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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SELLEM c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 41, 3
Numero: 12584/08/2009
Stato: Italia
Data: 2009-05-05 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione dell’art. 3, in caso di espulsione verso la Tunisia,; Danno morale – constatazione di violazione sufficiente
SECONDA SEZIONE
CAUSA SELLEM C. ITALIA
( Richiesta no 12584/08)
SENTENZA
STRASBURGO
5 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Sellem c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Ireneu Cabral Barreto, presidente, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Pasos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 aprile 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 12584/08) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino tunisino, il Sig. E. B. E. S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 13 marzo 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da G. d. C., avvocato a Milano. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo co-agente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce in particolare che il collocamento in esecuzione della decisione di espellerlo verso la Tunisia violerebbe gli articoli 3 e 8 della Convenzione.
4. Il 18 agosto 2008, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità e sul merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1967 e ha risieduto a Milano.
A. Le investigazioni contro il richiedente in Italia ed il tentativo di espellerlo
6. Il richiedente risiede in Italia dal 1990. È sposato con una cittadina tunisina e padre di due bambini di tenera età nati in Italia.
7. Il 23 marzo 2003, depositò alla questura di Milano un’istanza di carta di soggiorno permanente. Il 25 novembre 2004, sollecitò la concessione di un permesso di soggiorno temporaneo, che la questura gli rilasciò il 3 marzo 2005. Suddetto permesso aveva una validità di due anni.
8. Il 6 novembre 2007, il richiedente apprese in occasione di una perquisizione del suo domicilio che la procura di Milano aveva sollecitato a suo carico un’inchiesta penale per terrorismo (articolo 270 bis del codice penale). Il procedimento penale diretto contro lui è sempre pendente.
9. Il 26 febbraio 2008, tramite D. C., il richiedente invitò la questura a rilasciargli la carta di soggiorno chiesto nel marzo 2003.
10. Il 3 marzo 2008, il Servizio dell’immigrazione della prefettura informò D. C. che la rimessa del permesso di soggiorno al suo cliente, il 3 marzo 2005, aveva chiuso i procedimenti amministrativi iniziati dall’interessato il 23 marzo 2003 ed il 25 novembre 2004.
11. Il 4 marzo 2008, il Servizio dell’immigrazione informò tramite lettera D. C. che il suo cliente doveva presentarsi alla prefettura il 13 marzo.
12. Il 13 marzo 2008, la prefettura constatò che il richiedente non aveva chiesto il rinnovo del suo permesso di soggiorno, scaduto dal 1 marzo 2007, e che soggiornava dunque irregolarmente in Italia. Gli notificò un decreto di espulsione adottato lo stesso giorno.
13. Il giorno stesso, D. C. chiese alla Corte di adottare, sul fondamento dell’articolo 39 del suo ordinamento, “tutte le misure che avrebbe stimato utile nell’interesse del richiedente” per evitare che questo venisse espulso. Precisando che il 30 gennaio 2002, il tribunale militare di Tunisi aveva condannato in contumacia il Sig. S. e nove altre persone a dieci anni di reclusione “per avere costituito in tempo di pace un’organizzazione terroristica operante all’estero”, sostenne che espellere il suo cliente l’avrebbe esposto al rischio di essere torturato, avrebbe violato il suo diritto al rispetto della sua vita familiare ed avrebbe impedito a sua figlia di sei anni di proseguire la sua scolarità.
14. Il 14 marzo 2008, la presidentessa della seconda sezione decise di indicare al governo italiano, in applicazione dell’articolo 39 precitato, che era auspicabile, nell’interesse delle parti e del buon svolgimento del procedimento dinnanzi alla Corte, di non espellere il richiedente verso la Tunisia fino a nuovo ordine. Attirò l’attenzione del Governo sul fatto che, quando uno Stato contraente non si conforma ad una misura indicata a titolo dell’articolo 39 dell’ordinamento, ciò può provocare una violazione dell’articolo 34 della Convenzione (vedere Mamatkoulov ed Askarov c. Turchia [GC], i numeri 46827/99 e 46951/99, §§ 128-129 e punto 5 del dispositivo, CEDH 2005-I).
15. Il 4 aprile 2008, il Governo depositò alla cancelleria una nota del Servizio dell’immigrazione che attestava che l’espulsione del richiedente era stata sospesa il 14 marzo, conformemente alla decisione della Corte di applicare l’articolo 39 del suo ordinamento.
16. Il 15 aprile 2008, il richiedente attaccò l’ordinanza d’espulsione dinnanzi al giudice conciliatore di Milano. Con una decisione del 28 aprile 2008, il giudice conciliatore fece diritto alla domanda introdotta dal richiedente e sospese l’espulsione aspettando la conclusione del procedimento a Strasburgo.
B. Le assicurazioni diplomatiche ottenute dalle autorità italiane
17. Il 10 dicembre 2008, l’ambasciata dell’Italia a Tunisi indirizzò al ministero tunisino delle Cause estere la seguente nota verbale (no 4566) :
“L’ambasciata dell’Italia presenta i suoi complimenti al ministero delle Cause Estere e si riferisce alle sue proprie note verbali precedenti ed alla visita in Tunisia della delegazione dei rappresentanti dei ministeri italiani dell’interno e della Giustizia, tenutasi il 24 luglio scorso, concernente un esame dei procedimenti da seguire a proposito dei ricorsi pendenti della Corte europea dei diritti dell’uomo, presentati dai cittadini tunisini, che sono stati o che potrebbero essere oggetto di decreti di espulsione.
L’ambasciata dell’Italia ringrazia il ministero delle Cause Estere e tramite questo il ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo per l’utile collaborazione espressa già per i casi trattati.
Conformemente a ciò che era stato convenuto all’epoca della riunione del 24 luglio, le autorità italiane hanno l’onore di sottoporre tramite via diplomatica la loro richiesta di elementi addizionali specifici che si rivelano necessari nel contenzioso in corso dinnanzi alla Corte di Strasburgo tra l’Italia ed i cittadini tunisini citati qui di seguito:
A questo effetto, l’ambasciata dell’Italia ha l’onore di chiedere al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente investire le autorità tunisine competenti affinché possano fornire tramite via diplomatica le assicurazioni specifiche sul cittadino tunisino Sig. S.E.B.I. riferendosi ai seguenti argomenti:
– in caso di espulsione verso la Tunisia del ricorrente, non sarà sottomesso a torture né a pene o trattamenti disumani o degradanti;
– che possa essere giudicato da un tribunale indipendente ed imparziale, secondo i procedimenti che, nell’insieme, saranno conformi ai principi di un processo equo e pubblico; [e], in caso di condanna [in] contumacia, [ottenere] la riapertura del procedimento penale a suo carico, ed a produrre ogni elemento pertinente a questo motivo;
– che possa, durante la sua eventuale detenzione, ricevere le visite dei suoi avvocati, così come dei membri della sua famiglia e di un medico.
Poiché la scadenza per la presentazione delle osservazioni del governo italiano a Strasburgo per suddetto caso è fissata al 16 dicembre prossimo, l’ambasciata dell’Italia sarebbe grata al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente farle giungere gli elementi richiesti al più presto e fondamentali per la strategia di difesa del governo italiano e suggerisce che la Sig.ra C., primo segretario [dell ‘] ambasciata, possa recarsi al ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo per fornire ogni delucidazione opportuna.
L’ambasciata dell’Italia ringrazia in anticipo il ministero delle Cause Estere per l’attenzione che sarà riservata alla presente nota e coglie l’occasione per rinnovargli le assicurazioni della sua alta considerazione. ”
18. Il 3 gennaio 2009, le autorità tunisine fecero pervenire la loro risposta, firmata dall’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali. Nelle sue parti pertinenti, questa risposta si legge come segue:
“Nella sua nota verbale in data del 10 dicembre 2008, l’ambasciata dell’Italia a Tunisi ha sollecitato, delle autorità tunisine, le assicurazioni, qui di seguito enumerate, concernenti il cittadino tunisino E. S. nel caso venisse espulso verso la Tunisia.
(…)
II. Conviene, prima di tutto, precisare che l’interessato è oggetto di un giudizio di contumacia per adesione ad un’organizzazione terroristica operante all’estero così come per le sue attività in vista di reclutare dei membri per questa organizzazione.
Se l’interessato [viene] espulso verso la Tunisia, sarà, fin dal suo arrivo in Tunisia, presentato ad un giudice. Potrà esercitare allora il suo diritto di opposizione, essendo sentito che l’ammissibilità dell’opposizione nella forma ha per conseguenza, in applicazione dell’articolo 182 del codice di procedimento penale, di annientare i giudizi attaccati e di permettergli di essere giudicato di nuovo e di presentare i mezzi di difesa che giudica utili.
All’epoca della sua comparizione dinnanzi al giudice, l’interessato beneficerà obbligatoriamente dell’assistenza di avvocati di sua scelta. Se si rivela che non ha i mezzi, degli avvocati gli saranno commessi d’ufficio a spese dello stato. Il giudice ordinerà in seguito o la liberazione dell’imputato o il suo arresto. Godrà, per tutto il suo processo, dell’insieme delle seguenti garanzie:
1. La garanzia del rispetto della dignità dell’interessato:
Il rispetto della dignità dell’interessato viene garantito, la sua origine risiede nel principio del rispetto della dignità di ogni persona qualunque sia o lo stato in cui si trova, principio fondamentale riconosciuto dal diritto tunisino e garantito per ogni persona e più particolarmente per i detenuti il cui statuto è regolamentato minuziosamente.
È a questo riguardo utile ricordare che l’articolo 13 della Costituzione tunisina dispone nel suo capoverso 2 che “ogni individuo che ha perso la sua libertà è trattato umanamente, nel rispetto della sua dignità.”
La Tunisia ha ratificato peraltro senza nessuna riserva la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ha riconosciuto così la competenza del comitato contro la tortura per ricevere ed esaminare le comunicazioni presentate da o per conto di individui che dipendono dalla sua giurisdizione che pretendono di essere vittime di violazioni delle disposizioni della Convenzione( ratifica con la legge no 88-79 dell’ 11 luglio 1988. Gazzetta ufficiale della Repubblica tunisino no 48 del 12-15 luglio 1988, pagina 1035).
Le disposizioni di suddetta Convenzione sono state trasposte in diritto interno, l’articolo 101 bis del codice penale definisce la tortura come “ogni atto tramite cui un dolore o delle sofferenze acute, fisiche o mentali, vengono inflitti intenzionalmente ad una persona in particolare ai fini di ottenere da lei o da una terza persona delle informazioni o delle confessioni, di punirla di un atto che lei o una terza persona hanno commesso o sono sospettate di averlo commesso, di intimidire o di fare pressione su un terza persona, o quando il dolore o le sofferenze acute sono inflitte per ogni altro motivo fondato su una forma di discriminazione [qualunque] sia.”
Il legislatore ha contemplato delle pene severe per questo genere di violazioni, così l’articolo 101 bis sopracitato dispone che venga punito di una detenzione di otto anni il funzionario o assimilato che sottopone una persona a tortura e questo, nell’esercizio o in occasione dell’esercizio delle sue funzioni.”
È da segnalare che la custodia cautelare è, secondo l’articolo 12 della Costituzione, sottoposta al controllo giudiziale e che si può procedere al carcere preventivo solo su ordine giurisdizionale. È vietato sottoporre chiunque ad una detenzione arbitraria. Parecchi garanzie accompagnano il procedimento della custodia cautelare e tendono a garantire il rispetto dell’integrità fisica e morale del detenuto di cui in particolare:
– Il diritto della persona in custodia cautelare di informare, fin dal suo arresto, i membri della sua famiglia.
– Il diritto di chiedere durante il periodo di custodia cautelare o alla sua scadenza di essere sottomessi ad un esame medico. Questo diritto può essere esercitato all’occorrenza dai membri della famiglia.
– La durata del carcere preventivo è regolamentata, il suo prolungamento è eccezionale e deve essere motivato dal giudice.
C’è luogo anche di notare che [la] legge del 14 maggio 2001 relativa all’organizzazione delle prigioni dispone nel suo articolo primo che ha per obiettivo di regolare “le condizioni di detenzione nelle prigioni in vista di garantire l’integrità fisica e morale del detenuto, di prepararlo alla vita libera e di aiutare il suo reinserimento.”
Questo dispositivo legislativo è rinforzato dal collocamento in posto di un sistema di controllo destinato a garantire il rispetto effettivo della dignità dei detenuti. Si tratta di parecchi tipi di controlli effettuati da diversi organi ed istituzioni:
– C’è da prima un controllo giudiziale assicurato dal giudice di esecuzione delle pene tenuto, secondo i termini dell’articolo 342-3 del codice di procedimento penale tunisino, [a] visitare la struttura penitenziaria che dipende dalla sua giurisdizione per prendere cognizione delle condizioni dei detenuti, queste visite sono in pratica effettuate in media a ragione di due volte la settimana.
– C’è poi il controllo effettuato dal comitato superiore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il presidente di questa istituzione nazionale indipendente può effettuare delle visite inopinate alle strutture penitenziarie per informarsi dello stato e delle condizioni dei detenuti.
– C’è anche il controllo amministrativo interno effettuato dai servizi dell’ispezione generale del ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo e l’ispezione generale che dipende dalla direzione generale delle prigioni e della rieducazione. È da notare in questa cornice che l’amministrazione penitenziaria dipende dal ministero della Giustizia e che gli ispettori di suddetto ministero sono dei magistrati di formazione il che costituisce una garanzia supplementare di un controllo rigoroso delle condizioni di detenzione.
– Bisogna segnalare infine che il comitato internazionale della Croce Rossa è abilitato dal 2005 ad effettuare delle visite nei luoghi di detenzione, prigioni e locali della polizia abilitati ad accogliere dei detenuti in custodia cautelare. Al termine di queste visite dei rapporti dettagliati vengono stabiliti e degli incontri sono organizzati coi servizi riguardati per mettere in opera le raccomandazioni formulate dal comitato sullo stato dei detenuti.
Le autorità tunisine ricordano che non esitano ad indagare su tutte le affermazioni di tortura ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli che lasciano credere che un atto di maltrattamenti è stato commesso. Si citeranno per delucidazione due esempi:
– Il primo esempio riguarda tre agenti dell’amministrazione penitenziaria perseguiti per vie di fatto su un detenuto; l’inchiesta sollecitata a questo effetto è arrivata alla condanna di tre agenti delle prigioni ad una pena di detenzione di quattro anni ciascuno (sentenza della corte di appello di Tunisi resa il 25 gennaio 2002).
– Il secondo esempio riguarda un agente di polizia condannato a 15 anni di detenzione per percosse e lesioni volontarie che hanno causato la morte senza intenzione di darla (sentenza resa dalla corte di appello di Tunisi il 2 aprile 2002).
Questi due esempi dimostrano che le autorità tunisine non tollerano nessuno maltrattamento e non esitano ad impegnare i perseguimenti necessari contro gli agenti dell’applicazione della legge ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli che lasciano credere che gli atti di tale natura [siano] stati commessi.
Alcuni casi di condanna per maltrattamenti sono stati segnalati nel rapporto presentato dalla Tunisia dinnanzi al Consiglio dei diritti dell’uomo e dinnanzi al Comitato dei diritti dell’uomo che denota così una politica di volontà dello stato a perseguire e reprimere ogni atto di tortura o dei cattivi trattamenti, il che è di natura tale da confutare ogni affermazione di violazione sistematica dei diritti dell’uomo.
In conclusione, è evidente che:
– Se E. S. [viene] espulso verso la Tunisia, sarà presentato ad un giudice e beneficerà dell’assistenza di un avvocato.
– L’interessato potrà esercitare il suo diritto di opposizione contro il giudizio reso a suo carico. L’ammissibilità dell’opposizione ha per effetto di annientare tutti gli effetti del giudizio e la causa sarà giudicata di nuovo.
– L’autorità giudiziaria competente deciderà o la sua scarcerazione o il suo arresto .
– Ad ogni modo, l’interessato beneficerà di tutte le garanzie che offerte dalla legislazione tunisina.
2. La garanzia di un processo equo agli interessati:
Se egli [viene] espulso in Tunisia, l’interessato beneficerà in particolare di procedimenti di perseguimento, di istruzione e di giudizio che offrono tutte le garanzie necessarie ad un processo equo,:
– Il rispetto del principio della separazione tra le autorità di perseguimento, di istruzione e di giudizio.
– L’istruzione in materia di crimini è obbligatoria. Ubbidisce al principio del doppio grado di giurisdizione, giudice istruttore e camera di accusa.
– Le udienze di giudizio sono pubbliche e rispettano il principio del contraddittorio.
– Ogni persona sospettata di crimine ha obbligatoriamente diritto all’assistenza di uno o parecchi avvocati. Gliene viene, all’occorrenza, commesso uno d’ufficio e gli oneri sono supportati dallo stato. L’assistenza dell’avvocato prosegue durante tutte le tappe del procedimento: istruzione preparatoria e fase di giudizio.
– L’esame dei crimini è della competenza dei corsi criminali che sono formati da cinque magistrati, questa formazione allargata rinforza le garanzie dell’imputato.
– Il principio del doppio grado di giurisdizione in materia criminale è consacrato dal diritto tunisino. Il diritto di fare appello ai giudizi di condanna è dunque un diritto fondamentale per l’imputato.
– Nessuna condanna può essere resa se non sulla base di prove solide sono state oggetto di dibattimenti contraddittori dinnanzi alla giurisdizione competente. Anche la confessione dell’imputato non è considerata come una prova determinante. Questa posizione è stata confermata dalla sentenza della Corte di cassazione tunisina no 12150 del 26 gennaio 2005 con cui la Corte ha affermato che la confessione estorta con violenza è nulla e non avvenuta e questo, in applicazione dell’articolo 152 del codice di procedimento penale che dispone che: “la confessione, come ogni elemento di prova, è lasciata alla libera valutazione dei giudici.” Il giudice dunque deve valutare tutte le prove che gli vengono presentate per decidere della forza probante da conferire a suddette prove secondo la sua intima convinzione.
3. La garanzia del diritto di ricevere delle visite:
Se l’arresto dell’interessato viene deciso dall’autorità giudiziale competente, beneficerà dei diritti garantiti ai detenuti dalla legge del 14 maggio 2001 relativa all’organizzazione delle prigioni. Questa legge consacra il diritto di ogni prevenuto a ricevere la visita dell’avvocato incaricato della sua difesa, senza la presenza di un agente della prigione, così come la visita dei membri della sua famiglia. Se il suo arresto [viene] deciso, l’interessato godrà di questo diritto conformemente alla regolamentazione in vigore e senza nessuna restrizione.
4. La garanzia del diritto di beneficiare delle cure mediche:
La legge precitata relativa all’organizzazione delle prigioni dispone che ogni detenuto abbia diritto alla gratuità delle cure e dei medicinali dentro alle prigioni e, a difetto, nella struttura ospedaliera. Inoltre, l’articolo 336 del codice di procedura penale autorizza il giudice di esecuzione delle pene a sottoporre il condannato ad esame medico.
Se l’arresto dell’interessato fosse deciso, sarebbe sottoposto ad esame medico fin dalla sua ammissione nell’unità penitenziaria. Potrà, d’altra parte, beneficiare ulteriormente di un seguito medico nella cornice di esami periodici. In conclusione, l’interessato beneficerà di un seguito medico regolare come ogni detenuto e non c’è luogo per questo fatto di autorizzare il suo esame da un altro medico.
Le autorità tunisine reiterano la loro volontà di cooperare pienamente con la parte italiana fornendole tutte le informazione ed i dati utili alla sua difesa nel procedimento in corso dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.”
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
19. I ricorsi che si possono formare contro un’ordinanza d’espulsione in Italia e le regole che disciplinano la riapertura di un processo in contumacia in Tunisia sono descritti in Saadi c. Italia ([GC], no 37201/06, §§ 58-60, 28 febbraio 2008).
III. TESTI E DOCUMENTI INTERNAZIONALI
20. Si trova nella sentenza Saadi precitata una descrizione dei testi, documenti internazionali e sorgenti delle seguenti informazioni: l’accordo di cooperazione in materia di lotta contro la criminalità firmato dall’Italia e la Tunisia e l’accordo di associazione tra la Tunisia, l’unione europea ed i suoi Stati membri, (§§ 61-62); gli articoli 1, 32 e 33 della Convenzione delle Nazioni unite del 1951 relativi allo statuto di profughi (§ 63); le linee direttive del Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa (§ 64); i rapporti relativi alla Tunisia di Amnesty Internazionale (§§ 65-72) e di Human Rights Watch (§§ 73-79); le attività del Comitato internazionale del Croce Rossa (§§ 80-81); il rapporto del Dipartimento di stato americano relativo ai diritti dell’uomo in Tunisia (§§ 82-93); le altre sorgenti di informazione relative al rispetto dei diritti dell’uomo in Tunisia (§ 94).
21. Dopo l’adozione della sentenza Saadi, Amnesty International ha pubblicato il suo rapporto annuale 2008. Le parti pertinenti della sezione di questo rapporto consacrato alla Tunisia sono riferite in Ben Khemais c. Italia (no 246/07, § 34,… 2009).
22. Nella sua risoluzione 1433(2005) relativa alla legalità della detenzione di persone da parte degli Stati Uniti a Guantanamo Bay, l’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa ha chiesto al governo americano, tra l’altro, “di non rinviare o trasferire i detenuti basandosi su delle “assicurazioni diplomatiche” di un paese conosciuto per ricorrere sistematicamente alla tortura ed in ogni caso se la mancanza di rischio di maltrattamento non è fermamente stabilita.”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
23. Il richiedente considera che l’esecuzione della sua espulsione l’esporrebbe ad un rischio di trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione. Questa disposizione si legge come segue:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
24. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
25. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
26. Il richiedente rinvia alle inchieste condotte da Amnesty International e dal Dipartimento di stato degli Stati Uniti d’America che dimostrerebbero che in caso di espulsione verso la Tunisia, sarebbe esposto ad un rischio concreto e serio di violazione dei diritti garantiti dall’articolo 3 della Convenzione.
27. Il Governo sottolinea che la Tunisia ha ratificato i principali strumenti internazionali in materia di protezione dei diritti dell’uomo, ivi compreso il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ricorda anche che nel 1995, la Tunisia ha firmato con l’unione europea un accordo di associazione in virtù del quale la questione del rispetto delle libertà fondamentali e dei principi democratici è un elemento del dialogo politico tra i firmatari. Sottolinea peraltro che le autorità tunisine permettono alla Croce Rossa internazionale di visitare le prigioni.
28. Secondo il Governo, si può presumere che la Tunisia non si scosterà dagli obblighi che gli spettano in virtù dei trattati internazionali.
29. In più, il sistema giuridico italiano contemplerebbe delle garanzie per l’individuo-ivi compresa la possibilità di ottenere lo statuto di profugo-che renderebbero “praticamente impossibile una repressione contraria alle esigenze della Convenzione.”
30. Il Governo arguisce ancora che le affermazioni relative ad un pericolo di morte o al rischio di essere esposto a tortura o a trattamenti disumani e degradanti devono essere supportate da elementi di prova adeguati; e che nello specifico, il richiedente non ha né prodotto i elementi precisi a questo riguardo né fornito spiegazioni dettagliate, ma che si è limitato a descrivere una presunta situazione generalizzata in Tunisia. Le “sorgenti internazionali” citate dal richiedente sarebbero vaghe e non pertinenti, come gli articoli di stampa prodotti dall’interessato.
31. Il Governo rinvia alle assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine, in cui vede il risultato di un dialogo intergovernativo molto fruttuoso. Queste assicurazioni garantirebbero una protezione adeguata del richiedente contro il rischio di subire, in Tunisia, dei trattamenti vietati dalla Convenzione.
32. Sottolinea che le autorità tunisine hanno corredato suddette assicurazioni con una “lunga e rassicurante spiegazione, in fatto ed in diritto, delle ragioni per cui bisogna credere loro”, e stima che la loro buona fede non dovrebbe essere messa in dubbio. Aggiunge che il rispetto effettivo di queste assicurazioni ha potuto essere verificato all’epoca dai controlli del Comitato superiore dei diritti dell’uomo e della Croce Rossa, così come dalle visite degli avvocati e dei prossimi del richiedente.
33. Secondo il Governo, l’impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di visitare il suo cliente nel caso venisse incarcerato in Tunisia si spiega col fatto che questo Stato non ha aderito alla Convenzione. Sarebbe dunque ragionevole non permettere le visite di avvocati stranieri che operano fuori dalla cornice nazionale ed internazionale in cui si iscrive la Tunisia. A questo riguardo, il Governo osserva che l’interessato potrà, se lo desidera, dare mandato agli avvocati tunisini di sua scelta affinché procedano, in collaborazione con i loro omologhi italiani, alla preparazione della sua difesa dinnanzi alla Corte.
34. Secondo il Governo, le assicurazioni date dalla Tunisia sono rassicuranti per ciò che riguarda la sicurezza ed il benessere del richiedente così come il rispetto del suo diritto ad un processo equo. Sottolineando che nella causa Saadi precitata, la Corte stessa ha chiesto se tali assicurazioni fossero state sollecitate ed ottenute, il Governo stima che, senza che sia questione di rimetterli in causa, i principi affermati dalla Grande Camera devono essere adattati alle particolari circostanze dei fatti del caso specifico.
2. Valutazione della Corte
35. I principi generali relativi alla responsabilità degli Stati contraenti in caso di espulsione, agli elementi da considerare per valutare il rischio di esposizione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione ed alla nozione di “tortura” e di “trattamenti disumani e degradanti” è riassunta nella sentenza Saadi (precitata, §§ 124-136) in cui la Corte ha riaffermato anche l’impossibilità di mettere sulla bilancia il rischio di maltrattamenti ed i motivi invocati per l’espulsione per determinare se la responsabilità di un Stato è impegnata sul terreno dell’articolo 3 (§§ 137-141).
36. La Corte ricorda le conclusioni a cui è giunta nella causa Saadi (precitata §§ 143-146) che erano le seguenti:
– i testi internazionali pertinenti fanno stato di numerosi casi regolari di tortura e di maltrattamenti inflitti in Tunisia a persone sospettate o riconosciute colpevoli di terrorismo;
– questi testi descrivono una situazione preoccupante;
– le visite del Comitato internazionale della Croce Rossa nei luoghi di detenzione tunisina non possono dissipare il rischio di sottomissione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione.
37. La Corte non vede nello specifico nessuna ragione di ritornare su queste conclusione che del resto si trovano confermate dal rapporto 2008 di Amnesty Internazionale relativo alla Tunisia (vedere sopra il paragrafo 20). Nota per di più che in Italia, il richiedente è stato accusato di appartenere ad un’organizzazione terroristica integralista (vedere sopra il paragrafo 8). Inoltre, il richiedente è stato condannato in Tunisia per appartenenza, in tempo di pace, ad un’organizzazione terroristica (vedere sopra il paragrafo 13).
38. In queste condizioni, la Corte stima che nello specifico, dei fatti seri ed accertati giustificano la costatazione di un rischio reale di vedere il richiedente subire dei trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione se venisse espulso verso la Tunisia (vedere, mutatis mutandis, Saadi, precitata, § 146). Resta da verificare se le assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine bastano ad allontanare questo rischio.
