A.N.P.T.ES. Associazione Nazionale per la Tutela degli Espropriati. Oltre 5.000 espropri trattati in 15 anni di attività.
Qui trovi tutto cio che ti serve in tema di espropriazione per pubblica utilità.

Se desideri chiarimenti in tema di espropriazione compila il modulo cliccando qui e poi chiamaci ai seguenti numeri: 06.91.65.04.018 - 340.95.85.515

Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SUD PARISIENNE DE CONSTRUCTION c. FRANCE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: P1-1
Numero: 33704/04/2010
Stato: Francia
Data: 2010-02-11 00:00:00
Organo: Sezione Quinta
Testo Originale

Conclusione Non -violazione di P1-1
QUINTA SEZIONE
CAUSA SUD PARIGINA DI COSTRUZIONE C. FRANCIA
( Richiesta no 33704/04)
SENTENZA
STRASBURGO
11 febbraio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Sud Parigina di Costruzione c. Francia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, quinta sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente, Renate Jaeger, Jean-Paul Costa, Karel Jungwiert, Isabelle Berro-Lefèvre, Mirjana Lazarova Trajkovska, Zdravka Kalaydjieva, giudici,
e da Claudia Westerdiek, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 gennaio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 33704/04), diretta contro la Repubblica francese, formata da una persona giuridica, la società S. P. di C. (“la richiedente”) che ha investito la Corte il 13 settembre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentata da O. di N., avvocato al Consiglio di stato ed alla Corte di cassazione. Il governo francese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Belliard, direttrice delle Cause giuridiche al ministero delle Cause estere.
3. La richiedente adduceva la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
4. Il 29 agosto 2007, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. La richiedente, S. P. di C., è una società di diritto francese che ha la sua sede sociale in Francia, a Mandres-les-roses.
6. Tramite un contratto stipulato il 7 novembre 1984, l’Assistenza Pubblica -ospedali di Parigi (qui di seguito “APHP”) affidò alla società E. T. la realizzazione di un lotto per la costruzione dell’ospedale Robert Debré.
7. Con un atto distinto e speciale dell’ 11 dicembre 1986, l’APHP gradì, su proposta dell’impresa principale incaricata del grosso dell’opera, la richiedente come subappaltata per la costruzione dei muri di sostegno dell’ospedale. Gli interessi moratori- destinati a riparare il danno subito dal titolare di un contratto pubblico o il subappaltatore a causa dei ritardi di pagamento dell’amministrazione-erano stati definiti all’epoca della conclusione del contratto a 2,5 punti al disopra del tasso di interesse degli obblighi garantiti, fissato al 14,5% dal 4 novembre 1981, o all’altezza del 17%, conformemente alle disposizioni allora in vigore dell’articolo 2 dell’ordinanza del 29 agosto 1977 secondo cui “il tasso degli interessi contemplati all’articolo 181 del codice dei contratto pubblici è il tasso di interesse degli obblighi garantiti aumentato di due punti e mezzo.”
1. Procedimento relativo al pagamento diretto da parte dell’APHP della fattura emessa dalla richiedente per i lavori realizzati
8. Il 27 ottobre 1987, la società E. T. rescisse il contratto di subappalto.
9. Il 1 febbraio 1988, la richiedente indirizzò alla società E. T. , per pagamento diretto da parte dell’APHP in virtù della legge del 31 dicembre 1975 relativa al subappalto, una fattura di fine lavori realizzati anteriormente alla data di risoluzione, di un importo di 1 420 300 franchi, o 216 509 euro.
10. La società E. T. non avendo contestato l’importo delle fatture che rappresentavano il saldo del contratto di subappalto, la richiedente, conformemente al codice dei contratti pubblici, articolo 186 ter, si rivolse direttamente all’APHP per ottenere il pagamento di suddetta fattura, aumentata degli interessi moratori come definito nel contratto di contratto pubblico, per un totale di 2 018 212 franchi (307 654 euro).
11. In seguito alla decisione implicita di rigetto della sua istanza, la richiedente investì il tribunale amministrativo di Parigi che, con un giudizio del 19 dicembre 1995, respinse la sua richiesta tesa va a affinché l’APHP venisse condannato a procedere al pagamento diretto del saldo del contratto di subappalto stipulato con l’impresa T..Questa Interpose appello del giudizio.
12. Il 30 dicembre 1996, il Parlamento votò la legge finanziaria di rettifica no 96-1182, entrata in vigore il 1 gennaio 1997 (paragrafo 20 sotto).
13. Il 31 maggio 1997, il ministro dell’economia e delle Finanze modificò perciò il tasso degli interessi moratori estendendolo ai contratti pubblici stipulati prima del 19 dicembre 1993. Fissò al 1 gennaio 1997 “la data a partire dalla quale gli interessi moratori non ancora versati, relativi ai contratti pubblici stipulati anteriormente al 19 dicembre 1993, sarebbero stati calcolati con riferimento ai tassi di interesse legale in vigore(…) aumentato di due punti” (paragrafo 21 sotto).
14. Con una sentenza del 3 giugno 1997, la corte amministrativa di appello annullò il giudizio intrapreso del 19 dicembre 1995. Constatò l’esistenza del credito della richiedente, ossia il pagamento diretto, da parte del capo del lavoro, l’APHP, delle somme che restavano dovute al subappaltatore come rimunerazione dei lavori eseguiti da questo. Sull’importo del credito, la corte condannò l’APHP a versare alla richiedente la somma al principale di 1 346 952,57 franchi, “abbinata ad interessi moratori contrattuali calcolati conformemente alle disposizioni combinate degli articoli 178 e 186 ter del codice dei contratti pubblici.” Rilevando inoltre che la richiedente aveva chiesto il 27 aprile 1992 ed il 26 aprile 1996 la capitalizzazione degli interessi, fece diritto a queste richieste .
15. Con una sentenza dell’ 11 ottobre 1999, il Consiglio di stato respinse il ricorso formato dall’APHP contro questa decisione, e la condannò a versare alla richiedente la somma di 15 000 franchi a titolo degli oneri non compresi nelle spese.
2. Procedimento relativo all’esecuzione della sentenza della corte amministrativa di appello di Parigi del 3 giugno 1997
16. Nella cornice dell’esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997, l’APHP oppose alla richiedente l’importo degli interessi moratori dovuti in applicazione dell’articolo 50 della legge di finanza del 30 dicembre 1996 e dell’ordinanza di applicazione del 31 maggio 1997.
17. Il 7 gennaio 1998, la richiedente investì la corte amministrativa di appello di Parigi di un’istanza di esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997, adducendo in particolare una violazione dell’articolo 6 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Sosteneva che la parte avversa aveva eseguito solamente parzialmente questa sentenza, e che conveniva applicare il tasso degli interessi moratori contrattuali, definito all’epoca della conclusione del contratto pubblico che ammontava a 2,5 punti al disopra del tasso degli obblighi garantiti, o il 17%. Stimava che questo tasso non poteva essere modificato a titolo retroattivo in applicazione dell’ordinanza ministeriale del 31 maggio 1997.
18. La corte amministrativa di appello di Parigi rese la sua sentenza il 21 giugno 2001. Ricordò innanzitutto che in virtù dell’ordinanza del 17 dicembre 1993 presa per l’applicazione dell’articolo 182 del codice dei contratti, il tasso degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici da cui il procedimento di passaggio era stato lanciato a contare dal 19 dicembre 1993 era in vigore il tasso legale nella data in cui gli interessi avevano cominciato a decorrere, aumentato di due punti. Sottolineò poi che, se il tasso degli interessi moratori applicabili ai contratti pubblici il cui procedimento di passaggio era anteriore al 19 dicembre 1993 restava determinato con riferimento al tasso di interesse degli obblighi garantiti, in vigore nella data in cui gli interessi avevano cominciato a decorrere, l’articolo 50 della legge controversa ed il suo decreto di applicazione del 31 maggio 1997 avevano uniformato il regime degli interessi moratori qualunque fosse la data di stipulazione del contratto.
