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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SILVERI c. ITALIE (n° 2)

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 36624/02/2010
Stato: Italia
Data: 2010-10-19 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA SILVERI C. ITALIA (NO 2)
( Richiesta no 36624/02)
SENTENZA
STRASBURGO
19 ottobre 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Silveri c. Italia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Danutė Jočienė, Dragoljub Popoviæ, András Sajó, Nona Tsotsoria, Kristina Pardalos, Guido Raimondi, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 28 settembre 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36624/02) diretta contro la Repubblica italiana e in cui quattro cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 25 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati dal Sig. G., avvocato a Bergamo.
3. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo vecchio agente e coagente, i Sigg. I.M. Braguglia e F. Crisafulli, e dall’attuale coagente, il Sig. N. Lettieri.
4. Il 28 giugno 2004, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permetteva l’articolo 29 § 3 della Convenzione in vigore all’epoca, ha deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1927, 1928, 1931 e 1939 e risiedono a Bergamo (il primo richiedente) a Roma ( il secondo e il quarto richiedente) a Seregno, (Milano), (il terzo richiedente).
A. Il procedimento principale
6. Il 4 giugno 1983, i richiedenti citarono E.S. dinnanzi al tribunale civile di L’Aquila, per ottenere la divisione di un’eredità (RG nº 568/83).
7. Dopo parecchie udienze, con un’ordinanza del 5 luglio 2000, il tribunale ordinò ai richiedenti di citare a comparire otto altre persone interessate prima del 15 novembre 2000.
8. All’udienza del 19 febbraio 2000, la parte avversa rilevò che i richiedenti non avevano eseguito l’ordinanza del giudice.
9. In seguito al rinvio delle otto udienze successive a causa dello smarrimento della pratica presso la cancelleria, all’udienza del 28 ottobre 2002, i richiedenti eccepirono del fatto che erano stati impediti di citare a comparire le persone indicate nell’ordinanza del 5 luglio 2000, perché erano decedute o il loro indirizzo era sconosciuto. Chiesero la revoca dell’ordinanza del 5 luglio 2000.
10. Con un giudizio depositato il 15 novembre 2004, il tribunale dichiarò inammissibile la richiesta dei richiedenti, al motivo che questi ultimi avevano omesso di citare a comparire le persone indicate nell’ordinanza del 5 luglio 2000, o i loro eredi.
B. La prima richiesta dinnanzi alla Corte
11. Il 13 febbraio 1999, i richiedenti avevano investito nel frattempo, la Corte (richiesta no PM4007) per lamentarsi della durata del procedimento principale.
12. Con una lettera del 19 giugno 2001, la Corte informò i richiedenti dell’entrata in vigore della legge “Pinto.” La pratica fu distrutta il 27 giugno 2002 in mancanza per i richiedenti di avere fornito delle informazioni sulla loro richiesta durante più di un anno.
C. Il procedimento “Pinto”
13. Il 25 settembre 2001, i richiedenti investirono la corte di appello di Campobasso ai sensi del legge “Pinto”, chiedendo 50 000 000 lire italiane (ITL) [25 822,84 euro (EUR)] ciascuno per risarcimento dei danni subiti a causa della durata del procedimento principale.
14. Con una decisione dell’ 11 dicembre 2001, depositata il 17 dicembre 2001, la corte di appello dice che, in data della decisione, il procedimento controverso aveva superato una “durata ragionevole” ma respinse l’istanza di indennizzo dei richiedenti al motivo che i danni presumibilmente subiti non erano stati dimostrati. Decise che ogni parte avrebbe dovuto prendersi carico degli oneri e delle spese del procedimento.
15. Notificata il 15 febbraio 2002, questa decisione diventò definitiva il 15 aprile 2002.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
16. Il diritto e la pratica interna pertinenti relativi alla legge no 89 del 24 marzo 2001, detta “legge Pinto”, figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
IN DIRITTO
I. OSSERVAZIONE PRELIMINARE
17. Il Governo si oppone alla decisione della Corte di esaminare congiuntamente l’ammissibilità ed il merito della richiesta. Stima che la richiesta non suscita simile approccio, in ragione delle particolarità legate alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed alla data di deposito della decisione “Pinto.”
18. La Corte rileva, da una parte, che il Governo non ha supportato il suo argomento derivato dalle particolarità della richiesta. Osserva, dall’altra parte, che il procedimento di esame congiunto in questione non impedisce un esame attento delle questioni sollevate e degli argomenti invocati dal Governo (vedere, mutatis mutandis, Léo Zappia c. Italia, no 77744/01, §§ 12-14, 29 settembre 2005). Quindi, non c’è luogo di fare diritto all’istanza del Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
19. I richiedenti si lamentano della durata del procedimento principale e di non avere ottenuto nessuno indennizzo nella cornice del ricorso “Pinto.” Invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
20. Il Governo si oppone a questa tesi, eccependo del no-esaurimento delle vie di ricorso interne e del difetto di requisito di “vittime” a capo dei richiedenti. Secondo il Governo, la giurisdizione “Pinto” avrebbe respinto i richiedenti, alla vista del loro comportamento nel procedimento principale ed in particolare per il fatto che hanno omesso di eseguire l’ordinanza del giudice del 5 luglio 2000 (vedere sopra paragrafo 7).
21. La Corte stima che la prima eccezione del Governo è da respingere alla luce della sua giurisprudenza (Di Sante c. Italia, (dec.), no 56079/00, 24 giugno 2004).
22. In quanto alla seconda eccezione, la Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione nella cornice del ricorso “Pinto” si è rivelata insufficiente (vedere Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98). Pertanto, i richiedenti possono sempre definirsi “vittime”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
23. La Corte constata che questo motivo di appello non incontra nessun altro dei motivi di inammissibilità iscritti all’articolo 35 § 3 della Convenzione. Lo dichiara allo stesso modo ammissibile.
24. La Corte constata che in data della decisione “Pinto”, il procedimento principale era durato circa diciotto anni e sei mesi per un grado di giurisdizione, dal 4 giugno 1983 al 11 dicembre 2001, e che si è prolungato poi di due anni ed undici mesi.
25. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specie e ha constatato un’incomprensione dell’esigenza del “termine ragionevole”, tenuto conto dei criteri emanati in materia dalla sua giurisprudenza ben consolidata (vedere, in primo luogo, Cocchiarella c. Italia, precitata). Non vedendo niente che possa condurre ad una conclusione differente nella presente causa, la Corte stima che c’è luogo anche di constatare una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, per lo stesso motivo.
III. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
26. Invocando gli articoli 13, 17 e 41 della Convenzione, i richiedenti si lamentano della non effettività del rimedio “Pinto.”
27. La Corte stima che questo motivo di appello è da analizzare sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione. Alla luce della sua giurisprudenza (Brusco c. Italia, (dec.), no 69789/01, CEDH 2001-IX; Delle Cave e Corrado c. Italia, precitata, §§ 43-46) lo dichiara inammissibile per difetto manifesto di fondamento ai sensi dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
28. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
29. I richiedenti richiedono 15 000 000 EUR ciascuno per danno patrimoniale. Chiedono anche, a titolo del danno morale, 40 000 000 EUR ciascuno per la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e 25 000 000 EUR per la violazione degli articoli 13 e 17.
30. Il Governo stima che i richiedenti sono stati indennizzati in modo adeguato e sufficiente nella cornice del ricorso “Pinto”, tenuto conto del loro comportamento nel procedimento principale.
31. La Corte non vede legame di causalità tra la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione che ha appena constatato (vedere sopra paragrafo 25) ed il danno patrimoniale addotto e respinge questa richiesta. Per ciò che riguarda il danno morale, la Corte stima che avrebbe potuto accordare ad ogni richiedente, in mancanza di vie di ricorso interne e tenuto conto del comportamento dei richiedenti nel procedimento principale, la somma di 21 000 EUR. Il fatto che la giurisdizione “Pinto” non abbia concesso niente ai richiedenti arriva ad un risultato manifestamente irragionevole. Di conseguenza, avuto riguardo alle caratteristiche della via di ricorso “Pinto” ed al fatto che, malgrado questo ricorso interno, sia giunta tuttavia ad una constatazione di violazione, prendendo in considerazione il prolungamento del procedimento principale dopo il ricorso “Pinto”, la Corte, tenuto conto della soluzione adottata nella sentenza Cocchiarella c. Italia, (precitate, §§ 139-142 e 146) e, deliberando in equità, assegna ad ogni richiedente 9 450 EUR.