39. A questo riguardo, la Corte ricorda, primariamente, che l’esistenza di testi interni e l’accettazione di trattati internazionali che garantiscono, in principio, il rispetto dei diritti fondamentali non basta, da sola, a garantire una protezione adeguata contro il rischio di maltrattamenti quando, come nello specifico, delle sorgenti affidabili fanno stato di pratiche delle autorità- o tollerate da queste -manifestamente contrarie ai principi della Convenzione (Saadi, precitata, § 147 in fine). Secondariamente, appartiene alla Corte di esaminare se le assicurazioni date dallo stato di destinazione forniscono, nella loro applicazione effettiva, una garanzia sufficiente in quanto alla protezione del richiedente contro il rischio di trattamenti vietati dalla Convenzione (Chahal c. Regno Unito, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, § 105, 15 novembre 1996). Il peso da accordare alle assicurazioni provenienti dallo stato di destinazione dipende difatti, in ogni caso, dalle circostanze che prevalgono all’epoca considerata (Saadi, precitata, § 148 in fine).
40. Nel presente caso, l’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali ha garantito che la dignità umana del richiedente verrebbe rispettata in Tunisia, che non sarebbe sottomesso a tortura, a trattamenti disumani o degradanti o ad una detenzione arbitraria, che beneficerebbe di cure mediche adeguate e che potrebbe ricevere delle visite del suo avvocato e dei membri della sua famiglia. Oltre le leggi tunisine pertinenti ed i trattati internazionali firmati dalla Tunisia, queste assicurazioni si fondano sui seguenti elementi:
– i controlli praticati dal giudice di esecuzione delle pene, dal comitato superiore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (istituzione nazionale indipendente) e dai servizi d’ispezione generale del ministero di Giustizia e dei Diritti dell’uomo;
– due casi di condanna di agenti dell’amministrazione penitenziaria e di un agente di polizia per maltrattamenti;
– la giurisprudenza interna, ai termini della quale una confessione estorta sotto costrizione è nulla e non avvenuta.
41. La Corte nota, però, che non è stabilito che l’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali era competente per dare queste assicurazioni a nome dello stato (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko c. Ucraina, no 2440/07, § 73, 23 ottobre 2008). In più, tenuto conto del fatto che delle sorgenti internazionali serie ed affidabili hanno indicato che le affermazioni di maltrattamenti non venivano esaminate dalle autorità tunisine competenti (Saadi, precitata, § 143) il semplice richiamo a due casi di condanna di agenti dello stato per percosse e lesioni su dei detenuti non potrebbe bastare ad allontanare il rischio di tali trattamenti o a convincere la Corte dell’esistenza di un sistema effettivo di protezione contro la tortura, in mancanza del quale è difficile verificare che le assicurazioni date saranno rispettate. A questo riguardo, la Corte ricorda che nel suo rapporto 2008 relativo alla Tunisia, Amnesty International ha precisato in particolare che benché numerosi detenuti si siano lamentati di essere stati torturato durante la loro custodia cautelare, “le autorità non hanno praticamente mai condotto alcuna inchiesta né preso una qualsiasi misura per tradurre in giustizia i torturatori presunti.”
42. In più, nella sentenza Saadi precitata (§ 146), la Corte ha constatato una reticenza delle autorità tunisine a cooperare con le organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti dell’uomo, come Human Rights Watch. Nel suo rapporto 2008 precitato, Amnesty International ha notato peraltro che benché il numero di membri del comitato superiore dei diritti dell’uomo sia stato aumentato, questo non includeva organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti fondamentali.” L’impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di rendere visita al suo cliente nel caso venisse incarcerato in Tunisia conferma anche la difficoltà di accesso dei prigionieri tunisini a consiglieri stranieri indipendenti quando sono parti ai procedimenti giudiziali dinnanzi a delle giurisdizioni internazionali. Queste ultime rischiano dunque, una volta un richiedente espulso in Tunisia, di trovarsi nell’impossibilità di verificare la sua situazione e di conoscere di eventuali motivi di appello che potrebbe sollevare in quanto ai trattamenti ai quali è sottoposto (Ben Khemais, precitata, § 63).
43. In queste circostanze, la Corte non potrebbe aderire alla tesi del Governo secondo cui le assicurazioni date nel presente caso offrono una protezione efficace contro il rischio serio che corre il richiedente di essere sottomesso ai trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko precitata, §§ 73-74). Ricorda al contrario il principio affermato dall’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa nella sua risoluzione 1433(2005) secondo cui le assicurazioni diplomatiche non possono bastare quando la mancanza di pericolo di maltrattamento non è fermamente stabilita (vedere sopra il paragrafo 22).
44. Pertanto, la decisione di espellere l’interessato verso la Tunisia violerebbe l’articolo 3 della Convenzione nel caso fosse messa in esecuzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
45. Il richiedente si lamenta di una mancanza di equità del procedimento penale diretto contro lui in Tunisia. Invoca l’articolo 6 della Convenzione.
46. Il Governo considera che questo motivo di appello non potrebbe essere considerato.
47. La Corte considera che questo motivo di appello è ammissibile (Saadi, precitata, § 152). Però, avendo constatato che l’espulsione del richiedente verso la Tunisia costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione (vedere sopra il paragrafo 44) e non avendo nessun motivo di dubitare che il governo convenuto si conformerà alla presente sentenza, non stima necessario decidere la questione ipotetica di sapere se, in caso di espulsione verso la Tunisia, ci sarebbe anche violazione dell’articolo 6 della Convenzione (Saadi, precitata, § 160).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
48. Il richiedente adduce che la sua espulsione verso la Tunisia lo priverebbe dei legami affettivi con sua moglie ed i suoi due bambini residenti in Italia. Invoca l’articolo 8 della Convenzione che è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
49. Il Governo considera che questo motivo di appello non saprebbe essere considerato.
50. La Corte considera che questo motivo di appello è ammissibile (Saadi, precitata, § 163). Però, avendo constatato che l’espulsione del richiedente verso la Tunisia costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione (vedere sopra il paragrafo 44) e non avendo nessuno motivo di dubitare che il governo convenuto si conformerà alla presente sentenza, non stima necessario decidere la questione ipotetica di sapere se, in caso di espulsione verso la Tunisia, ci sarebbe anche violazione dell’articolo 8 della Convenzione (Saadi, precitata, § 170).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
51. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
52. Il richiedente sollecita 25 000 euro (EUR) a titolo del danno materiale che stima avere subito. Adduce che questa somma copre la mancanza al guadagno derivante della sua situazione irregolare a seguito dell’ordinanza d’espulsione a suo carico. Chiede inoltre 10 000 EUR per danno morale.
53. Il Governo si oppone.
54. La Corte ricorda che è in grado di concedere delle somme a titolo di soddisfazione equa prevista dall’articolo 41 quando la perdita o i danni richiesti sono stati causati dalla violazione constatata, non presupponendo in compenso che lo stato debba versare delle somme per i danni che non gli sono imputabili (Perote Pellon c. Spagna, no 45238/99, § 57, 25 luglio 2002).
55. Nello specifico, la Corte ha constatato che il collocamento in esecuzione dell’espulsione del richiedente verso la Tunisia violerebbe l’articolo 3 della Convenzione. Invece, non ha rilevato alcuna violazione della Convenzione a causa della sua situazione irregolare. Quindi, non vede nessun legame di causalità tra la violazione constatata nella presente sentenza ed il danno materiale addotto dal richiedente (Saadi precitata, § 187,).
56. Trattandosi del danno morale subito dal richiedente, la Corte stima che la constatazione che l’espulsione, se fosse condotta all’ esecuzione, costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione, rappresenta una soddisfazione equa sufficiente (Saadi precitata, § 188,).
B. Oneri e spese
57. Il richiedente chiede il rimborso degli oneri incorsi dinnanzi al giudice conciliatore di Milano, che valuta a 1 623 EUR. Ha sollecitato anche il rimborso degli oneri afferenti al procedimento dinnanzi alla Corte che ammonta secondo lui a 22 700 EUR.
58. Il Governo considera eccessivi questi importi.
59. La Corte ricorda che, quando constata una violazione della Convenzione, può accordare ai richiedenti il pagamento di oneri e spese che hanno sostenuto dinnanzi alle giurisdizioni nazionali per prevenire o fare correggere da queste suddetta violazione. Occorre anche che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (vedere, in particolare, la sentenza Zimmermann e Steiner c. Svizzera del 13 luglio 1983, serie A no 66, § 36, ed la sentenza Hertel c. Svizzera, del 25 agosto 1998, Raccolta 1998-VI, § 63). La Corte considera che gli oneri afferenti al ricorso dinnanzi al giudice conciliatore di Milano sono stati sostenuti per prevenire le violazioni derivanti dall’eventuale collocamento in esecuzione dell’ordinanza d’espulsione. La Corte dunque assegna la somma chiesta dal richiedente a questo titolo.
60. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese riferiti al presente procedimento, la Corte giudica eccessiva la richiesta del richiedente e, deliberando in equità, decide di assegnargli 5 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
61. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che, nell’eventualità del collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia, ci sarebbe violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare anche se il collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia violerebbe anche gli articoli 6 e 8 della Convenzione;
4. Stabilisce che la constatazione di violazione rappresenta una soddisfazione equa sufficiente per ogni danno morale subito dal richiedente;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 6 623 EUR (seimila sei cento ventitre euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 5 maggio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Pasos Ireneu Cabral Barreto
Cancelliera collaboratrice Presidente

Testo Tradotto

Conclusion Violation de l’art. 3 (en cas d’expulsion vers la Tunisie) ; Préjudice moral – constat de violation suffisant
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE SELLEM c. ITALIE
(Requête no 12584/08)
ARRÊT
STRASBOURG
5 mai 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Sellem c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Ireneu Cabral Barreto, président,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nona Tsotsoria,
Işıl Karakaş, juges,
et de Françoise Elens-Pasos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 14 avril 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 12584/08) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant tunisien, M. E. B. E. S. (« le requérant »), a saisi la Cour le 13 mars 2008 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me G. d. C., avocat à Milan. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, Mme E. Spatafora, et par son co-agent adjoint, M. N. Lettieri.
3. Le requérant allègue en particulier que la mise à exécution de la décision de l’expulser vers la Tunisie violerait les articles 3 et 8 de la Convention.
4. Le 18 août 2008, le président de la deuxième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et sur le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1967 et réside à Milan.
A. Les investigations à l’encontre du requérant en Italie et la tentative de l’expulser
6. Le requérant réside en Italie depuis 1990. Il est marié à une ressortissante tunisienne et père de deux enfants en bas-âge nés en Italie.
7. Le 23 mars 2003, il déposa à la préfecture de police de Milan une demande de carte de séjour permanent. Le 25 novembre 2004, il sollicita l’octroi d’un permis de séjour temporaire, que la préfecture de police lui délivra le 3 mars 2005. Ledit permis avait une validité de deux ans.
8. Le 6 novembre 2007, le requérant apprit à l’occasion d’une perquisition de son domicile que le parquet de Milan avait diligenté à son encontre une enquête pénale pour terrorisme (article 270 bis du code pénal). La procédure pénale dirigée contre lui est toujours pendante.
9. Le 26 février 2008, par l’intermédiaire de Me D. C., le requérant invita la préfecture de police à lui délivrer la carte de séjour demandée en mars 2003.
10. Le 3 mars 2008, le Service de l’immigration de la préfecture informa Me De Carlo que la remise du permis de séjour à son client, le 3 mars 2005, avait clos les procédures administratives entamées par l’intéressé le 23 mars 2003 et le 25 novembre 2004.
11. Le 4 mars 2008, le Service de l’immigration informa par courriel Me D. C. que son client devait se présenter à la préfecture le 13 mars.
12. Le 13 mars 2008, la préfecture constata que le requérant n’avait pas demandé le renouvellement de son permis de séjour, périmé depuis le 1er mars 2007, et qu’il séjournait donc irrégulièrement en Italie. Elle lui notifia un décret d’expulsion adopté le même jour.
13. Le jour même, Me D. C. demanda à la Cour d’adopter, sur le fondement de l’article 39 de son règlement, « toutes les mesures qu’elle estimerait utiles dans l’intérêt du requérant » afin d’éviter que celui-ci ne soit expulsé. Précisant que le 30 janvier 2002, le tribunal militaire de Tunis avait condamné par contumace M. S. et neuf autres personnes à dix ans de réclusion « pour avoir constitué en temps de paix une organisation terroriste œuvrant à l’étranger », il soutint qu’expulser son client l’exposerait au risque d’être torturé, violerait son droit au respect de sa vie familiale et empêcherait sa fille de six ans de poursuivre sa scolarité.
14. Le 14 mars 2008, la présidente de la deuxième section décida d’indiquer au gouvernement italien, en application de l’article 39 précité, qu’il était souhaitable, dans l’intérêt des parties et du bon déroulement de la procédure devant la Cour, de ne pas expulser le requérant vers la Tunisie jusqu’à nouvel ordre. Elle attira l’attention du Gouvernement sur le fait que, lorsqu’un Etat contractant ne se conforme pas à une mesure indiquée au titre de l’article 39 du règlement, cela peut entraîner une violation de l’article 34 de la Convention (voir Mamatkoulov et Askarov c. Turquie [GC], nos 46827/99 et 46951/99, §§ 128-129 et point 5 du dispositif, CEDH 2005-I).
15. Le 4 avril 2008, le Gouvernement déposa au greffe une note du Service de l’immigration attestant que l’expulsion du requérant avait été suspendue le 14 mars, conformément à la décision de la Cour d’appliquer l’article 39 de son règlement.
16. Le 15 avril 2008, le requérant attaqua l’arrêté d’expulsion devant le juge de paix de Milan. Par une décision du 28 avril 2008, le juge de paix fit droit à la demande introduite par le requérant et suspendit l’expulsion en attendant l’issue de la procédure à Strasbourg.
B. Les assurances diplomatiques obtenues par les autorités italiennes
17. Le 10 décembre 2008, l’Ambassade d’Italie à Tunis adressa au ministère tunisien des Affaires étrangères la note verbale (no 4566) suivante :
« L’Ambassade d’Italie présente ses compliments au ministère des Affaires Etrangères et se réfère à ses propres notes verbales précédentes et à la visite en Tunisie de la délégation des représentants des ministères italiens de l’Intérieur et de la Justice, tenue le 24 juillet dernier, concernant un examen des procédures à suivre au sujet des recours pendants auprès de la Cour européenne des droits de l’homme, présentés par des citoyens tunisiens, ayant fait ou qui pourraient faire l’objet de décrets d’expulsion.
L’Ambassade d’Italie remercie le ministère des Affaires Etrangères et par son biais le ministère de la Justice et des droits de l’homme pour l’utile collaboration manifestée pour les cas déjà traités.
Conformément à ce qui avait été convenu lors de la réunion du 24 juillet, les autorités italiennes ont l’honneur de soumettre par voie diplomatique leur demande d’éléments additionnels spécifiques, qui s’avèrent nécessaires dans le contentieux en cours devant la Cour de Strasbourg entre l’Italie et les citoyens tunisiens cités ci-après (…):
A cet effet, l’Ambassade d’Italie a l’honneur de demander au ministère des Affaires Etrangères de bien vouloir saisir les autorités tunisiennes compétentes pour qu’elles puissent fournir par voie diplomatique les assurances spécifiques sur le citoyen tunisien M. S. E. B.I. se rapportant aux arguments suivants :
– en cas d’expulsion vers la Tunisie de l’appelant, il ne sera pas soumis à des tortures ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants ;
– qu’il puisse être jugé par un tribunal indépendant et impartial, selon des procédures qui, dans l’ensemble, seront conformes aux principes d’un procès équitable et public ; [et], en cas de condamnation [par] contumace, [obtenir] la réouverture de la procédure pénale à son encontre, et à produire tout élément pertinent à ce sujet ;
– qu’il puisse, durant son éventuelle détention, recevoir les visites de ses avocats, ainsi que des membres de sa famille et d’un médecin.
Puisque l’échéance pour la présentation des observations du gouvernement italien à Strasbourg pour lesdits cas est fixée au 16 décembre prochain, l’Ambassade d’Italie saurait gré au ministère des Affaires Etrangères de bien vouloir lui faire parvenir dans les plus brefs délais les éléments requis et fondamentaux pour la stratégie de défense du gouvernement italien et suggère que Mme Costantini, premier secrétaire de [l’]ambassade, puisse se rendre au ministère de la Justice et des droits de l’homme pour fournir tout éclaircissement opportun.
L’Ambassade d’Italie remercie d’avance le ministère des Affaires Etrangères pour l’attention qui sera réservée à la présente note et saisit l’occasion pour lui renouveler les assurances de sa haute considération. »
18. Le 3 janvier 2009, les autorités tunisiennes firent parvenir leur réponse, signée par l’avocat général à la direction générale des services judiciaires. En ses parties pertinentes, cette réponse se lit comme suit :
« Dans sa note verbale en date du 10 décembre 2008, l’ambassade d’Italie à Tunis a sollicité, des autorités tunisiennes, les assurances, ci-après énumérées, concernant le citoyen tunisien E. S. s’il venait à être expulsé vers la Tunisie.
(…)
II. Il convient, au préalable, de préciser que l’intéressé fait l’objet d’un jugement par défaut pour adhésion à une organisation terroriste opérant à l’étranger ainsi que pour ses activités en vue de recruter des membres pour cette organisation.
Si l’intéressé [est] expulsé vers la Tunisie, il sera, dès son arrivée en Tunisie, présenté à un juge. Il pourra alors exercer son droit à opposition, étant entendu que la recevabilité de l’opposition en la forme a pour conséquence, en application de l’article 182 du code de procédure pénale, d’anéantir les jugements attaqués et de lui permettre d’être jugé à nouveau et de présenter les moyens de défense qu’il jugerait utiles.
Lors de sa comparution devant le juge, l’intéressé bénéficiera obligatoirement de l’assistance d’avocats de son choix. S’il s’avère qu’il n’en a pas les moyens, des avocats lui seront commis d’office aux frais de l’Etat. Le juge ordonnera par la suite soit la libération du prévenu soit son arrestation. Il jouira, tout au long de son procès, de l’ensemble des garanties suivantes :
1. La garantie du respect de la dignité de l’intéressé :
Le respect de la dignité de l’intéressé est garanti, son origine réside dans le principe du respect de la dignité de toute personne quelque soit l’état dans lequel elle se trouve, principe fondamental reconnu par le droit tunisien et garanti pour toute personne et plus particulièrement pour les détenus dont le statut est minutieusement réglementé.
