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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SIMIONESCU-RAMNICEANU c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 16272/03/2009
Stato: Romania
Data: 2009-07-21 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA SIMIONESCU-RÂMNICEANU C. ROMANIA
( Richiesta no 16272/03)
SENTENZA
STRASBURGO
21 luglio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Simionescu-Râmniceanu c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Luccichi López Guerra, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 30 giugno 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 16272/03) diretta contro la Romania e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. M D. M S. – R. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 16 aprile 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è stato rappresentato da M.. M, e poi da D. M, avvocati a Bucarest. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. R. – H. Radu, del ministero delle Cause Esterne.
3. Il 16 marzo 2007, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1936 e risiede a Mulheim-Main, in Germania.
5. Nel 1950, il bene immobiliare situato al no 15 di via Londra, a Bucarest che era composta da parecchi appartamenti ed apparteneva alla famiglia del richiedente, fu oggetto di una statalizzazione in virtù del decreto no 92/1950.
6. Il 19 dicembre 1994, in seguito ad un’azione per rivendicazione immobiliare, il richiedente ottenne una decisione definitiva che constatava l’illegalità della statalizzazione che ordinava alle autorità di restituirgli il bene .
7. Nel 1995, in applicazione della suddetta decisione, il sindaco di Bucarest ordinò la restituzione del bene immobiliare al richiedente.
8. Con una decisione del 3 aprile 1997, la Corte suprema di giustizia accolse il ricorso per annullamento formulato dal procuratore generale, annullò la decisione del 19 dicembre 1994 e, sul merito, respinse l’azione del richiedente.
9. Con una decisione del 7 luglio 1997, il sindaco di Bucarest annullò la sua decisione di restituzione resa nel 1995.
10. Il 10 luglio 1997, in seguito ad una nuova azione di rivendicazione immobiliare, il richiedente ottenne una decisione definitiva che constatava l’illegalità della statalizzazione e che ordinava alle autorità di restituirgli il bene. Il 4 agosto 1997, in applicazione della suddetta decisione, il sindaco di Bucarest ordinò la restituzione del bene immobiliare al richiedente.
11. Malgrado la riconoscenza giudiziale definitiva del suo diritto di proprietà, il richiedente si vide nell’impossibilità di ricuperare l’interezza del suo bene perché, in virtù della legge no 112/1995, lo stato vendette, il 24 luglio 1997, l’appartamento no 2 di questo immobile agli inquilini che l’occupavano.
12. Il 29 giugno 1998, il richiedente chiese ai tribunali di constatare la nullità della vendita dell’appartamento controverso e la sua restituzione. Faceva valere che la statalizzazione era abusiva ed illegale, che lo stato non poteva essere il proprietario legittimo del bene e, di conseguenza, non poteva vendere legalmente questo. Al termine del procedimento, con una sentenza del 12 giugno 2001, la corte di appello di Bucarest, pure riconoscendo il diritto di proprietà del richiedente, respinse la sua azione al motivo che gli inquilini erano degli acquirenti in buona fede. La corte di appello non concedette nessun indennizzo al richiedente.
13. Il 25 ottobre 2001, il richiedente formò un’azione in rivendicazione dell’appartamento controverso contro i vecchi inquilini che l’avevano acquistato.
14. Con una sentenza definitiva del 23 ottobre 2002 e rinviando alla sua decisione del 12 giugno 2001, la corte di appello di Bucarest respinse l’azione del richiedente che stimava che il suo titolo di proprietà non prevaleva su quello degli inquilini, a ragione della loro buona fede. La corte di appello non concedette nessun indennizzo al richiedente.
15. Nel 2001, sul fondamento della legge no 10/2001, il richiedente depositò presso il municipio di Bucarest un’istanza di restituzione dell’appartamento controverso. Nessuna decisione è stata presa finora.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
16. Le disposizioni legali, ivi comprese quelle della legge no 10/2001 sul regime giuridico dei beni immobili presi abusivamente dallo stato tra il 6 marzo 1945 ed il 22 dicembre 1989, e delle sue susseguenti modifiche, e la giurisprudenza interna pertinente sono descritte nelle sentenze Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33, Străin ed altri c. Romania (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26, Păduraru c. Romania (no 63252/00) §§ 38-53, 1 dicembre 2005,; e Tudor c. Romania (no 29035/05, §§ 15–20, 11 dicembre 2007,).
17. Sono state prese recentemente alcune misure che prevedono in particolare l’accelerazione del procedimento di concessione dei risarcimenti attraverso il fondo di investimento “Proprietatea” dalle autorità nazionali in virtù dell’ordinanza di emergenza del Governo no 81/2007.
IN DIRITTO
I. SU L’OGGETTO DELLA RICHIESTA
18. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1, il richiedente si considera vittima di una violazione del suo diritto al rispetto dei beni, in ragione dell’impossibilità di ricuperare la proprietà dell’appartamento no 2 del bene immobiliare ubicato al no 15 di via Londra, a Bucarest.
19. Sotto l’angolo dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta del fatto che le autorità non hanno eseguito la decisione definitiva del 10 luglio 1997 che ordinava alle autorità di restituirgli il bene immobile ubicato per intero al no 15 di via Londra, a Bucarest.
20. Adduce inoltre sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione che non dispone di nessuna altra via di ricorso per denunciare le violazioni addotte degli articoli 1 del Protocollo no 1 e dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
21. Avuto riguardo alla natura del motivo di appello sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 e tenuto conto del problema sistemico che rivela (vedere mutatis mutandis Străin precitata e tutte le sentenze che sono seguite), la Corte stima che le questioni sollevate nello specifico devono essere esaminate sotto l’angolo di questo articolo e non stima necessario di mettersi anche sul terreno degli altri articoli di cui il richiedente adduce la violazione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
22. Il richiedente adduce che l’impossibilità di ricuperare la proprietà del suo bene immobiliare, l’appartamento no 2 dell’immobile ubicato al no 15 di via Londra, a Bucarest che è stato venduto dallo stato, o di vedersi versare un indennizzo corrispondente al loro valore reale ha portato attentato al suo diritto al rispetto dei suoi beni, come riconosciuto dall’articolo 1 del Protocollo no 1:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
23. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
24. Nelle sue osservazioni del 15 giugno 2007, il Governo reitera i suoi argomenti presentati precedentemente in cause simili, sostenendo che l’ingerenza nel diritto del richiedente al rispetto dei suoi beni è proporzionata, visto che ha la possibilità di vedersi concedere dei risarcimenti secondo il procedimento previsto dalle leggi numeri 10/2001 e 247/2005.
25. Il richiedente si oppone agli argomenti del Governo e rinvia alle sentenze Străin, Păduraru, precitata, Ruxanda Ionescu c. Romania (no 2608/02, sentenza del 12 ottobre 2006), Radu c. Romania (no 13309/03, sentenza del 20 luglio 2006) e Păun c. Romania (no 9405/02, sentenza del 24 maggio 2007).
26. La Corte osserva che il richiedente detiene una decisione definitiva ed irrevocabile che ordina alle autorità di restituirgli il bene controverso. Come la Corte ha già constatato (vedere causa Străin ed altri, precitata § 38) l’esistenza del suo diritto di proprietà in virtù di suddetta decisione definitiva non era condizionata ad altre formalità.
27. La Corte ricorda di avere fin da ora già giudicato che la vendita da parte dello stato di un bene altrui a terzi in buona fede, anche quando è anteriore alla conferma in giustizia in modo definitivo del diritto di proprietà altrui, si analizza in una privazione di proprietà. Tale privazione, combinata con la mancanza totale di indennizzo, è contraria all’articolo 1 del Protocollo no 1 (Străin ed altri, precitata, §§ 39, 43 e 59).
