PRIMA SEZIONE
CAUSA STAMOULI C. GRECIA
( Richiesta no 55862/07)
SENTENZA
STRASBURGO
11 giugno 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Stamouli c. Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
Nina Vajić, presidentessa, Christos Rozakis, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Sverre Erik Jebens, Giorgio Malinverni, George Nicolaou, giudici,
e da Søren Nielsen, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 19 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 55862/07) diretta contro la Repubblica ellenica e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.ra G. S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 6 dicembre 2007 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da L. P. ed A. P., avvocati al foro di Atene. Il governo greco (“il Governo”) è rappresentato dai delegati presso il suo agente, il Sig. G. Kanellopoulos, assessore del Consulente legale di stato, e dalla Sig.ra S. Trekli, ascoltatrice presso il Consulente legale di stato.
3. Il 29 agosto 2008, la presidentessa della prima sezione ha deciso di comunicare il motivo di appello derivato dalla durata del procedimento al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato in 1935 e risiede ad Atene.
5. Il 25 maggio 1994, il richiedente investì il tribunale di prima istanza di Atene di un’azione in danno-interessi contro l’ospedale pubblico Ippokrateio che le dava impiego come donna delle pulizie. Richiedeva la somma di 73 248 euro circa a titolo di stipendi. In seguito ad un rinvio, l’udienza ebbe luogo il 12 maggio 1995.
6. L’ 8 novembre 1995, il tribunale fece parzialmente dritto alla’istanza del richiedente, decisione no 3880/1995. Questa decisione fu stesa in bella copia il 23 agosto 1996.
7. Rispettivamente il 17 gennaio e il 2 luglio 1997, l’ospedale ed il richiedente interposero appello. L’udienza ebbe luogo il 16 marzo 1999.
8. Il 20 aprile 1999, la corte di appello di Atene annullò la decisione attaccata e fece parzialmente dritto all’azione del richiedente, aumentando leggermente l’importo assegnato in prima istanza (sentenza no 3110/1999). Questa sentenza fu notificata al richiedente il 14 ottobre 1999.
9. Rispettivamente il 7 marzo e il 6 aprile 2000, il richiedente e l’ospedale ricorsero in cassazione. L’udienza ebbe luogo il 16 gennaio 2001.
10. Il 15 giugno 2001, la Corte di cassazione respinse il ricorso dell’ospedale, fece diritto a quello introdotto dal richiedente, annullò la sentenza attaccata e rinviò la causa dinnanzi alla corte di appello, composta differentemente (sentenza no 1141/2001).
11. Il 26 giugno 2001, il richiedente riprese l’istanza dinnanzi alla corte di appello e chiese la determinazione di una data di udienza. Questa ebbe luogo il 16 ottobre 2001.
12. Il 20 dicembre 2001, la corte di appello di Atene dichiarò inammissibile l’appello dell’ospedale, in mancanza per lui di essersi presentato all’udienza, ma non si pronunciò su quello del richiedente (decisione no 9451/2001). Non essendo definitiva questa decisione, non era lecito al richiedente attaccarla in cassazione. Questa decisione fu stesa in bella copia il 3 febbraio 2004.
13. Il 25 luglio 2004, l’ospedale formò un’opposizione (ανακοπή ερημοδικίας) contro la suddetta decisione.
14. Il 31 maggio 2005, la corte di appello fece diritto all’opposizione dell’ospedale, annullò la decisione no 9451/2001 e ridusse in modo significativo l’importo da assegnare al richiedente (sentenza no 4479/2005).
15. Il 18 gennaio 2006, il richiedente ricorse in cassazione. L’udienza ebbe luogo il 15 maggio 2007.
16. Il 19 giugno 2007, la Corte di cassazione respinse il ricorso (sentenza no 1491/2007).
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
17. Le disposizioni pertinenti del codice di procedimento civile si leggono così:
Articolo 106
“Il tribunale agisce unicamente su richiesta di una parte e decide sulla base delle affermazioni sollevate dalle parti “
Articolo 108
“Gli atti del procedimento hanno luogo per iniziativa ed allo zelo delle parti “
I suddetti articoli consacrano rispettivamente i principi della disposizione dell’istanza (αρχή διαθέσεως) e dell’iniziativa delle parti (αρχή πρωτοβουλίας των διαδίκων). Secondo il principio della disposizione dell’istanza, la protezione giudiziale nella cornice delle controversie civili è accordata solamente se viene richiesta dalle parti, nella misura in cui lo è o continua ad esserlo. Peraltro, secondo il principio dell’iniziativa delle parti, il progresso di un procedimento civile dipende interamente dallo zelo delle parti (P. Yessiou-Faltsi, Procedimento Civile in Grecia, ed. Sakkoulas-Kluwer, p. 45 e succ.).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE ALLO SGUARDO DELLA DURATA DEL PROCEDIMENTO
18. Il richiedente adduce che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
19. Il Governo si oppone a questa tesi, sottolineando che la causa ha dato adito a decisioni giudiziali. Riferendosi inoltre al codice di procedimento civile che lascia l’iniziativa del procedimento alle parti, il Governo stima che la cronologia attesta la mancanza di zelo del richiedente nello specifico che ritardò in modo eccessivo la richiesta di determinazione delle date di udienza.
20. Il richiedente afferma che nessuna mancanza di zelo potrebbe esseregli imputabile.
A. Sull’ammissibilità
21. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva inoltre che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Periodo da prendere in considerazione
22. Il periodo da considerare è cominciato il 25 maggio 1994, con l’immissione nel processo del tribunale di prima istanza di Atene, e si è concluso il 19 giugno 2007, con la sentenza no 1491/2007 della Corte di cassazione, o una durata di più di tredici anni per tre gradi di giurisdizione.
2. Carattere ragionevole della durata del procedimento
23. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avuto riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare alla complessità della causa, al comportamento del richiedente e a quello delle autorità competenti, così come alla posta della controversia per gli interessati (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
24. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quella del caso specifico e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere Frydlender precitata).
25. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che gli sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. In particolare, la Corte rileva che in seno delle giurisdizioni investite, la causa ha dato adito a sentenze di cui due della Corte di cassazione, ed ammette che, per questo fatto, ne deriva una certa complessità. Tuttavia, stima che ciò non basta per giustificare la durata globale che conobbe il procedimento. La Corte nota, peraltro, che le parti sono responsabili di certi ritardi nella condotta della prima istanza dinnanzi alla corte di appello. Essendo così, non è da meno che anche se si deduce dalla durata globale del procedimento suddetti ritardi, questo rimane eccessivo.
26. La Corte riafferma che anche nei sistemi giuridici che consacrano il principio della condotta del processo da parte delle parti, l’atteggiamento degli interessati non dispensa i giudici dal garantire la celerità voluta dall’articolo 6 § 1 (Litoselitis c. Grecia, no 62771/00, § 30, 5 febbraio 2004). Quindi, tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
27. Invocando gli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta inoltre dell’equità del procedimento. Afferma che le giurisdizioni greche hanno commesso degli errori di fatto e di diritto che hanno privilegiato la parte avversa. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1, il richiedente si lamenta infine di un attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni. Afferma di avere perso il suo diritto ad ottenere la totalità dell’importo che rivendicava a titolo dei danno-interessi.
Sull’ammissibilità
28. La Corte ricorda che ai termini dell’articolo 19 della Convenzione, ha per compito di garantire il rispetto degli impegni che risultano dalla Convenzione per le Parti contraenti. In particolare, non le appartiene conoscere degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi da una giurisdizione interna, salvo se e nella misura in cui abbiano portato attentato ai diritti e alle libertà salvaguardati dalla Convenzione (vedere, in particolare, García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I). La Corte non può valutare lei stessa gli elementi di fatto che hanno condotto una giurisdizione nazionale ad adottare tale decisione piuttosto che tal’altra, se non si erigerebbe come giudice di quarta istanza ed ignorerebbe i limiti della sua missione (vedere, mutatis mutandis, Kemmache c. Francia (no 3), 24 novembre 1994, § 44, serie A no 296-C). La Corte ha per sola funzione, allo sguardo dell’articolo 6 della Convenzione, di esaminare le richieste che adducono che le giurisdizioni nazionali hanno ignorato delle garanzie procedurali specifiche enunciate da questa disposizione o che la condotta del procedimento nel suo insieme non ha garantito un processo equo al richiedente (vedere, tra molte altre, Donadzé c. Georgia, no 74644/01, §§ 30-31, 7 marzo 2006).