Il est utile à cet égard de rappeler que l’article 13 de la Constitution tunisienne dispose dans son alinéa 2 que « tout individu ayant perdu sa liberté est traité humainement, dans le respect de sa dignité ».
La Tunisie a par ailleurs ratifié sans réserve aucune la Convention des Nations Unies contre la torture et autres peines ou traitements cruels, inhumains ou dégradants. Elle a ainsi reconnu la compétence du comité contre la torture pour recevoir et examiner les communications présentées par ou pour le compte des particuliers relevant de sa juridiction qui prétendent être victimes de violation des dispositions de la Convention (ratification par la loi no 88-79 du 11 juillet 1988. Journal Officiel de la République tunisienne no 48 du 12-15 juillet 1988, page 1035).
Les dispositions de ladite Convention ont été transposées en droit interne, l’article 101 bis du code pénal définit la torture comme étant « tout acte par lequel une douleur ou des souffrances aiguës, physiques ou mentales, sont intentionnellement infligées à une personne aux fins notamment d’obtenir d’elle ou d’une tierce personne des renseignements ou des aveux, de la punir d’un acte qu’elle ou une tierce personne a commis ou est soupçonnée d’avoir commis, de l’intimider ou de faire pression sur une tierce personne, ou lorsque la douleur ou les souffrances aiguës sont infligées pour tout autre motif fondé sur une forme de discrimination [quelle] qu’elle soit ».
Le législateur a prévu des peines sévères pour ce genre d’infractions, ainsi l’article 101 bis suscité dispose qu’« est puni d’un emprisonnement de huit ans le fonctionnaire ou assimilé qui soumet une personne à la torture et ce, dans l’exercice ou à l’occasion de l’exercice de ses fonctions ».
Il est à signaler que la garde à vue est, selon l’article 12 de la Constitution, soumise au contrôle judiciaire et qu’il ne peut être procédé à la détention préventive que sur ordre juridictionnel. Il est interdit de soumettre quiconque à une détention arbitraire. Plusieurs garanties accompagnent la procédure de la garde à vue et tendent à assurer le respect de l’intégrité physique et morale du détenu dont notamment :
– Le droit de la personne gardée à vue d’informer, dès son arrestation, les membres de sa famille.
– Le droit de demander au cours du délai de la garde à vue ou à son expiration d’être soumis à un examen médical. Ce droit peut être exercé le cas échéant par les membres de la famille.
– La durée de la détention préventive est réglementée, son prolongement est exceptionnel et doit être motivé par le juge.
Il y a lieu également de noter que [la] loi du 14 mai 2001 relative à l’organisation des prisons dispose dans son article premier qu’elle a pour objectif de régir « les conditions de détention dans les prisons en vue d’assurer l’intégrité physique et morale du détenu, de le préparer à la vie libre et d’aider à sa réinsertion ».
Ce dispositif législatif est renforcé par la mise en place d’un système de contrôle destiné à assurer le respect effectif de la dignité des détenus. Il s’agit de plusieurs types de contrôles effectués par divers organes et institutions :
– Il y a d’abord un contrôle judiciaire assuré par le juge d’exécution des peines tenu, selon les termes de l’article 342-3 du code de procédure pénale tunisien, [de] visiter l’établissement pénitentiaire relevant de son ressort pour prendre connaissance des conditions des détenus, ces visites sont dans la pratique effectuées en moyenne à raison de deux fois par semaine.
– Il y a ensuite le contrôle effectué par le comité supérieur des droits de l’homme et des libertés fondamentales, le président de cette institution nationale indépendante peut effectuer des visites inopinées aux établissements pénitentiaires pour s’enquérir de l’état et des conditions des détenus.
– Il y a également le contrôle administratif interne effectué par les services de l’inspection générale du ministère de la Justice et des droits de l’homme et l’inspection générale relevant de la direction générale des prisons et de la rééducation. Il est à noter dans ce cadre que l’administration pénitentiaire relève du ministère de la Justice et que les inspecteurs dudit ministère sont des magistrats de formation ce qui constitue une garantie supplémentaire d’un contrôle rigoureux des conditions de détention.
– Il faut enfin signaler que le comité international de la Croix-Rouge est habilité depuis 2005 à effectuer des visites dans les lieux de détention, prisons et locaux de la police habilités à accueillir des détenus gardés à vue. A l’issue de ces visites des rapports détaillés sont établis et des rencontres sont organisées avec les services concernés pour mettre en œuvre les recommandations formulées par le comité sur l’état des détenus.
Les autorités tunisiennes rappellent qu’elles n’hésitent point à enquêter sur toutes les allégations de torture chaque fois qu’il y a des motifs raisonnables laissant croire qu’un acte de mauvais traitements a été commis. On citera en illustration deux exemples :
– Le premier exemple concerne trois agents de l’administration pénitentiaire poursuivis pour voie de fait sur un détenu ; l’enquête diligentée à cet effet a abouti à la condamnation de trois agents des prisons à une peine d’emprisonnement de quatre ans chacun (arrêt de la cour d’appel de Tunis rendu le 25 janvier 2002).
– Le deuxième exemple concerne un agent de police condamné à 15 ans d’emprisonnement pour coups et blessures volontaires ayant causé la mort sans intention de la donner (arrêt rendu par la cour d’appel de Tunis le 2 avril 2002).
Ces deux exemples démontrent que les autorités tunisiennes ne tolèrent aucun mauvais traitement et n’hésitent pas à engager les poursuites nécessaires contre les agents de l’application de la loi chaque fois qu’il y a des motifs raisonnables laissant croire que des actes de telle nature [ont] été commis.
Les quelques cas de condamnation pour mauvais traitements ont été signalés dans le rapport présenté par la Tunisie devant le Conseil des droits de l’homme et devant le Comité des droits de l’homme dénotant ainsi de la politique volontariste de l’Etat à poursuivre et réprimer tout acte de torture ou de mauvais traitements, ce qui est de nature à réfuter toute allégation de violation systématique des droits de l’homme.
En conclusion, il est évident que :
– Si E. S. [est] expulsé vers la Tunisie, il sera présenté à un juge et bénéficiera de l’assistance d’un avocat.
– L’intéressé pourra exercer son droit à opposition contre le jugement rendu à son encontre. La recevabilité de l’opposition a pour effet d’anéantir tous les effets du jugement et l’affaire sera jugée de nouveau.
– L’autorité judiciaire compétente décidera soit de la libération soit de l’arrestation de l’intéressé.
– En tout état de cause, l’intéressé bénéficiera de toutes les garanties que lui offre la législation tunisienne.
2. La garantie d’un procès équitable aux intéressés :
S’il [est] expulsé en Tunisie, l’intéressé bénéficiera de procédures de poursuite, d’instruction et de jugement offrant toutes les garanties nécessaires à un procès équitable, notamment :
– Le respect du principe de la séparation entre les autorités de poursuite, d’instruction et de jugement.
– L’instruction en matière de crimes est obligatoire. Elle obéit au principe du double degré de juridiction (juge d’instruction et chambre d’accusation).
– Les audiences de jugement sont publiques et respectent le principe du contradictoire.
– Toute personne soupçonnée de crime a obligatoirement droit à l’assistance d’un ou plusieurs avocats. Il lui en est, au besoin, commis un d’office et les frais sont supportés par l’Etat. L’assistance de l’avocat se poursuit pendant toutes les étapes de la procédure : instruction préparatoire et phase de jugement.
– L’examen des crimes est de la compétence des cours criminelles qui sont formées de cinq magistrats, cette formation élargie renforce les garanties du prévenu.
– Le principe du double degré de juridiction en matière criminelle est consacré par le droit tunisien. Le droit de faire appel des jugements de condamnation est donc un droit fondamental pour le prévenu.
– Aucune condamnation ne peut être rendue que sur la base de preuves solides ayant fait l’objet de débats contradictoires devant la juridiction compétente. Même l’aveu du prévenu n’est pas considéré comme une preuve déterminante. Cette position a été confirmée par l’arrêt de la Cour de cassation tunisienne no 12150 du 26 janvier 2005 par lequel la Cour a affirmé que l’aveu extorqué par violence est nul et non avenu et ce, en application de l’article 152 du code de procédure pénale qui dispose que : « l’aveu, comme tout élément de preuve, est laissé à la libre appréciation des juges ». Le juge doit donc apprécier toutes les preuves qui lui sont présentées afin de décider de la force probante à conférer auxdites preuves d’après son intime conviction.
3. La garantie du droit de recevoir des visites :
Si l’arrestation de l’intéressé est décidée par l’autorité judiciaire compétente, il bénéficiera des droits garantis aux détenus par la loi du 14 mai 2001 relative à l’organisation des prisons. Cette loi consacre le droit de tout prévenu à recevoir la visite de l’avocat chargé de sa défense, sans la présence d’un agent de la prison, ainsi que la visite des membres de leurs familles. Si son arrestation [est] décidée, l’intéressé jouira de ce droit conformément à la réglementation, en vigueur et sans restriction aucune.
4. La garantie du droit de bénéficier des soins médicaux :
La loi précitée relative à l’organisation des prisons dispose que tout détenu a droit à la gratuité des soins et des médicaments à l’intérieur des prisons et, à défaut, dans les établissement hospitaliers. En outre, l’article 336 du code de procédure pénale autorise le juge d’exécution des peines à soumettre le condamné à examen médical.
Si l’arrestation de l’intéressé était décidée, il serait soumis à examen médical dès son admission dans l’unité pénitentiaire. Il pourra, d’autre part, bénéficier ultérieurement d’un suivi médical dans le cadre d’examens périodiques. En conclusion, l’intéressé bénéficiera d’un suivi médical régulier à l’instar de tout détenu et il n’y a pas lieu de ce fait d’autoriser son examen par un autre médecin.
Les autorités tunisiennes réitèrent leur volonté de coopérer pleinement avec la partie italienne en lui fournissant toutes les informations et les données utiles à sa défense dans la procédure en cours devant la Cour européenne des droits de l’homme ».
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
19. Les recours qu’il est possible de former contre un arrêté d’expulsion en Italie et les règles régissant la réouverture d’un procès par défaut en Tunisie sont décrits dans Saadi c. Italie ([GC], no 37201/06, §§ 58-60, 28 février 2008).
III. TEXTES ET DOCUMENTS INTERNATIONAUX
20. On trouve dans l’arrêt Saadi précité une description des textes, documents internationaux et sources d’informations suivants : l’accord de coopération en matière de lutte contre la criminalité signé par l’Italie et la Tunisie et l’accord d’association entre la Tunisie, l’Union européenne et ses Etats membres (§§ 61-62) ; les articles 1, 32 et 33 de la Convention des Nations unies de 1951 relative au statut des réfugiés (§ 63) ; les lignes directrices du Comité des Ministres du Conseil de l’Europe (§ 64) ; les rapports relatifs à la Tunisie d’Amnesty International (§§ 65-72) et de Human Rights Watch (§§ 73-79) ; les activités du Comité international de la Croix-Rouge (§§ 80-81) ; le rapport du Département d’Etat américain relatif aux droits de l’homme en Tunisie (§§ 82-93) ; les autres sources d’informations relatives au respect des droits de l’homme en Tunisie (§ 94).
21. Après l’adoption de l’arrêt Saadi, Amnesty International a publié son rapport annuel 2008. Les parties pertinentes de la section de ce rapport consacrée à la Tunisie sont relatées dans Ben Khemais c. Italie, no 246/07, § 34, … 2009).
22. Dans sa résolution 1433(2005), relative à la légalité de la détention de personnes par les Etats-Unis à Guantánamo Bay, l’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe a demandé au gouvernement américain, entre autres, « de ne pas renvoyer ou transférer les détenus en se fondant sur des « assurances diplomatiques » de pays connus pour recourir systématiquement à la torture et dans tous les cas si l’absence de risque de mauvais traitement n’est pas fermement établie ».
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DE LA CONVENTION
23. Le requérant considère que l’exécution de son expulsion l’exposerait à un risque de traitements contraires à l’article 3 de la Convention. Cette disposition se lit comme suit :
« Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants. »
24. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
25. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
26. Le requérant renvoie aux enquêtes menées par Amnesty International et par le Département d’Etat des Etats-Unis d’Amérique, qui démontreraient qu’en cas d’expulsion vers la Tunisie, il serait exposé à un risque concret et sérieux de violation des droits garantis par l’article 3 de la Convention.
27. Le Gouvernement souligne que la Tunisie a ratifié les principaux instruments internationaux en matière de protection des droits de l’homme, y compris le Pacte international relatif aux droits civils et politiques, le Pacte international relatif aux droits économiques, sociaux et culturels et la Convention contre la torture et autres peines ou traitements cruels, inhumains ou dégradants. Il rappelle également qu’en 1995, la Tunisie a signé avec l’Union Européenne un accord d’association en vertu duquel la question du respect des libertés fondamentales et des principes démocratiques est un élément du dialogue politique entre les signataires. Il souligne par ailleurs que les autorités tunisiennes permettent à la Croix-Rouge internationale de visiter les prisons.
28. De l’avis du Gouvernement, on peut présumer que la Tunisie ne s’écartera pas des obligations qui lui incombent en vertu des traités internationaux.
29. De plus, le système juridique italien prévoirait des garanties pour l’individu – y compris la possibilité d’obtenir le statut de réfugié – qui rendraient un refoulement contraire aux exigences de la Convention « pratiquement impossible ».
30. Le Gouvernement argue encore que les allégations relatives à un danger de mort ou au risque d’être exposé à la torture ou à des traitements inhumains et dégradants doivent être étayées par des éléments de preuve adéquats ; et qu’en l’espèce, le requérant n’a ni produit d’éléments précis à cet égard ni fourni d’explications détaillées, mais qu’il s’est borné à décrire une situation prétendument généralisée en Tunisie. Les « sources internationales » citées par le requérant seraient vagues et non pertinentes, de même que les articles de presse produits par l’intéressé.
31. Le Gouvernement renvoie aux assurances diplomatiques fournies par les autorités tunisiennes, en lesquelles il voit le résultat d’un dialogue intergouvernemental très fructueux. Ces assurances garantiraient une protection adéquate du requérant contre le risque de subir, en Tunisie, des traitements interdits par la Convention.
32. Il souligne que les autorités tunisiennes ont accompagné lesdites assurances d’une « longue et rassurante explication, en fait et en droit, des raisons pour lesquelles il faut y croire », et estime que leur bonne foi ne devrait pas être mise en doute. Il ajoute que le respect effectif de ces assurances pourra être vérifié lors des contrôles du Comité supérieur des droits de l’homme et de la Croix-Rouge, ainsi que des visites des avocats et des proches du requérant.
33. Selon le Gouvernement, l’impossibilité pour le représentant du requérant devant la Cour de visiter son client s’il était incarcéré en Tunisie s’explique par le fait que cet Etat n’a pas adhéré à la Convention. Il serait donc raisonnable de ne pas permettre les visites d’avocats étrangers opérant hors du cadre national et international dans lequel s’inscrit la Tunisie. A cet égard, le Gouvernement observe que l’intéressé pourra, s’il le souhaite, donner mandat à des avocats tunisiens de son choix afin qu’ils procèdent, en collaboration avec leur homologues italiens, à la préparation de sa défense devant la Cour.
34. De l’avis du Gouvernement, les assurances données par la Tunisie sont tranquillisantes en ce qui concerne la sécurité et le bien-être du requérant ainsi que le respect de son droit à un procès équitable. Soulignant que dans l’affaire Saadi précitée, la Cour elle-même a demandé si de telles assurances avaient été sollicitées et obtenues, le Gouvernement estime que, sans qu’il soit question de les remettre en cause, les principes affirmés par la Grande Chambre doivent être adaptés aux circonstances factuelles particulières du cas d’espèce.
2. Appréciation de la Cour
35. Les principes généraux relatifs à la responsabilité des Etats contractants en cas d’expulsion, aux éléments à retenir pour évaluer le risque d’exposition à des traitements contraires à l’article 3 de la Convention et à la notion de « torture » et de « traitements inhumains et dégradants » sont résumés dans l’arrêt Saadi (précité, §§ 124-136), dans lequel la Cour a également réaffirmé l’impossibilité de mettre en balance le risque de mauvais traitements et les motifs invoqués pour l’expulsion afin de déterminer si la responsabilité d’un Etat est engagée sur le terrain de l’article 3 (§§ 137-141).
36. La Cour rappelle les conclusions auxquelles elle est parvenue dans l’affaire Saadi précité (§§ 143-146), qui étaient les suivantes :
– les textes internationaux pertinents font état de cas nombreux et réguliers de torture et de mauvais traitements infligés en Tunisie à des personnes soupçonnées ou reconnues coupables de terrorisme ;
– ces textes décrivent une situation préoccupante ;
– les visites du Comité international de la Croix-Rouge dans les lieux de détention tunisiens ne peuvent dissiper le risque de soumission à des traitements contraires à l’article 3 de la Convention.
37. La Cour ne voit en l’espèce aucune raison de revenir sur ces conclusions, qui se trouvent d’ailleurs confirmées par le rapport 2008 d’Amnesty International relatif à la Tunisie (voir le paragraphe 20 ci-dessus). Elle note de surcroît qu’en Italie, le requérant a été accusé d’appartenir à une organisation terroriste intégriste (voir le paragraphe 8 ci-dessus). En outre, le requérant a été condamné en Tunisie pour appartenance, en temps de paix, à une organisation terroriste (voir le paragraphe 13 ci-dessus).
38. Dans ces conditions, la Cour estime qu’en l’espèce, des faits sérieux et avérés justifient de conclure à un risque réel de voir le requérant subir des traitements contraires à l’article 3 de la Convention s’il était expulsé vers la Tunisie (voir, mutatis mutandis, Saadi, précité, § 146). Il reste à vérifier si les assurances diplomatiques fournies par les autorités tunisiennes suffisent à écarter ce risque.
39. A cet égard, la Cour rappelle, premièrement, que l’existence de textes internes et l’acceptation de traités internationaux garantissant, en principe, le respect des droits fondamentaux ne suffisent pas, à elles seules, à assurer une protection adéquate contre le risque de mauvais traitements lorsque, comme en l’espèce, des sources fiables font état de pratiques des autorités – ou tolérées par celles-ci – manifestement contraires aux principes de la Convention (Saadi, précité, § 147 in fine). Deuxièmement, il appartient à la Cour d’examiner si les assurances données par l’Etat de destination fournissent, dans leur application effective, une garantie suffisante quant à la protection du requérant contre le risque de traitements interdits par la Convention (Chahal c. Royaume-Uni, Recueil des arrêts et décisions 1996-V, § 105, 15 novembre 1996). Le poids à accorder aux assurances émanant de l’Etat de destination dépend en effet, dans chaque cas, des circonstances prévalant à l’époque considérée (Saadi, précité, § 148 in fine).
