Conclusione Violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l’art. 6-1; soddisfazione equa riservata
TERZA SEZIONE
CAUSA SPAMPINATO C. ITALIA
( Richiesta no 69872/01)
SENTENZA
STRASBURGO
5 ottobre 2006
DEFINITIVO
05/01/2007
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Spampinato c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG. B.M. Zupancic, presidente,
J. Hedigan, C. B?rsan, V. Zagrebelsky, E. Myjer, Davide Th?r Bj?rgvinsson, la Sig.ra I. Ziemele, giudici,
e della Sig.ra F. Araci, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 settembre 2006,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 69872/01) diretta contro la Repubblica italiana e in cui due cittadini di questo Stato, Sigg. G. e S. S. (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 24 giugno 2000 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. A. B., avvocato a Milano e dal Sig. G. I., avvocato a Catania. Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, il Sig. I. M. Braguglia e dal suo coagente, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 1 aprile 2004, la Corte, prima sezione, ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 ? 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilit? e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
4. Il 1 novembre 2004, la Corte ha modificato la composizione del suo sezioni ‘articolo 25 ? 1 dell’ordinamento. La presente richiesta ? stata assegnata alla terza sezione cos? ricomposta, articolo 52 ? 1.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1933 e 1928 e hanno risieduto a Catania.
6. I richiedenti erano proprietari di terreni ubicati a Tremestieri Etneo (Catania). I terreni del primo richiedente, di 1650 m?, erano registrati al catasto, foglio 8, appezzamenti 72/b e 73/b. Quelli del secondo richiedente, di 1780 m?, erano registrati foglio 8, appezzamenti 71/b e 66/c.
7. Con un’ordinanza del 6 luglio 1965, il prefetto di Catania autorizz? l’occupazione di emergenza di suddetti terreni per una durata massimale di due anni in vista di costruire una strada.
8. Risulta dala pratica che i lavori di costruzione si conclusero nel 1967.
9. L? 8 e 18 aprile 1980 rispettivamente, i richiedenti citarono la municipalit? di Tremestrieri Etneo dinnanzi al tribunale di Catania. Fecero valere che l’occupazione proseguiva al di l? del periodo autorizzato senza che si fosse proceduto all’espropriazione formale dei terreni ed al pagamento di un’indennit?.
10. Chiesero un risarcimento per il non-godimento dei loro beni durante il periodo di occupazione abusiva e per la perdita definitiva della propriet?. Rivendicarono inoltre un’indennit? per il periodo di occupazione lecita.
11. L’amministrazione eccep? in particolare che il diritto al risarcimento dei richiedenti era prescritto.
12. Il 22 luglio 1980, le cause dei richiedenti furono riunite.
13. Il 22 novembre 1983, il tribunale ordin? una perizia tecnica. Questa, depositata alla cancelleria nel novembre 1984, afferm? il carattere edificabile dei terreni dei richiedenti ed indic? che il loro valore commerciale al momento dell’occupazione era di 14 000 ITL/m?.
14. Con un giudizio del 5 aprile 1991, il tribunale di Catania fece applicazione della regola dell’espropriazione indiretta e dichiar? che la propriet? dei terreni era passata all’amministrazione nel 1967, per effetto della costruzione del lavoro pubblico. Inoltre, il tribunale accolse l’eccezione sollevata dall’amministrazione e dichiar? prescritto il diritto dei richiedenti al risarcimento.
15. I richiedenti interposero appello dinnanzi alla corte di appello di Catania. Con una sentenza depositata alla cancelleria il 10 aprile 1993, questa ultima respinse l’appello e conferm? il giudizio del tribunale. I richiedenti ricorsero in cassazione.
16. Con una sentenza del 7 maggio 1996, la Corte di cassazione accolse parzialmente il ricorso dei richiedenti e rinvi? la causa dinnanzi alla corte di appello di Messina.
17. Questa ultima, con una sentenza non definitiva del 15 gennaio 1998 riformando il giudizio del tribunale di Catania, dichiar? che i richiedenti avevano diritto ai danno-interessi per il periodo di occupazione abusiva ed ad un indennizzo per il periodo di occupazione legittima. La corte di appello ordin? un supplemento di perizia per la determinazione delle somme da concedere ai richiedenti secondo i criteri introdotti dalla legge di bilancio no 662 di 1996, nel frattempo entrati in vigore.
18. La corte di appello di Messina, con una sentenza depositata il 9 giugno 1999, conferm? il carattere edificabile dei terreni controversi, come affermato dalla perizia del 1984, ed afferm? che il valore commerciale di questi al momento dell’occupazione era rispettivamente di 16 500 000 ITL e 17 800 000 ITL, o 10 000 ITL/m?. Per?, conformemente ai criteri introdotti dalla legge no 662 del 1996, l’importo dei danno-interessi fu fissato a 9 216 570 ITL e 9 942 725 ITL. La corte di appello fiss? inoltre rispettivamente l’importo dell’indennit? per il periodo di occupazione legittima a 837 870 ITL e 903 880 ITL.
19. Risulta dalla pratica che la sentenza della corte di appello di Messina acquis? l’autorit? di cosa giudicata il 27 dicembre 1999.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNI PERTINENTI
20. Il diritto interno pertinente si trova descrittoe nel sentenza Serrao c. Italia (no 67198/01, 13 ottobre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
21. I richiedenti adducono essere stati privati del loro terreno in circostanze incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo no 1, cos? formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? se non a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilit?
22. In primo luogo, il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne, non avendo i richiedenti attaccato la sentenza della corte di appello di Messina dinnanzi alla Corte di cassazione.
23. In secondo luogo, sostiene che la richiesta ? tardiva, dato che il termine di sei mesi previsti dall’articolo 35 della Convenzione comincia a decorrere della data del deposito alla cancelleria della sentenza della corte di appello di Messina, o il 9 giugno 1999.
24. I richiedenti si oppongono alle eccezioni del Governo.
25. In quanto all’eccezione che riguarda la mancata osservanza del termine di sei mesi, la Corte osserva che il punto di partenza per il calcolo di sei mesi ? la data in cui la sentenza della corte di appello di Messina ha acquisito l’autorit? di cosa giudicata, ossia il 27 dicembre 1999. Essendo stata introdotta la richiesta il 24 giugno 2000, la Corte constata che i richiedenti hanno rispettato il termine assegnato dall’articolo 35 della Convenzione. Ne segue che questa eccezione non potrebbe essere considerata.
26. Per ci? che riguarda l’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie dei ricorso interne la Corte stima, alla luce dell’insieme degli argomenti delle parti che sono legate strettamente in fondo alla richiesta e decide di unirla al merito. Constata che la richiesta non ? manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 ? 3 della Convenzione. Rileva peraltro che questa non si scontra con nessuno altro motivo di inammissibilit?. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
a) Il Governo
27. Il Governo fa osservare che, nel caso specifico, si tratta di un’occupazione di terreno nella cornice di un procedimento amministrativo che si fonda su una dichiarazione di utilit? pubblica. Ammette che il procedimento di espropriazione non ? stato messo in opera nei termini previsti dalla legge, nella misura in cui nessuna ordinanza di espropriazione ? stata adottata. Ad ogni modo, i richiedenti sono stati privati del loro bene per effetto della realizzazione dei lavori pubblici, e della trasformazione irreversibile del terreno che questi hanno provocato. Questa privazione di bene ? solamente la conseguenza del principio dell’espropriazione indiretta, applicata, nello specifico, dalle giurisdizioni nazionali.
28. Il Governo sostiene che questa situazione ? conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
29. Primariamente, ci sarebbe utilit? pubblica, il che non ? stato rimesso in causa dalle giurisdizioni nazionali.
30. Secondariamente, la privazione del bene come risulta dall’espropriazione indiretta sarebbe “contemplata dalla legge.” Secondo il Governo, il principio dell’espropriazione indiretta deve essere considerato come facente parte del diritto positivo a contare al pi? tardi dalla sentenza della Corte di cassazione no 1464 del 1983. La giurisprudenza ulteriore avrebbe confermato questo principio ed avrebbe precisato certi aspetti della sua applicazione e, inoltre, questo principio sarebbe stato riconosciuto dalla legge no 458 del 27 ottobre 1988 e dalla legge di bilancio no 662 del 1996.
31. Il Governo conclude che a partire dal 1983, le regole dell’espropriazione indiretta erano perfettamente prevedibili, chiare ed accessibili a tutti i proprietari di terreni.
32. Il Governo definisce l’espropriazione indiretta come il risultato di un’interpretazione sistematica di principi esistenti, che tende a garantire che l’interesse generale prevalga sull’interesse degli individui, quando il lavoro pubblico ? stato realizzato (trasformazione del terreno) e che questo risponda all’utilit? pubblica.
33. Per ci? che riguarda l’indennizzo, il Governo osserva che secondo la giurisprudenza del 1983 della Corte di cassazione in materia di espropriazione indiretta, in compenso delle irregolarit? commesse dalla municipalit?, questa ? tenuto di indennizzare integralmente l’individuo. Per?, il Governo sostiene che l’indennizzo da accordare pu? essere inferiore al danno subito dall’interessato, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo e che l’illegalit? commessa dalla municipalit? riguarda solamente la forma, ovvero una trasgressione alle regole che presiedono al procedimento amministrativo.
34. Tuttavia, visto che l’espropriazione indiretta risponde ad un interesse collettivo, il Governo sostiene che l’importo dell’indennit? in causa rientra nel margine di valutazione lasciata agli Stati per fissare un indennizzo che sia ragionevolmente in rapporto col valore del bene. A questo riguardo, il Governo sostiene che l’indennit? come plafonata dalla legge in causa che ? in ogni caso superiore a quella che sarebbe stata accordata se l’espropriazione fosse stata regolare, l’espropriazione indiretta ? in ogni caso vantaggiosa per gli interessati.
35. Alla luce di queste considerazioni, il Governo conclude che il giusto equilibrio ? stato rispettato.
b) I richiedenti,
36. Riferendosi alla giurisprudenza della Corte in materia di espropriazione indiretta, i richiedenti osservano che l’applicazione del principio dell’espropriazione indiretta al loro caso non ? conforme al principio della preminenza del diritto.
37. Denunciano poi una mancanza di chiarezza, di prevedibilit? e di precisione dei principi e delle disposizioni applicati alla loro causa.
2. Valutazione della Corte
a)Sull’esistenza di un’ingerenza
38. La Corte ricorda che, per determinare se c’? stata “privazione di beni”, bisogna esaminare non solo se ci sono state spodestamento o espropriazione formale, ma ancora guardare al di l? delle apparenze ed analizzare la realt? della situazione controversa. Mirando la Convenzione a proteggere dei diritti “concreti ed effettivi”, importa ricercare se suddetta situazione fosse equivalsa ad un’espropriazione di fatto (Sporrong e L?nnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, ? 63).
39. La Corte rileva che, applicando il principio dell’espropriazione indiretta, le giurisdizioni interne hanno considerato i richiedenti come privati del loro bene a contare dalla data di scadenza del termine di occupazione autorizzata. A difetto di un atto formale di espropriazione, la constatazione di illegalit? da parte del giudice ? l’elemento che consacra il trasferimento al patrimonio pubblico del bene occupato. In queste circostanze, la Corte conclude che la sentenza della corte di appello di Messina ha avuto per effetto di privare i richiedenti del loro bene al senso della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura precitato, ? 61, e Brumarescu c. Romania [GC], no 28342/95, ? 77, CEDH 1999-VII).
40. Per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1, tale ingerenza deve essere operata “a causa di utilit? pubblica” e “nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali di diritto internazionale.” L’ingerenza deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e L?nnroth, precitata, p. 26, ? 69). Inoltre, la necessit? di esaminare la questione del giusto equilibrio pu? farsi non “sentire solo quando si ? rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalit? e non era arbitrario” (Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, ? 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, ? 107, CEDH 2000-I).
41. Quindi, la Corte non stima opportuno fondare il suo ragionamento sulla semplice constatazione che un risarcimento integrale in favore dei richiedenti non ha avuto luogo (Carbonara e Ventura, precitato, ? 62).
b) Sul rispetto del principio di legalit?
42. La Corte rinvia alla sua giurisprudenza in materia di espropriazione indiretta (Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, CEDH 2000-VI, e Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, CEDH 2000-VI; tra le sentenze pi? recenti, vedere Acciardi e Campagna c. Italia, no 41040/98, 19 maggio 2005, Pasculli c. Italia, no 36818/97, 17 maggio 2005, Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, 17 maggio 2005, Serrao c. Italia, no 67198/01, 13 ottobre 2005, Il Rosa ed Alba c. Italia (no 1), no 58119/00, 11 ottobre 2005, e Chir? c. Italia (no 4), no 67196/01, 11 ottobre 2005) secondo la quale l’espropriazione indiretta ignora il principio di legalit? per il motivo che non ? atta a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e che permette in generale all’amministrazione di passare oltre le regole fissate in materia di espropriazione. L’espropriazione indiretta mira difatti, in ogni caso, ad interinare una situazione di fatto che deriva dalle illegalit? commesse dall’amministrazione, a regolare le conseguenze per l’individuo e per l’amministrazione, a favore di questa.
43. Nella presente causa, la Corte rileva che applicando il principio dell’espropriazione indiretta, le giurisdizioni italiane hanno considerato i richiedenti come privati dei loro beni a contare dal momento in cui l’occupazione aveva smesso di essere autorizzata, essendo riunite le condizioni di illegalit? dell’occupazione e di interesse pubblico del lavoro costruiscono. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non potrebbe essere considerata come “prevedibile”, poich? ? solamente con la decisione giudiziale definitiva che si pu? considerare il principio dell’espropriazione indiretta come applicato effettivamente e che l’acquisizione del terreno al patrimonio pubblico ? stata consacrata. Di conseguenza, i richiedenti non hanno avuto la “sicurezza giuridica” concernente la privazione dei terreni che il 27 dicembre 1999, data alla quale la sentenza della corte di appello di Messina ? diventata definitiva.
44. La Corte osserva poi che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di trarre guadagno da un’occupazione illegale di terreno. In altri termini, l’amministrazione si ? potuta appropriare del terreno al disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione in buona e ha potuto dovere forma, e, tra l?altro, senza che un’indennit? fosse messa in parallelo a disposizione dell’interessato.
45. Trattandosi dell’indennit?, la Corte constata che l’applicazione retroattiva della legge no 662 del 1996 al caso di specifico ha avuto per effetto di privare il richiedente della possibilit? di ottenere risarcimento del danno subito.
46. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che l’ingerenza controversa non ? compatibile col principio di legalit? e che ha infranto il diritto al rispetto dei beni del richiedente dunque.
47. Quindi, c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 ? 1 DELLA CONVENZIONE
48. Il richiedente adduce che l’adozione e l’applicazione della legge no 662 del 23 dicembre 1996 al suo procedimento costituisca un’ingerenza legislativa contraria al suo diritto ad un processo equo come garantito dall’articolo 6 ? 1 della Convenzione che, nei suoi passaggi pertinenti, dispone:
“Ogni persona ha diritto affinch? la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che decider? delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
49. Il Governo contesta questa tesi ed osserva che l’applicazione di questa legge non avrebbe avuto ripercussioni negative per i richiedenti e non avrebbe sollevato nessuno problema allo sguardo della Convenzione.
50. La Corte rileva che questa lagnanza ? legata a quella esaminata sopra e deve essere dichiarata dunque allo stesso modo ammissibile.
51. La Corte ha appena constatato, sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1, che la situazione denunciata dai richiedenti non ? conforme al principio di legalit?. Avuto riguardo ai motivi che hanno portato la Corte a questa constatazione di violazione, paragrafi 52 a 54 sopra, la Corte stima che non c’? luogo di esaminare se c’? stato, nello specifico, violazione dell’articolo 6 ? 1 (vedere, ha contrario, Scordino c. Italia (no 1) [GC], no 36813/97, ?? 103-104 e ?? 132 – 133, CEDH 2006).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
52. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
53. A titolo di danno materiale, i richiedenti chiedono la restituzione dei terreni controversi.
54. Nel caso in cui la restituzione non fosse possibile, chiedono il versamento di una somma uguale alla differenza tra i valori commerciali dei due terreni, attualizzati in data dell’introduzione della richiesta dinnanzi alla Corte, e gli importi riconosciuti dalle giurisdizioni interne. I richiedenti hanno valutato questo danno a 234 511,57 EUR.
55. I richiedenti sollecitano anche il pagamento di un’indennit? per non-godimento dei terreni, corrispondente alla somma di 593 503,27 EUR.
56. A titolo sussidiario, chiedono la somma di 350 156.09 EUR, uguale alla differenza tra gli importi riconosciuti dalle giurisdizioni interne e le somme che sarebbero state concesse prima dell’entrata in vigore della legge no 662 del 1996, rivalutata ed abbinata ad interessi.
57. Per quel che riguarda il danno morale i richiedenti chiedono alla Corte di decidere in equit?, seppure richiedendo una somma che sia uguale o superiore a 50 000 EUR ciascuno.
58. Infine, gli interessati chiedono 109 087,91 EUR per oneri di procedimento dinnanzi alle giurisdizioni interne e 40 000 EUR per oneri di procedimento dinnanzi alla Corte.
59. Il Governo contesta le pretese materiali dei richiedenti, tanto nel loro fondamento che nel loro importo, ed osserva che sono ad ogni modo eccessive e basate su dei calcoli erronei.
60. In quanto al danno morale, il Governo sostiene che tale danno dipende dalla durata eccessiva del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali. Di conseguenza, il versamento di una qualsiasi somma a titolo di indennizzo ? subordinato all’esaurimento del rimedio Pinto che non ? stato provato nello specifico. Ad ogni modo, il Governo stima che la somma richiesta dai richiedenti sia eccessiva.
61. Infine, il Governo sostiene che le somme richieste dai richiedenti a titolo di oneri e spese sono eccessive e basate su dei calcoli erronei.
62. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non si trova in stato. Perci?, la riserva e fisser? il procedimento ulteriore, tenuto conto della possibilit? che il Governo ed i richiedenti giungano ad un accordo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisceche non c’? luogo di esaminare la lagnanza tratta dall’articolo 6 ? 1 della Convenzione;
4. Stabilisce che la domanda dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non si trova in stato;
perci?,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed i richiedenti ad indirizzarle per iscritto, nei tre mesi a contare del giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa domanda ed in particolare a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva il procedimento ulteriore e delega al presidente della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 5 ottobre 2006 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
Fatos Araci Bo?tjan il Sig. Zupancic Cancelliera collaboratrice Presidente