TERZA SEZIONE
CAUSA SIMIONESCU-RÂMNICEANU C. ROMANIA
( Richiesta no 16272/03)
SENTENZA
STRASBURGO
21 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Simionescu-Râmniceanu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 30 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 16272/03) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. M D. M S. – R. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 16 aprile 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da M.. M, e poi da D. M, avvocati a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. R. – H. Radu, del ministero delle Cause Esterne.
3. Il 16 marzo 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1936 e risiede a Mulheim-Main, in Germania.
5. Nel 1950, il bene immobiliare situato al no 15 di via Londra, a Bucarest che era composta da parecchi appartamenti ed apparteneva alla famiglia del richiedente, fu oggetto di una statalizzazione in virtù del decreto no 92/1950.
6. Il 19 dicembre 1994, in seguito ad un’azione per rivendicazione immobiliare, il richiedente ottenne una decisione definitiva che constatava l’illegalità della statalizzazione che ordinava alle autorità di restituirgli il bene .
7. Nel 1995, in applicazione della suddetta decisione, il sindaco di Bucarest ordinò la restituzione del bene immobiliare al richiedente.
8. Con una decisione del 3 aprile 1997, la Corte suprema di giustizia accolse il ricorso per annullamento formulato dal procuratore generale, annullò la decisione del 19 dicembre 1994 e, sul merito, respinse l’azione del richiedente.
9. Con una decisione del 7 luglio 1997, il sindaco di Bucarest annullò la sua decisione di restituzione resa nel 1995.
10. Il 10 luglio 1997, in seguito ad una nuova azione di rivendicazione immobiliare, il richiedente ottenne una decisione definitiva che constatava l’illegalità della statalizzazione e che ordinava alle autorità di restituirgli il bene. Il 4 agosto 1997, in applicazione della suddetta decisione, il sindaco di Bucarest ordinò la restituzione del bene immobiliare al richiedente.
11. Malgrado la riconoscenza giudiziale definitiva del suo diritto di proprietà, il richiedente si vide nell’impossibilità di ricuperare l’interezza del suo bene perché, in virtù della legge no 112/1995, lo stato vendette, il 24 luglio 1997, l’appartamento no 2 di questo immobile agli inquilini che l’occupavano.
12. Il 29 giugno 1998, il richiedente chiese ai tribunali di constatare la nullità della vendita dell’appartamento controverso e la sua restituzione. Faceva valere che la statalizzazione era abusiva ed illegale, che lo stato non poteva essere il proprietario legittimo del bene e, di conseguenza, non poteva vendere legalmente questo. Al termine del procedimento, con una sentenza del 12 giugno 2001, la corte di appello di Bucarest, pure riconoscendo il diritto di proprietà del richiedente, respinse la sua azione al motivo che gli inquilini erano degli acquirenti in buona fede. La corte di appello non concedette nessun indennizzo al richiedente.
13. Il 25 ottobre 2001, il richiedente formò un’azione in rivendicazione dell’appartamento controverso contro i vecchi inquilini che l’avevano acquistato.
14. Con una sentenza definitiva del 23 ottobre 2002 e rinviando alla sua decisione del 12 giugno 2001, la corte di appello di Bucarest respinse l’azione del richiedente che stimava che il suo titolo di proprietà non prevaleva su quello degli inquilini, a ragione della loro buona fede. La corte di appello non concedette nessun indennizzo al richiedente.
15. Nel 2001, sul fondamento della legge no 10/2001, il richiedente depositò presso il municipio di Bucarest un’istanza di restituzione dell’appartamento controverso. Nessuna decisione è stata presa finora.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
16. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33, Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26, Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005,; e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
17. Sono state prese recentemente alcune misure che prevedono in particolare l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” dalle autorità nazionali in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SU L’OGGETTO DELLA RICHIESTA
18. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1, il richiedente si considera vittima di una violazione del suo diritto al rispetto dei beni, in ragione dell’impossibilità di ricuperare la proprietà dell’appartamento no 2 del bene immobiliare ubicato al no 15 di via Londra, a Bucarest.
19. Sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta del fatto che le autorità non hanno eseguito la decisione definitiva del 10 luglio 1997 che ordinava alle autorità di restituirgli il bene immobile ubicato per intero al no 15 di via Londra, a Bucarest.
20. Adduce inoltre sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione che non dispone di nessuna altra via di ricorso per denunciare le violazioni addotte degli articoli 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
21. Avuto riguardo alla natura del motivo di appello sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e tenuto conto del problema sistemico che rivela (vedere mutatis mutandis Străin precitata e tutte le sentenze che sono seguite), la Corte stima che le questioni sollevate nello specifico devono essere esaminate sotto l’angolo di questo articolo e non stima necessario di mettersi anche sul terreno degli altri articoli di cui il richiedente adduce la violazione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
22. Il richiedente adduce che l’impossibilità di ricuperare la proprietà del suo bene immobiliare, l’appartamento no 2 dell’immobile ubicato al no 15 di via Londra, a Bucarest che è stato venduto dallo stato, o di vedersi versare un indennizzo corrispondente al loro valore reale ha portato attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
23. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
24. Nelle sue osservazioni del 15 giugno 2007, il Governo reitera i suoi argomenti presentati precedentemente in cause simili, sostenendo che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni è proporzionata, visto che ha la possibilità di vedersi concedere dei risarcimenti secondo il procedimento previsto dalle leggi numeri 10/2001 e 247/2005.
25. Il richiedente si oppone agli argomenti del Governo e rinvia alle sentenze Străin, Păduraru, precitata, Ruxanda Ionescu c. Romania (no 2608/02, sentenza del 12 ottobre 2006), Radu c. Romania (no 13309/03, sentenza del 20 luglio 2006) e Păun c. Romania (no 9405/02, sentenza del 24 maggio 2007).
26. La Corte osserva che il richiedente detiene una decisione definitiva ed irrevocabile che ordina alle autorità di restituirgli il bene controverso. Come la Corte ha già constatato (vedere causa Străin ed altri, precitata § 38) l’esistenza del suo diritto di proprietà in virtù di suddetta decisione definitiva non era condizionata ad altre formalità.
27. La Corte ricorda di avere fin da ora già giudicato che la vendita da parte dello stato di un bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma in giustizia in modo definitivo del diritto di proprietà altrui, si analizza in una privazione di proprietà. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin ed altri, precitata, §§ 39, 43 e 59).
28. Per di più, nella causa Păduraru precitata, la Corte ha constatato che lo stato aveva mancato al suo obbligo positivo di reagire in tempo utile e con coerenza di fronte alla questione di interesse generale che costituisce la restituzione o la vendita degli immobili entrati in suo possesso in virtù dei decreti di statalizzazione. Ha considerato anche che l’incertezza generale così creata si era ripercossa sul richiedente che si era visto nell’impossibilità di ricuperare l’insieme del suo bene mentre disponeva di una sentenza definitiva che condannava lo stato a restituirglielo (Păduraru, precitata, § 112).
29. Nello specifico, la Corte non vede alcun motivo di scostarsi dalle cause precitate, essendo la situazione di fatto sensibilmente lo stesso. Nota che la vendita da parte dello stato dell’appartamento no 2 del richiedente in virtù della legge no 112/1995 che non permetteva, tuttavia, di vendere illegalmente i beni statalizzati, impedisce –ancora oggi- all’interessato di godere del suo diritto di proprietà riconosciuto da una decisione definitiva ed irrevocabile.
30. Peraltro, osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
31. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsto da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come il richiedente, si sono visti private di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi in pratica e che va nel buonsenso in materia (paragrafo 17 sopra).
32. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà del richiedente sull’appartamento no 2, combinato con la mancanza totale di indennizzo, gli ha fatto subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei suoi beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
33. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo suddetto.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
34. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata dei procedimenti di restituzione dell’immobile. Si lamenta anche dell’imprevedibilità della giurisprudenza dei tribunali, avuto riguardo ai loro approcci differenti sulla stessa questione di diritto. A questo riguardo, denuncia il fatto che in due procedimenti che prevedevano gli stessi fatti e le stesse questioni di diritto – l’annullamento di un contratto di vendita riguardante un appartamento statalizzato-la corte di appello di Bucarest ha reso due decisioni contrarie: una decisione del 12 giugno 2001, che rifiutava l’annullamento del contratto riguardante l’appartamento no 2, che è oggetto della presente causa, ed una decisione del 31 maggio 2001, che annullava il contratto di vendita riguardante l’appartamento no 1 dello stesso immobile. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta infine del fatto che non dispone di nessun ricorso effettivo per ovviare agli attentati addotti sopra.
35. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dagli articoli della Convenzione. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
36. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
37. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera al più presto dalle leggi di risarcimento, attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere, le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
38. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
39. Il richiedente richiede, a titolo di danno materiale, la restituzione dell’appartamento di cui è stato riconosciuto proprietario con la decisione del 10 luglio 1997 o, a difetto, la concessione della somma di 519 000 euro (EUR), rappresentante il valore reale del bene, come stabilito da una perizia tecnica immobiliare, datata 7 maggio 2007. Il richiedente chiede anche 15 000 euro (EUR) per le sofferenze subite in ragione della privazione di proprietà.
40. Per ciò che riguarda il danno materiale, il Governo considera che il valore venale dell’appartamento in causa è di 365 570 EUR, ed egli sottopone un rapporto di perizia (parere) redatto nel settembre 2007. Trattandosi del danno morale, il Governo stima in primo luogo che non c’è legame di causalità tra il danno giuridico addotto e la pretesa violazione della Convenzione. Arguisce anche che un eventuale danno morale sarebbe compensato sufficientemente da una constatazione di violazione. A titolo accessorio, il Governo considera che le pretese del richiedente sono eccessive.
41. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione della vendita da parte dello stato dell’appartamento del richiedente, combinata con la mancanza di indennizzo.
42. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso, come ordinata dalla decisione definitiva del 10 luglio 1997, porrebbe per quanto possibile il richiedente in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
43. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva, la Corte decide che dovrà versare al richiedente, per danno materiale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
Tenuto conto delle informazione di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dalle parti, la Corte stima il valore commerciale reale del bene a 400 000 EUR.
44. La Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno potuto provocare al richiedente delle sofferenze ed uno stato di incertezza che non possono essere compensati dalla constatazione di violazione. Stima che la somma di 2 000 EUR rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito dal richiedente.
B. Oneri e spese
45. Il richiedente chiede anche 3 449 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte.
46. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri incorsi, sotto condizione che siano provati, necessari e che abbiano un legame con la causa. Sottolinea che il richiedente non ha prodotto nessun giustificativo per gli oneri di corrispondenza e per la somma di 1 500 EUR che il richiedente afferma di avere versato ai suoi avvocati al momento della conclusione del contratto di rappresentanza.
47. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte concede per oneri e spese la somma di 3 400 EUR di cui 1 740 EUR da versare direttamente M..
C. Interessi moratori
48. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile per quanto riguarda il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione per ciò che riguarda l’inadempimento della decisione definitiva del 10 luglio 1997 e l’inesistenza di un ricorso effettivo per ovviare alle violazioni addotte sopra, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare per di più gli altri motivi di appello invocati dal richiedente degli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione per ciò che riguarda l’inadempimento della decisione definitiva del 10 luglio 1997 e l’inesistenza di un ricorso effettivo per ovviare alle violazioni addotte sopra;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire al richiedente l’appartamento no 2, situato al 15 di via Londra, a Bucarest, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 400 000 EUR (quattro centomila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare al richiedente 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare al richiedente 3 400 EUR (tremila quattro cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese di cui 1 740 EUR da versare direttamente al rappresentante del richiedente, M.;
e) che le somme in questione saranno da convertire in lei nuovi (Ron) al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
f ) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 21 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente