Conclusione Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA ŞEREFLİ ED ALTRI C. Turchia (No 2)
( Richiesta no 14015/05)
SENTENZA
STRASBURGO
30 marzo 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Şerefli ed altri c. Turchia (no 2),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e dai Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 9 marzo 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 14015/05) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui tredici cittadini di questo Stato, OMISSIS (“i richiedenti”), hanno investito la Corte il 18 marzo 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da O. U., avvocato al foro di İstanbul residente a Strasburgo, e H. T., avvocato ad Ankara. Il governo turco (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente.
3. Il 16 giugno 2008, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
4. Il 22 settembre 1947, due foreste private appartenenti agli ascendenti dei richiedenti furono nazionalizzate ed una somma di 46 250 lire turche (TRL) fu versata loro a titolo dell’indennità di statalizzazione. Secondo il Governo, suddetta somma equivaleva, all’epoca, a circa 293 955 euro (EUR).
5. Dopo avere intrapreso parecchi passi amministrativi e giudiziali allo scopo di contestare la statalizzazione delle loro foreste, il 26 aprile 1965, i richiedenti investirono poi la corte d’appello di Marmaris di un’istanza di aumento dell’indennità di statalizzazione.
6. Il 24 gennaio 1967, il tribunale respinse i richiedenti della loro istanza per decadenza ed errore sull’identità della persona contro la quale l’azione avrebbe dovuto essere intentata. Il 31 maggio 1967, la Corte di cassazione annullò tuttavia, il giudizio reso.
7. Il 29 settembre 1970, la corte d’appello, investita su rinvio, fece diritto all’istanza dei richiedenti e concedette loro la totalità dell’indennità complementare richiesta, o 4 953 750 TRL. Il 17 dicembre 1971, la Corte di cassazione annullò però, di nuovo il giudizio di prima istanza.
8. Da allora, il giudice del merito tenne più di cento sessantacinque udienze ed ordinò parecchie visite dei luoghi e nuove perizie per determinare il valore dei beni controversi. Però, secondo i documenti della pratica, il tribunale non avrebbe ancora deliberato sul merito al giorno dell’adozione della presente sentenza e dunque la causa rimarrebbe pendente dinnanzi alla giurisdizione di prima istanza.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
9. I richiedenti adducono che la durata del procedimento ha ignorato il principio del “termine ragionevole” come previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.
10. A titolo di eccezione, il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne che rilevavano che i richiedenti hanno introdotto la presente richiesta senza l’ottenimento preliminare di una decisione interna definitiva.
11. La Corte stima che tale eccezione è incompatibile con la natura del motivo di appello derivato dalla durata di un procedimento civile poiché è inconcepibile esigere che il procedimento contro la quale il motivo di appello relativo alla durata eccessiva è diretto abbia il dovere di concludersi prima (vedere, mutatis mutandis, Erhun c. Turchia, numeri 4818/03 e 53842/07, § 24, 16 giugno 2009). Pertanto, respinge l’eccezione del Governo e constata che questo motivo di appello non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
12. In quanto al merito, il Governo i oppone all’affermazione dei richiedenti, considerando che la lunghezza del procedimento controverso è dovuta in particolare alla complessità della causa, al numero delle persone implicate ed al comportamento di queste ultime che hanno omesso in particolare di partecipare a certe udienze.
13. I richiedenti si oppongono a questi argomenti.
14. La Corte osserva che il procedimento di cui i richiedenti si lamentano è cominciato il 26 aprile 1965 con l’immissione nel processo della corte d’appello di Marmaris, e non è ancora finito al giorno dell’adozione della presente sentenza. Tuttavia, rileva che il periodo da considerare è cominciato solamente con la presa di effetto, il 28 gennaio 1987, della riconoscenza del diritto di ricorso individuale da parte della Turchia. A contare dal 28 gennaio 1987 fino alla data dell’adozione della presente sentenza, una durata di più di ventitre anni è trascorsa dunque per una causa che ha conosciuto due gradi di giurisdizione che sono state investite in cinque riprese, essendo inteso che fino alla data precitata, il procedimento era pendente da più di vent’ anni.
15. La Corte ricorda che il carattere ragionevole della durata di un procedimento si rivaluta secondo le circostanze della causa ed avendo riguardo ai criteri consacrati dalla sua giurisprudenza, in particolare la complessità della causa, il comportamento dei richiedenti e quello delle autorità competenti così come la posta della controversia per gli interessati (vedere, tra molte altre, Frydlender c. Francia [GC], no 30979/96, § 43, CEDH 2000-VII).
16. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevavano delle questioni simili a quella del caso di specie e ha constatato la violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione (vedere Frydlender precitata).
17. Dopo avere esaminato tutti gli elementi che le sono stati sottoposti, la Corte considera che il Governo non ha esposto nessuno fatto né argomento da poter condurre ad una conclusione differente nel caso presente. Tenuto conto della sua giurisprudenza in materia, la Corte stima che nello specifico la durata del procedimento controverso è eccessiva e non risponde all’esigenza del “diritto ad un giudizio in un termine ragionevole.”
Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
18. I richiedenti si lamentano anche del fatto che la lunghezza del procedimento controverso ha recato offesa al diritto al rispetto dei loro beni come garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
19. Il Governo contesta questa affermazione.
20. La Corte osserva che la controversia che è oggetto della presente sentenza riguarda un’istanza di aumento dell’indennità di statalizzazione e che il procedimento ivi relativo rimane sempre pendente dinnanzi alle giurisdizioni interne. Rileva dunque che queste ultime non hanno deliberato ancora sulla rivendicazione dei richiedenti e che l’esistenza di un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non è ancora stabilito a livello interno. Ora, la Corte, avendo analizzato l’insieme degli elementi in suo possesso, stima necessario conoscere la conclusione del procedimento in diritto interno per potere deliberare sul motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1.
21. Ne segue che allo stadio reale del procedimento dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, la presentazione di questo motivo di appello appare prematura e deve essere respinta per non-esaurimento delle vie di ricorso interne dunque, in applicazione dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione (vedere, nello stesso senso, Veli Uysal c. Turchia, no 57407/00, §§ 40-43, 4 marzo 2008, ed Ergül ed altri c. Turchia, no 22492/02, §§ 34-37, 20 ottobre 2009).
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
22. I richiedenti richiedono 200 000 000 euro (EUR) a titolo del danno patrimoniale. Sollecitano inoltre 25 000 EUR per ciascuno a titolo del danno morale che avrebbero subito in ragione della durata eccessiva del procedimento civile che è oggetto della presente sentenza. Chiedono infine congiuntamente 50 000 EUR per gli oneri e le spese impegnati dinnanzi alle giurisdizioni interne e la Corte, senza nessuno giustificativo in appoggio.
23. Il Governo contesta queste pretese.
24. La Corte non vede alcun legame di causalità tra la violazione constatata sul terreno dell’articolo 6 § 1 della Convenzione ed il danno patrimoniale addotto e respinge questa richiesta. In compenso, stima che i richiedenti hanno subito un torto morale certo. Deliberando in equità, accorda congiuntamente ai richiedenti la somma di 15 600 EUR a questo titolo (vedere Ergül ed altri, precitata, §§ 44-47). In quanto agli oneri e spese, la Corte osserva che le pretese dei richiedenti non sono corredate dai giustificativi pertinenti permettendo di calcolarli in modo preciso (vedere, tra molte altre, Mantzila c. Grecia, no 25536/04, § 33, 4 maggio 2006). Conviene dunque respingere questa richiesta dei richiedenti.
25. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
26. Per di più, essendo il procedimento civile controverso sempre pendente da circa quarantacinque anni (paragrafi 5, 8 e 14 sopra) nell’occorrenza, la Corte stima che un modo adeguato di mettere un termine alla violazione constatata è di finire velocemente i possibili processi in questione, prendendo in considerazione le esigenze di una buona amministrazione della giustizia.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, la durata eccessiva del procedimento, ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 15 600 EUR (quindicimila sei cento euro) da convertire in lire turche al tasso applicabile alla data dell’ordinamento, per danno morale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 30 marzo 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Canceleira collaboratrice Presidentessa