Sul merito della controversia, respinse, in primo luogo, le conclusioni tese a vedere applicare un tasso di interessi moratori contrattuali definiti al 17%. Considerando, da una parte, che l’articolo 50 precitato aveva per solo oggetto di garantire l’uguaglianza di trattamento tra i titolari di contratti pubblici i cui ì interessi moratori non erano stati saldati prima del 1 gennaio 1997-qualunque fosse la data in cui fu iniziato il procedimento di stipula del contratto assegnato-stimò che questa disposizione legislativa doveva essere riguardata “come essendo stata decretata ad uno scopo di interesse generale”, e che non poteva essere considerata come “un’ingerenza privata di base ragionevole nel godimento del bene” che costituiva, ai sensi dell’articolo 1 del protocollo no 1, il diritto di credito di interessi moratori detenuti dalla richiedente sull’APHP. Considerando, dall’altra parte, che l’articolo 50 precitato non aveva né per oggetto né per effetto di fare fallire l’esecuzione di decisioni di giustizia, stimò solamente che il mezzo derivato dalla violazione dell’articolo 6 della Convenzione poteva essere respinto. Precisò che se l’articolo 50 aveva inteso conferire un carattere retroattivo al testo regolamentare di cui aveva contemplato l’intervento”, questa disposizione legislativa non era incompatibile con le disposizioni della Convenzione. La corte di appello ne dedusse che gli interessi moratori dovuti alla richiedente nella sua qualità di impresa subappaltata di un contratto pubblico stipulato prima del 19 dicembre 1993 potevano essere calcolati legalmente con riferimento al tasso di interesse legale, fissato al 9,5% all’anno 1988, aumentato di due punti, o l’ 11,5%, e questo stesso a titolo del periodo anteriore alla pubblicazione dell’ordinanza ministeriale intervenuta l’ 1 giugno 1997.
In secondo luogo, la corte di appello constatò che gli interessi moratori erano stati liquidati ad un tasso inferiore al tasso precitato per un certo periodo. Considerò quindi che tutte le misure proprie a garantire la completa esecuzione della sentenza della corte del 3 giugno 1997 non erano state prese e pronunciò un obbligo, fissato a 1 000 franchi (152 euro) al giorno di ritardo, contro l’APHP se questa non giustificava, nei tre mesi seguenti la notifica della decisione di appello, di avere eseguito completamente suddetto sentenza.
19. Con una sentenza del 5 luglio 2004, il Consiglio di stato respinse il ricorso formato dalla richiedente.
Constatando che le disposizioni dell’articolo 50 della legge finanziaria di rettifica per il 1996 avevano inteso “conferire un carattere retroattivo” all’ordinanza ministeriale del 31 maggio 1997, il Consiglio di stato ricordò che queste disposizioni avevano avuto per effetto “di armonizzare il metodo di calcolo degli interessi non ancora corrisposti qualunque fosse la data di stipula del contratto.” Sottolineando lo scarto esistente tra questi tassi e quello risultante dell’applicazione dei testi anteriormente in vigore che facevano riferimento al tasso degli obblighi garantiti, stimò che avevano “privato le imprese interessate di una frazione del credito di interessi che potevano fare valere.”
Considerò tuttavia che queste disposizioni avevano avuto “per oggetto, l’annullamento di ogni riferimento al tasso degli obblighi garantiti-che, non essendo stato modificato dal 30 ottobre 1981, aveva, in ragione dello sconvolgimento delle condizioni monetarie intervenuto da allora, ed in particolare dalla diminuzione molto forte del tasso di inflazione, perso ogni significato economico-di avvicinare il tasso degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici dei tassi realmente praticati sul contratto per il finanziamento a breve termine delle imprese.” Ne dedusse che non miravano ad ostacolare l’esecuzione di decisioni di giustizia passate in giudicato. Ne conclude che erano, quindi, “giustificate con gli imperiosi motivi di interesse generale e non [erano] incompatibili con le disposizioni dell’articolo 6 § 1 della Convenzione .”
Infine, il Consiglio di stato considerò “che avuto riguardo ai motivi di interesse generale che giustificavano, così come è stato detto, le disposizioni dell’articolo 50 della legge finanziaria di rettifica per il 1996, la corte amministrativa di appello di Parigi non [aveva] commesso alcun errore di diritto stimando che queste disposizioni che non recano un attentato sproporzionato al diritto delle imprese riguardate al rispetto dei loro beni, non erano incompatibili con le disposizioni dell’articolo 1 del primo protocollo addizionale alla [Convenzione].”
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
20. Il 30 dicembre 1996, il Parlamento votò una legge finanziaria di rettifica no 96-1182, entrata in vigore il 1 gennaio 1997 il cui articolo 50 disponeva:
“Il tasso degli interessi moratori applicabili ai contratti regolati dal codice dei contratti pubblici di cui il procedimento di stipula è stato lanciato prima del 19 dicembre 1993 è fissato tramite via regolamentare, tenendo conto dell’evoluzione media dei tassi di interesse applicabili in modo usuale per il finanziamento a breve termine delle imprese.
La presente disposizione si applica agli interessi moratori non ancora versati in data dell’ entrata in vigore della presente legge. “
21. Con un’ordinanza del 31 maggio 1997 pubblicata il seguente 1 giugno, presa in applicazione della legge del 30 dicembre 1996, il ministro dell’economia e delle Finanze modificò perciò il tasso degli interessi moratori estendendolo ai contratti pubblici passati prima del 19 dicembre 1993. Fissò al 1 gennaio 1997 “la data a partire dalla quale gli interessi moratori non ancora presi in carico, relativi ai contratti pubblici passati anteriormente al 19 dicembre 1993, sarebbero stati calcolati con riferimento ai tassi di interesse legale in vigore aumentato di due punti.”
22. Le disposizioni pertinenti del codice dei contratti pubblici, in vigore nel 1988-data in cui gli interessi moratori chiesti hanno cominciato a decorrere-sono le seguenti:
Articolo 178
“I. – L’amministrazione contraente è tenuta a procedere all’emissione di un ordine di pagamento degli acconti e del saldo in un termine che non può superare trentacinque giorni; tuttavia, per il saldo di certe categorie di contratti, un termine più lungo può essere fissato tramite ordinanza del ministro in carica dell’economia e delle finanze. Questo termine non può essere superiore a tre mesi.
Il termine di emissione di un ordine di pagamento è precisato nel contratto.
La data dell’emissione di un ordine di pagamento è portata, il giorno dell’emissione del mandato e per iscritto, alla cognizione del titolare da parte dell’amministrazione contraente.
II. – Il difetto di emissione di un ordine di pagamento nel termine contemplato sopra all’I fa decorrere di pieno dritto e senza altra formalità, a favore del titolare o del subappaltatore, degli interessi moratori, a partire dal giorno seguente la scadenza di suddetto termine fino al quindicesimo giorno incluso successivo la data dell’emissione di un ordine di pagamento del principale.
Tuttavia, nel caso in cui l’emissione di un ordine di pagamento è effettuata fuori dal termine contemplato al presente articolo, quando gli interessi moratori non sono stati presi in carico nello stesso momento del principale e che la data dell’emissione di un ordine di pagamento non è stata comunicata al titolare, gli interessi moratori sono dovuti affinché i fondi vengano messi a disposizione del titolare.
(…). “
Articolo 181 (versione in vigore dal 28 novembre 1979 al 4 dicembre 1990)
“Il tasso e le modalità di calcolo degli interessi moratori previsti agli articoli 178, 179, 185 e 186 quater sono fissati tramite ordinanza dei ministri in carica dell’economia e del bilancio, tenuto conto dell’evoluzione del tasso di interesse degli obblighi garantiti”
Articolo 182 (versione in vigore dal 4 dicembre 1990 al 18 dicembre 1992)
“Il tasso e le modalità di calcolo degli interessi moratori previsti agli articoli 178, 178 bis, 185 e 186 quater sono fissati tramite ordinanza congiunta del ministro in carica dell’economia e delle finanze e del ministro in carica del bilancio, tenuto conto dell’evoluzione del tasso di interesse degli obblighi garantiti. “
L’articolo 182 fu modificato dal decreto no 92-1310 del 15 dicembre 1992 nel senso che l’evoluzione media dei tassi di interesse applicato in modo usuale per il finanziamento a breve termine delle imprese fu presa in conto per determinare il tasso degli interessi moratori in seguito.
Articolo 186 bis
“Le disposizioni contemplate sopra agli articoli 154 a 186 si applicano ai subappaltatori sotto riserva delle disposizioni particolari qui di seguito:
I – Quando l’importo del contratto di subappalto è uguale o superiore a 4 000 F, il subappaltatore che è stato accettato e le cui condizioni di pagamento sono state gradite dalla persona responsabile del contratto, è pagato direttamente, per la parte del contratto di cui garantisce l’esecuzione.
(…)
L’accettazione del subappaltatore ed il consenso delle condizioni di pagamento è constatata dal contratto, una clausola o un atto speciale firmato delle due parti.
Sono precisati:
– la natura delle prestazioni subappaltate;
– il nome, la ragione o la denominazione sociale e l’indirizzo del subappaltatore;
– l’importo previsionale delle somme da pagare direttamente al subappaltatore;
– le modalità di ordinamento di queste somme.
Se il subappalto in causa non era stato previsto nel contratto, come viene detto all’articolo 187 bis, una stipulazione della clausola o dell’atto speciale deve subordinare la validità all’esecuzione delle formalità contemplate 188 bis all’articolo.