28. Per di più, nella causa Păduraru precitata, la Corte ha constatato che lo stato aveva mancato al suo obbligo positivo di reagire in tempo utile e con coerenza di fronte alla questione di interesse generale che costituisce la restituzione o la vendita degli immobili entrati in suo possesso in virtù dei decreti di statalizzazione. Ha considerato anche che l’incertezza generale così creata si era ripercossa sul richiedente che si era visto nell’impossibilità di ricuperare l’insieme del suo bene mentre disponeva di una sentenza definitiva che condannava lo stato a restituirglielo (Păduraru, precitata, § 112).
29. Nello specifico, la Corte non vede alcun motivo di scostarsi dalle cause precitate, essendo la situazione di fatto sensibilmente lo stesso. Nota che la vendita da parte dello stato dell’appartamento no 2 del richiedente in virtù della legge no 112/1995 che non permetteva, tuttavia, di vendere illegalmente i beni statalizzati, impedisce –ancora oggi- all’interessato di godere del suo diritto di proprietà riconosciuto da una decisione definitiva ed irrevocabile.
30. Peraltro, osserva che ad oggi, il Governo non ha dimostrato che il sistema di indennizzo messo in posto dalla legge no 247/2005 permetterebbe ai beneficiari di questa legge di beneficiare, secondo un procedimento ed un calendario prevedibile, un’indennità in rapporto col valore venale dei beni di cui sono stati privati.
31. Questa conclusione non pregiudica ogni evoluzione positiva che potrebbero conoscere nell’avvenire i meccanismi di finanziamento previsto da questa legge speciale in vista di indennizzare le persone che, come il richiedente, si sono visti private di un “bene”, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. A questo riguardo, la Corte prende nota con soddisfazione dell’evoluzione recente che sembra avviarsi in pratica e che va nel buonsenso in materia (paragrafo 17 sopra).
32. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, il collocamento in fallimento del diritto di proprietà del richiedente sull’appartamento no 2, combinato con la mancanza totale di indennizzo, gli ha fatto subire un carico sproporzionato ed eccessivo, incompatibile col diritto al rispetto dei suoi beni garantiti dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
33. Pertanto, la Corte conclude che c’è stata violazione dell’articolo suddetto.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
34. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, il richiedente si lamenta della durata dei procedimenti di restituzione dell’immobile. Si lamenta anche dell’imprevedibilità della giurisprudenza dei tribunali, avuto riguardo ai loro approcci differenti sulla stessa questione di diritto. A questo riguardo, denuncia il fatto che in due procedimenti che prevedevano gli stessi fatti e le stesse questioni di diritto – l’annullamento di un contratto di vendita riguardante un appartamento statalizzato-la corte di appello di Bucarest ha reso due decisioni contrarie: una decisione del 12 giugno 2001, che rifiutava l’annullamento del contratto riguardante l’appartamento no 2, che è oggetto della presente causa, ed una decisione del 31 maggio 2001, che annullava il contratto di vendita riguardante l’appartamento no 1 dello stesso immobile. Invocando l’articolo 13 della Convenzione, il richiedente si lamenta infine del fatto che non dispone di nessun ricorso effettivo per ovviare agli attentati addotti sopra.
35. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dagli articoli della Convenzione. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
36. L’articolo 46 della Convenzione dispone:
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
37. La conclusione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 rivela un problema su grande scala che risulta dalla difettosità della legislazione sulla restituzione degli immobili statalizzati che sono stati venduti dallo stato a terzi. Quindi, la Corte stima che lo stato deve pianificare il procedimento messo in opera al più presto dalle leggi di risarcimento, attualmente le leggi numeri 10/2001 e 247/2005, così che diventi realmente coerente, accessibile, veloce e prevedibile (vedere, le sentenze Viaşu c. Romania, no 75951/01, § 83, 9 dicembre 2008; Katz c. Romania, no 29739/03, §§ 30-37, 20 gennaio 2009, e Faimblat c. Romania, no 23066/02, §§ 48-54, 13 gennaio 2009).
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
38. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
39. Il richiedente richiede, a titolo di danno materiale, la restituzione dell’appartamento di cui è stato riconosciuto proprietario con la decisione del 10 luglio 1997 o, a difetto, la concessione della somma di 519 000 euro (EUR), rappresentante il valore reale del bene, come stabilito da una perizia tecnica immobiliare, datata 7 maggio 2007. Il richiedente chiede anche 15 000 euro (EUR) per le sofferenze subite in ragione della privazione di proprietà.
40. Per ciò che riguarda il danno materiale, il Governo considera che il valore venale dell’appartamento in causa è di 365 570 EUR, ed egli sottopone un rapporto di perizia (parere) redatto nel settembre 2007. Trattandosi del danno morale, il Governo stima in primo luogo che non c’è legame di causalità tra il danno giuridico addotto e la pretesa violazione della Convenzione. Arguisce anche che un eventuale danno morale sarebbe compensato sufficientemente da una constatazione di violazione. A titolo accessorio, il Governo considera che le pretese del richiedente sono eccessive.
41. La Corte ricorda che ha concluso alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione in ragione della vendita da parte dello stato dell’appartamento del richiedente, combinata con la mancanza di indennizzo.
42. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che la restituzione del bene controverso, come ordinata dalla decisione definitiva del 10 luglio 1997, porrebbe per quanto possibile il richiedente in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non fossero state ignorate.
43. A difetto per lo stato convenuto di procedere a simile restituzione entro tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva, la Corte decide che dovrà versare al richiedente, per danno materiale, una somma corrispondente al valore reale del bene.
Tenuto conto delle informazione di cui dispone sui prezzi del mercato immobiliare locale e degli elementi forniti dalle parti, la Corte stima il valore commerciale reale del bene a 400 000 EUR.
44. La Corte considera che gli avvenimenti in causa hanno potuto provocare al richiedente delle sofferenze ed uno stato di incertezza che non possono essere compensati dalla constatazione di violazione. Stima che la somma di 2 000 EUR rappresenta un risarcimento equo del danno morale subito dal richiedente.
B. Oneri e spese
45. Il richiedente chiede anche 3 449 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alla Corte.
46. Il Governo non si oppone al rimborso degli oneri incorsi, sotto condizione che siano provati, necessari e che abbiano un legame con la causa. Sottolinea che il richiedente non ha prodotto nessun giustificativo per gli oneri di corrispondenza e per la somma di 1 500 EUR che il richiedente afferma di avere versato ai suoi avvocati al momento della conclusione del contratto di rappresentanza.
47. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei criteri suddetti, la Corte concede per oneri e spese la somma di 3 400 EUR di cui 1 740 EUR da versare direttamente M..
C. Interessi moratori
48. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile per quanto riguarda il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione ed i motivi di appello tratti dagli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione per ciò che riguarda l’inadempimento della decisione definitiva del 10 luglio 1997 e l’inesistenza di un ricorso effettivo per ovviare alle violazioni addotte sopra, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare per di più gli altri motivi di appello invocati dal richiedente degli articoli 6 § 1 e 13 della Convenzione per ciò che riguarda l’inadempimento della decisione definitiva del 10 luglio 1997 e l’inesistenza di un ricorso effettivo per ovviare alle violazioni addotte sopra;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve restituire al richiedente l’appartamento no 2, situato al 15 di via Londra, a Bucarest, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione;
b) che in mancanza di tale restituzione, lo stato convenuto deve versare al richiedente, nello stesso termine di tre mesi, 400 000 EUR (quattro centomila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno materiale;
c) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare al richiedente 2 000 EUR (duemila euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale;
d) che ad ogni modo, lo stato convenuto deve versare al richiedente 3 400 EUR (tremila quattro cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese di cui 1 740 EUR da versare direttamente al rappresentante del richiedente, M.;
e) che le somme in questione saranno da convertire in lei nuovi (Ron) al tasso applicabile in data dell’ordinamento;
f ) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 21 luglio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE SIMIONESCU-RÂMNICEANU c. ROUMANIE
(Requête no 16272/03)
ARRÊT
STRASBOURG
21 juillet 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Simionescu-Râmniceanu c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Luis López Guerra,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 30 juin 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 16272/03) dirigée contre la Roumanie et dont un ressortissant de cet État, M. M D. M S.-R. (« le requérant »), a saisi la Cour le 16 avril 2003 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant a été représenté par Me M. M , et ensuite par Me D. M , avocats à Bucarest. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. R.-H. Radu, du ministère des Affaires Extérieures.
