SECONDA SEZIONE
CAUSA SERINO C. ITALIA
(Richiesta no 679/03)
SENTENZA
STRASBURGO
19 febbraio 2008
DEFINITIVO
19/05/2008
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Serino c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
András Baka, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Antonella Mularoni, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, giudici,
e da Sally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 gennaio 2008,
Rende la sentenza che ha adottata in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 679/03) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. L.S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 25 settembre 2000 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da F. P., avvocato a Benevento. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, dal suo coagente, il Sig. F. Crisafulli, così come dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il 30 marzo 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 § 3 della Convenzione, ha deciso che si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente è nato nel 1925 e ha risieduto a Benevento.
A. Il procedimento principale
5. Il 24 novembre 1992, il richiedente fece opposizione dinnanzi al tribunale di Benevento (RG no 2987/92) ad un’ingiunzione di pagamento per la somma di 5 031 735 lire italiane (ITL) [2 598,67 euro (EUR)].
Delle ventitre udienze fissate tra il 14 gennaio 1993 ed il 21 ottobre 2002, due furono rinviate su richiesta delle parti. All’udienza del 3 novembre 2003, il giudice rinviò la causa al 4 ottobre 2004 per la presentazione delle conclusioni.
6. Le parti non hanno fornito nessuna informazione sugli sviluppi conosciuti tramite il procedimento dal 3 novembre 2003.
B. Il procedimento “Pinto”
7. Il 16 ottobre 2001, lamentandosi della durata del procedimento, il richiedente investì la corte di appello di Roma ai sensi della “legge Pinto” (no 89/2001). Chiese alla corte di concludere ad una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e di condannare lo stato italiano al risarcimento dei danni morali subiti, che valutava a 16 000 000 ITL (8 263,31 EUR).
8. Con una decisione del 17 giugno 2002 il cui testo fu depositato alla cancelleria il 29 luglio 2002, la corte di appello constatò il superamento di una durata ragionevole ed accordò 2 000 EUR in equità come risarcimento del danno morale così come 1 720 EUR per oneri e spese. Notificata all’amministrazione il 4 dicembre 2002, questa decisione acquisì autorità di cosa giudicata il 2 febbraio 2003.
9. Nel frattempo, con una lettera del 17 dicembre 2002, il richiedente aveva informato la Corte che non aveva l’intenzione di ricorrere in cassazione, al motivo che questo rimedio poteva essere introdotto solamente per questioni di diritto, invitando la Corte a riprendere l’esame della sua richiesta.
10. Al 7 febbraio 2003, le somme accordate in esecuzione della decisione Pinto non erano ancora state pagate.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
11. Il diritto e la pratica interna pertinenti figurano nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], no 64886/01, §§ 23-31, CEDH 2006 -…).
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
12. Il richiedente si lamenta della durata del procedimento principale. Dopo avere tentato il procedimento “Pinto”, considera che l’importo accordato dalla corte di appello a titolo di danno morale non sia sufficiente a riparare il danno subito.
13. Il Governo si oppone a questa tesi.
14. L’articolo 6 § 1 della Convenzione è formulato così:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia sentita in un termine ragionevole, da un tribunale che deciderà, delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
A. Sull’ammissibilità
1. Non-esaurimento delle vie di ricorso interne
15. Il Governo solleva un’eccezione di non-esaurimento delle vie di ricorso interne. Afferma che la Corte avrebbe sospeso l’esame della richiesta in seguito alla decisione del richiedente di avvalersi del rimedio introdotto dalla legge “Pinto”, entrata in vigore nel frattempo, creando così una disparità di trattamento rispetto ad altre richieste introdotte prima dell’adozione di suddetta legge e respinte dalla Corte per non-esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che i richiedenti non avevano utilizzato il ricorso “Pinto” (inter alia, Brusco c. Italia,( déc.), no 69789/01, CEDH 2001-IX).
16. La Corte osserva che, contrariamente al lacausa Brusco, dove il richiedente aveva indicato che non desiderava avvalersi del rimedio offerto dalla legge “Pinto” ed aveva invitato la Corte a registrare la sua richiesta, il richiedente, nello specifico, ha comunicato alla Corte la sua intenzione di introdurre un ricorso “Pinto”, ciò che ha fatto poi, senza rinunciare alla sua richiesta. Essendo state esaurite le vie di ricorso interne (vedere Di Salute c. Italia,( déc.), no 56079/00, 24 giugno 2004) la Corte stima che c’è luogo di respingere l’eccezione.
2. Tardività della richiesta
17. Il Governo solleva poi un’eccezione di tardività della richiesta. Afferma che il richiedente avrebbe chiesto alla Corte di riprendere l’esame della sua richiesta più di un anno dopo la chiusura del procedimento “Pinto”, il che provocherebbe la violazione di un principio generale che imporrebbe ai richiedenti di fornire delle informazioni sulle loro richieste entro un anno a contare dalla loro sospensione.
18. La Corte rileva da prima che, nella sua lettera del 19 aprile 2002, prese atto dell’intenzione del richiedente di avvalersi del rimedio “Pinto” senza rinunciare alla sua richiesta, ed informò l’interessato del fatto che in mancanza, per un periodo di un anno, di ogni informazione sugli sviluppi del procedimento, la pratica sarebbe stata distrutta. Constata poi che, con una lettera del 17 dicembre 2002, ossia più di quattro mesi dopo il deposito della decisione “Pinto” il 29 luglio 2002, il richiedente invitò la Corte a riprendere l’esame della sua richiesta. Nota infine che, con una lettera del 3 febbraio 2003, il richiedente è stato informato della registrazione della sua richiesta il 9 gennaio 2003. Di conseguenza, la Corte stima che c’è luogo di respingere l’eccezione.
3. Requisito di “vittima”
19. Per sapere se un richiedente può definirsi “vittima” ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione, c’è luogo di esaminare se le autorità nazionali hanno riconosciuto e poi riparato in modo adeguato e sufficiente la violazione controversa (vedere, interue alia, Delle Cave e Corrado c. Italia, no 14626/03, §§ 26-31, 5 giugno 2007; Cocchiarella c. Italia, precitata, §§ 69-98).
20. La Corte, dopo avere esaminato l’insieme dei fatti della causa e gli argomenti delle parti, considera che la correzione si è rivelata insufficiente e che il richiedente può sempre definirsi “vittima”, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione.
4. Conclusione
21. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente mal fondata ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararla ammissibile.
B. Sul merito
22. In quanto alla durata del procedimento, la Corte rileva che questo è cominciato il 24 novembre 1992, quando il richiedente fece opposizione dinnanzi al tribunale di Benevento, ed era ancora pendente il 3 novembre 2003, data delle ultime informazione fornite dalle parti (paragrafo 25-26 sotto). Sulla base degli elementi che figurano nella pratica, è durato dunque più di dieci anni ed undici mesi per un grado di giurisdizione di cui più di nove anni e sei mesi presi in considerazione dalla decisione “Pinto.”
23. Dopo avere esaminato i fatti alla luce delle informazione fornite dalle parti, e tenuto conto della sua giurisprudenza in materia la Corte stima, che nello specifico, la durata del procedimento controverso è eccessiva e non soddisfa l’esigenza del “termine ragionevole.” Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
24. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
25. Il 30 marzo 2006, la Corte ha comunicato la richiesta al Governo convenuto. Questo ultimo ha presentato le sue osservazioni sull’ammissibilità e la fondatezza della causa il 29 novembre 2006, dopo avere sollecitato ed ottenuto dalla Corte una proroga del termine che gli aveva assegnato.
26. Il richiedente è stato invitato a presentare le sue osservazioni in risposta, così come la sua richiesta di soddisfazione equa, prima del 5 febbraio 2007. Non essendo giunta alcuna risposta da parte sua, una lettera per raccomandata con ricevuta di ritorno gli è stata mandata dalla cancelleria il 10 luglio 2007, avvertendolo che il termine che gli era stato assegnato per la presentazione delle sue osservazioni e della sua richiesta di soddisfazione equa era scaduto e che la Corte avrebbe potuto stimare che non intendeva mantenere più la sua richiesta e decidere di cancellare questa dal ruolo. Con una lettera del 14 settembre 2007, il richiedente presentò le sue osservazioni che non sono state versate nella pratica in ragione della loro tardività, e la sua richiesta di soddisfazione equa.
27. Il richiedente avendo fatto la sua richiesta di soddisfazione equa all’infuori del termine fissato, la Corte decide di non accordare niente a titolo dell’articolo 41 della Convenzione.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Respinge la domanda di soddisfazione equa.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 19 febbraio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa