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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SHARIFI ET AUTRES c. ITALIE ET GRÈCE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 03, 13, 35, P4-4
Numero: 16643/09/2014
Stato: Italia
Data: 2014-10-21 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Eccezione preliminare unita al fondo e respinta, Articolo 35-1 – Esaurimento delle vie di ricorso interni, Parzialmente inammissibile,
Violazione dell’articolo 13+3 – Diritto ad un ricorso effettivo, Articolo 13 – Ricorso effettivo, (Articolo 3 – Interdizione del tortura Sfratto, (Grecia, (Afghanistan, Violazione dell’articolo 4 del Protocollo n° 4 – Interdizione degli sfratti collettivi di estero-generale, articolo 4 del Protocollo n° 4 – Interdizione degli sfratti collettivi di estero, (Italia,
Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 – Sfratto, (Italia, (Grecia, Violazione dell’articolo 13 – Diritto ad un ricorso effettivo, Articolo 13 – Ricorso effettivo, (Italia, Soddisfazione equa respinta (tardività),

SECONDA SEZIONE

CAUSA SHARIFI ED ALTRI C. ITALIA E GRECIA

(Richiesta no 16643/09)

SENTENZA

STRASBURGO

21 ottobre 2014

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Sharifi ed altri c. Italia e Grecia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi il 9 settembre 2014 in una camera composta di:
Egli ıKaraka, şpresidentessa,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano, giudici,
e di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 9 settembre 2014,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 16643/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui trentadue cittadini afgani, due cittadini sudanesi ed un cittadino eritreo (“i richiedenti”) hanno investito la Corte il 25 marzo 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I dettagli concernente i richiedenti figurano nel quadro riassuntivo annesso alla presente sentenza. All’epoca della sua introduzione, la richiesta portava la firma di tre consigli: OMISSIS, avocate ad Atene, OMISSIS, avocate a Genova, ed OMISSIS, avvocato a Venezia. Il 19 giugno 2009, OMISSIS ha indicato che non rappresentava i richiedenti con che non era in contatto e di cui si era limitata a raccogliere le procure in Grecia. OMISSIS, in quanto a lui, non ha attaccato più in seguito la sua firma su nessuno altro documento relativo alla richiesta. Risulta anche della pratica che OMISSIS è stato assistito nella preparazione della richiesta con OMISSIS, docteure in diritto, ed OMISSIS, giornalista di nazionalità afgana che ha intervistato i richiedenti nel campo di Patrasso.
Il governo italiano è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra Ersiliagrazia Spatafora, e col suo vecchio coagente, il Sig. Nicola Lettieri. Il governo greco è stato rappresentato dal suo agente, il Sig. Alexandro G. Tzeferakos, assistito del Sig. Georgios Kannellopoulos, consigliere giuridico al Consulente legale dello stato, così come della Sig.ra Stavroula Trekli ed il Sig. Christos Poulakos, revisori al Consulente legale dello stato.
3. I richiedenti adducevano, in particolare, essere arrivati clandestinamente in Italia in provenienza della Grecia ed essere stato respinto verso questo paese sul campo, col timore di subire una repressione ulteriore verso i loro paesi di origine rispettiva in che rischierebbero la morte, la tortura o dei trattamenti disumani e degradanti, articoli 2 e 3 della Convenzione. Si lamentavano, inoltre, di non avere avuto accesso alle istanze nazionali per fare valere questi motivi di appello (articolo 13 della Convenzione) e di essere stato maltrattato dalle polizie italiane e greca, così come con gli equipaggi delle navi a bordo dai quali sono stati proseguiti in Grecia (articolo 3 della Convenzione).
Al riguardo della Grecia, si lamentavano anche di essere stato posto in ritenzione nelle cattive condizioni (articolo 3 della Convenzione).
Al riguardo dell’Italia, adducevano essere stato vittime di sfratti collettivi indiscriminées, articolo 4 del Protocollo no 4, ed essere stato privati del diritto di portare causa loro dinnanzi alla Corte, a causa dell’impossibilità di contattare un interprete ed un avvocato, articolo 34 della Convenzione.
4. Il 23 giugno 2009, la camera ha deciso di comunicare la richiesta al governi italiano e greco e di trattarla da precedenza (articolo 41 dell’ordinamento). Inoltre, in applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento, la camera ha invitato il governo greco a sospendere ad ogni sfratto dei seguenti richiesti: SIGG. Nima Rezai, Malik Merzai, Mustafa Said Mustafa, Alidad Rahimi, Faroz Ahmadi e Hasan Najibi.
5. Tanto i richiedenti che i governi convenuti hanno depositato delle osservazioni scritte sull’ammissibilità così come sul fondo della causa.
Alcune osservazioni scritte sono state ricevute anche dell’Alto-commissariato delle Nazioni unite per i profughi (HCR), così come del Centro di consiglio sui diritti dell’individuo in Europa, la “Centro Area”) e di Amnesty Internazionale che agisce congiuntamente. Il presidente della camera li aveva autorizzati ad intervenire in virtù dell’articolo 36 § 2 della Convenzione.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. I richiedenti di cui l’elenco raffigura qui accluso, sono trentadue cittadini afgani, due cittadini sudanesi ed un cittadino eritreo.
7. I fatti della causa possono riepilogare come segue.
A. I fatti addotti nella richiesta
8. I richiedenti affermano avere, a differenti date durante gli anni 2007 e 2008, vinto il territorio greco in provenienza di paese in preda ai conflitti armati che ledono i civili, nell’occorrenza l’Afghanistan, il Sudan e l’Eritrea. Dopo essere imbarcati clandestinamente si a Patrasso su delle navi per l’Italia, sarebbero arrivati tra gennaio 2008 e febbrai 2009 nei porti di Bari, Ancona e Venezia, dove la polizia delle frontiere li avrebbe intercettati e repressi immediatamente. Secondo i richiedenti, questa pratica della repressione immediata era seguita già dalle autorità italiane da numeroso mese.
9. I richiedenti avrebbero subito delle violenze da parte dei poliziotti italiani, poi degli equipaggi delle navi e, infine, della polizia greca. Secondo essi, né l’Italia né la Grecia non avrebbero permesso loro di chiedere l’asilo.
10. In ciò che riguarda l’Italia, i richiedenti non avrebbero avuto la possibilità di entrare in contatto con gli avvocati e degli interpreti. Nessuna informazione sui loro diritti non sarebbe stata fornita loro. Parimenti, non avrebbero ricevuto nessuno documento “ufficiale, scrive e traduce” relativo alla loro repressione. Adducono che la polizia delle frontiere italiane li ha riportati immediatamente nelle navi da cui avevano appena sbarcato e che sono stati chiusi nelle cabine o anche nel servizi tutto lungo il viaggio di ritorno verso la Grecia.
11. Contro la Grecia, si lamentano di avere, in un primo tempo, stati posti nei centri di ritenzione, poi di avere dovuto, dopo la loro rimessa in libertà, vivere nelle condizioni precarie nel campo di Patrasso. Sottolineano le difficoltà incontrate nei passi a compiere per l’ottenimento dell’asilo.
B. La posizione dei governi convenuti concernente l’identità dei richiedenti ed i fatti addotti nella richiesta
12. Il governo italiano afferma che, tra i richiedenti, solo Sig. Reza Karimi avrebbe raggiunto il territorio italiano. Nascosto con diciassette altri clandestini in un camion che trasporta delle verdure, il richiedente sarebbe stato scoperto dalla polizia nel porto di Ancona il 14 gennaio 2009 e represso verso la Grecia il giorno stesso. Sarebbe arrivato a Patrasso il 15 gennaio. L’età dichiarata il 14 gennaio dall’interessato non corrisponderebbe tuttavia a quell’indicato nella richiesta. A sostegno di queste affermazioni, il 11 settembre 2009, il Governo ha sottoposto alla Corte copio di un formulario della polizia delle frontiere di Ancona, datata del 14 gennaio 2009, piena alla mano e firmato dal Sig. Reza Karimi, contenendo il seguente informazione: nome, nome, nome del padre, nome e nome della madre, luogo di nascita, anno di nascita, nazionalità.
13. Del suo lato, il governo greco fa sapere che i registri del servizio dell’immigrazione del suo ministero dell’interno non confermano la presenza in Grecia che dieci dei richiedenti solamente. Dà al loro motivo il seguente precisioni.
-Nima Rezai: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Nema Rezai, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1990, ordinanza a Patrasso il 3 dicembre 2008 in ragione dell’illegalità della sua entrata e del suo soggiorno in Grecia. Il 6 dicembre 2008, la direzione della polizia di Achaia adottò al suo carico un’ordinanza di sfratto (no 2541/08-1A). Un esemplare dell’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto gli sarebbe stato rimesso. Non essendo stato considerato come pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza, il richiedente fu rimesso in libertà con ordine di riguadagnare il suo paese nei 30 giorni. Il 30 giugno 2009, fu arrestato di nuovo a Patrasso al motivo che risiedeva illegalmente in Grecia. Si vide rimettere un nuovo opuscolo di informazione e la direzione della polizia di Achaia adottò una seconda ordinanza di sfratto (no 2541/08-2A) e gli impose un collocamento in ritenzione. Fu trasferito al commissariato di polizia di Pyrgos in ragione della situazione in seguito di sovrappopolazione del centro di ritenzione della direzione della polizia di Achaia. Il 16 settembre 2009, il direttore generale della polizia della Grecia-occidentale sospese l’esecuzione dello sfratto e rimise il richiedente in libertà, sullo visto della traduzione fornita da lui della decisione della Corte in data del 23 giugno che invita il governo greco a sospendere al suo sfratto.
-Sarpar Agha Caravanserraglio: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Sardayasha Caravanserraglio, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1982, ordinanza a Patrasso il 1 ottobre 2008 in ragione dell’illegalità della sua entrata e del suo soggiorno in Grecia. Partito su una nave per l’Italia il 29 ottobre 2008, fu respinto e fece ritorno in Grecia il 31 ottobre. Il 4 novembre 2008, la direzione della polizia di Achaia adottò al suo carico un’ordinanza di sfratto (no 2212/08-1b), notificato il 6 novembre. L’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto con collocamento in ritenzione gli sarebbe stato rimesso. Il richiedente fu trasferito nella determinazione speciale di ritenzione degli estero di Kyprinos in seguito (Orestiada, dipartimento del Évros, in ragione della situazione di sovrappopolazione del centro di ritenzione della direzione della polizia di Achaia. Tra tempi, il 28 novembre 2008, il richiedente introdusse una domanda di asilo politica che fu respinto il 14 gennaio 2009 da un’ordinanza della direzione degli estero (no 4/886727). Notificata all’interessato il 22 gennaio, la decisione non fu oggetto di nessuna opposizione da parte sua. Il 24 giugno 2009, il richiedente fece ritorno di Vienna verso la Grecia in applicazione dell’ordinamento no 343/2003, dice ordinamento “Dublino II”-o, correntemente, “ordinamento Dublino”-, vedere paragrafi 54 e segue qui sotto, il 27 giugno, il servizio degli estero dell’Attica adottò poi, una nuova ordinanza di sfratto, no 404983/2-ha, senza collocamento in ritenzione, con determinazione di un termine di 30 giorni per lasciare il territorio greco.
-OMISISS: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, dell’individuo dello stesso nome, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1974, ordinanza a Patrasso il 16 gennaio 2008 in ragione dell’illegalità della sua entrata e del suo soggiorno in Grecia. Il 16 gennaio 2009, la direzione della polizia di Achaia adottò al suo carico un’ordinanza di sfratto (no 150/09-14, con collocamento in ritenzione,). L’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto gli sarebbe stato rimesso. Il 24 gennaio, l’esecuzione dello sfratto fu sospesa mancanza di carte di identità per il viaggio di ritorno; a partire da ciò, il richiedente fu rimesso in libertà, con obbligo di lasciare il territorio greco nei 30 giorni.
-Rahim Raximi: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Rahim Rahimi, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1990, ordinanza a Patrasso il 14 ottobre 2008 per difetto di permesso di soggiorno. Partito per l’Italia a bordo dal nave Sofoklis Venizelos, il richiedente spettò in Grecia il 13 ottobre 2008 dopo essere stato respinto dalle autorità italiane. L’indomani, il richiedente al quale l’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto fu rimesso, si vide notificare un’ordinanza di sfratto (no 1061/08-1a, senza collocamento in ritenzione, adottata alla stessa data con la direzione della polizia di Achaia,). Fu rimesso in libertà, con obbligo di lasciare il territorio greco nei 30 giorni.
-Mohammad Issa Sayyed Hashemi: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Mohamed Issa Hashemi, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1985, ordinanza a Samos il 17 novembre 2008 perché privo di carte. Il richiedente al quale l’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto fu rimesso, si vide notificare ad una data non precisata un’ordinanza di sfratto (no 6634/2/2041-10, senza collocamento in ritenzione, adottata il 30 novembre dalla direzione della polizia di Samos,). Fu rimesso così in libertà, con obbligo di lasciare il territorio greco nei 30 giorni.
-Gabel Omar: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Gabel Ali, cittadino somalo nato il 1 gennaio 1984, ordinanza a Samos il 5 dicembre 2009 in ragione dell’illegalità della sua entrata e del suo soggiorno in Grecia. Dopo avere ricevuto l’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto, il richiedente si vide notificare ad una data non precisata un’ordinanza di sfratto (no 6634/2/2063-12, senza collocamento in ritenzione, adottata il 8 dicembre dalla direzione della polizia di Samos,). Fu rimesso in libertà, con obbligo di lasciare il territorio greco nei 30 giorni.
-Nawid Kabiri: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Nawid Kabiru, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1992, ordinanza a Samos il 17 novembre 2008 perché senza carte. Partito verso l’Italia il 4 gennaio 2009 a bordo dalla nave Fantastico Fast XII, fu respinto dalle autorità italiane il 6 febbraio 2009. Il 7 febbraio, il richiedente fu rimesso alla divisione della sicurezza di Patrasso con l’autorità portuaria centrale della stessa città perché era senza carte. Il richiedente ricevè immediatamente un esemplare dell’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto e si vide notificare un’ordinanza di sfratto, no 255/09 1a) senza collocamento in ritenzione, adottata lo stesso giorno dalla direzione della polizia di Achaia. Fu rimesso in libertà, con obbligo di lasciare il territorio greco nei 30 giorni.
-Nazar Mohammed Yashidi: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, di Nazari Mohamed, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1988, ordinanza a Samos il 9 giugno 2008 perché senza carte. Il richiedente ricevè l’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto e si vide notificare ad una data non precisata un’ordinanza di sfratto (no 6634/2/1642-e, senza collocamento in ritenzione, adottata il 12 giugno dalla direzione della polizia di Samos,). Fu rimesso in libertà, con obbligo di lasciare il territorio greco nei 30 giorni.