3. Le 16 mars 2007, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Le requérant est né en 1936 et réside à Mulheim-Main, en Allemagne.
5. En 1950, le bien immobilier situé au no 15, rue Londra, à Bucarest, qui était composé de plusieurs appartements et appartenait à la famille du requérant, fit l’objet d’une nationalisation en vertu du décret no 92/1950.
6. Le 19 décembre 1994, suite à une action en revendication immobilière, le requérant obtint une décision définitive constatant l’illégalité de la nationalisation et ordonnant aux autorités de lui restituer le bien.
7. En 1995, en application de la décision susmentionnée, le maire de Bucarest ordonna la restitution du bien immobilier au requérant.
8. Par une décision du 3 avril 1997, la Cour suprême de justice accueillit le recours en annulation formulé par le procureur général, cassa la décision du 19 décembre 1994 et, sur le fond, rejeta l’action du requérant.
9. Par une décision du 7 juillet 1997, le maire de Bucarest annula sa décision de restitution rendue en 1995.
10. Le 10 juillet 1997, suite à une nouvelle action en revendication immobilière, le requérant obtint une décision définitive constatant l’illégalité de la nationalisation et ordonnant aux autorités de lui restituer le bien. Le 4 août 1997, en application de la décision susmentionnée, le maire de Bucarest ordonna la restitution du bien immobilier au requérant.
11. Malgré la reconnaissance judiciaire définitive de son droit de propriété, le requérant se vit dans l’impossibilité de récupérer l’intégralité de son bien car, en vertu de la loi no 112/1995, l’État vendit, le 24 juillet 1997, l’appartement no 2 de cet immeuble aux locataires qui l’occupaient.
12. Le 29 juin 1998, le requérant demanda aux tribunaux de constater la nullité de la vente de l’appartement litigieux et sa restitution. Il faisait valoir que la nationalisation était abusive et illégale, que l’État ne pouvait pas être le propriétaire légitime du bien et, par conséquent, ne pouvait légalement vendre celui-ci. A l’issue de la procédure, par un arrêt du 12 juin 2001, la cour d’appel de Bucarest, tout en reconnaissant le droit de propriété du requérant, rejeta son action au motif que les locataires étaient des acquéreurs de bonne foi. La cour d’appel n’octroya aucune indemnisation au requérant.
13. Le 25 octobre 2001, le requérant forma une action en revendication de l’appartement litigieux contre les anciens locataires qui l’avaient acheté.
14. Par un arrêt définitif du 23 octobre 2002 et renvoyant à sa décision du 12 juin 2001, la cour d’appel de Bucarest rejeta l’action du requérant estimant que son titre de propriété ne l’emportait pas sur celui des locataires, à raison de leur bonne foi. La cour d’appel n’octroya aucune indemnisation au requérant.
15. En 2001, sur le fondement de la loi no 10/2001, le requérant déposa auprès de la mairie de Bucarest une demande de restitution de l’appartement litigieux. Aucune décision n’a pas été prise jusqu’à présent.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
16. Les dispositions légales (y compris celles de la loi no 10/2001 sur le régime juridique des biens immeubles pris abusivement par l’État entre le 6 mars 1945 et le 22 décembre 1989, et de ses modifications subséquentes) et la jurisprudence interne pertinentes sont décrites dans les arrêts Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII, pp. 250-256, §§ 31-33), Străin et autres c. Roumanie (no 57001/00, CEDH 2005-VII, §§ 19-26), Păduraru c. Roumanie (no 63252/00, §§ 38-53, 1er décembre 2005) ; et Tudor c. Roumanie (no 29035/05, §§ 15–20, 11 décembre 2007).
17. Des mesures visant l’accélération de la procédure d’octroi des dédommagements à travers le fonds d’investissement « Proprietatea » ont été prises récemment par les autorités nationales en vertu notamment de l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 81/2007.
EN DROIT
I. SUR L’OBJET DE LA REQUÊTE
18. Invoquant l’article 1 du Protocole no 1, le requérant se considère victime d’une violation de son droit au respect des biens, en raison de l’impossibilité de recouvrer la propriété de l’appartement no 2 du bien immobilier sis au no 15, rue Londra, à Bucarest.
19. Sous l’angle de l’article 6 § 1 de la Convention, le requérant se plaint de ce que les autorités n’ont pas exécuté la décision définitive du 10 juillet 1997 ordonnant aux autorités de lui restituer le bien immeuble sis au no 15, rue Londra, à Bucarest, en entier.
20. Il allègue en outre sous l’angle de l’article 13 de la Convention qu’il ne dispose d’aucune autre voie de recours pour dénoncer les violations alléguées des articles 1 du Protocole no 1 et de l’article 6 § 1 de la Convention.
21. Eu égard à la nature du grief sous l’angle de l’article 1 du Protocole no 1 et compte tenu du problème systémique qu’il révèle (voir mutatis mutandis Străin précité et tous les arrêts qui ont suivi), la Cour estime que les questions soulevées en l’espèce doivent être examinées sous l’angle de cet article et n’estime pas nécessaire de se placer de surcroît sur le terrain des autres articles dont le requérant allègue la violation.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
22. Le requérant allègue que l’impossibilité de recouvrer la propriété de son bien immobilier (l’appartement no 2 de l’immeuble sis au no 15, rue Londra, à Bucarest), qui a été vendu par l’État, ou de se voir verser une indemnisation correspondant à leur valeur réelle a porté atteinte à son droit au respect de ses biens, tel que reconnu par l’article 1 du Protocole no 1 :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les États de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
23. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
24. Dans ses observations du 15 juin 2007, le Gouvernement réitère ses arguments présentés précédemment dans des affaires similaires, soutenant que l’ingérence dans le droit du requérant au respect de ses biens est proportionnée, vu qu’il a la possibilité de se voir octroyer des dédommagements selon la procédure prévue par les lois nos 10/2001 et 247/2005.
25. Le requérant s’oppose aux arguments du Gouvernement et renvoie aux arrêts Străin, Păduraru (précités), Ruxanda Ionescu c. Roumanie (no 2608/02, arrêt du 12 octobre 2006), Radu c. Roumanie (no 13309/03, arrêt du 20 juillet 2006) et Păun c. Roumanie (no 9405/02, arrêt du 24 mai 2007).
26. La Cour observe que le requérant détient une décision définitive et irrévocable ordonnant aux autorités de lui restituer le bien litigieux. Comme la Cour l’a déjà constaté (voir affaire Străin et autres, précité § 38) l’existence de son droit de propriété en vertu de ladite décision définitive n’était pas conditionnée à d’autres formalités.
27. La Cour rappelle avoir d’ores et déjà jugé que la vente par l’État d’un bien d’autrui à des tiers de bonne foi, même lorsqu’elle est antérieure à la confirmation en justice de façon définitive du droit de propriété d’autrui, s’analyse en une privation de propriété. Une telle privation, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, est contraire à l’article 1 du Protocole no 1 (Străin et autres, précité, §§ 39, 43 et 59).
28. De surcroît, dans l’affaire Păduraru précitée, la Cour a constaté que l’État avait manqué à son obligation positive de réagir en temps utile et avec cohérence face à la question d’intérêt général que constitue la restitution ou la vente des immeubles entrés en sa possession en vertu des décrets de nationalisation. Elle a également considéré que l’incertitude générale ainsi créée s’était répercutée sur le requérant, qui s’était vu dans l’impossibilité de recouvrer l’ensemble de son bien alors qu’il disposait d’un arrêt définitif condamnant l’État à le lui restituer (Păduraru, précité, § 112).
29. En l’espèce, la Cour n’aperçoit pas de motif de s’écarter des affaires précitées, la situation de fait étant sensiblement la même. Elle note que la vente par l’État de l’appartement no 2 du requérant en vertu de la loi no 112/1995, laquelle ne permettait pas, pourtant, de vendre les biens nationalisés illégalement, empêche – aujourd’hui encore – l’intéressé de jouir de son droit de propriété reconnu par une décision définitive et irrévocable.
30. Par ailleurs, elle observe qu’à ce jour, le Gouvernement n’a pas démontré que le système d’indemnisation mis en place par la loi no 247/2005 permettrait aux bénéficiaires de cette loi de toucher, selon une procédure et un calendrier prévisible, une indemnité en rapport avec la valeur vénale des biens dont ils ont été privés.
31. Cette conclusion ne préjuge pas toute évolution positive que pourraient connaître à l’avenir les mécanismes de financement prévus par cette loi spéciale en vue d’indemniser les personnes qui, comme le requérant, se sont vu privées d’un « bien », au sens de l’article 1 du Protocole no 1. A cet égard, la Cour prend note avec satisfaction de l’évolution récente qui semble s’amorcer en pratique et qui va dans le bon sens en la matière (paragraphe 17 ci-dessus).
32. Compte tenu de sa jurisprudence en la matière, la Cour estime qu’en l’espèce, la mise en échec du droit de propriété du requérant sur l’appartement no 2, combinée avec l’absence totale d’indemnisation, lui a fait subir une charge disproportionnée et excessive, incompatible avec le droit au respect de ses biens garanti par l’article 1 du Protocole no 1.
33. Partant, la Cour conclut qu’il y a eu violation de l’article susmentionné.
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
34. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, le requérant se plaint de la durée des procédures en restitution de l’immeuble. Il se plaint également de l’imprévisibilité de la jurisprudence des tribunaux, eu égard à leurs approches différentes sur la même question de droit. A cet égard, il dénonce le fait que dans deux procédures visant les mêmes faits et les mêmes questions de droit – l’annulation d’un contrat de vente portant sur un appartement nationalisé – la cour d’appel de Bucarest a rendu deux décisions contraires : une décision du 12 juin 2001, refusant l’annulation du contrat portant sur l’appartement no 2, faisant l’objet de la présente affaire, et une décision du 31 mai 2001, annulant le contrat de vente portant sur l’appartement no 1 du même immeuble. Invoquant l’article 13 de la Convention, le requérant se plaint enfin de ce qu’il ne dispose d’aucun recours effectif pour remédier aux atteintes alléguées ci-dessus.
35. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par les articles de la Convention. Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
36. L’article 46 de la Convention dispose :
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
37. La conclusion de violation de l’article 1 du Protocole no 1 révèle un problème à grande échelle résultant de la défectuosité de la législation sur la restitution des immeubles nationalisés qui ont été vendus par l’État à des tiers. Dès lors, la Cour estime que l’État doit aménager dans les plus brefs délais la procédure mise en place par les lois de réparation (actuellement les lois nos 10/2001 et 247/2005) de sorte qu’elle devienne réellement cohérente, accessible, rapide et prévisible (voir, les arrêts Viaşu c. Roumanie, no 75951/01, § 83, 9 décembre 2008; Katz c. Roumanie, no 29739/03, §§ 30-37, 20 janvier 2009, et Faimblat c. Roumanie, no 23066/02, §§ 48-54, 13 janvier 2009).
V. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
38. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
39. Le requérant réclame, au titre de dommage matériel, la restitution de l’appartement dont il a été reconnu propriétaire par la décision du 10 juillet 1997 ou, à défaut, l’octroi de la somme de 519 000 euros (EUR), représentant la valeur actuelle du bien, telle qu’établie par une expertise technique immobilière, datée du 7 mai 2007. Le requérant demande également 15 000 euros (EUR) pour les souffrances subies en raison de la privation de propriété.
40. En ce qui concerne le préjudice matériel, le Gouvernement considère que la valeur vénale de l’appartement en cause est de 365 570 EUR, et il soumet un rapport d’expertise (avis) dressé en septembre 2007. S’agissant du dommage moral, le Gouvernement estime en premier lieu qu’il n’y a pas de lien de causalité entre le dommage moral allégué et la prétendue violation de la Convention. Il argue également qu’un éventuel dommage moral serait suffisamment compensé par un constat de violation. A titre subsidiaire, le Gouvernement considère que les prétentions du requérant sont excessives.
41. La Cour rappelle qu’elle a conclu à la violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention en raison de la vente par l’État de l’appartement du requérant, combinée avec l’absence d’indemnisation.
42. La Cour estime, dans les circonstances de l’espèce, que la restitution du bien litigieux, telle qu’ordonnée par la décision définitive du 10 juillet 1997, placerait le requérant autant que possible dans une situation équivalant à celle où il se trouverait si les exigences de l’article 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
43. A défaut pour l’État défendeur de procéder à pareille restitution dans un délai de trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif, la Cour décide qu’il devra verser au requérant, pour dommage matériel, une somme correspondant à la valeur actuelle du bien.
Compte tenu des informations dont elle dispose sur les prix du marché immobilier local et des éléments fournis par les parties, la Cour estime la valeur marchande actuelle du bien à 400 000 EUR.
44. La Cour considère que les événements en cause ont pu provoquer au requérant des souffrances et un état d’incertitude qui ne peuvent pas être compensés par le constat de violation. Elle estime que la somme de 2 000 EUR représente une réparation équitable du préjudice moral subi par le requérant.
B. Frais et dépens
45. Le requérant demande également 3 449 EUR pour les frais et dépens engagés devant la Cour.
46. Le Gouvernement ne s’oppose pas au remboursement des frais encourus, sous condition qu’ils soient prouvés, nécessaires et qu’ils aient un lien avec l’affaire. Il souligne que le requérant n’a produit aucun justificatif pour les frais de correspondance et pour la somme de 1 500 EUR que le requérant affirme avoir versée à ses avocats au moment de la conclusion du contrat de représentation.
47. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour octroie pour frais et dépens la somme de 3 400 EUR, dont 1 740 EUR à verser directement à Me M..
C. Intérêts moratoires
48. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable pour autant qu’elle concerne le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention et les griefs tirés des articles 6 § 1 et 13 de la Convention en ce qui concerne la non-exécution de la décision définitive du 10 juillet 1997 et l’inexistence d’un recours effectif afin de remédier aux violations alléguées ci-dessus, et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner de surcroît les autres griefs invoqués par le requérant des articles 6 § 1 et 13 de la Convention en ce qui concerne la non-exécution de la décision définitive du 10 juillet 1997 et l’inexistence d’un recours effectif afin de remédier aux violations alléguées ci-dessus ;
4. Dit
a) que l’État défendeur doit restituer au requérant l’appartement no 2, situé au 15, rue Londra, à Bucarest, dans les trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention ;
b) qu’à défaut d’une telle restitution, l’État défendeur doit verser au requérant, dans le même délai de trois mois, 400 000 EUR (quatre cent mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage matériel ;
c) qu’en tout état de cause, l’État défendeur doit verser au requérant 2 000 EUR (deux mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour préjudice moral ;
d) qu’en tout état de cause, l’État défendeur doit verser au requérant 3 400 EUR (trois mille quatre cent euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour frais et dépens, dont 1 740 EUR à verser directement au représentant du requérant, Me M. ;
e) que les sommes en question seront à convertir en lei nouveaux (RON) au taux applicable à la date du règlement ;
f) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 21 juillet 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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