B. Oneri e spese
32. Note di parcella in appoggio, i richiedenti chiedono 5 633 328 ITL [2 909 EUR] per gli oneri e le spese della richiesta PM4007 dinnanzi alla Corte, 5 633 328 ITL [2 909 EUR] per gli oneri e le spese del ricorso “Pinto” e 13 083,46 EUR, questi ultimi, da aumentare del 2% a titolo del contributo alla cassa di previdenza degli avvocati e del 20% a titolo della tassa sul valore aggiunto, per gli oneri e le spese della presente richiesta.
33. Il Governo contesta queste pretese.
34. Secondo la giurisprudenza della Corte, il sussidio degli oneri e delle spese a titolo dell’articolo 41 presuppone che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (Can ed altri c. Turchia, no 29189/02, § 22, 24 gennaio 2008).
35. In quanto agli oneri e alle spese dinnanzi alla corte di appello “Pinto”, tenuto conto della durata e della complessità del procedimento “Pinto”, la Corte decide di assegnare congiuntamente 500 EUR ai richiedenti a questo titolo.
36. In quanto agli oneri e alle spese incorsi dinnanzi a lei, la Corte, alla vista dei giustificativi forniti, stima ragionevole assegnare congiuntamente 1 500 EUR ai richiedenti (somma che ingloba un rimborso per gli oneri e le spese della prima richiesta dinnanzi alla Corte).
C. Interessi moratori
37. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dalla durata eccessiva del procedimento, articolo 6 § 1 della Convenzione, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione 9 450 EUR (novemila quattro cento cinquanta euro) ad ogni richiedente per danno morale e 2 000 EUR (duemila euro) ai richiedenti congiuntamente per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dai richiedenti;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 19 ottobre 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 6-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE SILVERI C. ITALIE (NO 2)
(Requête no 36624/02)
ARRÊT
STRASBOURG
19 octobre 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Silveri c. Italie (no 2),
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Kristina Pardalos,
Guido Raimondi, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 28 septembre 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 36624/02) dirigée contre la République italienne et dont quatre ressortissants de cet Etat, OMISSIS (« les requérants »), ont saisi la Cour les 25 septembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me M. G., avocat à Bergame.
3. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par ses anciens agent et coagent, MM. I.M. Braguglia et F. Crisafulli, et l’actuel coagent, M. N. Lettieri.
4. Le 28 juin 2004, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permettait l’article 29 § 3 de la Convention en vigueur à l’époque, elle a en outre décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Les requérants sont nés respectivement en 1927, 1928, 1931 et 1939 et résident à Bergame (le premier requérant), Rome (les deuxième et quatrième requérant) et Seregno (Milan) (le troisième requérant).
A. La procédure principale
6. Le 4 juin 1983, les requérants assignèrent E.S. devant le tribunal civil de L’Aquila, afin d’obtenir le partage d’un héritage (RG nº 568/83).
7. Après plusieurs audiences, par une ordonnance du 5 juillet 2000, le tribunal ordonna aux requérants d’assigner à comparaître huit autres personnes intéressées avant le 15 novembre 2000.
8. A l’audience du 19 février 2000, la partie adverse releva que les requérants n’avaient pas exécuté l’ordonnance du juge.
9. Suite au renvoi des huit audiences successives du fait de l’égarement du dossier au greffe, à l’audience du 28 octobre 2002, les requérants excipèrent du fait qu’ils avaient été empêchés d’assigner à comparaître les personnes indiquées dans l’ordonnance du 5 juillet 2000, car elles étaient décédées ou leur adresse était inconnue. Ils demandèrent la révocation de l’ordonnance du 5 juillet 2000.
10. Par un jugement déposé le 15 novembre 2004, le tribunal déclara irrecevable la demande des requérants, au motif que ces derniers avaient omis d’assigner à comparaître les personnes indiquées dans l’ordonnance du 5 juillet 2000, ou leurs héritiers.
B. La première requête devant la Cour
11. Entre-temps, le 13 février 1999, les requérants avaient saisi la Cour (requête no PM4007) afin de se plaindre de la durée de la procédure principale.
12. Par une lettre du 19 juin 2001, la Cour informa les requérants de l’entrée en vigueur de la loi « Pinto ». Le dossier fut détruit le 27 juin 2002 faute pour les requérants d’avoir fourni des renseignements sur leur requête pendant plus d’un an.
C. La procédure « Pinto »
13. Le 25 septembre 2001, les requérants saisirent la cour d’appel de Campobasso au sens de la loi « Pinto », demandant 50 000 000 lires italiennes (ITL) [25 822,84 euros (EUR)] chacun en réparation des préjudices subis du fait de la durée de la procédure principale.
14. Par une décision du 11 décembre 2001, déposée le 17 décembre 2001, la cour d’appel dit que, à la date de la décision, la procédure litigieuse avait dépassé une « durée raisonnable » mais rejeta la demande d’indemnisation des requérants au motif que les dommages prétendument subis n’avaient pas été démontrés. Elle décida que chaque partie supporterait les frais et dépens de la procédure.
15. Notifiée le 15 février 2002, cette décision devint définitive le 15 avril 2002.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
16. Le droit et la pratique internes pertinents relatifs à la loi no 89 du 24 mars 2001, dite « loi Pinto », figurent dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006-V).
EN DROIT
I. OBSERVATION LIMINAIRE
17. Le Gouvernement s’oppose à la décision de la Cour d’examiner conjointement la recevabilité et le fond de la requête. Il estime que la requête ne se prête pas à pareille approche, en raison des particularités liées aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et à la date de dépôt de la décision « Pinto ».
18. La Cour relève, d’une part, que le Gouvernement n’a pas étayé son argument tiré des particularités de la requête. Elle observe, d’autre part, que la procédure d’examen conjoint en question n’empêche pas un examen attentif des questions soulevées et des arguments invoqués par le Gouvernement (voir, mutatis mutandis, Leo Zappia c. Italie, no 77744/01, §§ 12-14, 29 septembre 2005). Dès lors, il n’y pas lieu de faire droit à la demande du Gouvernement.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
19. Les requérants se plaignent de la durée de la procédure principale et de n’avoir obtenu aucune indemnisation dans le cadre du recours « Pinto ». Ils invoquent l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue (…) dans un délai raisonnable, par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
20. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse, excipant du non-épuisement des voies de recours internes et du défaut de qualité de « victimes » dans le chef des requérants. Selon le Gouvernement, la juridiction « Pinto » aurait débouté les requérants, au vu de leur comportement dans la procédure principale et notamment du fait qu’ils ont omis d’exécuter l’ordonnance du juge du 5 juillet 2000 (voir paragraphe 7 ci-dessus).
21. La Cour estime que la première exception du Gouvernement est à rejeter à la lumière de sa jurisprudence (Di Sante c. Italie (déc.), no 56079/00, 24 juin 2004).
22. Quant à la deuxième exception, la Cour, après avoir examiné l’ensemble des faits de la cause et les arguments des parties, considère que le redressement dans le cadre du recours « Pinto » s’est révélé insuffisant (voir Delle Cave et Corrado c. Italie, no 14626/03, §§ 26-31, 5 juin 2007 ; Cocchiarella c. Italie, précité, §§ 69-98). Partant, les requérants peuvent toujours se prétendre « victimes », au sens de l’article 34 de la Convention.
23. La Cour constate que ce grief ne se heurte à aucun autre des motifs d’irrecevabilité inscrits à l’article 35 § 3 de la Convention. Aussi, le déclare-t-elle recevable.
24. La Cour constate qu’à la date de la décision « Pinto », la procédure principale avait duré environ dix-huit ans et six mois pour un degré de juridiction (du 4 juin 1983 au 11 décembre 2001) et qu’elle s’est ensuite prolongée de deux ans et onze mois.
25. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle du cas d’espèce et a constaté une méconnaissance de l’exigence du « délai raisonnable », compte tenu des critères dégagés par sa jurisprudence bien établie en la matière (voir, en premier lieu, Cocchiarella c. Italie, précité). N’apercevant rien qui puisse mener à une conclusion différente dans la présente affaire, la Cour estime qu’il y a également lieu de constater une violation de l’article 6 § 1 de la Convention, pour le même motif.
III. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
26. Invoquant les articles 13, 17 et 41 de la Convention, les requérants se plaignent de l’ineffectivité du remède « Pinto ».
27. La Cour estime que ce grief est à analyser sous l’angle de l’article 13 de la Convention. A la lumière de sa jurisprudence (Brusco c. Italie (déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX ; Delle Cave et Corrado c. Italie, précité, §§ 43-46), elle le déclare irrecevable pour défaut manifeste de fondement au sens de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
28. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
29. Les requérants réclament 15 000 000 EUR chacun pour dommage matériel. Ils demandent aussi, au titre du préjudice moral, 40 000 000 EUR chacun pour la violation de l’article 6 § 1 de la Convention et 25 000 000 EUR pour la violation des articles 13 et 17.
30. Le Gouvernement estime que les requérants ont été indemnisés de manière appropriée et suffisante dans le cadre du recours « Pinto », compte tenu de leur comportement dans la procédure principale.
31. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre la violation de l’article 6 § 1 de la Convention qu’elle vient de constater (voir paragraphe 25 ci-dessus) et le dommage matériel allégué et rejette cette demande. En ce qui concerne le dommage moral, la Cour estime qu’elle aurait pu accorder à chaque requérant, en l’absence de voies de recours internes et compte tenu du comportement des requérants dans la procédure principale, la somme de 21 000 EUR. Le fait que la juridiction « Pinto » n’ait rien octroyé aux requérants aboutit à un résultat manifestement déraisonnable. Par conséquent, eu égard aux caractéristiques de la voie de recours « Pinto » et au fait que, malgré ce recours interne, elle soit néanmoins parvenue à un constat de violation, prenant en considération la prolongation de la procédure principale après le recours « Pinto », la Cour, compte tenu de la solution adoptée dans l’arrêt Cocchiarella c. Italie, précité (§§ 139-142 et 146) et, statuant en équité, alloue à chaque requérant 9 450 EUR.
B. Frais et dépens
32. Notes d’honoraires à l’appui, les requérants demandent 5 633 328 ITL [2 909 EUR] pour les frais et dépens de la requête PM4007 devant la Cour, 5 633 328 ITL [2 909 EUR] pour les frais et dépens du recours « Pinto » et 13 083,46 EUR (ces derniers, à majorer de 2 % au titre de la contribution à la caisse de prévoyance des avocats et de 20 % au titre de la taxe sur la valeur ajoutée) pour les frais et dépens de la présente requête.
33. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
34. Selon la jurisprudence de la Cour, l’allocation des frais et dépens au titre de l’article 41 présuppose que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (Can et autres c. Turquie, no 29189/02, § 22, 24 janvier 2008).
35. Quant aux frais et dépens devant la cour d’appel « Pinto », compte tenu de la durée et de la complexité de la procédure « Pinto », la Cour décide d’allouer 500 EUR aux requérants conjointement à ce titre.
36. Quant aux frais et dépens encourus devant elle, la Cour, au vu des justificatifs fournis, estime raisonnable d’allouer 1 500 EUR aux requérants conjointement (somme englobant un remboursement pour les frais et dépens de la première requête devant la Cour).
C. Intérêts moratoires
37. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de la durée excessive de la procédure (article 6 § 1 de la Convention) et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 9 450 EUR (neuf mille quatre cent cinquante euros) à chaque requérant pour dommage moral et 2 000 EUR (deux mille euros) aux requérants conjointement pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 19 octobre 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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  • Un'eventuale successiva assistenza, se richiesta, è da concordare
    - Con accordo SCRITTO che garantisce l'espropriato
    - Con pagamento POSTICIPATO (si paga con i soldi che si ottengono dall'Amministrazione)
    - Col criterio: SE NON OTTIENI NON PAGHI

Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

La data dell'ultimo controllo di validità dei testi è la seguente: 19/09/2024