-Rahmat Wahidi: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, dell’individuo dello stesso nome, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1990, ordinanza a Patrasso il 8 gennaio 2009 in ragione dell’illegalità della sua entrata e del suo soggiorno in Grecia. Il richiedente si vide rimettere l’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto con collocamento in ritenzione. Il 11 gennaio 2009, la direzione della polizia di Achaia adottò al suo carico un’ordinanza di sfratto, no 23/09 1b), notificato ad una data non precisata. Il 10 gennaio, il richiedente fu trasferito presso della determinazione speciale di ritenzione degli estero di Kyprinos (Orestiada, dipartimento del Évros, in ragione della situazione di sovrappopolazione del centro di ritenzione della direzione della polizia di Achaia. Il 19 gennaio, considerando che, mancanza di carte di identità, lo sfratto non poteva essere eseguito, il direttore generale della polizia della Grecia Occidentale sospese l’esecuzione dello sfratto e rimise il richiedente in libertà. Il richiedente era invitato a lasciare il territorio greco nei 30 giorni.
-Mohamad Anif Servery: si tratterebbe probabilmente, secondo le dichiarazioni dell’interessato, dell’individuo dello stesso nome, cittadino afgano nato il 1 gennaio 1995, ordinanza a Samos il 19 agosto 2008 in ragione dell’illegalità della sua entrata in Grecia. Il richiedente ricevè l’opuscolo di informazione sui diritti delle persone previste da un’ordinanza di sfratto e si vide notificare ad una data non precisata un’ordinanza di sfratto (no 6634/2/1777-B, senza collocamento in ritenzione, adottata il 22 agosto dalla direzione della polizia di Samos,). Il 2 ottobre, su ordine della procura presso il tribunale di prima istanza di Samos, il richiedente fu trasferito al centro di Theomitor ad Agiagos (Lesvos).
C. La corrispondenza posteriore all’introduzione della richiesta ed i contatti tra i richiedenti ed i loro consigli
14. Il 19 maggio 2009, Io Ballerini chiese alla Corte di indicare al governo greco, in applicazione dell’articolo 39 del suo ordinamento, di sospendere ad ogni sfratto dei richiedenti afgani verso il loro paese. Spiegava che, alcuni giorni prima, parecchi gruppi di richiedenti di asilo erano stati espulsi del campo di Patrasso verso la Turchia e, di là, verso l’Afghanistan. Però, ammetteva non sapere, in ragione delle difficoltà di comunicazione, quanti richiedenti erano stati espulsi già né dove si trovavano gli altri.
15. Con una lettera del 20 maggio 2009, annunciato da fax il 19 maggio, Io Ballerini fu invitato a supportare la sua domanda, indicando il luogo di ritenzione dei richiedenti, la data eventuale del loro sfratto ed i rischi decorsero da essi nel caso in cui sarebbero espulsi verso l’Afghanistan.
Con un fax del 20 maggio 2009, Io Ballerini precisò l’area del campo di Patrasso, rinviando per il resto alle informazione contenute nel formulario di richiesta.
Il 22 maggio 2009, la presidentessa della sezione respinse la domanda di applicazione di una misura provvisoria.
16. Con una lettera del 19 giugno 2009, Io Ballerini informò la Corte di questo che, nella cornice di parecchie discese della polizia greca nel campo di Patrasso e di operazioni simili condotta nella città di Atene, un centinaio di profughi era stato espulso verso la Turchia tra che uno dei richiedenti, il Sig. Habib Yosufi, minorenne. Un altro richiedente, il Sig. Mozamil Azimi, era stato rimpatriato già in Afghanistan.
La situazione di certi altri richiedenti erano descritti come segue: sei si trovavano nel campo di Patrasso, sei si trovavano ad Atene, quattro si trovavano “in Grecia, ma senza che si sappia dove quattro si trovavano esattamente”, “probabilmente ancora in Grecia” ed un era “tra la Grecia e le Italie.”
In quanto agli altri richiedenti, l’avocate spiegava che in ragione “del carattere tragico della situazione e delle difficoltà obiettive per i richiedenti in termini di movimento e di comunicazione”, non sapeva dove si trovavano ma si sforzava di unirli.
La sua lettera si concludeva come segue:
“Vi chiedo di prendere ogni misure conservatorio dunque [al senso dell’articolo 39 dell’ordinamento della Corte] per evitare il rimpatrio delle persone che si trovano nel campo di Patrasso adesso. “
17. Il 23 giugno 2009, la Corte, in applicazione dell’articolo 39 del suo ordinamento, invitò il governo greco a sospendere allo sfratto dei seguenti richiesti: SIGG. Nima Rezai, Malik Merzai, Mustafa Said Mustafa, Alidad Rahimi, Faroz Ahmadi e Hasan Najibi.
18. Con una lettera faxata del 2 luglio 2009, Io Ballerini informò la Corte della repressione del Sig. Faroz Ahmadi verso la Turchia in dispetto della misura provvisoria suddetta, paragrafo 17 qui sopra, così come, senza più di precisioni, della repressione del Sig. Habib Yosufi, paragrafo 16 qui sopra. In questa lettera, l’avocate faceva stato di una situazione drammatica a Patrasso, in seguito alla chiusura del campo deciso dalle autorità greche e degli arresti massicci di richiedenti di asilo con la polizia.
19. Con una lettera dello stesso giorno, inviata anche con fax, la Corte ricordò gli obblighi che derivano per lui della misura adottata in applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento al governo greco e l’invitò a comunicare alla cancelleria ogni informazione utile sulla sorte del Sig. Faroz Ahmadi al più presto.
20. Con un messaggio faxato del 14 luglio 2009, Io Ballerini informò la Corte che la polizia greca aveva fatto evacuare il campo di Patrasso, in ci distruggendo i ripari dei richiedenti di asilo ed arrestando certi richiesti di cui non affermava tuttavia essere in grado di indicare i nomi a causa della situazione confusa che regnava.
21. Con un messaggio faxato del 16 luglio 2009, Io Ballerini indicò che Sigg. “Mustafa Mustafa Said e Najibi Haidar”, presentati come essendo due dei richiedenti previsti dalla misura adottata dalla Corte in applicazione dell’articolo 39, erano stati posti in ritenzione in una prigione ai confini dell’Albania in vista della loro repressione, spiegando che la polizia greca negava a suddetta misuro ogni carattere costrittivo.
22. Con una lettera del 17 luglio 2009, la Corte ricordò gli obblighi che derivano per lui della misura adottata in applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento, invitandolo a comunicare alla cancelleria ogni informazione utile sulla sorte dei richiedenti al più presto, al governo greco.
23. Con una lettera del 26 agosto 2009, Io Ballerini informò la Corte di ciò che il Sig. Nima Rezai si trovava incarcerato alla prigione di Pyrgos, perché le autorità greche alle quali aveva mostrato “la misura provvisoria adottata dalla Corte il 23 giugno 2009”, l’accusavano di falso. Secondo i suoi argomenti, suddette autorità pretendevano che anche gli agenti del HCR non avevano riconosciuto l’autenticità del documento presentato dall’interessato.
24. Con un fax del 28 settembre 2009, Io Ballerini informò la Corte che aveva indirizzato all’antenna del Consiglio italiano per i profughi (“CIR”) nel porto di Ancona il seguente lettera:
“Vi scrivo al nome e nell’interesse del Sig. Rezai Nima, minore vecchio di sedici anni e di nazionalità afgana che è considerato nei vostri uffici attualmente.
Vi informo che M. Rezai Nima ha introdotto dal mio intermediario una richiesta contro l’Italia dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Questa richiesta si è vista assegnare il no 16643/09.
La Corte, con una decisione del 23 giugno 2009, ha fatto diritto alla mia domanda di applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento della Corte in vista dell’interdizione del rimpatrio, entra altri, del Sig. Rezai.
Tenuto conto di ciò che precede ed avuto riguardo al fatto che questo minore è in diritto di chiedere, col mio intermediario, la protezione dell’Italia e la concessione dello statuto di profugo, vi chiedo di volere cortesemente rilasciarlo al più presto affinché possa contattarmi e rendersi al mio studio.
Vi ricordo, inoltre che M. Rezai Nima, in quanto minorenne e richiedente di asilo, non può essere espulso né represso, così come egli risulta, del resto, della decisione della Corte [del 23 giugno 2009]. “
25. Con una lettera del 5 ottobre 2009, la Corte mi invitò Ballerini ad indicare se M. Nima Rezai si trovava realmente in Italia mentre, secondo le informazione precedentemente ricevute, paragrafo 23 qui sopra, era considerato in Grecia.
26. Il 14 ottobre 2009, Io Ballerini trasmise alla Corte con fax il seguente messaggio:
“Vi informo che non abbiamo più di notizie del Sig. Rezai Nima da quando è entrato in Italia.
Difatti, si sarebbe dovuto presentare al Co., Centro di identificazione e di sfratto, di Ancona, ma non è andato ci mai. “
27. Con una lettera del 19 ottobre 2009, la Corte chiese al governo italiano di precisare se-e nell’affermativa, quando-il Sig. Nima Rezai era arrivato effettivamente in Italia, e se le autorità delle frontiere avessero proceduto alla sua identificazione.
28. Con una lettera del 2 novembre 2009, il Governo fece pervenire alla Corte una nota del ministero dell’interno che fa sapere che tra le date del 1 gennaio 2007 e quella del 30 settembre 2009, nessuna menzione del nome del Sig. Rezai Nima non figurava nei registri della polizia delle frontiere del porto di Ancona.
29. Con un fax del 1 dicembre 2009, Io Ballerini informò la Corte avere ricevuto del Sig. Ahang il seguente lettera:
“In occasione del mio ultimo viaggio in Grecia, nell’agosto 2009, ho incontrato certi dei richiedenti che si trovano ancora in Grecia; ed io sottolineo “certi”, perché gli altri sono stati rinviati in Afghanistan o si sono resi in altri paesi europei.
Mi sono intrattenuto con Feroz Ahmadi, quale mi ha detto vivere in un parco di Atene dopo avere scontato tre mesi di prigione per avere mostrato alla polizia greca i documenti relativi alla richiesta dinnanzi alla Corte, perché la loro autenticità non è riconosciuta.
Malik Merzai, peraltro, vive in una foresta vicino a Patrasso in seguito alla distruzione del campo dei richiedenti di asilo.
Continuo a ricevere degli appelli telefonici dei richiedenti che chiedono delle informazione sullo stato della loro richiesta dinnanzi alla Corte e sono molto inquieti.
Volete trovare qui sotto i numeri di telefono di Feroz Ahmadi e Malik Merzai, visto che esistono, e che ne è parimenti degli altri richiedenti, contrariamente a questo che il Governo [italiano] affermo. “
30. Con un fax del 9 dicembre 2009, Io Ballerini fece pervenire alla Corte una lettera che avrebbe ricevuto il 6 dicembre 2009 del Sig. Malik Merzai e nella quale questo affermava trovarsi in Grecia e vivere, come gli altri richiedenti di asilo, nelle condizioni estremamente difficili.
31. Con un fax del 22 dicembre 2009, Io Ballerini informò la Corte della situazione di certi dei richiedenti, facendo stato di un courriel ricevuto del Sig. Ahang il 16 dicembre 2009, così formulato in sostanza,:
“1) Rahim Rhaimi si trova a Patrasso attualmente; mi ha contattato e mi ha informato che il termine contemplato nell’ordine di espulsione è scaduto e che rischia di essere rinviato in Afghanistan dunque;
2, Najib Haidari si trova a Patrasso con Rhaim attualmente e la sua situazione è simile a quella del suo amico;
3, Yasir Zaidi si trova in Svezia attualmente e chieda il vostro aiuto;
4, Rahmat Wahidi si trova in Svizzera attualmente;
5, Mozamil Azimi, dopo essere stato rimpatriato in Afghanistan questa estate, è riuscito a spettare in Grecia ed a rendersi poi in Norvegia, dove si trova attualmente;
6, Abdul Nabi Ahmad si trova in Norvegia attualmente;
7, Alireza Ekhlasi si trova in Austria attualmente;
8, Reza Karimi si trova in Norvegia con Mozamil attualmente;
9, Ahsannullah Amar Khel di cui il nome non è stato trascritto correttamente, perché il suo vero nome è Ehsanullah Amarkhail, trovati in Norvegia attualmente, dove ha ottenuto delle carte perché è minorenne;
10, Alisina Sharifi si trova in Norvegia attualmente.
Vi mando anche, in documento unito, la foto di uno dei richiedenti, Mohammad Isa Sayeed Hashemi che è stato ricoverato in seguito ad un’aggressione che ha subito da parte della polizia greca. Per l’istante, non ho notizie da parte sua e non so dove si trova. “
In questo documento, i numeri di telefono di tutte le persone menzionate erano indicati anche, eccetto quello del Sig. Reza Karimi che avrebbe chiamato il Sig. Ahang da una cabina telefonica.
32. Con un fax del 15 giugno 2010, Io Ballerini mandò un documento che attesta alla Corte che nel maggio 2010 uno dei richiedenti, il Sig. “Nagib Haidari”, aveva depositato una domanda di protezione internazionale alla questura di Parma (Italia). L’avocate spiegava che l’interessato era riuscito a sfuggire si di Patrasso, dove si trovava prima, e vedeva in questo documento la dimostrazione del carattere puramente speculativo dei dubbi emisi, coi due governi convenuti, in quanto all’esistenza dei richiedenti.
33. Il 22 giugno 2010, il governo italiano rispose a questo motivo. Dopo avere osservato innanzitutto che il nome in questione (“Nagib Haidari”) non figurava nell’elenco dei richiedenti, ma che questa conteneva un nome vicino (“Najeeb Heideri”), perseguiva così:
“[…] il 22 dicembre 2009, Io Ballerini ha affermato che a questa data il Sig. Najib, e non Nagib, Haidari si trovava a Patrasso e che non era entrato mai in Italia. In seguito, nella sua lettera del 15 giugno 2010, Io Ballerini afferma che il Sig. Haidari Nagib ha introdotto, presso della questura di Parma, una domanda di asilo politica il 17 maggio 2010, od otto mesi dopo le osservazioni del governo italiano che afferma [a buon diritto] che M. Heideri Najeeb n ‘ [appariva] mai come essendo entrato in Italia.”
34. Con una lettera del 27 agosto 2010, Io Ballerini spiegò, in primo luogo, che l’incoerenza rilevata entra il nome e nome figurando nel suo messaggio faxato del 15 giugno 2010, paragrafo 32 qui sopra, e quegli indicati nel formulario di richiesta derivava per il fatto che aveva bisognato trasporrli foneticamente in caratteri latini dalla lingua persiana. In documenti uniti a questa lettera raffigurava una dichiarazione firmata dal richiedente in questione, scritta in caratteri persiani poi tradotti in italiano di cui il contenuto era il successivo,:
“In principio il mio nome è stato trascritto nell’alfabeto inglese e è stato scritto “Najeeb”, in Italia in compenso il mio nome è stato scritto “Nagib”, ma sono la stessa persona. La stessa cosa è accaduta col mio cognome che è stato scritto in principio “Heideri”, poi in Italia Haidari.”
35. A proposito della seconda singolarità supposta, Io Ballerini ribattè che non c’era nessuna contraddizione tra i fatti che il richiedente non si trovava in Italia in dicembre 2009 ed il fatto che, in seguito, nel maggio 2010, era riuscito a si rendere ed a chiedere presso la protezione internazionale della questura di Parma.
La lettera continuava così:
“Vi indirizzo qui sotto un elenco dei richiedenti e della loro situazione geografica:
1, Sharifi Alisina è in Norvegia;
2, Rezai Nima è in Norvegia;
4, Reza Karimi si trova in Italia, a Trento,;
7, Ekhlasi Alireza si trova in Austria;
9, Ebrahemi Mohammad Harron è in Francia;
12, Merzai Malik è in Italia, a Roma,:
13, Mustafa Mustafa Said è in Iran;
14, Rahimi Alidad è in Norvegia;
15, Rahimi Rahim è in Svezia;
17, Hashemi Mohammad Isa Sayyes si trova in Norvegia;
18, Zaidi Yasir è in Germania;
24, Kabiri Nawid è in Francia;
26, Yashidi Nazar Mohammed è in Francia;
28, Azimi Mozamil è in Norvegia;
29, Wahidi Rahmat è in Svizzera;
33, Faroz Ahmadi è ancora in Grecia, ad Atene.
Vi informo anche che potrò fornirvi il numero di telefono di Rahimi Alidad, Ekhlasi Alireza, Kabiri Nawid ed Azimi Mozamil. “
36. Il 6 settembre 2010, la Corte ricevè un messaggio del Sig. Mozamil Azimi che chiedeva delle informazione sulla richiesta e pregava la Corte di mandargli di emergenza certi documenti della pratica, molto più meglio identificate. Il messaggio era stato mandato da fax dal centro di accoglimento Heimly mottakssenter di Finnsnes, Norvegia di cui il logotipo e l’indirizzo figuravano in intestazione.
37. Con un messaggio faxato del 6 ottobre 2010, Io Ballerini chiese alla Corte di mandargli, al più presto, un attestato di istanza di esame della richiesta al nome, entra altri, del Sig. Mozamil Azimi, che spiegano che questo si trovava in un centro di accoglimento in Norvegia ed aveva bisogno di un tale documento per evitare di essere respinto.
38. Con un messaggio faxato datato del 26 ottobre 2010 e ricevuto dalla cancelleria il 27 ottobre 2010, Io Ballerini chiese alla Corte di mandargli, al più presto, un attestato di istanza di esame della richiesta al nome, entra altri, del Sig. Reza Karimi, che spiegano che questo si trovava in un centro di accoglimento in Italia e che, dopo avere chiesto vanamente l’asilo politica in Norvegia, aveva introdotto presso una seconda domanda a questa fine della questura di Bolzano.
39. Con una lettera del 13 aprile 2011, Io Ballerini informò la Corte della situazione di certi dei richiedenti:
-Il Sig. Reza Karimi si trovava in Afghanistan. Era ritornato al termine dal seguente itinerario: -dopo avere riguadagnato il territorio italiano, aveva introdotto presso della questura di Bolzano una domanda che mira all’ottenimento dello statuto di profugo; in un primo tempo, era stato invitato a presentarsi il 24 agosto 2010 nella cornice dell’istruzione della sua pratica ma, in seguito ad una decisione del ministero dell’interno del 28 dicembre 2010, era stato rinviato in Norvegia in virtù delle regole di competenza stabilita dall’ordinamento Dublino II; arrivato in Norvegia, era stato respinto verso l’Afghanistan immediatamente;
-Il Sig. Ali Reza Ichlasi, alias Ekhlasi, si trovava in Austria, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono erano indicati, dove aveva contestato in giustizia il rigetto della sua domanda di asilo;
-Il Sig. OMISISS si trovava in Francia, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono erano indicati, dove aveva chiesto l’asilo;
-Il Sig. OMISISS era stato rimpatriato in Iran, il suo numero di telefono era indicato,;
-Il Sig. OMISISS si trovava in Germania, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono erano indicati,;
-Il Sig. OMISISS si trovava in Francia, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono erano indicati,;
– OMISISS si trovava in Norvegia, dove aveva chiesto l’asilo ed era stato preso in carico dal centro di accoglimento Heimly mottakssenter di Finnsnes;
– OMISISS si trovava in Svizzera, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono erano indicati, dove aveva ottenuto un permesso di soggiorno per ragioni umanitario, valido un anno;
– OMISISS si trovava in Italia, presso di un centro di accoglimento. Aveva introdotto una domanda di asilo dinnanzi alla questura ma, con una decisione del 5 novembre 2010, il ministero dell’interno aveva ordinato il suo trasferimento in Ungheria, in applicazione delle regole di competenza stabilita dall’ordinamento Dublino II. Il Sig. Heideri aveva attaccato questa decisione dinnanzi al tribunale amministrativo regionale (TAR, di Roma, senza potere ottenere tuttavia provvisoriamente un rinvio alla sua esecuzione,);
– OMISISS si trovava ancora in Grecia, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono erano indicati.
40. In compenso, Io Ballerini indicò non essere ne misura di localizzare il Sig. Alidad Rahimi, pure attraente l’attenzione della Corte sull’esistenza, nella rete sociale Facebook, di un profilo al nome di Ali Rahimi di cui la foto corrispondeva a quella del richiedente all’epoca del suo soggiorno a Patrasso.
41. Con una lettera del 6 maggio 2011, Io Ballerini fece pervenire alla Corte copio della corrispondenza intrattenuta con un avvocato del CIR di Gorizia, e che conteneva delle informazione sulla situazione del Sig. Reza Karimi in Afghanistan.
42. Con un fax del 13 maggio 2011, Io Ballerini fece pervenire alla Corte copio della corrispondenza intrattenuta entro il Sig. Yasir Zaidi e la Sig.ra Sciurba. Risulta di questa corrispondenza che il richiedente si trovava in Germania nel giugno 2009 ed in Svezia nel luglio 2009. Il suo ultimo courriel in che chiedeva notizie della sua richiesta dinnanzi alla Corte, datava del 7 maggio 2011.
43. Con una lettera del 17 novembre 2011, Io Ballerini fece pervenire alla Corte copio ulteriormente della corrispondenza tenuta con lo stesso avvocato del CIR di Gorizia, e che conteneva altre informazione sulla situazione del Sig. Reza Karimi in Afghanistan.
44. Il 6 gennaio 2012, la Corte mi invitò Ballerini a fargli conoscere la situazione di tutti i richiedenti.
45. Con una lettera del 30 gennaio 2012, Io Ballerini portò le risposte parziali seguiamo:
– OMISISS si trovava in ritenzione in Norvegia, dove era rappresentato da un altro avvocato, le coordinate di questo erano indicate,;
– OMISISS, alias Ekhlasi, si trovava in Austria, il suo indirizzo era indicato, dove aveva contestato in giustizia il rigetto della sua domanda di asilo;
– OMISISS, si trovava in Francia, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono portabile erano indicati,;
– OMISISS viveva in Svizzera, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono erano indicati, dove aveva ottenuto un permesso di soggiorno per ragioni umanitario, valido un anno;
– OMISISS si trovava in Francia, il suo indirizzo ed il suo numero di telefono figuravano nella lettera, ed aspettava la decisione delle autorità sulla sua domanda di protezione internazionale;
– OMISISS si trovava in Italia, in un centro di accoglimento, aspettando la decisione del TAR,;
– OMISISS era stato rimpatriato in Afghanistan;
– OMISISS si trovava ancora in Norvegia, il suo numero di telefono era indicato,;
– OMISISS si trovava ancora in Grecia, il suo numero di telefono era indicato.
46. Con una lettera del 23 maggio 2012, Io Ballerini fece pervenire alla Corte degli articoli di stampa che riferisce degli scontri essendo prodotto si vicino a Patrasso (Grecia, tra le polizie e dei militanti di estrema destra opposta alla presenza dei richiedenti di asilo,). Affermava:
“[Lei] situazione non smette di aggravarsi e rende manifestamente impossibile di localizzare di nuovo i richiedenti. “
47. Il 3 aprile 2013, Io Ballerini informò la Corte, documenti all’appoggio che OMISISS aveva ottenuto lo statuto di profugo in Italia. Nella cornice di questo procedimento il richiedente aveva dichiarato avere provato in particolare a due riprese a rendersi clandestinamente in Italia dalla Grecia ed essere stato oggetto nel porto di Ancona di una repressione informale, senza identificazione preliminare.
48. Il 10 settembre 2013, il governo italiano ha fatto pervenire alla Corte tutti i documenti concernente il procedimento di asilo del OMISISS, sottolineando nei suoi commenti che questo richiedente non era stato iscritto mai nel banca dati “Eurodac” come essendo richiedente di asilo in Grecia.
II. IL DIRITTO INTERNAZIONALE ED IL DIRITTO EUROPEO PERTINENTE
49. Rinviando all’esposizione esauriente del diritto internazionale ed europea pertinente comparsa nel sentenza M.S.S. c. Belgio e Grecia [GC], no 30696/09, §§ 54-87, CEDH 2011, la Corte stima opportuna di citare certi testi e disposizioni.
A. La Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo statuto dei profughi
50. L’Italia e la Grecia hanno ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo statuto dei profughi (“la Convenzione di Ginevra”) che definisce le modalità secondo che un Stato deve accordare lo statuto di profugo alle persone che ne fanno la domanda, così come i diritti ed i doveri di queste persone.
51. L’articolo 33 § 1 della Convenzione di Ginevra si leggono come segue:
“1. Nessuno Stato contraente espellerà o non respingerà, di qualche modo che questo sia, un profugo sulle frontiere dei territori dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate in ragione della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza ad un certo gruppo sociale o dei suoi opinioni politici. “
52. Nella sua nota sulla protezione internazionale del 13 settembre 2001 (A/AC.96/951, § 16, il HCR che ha per mandato di badare al modo di cui gli Stati partiti applicano la Convenzione di Ginevra, ha indicato che questo principio, detto della “no-repressione”, era:
“un principio di protezione cardinale e non tollerando nessuna riserva. A bene dei riguardi, questo principio è il complemento logico del diritto di cercare asilo riconosciuto nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Questo diritto ne è venuto ad essere considerato come una regola di diritto internazionale abituale che lega tutti gli Stati. Inoltre, il diritto internazionale dei diritti dell’uomo ha stabilito la no-repressione come un elemento fondamentale dell’interdizione assoluta della tortura e dei trattamenti crudeli, disumani o degradanti. L’obbligo di non respingere è riconosciuto anche come applicandosi a prescindere ai profughi della loro riconoscenza ufficiale, ciò che include i richiedenti di asilo evidentemente di cui lo statuto non è stato determinato ancora. Copre ogni misura attribuibile ad un Stato che potrebbe avere per effetto di rinviare un richiedente di asilo o un profugo verso le frontiere di un territorio dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate, e dove rischierebbe una persecuzione. Ciò include il rigetto alle frontiere, l’intercettazione e la repressione indiretta, che si trattasse di un individuo questuo di asilo o di un afflusso massiccio. “
B. Il raccomandazione R (84) 1 del Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa relativa alla protezione delle persone che non sono formalmente riconosciute come si rifugiati
53. Adottata dal Comitato dei Ministri il 25 gennaio 1984, all’epoca della 366 riunione dei Delegati dei Ministri, la Raccomandazione no R (84) 1 del Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa relativa alla protezione delle persone che assolvono le condizioni della Convenzione di Ginevra che non è formalmente riconosciute come profughi è formulato così:
“Il Comitato dei Ministri, in virtù dell’articolo 15.b dello Statuto del Consiglio dell’Europa,
Considerando che lo scopo del Consiglio dell’Europa è di realizzare un’unione più stretta tra i suoi membri;
Visto la Convenzione relativa allo statuto dei profughi del 28 luglio 1951 emendato dal Protocollo relativo allo statuto dei profughi del 31 gennaio 1967, ed in particolare l’articolo 33 di questa convenzione;
Considerando che delle persone che soddisfanno ai criteri della definizione del termine “si rifugiato” al senso dell’articolo 1 della Convenzione del 28 luglio 1951 relativo allo statuto dei profughi emendati dal Protocollo del 31 gennaio 1967 si trovano negli Stati membri del Consiglio dell’Europa ma che, perché non hanno chiesto lo statuto di profugo o per altre ragioni, non sono formalmente riconosciute come si rifugiati;
Ricordando l’atteggiamento liberale ed umanitario degli Stati membri del Consiglio dell’Europa al riguardo delle persone che chiedono l’asilo e, in particolare, il loro impegno in favore del principio di no-repressione siccome lui risulta della Risoluzione (67) 14 sull’asilo in favore delle persone minacciate di persecuzione e della Dichiarazione relativa all’asilo territoriale del 1977;
Considerando che il principio di no-repressione è riconosciuto come un principio generale applicabile ad ogni persona;
Avendo in mente la Convenzione europea dei Diritti dell’uomo ed in particolare il suo articolo 3;
Considerando la Raccomandazione 773 (1976) dell’assemblea Consultiva relativa alla situazione dei profughi di facto,
Raccomanda ai governi degli Stati membri di garantire, senza danno delle eccezioni contemplate all’articolo 33, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra, che il principio secondo che nessuna persona dovrebbe fare l’oggetto di un rifiuto di ammissione alla frontiera, di una repressione, di un sfratto o di tutta altra misura che avrebbe per effetto di obbligarlo a tornare o a rimanere in un territorio dove teme con ragione di essere perseguitata a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza ad un certo gruppo sociale o dei suoi opinioni politici, sia applicato a prescindere per il fatto che questa persona sia stata o non riconosciuta come profugo secondo la Convenzione relativa allo statuto dei profughi del 28 luglio 1951 ed il Protocollo del 31 gennaio 1967. “
C. Il diritto dell’unione europea
1. L’ordinamenti “Dublino” e “Eurodac”
54. L’ordinamento no 343/2003 del Consiglio del 18 febbraio 2003 stabilendo i criteri e meccanismi di determinazione dello stato membro responsabile dell’esame di una domanda di asilo presentato in uno degli Stati membri con un cittadino di un paese terzo, dice ordinamento “Dublino II”-o semplicemente “ordinamento Dublino”) si applica agli Stati membri dell’unione europea così come alla Norvegia, all’Islanda ed alla Svizzera.
55. Questo ordinamento sostituisce le disposizioni della Convenzione di Dublino relativa alla determinazione dello stato responsabile dell’esame di una domanda di asilo presentato in uno degli Stati membri delle Comunità europee, sistema “Dublino I”) che era stata firmata il 15 giugno 1990.
È completato da un ordinamento di applicazione (no 1560/2003) del 2 settembre 2003.
56. Così come egli risulta del secondo che considera dell’esposizione dei motivi che figurano in testa di questo, l’ordinamento “Dublino II” si fonda sulla presunzione che gli Stati membri rispettano il principio di no-repressione prevista dalla Convenzione di Ginevra e è considerato come i paesi sicuri.
57. In virtù dell’ordinamento, gli Stati membri sono tenuti di determinare, sulla base di criteri obiettivi e gerarchizzati (articoli 5 a 14), lo stato membro responsabile dell’esame di una domanda di asilo presentato sul loro territorio. In particolare, se il richiedente di asilo ha superato irregolarmente la frontiera di un Stato membro in che è entrato venendo di un Stato terzo, questo Stato membro resta responsabile dell’esame della domanda di asilo nei dodici seguente mese il superamento della sua frontiera, articolo 10 § 1. Questo sistema mira ad evitare il fenomeno di domande molteplici, ed allo stesso tempo a garantire che il caso di ogni richiedente di asilo sarà trattato da un solo Stato membro.
58. Se l’applicazione dei criteri messi in posto con l’ordinamento designa un altro Stato membro come responsabile, questo ultimo è sollecitato per prendere incaricati il richiedente di asilo e, pertanto, per esaminare la sua domanda.
59. Nell’ipotesi dove lo stato richiesto riconosce la sua responsabilità, o non risponde entro due mesi a partire dal ricevimento della domanda, il primo Stato membro è tenuto di notificare una decisione motivata informandolo del suo obbligo di trasferirlo al richiedente. Questo trasferimento deve avere luogo al più tardi nei sei mesi a contare dell’accettazione della domanda di presa incaricata. Se il trasferimento non è eseguito nei termini, la responsabilità incombe presso sullo stato membro del quale la domanda di asilo è stata introdotta.
60. Ogni Stato membro resta libero di esaminare, con derogazione alla regola generale, una domanda di asilo da cui l’esame non gli tocca in virtù dei criteri fissati nell’ordinamento, articolo 3 § 2. Si tratta della clausola detta di “sovranità.” In questo caso, questo Stato diventa lo stato membro responsabile ed assuma gli obblighi che sono legati a questa responsabilità.
61. Inoltre, ogni Stato membro può, anche se l’applicazione dei criteri definiti dall’ordinamento non ne gli conferisce la responsabilità, avvicinare dei membri di una stessa famiglia, così come di altri genitori a carico per le ragioni umanitarie fondate, in particolare, su dei motivi familiari o culturali, articolo 15 § 1. Si tratta della clausola detta “umanitaria.” In questo caso, questo Stato membro esamina, alla domanda di un altro Stato membro, la domanda di asilo della persona riguardata. Le persone riguardate devono acconsentire.
62. Questo ordinamento è completato dall’ordinamento no 2725/2000 del 11 dicembre 2000 relativo alla creazione del sistema Eurodac per il paragone delle impronte digitali. Questo sistema impone agli Stati di registrare le impronte digitali dei richiedenti di asilo. I dati sono trasmessi all’unità centrale di Eurodac, gestita con la Commissione europea che li registra nella banca dati centrale e li confronto coi dati che sono stoccate già.