(…) “
Articolo 186 ter
“Alla vista dei documenti giustificativi forniti dal subappaltatore e rivestiti dell’accettazione del titolare del contratto, l’ordinatore incarica le somme dovute al subappaltatore e, all’occorrenza, manda l’autorizzazione definita all’I dell’articolo 178 bis a questo ultimo.
Fin dal ricevimento di questi documenti, l’amministrazione avvisa il subappaltatore della data di ricevimento della richiesta di pagamento inviata dal titolare e gli indica le somme il cui pagamento a suo profitto è stato accettato da questo ultimo.
Nel caso in cui il titolare di un contratto non ha né opposto un rifiuto motivato alla richiesta di pagamento del subappaltatore nel termine di quindici giorni seguenti il suo ricevimento, né trasmesso questa all’amministrazione, il subappaltatore manda direttamente la sua richiesta di pagamento all’amministrazione tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno o gliela rimette contro ricevuta debitamente datata ed iscritta su un registro tenuto a questo effetto.
L’amministrazione obbliga subito titolare, con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno , di fargli la prova, entro quindici giorni a partire dal ricevimento di questa lettera, che ha opposto un rifiuto motivato al suo subappaltatore. Fin dal ricevimento della ricevuta di ritorno, informa il subappaltatore della data di questo obbligo.
Alla scadenza di questo termine, nel caso in cui il titolare non fosse in grado di portare questa prova, l’amministrazione contraente dispone del termine contemplato all’I dell’articolo 178 per mettere a carico la somma dovuta ai subappaltatori a debita concorrenza delle somme che restano dovute al titolare o del termine contemplato all’I dell’articolo 178 bis per mandare al subappaltatore l’autorizzazione di emettere una L.C.R. a debita concorrenza delle somme che restano dovute al titolare. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
23. La richiedente sostiene che l’applicazione retroattiva in corso d’ istanza dell’ordinanza del 31 maggio 1997 precitata costituisce un’ingerenza ingiustificata nel suo diritto al rispetto dei suoi beni, nello specifico il credito riguardante gli interessi moratori contrattuali il cui tasso era stato fissato all’epoca della stipula del contratto pubblico. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1 che si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
24. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
25. Il Governo non contesta, come ha ammesso il giudice nazionale del resto, che il credito costituito dagli interessi moratori che erano dovuti alla richiedente costituisce un bene, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Non contesta inoltre l’esistenza di un’ingerenza nel suo diritto al rispetto della sua proprietà, dal momento che l’applicazione delle disposizioni controverse ha avuto effettivamente per effetto di privarla di una frazione del credito di interessi moratori scaduti ma non ancora saldati che poteva fare valere in data di entrata in vigore del dispositivo legislativo in causa.
26. Il Governo considera tuttavia che questa ingerenza era giustificata da imperiosi motivi di interesse generale che prevedevano, come ha rilevato il Consiglio di stato nella sua sentenza del 5 luglio 2004, a correggere una disfunzione economica maggiore dovuta allo sconvolgimento delle condizioni monetarie e la diminuzione molto forte del tasso dell’inflazione, e così a ristabilire una coerenza giuridica degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici affinché il loro tasso venisse determinato in un rapporto ragionevole all’inflazione e vicino ai tassi realmente praticati sul contratto per il finanziamento a breve termine delle imprese. Pur appellandosi all’analisi del commissario del governo sviluppata nelle sue conclusioni sotto la sentenza precitata del 5 luglio 2004, il Governo sottolinea che la soppressione del tasso degli interessi moratori calcolati sul tasso degli obblighi garantiti, non modificati dal 30 ottobre 1981, ha messo fine a questa situazione snaturata che produceva un effetto di fortuna anormale dunque ed arrivava ad un arricchimento sproporzionato dei titolari di crediti in materia di contratti pubblici in caso di ritardo di pagamento. Aggiunge che questo nuovo dispositivo ha ristabilito peraltro l’uguaglianza di trattamento tra i titolari di crediti in materia di contratti pubblici. Ne conclude che l’ingerenza nel diritto della richiedente non faceva pesare su lei un carico anormale ed esorbitante.
b) La richiedente
27. La richiedente stima che la retroattività delle disposizioni legislative in causa non è giustificata, e che l’attentato al diritto al rispetto dei suoi beni non rispetta un giusto equilibrio tra gli interessi in presenza. Considera che, se chiaro che le considerazioni finanziarie e la preoccupazione di un’uguaglianza di trattamento tra i titolari di contratti potevano giustificare, nell’avvenire, una nuova legislazione, non potevano legittimare una retroattività il cui scopo ed effetto erano di privare i contraenti delle persone giuridiche di dritto pubblico dei loro crediti contrattuali. Fa valere che la soglia delle liquidazioni di conti, fissata al 31 maggio 1997, data di pubblicazione dell’ordinanza ministeriale, ha in fatto creato una disuguaglianza tra i creditori, ed aggiunge che l’effetto di fortuna o l’arricchimento, avanzato dal Governo, è più da ricercare dalla parte dei capi dei lavori pubblici che non hanno soddisfatto il loro obbligo contrattuale di onorare la somma dovuta nel termine legale, per concludere che la preoccupazione di armonizzare i tassi ha costituito per i cattivi pagatori un premio all’inerzia ed al rifiuto di eseguire in buona fede le stipulazioni contrattuali.
2. Valutazione della Corte
1. Sull’esistenza di un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1
28. La Corte constata che il Governo riconosce che la richiedente è titolare di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 riguardante il credito costituito dagli interessi moratori che le erano dovuti in virtù della sentenza definitiva della corte di appello di Parigi resa il 3 giugno 1997. Il Governo stima tuttavia che questa sentenza consacra solamente il principio del credito e non l’importo sollecitato.
29. La Corte rileva su questo punto che il Consiglio di stato, nella sua sentenza del 5 luglio 2004, ha riconosciuto che le disposizioni controverse avevano avuto per effetto di privare le imprese interessate, come la richiedente nella sua qualità di subappaltata, di una frazione del credito di interessi moratori scaduti ma non ancora corrisposti che potevano fare valere in data della loro entrata in vigore, il 1 gennaio 1997. Nota inoltre che la sentenza della corte amministrativa di appello del 3 giugno 1997 non comprende nessuna menzione nelle sue considerazioni, nei suoi motivi o nel suo dispositivo delle disposizioni dell’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 e dell’ordinanza del 31 maggio 1997, tuttavia anteriori alla data in cui la sentenza precitata è intervenuta. In compenso, risulta da questa sentenza che l’APHP fu condannato a versare alla richiedente la somma di 1 346 952,57 franchi, abbinata ad interessi moratori contrattuali calcolati conformemente alle disposizioni combinate degli articoli 178 e 186 ter in vigore del codice dei contratti pubblici.
30. Tenuto conto di ciò che precede, la Corte considera che la richiedente beneficiava nello specifico di un interesse patrimoniale costituito, da una parte, del credito in principale di un importo di 1 346 952,57 franchi e, dall’altra parte, degli interessi moratori contrattuali ivi relativi. Trattandosi degli interessi moratori, la Corte constata che la modifica del loro metodo di calcolo intervenne appena prima che la sentenza del 3 giugno 1997 fosse resa. Pertanto, la richiedente ha un “bene” dunque, ai sensi della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 che si applica quindi nello specifico (Lecarpentier ed altro c. Francia, no 67847/01, § 40, 14 febbraio 2006; S.p.A. Dangeville c. Francia, no 36677/97, § 48, CEDH 2002).
2. Sull’esistenza di un’ingerenza
31. La Corte nota che il credito in principale che deteneva la richiedente non fu leso per niente dalla legge controversa, e che fu pagata in tempo voluto. Non ci fu dunque a questo riguardo nessuna ingerenza dello stato. In compenso, il dispositivo legislativo in causa, come ammette il Governo, ha provocato un’ingerenza, a causa del suo carattere retroattivo, nell’esercizio dei diritti che la richiedente poteva fare valere per ciò che riguarda i soli interessi moratori-e, pertanto, nel suo diritto al rispetto dei suoi beni.
32. La Corte rileva che, nelle circostanze dello specifico, questa ingerenza si analizza in una privazione di proprietà ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione (vedere, in particolare, Lecarpentier ed altri c. Francia, precitata e, mutatis mutandis, le sentenze Maurice e Draon c. Francia [GC], i nostri 28719/95 e 1513/03, CEDH 2005, rispettivamente §§ 80 e 72). Le occorre ricercare dunque se l’ingerenza denunciata si giustifica sotto l’angolo di questa disposizione.
3. Sulla giustificazione dell’ingerenza
a) “Prevista dalla legge”
33. Non è contestato che l’ingerenza controversa sia “stata prevista dalla legge”, come vuole l’articolo 1 del Protocollo no 1.
34. In compenso, i pareri delle parti divergono in quanto alla legittimità di tale ingerenza. Quindi, la Corte deve ricercare se questa inseguiva uno scopo legittimo, ossia se esisteva una “causa di utilità pubblica”, ai sensi della seconda frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
b) “a causa di utilità pubblica”,
35. La Corte stima che grazie ad una cognizione diretta della società e dei suoi bisogni, le autorità nazionali si trovano in principio meglio collocate del giudice internazionale per determinare ciò che è “di utilità pubblica.” Ricorda che nel meccanismo di protezione creato dalla Convenzione, appartiene alle autorità nazionali pronunciarsi per primi sull’esistenza di un problema di interesse generale che giustifica delle privazioni di proprietà. Godono qui, quindi, di un certo margine di valutazione.
36. In più, la nozione d ‘ “utilità pubblica” è ampia per natura. La decisione di adottare delle leggi che portano privazione di proprietà implica in particolare, di solito l’esame di questioni politiche, economiche e sociali. Stimando normale che il legislatore disponga di una grande latitudine per condurre una politica economica e sociale, la Corte rispetta il modo in cui concepisce gli imperativi dell’ “utilità pubblica”, salvo se il suo giudizio si rivela manifestamente privo di base ragionevole (Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri, precitata, § 37; Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 149, CEDH 2004-V).
37. La Corte ricorda infine che nella cornice di parecchie cause relative ad un’ingerenza legislativa con effetto retroattivo nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni, ha esaminato se questo intervento legislativo si fondava su “degli imperiosi motivi di interesse generale” (vedere Lecarpentier, precitata, § 48, Aubert ed altri c). Francia, numeri 31501/03, 31870/03, 13045/04, 13076/04, 14838/04, 17558/04, 30488/04, 45576/04 e 20389/05, § 84, 9 gennaio 2007, e De Franchis c. Francia, no 15589/05, 6 dicembre 2007).
38. Nello specifico, il Governo, che riprende in parte la motivazione dal Consiglio di stato nella sua sentenza del 5 luglio 2004, considera che il dispositivo legislativo in causa procede con parecchi motivi di interesse generale che qualifica come imperiosi: correggere una disfunzione economica maggiore dovuta allo sconvolgimento delle condizioni monetarie ed alla diminuzione molto forte del tasso dell’inflazione, ristabilire una coerenza giuridica e finanziaria nel tasso degli interessi moratori dovuti a titolo dei contratti pubblici affinché il loro tasso venga determinato in un rapporto ragionevole all’inflazione e vicino ai tassi realmente praticati sul contratto per il finanziamento a breve termine delle imprese, e garantire un’uguaglianza di trattamento tra i titolari di contratti.
39. La Corte considera che i motivi avanzati dal Governo per giustificare l’intervento legislativo appaiono come pertinenti, sufficienti e convincenti: annullando ogni riferimento al tasso degli obblighi garantiti che non era stato modificato dal 1981, la legge controversa ha avuto per oggetto principale di correggere una disfunzione anormale che le circostanze economiche esterne le avevano fatto subire, e di armonizzare con l’applicazione di un tasso di interesse unico il metodo di calcolo degli interessi non ancora corrisposti , qualunque sia la data di stipula del contratto pubblico. La legge in causa era giustificata da imperiosi motivi di interesse generale” dunque. Rilevando del resto che la richiedente non contesta la legittimità, nell’avvenire, della legge controversa, la Corte stima, in queste condizioni, che l’ingerenza nei beni della richiedente serviva una “causa di utilità pubblica.”
40. È vero, tuttavia, come sottolinea la richiedente, che il tasso di interessi moratori così fissato ebbe un effetto retroattivo, nel senso che si applicò ai contratti stipulati come nello specifico prima del 19 dicembre 1993, ai termini dell’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 e dell’ordinanza del 31 maggio 1997.
41. La Corte ricorda che una misura di ingerenza nel diritto al rispetto dei beni deve predisporre un giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, § 69) e che deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto da ogni misura che priva una persona della sua proprietà, Pressos Compania Naviera S.p.A. ed altri, precitata, § 38).
42. La Corte ricorda anche che ha concluso, in parecchie cause, alla mancanza di proporzionalità di un’ingerenza legislativa con effetto retroattivo quando questa aveva avuto per conseguenza di annientare la causa, al principale, delle parti richiedenti, e di regolare così il cuore della controversia portata dinnanzi alle giurisdizioni nazionali rendendo vano il proseguimento del procedimento (Lecarpentier, precitata, Aubert ed altri, precitata, e De Franchis, precitata).
43. Ora, la Corte stima che è differentemente nello specifico. Rileva che l’ingerenza denunciata riguardava solamente una parte dell’importo degli interessi di ritardo dovuto alla richiedente, dal momento che riguardava solamente la determinazione del tasso di detti interessi. Se il dispositivo legislativo in causa ha regolato la questione dell’importo degli interessi moratori che la richiedente ha potuto ricuperare, si è costretti a constatare che non ha fatto ostacolo all’esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997, nella misura in cui la richiedente ha potuto ottenere guadagno di causa, al principale, dinnanzi alle giurisdizioni nazionali investite. Trattandosi degli interessi moratori dovuti, l’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 non ha portato attentato al diritto della richiedente ad ottenere risarcimento del danno subito a causa del ritardo di pagamento, ma ha corretto, in un rapporto ragionevole all’inflazione, un scarto risultante dal cambiamento delle condizioni monetarie intervenuto da allora. La Corte osserva, più in particolare, che l’applicazione dell’articolo 50 della legge precitata del 30 dicembre 1996 (vedere sopra paragrafo 20) ha avuto per solo effetto per la richiedente di fissare a suo profitto degli interessi moratori- cioè degli interessi destinati a compensare per il creditore il ritardo di pagamento del debitore- ad un tasso adattato ai costi reali sopportati da lei a causa di questo ritardo, senza farle beneficiare in modo indebito dell’inflazione molto forte che esisteva nel momento in cui avrebbe dovuto ricevere il pagamento in principale, inflazione che si era attenuata molto tra questa data e quella in cui ha percepito il rimborso in principale, abbinato a degli interessi moratori.
44. In queste condizioni, la Corte considera che la misura controversa non ha dunque pregiudicato la sostanza stessa del diritto di proprietà della richiedente. Non ha fatto inoltre pesare un “carico anormale ed esorbitante” sulla richiedente, e l’attentato portato ai suoi beni ha rivestito un carattere proporzionato, non rompendo il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali degli individui.
45. Pertanto, non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
46. La richiedente si lamenta dell’applicazione retroattiva nel corso dell’istanza dell’ordinanza ministeriale del 31 maggio 1997 presa sulla base dell’articolo 50 della legge di finanza del 30 dicembre 1996. Sostiene che l’ingerenza del legislatore nell’amministrazione della giustizia non si fondava su “degli imperiosi motivi di interesse generale”, ai sensi della giurisprudenza della Corte. Invoca l’articolo 6 § 1 della Convenzione così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
47. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
48. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
49. Il Governo stima, a titolo principale, che l’articolo 50 della legge del 30 dicembre 1996 e l’ordinanza del 31 maggio 1997 non costituiscono né una convalida legislativa né un’ingerenza del potere legislativo. Sottolinea che non hanno fatto ostacolo all’esecuzione della sentenza del 3 giugno 1997 resa dalla corte amministrativa di appello di Parigi che è stata investita dopo l’intervento delle disposizioni contestate. Stima quindi che il dispositivo normativo non ha potuto avere per oggetto o per effetto di costituire una convalida legislativa o un’intromissione nell’amministrazione della giustizia. Sussidiariamente, stima che la regolamentazione applicabile in materia di interessi moratori era giustificata da imperiosi motivi di interesse generale, precedentemente esposti.
b) La richiedente
50. La richiedente sostiene che, nella misura in cui il carattere contrattuale degli interessi moratori non è contestato, ogni modifica delle regole di calcolo o del tasso resta senza incidenza sui diritti rispettivi delle parti, salvo accordo di queste. Considerando che solo le regole ed il tasso in vigore in data della firma del contratto sono applicabili, è ai suoi occhi indifferente che il contenzioso sia nato dopo l’intervento delle disposizioni in causa, tanto più che la corte amministrativa di appello di Parigi ha fatto riconoscere solamente il credito di cui era titolare come determinato dal contratto. Stima che la retroattività delle disposizioni legislative in causa non è giustificata per niente.
2. Valutazione della Corte
51. La Corte constata che l’essenza di questo motivo di appello si confonde largamente col precedente. Avuto riguardo alle circostanze particolari della presente causa, così come al ragionamento che l’ha condotta a constatare una non-violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, in particolare per ciò che riguarda la legittimità e la proporzionalità della misura in causa, la Corte non stima necessario esaminare separatamente il motivo di appello della richiedente sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che non c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare il motivo di appello derivato dall’articolo 6 della Convenzione.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto l’ 11 febbraio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Cancelliera Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Non-violation de P1-1
CINQUIÈME SECTION
AFFAIRE SUD PARISIENNE DE CONSTRUCTION c. FRANCE
(Requête no 33704/04)
ARRÊT
STRASBOURG
11 février 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Sud Parisienne de Construction c. France,
La Cour européenne des droits de l’homme (cinquième section), siégeant en une chambre composée de :
Peer Lorenzen, président,
Renate Jaeger,
Jean-Paul Costa,
Karel Jungwiert,
Isabelle Berro-Lefèvre,
Mirjana Lazarova Trajkovska,
Zdravka Kalaydjieva, juges,
et de Claudia Westerdiek, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 19 janvier 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 33704/04), dirigée contre la République française, formée par une personne morale, la société S. P. de C. (« la requérante »), laquelle a saisi la Cour le 13 septembre 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Me O. de N., avocat au Conseil d’Etat et à la Cour de cassation. Le gouvernement français (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Belliard, directrice des Affaires juridiques au ministère des Affaires étrangères.
3. La requérante alléguait la violation de l’article 1 du Protocole no 1 et de l’article 6 § 1 de la Convention.
4. Le 29 août 2007, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. La requérante, S. P. de C., est une société de droit français ayant son siège social en France, à Mandres-Les-Roses.
6. Par un marché passé le 7 novembre 1984, l’Assistance Publique-Hôpitaux de Paris (ci-après « APHP ») confia à la société E. T. la réalisation d’un lot pour la construction de l’hôpital Robert Debré.
7. Par un acte distinct et spécial du 11 décembre 1986, l’APHP agréa, sur proposition de l’entreprise principale chargée du gros œuvre, la requérante comme sous-traitante pour la construction des murs de soutènement de l’hôpital. Les intérêts moratoires – destinés à réparer le préjudice subi par le titulaire d’un marché public ou le sous-traitant du fait des retards de paiement de l’administration – avaient été définis lors de la conclusion du marché à 2,5 points au dessus du taux d’intérêt des obligations cautionnées (fixé à 14,5 % depuis le 4 novembre 1981), soit à hauteur de 17 %, conformément aux dispositions alors en vigueur de l’article 2 de l’arrêté du 29 août 1977 selon lesquelles « le taux des intérêts prévus à l’article 181 du code des marchés publics est le taux d’intérêt des obligations cautionnées majoré de deux points et demi ».
1. Procédure relative au paiement direct par l’APHP de la facture émise par la requérante pour les travaux réalisés
8. Le 27 octobre 1987, la société E. T. résilia le marché de sous-traitance.
9. Le 1er février 1988, la requérante adressa à la société E. T., pour paiement direct par l’APHP en vertu de la loi du 31 décembre 1975 relative à la sous-traitance, une facture de fin de travaux réalisés antérieurement à la date de résiliation, d’un montant de 1 420 300 francs (soit 216 509 euros).
10. La société Emile Touzet n’ayant pas contesté le montant des factures représentant le solde du marché de sous-traitance, la requérante, conformément au code des marchés publics (article 186 ter), s’adressa directement à l’APHP pour obtenir le paiement de ladite facture, augmentée des intérêts moratoires tels que définis dans le contrat de marché public, pour un total de 2 018 212 francs (307 654 euros).
11. Suite à la décision implicite de rejet de sa demande, la requérante saisit le tribunal administratif de Paris qui, par un jugement du 19 décembre 1995, rejeta sa requête tendant à ce que l’APHP soit condamnée à procéder au paiement direct du solde du marché de sous-traitance passé avec l’entrepris T.. Elle interjeta appel du jugement.
12. Le 30 décembre 1996, le Parlement vota la loi de finances rectificative no 96-1182, entrée en vigueur le 1er janvier 1997 (paragraphe 20 ci-dessous).
13. Le 31 mai 1997, le ministre de l’Économie et des Finances modifia en conséquence le taux des intérêts moratoires en l’étendant aux marchés publics passés avant le 19 décembre 1993. Il fixa au 1er janvier 1997 « la date à partir de laquelle les intérêts moratoires non encore mandatés, relatifs aux marchés publics passés antérieurement au 19 décembre 1993, seraient calculés par référence aux taux d’intérêt légal en vigueur (…) majoré de deux points » (paragraphe 21 ci-dessous).
14. Par un arrêt du 3 juin 1997, la cour administrative d’appel annula le jugement entrepris du 19 décembre 1995. Elle constata l’existence de la créance de la requérante, à savoir le paiement direct, par le maître de l’ouvrage (l’APHP), des sommes restant dues au sous-traitant en rémunération des travaux exécutés par lui. Sur le montant de la créance, la cour condamna l’APHP à verser à la requérante la somme au principal de 1 346 952,57 francs, « assortie des intérêts moratoires contractuels calculés conformément aux dispositions combinées des articles 178 et 186 ter du code des marchés publics ». Relevant en outre que la requérante avait demandé le 27 avril 1992 et le 26 avril 1996 la capitalisation des intérêts, elle fit droit à ces demandes.
15. Par un arrêt du 11 octobre 1999, le Conseil d’Etat rejeta le pourvoi formé par l’APHP contre cette décision, et la condamna à verser à la requérante la somme de 15 000 francs au titre des frais non compris dans les dépens.
2. Procédure relative à l’exécution de l’arrêt de la cour administrative d’appel de Paris du 3 juin 1997
16. Dans le cadre de l’exécution de l’arrêt du 3 juin 1997, l’APHP opposa à la requérante le montant des intérêts moratoires dus en application de l’article 50 de la loi de finance du 30 décembre 1996 et de l’arrêté d’application du 31 mai 1997.
17. Le 7 janvier 1998, la requérante saisit la cour administrative d’appel de Paris d’une demande d’exécution de l’arrêt du 3 juin 1997, alléguant notamment une violation de l’article 6 de la Convention et de l’article 1 du Protocole no 1. Elle soutenait que la partie adverse n’avait exécuté que partiellement cet arrêt, et qu’il convenait d’appliquer le taux des intérêts moratoires contractuels, défini lors de la conclusion du marché public, qui s’élevait à 2,5 points au dessus du taux des obligations cautionnées, soit 17 %. Elle estimait que ce taux ne pouvait être modifié à titre rétroactif en application de l’arrêté ministériel du 31 mai 1997.
18. La cour administrative d’appel de Paris rendit son arrêt le 21 juin 2001. Elle rappela tout d’abord qu’en vertu de l’arrêté du 17 décembre 1993 pris pour l’application de l’article 182 du code des marchés, le taux des intérêts moratoires dus au titre des marchés publics dont la procédure de passation avait été lancée à compter du 19 décembre 1993 était le taux légal en vigueur à la date à laquelle les intérêts avaient commencé à courir, majoré de deux points. Elle souligna ensuite que, si le taux des intérêts moratoires applicables aux marchés publics dont la procédure de passation était antérieure au 19 décembre 1993 restait déterminé par référence au taux d’intérêt des obligations cautionnées, en vigueur à la date à laquelle les intérêts avaient commencé à courir, l’article 50 de la loi litigieuse et son décret d’application du 31 mai 1997 avaient uniformisé le régime des intérêts moratoires quelle que soit la date de passation du marché.
Sur le fond du litige, elle rejeta, en premier lieu, les conclusions tendant à voir appliquer un taux d’intérêts moratoires contractuels défini à 17 %. Considérant, d’une part, que l’article 50 précité avait pour seul objet d’assurer l’égalité de traitement entre les titulaires de marchés publics dont les intérêts moratoires n’avaient pas été mandatés avant le 1er janvier 1997 – quelle que soit la date à laquelle fut lancée la procédure de passation du marché attribué – elle estima que cette disposition législative devait être regardée « comme ayant été édictée dans un but d’intérêt général », et qu’elle ne pouvait être considérée comme « une ingérence dépourvue de base raisonnable dans la jouissance du bien » que constituait, au sens de l’article 1er du protocole no 1, le droit de créance d’intérêts moratoires détenu par la requérante sur l’APHP. Considérant, d’autre part, que l’article 50 précité n’avait ni pour objet ni pour effet de faire échec à l’exécution de décisions de justice, elle estima que le moyen tiré de la violation de l’article 6 de la Convention ne pouvait qu’être rejeté. Elle précisa que si l’article 50 « avait entendu conférer un caractère rétroactif au texte réglementaire dont il avait prévu l’intervention », cette disposition législative n’était pas incompatible avec les dispositions de la Convention. La cour d’appel en déduisit que les intérêts moratoires dus à la requérante en sa qualité d’entreprise sous-traitante d’un marché public passé avant le 19 décembre 1993 pouvaient légalement être calculés par référence au taux d’intérêt légal, fixé à 9,5 % pour l’année 1988, majoré de deux points (soit 11,5 %), et ce même au titre de la période antérieure à la publication de l’arrêté ministériel intervenue le 1er juin 1997.
En second lieu, la cour d’appel constata que les intérêts moratoires avaient été liquidés à un taux inférieur au taux précité pour une certaine période. Elle considéra dès lors que toute les mesures propres à assurer la complète exécution de l’arrêt de la cour du 3 juin 1997 n’avaient pas été prises et prononça une astreinte, fixée à 1 000 francs (152 euros) par jour de retard, à l’encontre de l’APHP si celle-ci ne justifiait pas, dans les trois mois suivant la notification de la décision d’appel, avoir complètement exécuté ledit arrêt.
19. Par un arrêt du 5 juillet 2004, le Conseil d’Etat rejeta le pourvoi formé par la requérante.
Constatant que les dispositions de l’article 50 de la loi de finances rectificative pour 1996 avaient entendu « conférer un caractère rétroactif » à l’arrêté ministériel du 31 mai 1997, le Conseil d’Etat rappela que ces dispositions avaient eu pour effet « d’harmoniser le mode de calcul des intérêts non encore mandatés quelle que soit la date de passation du marché ». Soulignant l’écart existant entre ce taux et celui résultant de l’application des textes antérieurement en vigueur, qui faisaient référence au taux des obligations cautionnées, il estima qu’elles avaient « privé les entreprises intéressées d’une fraction de la créance d’intérêts qu’elles pouvaient faire valoir ».
Il considéra toutefois que ces dispositions avaient eu « pour objet, en supprimant toute référence au taux des obligations cautionnées – lequel, n’ayant pas été modifié depuis le 30 octobre 1981, avait, en raison du bouleversement des conditions monétaires intervenu depuis lors, et notamment de la très forte diminution du taux d’inflation, perdu toute signification économique – de rapprocher le taux des intérêts moratoires dus au titre des marchés publics des taux réellement pratiqués sur le marché pour le financement à court terme des entreprises ». Il en déduisit qu’elles ne visaient pas à faire obstacle à l’exécution de décisions de justice passées en force de chose jugée. Il en conclut qu’elles étaient, dès lors, « justifiées par d’impérieux motifs d’intérêt général et n’[étaient] pas incompatibles avec les stipulations de l’article 6 § 1 de la Convention (…) ».
Enfin, le Conseil d’Etat considéra « qu’eu égard aux motifs d’intérêt général justifiant, ainsi qu’il a été dit, les dispositions de l’article 50 de la loi de finances rectificative pour 1996, la cour administrative d’appel de Paris n’[avait] pas commis d’erreur de droit en estimant que ces dispositions, qui ne portent pas une atteinte disproportionnée au droit des entreprises concernées au respect de leurs biens, n’étaient pas incompatibles avec les stipulations de l’article 1er du premier protocole additionnel à la [Convention] ».
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
20. Le 30 décembre 1996, le Parlement vota une loi de finances rectificative no 96-1182, entrée en vigueur le 1er janvier 1997, dont l’article 50 disposait :
« Le taux des intérêts moratoires applicables aux marchés régis par le code des marchés publics dont la procédure de passation a été lancé avant le 19 décembre 1993 est fixé par voie réglementaire, en tenant compte de l’évolution moyenne des taux d’intérêt applicables de façon usuelle pour le financement à court terme des entreprises.
La présente disposition s’applique aux intérêts moratoires non encore mandatés à la date d’entrée en vigueur de la présente loi. »
21. Par un arrêté du 31 mai 1997 publié le 1er juin suivant, pris en application de la loi du 30 décembre 1996, le ministre de l’Économie et des Finances modifia en conséquence le taux des intérêts moratoires en l’étendant aux marchés publics passés avant le 19 décembre 1993. Il fixa au 1er janvier 1997 « la date à partir de laquelle les intérêts moratoires non encore mandatés, relatifs aux marchés publics passés antérieurement au 19 décembre 1993, seraient calculés par référence aux taux d’intérêt légal en vigueur (…) majoré de deux points ».
22. Les dispositions pertinentes du code des marchés publics, en vigueur en 1988 – date à laquelle les intérêts moratoires demandés ont commencé à courir – sont les suivantes :
Article 178
« I. – L’administration contractante est tenue de procéder au mandatement des acomptes et du solde dans un délai qui ne peut dépasser trente-cinq jours ; toutefois, pour le solde de certaines catégories de marchés, un délai plus long peut être fixé par arrêté du ministre chargé de l’économie et des finances. Ce délai ne peut être supérieur à trois mois.
Le délai de mandatement est précisé dans le marché.
La date du mandatement est portée, le jour de l’émission du mandat et par écrit, à la connaissance du titulaire par l’administration contractante.
II. – Le défaut de mandatement dans le délai prévu au I ci-dessus fait courir de plein droit et sans autre formalité, au bénéfice du titulaire ou du sous-traitant, des intérêts moratoires, à partir du jour suivant l’expiration dudit délai jusqu’au quinzième jour inclus suivant la date du mandatement du principal.
Toutefois, dans le cas où le mandatement est effectué hors du délai prévu au présent article, lorsque les intérêts moratoires n’ont pas été mandatés en même temps que le principal et que la date du mandatement n’a pas été communiquée au titulaire, les intérêts moratoires sont dus jusqu’à ce que les fonds soient mis à la disposition du titulaire.
(…). »
Article 181 (version en vigueur du 28 novembre 1979 au 4 décembre 1990)
« Le taux et les modalités de calcul des intérêts moratoires prévus aux articles 178, 179, 185 et 186 quater sont fixés par arrêté des ministres chargés de l’économie et du budget, compte tenu de l’évolution du taux d’intérêt des obligations cautionnées »
Article 182 (version en vigueur du 4 décembre 1990 au 18 décembre 1992)
« Le taux et les modalités de calcul des intérêts moratoires prévus aux articles 178, 178 bis, 185 et 186 quater sont fixés par arrêté conjoint du ministre chargé de l’économie et des finances et du ministre chargé du budget, compte tenu de l’évolution du taux d’intérêt des obligations cautionnées. »
L’article 182 fut par la suite modifié par le décret no 92-1310 du 15 décembre 1992 en ce sens que l’évolution moyenne des taux d’intérêt appliqués de façon usuelle pour le financement à court terme des entreprises fut prise en compte pour déterminer le taux des intérêts moratoires.
Article 186 bis
« Les dispositions prévues aux articles 154 à 186 ci-dessus s’appliquent aux sous-traitants (…) sous réserve des dispositions particulières ci-après :
I – Lorsque le montant du contrat de sous-traitance est égal ou supérieur à 4 000 F, le sous-traitant, qui a été accepté et dont les conditions de paiement ont été agréées par la personne responsable du marché, est payé directement, pour la partie du marché dont il assure l’exécution.
(…)
L’acceptation du sous-traitant et l’agrément des conditions de paiement sont constatés par le marché, un avenant ou un acte spécial signé des deux parties.
Y sont précisés :
– la nature des prestations sous-traitées ;
– le nom, la raison ou la dénomination sociale et l’adresse du sous-traitant ;
– le montant prévisionnel des sommes à payer directement au sous-traitant ;
– les modalités de règlement de ces sommes.
Si la sous-traitance en cause n’avait pas été envisagée dans le marché, comme il est dit à l’article 187 bis, une stipulation de l’avenant ou de l’acte spécial doit en subordonner la validité à l’exécution des formalités prévues à l’article 188 bis.
(…) »
Article 186 ter
« Au vu des pièces justificatives fournies par le sous-traitant et revêtues de l’acceptation du titulaire du marché, l’ordonnateur mandate les sommes dues au sous-traitant et, le cas échéant, envoie à ce dernier l’autorisation définie au I de l’article 178 bis.
Dès réception de ces pièces, l’administration avise le sous-traitant de la date de réception de la demande de paiement envoyée par le titulaire et lui indique les sommes dont le paiement à son profit a été accepté par ce dernier.
Dans le cas où le titulaire d’un marché n’a ni opposé un refus motivé à la demande de paiement du sous-traitant dans le délai de quinze jours suivant sa réception, ni transmis celle-ci à l’administration, le sous-traitant envoie directement sa demande de paiement à l’administration par lettre recommandée avec avis de réception postal ou la lui remet contre récépissé dûment daté et inscrit sur un registre tenu à cet effet.
L’administration met aussitôt en demeure le titulaire, par lettre recommandée avec avis de réception postal, de lui faire la preuve, dans un délai de quinze jours à compter de la réception de cette lettre, qu’il a opposé un refus motivé à son sous-traitant. Dès réception de l’avis, elle informe le sous-traitant de la date de cette mise en demeure.
A l’expiration de ce délai, au cas où le titulaire ne serait pas en mesure d’apporter cette preuve, l’administration contractante dispose du délai prévu au I de l’article 178 pour mandater les sommes dues aux sous-traitants à due concurrence des sommes restant dues au titulaire ou du délai prévu au I de l’article 178 bis pour envoyer au sous-traitant l’autorisation d’émettre une lettre de change-relevé à due concurrence des sommes restant dues au titulaire. »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
23. La requérante soutient que l’application rétroactive en cours d’instance de l’arrêté du 31 mai 1997 précité constitue une ingérence injustifiée dans son droit au respect de ses biens, en l’espèce la créance portant sur intérêts moratoires contractuels dont le taux avait été fixé lors de la passation du marché public. Elle invoque l’article 1 du Protocole no 1 qui se lit comme suit :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
24. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèse des parties
a) Le Gouvernement
25. Le Gouvernement ne conteste pas, comme l’a d’ailleurs admis le juge national, que la créance constituée par les intérêts moratoires qui étaient dus à la requérante constitue un bien, au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Il ne conteste pas davantage l’existence d’une ingérence dans son droit au respect de sa propriété, dès lors que l’application des dispositions litigieuses a effectivement eu pour effet de la priver d’une fraction de la créance d’intérêts moratoires échus mais non encore mandatés qu’elle pouvait faire valoir à la date d’entrée en vigueur du dispositif législatif en cause.
26. Le Gouvernement considère toutefois que cette ingérence était justifiée par d’impérieux motifs d’intérêt général qui visaient, comme l’a relevé le Conseil d’Etat dans son arrêt du 5 juillet 2004, à corriger un dysfonctionnement économique majeur dû au bouleversement des conditions monétaires et la très forte diminution du taux de l’inflation, et ainsi à rétablir une cohérence juridique des intérêts moratoires dus au titre des marchés publics afin que leur taux soit déterminé dans un rapport raisonnable à l’inflation et proche des taux réellement pratiqués sur le marché pour le financement à court terme des entreprises. Tout en s’appuyant sur l’analyse du commissaire du gouvernement développée dans ses conclusions sous l’arrêt précité du 5 juillet 2004, le Gouvernement souligne que la suppression du taux des intérêts moratoires calculés sur le taux des obligations cautionnés, non modifiés depuis le 30 octobre 1981, a donc mis fin à cette situation dénaturée qui produisait un effet d’aubaine anormal et aboutissait à un enrichissement disproportionné des titulaires de créances en matière de marchés publics en cas de retard de paiement. Il ajoute que ce nouveau dispositif a par ailleurs rétabli l’égalité de traitement entre les titulaires de créances en matière de marchés publics. Il en conclut que l’ingérence dans le droit de la requérante ne faisait pas peser sur elle une charge anormale et exorbitante.
b) La requérante
27. La requérante estime que la rétroactivité des dispositions législatives en cause n’est pas justifiée, et que l’atteinte au droit au respect de ses biens ne respecte pas un juste équilibre entre les intérêts en présence. Elle considère que, s’il est clair que les considérations financières et le souci d’une égalité de traitement entre les titulaires de marchés pouvaient justifier, pour l’avenir, une législation nouvelle, ils ne pouvaient pas légitimer une rétroactivité dont le but et l’effet étaient de priver les cocontractants des personnes morales de droit public de leurs créances contractuelles. Elle fait valoir que le seuil des liquidations de comptes, fixé au 31 mai 1997, date de publication de l’arrêté ministériel, a en fait créé une inégalité entre les créanciers, et ajoute que l’effet d’aubaine ou l’enrichissement, avancé par le Gouvernement, est plus à rechercher du côté des maîtres d’ouvrages publics n’ayant pas satisfait à leur obligation contractuelle de mandater les sommes dues dans le délai légal, pour conclure que le souci d’harmoniser les taux a constitué pour les mauvais payeurs une prime à l’inertie et au refus d’exécuter de bonne foi les stipulations contractuelles.
2. Appréciation de la Cour
1. Sur l’existence d’un bien au sens de l’article 1 du Protocole no 1
28. La Cour constate que le Gouvernement reconnaît que la requérante est titulaire d’un « bien », au sens de l’article 1 du Protocole no 1, qui porte sur la créance constituée par les intérêts moratoires qui lui étaient dus en vertu de l’arrêt définitif de la cour d’appel de Paris rendu le 3 juin 1997. Le Gouvernement estime toutefois que cet arrêt ne consacre que le principe de la créance et non le montant sollicité.
29. La Cour relève sur ce point que le Conseil d’Etat, dans son arrêt du 5 juillet 2004, a reconnu que les dispositions litigieuses avaient eu pour effet de priver les entreprises intéressées, comme la requérante en sa qualité de sous-traitante, d’une fraction de la créance d’intérêts moratoires échus mais non encore mandatés qu’elles pouvaient faire valoir à la date de leur entrée en vigueur, le 1er janvier 1997. Elle note en outre que l’arrêt de la cour administrative d’appel du 3 juin 1997 ne comporte aucune mention dans ses visas, ses motifs ou son dispositif des dispositions de l’article 50 de la loi du 30 décembre 1996 et de l’arrêté du 31 mai 1997, pourtant antérieures à la date à laquelle l’arrêt précité est intervenu. En revanche, il ressort de cet arrêt que l’APHP fut condamné à verser à la requérante la somme de 1 346 952,57 francs, assortie des intérêts moratoires contractuels calculés conformément aux dispositions combinées des articles 178 et 186 ter en vigueur du code des marchés publics.
30. Compte tenu de ce qui précède, la Cour considère que la requérante bénéficiait en l’espèce d’un intérêt patrimonial constitué, d’une part, de la créance en principal d’un montant de 1 346 952,57 francs et, d’autre part, des intérêts moratoires contractuels y relatifs. S’agissant des intérêts moratoires, la Cour constate que la modification de leur mode de calcul intervint juste avant que l’arrêt du 3 juin 1997 soit rendu. Partant, la requérante a donc un « bien », au sens de la première phrase de l’article 1 du Protocole no 1, lequel s’applique dès lors en l’espèce (Lecarpentier et autre c. France, no 67847/01, § 40, 14 février 2006 ; S.A. Dangeville c. France, no 36677/97, § 48, CEDH 2002).
2. Sur l’existence d’une ingérence
31. La Cour note que la créance en principal que détenait la requérante ne fut nullement affectée par la loi litigieuse, et qu’elle fut payée en temps voulu. Il n’y eut donc aucune ingérence de l’Etat à cet égard. En revanche, le dispositif législatif en cause, comme l’admet le Gouvernement, a entraîné une ingérence, du fait de son caractère rétroactif, dans l’exercice des droits que la requérante pouvait faire valoir – en ce qui concerne les seuls intérêts moratoires – et, partant, dans son droit au respect de ses biens.
32. La Cour relève que, dans les circonstances de l’espèce, cette ingérence s’analyse en une privation de propriété au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention (voir, notamment, Lecarpentier et autre c. France, précité et, mutatis mutandis, les arrêts Maurice et Draon c. France [GC], nos 28719/95 et 1513/03, CEDH 2005, respectivement §§ 80 et 72). Il lui faut donc rechercher si l’ingérence dénoncée se justifie sous l’angle de cette disposition.
3. Sur la justification de l’ingérence
a) « Prévue par la loi »
33. Il n’est pas contesté que l’ingérence litigieuse ait été « prévue par la loi », comme le veut l’article 1 du Protocole no 1.
34. En revanche, les avis des parties divergent quant à la légitimité d’une telle ingérence. Dès lors, la Cour doit rechercher si celle-ci poursuivait un but légitime, à savoir s’il existait une « cause d’utilité publique », au sens de la seconde phrase du premier alinéa de l’article 1 du Protocole no 1.
b) « Pour cause d’utilité publique »
35. La Cour estime que grâce à une connaissance directe de la société et de ses besoins, les autorités nationales se trouvent en principe mieux placées que le juge international pour déterminer ce qui est « d’utilité publique ». Elle rappelle que dans le mécanisme de protection créé par la Convention, il appartient aux autorités nationales de se prononcer les premières sur l’existence d’un problème d’intérêt général justifiant des privations de propriété. Elles jouissent ici, dès lors, d’une certaine marge d’appréciation.
36. De plus, la notion d’« utilité publique » est ample par nature. En particulier, la décision d’adopter des lois portant privation de propriété implique d’ordinaire l’examen de questions politiques, économiques et sociales. Estimant normal que le législateur dispose d’une grande latitude pour mener une politique économique et sociale, la Cour respecte la manière dont il conçoit les impératifs de l’« utilité publique », sauf si son jugement se révèle manifestement dépourvu de base raisonnable (Pressos Compania Naviera S.A. et autres, précité, § 37 ; Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 149, CEDH 2004-V).
37. La Cour rappelle enfin que dans le cadre de plusieurs affaires relatives à une ingérence législative avec effet rétroactif dans le droit des requérants au respect de leurs biens, elle a examiné si cette intervention législative reposait sur « d’impérieux motifs d’intérêt général » (voir Lecarpentier, précité, § 48, Aubert et autres c. France, nos 31501/03, 31870/03, 13045/04, 13076/04, 14838/04, 17558/04, 30488/04, 45576/04 et 20389/05, § 84, 9 janvier 2007, et De Franchis c. France, no 15589/05, 6 décembre 2007).
38. En l’espèce, le Gouvernement, reprenant en partie la motivation du Conseil d’Etat dans son arrêt du 5 juillet 2004, considère que le dispositif législatif en cause procède de plusieurs motifs d’intérêt général qu’il qualifie d’impérieux : corriger un dysfonctionnement économique majeur dû au bouleversement des conditions monétaires et à la très forte diminution du taux de l’inflation, rétablir une cohérence juridique et financière dans le taux des intérêts moratoires dus au titre des marchés publics afin que leur taux soit déterminé dans un rapport raisonnable à l’inflation et proche des taux réellement pratiqués sur le marché pour le financement à court terme des entreprises, et assurer une égalité de traitement entre les titulaires de marchés.
39. La Cour considère que les motifs avancés par le Gouvernement pour justifier l’intervention législative apparaissent comme étant pertinents, suffisants et convaincants : en supprimant toute référence au taux des obligations cautionnées, qui n’avait pas été modifié depuis 1981, la loi litigieuse a eu pour objet premier de corriger un dysfonctionnement anormal que des circonstances économiques extérieures lui avaient fait subir, et d’harmoniser par l’application d’un taux d’intérêt unique le mode de calcul des intérêts non encore mandatés, quelle que soit la date de passation du marché public. La loi en cause était donc justifiée par « d’impérieux motifs d’intérêt général ». Relevant d’ailleurs que la requérante ne conteste pas la légitimité, pour l’avenir, de la loi litigieuse, la Cour estime, dans ces conditions, que l’ingérence dans les biens de la requérante servait une « cause d’utilité publique ».
40. Il est vrai, toutefois, comme le souligne la requérante, que le taux d’intérêts moratoires ainsi fixé eut un effet rétroactif, en ce sens qu’il s’appliqua aux marchés passés comme en l’espèce avant le 19 décembre 1993, aux termes de l’article 50 de la loi du 30 décembre 1996 et de l’arrêté du 31 mai 1997.
41. La Cour rappelle qu’une mesure d’ingérence dans le droit au respect des biens doit ménager un juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (voir, parmi d’autres, Sporrong et Lönnroth c. Suède, arrêt du 23 septembre 1982, § 69) et qu’un rapport raisonnable de proportionnalité entre les moyens employés et le but visé par toute mesure privant une personne de sa propriété doit exister (Pressos Compania Naviera S.A. et autres, précité, § 38).
42. La Cour rappelle également qu’elle a conclu, dans plusieurs affaires, à l’absence de proportionnalité d’une ingérence législative avec effet rétroactif lorsque celle-ci avait eu pour conséquence d’anéantir la cause, au principal, des parties requérantes, et de régler ainsi le cœur du litige porté devant les juridictions nationales rendant vaine la poursuite de la procédure (Lecarpentier, précité, Aubert et autres, précité, et De Franchis, précité).
43. Or, la Cour estime qu’il en est différemment en l’espèce. Elle relève que l’ingérence dénoncée ne portait que sur une partie du montant des intérêts de retard dus à la requérante, dès lors qu’elle ne concernait que la fixation du taux desdits intérêts. Si le dispositif législatif en cause a réglé la question du montant des intérêts moratoires que la requérante a pu récupérer, force est de constater qu’il n’a pas fait obstacle à l’exécution de l’arrêt du 3 juin 1997, dans la mesure où la requérante a pu obtenir gain de cause, au principal, devant les juridictions nationales saisies. S’agissant des intérêts moratoires dus, l’article 50 de la loi du 30 décembre 1996 n’a pas porté atteinte au droit de la requérante à obtenir réparation du préjudice subi du fait du retard de paiement, mais a corrigé, dans un rapport raisonnable à l’inflation, un écart résultant du changement des conditions monétaires intervenu depuis lors. La Cour observe, plus particulièrement, que l’application de l’article 50 de la loi précitée du 30 décembre 1996 (voir paragraphe 20 ci-dessus) a eu pour seul effet pour la requérante de fixer à son profit des intérêts moratoires – c’est-à-dire des intérêts destinés à compenser pour le créancier le retard de paiement du débiteur – à un taux adapté aux coûts réels supportés par elle du fait de ce retard, sans la faire bénéficier de façon indue de l’inflation très forte qui existait au moment où elle aurait dû recevoir le paiement en principal, inflation qui s’était beaucoup atténuée entre cette date et celle où elle a perçu le remboursement en principal, assorti des intérêts moratoires.
44. Dans ces conditions, la Cour considère que la mesure litigieuse n’a donc pas atteint la substance même du droit de propriété de la requérante. Elle n’a pas davantage fait peser une « charge anormale et exorbitante » sur la requérante, et l’atteinte portée à ses biens a revêtu un caractère proportionné, ne rompant pas le juste équilibre entre les exigences de l’intérêt général et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux des individus.
45. Partant, il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
46. La requérante se plaint de l’application rétroactive en cours d’instance de l’arrêté ministériel du 31 mai 1997 pris sur la base de l’article 50 de la loi de finance du 30 décembre 1996. Elle soutient que l’ingérence du législateur dans l’administration de la justice ne reposait pas sur « d’impérieux motifs d’intérêt général », au sens de la jurisprudence de la Cour. Elle invoque l’article 6 § 1 de la Convention ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
47. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
48. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Thèse des parties
a) Le Gouvernement
49. Le Gouvernement estime, à titre principal, que l’article 50 de la loi du 30 décembre 1996 et l’arrêté du 31 mai 1997 ne constituent ni une validation législative ni une ingérence du pouvoir législatif. Il souligne qu’ils n’ont pas fait obstacle à l’exécution de l’arrêt du 3 juin 1997 rendu par la cour administrative d’appel de Paris, laquelle a été saisie postérieurement à l’intervention des dispositions contestées. Il estime dès lors que le dispositif normatif n’a pu avoir pour objet ou pour effet de constituer une validation législative ou une immixtion dans l’administration de la justice. Subsidiairement, il estime que la règlementation applicable en matière d’intérêts moratoires était justifiée par d’impérieux motifs d’intérêt général, précédemment exposés.
b) La requérante
50. La requérante soutient que, dans la mesure où le caractère contractuel des intérêts moratoires n’est pas contesté, toute modification des règles de calcul ou du taux reste sans incidence sur les droits respectifs des parties, sauf accord de celles-ci. Considérant que seules les règles et le taux en vigueur à la date de la signature du marché sont applicables, il est à ses yeux indifférent que le contentieux soit né postérieurement à l’intervention des dispositions en cause, d’autant plus que la cour administrative d’appel de Paris n’a fait que reconnaître la créance dont elle était titulaire telle que déterminée par le contrat. Elle estime que la rétroactivité des dispositions législatives en cause n’est nullement justifiée.
2. Appréciation de la Cour
51. La Cour constate que l’essence de ce grief se confond largement avec le précédent. Eu égard aux circonstances particulières de la présente affaire, ainsi qu’au raisonnement qui l’a conduite à constater une non-violation de l’article 1 du Protocole no 1, en particulier en ce qui concerne la légitimité et la proportionnalité de la mesure en cause, la Cour n’estime pas nécessaire d’examiner séparément le grief des requérants sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il n’y a pas eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner le grief tiré de l’article 6 de la Convention.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 11 février 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Claudia Westerdiek Peer Lorenzen
Greffière Président

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

Se l'espropriato ha già un Professionista di sua fiducia, può comunicagli che sul nostro sito trova strumenti utili per il suo lavoro.
Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

  • La consulenza iniziale, con esame di atti e consigli, è sempre gratuita
    - Per richiederla cliccate qui: Colloquio telefonico gratuito
  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 11/12/2024