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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SIMIONESCU-RAMNICEANU c. ROUMANIE (N° 2)

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 43953/02/2009
Stato: Romania
Data: 2009-09-22 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA SIMIONESCU-RÂMNICEANU C. Romania (no 2)
( Richiesta no 43953/02)
SENTENZA
STRASBURGO
22 settembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Simionescu-Râmniceanu c. Romania (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 43953/02) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato che ha anche nazionalità tedesca, il Sig. M D. M S. – R. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 17 dicembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da M M, e poi da D. M, avvocati a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) č rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 10 settembre 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
4. Il governo tedesco al quale una copia della richiesta è stata comunicata dalla Corte in virtù dell’articolo 44 § 1 a) dell’ordinamento, non ha desiderato presentare il suo punto di vista sulla causa.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1936 e risiede a Mulheim-Main (Germania).
6. Nel 1950, il bene immobiliare situato al no 15 di via Londra, a Bucarest che era composto da una casa costruita su un terreno di 564,80 m² ed appartenente alla nonna del richiedente, fu oggetto di una statalizzazione in virtù del decreto no 92/1950. La casa è composta da parecchi appartamenti.
A. Prima azione di rivendicazione e ricorso per annullamento
7. Il 19 dicembre 1994, in seguito ad un’azione di rivendicazione immobiliare, il richiedente ottenne una decisione definitiva che constatava il suo diritto di proprietà sul bene, l’illegalità della statalizzazione e che ordinava alle autorità di restituirgli il bene.
8. Nel 1995, in applicazione di suddetta decisione, il sindaco di Bucarest ordinò la restituzione del bene immobiliare al richiedente.
9. Con una sentenza del 3 aprile 1997, la Corte suprema di giustizia accolse il ricorso per annullamento formulato dal procuratore generale su richiesta di terzi, annullò la decisione del 19 dicembre 1994 e, sul merito, respinse l’azione del richiedente.
10. Con una decisione del 7 luglio 1997, il sindaco di Bucarest annullò la sua decisione di restituzione resa nel 1995.
B. Seconda azione di rivendicazione e ricorso per annullamento
11. Il 10 luglio 1997, seguito ad una nuova azione di rivendicazione immobiliare, il richiedente ottenne un giudizio diventato definitivo in mancanza di appello che constata l’illegalità della statalizzazione e che ordinava alle autorità di restituirgli il bene . Il 4 agosto 1997, in applicazione della suddetta decisione, il sindaco di Bucarest ordinò la restituzione del bene immobiliare al richiedente.
12. Malgrado la riconoscenza giudiziale definitiva del suo diritto di proprietà, il richiedente si vide nell’impossibilità di ricuperare l’interezza del suo bene perché, in virtù della legge no 112/1995, lo stato vendette, il 22 luglio 1997, l’appartamento no 1 di questo immobile agli inquilini che l’occupavano.
13. Il 29 giugno 1998, il richiedente chiese ai tribunali di constatare la nullità della vendita dell’appartamento controverso e la sua restituzione. Al termine del procedimento, dopo una cassazione con rinvio, con una sentenza del 31 maggio 2001, la corte di appello di Bucarest, pure riconoscendo il diritto di proprietà del richiedente sul bene intero e la malafede delle autorità e degli acquirenti, accolse la sua azione e constatò la nullità del contratto di vendita concluso a favore delle terza persone.