63. L’ordinamento Dublino II è stato rifuso dall’ordinamento no 604/2013 del 26 giugno 2013, dice ordinamento “Dublino III”). Entrato in vigore il ventesimo seguente giorno quello della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’unione europea, JO L 180/31 del 29 giugno 2013, l’ordinamento Dublino III è applicabile alle domande di protezione internazionale introdotta in vigore a partire dal primo giorno del sesto seguente mese la sua entrata, o il 1 gennaio 2014, così come ad ogni richiesta alle fini di presa incaricata o di ripresa incaricata di richiedenti, qualunque sia la data della loro domanda.
64. Questa riforma del sistema di Dublino prevede, in particolare, ad aumentare la protezione dei richiedenti di asilo nel processo di determinazione dello stato membro responsabile dell’esame della loro domanda. In questo scopo, il nuovo ordinamento contempla che:
-il richiedente di asilo ha il diritto di essere informato, entra altri:
◦ delle conseguenze della presentazione di un’altra domanda in un Stato membro differente, così come delle conseguenze del passaggio di un Stato membro ad un altro durante le fasi al corso dalle quali lo stato membro responsabile in virtù del presente ordinamento è determinato e la domanda di protezione internazionale esaminata;
dei criteri di determinazione dello stato membro responsabile, della loro gerarchia e della loro durata,;
◦ della possibilità di contestare una decisione di trasferimento e, all’occorrenza, di chiedere una sospensione del trasferimento;
-la Commissione redige, per mezzo di atti di esecuzione, un opuscolo comune così come un opuscolo specifico per i minore non accompagnati, contenendo al minimo le informazione suddette;
-lo stato membro che procede alla determinazione dello stato membro responsabile per esaminare la domanda conduce, per mezzo di personale qualificato, una manutenzione individuale e confidenziale col richiedente, in una lingua che comprende o con l’aiuto di un interprete;
-l’interesse superiore del bambino è una considerazione fondamentale per gli Stati membri in tutti i procedimenti previsti dall’ordinamento. Gli Stati membri vegliano, in particolare, a questo che tutto minorenne non accompagnato sia rappresentato o assistito in tutti i procedimenti previsti dall’ordinamento.
65. I diritti e garanzie previste dal nuovo ordinamento si applicano appena una domanda di protezione internazionale è stata introdotta, è a dire a partire da dal momento in cui un formulario presentato dal richiedente o un verbale preparato dalle autorità sono giunti alle autorità competenti dello stato membro riguardato, articoli 2 c, 4 e 20 § 2.
66. L’ordinamento Eurodac è stato rifuso anche dall’ordinamento no 603/2013 del 26 giugno 2013, dice “Eurodac II”), JO L 180 del 29 giugno 2013.
2. Il direttive “Accoglimento” e “Procedimento”
67. La direttiva 2003/9 del 27 gennaio 2003 relativo alle norme minimali per l’accoglimento dei richiedenti di asilo negli Stati membri, detta “direttiva Accoglimento”), entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione alla Gazzetta ufficiale, JO L 31 del 6 febbraio 2003, contempla che gli Stati devono garantire ai richiedenti di asilo:
-certe condizioni di accoglimento patrimoniale, in particolare in ciò che riguarda l’alloggio, il cibo e l’abbigliamento che devono essere forniti in natura o sotto forma di sussidi finanziari. I sussidi devono essere sufficienti per impedire che il richiedente non cade in una situazione di indigenza;
-delle disposizioni adeguate per preservare l’unità familiare;
-le cure mediche e psicologiche;
-l’accesso dei minore al sistema educativo ed ai corsi di lingue quando ciò è necessario per garantirloro una scolarità normale.
68. Nella sua redazione iniziale, l’articolo 3 (“Campo di applicazione”) di suddetta direttiva si leggeva come segue:
“1. La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di paese terzo ed apolidi che depositano una domanda di asilo alla frontiera o sul territorio di un Stato membro finché sono autorizzati a rimanere sul territorio in qualità di richiedenti di asilo, così come ai membri della loro famiglia, se sono coperti da questa domanda di asilo conformemente al diritto nazionale. “
69. Il direttiva Accoglimento è stato oggetto di una rifusione con la direttiva no 2013/33 del 26 giugno 2013, JO L 180/96 del 29 giugno 2013, nello scopo di garantire un regime europeo comune concernente le condizioni patrimoniali di accoglimento ed i diritti fondamentali dei richiedenti di asilo, e di fare in modo che il collocamento in ritenzione dei richiedenti di asilo sia considerato solamente come misura di ultima giurisdizione.
70. Nella sua nuova versione, l’articolo 3 (“Campo di applicazione”) del direttiva Accoglimento è formulato così:
“La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di paese terzo ed apolidi che fanno una domanda di protezione internazionale sul territorio di un Stato membro, ivi compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o le zone di transito, finché sono autorizzati a rimanere sul territorio in qualità di richiedenti, così come ai membri della loro famiglia, se sono coperti da questa domanda di protezione internazionale conformemente al diritto nazionale. “
71. La direttiva 2005/85 del 1 dicembre 2005 relativo alle norme minimali concernente il procedimento di concessione e di ritiro dello statuto di profugo negli Stati membri, detta “direttiva Procedimento”), entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione alla Gazzetta ufficiale, JO L 326/13 del 13 dicembre 2005, garantisce, entra altri, i seguenti dritti,:
-i richiedenti di asilo devono essere informati del procedimento a seguire, dei loro diritti ed obblighi, e del risultato della decisione presa dall’autorità responsabile della determinazione delle persone a proteggere;
-i richiedenti di asilo devono beneficiare, in quanto di bisogno, dei servizi di un interprete per presentare i loro argomenti alle autorità competenti;
-i richiedenti di asilo devono beneficiare della possibilità di comunicare col HCR. Più generalmente, gli Stati membri devono permettere al HCR di aderire ai richiedenti di asilo, ivi compreso quelli collocati nei luoghi di ritenzione, così come alle informazione concernente le domande e procedimenti di asilo, e permettergli di dare il suo parere ad ogni autorità competente;
-i richiedenti di asilo devono avere la possibilità effettiva di consultare, ai loro oneri, un consulente legale.
72. Il direttiva Procedimento a fatto l’oggetto di una rifusione con la direttiva no 2013/32 del 29 giugno 2013, JO L 180/60 del 29 giugno 2013, nello scopo di aumentare l’equità, la rapidità e la qualità delle decisioni in materia di asilo mettendo a punto delle norme concernente i procedimenti di concessione e di ritiro della protezione internazionale negli Stati membri vista di stabilire un procedimento di asilo comune nell’unione.
I principi del direttiva Procedimento rifuso -come riassunti nell’esposizione dei motivi-sono in particolare i successivo:
-ogni richiedente deve avere un accesso effettivo ai procedimenti, potere cooperare e comunicare in modo adeguata con le autorità competenti per presentare i fatti pertinenti lo concernente, e disporre di garanzie di procedimento basta per fare valere i suoi motivi a tutti gli stadi del procedimento;
-ogni richiedente deve, peraltro, avere la possibilità di comunicare con un rappresentante del HCR e con le organizzazioni che forniscono ai richiedenti di protezione internazionale dei consigli o degli orientamenti;
-per garantire in particolare l’accesso effettivo al procedimento di esame delle domande di asilo, gli agenti che entrano in primo in contatto con le persone che chiedono una protezione internazionale, gli agenti incaricati della sorveglianza delle frontiere terrestri o marittime o dei controlli alle frontiere, ricevono delle informazione pertinenti ed una formazione adeguata, così che siano in grado di fornire ai cittadini di paese terzo o agli apolidi che si trovano sul territorio degli Stati membri, ivi compreso alla frontiera, nelle acque territoriali o nelle zone di transito, e che chiedono una protezione internazionale, le informazione pertinenti che permettono loro di sapere dove e come possono introdurre una domanda di protezione internazionale.
73. Alcune garanzie aumentate sono contemplate per i minore non accompagnati. In particolare, certi limiti sono considerati in ciò che riguarda il trattamento delle loro domande di asilo nella cornice di procedimenti di esame accelerato condotto o alla frontiera.
3. L’Ufficio europeo di appoggio in materia di asilo
74. L’ordinamento no 439/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, JO L 132/27 del 29 maggio 2010, ha istituito un Ufficio europeo di appoggio in materia di asilo (“l’Ufficio di appoggio”), per contribuire a migliorare il collocamento in œuvre del regime di asilo comune, di rinforzare la cooperazione pratica in materia di asilo tra gli Stati membri e di portare un appoggio operativo agli Stati membri di cui i regimi di asilo e di accoglimento sono sottoposti alle pressioni particolari o di coordinare la fornitura di questo appoggio.
75. L’Ufficio di appoggio coordina, in particolare, le azioni di appoggio agli Stati membri di cui i regimi di asilo e di accoglimento sono sottoposti alle pressioni particolari, per esempio in ragione dell’arrivo improvviso di un gran numero di cittadini di paese terzo suscettibili di necessitare una protezione internazionale o a causa della situazione geografica o demografica dello stato membro. In questa cornice, l’Ufficio garantisce lo spiegamento sul territorio dello stato riguardato, per una durata limitata, di un’o parecchie squadre di appoggio asilo incaricato di portare un’assistenza tecnica, in particolare in ciò che riguarda i servizi di interpretazione, le informazione sui paesi di origine e la padronanza del trattamento e della gestione delle pratiche di asilo.
76. Il 1 febbraio 2011, l’Ufficio di appoggio è diventato operativo come agenzia dell’unione europea.
4. La cornice giuridica di Schengen
77. L’accordo di Schengen firmato il 14 giugno 1985 tra la Germania, il Belgio, la Francia, il Lussemburgo ed i Paesi Bassi mirano ad annullare progressivamente i controlli alle frontiere comuni agli Stati firmatari ed ad instaurare un regime di libera circolazione delle persone, anche bene per i loro propri cittadini che per quelli degli altri Stati membri o di paesi terzo.
L’accordo è completato da una convenzione che definisce le condizioni di applicazione e le garanzie di collocamento in œuvre di questa libera circolazione. Firmata a Schengen il 19 giugno 1990 coi cinque stessi Stati membri, non è entrata in vigore che nel 1995.
78. L’Italia e la Grecia hanno firmato questi accordi il 27 novembre 1990 ed il 6 novembre 1992, rispettivamente.
79. L’accordo e la Convenzione di Schengen, così come gli accordi connessi, formano ciò che è convenuto chiamare “l’acquisizione di Schengen.” Dal 1999, l’acquisizione di Schengen è integrata alla cornice istituzionale e giuridica dell’unione europea in virtù di un protocollo annesso ai trattati.
80. Il 15 marzo 2006, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato l’ordinamento, Questo, no 562/2006, JO L 105 del 13 aprile 2006, stabilendo un codice comunitario relativo al regime di superamento delle frontiere con le persone, dice frontiere Schengen” “codice). Questo ordinamento opera una riforma dell’acquisizione esistente in materia di controllo di frontiera. Mira a consolidare ed a sviluppare il risvolto legislativo della politica di gestione integrata delle frontiere, precisando le regole relative al superamento delle frontiere esterne -sapendo che i controlli di frontiera tra Stati membri sono, in principio, annullato.
81. Il ventesimo che considera del codice delle frontiere Schengen si legge così:
“Il presente ordinamento rispetta i diritti fondamentali ed osservi i principi che sono riconosciuti in particolare dalla carta dei diritti fondamentali dell’unione europea. Dovrebbe essere messo in opera nel rispetto degli obblighi degli Stati membri in materia di protezione internazionale e di no-repressione. “
82. L’articolo 3 del codice delle frontiere Schengen è formulato così:
“Il presente ordinamento si applica ad ogni persona che supera la frontiera interna o esterna di un Stato membro, senza danno,:
[…]
b, dei diritti dei profughi e delle persone che chiedono una protezione internazionale, in particolare in ciò che riguarda la no-repressione. “
D. L’accordo bilaterale di riammissione del 1999
83. Il 30 marzo, o il 30 aprile, secondo il governo italiano, 1999, l’Italia e la Grecia hanno firmato un accordo bilaterale concernente la riammissione delle persone in situazione irregolare (“l’accordo bilaterale del 1999”). Il testo di questo accordo che non è stato versato alla pratica coi governi convenuti, è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica ellenica del 7 novembre 2000; non è stato oggetto di una pubblicazione ufficiale in Italia.
84. L’articolo 5 di questo accordo contempla che ciascuna delle Parti contraenti riammette sul suo territorio, alla domanda dell’altro e senza nessuna formalità, ogni cittadino di un paese terzo che sono entrati sul territorio del secondo dopo avere, nei dodici mesi precedendo la domanda, transitato soggiornato o sul territorio della prima. La domanda di riammissione deve essere introdotta nel termine di tre mesi a contare della constatazione della presenza dell’estero nello stato richiedente.
85. L’articolo 6 esclude del campo di applicazione di questo obbligo di riammissione:
ha, i cittadini degli Stati che hanno una frontiera in comune con lo stato richiedente;
b, gli individui che beneficiano di un titolo di soggiorno in una delle Parti contraenti,;
c, gli individui di cui il soggiorno sul territorio dello stato richiedente si è prolungato più di sei mesi dopo la trasmissione della domanda di riammissione,;
d, i profughi riconobbero come tali con lo stato richiedente in applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951, e gli apolidi come definiti con la Convenzione di New York del 1954;
e, gli individui che rilevano del campo di applicazione della Convenzione di Dublino,;
f, gli individui che sono stati già oggetto di un allontanamento dallo stato richiedente verso il loro paese di origine o un Stato terzo;
g, gli individui che possiedono un titolo di soggiorno rilasciato da uno degli Stati partiti all’accordo da Schengen,;
h, gli individui di cui il soggiorno sul territorio dello stato richiedente ha preso fine più di un anno prima della domanda di riammissione.
86. L’articolo 7 sottolinea gli sforzi che le Parti contraenti devono esporre affinché la proseguita delle persone previste da una domanda di riammissione sia garantita in modo prioritario.
87. Un protocollo sull’esecuzione dell’accordo è annesso a questo. L’articolo 8 dell’accordo rinvia in particolare suddetto protocollo per l’esposizione dettagliata delle condizioni di introduzione delle domande di riammissione, così come per la questione degli oneri di trasferimento della persona prevista da una tale domanda. L’articolo 22 dell’accordo rinvia anche a questo protocollo per l’elenco delle autorità abilitate a trattare le domande da riammissione.
88. Così, secondo il protocollo sull’esecuzione, la domanda di riammissione deve menzionare, in particolare, i dati che permettono di identificare il nessuno mira, la sua nazionalità, ed essere corredata da due foto. Questa domanda, redatta su un formulario che comprende l’indicazione delle autorità attrici e delle autorità richieste, deve essere trasmessa a queste ultime con fax; devono rispondere al più presto ed al più tardi 48 ore dopo il ricevimento della domanda.
89. Infine, l’articolo 23 dell’accordo contiene una clausola di salvaguardia che precisa che questo non fa ostacolo all’applicazi