29. Nel presente caso, niente permette di pensare che il procedimento durante cui il richiedente ha potuto presentare tutti i suoi argomenti, non sia stato equo. La Corte difatti non scopre nessuno indizio di arbitrarietà nella condotta del processo né di violazione dei diritti procedurali dell’interessata. Avuto riguardo a questa constatazione, la Corte non stima necessario mettersi per di più sul terreno dell’articolo 13; difatti le esigenze di questo ultimo sono meno rigorose di quelle dell’articolo 6 § 1 ed inglobate da queste nello specifico (vedere, tra altre, Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 88, serie A no 52).
30. Peraltro, la Corte stima che il preteso credito del richiedente non può passare per un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, poiché non è stato constatato da una decisione giudiziale avente forza di cosa giudicata. Tale è tuttavia la condizione affinché un credito sia certo ed esigibile e, pertanto, protetto dall’articolo 1 del Protocollo no 1 (vedere, tra altre, Raffinerie greche Stran e Stratis Andreadis c. Grecia, 9 dicembre 1994, § 59, serie A, no 301-B).
31. In particolare, la Corte nota che, finché la sua causa era pendente dinnanzi alle giurisdizioni interne, la sua azione non faceva nascere nessuno diritto, a capo del richiedente, di credito, ma unicamente l’eventualità di ottenere simile credito. Quindi, avendo le sentenze respinto in parte la sua richiesta non hanno potuto avere per effetto di privarlo di un bene di cui era il proprietario.
32. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
33. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
34. Il richiedente richiede 18 223 euro (EUR) a titolo del danno materiale. Questa somma corrisponde alla differenza tra la somma che rivendicò nella sua azione e quella che gli fu assegnata dalle giurisdizioni investite. Richiede inoltre 10 000 EUR a titolo del danno morale che avrebbe subito.
35. Il Governo invita la Corte ad allontanare la richiesta a titolo del danno materiale. Afferma inoltre che una constatazione di violazione costituirebbe in sé una soddisfazione equa sufficiente a titolo del danno morale. A titolo alternativo, afferma che la somma assegnata a questo titolo non potrebbe superare i 3 500 EUR.
36. La Corte ricorda che la constatazione di violazione della Convenzione alla quale è giunta risulta esclusivamente da un’incomprensione del diritto dell’interessato a vedere la sua causa sentita in un “termine ragionevole.” In queste condizioni, non vede legame di causalità tra la violazione constatata ed un qualsiasi danno materiale di cui il richiedente avrebbe dovuto soffrire; c’è dunque luogo di respingere questo aspetto delle sue pretese. In compenso, la Corte stima che il richiedente ha subito un torto morale certo che la constatazione di violazione della Convenzione non compensa sufficientemente. Deliberando in equità, gli accorda 10 000 EUR a questo titolo, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta.
B. Oneri e spese
37. Il richiedente chiede anche 6 816 EUR per gli oneri sostenuti dinnanzi alla Corte. Non produce nessuna fattura, ma solamente una nota spese dettagliata, dattiloscritta e firmata dal suo avvocato sulla quale figura questo stesso importo. Afferma che, visto i suoi redditi modesti, non è stato ancora in grado di versargli questa somma.
38. Il Governo contesta queste pretese ed afferma che non sono debitamente giustificate.
39. La Corte ricorda che il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità e, in più, il carattere ragionevole del loro tasso (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 54, CEDH 2000-XI).
40. Nello specifico, tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte giudica ragionevole assegnare al richiedente 500 EUR a questo titolo, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta.
C. Interessi moratori
41. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 10 000 EUR (diecimila euro) per danno morale e 500 EUR (cinque cento euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto l’ 11 giugno 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Søren Nielsen Nina Vajić
Cancelliere Presidente