che queste disposizioni avevano avuto “per oggetto, l’annullamento di ogni riferimento al tasso degli obblighi garantiti-che, non essendo stato modificato dal 30 ottobre 1981, aveva, in ragione dello sconvolgimento delle condizioni monetarie intervenuto da allora, ed in particolare dalla diminuzione molto forte del tasso di inflazione, perso ogni significato economico-di avvicinare il tasso degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici dei tassi realmente praticati sul contratto per il finanziamento a breve termine delle imprese.” Ne dedusse che non miravano ad ostacolare l’esecuzione di decisioni di giustizia passate in giudicato. Ne conclude che erano, quindi, “giustificate con gli imperiosi motivi di interesse generale e non [erano] incompatibili con le disposizioni dell’articolo 6 § 1 della Convenzione .”
Infine, il Consiglio di stato considerò “che avuto riguardo ai motivi di interesse generale che giustificavano, così come è stato detto, le disposizioni dell’articolo 50 della legge finanziaria di rettifica per il 1996, la corte amministrativa di appello di Parigi non [aveva] commesso alcun errore di diritto stimando che queste disposizioni che non recano un attentato sproporzionato al diritto delle imprese riguardate al rispetto dei loro beni, non erano incompatibili con le disposizioni dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla [Convenzione].”
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
20. Il 30 dicembre 1996, il Parlamento votò una legge finanziaria di rettifica no 96-1182, entrata in vigore il 1 gennaio 1997 il cui articolo 50 disponeva:
“Il tasso degli interessi moratori applicabili ai contratti regolati dal codice dei contratti pubblici di cui il procedimento di stipula è stato lanciato prima del 19 dicembre 1993 è fissato tramite via regolamentare, tenendo conto dell’evoluzione media dei tassi di interesse applicabili in modo usuale per il finanziamento a breve termine delle imprese.
La presente disposizione si applica agli interessi moratori non ancora versati in data dell’ entrata in vigore della presente legge. “
21. Con un’ordinanza del 31 maggio 1997 pubblicata il seguente 1 giugno, presa in applicazione della legge del 30 dicembre 1996, il ministro dell’economia e delle Finanze modificò perciò il tasso degli interessi moratori estendendolo ai contratti pubblici passati prima del 19 dicembre 1993. Fissò al 1 gennaio 1997 “la data a partire dalla quale gli interessi moratori non ancora presi in carico, relativi ai contratti pubblici passati anteriormente al 19 dicembre 1993, sarebbero stati calcolati con riferimento ai tassi di interesse legale in vigore aumentato di due punti.”
22. Le disposizioni pertinenti del codice dei contratti pubblici, in vigore nel 1988-data in cui gli interessi moratori chiesti hanno cominciato a decorrere-sono le seguenti:
Articolo 178
“I. – L’amministrazione contraente è tenuta a procedere all’emissione di un ordine di pagamento degli acconti e del saldo in un termine che non può superare trentacinque giorni; tuttavia, per il saldo di certe categorie di contratti, un termine più lungo può essere fissato tramite ordinanza del ministro in carica dell’economia e delle finanze. Questo termine non può essere superiore a tre mesi.
Il termine di emissione di un ordine di pagamento è precisato nel contratto.
La data dell’emissione di un ordine di pagamento è portata, il giorno dell’emissione del mandato e per iscritto, alla cognizione del titolare da parte dell’amministrazione contraente.
II. – Il difetto di emissione di un ordine di pagamento nel termine contemplato sopra all’I fa decorrere di pieno dritto e senza altra formalità, a favore del titolare o del subappaltatore, degli interessi moratori, a partire dal giorno seguente la scadenza di suddetto termine fino al quindicesimo giorno incluso successivo la data dell’emissione di un ordine di pagamento del principale.
Tuttavia, nel caso in cui l’emissione di un ordine di pagamento è effettuata fuori dal termine contemplato al presente articolo, quando gli interessi moratori non sono stati presi in carico nello stesso momento del principale e che la data dell’emissione di un ordine di pagamento non è stata comunicata al titolare, gli interessi moratori sono dovuti affinché i fondi vengano messi a disposizione del titolare.
(…). “
Articolo 181 (versione in vigore dal 28 novembre 1979 al 4 dicembre 1990)
“Il tasso e le modalità di calcolo degli interessi moratori previsti agli articoli 178, 179, 185 e 186 quater sono fissati tramite ordinanza dei ministri in carica dell’economia e del bilancio, tenuto conto dell’evoluzione del tasso di interesse degli obblighi garantiti”
Articolo 182 (versione in vigore dal 4 dicembre 1990 al 18 dicembre 1992)
“Il tasso e le modalità di calcolo degli interessi moratori previsti agli articoli 178, 178 bis, 185 e 186 quater sono fissati tramite ordinanza congiunta del ministro in carica dell’economia e delle finanze e del ministro in carica del bilancio, tenuto conto dell’evoluzione del tasso di interesse degli obblighi garantiti. “
L’articolo 182 fu modificato dal decreto no 92-1310 del 15 dicembre 1992 nel senso che l’evoluzione media dei tassi di interesse applicato in modo usuale per il finanziamento a breve termine delle imprese fu presa in conto per determinare il tasso degli interessi moratori in seguito.
Articolo 186 bis
“Le disposizioni contemplate sopra agli articoli 154 a 186 si applicano ai subappaltatori sotto riserva delle disposizioni particolari qui di seguito:
I – Quando l’importo del contratto di subappalto è uguale o superiore a 4 000 F, il subappaltatore che è stato accettato e le cui condizioni di pagamento sono state gradite dalla persona responsabile del contratto, è pagato direttamente, per la parte del contratto di cui garantisce l’esecuzione.
(…)
L’accettazione del subappaltatore ed il consenso delle condizioni di pagamento è constatata dal contratto, una clausola o un atto speciale firmato delle due parti.
Sono precisati:
– la natura delle prestazioni subappaltate;
– il nome, la ragione o la denominazione sociale e l’indirizzo del subappaltatore;
– l’importo previsionale delle somme da pagare direttamente al subappaltatore;
– le modalità di ordinamento di queste somme.
Se il subappalto in causa non era stato previsto nel contratto, come viene detto all’articolo 187 bis, una stipulazione della clausola o dell’atto speciale deve subordinare la validità all’esecuzione delle formalità contemplate 188 bis all’articolo.
(…) “
Articolo 186 ter
“Alla vista dei documenti giustificativi forniti dal subappaltatore e rivestiti dell’accettazione del titolare del contratto, l’ordinatore incarica le somme dovute al subappaltatore e, all’occorrenza, manda l’autorizzazione definita all’I dell’articolo 178 bis a questo ultimo.
Fin dal ricevimento di questi documenti, l’amministrazione avvisa il subappaltatore della data di ricevimento della richiesta di pagamento inviata dal titolare e gli indica le somme il cui pagamento a suo profitto è stato accettato da questo ultimo.
Nel caso in cui il titolare di un contratto non ha né opposto un rifiuto motivato alla richiesta di pagamento del subappaltatore nel termine di quindici giorni seguenti il suo ricevimento, né trasmesso questa all’amministrazione, il subappaltatore manda direttamente la sua richiesta di pagamento all’amministrazione tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o gliela rimette contro ricevuta debitamente datata ed iscritta su un registro tenuto a questo effetto.
L’amministrazione obbliga subito titolare, con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno , di fargli la prova, entro quindici giorni a partire dal ricevimento di questa lettera, che ha opposto un rifiuto motivato al suo subappaltatore. Fin dal ricevimento della ricevuta di ritorno, informa il subappaltatore della data di questo obbligo.