Testo Tradotto

Conclusions: Exception préliminaire jointe au fond et rejetée (Article 35-1 – Epuisement des voies de recours internes) Partiellement irrecevable
Violation de l’article 13+3 – Droit à un recours effectif (Article 13 – Recours effectif) (Article 3 – Interdiction de la torture Expulsion) (Grèce) (Afghanistan) Violation de l’article 4 du Protocole n° 4 – Interdiction des expulsions collectives d’étrangers-{général} (article 4 du Protocole n° 4 – Interdiction des expulsions collectives d’étrangers) (Italie)
Violation de l’article 3 – Interdiction de la torture (Article 3 – Expulsion) (Italie) (Grèce) Violation de l’article 13 – Droit à un recours effectif (Article 13 – Recours effectif) (Italie) Satisfaction équitable rejetée (tardiveté)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE SHARIFI ET AUTRES c. ITALIE ET GRÈCE

(Requête no 16643/09)

ARRÊT

STRASBOURG

21 octobre 2014

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Sharifi et autres c. Italie et Grèce,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant le 9 septembre 2014 en une chambre composée de :
Işıl Karakaş, présidente,
Guido Raimondi,
András Sajó,
Linos-Alexandre Sicilianos,
Helen Keller,
Paul Lemmens,
Robert Spano, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 9 septembre 2014,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. À l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 16643/09) dirigée contre la République italienne et dont trente-deux ressortissants afghans, deux ressortissants soudanais et un ressortissant érythréen (« les requérants ») ont saisi la Cour le 25 mars 2009 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les détails concernant les requérants figurent dans le tableau récapitulatif annexé au présent arrêt. Lors de son introduction, la requête portait la signature de trois conseils : OMISSIS, avocate à Athènes, OMISSIS, avocate à Gênes, et OMISSIS, avocat à Venise. Le 19 juin 2009, OMISSIS a indiqué qu’elle ne représentait pas les requérants, avec lesquels elle n’était pas en contact et dont elle s’était limitée à recueillir les procurations en Grèce. OMISSIS, quant à lui, n’a plus apposé sa signature sur aucun autre document relatif à la requête par la suite. Il ressort également du dossier que OMISSIS a été assisté dans la préparation de la requête par OMISSIS, docteure en droit, et OMISSIS, journaliste de nationalité afghane, qui ont interviewé les requérants dans le camp de Patras.
Le gouvernement italien a été représenté par son agent, Mme Ersiliagrazia Spatafora, et par son ancien coagent, M. Nicola Lettieri. Le gouvernement grec a été représenté par son agent, M. Alexandro G. Tzeferakos, assisté de M. Georgios Kannellopoulos, conseiller juridique au Conseil juridique de l’État, ainsi que de Mme Stavroula Trekli et M. Christos Poulakos, auditeurs au Conseil juridique de l’État.
3. Les requérants alléguaient, en particulier, être arrivés clandestinement en Italie en provenance de la Grèce et avoir été refoulés vers ce pays sur le champ, avec la crainte de subir un refoulement ultérieur vers leurs pays d’origine respectifs, dans lesquels ils risqueraient la mort, la torture ou des traitements inhumains et dégradants (articles 2 et 3 de la Convention). Ils se plaignaient, en outre, de ne pas avoir eu accès à des instances nationales pour faire valoir ces griefs (article 13 de la Convention) et d’avoir été maltraités par les polices italienne et grecque, ainsi que par les équipages des navires à bord desquels ils ont été reconduits en Grèce (article 3 de la Convention).
À l’égard de la Grèce, ils se plaignaient également d’avoir été placés en rétention dans de mauvaises conditions (article 3 de la Convention).
À l’égard de l’Italie, ils alléguaient avoir été victimes d’expulsions collectives indiscriminées (article 4 du Protocole no 4) et avoir été privés du droit de porter leur cause devant la Cour, du fait de l’impossibilité de contacter un interprète et un avocat (article 34 de la Convention).
4. Le 23 juin 2009, la chambre a décidé de communiquer la requête aux gouvernements italien et grec et de la traiter en priorité (article 41 du règlement). En outre, en application de l’article 39 du règlement, la chambre a invité le gouvernement grec à surseoir à toute expulsion des requérants suivants : MM. Nima Rezai, Malik Merzai, Mustafa Said Mustafa, Alidad Rahimi, Faroz Ahmadi et Hasan Najibi .
5. Tant les requérants que les gouvernements défendeurs ont déposé des observations écrites sur la recevabilité ainsi que sur le fond de l’affaire.
Des observations écrites ont également été reçues du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés (HCR), ainsi que du Centre de conseil sur les droits de l’individu en Europe (le « Centre AIRE ») et d’Amnesty International agissant conjointement. Le président de la chambre les avait autorisés à intervenir en vertu de l’article 36 § 2 de la Convention.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Les requérants, dont la liste figure en annexe, sont trente-deux ressortissants afghans, deux ressortissants soudanais et un ressortissant érythréen.
7. Les faits de la cause peuvent se résumer comme suit.
A. Les faits allégués dans la requête
8. Les requérants affirment avoir, à différentes dates au cours des années 2007 et 2008, gagné le territoire grec en provenance de pays en proie à des conflits armés affectant les civils (en l’occurrence l’Afghanistan, le Soudan et l’Érythrée). Après s’être embarqués clandestinement à Patras sur des navires à destination de l’Italie, ils seraient arrivés entre janvier 2008 et février 2009 dans les ports de Bari, Ancône et Venise, où la police des frontières les aurait interceptés et refoulés immédiatement. Selon les requérants, cette pratique du refoulement immédiat était suivie par les autorités italiennes depuis de nombreux mois déjà.
9. Les requérants auraient subi des violences de la part des policiers italiens, puis des équipages des navires et, enfin, de la police grecque. Selon eux, ni l’Italie ni la Grèce ne leur auraient permis de demander l’asile.
10. En ce qui concerne l’Italie, les requérants n’auraient pas eu la possibilité d’entrer en contact avec des avocats et des interprètes. Aucune information sur leurs droits ne leur aurait été fournie. De même, ils n’auraient reçu aucun document « officiel, écrit et traduit » relatif à leur refoulement. Ils allèguent que la police des frontières italienne les a immédiatement ramenés dans les navires dont ils venaient de débarquer et qu’ils ont été enfermés dans des cabines ou même dans les toilettes tout au long du voyage de retour vers la Grèce.
11. À l’encontre de la Grèce, ils se plaignent d’avoir, dans un premier temps, été placés dans des centres de rétention, puis d’avoir dû, après leur remise en liberté, vivre dans des conditions précaires dans le camp de Patras. Ils soulignent les difficultés rencontrées dans les démarches à accomplir pour l’obtention de l’asile.
B. La position des gouvernements défendeurs concernant l’identité des requérants et les faits allégués dans la requête
12. Le gouvernement italien affirme que, parmi les requérants, seul M. Reza Karimi aurait atteint le territoire italien. Caché avec dix-sept autres clandestins dans un camion transportant des légumes, le requérant aurait été découvert par la police dans le port d’Ancône le 14 janvier 2009 et refoulé vers la Grèce le jour même. Il serait arrivé à Patras le 15 janvier. L’âge déclaré le 14 janvier par l’intéressé ne correspondrait toutefois pas à celui indiqué dans la requête. À l’appui de ces affirmations, le 11 septembre 2009, le Gouvernement a soumis à la Cour copie d’un formulaire de la police des frontières d’Ancône, daté du 14 janvier 2009, rempli à la main et signé par M. Reza Karimi, contenant les informations suivantes : nom, prénom, prénom du père, nom et prénom de la mère, lieu de naissance, année de naissance, nationalité.
13. De son côté, le gouvernement grec fait savoir que les registres du service de l’immigration de son ministère de l’Intérieur ne confirment la présence en Grèce que de dix des requérants seulement. Il donne à leur sujet les précisions suivantes.
– Nima Rezai : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de Nema Rezai, ressortissant afghan né le 1er janvier 1990, arrêté à Patras le 3 décembre 2008 en raison de l’illégalité de son entrée et de son séjour en Grèce. Le 6 décembre 2008, la direction de la police d’Achaia adopta à son encontre un arrêté d’expulsion (no 2541/08-1A). Un exemplaire de la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion lui aurait été remis. N’ayant pas été considéré comme dangereux pour l’ordre public ou la sécurité, le requérant fut remis en liberté avec ordre de regagner son pays dans les 30 jours. Le 30 juin 2009, il fut de nouveau arrêté à Patras au motif qu’il résidait illégalement en Grèce. Il se vit remettre une nouvelle brochure d’information et la direction de la police d’Achaia adopta un deuxième arrêté d’expulsion (no 2541/08-2A) et lui imposa un placement en rétention. Il fut par la suite transféré au commissariat de police de Pyrgos en raison de la situation de surpeuplement du centre de rétention de la direction de la police d’Achaia. Le 16 septembre 2009, le directeur général de la police de la Grèce-Occidentale suspendit l’exécution de l’expulsion et remit le requérant en liberté, sur le vu de la traduction fournie par lui de la décision de la Cour en date du 23 juin invitant le gouvernement grec à surseoir à son expulsion.
– Sarpar Agha Khan : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de Sardayasha Khan, ressortissant afghan né le 1er janvier 1982, arrêté à Patras le 1er octobre 2008 en raison de l’illégalité de son entrée et de son séjour en Grèce. Parti sur un navire à destination de l’Italie le 29 octobre 2008, il fut refoulé et fit retour en Grèce le 31 octobre. Le 4 novembre 2008, la direction de la police d’Achaia adopta à son encontre un arrêté d’expulsion (no 2212/08-1b), notifié le 6 novembre. La brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion avec placement en rétention lui aurait été remise. Le requérant fut par la suite transféré dans l’établissement spécial de rétention des étrangers de Kyprinos (Orestiada, département de l’Évros) en raison de la situation de surpeuplement du centre de rétention de la direction de la police d’Achaia. Entre temps, le 28 novembre 2008, le requérant introduisit une demande d’asile politique, laquelle fut rejetée le 14 janvier 2009 par un arrêté de la direction des étrangers (no 4/886727). Notifiée à l’intéressé le 22 janvier, la décision ne fit l’objet d’aucune opposition de sa part. Le 24 juin 2009, le requérant fit retour de Vienne vers la Grèce en application du règlement no 343/2003 (dit règlement « Dublin II » – ou, couramment, « règlement Dublin » –, voir paragraphes 54 et suivants ci dessous), puis, le 27 juin, le service des étrangers de l’Attique adopta un nouvel arrêté d’expulsion (no 404983/2-a) sans placement en rétention, avec fixation d’un délai de 30 jours pour quitter le territoire grec.
– Reza Karimi : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de l’individu du même nom, ressortissant afghan né le 1er janvier 1974, arrêté à Patras le 16 janvier 2008 en raison de l’illégalité de son entrée et de son séjour en Grèce. Le 16 janvier 2009, la direction de la police d’Achaia adopta à son encontre un arrêté d’expulsion (no 150/09-14) avec placement en rétention. La brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion lui aurait été remise. Le 24 janvier, l’exécution de l’expulsion fut suspendue faute de papiers d’identité pour le voyage de retour ; en conséquence de quoi, le requérant fut remis en liberté, avec obligation de quitter le territoire grec dans les 30 jours.
– Rahim Raximi : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de Rahim Rahimi, ressortissant afghan né le 1er janvier 1990, arrêté à Patras le 14 octobre 2008 pour défaut de permis de séjour. Parti à destination de l’Italie à bord du navire Sofoklis Venizelos, le requérant revint en Grèce le 13 octobre 2008 après avoir été refoulé par les autorités italiennes. Le lendemain, le requérant, auquel la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion fut remise, se vit notifier un arrêté d’expulsion (no 1061/08-1a) sans placement en rétention, adopté à la même date par la direction de la police d’Achaia. Il fut remis en liberté, avec obligation de quitter le territoire grec dans les 30 jours.
– Mohammad Issa Sayyed Hashemi : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de Mohamed Issa Hashemi, ressortissant afghan né le 1er janvier 1985, arrêté à Samos le 17 novembre 2008 car dépourvu de papiers. Le requérant, auquel la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion fut remise, se vit notifier à une date non précisée un arrêté d’expulsion (no 6634/2/2041-10) sans placement en rétention, adopté le 30 novembre par la direction de la police de Samos. Il fut ainsi remis en liberté, avec obligation de quitter le territoire grec dans les 30 jours.
– Gabel Omar : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de Gabel Ali, ressortissant somalien né le 1er janvier 1984, arrêté à Samos le 5 décembre 2009 en raison de l’illégalité de son entrée et de son séjour en Grèce. Après avoir reçu la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion, le requérant se vit notifier à une date non précisée un arrêté d’expulsion (no 6634/2/2063-12) sans placement en rétention, adopté le 8 décembre par la direction de la police de Samos. Il fut remis en liberté, avec obligation de quitter le territoire grec dans les 30 jours.
– Nawid Kabiri : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de Nawid Kabiru, ressortissant afghan né le 1er janvier 1992, arrêté à Samos le 17 novembre 2008 car sans papiers. Parti vers l’Italie le 4 janvier 2009 à bord du navire Super Fast XII, il fut refoulé par les autorités italiennes le 6 février 2009. Le 7 février, le requérant fut remis à la division de la sécurité de Patras par l’autorité portuaire centrale de la même ville car il était sans papiers. Le requérant reçut immédiatement un exemplaire de la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion et se vit notifier un arrêté d’expulsion (no 255/09 1a) sans placement en rétention, adopté le même jour par la direction de la police d’Achaia. Il fut remis en liberté, avec obligation de quitter le territoire grec dans les 30 jours.
– Nazar Mohammed Yashidi : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de Nazari Mohamed, ressortissant afghan né le 1er janvier 1988, arrêté à Samos le 9 juin 2008 car sans papiers. Le requérant reçut la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion et se vit notifier à une date non précisée un arrêté d’expulsion (no 6634/2/1642-e) sans placement en rétention, adopté le 12 juin par la direction de la police de Samos. Il fut remis en liberté, avec obligation de quitter le territoire grec dans les 30 jours.
– Rahmat Wahidi : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de l’individu du même nom, ressortissant afghan né le 1er janvier 1990, arrêté à Patras le 8 janvier 2009 en raison de l’illégalité de son entrée et de son séjour en Grèce. Le requérant se vit remettre la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion avec placement en rétention. Le 11 janvier 2009, la direction de la police d’Achaia adopta à son encontre un arrêté d’expulsion (no 23/09 1b), notifié à une date non précisée. Le 10 janvier, le requérant fut transféré auprès de l’établissement spécial de rétention des étrangers de Kyprinos (Orestiada, département de l’Évros) en raison de la situation de surpeuplement du centre de rétention de la direction de la police d’Achaia. Le 19 janvier, considérant que, faute de papiers d’identité, l’expulsion ne pouvait être exécutée, le directeur général de la police de la Grèce Occidentale suspendit l’exécution de l’expulsion et remit le requérant en liberté. Le requérant était invité à quitter le territoire grec dans les 30 jours.
– Mohamad Anif Servery : il s’agirait probablement, selon les déclarations de l’intéressé, de l’individu du même nom, ressortissant afghan né le 1er janvier 1995, arrêté à Samos le 19 août 2008 en raison de l’illégalité de son entrée en Grèce. Le requérant reçut la brochure d’information sur les droits des personnes visées par un arrêté d’expulsion et se vit notifier à une date non précisée un arrêté d’expulsion (no 6634/2/1777-B) sans placement en rétention, adopté le 22 août par la direction de la police de Samos. Le 2 octobre, sur ordre du parquet près le tribunal de première instance de Samos, le requérant fut transféré au centre de Theomitor à Agiagos (Lesvos).
C. La correspondance postérieure à l’introduction de la requête et les contacts entre les requérants et leur conseil
14. Le 19 mai 2009, Me Ballerini demanda à la Cour d’indiquer au gouvernement grec, en application de l’article 39 de son règlement, de surseoir à toute expulsion des requérants afghans vers leur pays. Elle expliquait que, quelques jours auparavant, plusieurs groupes de demandeurs d’asile avaient été expulsés du camp de Patras vers la Turquie et, de là, vers l’Afghanistan. Cependant, elle admettait ne pas savoir, en raison des difficultés de communication, combien de requérants avaient déjà été expulsés ni où se trouvaient les autres.
15. Par une lettre du 20 mai 2009, annoncée par télécopie le 19 mai, Me Ballerini fut invitée à étayer sa demande, en indiquant le lieu de rétention des requérants, la date éventuelle de leur expulsion et les risques courus par eux au cas où ils seraient expulsés vers l’Afghanistan.
Par une télécopie du 20 mai 2009, Me Ballerini précisa l’emplacement du camp de Patras, en renvoyant pour le reste aux informations contenues dans le formulaire de requête.
Le 22 mai 2009, la présidente de la section rejeta la demande d’application d’une mesure provisoire.
16. Par une lettre du 19 juin 2009, Me Ballerini informa la Cour de ce que, dans le cadre de plusieurs descentes de la police grecque dans le camp de Patras et d’opérations similaires menées dans la ville d’Athènes, une centaine de réfugiés avaient été expulsés vers la Turquie, parmi lesquels un des requérants, M. Habib Yosufi (mineur). Un autre requérant (M. Mozamil Azimi) avait déjà été rapatrié en Afghanistan.
La situation de certains autres requérants était décrite comme suit : six se trouvaient dans le camp de Patras, six se trouvaient à Athènes, quatre se trouvaient « en Grèce, mais sans qu’on sache où exactement », quatre se trouvaient « probablement encore en Grèce » et un était « entre la Grèce et l’Italie ».
Quant aux autres requérants, l’avocate expliquait qu’en raison « du caractère tragique de la situation et des difficultés objectives pour les requérants en termes de mouvement et de communication », elle ne savait pas où ils se trouvaient mais s’efforçait de les joindre.
Sa lettre se concluait comme suit :
« Je vous demande donc de prendre toutes mesures conservatoires [au sens de l’article 39 du règlement de la Cour] pour éviter le rapatriement des personnes qui se trouvent maintenant dans le camp de Patras […]. »
17. Le 23 juin 2009, la Cour, en application de l’article 39 de son règlement, invita le gouvernement grec à surseoir à l’expulsion des requérants suivants : MM. Nima Rezai, Malik Merzai, Mustafa Said Mustafa, Alidad Rahimi, Faroz Ahmadi et Hasan Najibi .
18. Par une lettre télécopiée du 2 juillet 2009, Me Ballerini informa la Cour du refoulement de M. Faroz Ahmadi vers la Turquie en dépit de la mesure provisoire susmentionnée (paragraphe 17 ci dessus) ainsi que, sans plus de précisions, du refoulement de M. Habib Yosufi (paragraphe 16 ci dessus). Dans cette lettre, l’avocate faisait état d’une situation dramatique à Patras, par suite de la fermeture du camp décidée par les autorités grecques et des arrestations massives de demandeurs d’asile par la police.
19. Par une lettre du même jour, envoyée aussi par télécopie, la Cour rappela au gouvernement grec les obligations découlant pour lui de la mesure adoptée en application de l’article 39 du règlement et l’invita à communiquer au greffe dans le plus bref délai toute information utile sur le sort de M. Faroz Ahmadi.
20. Par un message télécopié du 14 juillet 2009, Me Ballerini informa la Cour que la police grecque avait fait évacuer le camp de Patras, en y détruisant les abris des demandeurs d’asile et en arrêtant certains requérants, dont elle affirmait toutefois ne pas être à même d’indiquer les noms à cause de la situation confuse qui régnait.
21. Par un message télécopié du 16 juillet 2009, Me Ballerini indiqua que MM. « Mustafa Mustafa Said et Najibi Haidar », présentés comme étant deux des requérants visés par la mesure adoptée par la Cour en application de l’article 39, avaient été placés en rétention dans une prison aux confins de l’Albanie en vue de leur refoulement, en expliquant que la police grecque niait à ladite mesure tout caractère contraignant.
22. Par une lettre du 17 juillet 2009, la Cour rappela au gouvernement grec les obligations découlant pour lui de la mesure adoptée en application de l’article 39 du règlement, en l’invitant à communiquer au greffe dans le plus bref délai toute information utile sur le sort des requérants.
23. Par une lettre du 26 août 2009, Me Ballerini informa la Cour de ce que M. Nima Rezai se trouvait incarcéré à la prison de Pyrgos, car les autorités grecques, auxquelles il avait montré « la mesure provisoire adoptée par la Cour le 23 juin 2009 », l’accusaient de faux. Selon ses dires, lesdites autorités prétendaient que même les agents du HCR n’avaient pas reconnu l’authenticité du document présenté par l’intéressé.
24. Par une télécopie du 28 septembre 2009, Me Ballerini informa la Cour qu’elle avait adressé à l’antenne du Conseil italien pour les réfugiés (« CIR ») dans le port d’Ancône la lettre suivante :
« Je vous écris au nom et dans l’intérêt de M. Rezai Nima, mineur âgé de seize ans et de nationalité afghane, qui est actuellement retenu dans vos bureaux.
Je vous informe que M. Rezai Nima a introduit par mon intermédiaire une requête contre l’Italie devant la Cour européenne des droits de l’homme. Cette requête s’est vu attribuer le no 16643/09.
La Cour, par une décision du 23 juin 2009, a fait droit à ma demande d’application de l’article 39 du règlement de la Cour en vue de l’interdiction du rapatriement, entre autres, de M. Rezai.
Compte tenu de ce qui précède et eu égard au fait que ce mineur est en droit de demander, par mon intermédiaire, la protection de l’Italie et l’octroi du statut de réfugié, je vous demande de bien vouloir le relâcher dans les plus brefs délais afin qu’il puisse me contacter et se rendre à mon cabinet […].
Je vous rappelle, en outre, que M. Rezai Nima, en tant que mineur et demandeur d’asile, ne peut être ni expulsé ni refoulé, ainsi qu’il ressort, au demeurant, de la décision de la Cour [du 23 juin 2009]. »
25. Par une lettre du 5 octobre 2009, la Cour invita Me Ballerini à indiquer si M. Nima Rezai se trouvait réellement en Italie alors que, selon les informations précédemment reçues (paragraphe 23 ci dessus), il était retenu en Grèce.
26. Le 14 octobre 2009, Me Ballerini transmit à la Cour par télécopie le message suivant :
« Je vous informe que nous n’avons plus de nouvelles de M. Rezai Nima depuis qu’il est entré en Italie.
En effet, il aurait dû se présenter au CIE (Centre d’identification et d’expulsion) d’Ancône, mais il n’y est jamais allé. »
27. Par une lettre du 19 octobre 2009, la Cour demanda au gouvernement italien de préciser si – et dans l’affirmative, quand – M. Nima Rezai était effectivement arrivé en Italie, et si les autorités des frontières avaient procédé à son identification.
28. Par une lettre du 2 novembre 2009, le Gouvernement fit parvenir à la Cour une note du ministère de l’Intérieur faisant savoir qu’entre la date du 1er janvier 2007 et celle du 30 septembre 2009, aucune mention du nom de M. Rezai Nima ne figurait dans les registres de la police des frontières du port d’Ancône.
29. Par une télécopie du 1er décembre 2009, Me Ballerini informa la Cour avoir reçu de M. Ahang la lettre suivante :
« À l’occasion de mon dernier voyage en Grèce, en août 2009, j’ai rencontré certains des requérants qui se trouvent encore en Grèce ; et je souligne “certains”, car les autres ont été renvoyés en Afghanistan ou se sont rendus dans d’autres pays européens.
Je me suis entretenu avec Feroz Ahmadi , lequel m’a dit vivre dans un parc d’Athènes après avoir purgé trois mois de prison pour avoir montré à la police grecque les documents relatifs à la requête devant la Cour, car leur authenticité n’est pas reconnue […].
Malik Merzai , par ailleurs, vit dans une forêt près de Patras à la suite de la destruction du camp des demandeurs d’asile […].
Je continue à recevoir des appels téléphoniques des requérants, qui demandent des informations sur l’état de leur requête devant la Cour et sont très inquiets […].
Veuillez trouver ci dessous les numéros de téléphone de Feroz Ahmadi et Malik Merzai, vu qu’ils existent, et qu’il en est de même des autres requérants, contrairement à ce que le Gouvernement [italien] affirme. »
30. Par une télécopie du 9 décembre 2009, Me Ballerini fit parvenir à la Cour une lettre qu’elle aurait reçue le 6 décembre 2009 de M. Malik Merzai et dans laquelle celui-ci affirmait se trouver en Grèce et vivre, comme les autres demandeurs d’asile, dans des conditions extrêmement difficiles.
31. Par une télécopie du 22 décembre 2009, Me Ballerini informa la Cour de la situation de certains des requérants, en faisant état d’un courriel reçu de M. Ahang le 16 décembre 2009, ainsi libellé en substance :
« 1) Rahim Rhaimi se trouve actuellement à Patras ; il m’a contacté et m’a informé que le délai prévu dans l’ordre d’expulsion a expiré et qu’il risque donc d’être renvoyé en Afghanistan […] ;
2) Najib Haidari se trouve actuellement à Patras avec Rhaim et sa situation est similaire à celle de son ami […] ;
3) Yasir Zaidi se trouve actuellement en Suède et demande votre aide […] ;
4) Rahmat Wahidi se trouve actuellement en Suisse […] ;
5) Mozamil Azimi , après avoir été rapatrié en Afghanistan cet été, a réussi à revenir en Grèce et à se rendre ensuite en Norvège, où il se trouve actuellement […] ;
6) Abdul Nabi Ahmad se trouve actuellement en Norvège […] ;
7) Alireza Ekhlasi se trouve actuellement en Autriche […] ;
8) Reza Karimi se trouve actuellement en Norvège […] avec Mozamil […] ;
9) Ahsannullah Amar Khel (dont le nom n’a pas été transcrit correctement, car son vrai nom est Ehsanullah Amarkhail […]) se trouve actuellement en Norvège, où il a obtenu des papiers car il est mineur ;
10) Alisina Sharifi se trouve actuellement en Norvège […].
Je vous envoie aussi, en pièce jointe, la photo d’un des requérants, Mohammad Isa Sayeed Hashemi , qui a été hospitalisé à la suite d’une agression qu’il a subie de la part de la police grecque. Pour l’instant, je n’ai pas de nouvelles de sa part et je ne sais pas où il se trouve. »
Dans ce document, les numéros de téléphone de toutes les personnes mentionnées étaient aussi indiqués, à l’exception de celui de M. Reza Karimi, qui aurait appelé M. Ahang depuis une cabine téléphonique.
32. Par une télécopie du 15 juin 2010, Me Ballerini envoya à la Cour un document attestant qu’en mai 2010 l’un des requérants, M. « Nagib Haidari », avait déposé une demande de protection internationale à la préfecture de police de Parme (Italie). L’avocate expliquait que l’intéressé était parvenu à s’échapper de Patras, où il se trouvait auparavant, et voyait dans ce document la démonstration du caractère purement spéculatif des doutes émis, par les deux gouvernements défendeurs, quant à l’existence des requérants.
33. Le 22 juin 2010, le gouvernement italien répondit à ce sujet. Après avoir tout d’abord observé que le nom en question (« Nagib Haidari ») ne figurait pas dans la liste des requérants, mais que celle-ci contenait un nom voisin (« Najeeb Heideri » ), il poursuivait ainsi :
« […] le 22 décembre 2009, Me Ballerini a affirmé […] qu’à cette date M. Najib (et non Nagib) Haidari se trouvait à Patras et qu’il n’était jamais entré en Italie. Par la suite, dans sa lettre du 15 juin 2010, Me Ballerini affirme que M. Haidari Nagib […] a introduit, auprès de la préfecture de police de Parme, une demande d’asile politique le 17 mai 2010, soit huit mois après les observations du gouvernement italien […] affirmant [à juste titre] que M. Heideri Najeeb n’ [apparaissait] jamais comme étant entré en Italie ».
34. Par une lettre du 27 août 2010, Me Ballerini expliqua, en premier lieu, que l’incohérence relevée entre les nom et prénom figurant dans son message télécopié du 15 juin 2010 (paragraphe 32 ci dessus) et ceux indiqués dans le formulaire de requête découlait du fait qu’il avait fallu les transposer phonétiquement en caractères latins depuis la langue persane. En pièces jointes à cette lettre figurait une déclaration signée par le requérant en question, écrite en caractères persans puis traduite en italien, dont le contenu était le suivant :
« Au début mon prénom a été transcrit dans l’alphabet anglais et écrit “Najeeb”, en Italie en revanche mon nom a été écrit “Nagib”, mais je suis la même personne. La même chose s’est passée avec mon nom de famille, qui au début a été écrit “Heideri”, puis en Italie “Haidari” ».
35. Au sujet de la deuxième singularité supposée, Me Ballerini rétorqua qu’il n’y avait aucune contradiction entre le fait que le requérant ne se trouvait pas en Italie en décembre 2009 et le fait que, par la suite, en mai 2010, il avait réussi à s’y rendre et à demander la protection internationale auprès de la préfecture de police de Parme.
La lettre continuait ainsi :
« Je vous adresse ci dessous une liste des requérants et de leur situation géographique :
1) Sharifi Alisina est en Norvège ;
2) Rezai Nima est en Norvège ;
4) Reza Karimi se trouve en Italie, à Trente ;
7) Ekhlasi Alireza se trouve en Autriche ;
9) Ebrahemi Mohammad Harron est en France ;
12) Merzai Malik est en Italie, à Rome :
13) Mustafa Mustafa Said est en Iran ;
14) Rahimi Alidad est en Norvège ;
15) Rahimi Rahim est en Suede ;
17) Hashemi Mohammad Isa Sayyes se trouve en Norvège ;
18) Zaidi Yasir est en Allemagne ;
24) Kabiri Nawid est en France ;
26) Yashidi Nazar Mohammed est en France ;
28) Azimi Mozamil est en Norvège ;
29) Wahidi Rahmat est en Suisse ;
33) Faroz Ahmadi est encore en Grèce, à Athènes.
Je vous informe aussi que […] je pourrai vous fournir le numéro de téléphone de Rahimi Alidad, Ekhlasi Alireza, Kabiri Nawid et Azimi Mozamil. »
36. Le 6 septembre 2010, la Cour reçut un message de M. Mozamil Azimi , qui demandait des informations sur la requête et priait la Cour de lui envoyer d’urgence certaines pièces du dossier, guère mieux identifiées. Le message avait été envoyé par télécopie depuis le centre d’accueil Heimly mottakssenter de Finnsnes (Norvège), dont le logo et l’adresse figuraient en en-tête.
37. Par un message télécopié du 6 octobre 2010, Me Ballerini demanda à la Cour de lui envoyer, dans le plus bref délai, une attestation d’instance d’examen de la requête au nom, entre autres, de M. Mozamil Azimi, expliquant que celui-ci se trouvait dans un centre d’accueil en Norvège et avait besoin d’un tel document pour éviter d’être refoulé.
38. Par un message télécopié daté du 26 octobre 2010 et reçu par le greffe le 27 octobre 2010, Me Ballerini demanda à la Cour de lui envoyer, dans le plus bref délai, une attestation d’instance d’examen de la requête au nom, entre autres, de M. Reza Karimi , expliquant que celui-ci se trouvait dans un centre d’accueil en Italie et que, après avoir vainement demandé l’asile politique en Norvège, il avait introduit une deuxième demande à cette fin auprès de la préfecture de police de Bolzano.
39. Par une lettre du 13 avril 2011, Me Ballerini informa la Cour de la situation de certains des requérants :
– M. Reza Karimi se trouvait en Afghanistan. Il y était revenu au terme de l’itinéraire suivant : – après avoir regagné le territoire italien, il avait introduit auprès de la préfecture de police de Bolzano une demande visant à l’obtention du statut de réfugié ; dans un premier temps, il avait été invité à se présenter le 24 août 2010 dans le cadre de l’instruction de son dossier mais, à la suite d’une décision du ministère de l’Intérieur du 28 décembre 2010, il avait été renvoyé en Norvège en vertu des règles de compétence établies par le règlement Dublin II ; arrivé en Norvège, il avait été refoulé sur-le-champ vers l’Afghanistan ;
– M. Ali Reza Ichlasi , alias Ekhlasi, se trouvait en Autriche (son adresse et son numéro de téléphone étaient indiqués), où il avait contesté en justice le rejet de sa demande d’asile ;
– M. Malik Merzai se trouvait en France (son adresse et son numéro de téléphone étaient indiqués), où il avait demandé l’asile ;
– M. Mustafa Said Mustafa avait été rapatrié en Iran (son numéro de téléphone était indiqué) ;
– M. Rahim Rahimi se trouvait en Allemagne (son adresse et son numéro de téléphone étaient indiqués) ;
– M. Nawid Kabiri se trouvait en France (son adresse et son numéro de téléphone étaient indiqués) ;
– M. Mozamil Azimi se trouvait en Norvège, où il avait demandé l’asile et était pris en charge par le centre d’accueil Heimly mottakssenter de Finnsnes ;
– M. Whaidi Rahmat se trouvait en Suisse (son adresse et son numéro de téléphone étaient indiqués), où il avait obtenu un permis de séjour pour raisons humanitaires, valable un an ;
– M. Najeeb Heideri se trouvait en Italie, auprès d’un centre d’accueil. Il avait introduit une demande d’asile devant la préfecture de police mais, par une décision du 5 novembre 2010, le ministère de l’Intérieur avait ordonné son transfèrement en Hongrie, en application des règles de compétence établies par le règlement Dublin II. M. Heideri avait attaqué cette décision devant le tribunal administratif régional (TAR) de Rome, sans toutefois pouvoir obtenir à titre provisoire un sursis à son exécution ;
– M. Faroz Ahmadi se trouvait encore en Grèce (son adresse et son numéro de téléphone étaient indiqués).
40. En revanche, Me Ballerini indiqua ne pas être en mesure de localiser M. Alidad Rahimi , tout en attirant l’attention de la Cour sur l’existence, dans le réseau social Facebook, d’un profil au nom de Ali Rahimi, dont la photo correspondait à celle du requérant lors de son séjour à Patras.
41. Par une lettre du 6 mai 2011, Me Ballerini fit parvenir à la Cour copie de la correspondance entretenue avec un avocat du CIR de Gorizia, et qui contenait des informations sur la situation de M. Reza Karimi en Afghanistan.
42. Par une télécopie du 13 mai 2011, Me Ballerini fit parvenir à la Cour copie de la correspondance entretenue entre M. Yasir Zaidi et Mme Sciurba. Il ressort de cette correspondance que le requérant se trouvait en Allemagne en juin 2009 et en Suède en juillet 2009. Son dernier courriel, dans lequel il demandait des nouvelles de sa requête devant la Cour, datait du 7 mai 2011.
43. Par une lettre du 17 novembre 2011, Me Ballerini fit parvenir à la Cour copie de la correspondance entretenue ultérieurement avec le même avocat du CIR de Gorizia, et qui contenait d’autres informations sur la situation de M. Reza Karimi en Afghanistan.
44. Le 6 janvier 2012, la Cour invita Me Ballerini à lui faire connaître la situation de tous les requérants.
45. Par une lettre du 30 janvier 2012, Me Ballerini apporta les réponses partielles suivantes :
– M. Mozamil Azimi se trouvait en rétention en Norvège, où il était représenté par un autre avocat (les coordonnées de celui-ci étaient indiquées) ;
– M. Ali Reza Ichlasi (alias Ekhlasi) se trouvait en Autriche (son adresse était indiquée), où il avait contesté en justice le rejet de sa demande d’asile ;
– M. Nawid Kabiri , se trouvait en France (son adresse et son numéro de téléphone portable étaient indiqués) ;
– M. Rahmat Whaidi vivait en Suisse (son adresse et son numéro de téléphone étaient indiqués), où il avait obtenu un permis de séjour pour raisons humanitaires, valable un an ;
– M. Malik Merzai se trouvait en France (son adresse et son numéro de téléphone figuraient dans la lettre) et attendait la décision des autorités sur sa demande de protection internationale ;
– M. Najeeb Heideri se trouvait en Italie, dans un centre d’accueil, en attendant la décision du TAR ;
– M. Reza Karimi avait été rapatrié en Afghanistan ;
– M. Alidad Rhaimi se trouvait encore en Norvège (son numéro de téléphone était indiqué) ;
– M. Yasir Zaidi se trouvait encore en Grèce (son numéro de téléphone était indiqué).
46. Par une lettre du 23 mai 2012, Me Ballerini fit parvenir à la Cour des articles de presse relatant des accrochages s’étant produits près de Patras (Grèce) entre la police et des militants d’extrême droite opposés à la présence des demandeurs d’asile. Elle affirmait :
« [La] situation ne cesse de s’aggraver et rend manifestement impossible de localiser de nouveau les requérants. »
47. Le 3 avril 2013, Me Ballerini informa la Cour, pièces à l’appui, que M. Najeeb Heideri (alias Najib Haidari) avait obtenu le statut de réfugié en Italie. Dans le cadre de cette procédure le requérant avait déclaré notamment avoir essayé à deux reprises de se rendre clandestinement en Italie depuis la Grèce et avoir fait l’objet dans le port d’Ancône d’un refoulement informel, sans identification préalable.
48. Le 10 septembre 2013, le gouvernement italien a fait parvenir à la Cour tous les documents concernant la procédure d’asile de M. Najeeb Heideri (alias Najib Haidari), en soulignant dans ses commentaires que ce requérant n’avait jamais été inscrit dans la base de données « Eurodac » comme étant demandeur d’asile en Grèce.
II. LE DROIT INTERNATIONAL ET LE DROIT EUROPÉEN PERTINENTS
49. Renvoyant à l’exposé exhaustif du droit international et européen pertinents figurant dans l’arrêt M.S.S. c. Belgique et Grèce [GC], no 30696/09, §§ 54-87, CEDH 2011, la Cour estime opportun de citer certains textes et dispositions.
A. La Convention de Genève de 1951 relative au statut des réfugiés
50. L’Italie et la Grèce ont ratifié la Convention de Genève de 1951 relative au statut des réfugiés (« la Convention de Genève »), qui définit les modalités selon lesquelles un État doit accorder le statut de réfugié aux personnes qui en font la demande, ainsi que les droits et les devoirs de ces personnes.
51. L’article 33 § 1 de la Convention de Genève se lit comme suit :
« 1. Aucun État contractant n’expulsera ou ne refoulera, de quelque manière que ce soit, un réfugié sur les frontières des territoires où sa vie ou sa liberté serait menacée en raison de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ses opinions politiques. »
52. Dans sa note sur la protection internationale du 13 septembre 2001 (A/AC.96/951, § 16), le HCR, qui a pour mandat de veiller à la manière dont les États parties appliquent la Convention de Genève, a indiqué que ce principe, dit du « non-refoulement », était :
« un principe de protection cardinal et ne tolérant aucune réserve. À bien des égards, ce principe est le complément logique du droit de chercher asile reconnu dans la Déclaration universelle des droits de l’homme. Ce droit en est venu à être considéré comme une règle de droit international coutumier liant tous les États. En outre, le droit international des droits de l’homme a établi le non-refoulement comme un élément fondamental de l’interdiction absolue de la torture et des traitements cruels, inhumains ou dégradants. L’obligation de ne pas refouler est également reconnue comme s’appliquant aux réfugiés indépendamment de leur reconnaissance officielle, ce qui inclut de toute évidence les demandeurs d’asile dont le statut n’a pas encore été déterminé. Elle couvre toute mesure attribuable à un État qui pourrait avoir pour effet de renvoyer un demandeur d’asile ou un réfugié vers les frontières d’un territoire où sa vie ou sa liberté serait menacée, et où il risquerait une persécution. Cela inclut le rejet aux frontières, l’interception et le refoulement indirect, qu’il s’agisse d’un individu en quête d’asile ou d’un afflux massif. »
B. La recommandation R (84) 1 du Comité des Ministres du Conseil de l’Europe relative à la protection des personnes qui ne sont pas formellement reconnues comme réfugiés
53. Adoptée par le Comité des Ministres le 25 janvier 1984, lors de la 366e réunion des Délégués des Ministres, la Recommandation no R (84) 1 du Comité des Ministres du Conseil de l’Europe relative à la protection des personnes remplissant les conditions de la Convention de Genève qui ne sont pas formellement reconnues comme réfugiés est ainsi libellée :
« Le Comité des Ministres, en vertu de l’article 15.b du Statut du Conseil de l’Europe,
Considérant que le but du Conseil de l’Europe est de réaliser une union plus étroite entre ses membres ;
Vu la Convention relative au statut des réfugiés du 28 juillet 1951 amendée par le Protocole relatif au statut des réfugiés du 31 janvier 1967, et en particulier l’article 33 de cette convention ;
Considérant que dans les États membres du Conseil de l’Europe se trouvent des personnes qui satisfont aux critères de la définition du terme “réfugié” au sens de l’article 1er de la Convention du 28 juillet 1951 relative au statut des réfugiés amendée par le Protocole du 31 janvier 1967 mais qui, parce qu’elles n’ont pas demandé le statut de réfugié ou pour d’autres raisons, ne sont pas formellement reconnues comme réfugiés ;
Rappelant l’attitude libérale et humanitaire des États membres du Conseil de l’Europe à l’égard des personnes demandant l’asile et, en particulier, leur engagement en faveur du principe de non-refoulement comme il ressort de la Résolution (67) 14 sur l’asile en faveur des personnes menacées de persécution et de la Déclaration relative à l’asile territorial de 1977 ;
Considérant que le principe de non-refoulement est reconnu comme un principe général applicable à toute personne ;
Ayant à l’esprit la Convention européenne des Droits de l’Homme et en particulier son article 3 ;
Considérant la Recommandation 773 (1976) de l’Assemblée Consultative relative à la situation des réfugiés de facto,
Recommande aux gouvernements des États membres d’assurer, sans préjudice des exceptions prévues à l’article 33, paragraphe 2, de la Convention de Genève, que le principe selon lequel aucune personne ne devrait faire l’objet d’un refus d’admission à la frontière, d’un refoulement, d’une expulsion ou de toute autre mesure qui aurait pour effet de l’obliger à retourner ou à demeurer dans un territoire où elle craint avec raison d’être persécutée du fait de sa race, de sa religion, de sa nationalité, de son appartenance à un certain groupe social ou de ses opinions politiques, soit appliqué indépendamment du fait que cette personne ait été ou non reconnue comme réfugié selon la Convention relative au statut des réfugiés du 28 juillet 1951 et le Protocole du 31 janvier 1967. »
C. Le droit de l’Union européenne
1. Les règlements « Dublin » et « Eurodac »
54. Le règlement no 343/2003 du Conseil du 18 février 2003 établissant les critères et mécanismes de détermination de l’État membre responsable de l’examen d’une demande d’asile présentée dans l’un des États membres par un ressortissant d’un pays tiers (dit règlement « Dublin II » – ou simplement « règlement Dublin ») s’applique aux États membres de l’Union européenne ainsi qu’à la Norvège, à l’Islande et à la Suisse.
55. Ce règlement remplace les dispositions de la Convention de Dublin relative à la détermination de l’État responsable de l’examen d’une demande d’asile présentée dans l’un des États membres des Communautés européennes (système « Dublin I »), qui avait été signée le 15 juin 1990.
Il est complété par un règlement d’application (no 1560/2003, du 2 septembre 2003).
56. Ainsi qu’il ressort du deuxième considérant de l’exposé des motifs figurant en tête de celui-ci, le règlement « Dublin II » repose sur la présomption que les États membres respectent le principe de non-refoulement prévu par la Convention de Genève et sont considérés comme des pays sûrs.
57. En vertu du règlement, les États membres sont tenus de déterminer, sur la base de critères objectifs et hiérarchisés (articles 5 à 14), l’État membre responsable de l’examen d’une demande d’asile présentée sur leur territoire. Notamment, si le demandeur d’asile a franchi irrégulièrement la frontière d’un État membre dans lequel il est entré en venant d’un État tiers, cet État membre reste responsable de l’examen de la demande d’asile dans les douze mois suivant le franchissement de sa frontière (article 10 § 1). Ce système vise à éviter le phénomène de demandes multiples, et en même temps à garantir que le cas de chaque demandeur d’asile sera traité par un seul État membre.
58. Si l’application des critères mis en place par le règlement désigne un autre État membre comme responsable, ce dernier est sollicité pour prendre en charge le demandeur d’asile et, partant, pour examiner sa demande.
59. Dans l’hypothèse où l’État requis reconnaît sa responsabilité (ou ne répond pas dans un délai de deux mois à compter de la réception de la demande), le premier État membre est tenu de notifier au demandeur une décision motivée l’informant de son obligation de le transférer. Ce transfert doit avoir lieu au plus tard dans les six mois à compter de l’acceptation de la demande de prise en charge. Si le transfert n’est pas exécuté dans les délais, la responsabilité incombe à l’État membre auprès duquel la demande d’asile a été introduite.
60. Chaque État membre reste libre d’examiner, par dérogation à la règle générale, une demande d’asile dont l’examen ne lui échoit pas en vertu des critères fixés dans le règlement (article 3 § 2). Il s’agit de la clause dite de « souveraineté ». Dans ce cas, cet État devient l’État membre responsable et assume les obligations qui sont liées à cette responsabilité.
61. En outre, tout État membre peut, même si l’application des critères définis par le règlement ne lui en confère pas la responsabilité, rapprocher des membres d’une même famille, ainsi que d’autres parents à charge pour des raisons humanitaires fondées, notamment, sur des motifs familiaux ou culturels (article 15 § 1). Il s’agit de la clause dite « humanitaire ». Dans ce cas, cet État membre examine, à la demande d’un autre État membre, la demande d’asile de la personne concernée. Les personnes concernées doivent y consentir.
62. Ce règlement est complété par le règlement no 2725/2000 du 11 décembre 2000 relatif à la création du système Eurodac pour la comparaison des empreintes digitales. Ce système impose aux États d’enregistrer les empreintes digitales des demandeurs d’asile. Les données sont transmises à l’unité centrale d’Eurodac, gérée par la Commission européenne, qui les enregistre dans la base de données centrale et les compare avec les données qui y sont déjà stockées.
63. Le règlement Dublin II a été refondu par le règlement no 604/2013 du 26 juin 2013 (dit règlement « Dublin III »). Entré en vigueur le vingtième jour suivant celui de sa publication au Journal officiel de l’Union européenne (JO L 180/31 du 29 juin 2013), le règlement Dublin III est applicable aux demandes de protection internationale introduites à partir du premier jour du sixième mois suivant son entrée en vigueur (soit le 1er janvier 2014), ainsi qu’à toute requête aux fins de prise en charge ou de reprise en charge de demandeurs, quelle que soit la date de leur demande.
64. Cette réforme du système de Dublin vise, notamment, à accroître la protection des demandeurs d’asile dans le processus de détermination de l’État membre responsable de l’examen de leur demande. Dans ce but, le nouveau règlement prévoit que :
– le demandeur d’asile a le droit d’être informé, entre autres :
◦ des conséquences de la présentation d’une autre demande dans un État membre différent, ainsi que des conséquences du passage d’un État membre à un autre pendant les phases au cours desquelles l’État membre responsable en vertu du présent règlement est déterminé et la demande de protection internationale examinée ;
◦ des critères de détermination de l’État membre responsable, de leur hiérarchie et de leur durée ;
◦ de la possibilité de contester une décision de transfert et, le cas échéant, de demander une suspension du transfert ;
– la Commission rédige, au moyen d’actes d’exécution, une brochure commune ainsi qu’une brochure spécifique pour les mineurs non accompagnés, contenant au minimum les informations susmentionnées ;
– l’État membre procédant à la détermination de l’État membre responsable pour examiner la demande mène, au moyen de personnel qualifié, un entretien individuel et confidentiel avec le demandeur, dans une langue qu’il comprend ou avec l’aide d’un interprète ;
– l’intérêt supérieur de l’enfant est une considération primordiale pour les États membres dans toutes les procédures prévues par le règlement. Les États membres veillent, en particulier, à ce que tout mineur non accompagné soit représenté ou assisté dans toutes les procédures prévues par le règlement.
65. Les droits et garanties prévus par le nouveau règlement s’appliquent dès qu’une demande de protection internationale a été introduite, c’est à dire à partir du moment où un formulaire présenté par le demandeur ou un procès-verbal dressé par les autorités est parvenu aux autorités compétentes de l’État membre concerné (articles 2 c), 4 et 20 § 2).
66. Le règlement Eurodac a été également refondu par le règlement no 603/2013 du 26 juin 2013 (dit « Eurodac II ») (JO L 180 du 29 juin 2013).
2. Les directives « Accueil » et « Procédure »
67. La directive 2003/9 du 27 janvier 2003 relative à des normes minimales pour l’accueil des demandeurs d’asile dans les États membres (dite « directive Accueil »), entrée en vigueur le jour de sa publication au Journal officiel (JO L 31 du 6 février 2003), prévoit que les États doivent garantir aux demandeurs d’asile :
– certaines conditions d’accueil matérielles, notamment en ce qui concerne le logement, la nourriture et l’habillement, qui doivent être fournis en nature ou sous forme d’allocations financières. Les allocations doivent être suffisantes pour empêcher que le demandeur ne tombe dans une situation d’indigence ;
– des dispositions appropriées afin de préserver l’unité familiale ;
– les soins médicaux et psychologiques ;
– l’accès des mineurs au système éducatif et aux cours de langues lorsque cela est nécessaire pour leur assurer une scolarité normale.
68. Dans sa rédaction initiale, l’article 3 (« Champ d’application ») de ladite directive se lisait comme suit :
« 1. La présente directive s’applique à tous les ressortissants de pays tiers et apatrides qui déposent une demande d’asile à la frontière ou sur le territoire d’un État membre tant qu’ils sont autorisés à demeurer sur le territoire en qualité de demandeurs d’asile, ainsi qu’aux membres de leur famille, s’ils sont couverts par cette demande d’asile conformément au droit national. »
69. La directive Accueil a fait l’objet d’une refonte par la directive no 2013/33 du 26 juin 2013 (JO L 180/96 du 29 juin 2013), dans le but de garantir un régime européen commun concernant les conditions matérielles d’accueil et les droits fondamentaux des demandeurs d’asile, et de faire en sorte que la mise en rétention des demandeurs d’asile ne soit envisagée que comme mesure de dernier ressort.
70. Dans sa nouvelle version, l’article 3 (« Champ d’application ») de la directive Accueil est ainsi libellé :
« La présente directive s’applique à tous les ressortissants de pays tiers et apatrides qui présentent une demande de protection internationale sur le territoire d’un État membre, y compris à la frontière, dans les eaux territoriales ou les zones de transit, tant qu’ils sont autorisés à demeurer sur le territoire en qualité de demandeurs, ainsi qu’aux membres de leur famille, s’ils sont couverts par cette demande de protection internationale conformément au droit national. »
71. La directive 2005/85 du 1er décembre 2005 relative à des normes minimales concernant la procédure d’octroi et de retrait du statut de réfugié dans les États membres (dite « directive Procédure »), entrée en vigueur le jour de sa publication au Journal officiel (JO L 326/13 du 13 décembre 2005), garantit, entre autres, les droits suivants :
– les demandeurs d’asile doivent être informés de la procédure à suivre, de leurs droits et obligations, et du résultat de la décision prise par l’autorité responsable de la détermination des personnes à protéger ;
– les demandeurs d’asile doivent bénéficier, en tant que de besoin, des services d’un interprète pour présenter leurs arguments aux autorités compétentes ;
– les demandeurs d’asile doivent bénéficier de la possibilité de communiquer avec le HCR. Plus généralement, les États membres doivent permettre au HCR d’accéder aux demandeurs d’asile, y compris ceux placés dans des lieux de rétention, ainsi qu’aux informations concernant les demandes et procédures d’asile, et lui permettre de donner son avis à toute autorité compétente ;
– les demandeurs d’asile doivent avoir la possibilité effective de consulter, à leurs frais, un conseil juridique.
72. La directive Procédure à fait l’objet d’une refonte par la directive no 2013/32 du 29 juin 2013 (JO L 180/60 du 29 juin 2013), dans le but d’augmenter l’équité, la rapidité et la qualité des décisions en matière d’asile en mettant au point des normes concernant les procédures d’octroi et de retrait de la protection internationale dans les États membres en vue d’établir une procédure d’asile commune dans l’Union.
Les principes de la directive Procédure refondue – tels que résumés dans l’exposé des motifs – sont notamment les suivants :
– chaque demandeur doit avoir un accès effectif aux procédures, pouvoir coopérer et communiquer de façon appropriée avec les autorités compétentes afin de présenter les faits pertinents le concernant, et disposer de garanties de procédure suffisantes pour faire valoir ses motifs à tous les stades de la procédure ;
– chaque demandeur doit, par ailleurs, avoir la possibilité de communiquer avec un représentant du HCR et avec les organisations qui fournissent aux demandeurs de protection internationale des conseils ou des orientations ;
– afin de garantir l’accès effectif à la procédure d’examen des demandes d’asile, les agents qui entrent en premier en contact avec les personnes demandant une protection internationale, en particulier les agents chargés de la surveillance des frontières terrestres ou maritimes ou des contrôles aux frontières, reçoivent des informations pertinentes et une formation adéquate, de sorte qu’ils soient en mesure de fournir aux ressortissants de pays tiers ou aux apatrides qui se trouvent sur le territoire des États membres, y compris à la frontière, dans les eaux territoriales ou dans les zones de transit, et qui demandent une protection internationale, les informations pertinentes leur permettant de savoir où et comment ils peuvent introduire une demande de protection internationale.
73. Des garanties accrues sont prévues pour les mineurs non accompagnés. Notamment, certaines limites sont envisagées en ce qui concerne le traitement de leurs demandes d’asile dans le cadre de procédures d’examen accélérées ou menées à la frontière.
3. Le Bureau européen d’appui en matière d’asile
74. Le règlement no 439/2010 du Parlement européen et du Conseil du 19 mai 2010 (JO L 132/27 du 29 mai 2010) a institué un Bureau européen d’appui en matière d’asile (« le Bureau d’appui »), afin de contribuer à améliorer la mise en œuvre du régime d’asile commun, de renforcer la coopération pratique en matière d’asile entre les États membres et d’apporter un appui opérationnel aux États membres dont les régimes d’asile et d’accueil sont soumis à des pressions particulières ou de coordonner la fourniture de cet appui.
75. Le Bureau d’appui coordonne, notamment, les actions d’appui aux États membres dont les régimes d’asile et d’accueil sont soumis à des pressions particulières, par exemple en raison de l’arrivée soudaine d’un grand nombre de ressortissants de pays tiers susceptibles de nécessiter une protection internationale ou à cause de la situation géographique ou démographique de l’État membre. Dans ce cadre, le Bureau assure le déploiement sur le territoire de l’État concerné, pour une durée limitée, d’une ou plusieurs équipes d’appui asile chargées d’apporter une assistance technique, en particulier en ce qui concerne les services d’interprétation, les informations sur les pays d’origine et la maîtrise du traitement et de la gestion des dossiers d’asile.
76. Le 1er février 2011, le Bureau d’appui est devenu opérationnel comme agence de l’Union européenne.
4. Le cadre juridique de Schengen
77. L’Accord de Schengen signé le 14 juin 1985 entre l’Allemagne, la Belgique, la France, le Luxembourg et les Pays-Bas vise à supprimer progressivement les contrôles aux frontières communes aux États signataires et à instaurer un régime de libre circulation des personnes, aussi bien pour leurs propres ressortissants que pour ceux des autres États membres ou de pays tiers.
L’accord est complété par une convention, qui définit les conditions d’application et les garanties de mise en œuvre de cette libre circulation. Signée à Schengen le 19 juin 1990 par les cinq mêmes États membres, elle n’est entrée en vigueur qu’en 1995.
78. L’Italie et la Grèce ont signé ces accords le 27 novembre 1990 et le 6 novembre 1992, respectivement.
79. L’Accord et la Convention de Schengen, ainsi que les accords connexes, forment ce qu’il est convenu d’appeler « l’acquis de Schengen ». Depuis 1999, l’acquis de Schengen est intégré au cadre institutionnel et juridique de l’Union européenne en vertu d’un protocole annexé aux traités.
80. Le 15 mars 2006, le Parlement européen et le Conseil ont adopté le règlement (CE) no 562/2006 (JO L 105 du 13 avril 2006), établissant un code communautaire relatif au régime de franchissement des frontières par les personnes (dit « code frontières Schengen »). Ce règlement opère une réforme de l’acquis existant en matière de contrôle frontalier. Il vise à consolider et à développer le volet législatif de la politique de gestion intégrée des frontières, en précisant les règles relatives au franchissement des frontières extérieures – sachant que les contrôles frontaliers entre États membres sont, en principe, supprimés.
81. Le vingtième considérant du code des frontières Schengen se lit ainsi :
« Le présent règlement respecte les droits fondamentaux et observe les principes qui sont reconnus notamment par la charte des droits fondamentaux de l’Union européenne. Il devrait être mis en œuvre dans le respect des obligations des États membres en matière de protection internationale et de non-refoulement. »
82. L’article 3 du code des frontières Schengen est ainsi libellé :
« Le présent règlement s’applique à toute personne franchissant la frontière intérieure ou extérieure d’un État membre, sans préjudice :
[…]
b) des droits des réfugiés et des personnes demandant une protection internationale, notamment en ce qui concerne le non-refoulement. »
D. L’accord bilatéral de réadmission de 1999
83. Le 30 mars (ou le 30 avril, selon le gouvernement italien) 1999, l’Italie et la Grèce ont signé un accord bilatéral concernant la réadmission des personnes en situation irrégulière (« l’accord bilatéral de 1999 »). Le texte de cet accord, qui n’a pas été versé au dossier par les gouvernements défendeurs, a été publié dans le Journal officiel de la République hellénique du 7 novembre 2000 ; il n’a pas fait l’objet d’une publication officielle en Italie.
84. L’article 5 de cet accord prévoit que chacune des Parties contractantes réadmet sur son territoire, à la demande de l’autre et sans aucune formalité, tout ressortissant d’un pays tiers qui est entré sur le territoire de la seconde après avoir, dans les douze mois précédant la demande, transité ou séjourné sur le territoire de la première. La demande de réadmission doit être introduite dans le délai de trois mois à compter de la constatation de la présence de l’étranger dans l’État demandeur.
85. L’article 6 exclut du champ d’application de cette obligation de réadmi

A chi rivolgersi e i costi dell'assistenza

Il Diritto dell'Espropriazione è una materia molto complessa e poco conosciuta, che "ingloba" parti importanti di molteplici rami del diritto. Per tutelarsi è quindi essenziale farsi assistere da un Professionista (con il quale si consiglia di concordare in anticipo i costi da sostenere, come ormai consentito dalle leggi in vigore).

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Per capire come funziona la procedura, quando intervenire e i costi da sostenere, si consiglia di consultare la Sezione B.6 - Come tutelarsi e i Costi da sostenere in TRE Passi.

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Se l'espropriato è assistito da un Professionista aderente all'Associazione pagherà solo a risultato raggiunto, "con i soldi" dell'Amministrazione. Non si deve pagare se non si ottiene il risultato stabilito. Tutto ciò viene pattuito, a garanzia dell'espropriato, con un contratto scritto. è ammesso solo un rimborso spese da concordare: ad. es. 1.000 euro per il DAP (tutelarsi e opporsi senza contenzioso) o 2.000 euro per il contenzioso. Per maggiori dettagli si veda la pagina 20 del nostro Vademecum gratuito.

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