14. Con una sentenza del 18 giugno 2002, la Corte suprema di giustizia accolse il ricorso per annullamento formulato dal procuratore generale su richiesta degli inquilini acquirenti, annullò la sentenza del 31 maggio 2001 e, sul merito, respinse l’azione del richiedente. Stimò che gli acquirenti erano stati in buona fede. Uno dei giudici della formazione di giudizio che rese la sentenza esprimesse un’opinione dissidente, nel senso del rigetto del ricorso, stimando che tanto il ricorso per annullamento ma anche la decisione della maggioranza avevano ignorato completamente la giurisprudenza consolidata della Corte nelle cause simili.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
15. Le disposizioni legali pertinenti sono descritte nelle sentenze SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Romania (no 22687/03, § 22, 1 dicembre 2005), Străin ed altri c. Romania (no 57001/00,
§§ 19-26, 21 luglio 2005), Păduraru c. Romania (no 63252/00, §§ 38-53, 1 dicembre 2005) e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 17 gennaio 2008,).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
16. Il richiedente adduce che l’annullamento della sentenza definitiva della corte di appello di Bucarest del 31 maggio 2001, con l’ammissione del ricorso per annullamento introdotto dal procuratore generale ha portato attentato al principio della sicurezza dei rapporti giuridici. Si lamenta anche del collocamento in fallimento del suo diritto di proprietà sull’appartamento no 1 in seguito a questo ricorso che ha confermato la validità della vendita di questo appartamento da parte dello stato. Il richiedente invoca gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale indipendente ed imparziale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che questi motivi di appello non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontrano nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
18. Il Governo reitera i suoi argomenti invocati in cause simili. Si rimette alla saggezza della Corte per ciò che riguarda la fondatezza del motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione e fa valere che se la Corte considera che c’è stata ingerenza nel diritto di proprietà del richiedente, era prevista dalla legge, inseguiva un scopo legittimo e rispettava la condizione di proporzionalità. Inoltre, il Governo nota che il richiedente non ha utilizzato il procedimento amministrativo previsto dalle leggi numeri 10/2001 e 247/2005.
19. Il richiedente stima che il giudizio del 10 luglio 1997 è stato eseguito dalla sentenza del 31 maggio 2001 e che il ricorso per annullamento l’ha privato del godimento del suo diritto di proprietà riconosciuto da questo giudizio. Fa valere che, come la Corte ha detto in cause simili, il procedimento amministrativo previsto dalla legge no 10/2001 non è un ricorso efficace.
20. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quella del presente caso in cui ha concluso alla violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, in ragione della rimessa in causa della soluzione data in modo definitivo ad una controversia e della privazione dei richiedenti dei beni di cui beneficiavano alla conclusione del procedimento, consecutiva ad un ricorso per annullamento (vedere, tra altre, Brumărescu, precitata, §§ 61, 77 e 80, SC Maşinexportimport Industrial Group SA, precitata, §§ 32 e 46-47, e Piata Bazar Dorobanti SRL c. Romania, no 37513/03, §§ 23 e 33, 4 ottobre 2007).
21. Avendo esaminato la presente causa, la Corte considera che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. In particolare, rileva che in seguito al ricorso per annullamento, la sentenza del 18 giugno 2002 della Corte suprema di giustizia, giudicando di nuovo al merito la causa e respingendo l’azione d’ annullamento del contratto di vendita controversa in ragione della buona fede dei terzi acquirenti, ha creato una situazione se non identica, almeno analoga a quella del richiedente nella causa Străin precitata, (§ 43; vedere anche Fischer c. Romania, no 28400/04, § 67, 11 ottobre 2007; e Puşcaş c. Romania, no 30502/03, § 57, 11 ottobre 2007).
22. A questo riguardo, la Corte ricorda di avere giudicato che la vendita da parte dello stato di un bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma in giustizia in modo definitivo del diritto di proprietà altrui, si analizza in una privazione di bene. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin, precitata, §§ 39, 43 e 59). Nel caso di specifico la Corte nota che il richiedente si è ritrovato dopo il ricorso per annullamento nell’ipotesi simile alla causa precitata nella misura in cui beneficiava sempre della riconoscenza del suo diritto di proprietà col giudizio del 10 luglio 1997 ma si trovava nell’impossibilità di ricuperare il suo bene in seguito alla convalida della vendita operata verso terzi. Inoltre , la Corte constata che al termine del procedimento in causa, due titoli di proprietà coesistono sull’appartamento no 1 e che il richiedente si trova nell’impossibilità di ottenere il godimento del bene di cui è stato riconosciuto proprietario.
23. Peraltro, la Corte osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto con la legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di toccare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
24. Alla vista di ciò che precede e degli elementi della pratica, la Corte conclude che l’annullamento da parte della Corte suprema di giustizia della sentenza definitiva del 31 maggio 2001 ha infranto il principio della sicurezza dei rapporti giuridici, recando offesa al diritto del richiedente ad un processo equo ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
25. Di conseguenza, c’è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
II. SU LELALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
26. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata dei procedimenti per la restituzione dell’immobile.
27. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non rileva nessuna apparenza di violazione dell’articolo 6 § 1 in ragione della durata del procedimento.
Ne segue che questo motivo di appello è manifestamente mal fondato e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
28. Il richiedente si lamenta, sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, dell’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudizio del 10 luglio 1997.
29. Tenuto conto delle sue conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 20-25, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello.
30. Adduce inoltre sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione che non dispone di nessuna altra via di ricorso per denunciare le violazioni addotte degli articoli 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
31. La Corte non stima necessario porsi ulteriormente sul terreno dell’articolo 13.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
32. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
33. Il richiedente richiede, a titolo di danno materiale, la restituzione dell’appartamento no 1 o, a difetto, la concessione della somma di 357 000 euro (EUR), rappresentante il valore reale del bene, come stabilito da una perizia tecnica immobiliare, datata 7 maggio 2007. Chiede anche 15 000 EUR a titolo di danno morale.
34. Per ciò che riguarda il danno materiale, il Governo considera che il valore venale dell’appartamento in causa è di 243 000 EUR, sulla base di un rapporto di perizia redatto nell’aprile 2009 che menzionava che questo importo non includeva l’IVA. Trattandosi del danno morale, il Governo stima che non c’è legame di causalità tra il danno morale addotto e la pretesa violazione della Convenzione e considera che un eventuale danno morale sarebbe compensato sufficientemente da una constatazione di violazione.
35. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione dell’appartamento no 1 porrebbe il richiedente per quanto possibile in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se le esigenze degli articoli 6 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 non fossero stati ignorati.
36. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva, la Corte decide che dovrà versare al richiedente, per danno materiale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
Tenuto conto delle informazione di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dalle parti, la Corte stima il valore commerciale reale del bene a 290 000 EUR.
37. La Corte considera che l’attentato grave ai diritti del richiedente al rispetto rispettivamente dei suoi beni ed ad un processo equo non potrebbe essere compensata sufficientemente dalla semplice constatazione di violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Deliberando in equità, gli concede la somma di 2 000 EUR a titolo di risarcimento del danno morale subito.
B. Oneri e spese
38. Il richiedente chiede anche 3 569 EUR per gli oneri e le spese sostenuti dinnanzi alla Corte, somma che ripartisce così:
– 3 360 EUR per la parcella dell’avvocato rappresentante dinnanzi alla Corte di cui 1 860 da versare direttamente all’avvocato, corrispondente al lavoro di 28 ore fornite dal suo avvocato ad una tariffa di 120 EUR/ora per lo studio della pratica e della giurisprudenza pertinente e per la preparazione e la redazione della richiesta e delle osservazioni;
– 159 EUR rappresentanti gli oneri per la perizia tecnica prodotta nella presente causa;
– 50 EUR oneri di corrispondenza.
Il richiedente presenta un giustificativo per la perizia tecnica così come un contratto concluso col suo avvocato che precisa le tariffe orarie ed il fatto che aveva già pagato 1 500 EUR e che gli oneri legati al lavoro fornito da questo devono essere versati direttamente all’avvocato.
39. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri ragionevolmente incorsi nei procedimenti.
40. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico, tenuto conto degli elementi in suo possesso, dei suddetti criteri e del grado relativamente ridotto di complessità della presente causa che segue una giurisprudenza ben stabilita, deliberando in equità, la Corte stima quindi ragionevole assegnare al richiedente 1 160 EUR per gli oneri e le spese sostenuti nel procedimento dinnanzi alla Corte di cui 1 000 EUR da versare direttamente a M. .
C. Interessi moratori
41. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dall’articolo 6 § 1 della Convenzione relativo all’incomprensione del principio della sicurezza dei rapporti giuridici e dell’articolo 1 del Protocollo no 1 relativo al collocamento in fallimento del diritto di proprietà sull’appartamento no 1, ed inammissibile per il motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 in ragione della durata dei procedimenti;
2. Stabilisce che c’è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza degli altri motivi di appello;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire al richiedente l’appartamento no 1, situato al 15 di via Londra, a Bucarest, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 290 000 EUR (due cento novantamila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare al richiedente 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare al richiedente 1 160 EUR (mille cento sessanta euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese di cui 1 000 EUR (mille euro) da versare direttamente al rappresentante del richiedente,
M.;
e) che le somme in questione saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
f) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 settembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE SIMIONESCU-RÂMNICEANU c. ROUMANIE (no 2)
(Requête no 43953/02)
ARRÊT
STRASBOURG
22 septembre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Simionescu-Râmniceanu c. Roumanie (no 2),
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Ineta Ziemele,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er septembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 43953/02) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet Etat ayant également la nationalité allemande, M. M D. M S.-R. (« le requérant »), a saisi la Cour le 17 décembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant a été représenté par Me M M , et ensuite par Me D. M , avocats à Bucarest. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 10 septembre 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
4. Le gouvernement allemand, auquel une copie de la requête a été communiquée par la Cour en vertu de l’article 44 § 1 a) du règlement, n’a pas souhaité présenter son point de vue sur l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1936 et réside à Mulheim-Main (Allemagne).
6. En 1950, le bien immobilier situé au no 15, rue Londra, à Bucarest, qui était composé d’une maison construite sur un terrain de 564,80 m² et appartenant à la grand-mère du requérant, fit l’objet d’une nationalisation en vertu du décret no 92/1950. La maison est composée de plusieurs appartements.
A. Première action en revendication et recours en annulation
7. Le 19 décembre 1994, suite à une action en revendication immobilière, le requérant obtint une décision définitive constatant son droit de propriété sur le bien, l’illégalité de la nationalisation et ordonnant aux autorités de lui restituer le bien.
8. En 1995, en application de la décision susmentionnée, le maire de Bucarest ordonna la restitution du bien immobilier au requérant.
9. Par un arrêt du 3 avril 1997, la Cour suprême de justice accueillit le recours en annulation formulé par le procureur général sur demande des tiers, cassa la décision du 19 décembre 1994 et, sur le fond, rejeta l’action du requérant.
10. Par une décision du 7 juillet 1997, le maire de Bucarest annula sa décision de restitution rendue en 1995.
B. Deuxième action en revendication et recours en annulation
11. Le 10 juillet 1997, suite à une nouvelle action en revendication immobilière, le requérant obtint un jugement devenu définitif faute d’appel constatant l’illégalité de la nationalisation et ordonnant aux autorités de lui restituer le bien. Le 4 août 1997, en application de la décision susmentionnée, le maire de Bucarest ordonna la restitution du bien immobilier au requérant.
12. Malgré la reconnaissance judiciaire définitive de son droit
de propriété, le requérant se vit dans l’impossibilité de récupérer l’intégralité de son bien car, en vertu de la loi no 112/1995, l’Etat vendit, le 22 juillet 1997, l’appartement no 1 de cet immeuble aux locataires qui l’occupaient.
13. Le 29 juin 1998, le requérant demanda aux tribunaux de constater la nullité de la vente de l’appartement litigieux et sa restitution. A l’issue de la procédure, après une cassation avec renvoi, par un arrêt du 31 mai 2001, la cour d’appel de Bucarest, tout en reconnaissant le droit de propriété du requérant sur le bien entier et la mauvaise foi des autorités et des acquéreurs, accueilli son action et constata la nullité du contrat de vente conclu en faveur des tierces personnes.
14. Par un arrêt du 18 juin 2002, la Cour suprême de justice accueillit le recours en annulation formulé par le procureur général sur demande des locataires acquéreurs, cassa l’arrêt du 31 mai 2001 et, sur le fond, rejeta l’action du requérant. Elle estima que les acheteurs avaient été de bonne foi. Un des juges de la formation de jugement qui rendit l’arrêt exprima une opinion dissidente, au sens du rejet du recours, en estimant que tant le recours en annulation mais aussi la décision de la majorité avaient complètement ignoré la jurisprudence constante de la Cour dans des affaires bien similaires.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
15. Les dispositions légales pertinentes sont décrites dans les arrêts SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Roumanie (no 22687/03, § 22, 1er décembre 2005), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00,
§§ 19-26, 21 juillet 2005), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) et Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 17 janvier 2008).
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DES ARTICLES 6 § 1 DE LA CONVENTION ET 1 DU PROTOCOLE No 1
16. Le requérant allègue que l’annulation de l’arrêt définitif de la cour d’appel de Bucarest du 31 mai 2001, par l’admission du recours en annulation introduit par le procureur général a porté atteinte au principe de la sécurité des rapports juridiques. Il se plaint également de la mise en échec de son droit de propriété sur l’appartement no 1 suite à ce recours, qui a confirmé la validité de la vente de cet appartement par l’Etat. Le requérant invoque les articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, ainsi libellés dans leurs parties pertinentes :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal indépendant et impartial (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
17. La Cour constate que ces griefs ne sont pas manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’ils ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
18. Le Gouvernement réitère ses arguments invoqués dans des affaires similaires. Il s’en remet à la sagesse de la Cour en ce qui concerne le bien-fondé du grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention et fait valoir que si la Cour considère qu’il y a eu ingérence dans le droit de propriété du requérant, elle était prévue par la loi, poursuivait un but légitime et respectait la condition de proportionnalité. En outre, le Gouvernement note que le requérant n’a pas utilisé la procédure administrative prévue par les lois nos 10/2001 et 247/2005.
19. Le requérant estime que le jugement du 10 juillet 1997 a été exécuté par l’arrêt du 31 mai 2001 et que le recours en annulation l’a privé de la jouissance de son droit de propriété reconnu par ce jugement. Il fait valoir que, tel que la Cour l’a dit dans affaires similaires, la procédure administrative prévue par la loi no 10/2001 n’est pas un recours efficace.
20. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle de la présente espèce, dans lesquelles elle a conclu à la violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, en raison de la remise en cause de la solution donnée de manière définitive à un litige et de la privation des requérants des biens dont ils bénéficiaient à l’issue de la procédure, consécutive à un recours en annulation (voir, entre autres, Brumărescu, précité, §§ 61, 77 et 80, SC Maşinexportimport Industrial Group SA, précité, §§ 32 et 46-47, et Piata Bazar Dorobanti SRL c. Roumanie, no 37513/03, §§ 23 et 33, 4 octobre 2007).
21. Ayant examiné la présente affaire, la Cour considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente. En particulier, elle relève qu’à la suite du recours en annulation, l’arrêt du 18 juin 2002 de la Cour suprême de justice, rejugeant au fond l’affaire et rejetant l’action en annulation du contrat de vente litigieux en raison de la bonne foi des tiers acquéreurs, a crée une situation sinon identique, du moins analogue à celle de la requérante dans l’affaire Străin précitée (§ 43 ; voir également Fischer c. Roumanie, no 28400/04, § 67, 11 octobre 2007 ; et Puşcaş c. Roumanie, no 30502/03, § 57, 11 octobre 2007).
22. A cet égard, la Cour rappelle avoir jugé que la vente par l’Etat d’un bien d’autrui à des tiers de bonne foi, même lorsqu’elle est antérieure à la confirmation en justice d’une manière définitive du droit de propriété d’autrui, s’analyse en une privation de bien. Une telle privation, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, est contraire à l’article 1 du Protocole no 1 (Străin, précité, §§ 39, 43 et 59). Dans le cas d’espèce la Cour note que le requérant s’est retrouvé après le recours en annulation dans l’hypothèse similaire aux affaire précitées dans la mesure où il bénéficie toujours de la reconnaissance de son droit de propriété par le jugement du 10 juillet 1997 mais il se trouve dans l’impossibilité de recouvrer son bien suite à la validation de la vente opérée envers les tiers. Qui plus est, la Cour constate qu’à l’issue de la procédure en cause, deux titres de propriété coexistent sur l’appartement no 1 et que le requérant se trouve dans l’impossibilité d’obtenir la jouissance du bien dont il a été reconnu propriétaire.
23. Par ailleurs, la Cour observe qu’à ce jour, le Gouvernement n’a pas démontré que le système d’indemnisation mis en place par la loi no 247/2005 permettrait aux bénéficiaires de cette loi de toucher, selon une procédure et un calendrier prévisible, une indemnité en rapport avec la valeur vénale des biens dont ils ont été privés.
24. Au vu de ce qui précède et des éléments du dossier, la Cour conclut que l’annulation par la Cour suprême de justice de l’arrêt définitif du 31 mai 2001 a enfreint le principe de la sécurité des rapports juridiques, portant atteinte au droit du requérant à un procès équitable et à son droit au respect de ses biens.
25. Par conséquent, il y a eu violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
26. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, le requérant se plaint de la durée des procédures en restitution de l’immeuble.
27. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour ne relève aucune apparence de violation de l’article 6 § 1 en raison de la durée de la procédure.
Il s’ensuit que ce grief est manifestement mal fondé et doit être rejeté en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
28. Le requérant se plaint, sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention, de l’impossibilité d’obtenir l’exécution du jugement du 10 juillet 1997.
29. Compte tenu de ses conclusions figurant aux paragraphes 20-25 ci-dessus, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé de ce grief.
30. Il allègue en outre sous l’angle de l’article 13 de la Convention qu’il ne dispose d’aucune autre voie de recours pour dénoncer les violations alléguées des articles 1 du Protocole no 1 et de l’article 6 § 1 de la Convention.