Alla scadenza di questo termine, nel caso in cui il titolare non fosse in grado di portare questa prova, l’amministrazione contraente dispone del termine contemplato all’I dell’articolo 178 per mettere a carico la somma dovuta ai subappaltatori a debita concorrenza delle somme che restano dovute al titolare o del termine contemplato all’I dell’articolo 178 bis per mandare al subappaltatore l’autorizzazione di emettere una L.C.R. a debita concorrenza delle somme che restano dovute al titolare. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
23. La richiedente sostiene che l’applicazione retroattiva in corso d’ istanza dell’ordinanza del 31 maggio 1997 precitata costituisce un’ingerenza ingiustificata nel suo diritto al rispetto dei suoi beni, nello specifico il credito riguardante gli interessi moratori contrattuali il cui tasso era stato fissato all’epoca della stipula del contratto pubblico. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
24. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
25. Il Governo non contesta, come ha ammesso il giudice nazionale del resto, che il credito costituito dagli interessi moratori che erano dovuti alla richiedente costituisce un bene, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Non contesta inoltre l’esistenza di un’ingerenza nel suo diritto al rispetto della sua proprietà, dal momento che l’applicazione delle disposizioni controverse ha avuto effettivamente per effetto di privarla di una frazione del credito di interessi moratori scaduti ma non ancora saldati che poteva fare valere in data di entrata in vigore del dispositivo legislativo in causa.
26. Il Governo considera tuttavia che questa ingerenza era giustificata da imperiosi motivi di interesse generale che prevedevano, come ha rilevato il Consiglio di stato nella sua sentenza del 5 luglio 2004, a correggere una disfunzione economica maggiore dovuta allo sconvolgimento delle condizioni monetarie e la diminuzione molto forte del tasso dell’inflazione, e così a ristabilire una coerenza giuridica degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici affinché il loro tasso venisse determinato in un rapporto ragionevole all’inflazione e vicino ai tassi realmente praticati sul contratto per il finanziamento a breve termine delle imprese. Pur appellandosi all’analisi del commissario del governo sviluppata nelle sue conclusioni sotto la sentenza precitata del 5 luglio 2004, il Governo sottolinea che la soppressione del tasso degli interessi moratori calcolati sul tasso degli obblighi garantiti, non modificati dal 30 ottobre 1981, ha messo fine a questa situazione snaturata che produceva un effetto di fortuna anormale dunque ed arrivava ad un arricchimento sproporzionato dei titolari di crediti in materia di contratti pubblici in caso di ritardo di pagamento. Aggiunge che questo nuovo dispositivo ha ristabilito peraltro l’uguaglianza di trattamento tra i titolari di crediti in materia di contratti pubblici. Ne conclude che l’ingerenza nel diritto della richiedente non faceva pesare su lei un carico anormale ed esorbitante.
b) La richiedente
27. La richiedente stima che la retroattività delle disposizioni legislative in causa non è giustificata, e che l’attentato al diritto al rispetto dei suoi beni non rispetta un giusto equilibrio tra gli interessi in presenza. Considera che, se chiaro che le considerazioni finanziarie e la preoccupazione di un’uguaglianza di trattamento tra i titolari di contratti potevano giustificare, nell’avvenire, una nuova legislazione, non potevano legittimare una retroattività il cui scopo ed effetto erano di privare i contraenti delle persone giuridiche di dritto pubblico dei loro crediti contrattuali. Fa valere che la soglia delle liquidazioni di conti, fissata al 31 maggio 1997, data di pubblicazione dell’ordinanza ministeriale, ha in fatto creato una disuguaglianza tra i creditori, ed aggiunge che l’effetto di fortuna o l’arricchimento, avanzato dal Governo, è più da ricercare dalla parte dei capi dei lavori pubblici che non hanno soddisfatto il loro obbligo contrattuale di onorare la somma dovuta nel termine legale, per concludere che la preoccupazione di armonizzare i tassi ha costituito per i cattivi pagatori un premio all’inerzia ed al rifiuto di eseguire in buona fede le stipulazioni contrattuali.
2. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1
28. La Corte constata che il Governo riconosce che la richiedente è titolare di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 riguardante il credito costituito dagli interessi moratori che le erano dovuti in virtù della sentenza definitiva della corte di appello di Parigi resa il 3 giugno 1997. Il Governo stima tuttavia che questa sentenza consacra solamente il principio del credito e non l’importo sollecitato.
29. La Corte rileva su questo punto che il Consiglio di stato, nella sua sentenza del 5 luglio 2004, ha riconosciuto che le disposizioni controverse avevano avuto per effetto di privare le imprese interessate, come la richiedente nella sua qualità di subappaltata, di una frazione del credito di interessi moratori scaduti ma non ancora corrisposti che potevano fare valere in data della loro entrata in vigore, il 1 gennaio 1997. Nota inoltre che la sentenza della corte amministrativa di appello del 3 giugno 1997 non comprende nessuna menzione nelle sue considerazioni, nei suoi motivi o nel suo dispositivo delle disposizioni dell’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 e dell’ordinanza del 31 maggio 1997, tuttavia anteriori alla data in cui la sentenza precitata è intervenuta. In compenso, risulta da questa sentenza che l’APHP fu condannato a versare alla richiedente la somma di 1 346 952,57 franchi, abbinata ad interessi moratori contrattuali calcolati conformemente alle disposizioni combinate degli articoli 178 e 186 ter in vigore del codice dei contratti pubblici.
30. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte considera che la richiedente beneficiava nello specifico di un interesse patrimoniale costituito, da una parte, del credito in principale di un importo di 1 346 952,57 franchi e, dall’altra parte, degli interessi moratori contrattuali ivi relativi. Trattandosi degli interessi moratori, la Corte constata che la modifica del loro metodo di calcolo intervenne appena prima che la sentenza del 3 giugno 1997 fosse resa. Pertanto, la richiedente ha un “bene” dunque, ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si applica quindi nello specifico (Lecarpentier ed altro c. Francia, no 67847/01, § 40, 14 febbraio 2006; S.p.A. Dangeville c. Francia, no 36677/97, § 48, CEDH 2002).
2. Sull’esistenza di un’ingerenza
31. La Corte nota che il credito in principale che deteneva la richiedente non fu leso per niente dalla legge controversa, e che fu pagata in tempo voluto. Non ci fu dunque a questo riguardo nessuna ingerenza dello stato. In compenso, il dispositivo legislativo in causa, come ammette il Governo, ha provocato un’ingerenza, a causa del suo carattere retroattivo, nell’esercizio dei diritti che la richiedente poteva fare valere per ciò che riguarda i soli interessi moratori-e, pertanto, nel suo diritto al rispetto dei suoi beni.
32. La Corte rileva che, nelle circostanze dello specifico, questa ingerenza si analizza in una privazione di proprietà ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere, in particolare, Lecarpentier ed altri c. Francia, precitata e, mutatis mutandis, le sentenze Maurice e Draon c. Francia [GC], i nostri 28719/95 e 1513/03, CEDH 2005, rispettivamente §§ 80 e 72). Le occorre ricercare dunque se l’ingerenza denunciata si giustifica sotto l’angolo di questa disposizione.
3. Sulla giustificazione dell’ingerenza
a) “Prevista dalla legge”
33. Non è contestato che l’ingerenza controversa sia “stata prevista dalla legge”, come vuole l’articolo 1 del Protocollo no 1.
34. In compenso, i pareri delle parti divergono in quanto alla legittimità di tale ingerenza. Quindi, la Corte deve ricercare se questa inseguiva uno scopo legittimo, ossia se esisteva una “causa di utilità pubblica”, ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) “a causa di utilità pubblica”,
35. La Corte stima che grazie ad una cognizione diretta della società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è “di utilità pubblica.” Ricorda che nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, appartiene alle autorità nazionali pronunciarsi per primi sull’esistenza di un problema di interesse generale che giustifica delle privazioni di proprietà. Godono qui, quindi, di un certo margine di valutazione.