40. En la présente espèce, l’avocat général à la direction générale des services judiciaires a assuré que la dignité humaine du requérant serait respectée en Tunisie, qu’il ne serait pas soumis à la torture, à des traitements inhumains ou dégradants ou à une détention arbitraire, qu’il bénéficierait de soins médicaux appropriés et qu’il pourrait recevoir des visites de son avocat et des membres de sa famille. Outre les lois tunisiennes pertinentes et les traités internationaux signés par la Tunisie, ces assurances reposent sur les éléments suivants :
– les contrôles pratiqués par le juge d’exécution des peines, par le comité supérieur des droits de l’homme et des libertés fondamentales (institution nationale indépendante) et par les services de l’inspection générale du ministère de la Justice et des Droits de l’homme ;
– deux cas de condamnation d’agents de l’administration pénitentiaire et d’un agent de police pour mauvais traitements ;
– la jurisprudence interne, aux termes de laquelle un aveu extorqué sous la contrainte est nul et non avenu.
41. La Cour note, cependant, qu’il n’est pas établi que l’avocat général à la direction générale des services judiciaires était compétent pour donner ces assurances au nom de l’Etat (voir, mutatis mutandis, Soldatenko c. Ukraine, no 2440/07, § 73, 23 octobre 2008). De plus, compte tenu du fait que des sources internationales sérieuses et fiables ont indiqué que les allégations de mauvais traitements n’étaient pas examinées par les autorités tunisiennes compétentes (Saadi, précité, § 143), le simple rappel de deux cas de condamnation d’agents de l’Etat pour coups et blessures sur des détenus ne saurait suffire à écarter le risque de tels traitements ou à convaincre la Cour de l’existence d’un système effectif de protection contre la torture, en l’absence duquel il est difficile de vérifier que les assurances données seront respectées. A cet égard, la Cour rappelle que dans son rapport 2008 relatif à la Tunisie, Amnesty International a précisé notamment que bien que de nombreux détenus se soient plaints d’avoir été torturés pendant leur garde à vue, « les autorités n’ont pratiquement jamais mené d’enquête ni pris une quelconque mesure pour traduire en justice les tortionnaires présumés ».
42. De plus, dans l’arrêt Saadi précité (§ 146), la Cour a constaté une réticence des autorités tunisiennes à coopérer avec les organisations indépendantes de défense des droits de l’homme, telles que Human Rights Watch. Dans son rapport 2008 précité, Amnesty International a par ailleurs noté que bien que le nombre de membres du comité supérieur des droits de l’homme ait été accru, celui-ci « n’incluait pas d’organisations indépendantes de défense des droits fondamentaux ». L’impossibilité pour le représentant du requérant devant la Cour de rendre visite à son client s’il était emprisonné en Tunisie confirme la difficulté d’accès des prisonniers tunisiens à des conseils étrangers indépendants même lorsqu’ils sont parties à des procédures judiciaires devant des juridictions internationales. Ces dernières risquent donc, une fois un requérant expulsé en Tunisie, de se trouver dans l’impossibilité de vérifier sa situation et de connaître d’éventuels griefs qu’il pourrait soulever quant aux traitements auxquels il est soumis (Ben Khemais, précité, § 63).
43. Dans ces circonstances, la Cour ne saurait souscrire à la thèse du Gouvernement selon laquelle les assurances données en la présente espèce offrent une protection efficace contre le risque sérieux que court le requérant d’être soumis à des traitements contraires à l’article 3 de la Convention (voir, mutatis mutandis, Soldatenko précité, §§ 73-74). Elle rappelle au contraire le principe affirmé par l’Assemblée parlementaire du Conseil de l’Europe dans sa résolution 1433(2005), selon lequel les assurances diplomatiques ne peuvent suffire lorsque l’absence de danger de mauvais traitement n’est pas fermement établie (voir le paragraphe 22 ci-dessus).
44. Partant, la décision d’expulser l’intéressé vers la Tunisie violerait l’article 3 de la Convention si elle était mise à exécution.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 DE LA CONVENTION
45. Le requérant se plaint d’un manque d’équité de la procédure pénale dirigée contre lui en Tunisie. Il invoque l’article 6 de la Convention.
46. Le Gouvernement considère que ce grief ne saurait être retenu.
47. La Cour considère que ce grief est recevable (Saadi, précité, § 152). Cependant, ayant constaté que l’expulsion du requérant vers la Tunisie constituerait une violation de l’article 3 de la Convention (voir le paragraphe 44 ci-dessus) et n’ayant aucun motif de douter que le gouvernement défendeur se conformera au présent arrêt, elle n’estime pas nécessaire de trancher la question hypothétique de savoir si, en cas d’expulsion vers la Tunisie, il y aurait aussi violation de l’article 6 de la Convention (Saadi, précité, § 160).
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION
48. Le requérant allègue que son expulsion vers la Tunisie le priverait des liens affectifs avec son épouse et ses deux enfants résidant en Italie. Il invoque l’article 8 de la Convention, qui est ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
49. Le Gouvernement considère que ce grief ne saurait être retenu.
50. La Cour considère que ce grief est recevable (Saadi, précité, § 163). Cependant, ayant constaté que l’expulsion du requérant vers la Tunisie constituerait une violation de l’article 3 de la Convention (voir le paragraphe 44 ci-dessus) et n’ayant aucun motif de douter que le gouvernement défendeur se conformera au présent arrêt, elle n’estime pas nécessaire de trancher la question hypothétique de savoir si, en cas d’expulsion vers la Tunisie, il y aurait aussi violation de l’article 8 de la Convention (Saadi, précité, § 170).
IV. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
51. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
52. Le requérant sollicite 25 000 euros (EUR) au titre du préjudice matériel qu’il estime avoir subi. Il allègue que cette somme couvre le manque à gagner découlant de sa situation irrégulière suite à l’arrêté d’expulsion à son encontre. Il demande en outre 10 000 EUR pour préjudice moral.
53. Le Gouvernement s’y oppose.
54. La Cour rappelle qu’elle est en mesure d’octroyer des sommes au titre de la satisfaction équitable prévue par l’article 41 lorsque la perte ou les dommages réclamés ont été causés par la violation constatée, l’Etat n’étant en revanche pas censé verser des sommes pour les dommages qui ne lui sont pas imputables (Perote Pellon c. Espagne, no 45238/99, § 57, 25 juillet 2002).
55. En l’espèce, la Cour a constaté que la mise à exécution de l’expulsion du requérant vers la Tunisie violerait l’article 3 de la Convention. Par contre, elle n’a pas relevé de violation de la Convention du fait de sa situation irrégulière. Dès lors, elle n’aperçoit aucun lien de causalité entre la violation constatée dans le présent arrêt et le préjudice matériel allégué par le requérant (Saadi précité, § 187).
56. S’agissant du préjudice moral subi par le requérant, la Cour estime que le constat que l’expulsion, si elle était menée à exécution, constituerait une violation de l’article 3 de la Convention, représente une satisfaction équitable suffisante (Saadi précité, § 188).
B. Frais et dépens
57. Le requérant demande le remboursement des frais encourus devant le juge de paix de Milan, qu’il chiffre à 1 623 EUR. Il a également sollicité le remboursement des frais afférents à la procédure devant la Cour, qui s’élèvent selon lui à 22 700 EUR.
58. Le Gouvernement considère excessifs ces montants.
59. La Cour rappelle que, lorsqu’elle constate une violation de la Convention, elle peut accorder aux requérants le paiement des frais et dépens qu’ils ont engagés devant les juridictions nationales pour prévenir ou faire corriger par celles-ci ladite violation. Il faut aussi que se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux (voir, notamment, l’arrêt Zimmermann et Steiner c. Suisse du 13 juillet 1983, série A no 66, § 36, et l’arrêt Hertel c. Suisse, du 25 août 1998, Recueil 1998-VI, § 63). La Cour considère que les frais afférents au recours devant le juge de paix de Milan ont été engagés pour prévenir les violations dérivant de l’éventuelle mise en exécution de l’arrêté d’expulsion. La Cour alloue donc la somme demandée par le requérant à ce titre.
60. Pour ce qui est des frais et dépens se rapportant à la présente procédure, la Cour juge excessive la demande du requérant et, statuant en équité, décide de lui allouer 5 000 EUR à ce titre.
C. Intérêts moratoires
61. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit que, dans l’éventualité de la mise à exécution de la décision d’expulser le requérant vers la Tunisie, il y aurait violation de l’article 3 de la Convention ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu d’examiner également si la mise à exécution de la décision d’expulser le requérant vers la Tunisie violerait aussi les articles 6 et 8 de la Convention ;
4. Dit que le constat de violation représente une satisfaction équitable suffisante pour tout préjudice moral subi par le requérant ;
5. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 6 623 EUR (six mille six cent vingt trois euros), pour frais et dépens, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 5 mai 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Pasos Ireneu Cabral Barreto
Greffière adjointe Président

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