31. La Cour n’estime pas nécessaire de se placer de surcroît sur le terrain de l’article 13.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
32. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
33. Le requérant réclame, au titre de dommage matériel, la restitution de l’appartement no 1 ou, à défaut, l’octroi de la somme de 357 000 euros (EUR), représentant la valeur actuelle du bien, telle qu’établie par une expertise technique immobilière, datée du 7 mai 2007. Il demande également 15 000 EUR au titre de préjudice moral.
34. En ce qui concerne le préjudice matériel, le Gouvernement considère que la valeur vénale de l’appartement en cause est de 243 000 EUR, sur la base d’un rapport d’expertise dressé en avril 2009, qui mentionne que ce montant n’inclut pas le TVA. S’agissant du dommage moral, le Gouvernement estime qu’il n’y a pas de lien de causalité entre le dommage moral allégué et la prétendue violation de la Convention et considère qu’un éventuel dommage moral serait suffisamment compensé par un constat de violation.
35. La Cour estime, dans les circonstances de l’espèce, que la restitution de l’appartement no 1 placerait le requérant autant que possible dans une situation équivalant à celle où il se trouverait si les exigences des articles 6 de la Convention et 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
36. A défaut pour l’Etat défendeur de procéder à pareille restitution dans un délai de trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif, la Cour décide qu’il devra verser au requérant, pour dommage matériel, une somme correspondant à la valeur actuelle du bien.
Compte tenu des informations dont elle dispose sur les prix du marché immobilier local et des éléments fournis par les parties, la Cour estime la valeur marchande actuelle du bien à 290 000 EUR.
37. La Cour considère que l’atteinte grave aux droits du requérant au respect de ses biens et à un procès équitable respectivement ne saurait être suffisamment compensée par le simple constat de violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1. Statuant en équité, elle lui octroie la somme de 2 000 EUR à titre de réparation du préjudice moral subi.
B. Frais et dépens
38. Le requérant demande également 3 569 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour, somme qu’il ventile ainsi :
– 3 360 EUR pour les honoraires de l’avocat le représentant devant la Cour, dont 1 860 à verser directement à l’avocat, correspondant au travail de 28 heures fourni par son avocat à un tarif de 120 EUR/heure pour l’étude du dossier et de la jurisprudence pertinente et pour la préparation et la rédaction de la requête et des observations ;
– 159 EUR représentant les frais pour l’expertise technique produite dans la présente affaire ;
– 50 EUR frais de correspondance.
Le requérant présente un justificatif pour l’expertise technique ainsi qu’un contrat conclu avec son avocat précisant les tarifs horaires et le fait qu’il avait déjà payé 1 500 EUR et que les frais liés au travail fourni par celui-ci devront être versés directement à l’avocat.
39. Le Gouvernement ne s’oppose pas au remboursement des frais raisonnablement encourus dans les procédures.
40. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce, compte tenu des éléments en sa possession, des critères susmentionnés et du degré relativement réduit de complexité de la présente affaire, qui suit une jurisprudence d’ores et déjà bien établie, statuant en équité, la Cour estime raisonnable d’allouer au requérant 1 160 EUR pour les frais et dépens exposés dans la procédure devant la Cour, dont 1 000 EUR à verser directement à Me M..
C. Intérêts moratoires
41. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés de l’article 6 § 1 de la Convention relatif à la méconnaissance du principe de la sécurité des rapports juridiques et de l’article 1 du Protocole no 1 relatif à la mise en échec du droit de propriété sur l’appartement no 1, et irrecevable pour le grief tiré de l’article 6 § 1 en raison de la durée des procédures ;
2. Dit qu’il y a eu violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé des autres griefs ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit restituer au requérant l’appartement no 1, situé au 15, rue Londra, à Bucarest, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention ;
b) qu’à défaut d’une telle restitution, l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans le même délai de trois mois, 290 000 EUR (deux cent quatre-vingt-dix mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
c) qu’en tout état de cause, l’Etat défendeur doit verser au requérant 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour préjudice moral ;
d) qu’en tout état de cause, l’Etat défendeur doit verser au requérant 1 160 EUR (mille cent soixante euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour frais et dépens, dont 1 000 EUR (mille euros) à verser directement au représentant du requérant,
Me M. ;
e) que les sommes en question seront à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement ;
f) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 22 septembre 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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