36. In più, la nozione d ‘ “utilità pubblica” è ampia per natura. La decisione di adottare delle leggi che portano privazione di proprietà implica in particolare, di solito l’esame di questioni politiche, economiche e sociali. Stimando normale che il legislatore disponga di una grande latitudine per condurre una politica economica e sociale, la Corte rispetta il modo in cui concepisce gli imperativi dell’ “utilità pubblica”, salvo se il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole (Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri, precitata, § 37; Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 149, CEDH 2004-V).
37. La Corte ricorda infine che nella cornice di parecchie cause relative ad un’ingerenza legislativa con effetto retroattivo nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni, ha esaminato se questo intervento legislativo si fondava su “degli imperiosi motivi di interesse generale” (vedere Lecarpentier, precitata, § 48, Aubert ed altri c). Francia, numeri 31501/03, 31870/03, 13045/04, 13076/04, 14838/04, 17558/04, 30488/04, 45576/04 e 20389/05, § 84, 9 gennaio 2007, e De Franchis c. Francia, no 15589/05, 6 dicembre 2007).
38. Nello specifico, il Governo, che riprende in parte la motivazione dal Consiglio di stato nella sua sentenza del 5 luglio 2004, considera che il dispositivo legislativo in causa procede con parecchi motivi di interesse generale che qualifica come imperiosi: correggere una disfunzione economica maggiore dovuta allo sconvolgimento delle condizioni monetarie ed alla diminuzione molto forte del tasso dell’inflazione, ristabilire una coerenza giuridica e finanziaria nel tasso degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici affinché il loro tasso venga determinato in un rapporto ragionevole all’inflazione e vicino ai tassi realmente praticati sul contratto per il finanziamento a breve termine delle imprese, e garantire un’uguaglianza di trattamento tra i titolari di contratti.
39. La Corte considera che i motivi avanzati dal Governo per giustificare l’intervento legislativo appaiono come pertinenti, sufficienti e convincenti: annullando ogni riferimento al tasso degli obblighi garantiti che non era stato modificato dal 1981, la legge controversa ha avuto per oggetto principale di correggere una disfunzione anormale che le circostanze economiche esterne le avevano fatto subire, e di armonizzare con l’applicazione di un tasso di interesse unico il metodo di calcolo degli interessi non ancora corrisposti , qualunque sia la data di stipula del contratto pubblico. La legge in causa era giustificata da imperiosi motivi di interesse generale” dunque. Rilevando del resto che la richiedente non contesta la legittimità, nell’avvenire, della legge controversa, la Corte stima, in queste condizioni, che l’ingerenza nei beni della richiedente serviva una “causa di utilità pubblica.”
40. È vero, tuttavia, come sottolinea la richiedente, che il tasso di interessi moratori così fissato ebbe un effetto retroattivo, nel senso che si applicò ai contratti stipulati come nello specifico prima del 19 dicembre 1993, ai termini dell’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 e dell’ordinanza del 31 maggio 1997.
41. La Corte ricorda che una misura di ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, § 69) e che deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri, precitata, § 38).
42. La Corte ricorda anche che ha concluso, in parecchie cause, alla mancanza di proporzionalità di un’ingerenza legislativa con effetto retroattivo quando questa aveva avuto per conseguenza di annientare la causa, al principale, delle parti richiedenti, e di regolare così il cuore della controversia portata dinnanzi alle giurisdizioni nazionali rendendo vano il proseguimento del procedimento (Lecarpentier, precitata, Aubert ed altri, precitata, e De Franchis, precitata).
43. Ora, la Corte stima che è differentemente nello specifico. Rileva che l’ingerenza denunciata riguardava solamente una parte dell’importo degli interessi di ritardo dovuto alla richiedente, dal momento che riguardava solamente la determinazione del tasso di detti interessi. Se il dispositivo legislativo in causa ha regolato la questione dell’importo degli interessi moratori che la richiedente ha potuto ricuperare, si è costretti a constatare che non ha fatto ostacolo all’esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997, nella misura in cui la richiedente ha potuto ottenere guadagno di causa, al principale, dinnanzi alle giurisdizioni nazionali investite. Trattandosi degli interessi moratori dovuti, l’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 non ha portato attentato al diritto della richiedente ad ottenere risarcimento del danno subito a causa del ritardo di pagamento, ma ha corretto, in un rapporto ragionevole all’inflazione, un scarto risultante dal cambiamento delle condizioni monetarie intervenuto da allora. La Corte osserva, più in particolare, che l’applicazione dell’articolo 50 della legge precitata del 30 dicembre 1996 (vedere sopra paragrafo 20) ha avuto per solo effetto per la richiedente di fissare a suo profitto degli interessi moratori- cioè degli interessi destinati a compensare per il creditore il ritardo di pagamento del debitore- ad un tasso adattato ai costi reali sopportati da lei a causa di questo ritardo, senza farle beneficiare in modo indebito dell’inflazione molto forte che esisteva nel momento in cui avrebbe dovuto ricevere il pagamento in principale, inflazione che si era attenuata molto tra questa data e quella in cui ha percepito il rimborso in principale, abbinato a degli interessi moratori.
44. In queste condizioni, la Corte considera che la misura controversa non ha dunque pregiudicato la sostanza stessa del diritto di proprietà della richiedente. Non ha fatto inoltre pesare un “carico anormale ed esorbitante” sulla richiedente, e l’attentato portato ai suoi beni ha rivestito un carattere proporzionato, non rompendo il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.
45. Pertanto, non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
46. La richiedente si lamenta dell’applicazione retroattiva nel corso dell’istanza dell’ordinanza ministeriale del 31 maggio 1997 presa sulla base dell’articolo 50 della legge di finanza del 30 dicembre 1996. Sostiene che l’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia non si fondava su “degli imperiosi motivi di interesse generale”, ai sensi della giurisprudenza della Corte. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
47. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
48. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
49. Il Governo stima, a titolo principale, che l’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 e l’ordinanza del 31 maggio 1997 non costituiscono né una convalida legislativa né un’ingerenza del potere legislativo. Sottolinea che non hanno fatto ostacolo all’esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997 resa dalla corte amministrativa di appello di Parigi che è stata investita dopo l’intervento delle disposizioni contestate. Stima quindi che il dispositivo normativo non ha potuto avere per oggetto o per effetto di costituire una convalida legislativa o un’intromissione nell’amministrazione della giustizia. Sussidiariamente, stima che la regolamentazione applicabile in materia di interessi moratori era giustificata da imperiosi motivi di interesse generale, precedentemente esposti.
b) La richiedente
50. La richiedente sostiene che, nella misura in cui il carattere contrattuale degli interessi moratori non è contestato, ogni modifica delle regole di calcolo o del tasso resta senza incidenza sui diritti rispettivi delle parti, salvo accordo di queste. Considerando che solo le regole ed il tasso in vigore in data della firma del contratto sono applicabili, è ai suoi occhi indifferente che il contenzioso sia nato dopo l’intervento delle disposizioni in causa, tanto più che la corte amministrativa di appello di Parigi ha fatto riconoscere solamente il credito di cui era titolare come determinato dal contratto. Stima che la retroattività delle disposizioni legislative in causa non è giustificata per niente.
2. Valutazione della Corte
51. La Corte constata che l’essenza di questo motivo di appello si confonde largamente col precedente. Avuto riguardo alle circostanze particolari della presente causa, così come al ragionamento che l’ha condotta a constatare una non-violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, in particolare per ciò che riguarda la legittimità e la proporzionalità della misura in causa, la Corte non stima necessario esaminare separatamente il motivo di appello della richiedente sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto l’ 11 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente