Conclusione Violazione dell’art. 3, in caso di espulsione verso la Tunisia,; Danno morale – constatazione di violazione sufficiente
SECONDA SEZIONE
CAUSA SELLEM C. ITALIA
( Richiesta no 12584/08)
SENTENZA
STRASBURGO
5 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Sellem c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Ireneu Cabral Barreto, presidente, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e da Francesca Elens-Pasos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 aprile 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 12584/08) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino tunisino, il Sig. E. B. E. S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 13 marzo 2008 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da G. d. C., avvocato a Milano. Il governo italiano (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, e dal suo co-agente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduce in particolare che il collocamento in esecuzione della decisione di espellerlo verso la Tunisia violerebbe gli articoli 3 e 8 della Convenzione.
4. Il 18 agosto 2008, il presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità e sul merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato nel 1967 e ha risieduto a Milano.
A. Le investigazioni contro il richiedente in Italia ed il tentativo di espellerlo
6. Il richiedente risiede in Italia dal 1990. È sposato con una cittadina tunisina e padre di due bambini di tenera età nati in Italia.
7. Il 23 marzo 2003, depositò alla questura di Milano un’istanza di carta di soggiorno permanente. Il 25 novembre 2004, sollecitò la concessione di un permesso di soggiorno temporaneo, che la questura gli rilasciò il 3 marzo 2005. Suddetto permesso aveva una validità di due anni.
8. Il 6 novembre 2007, il richiedente apprese in occasione di una perquisizione del suo domicilio che la procura di Milano aveva sollecitato a suo carico un’inchiesta penale per terrorismo (articolo 270 bis del codice penale). Il procedimento penale diretto contro lui è sempre pendente.
9. Il 26 febbraio 2008, tramite D. C., il richiedente invitò la questura a rilasciargli la carta di soggiorno chiesto nel marzo 2003.
10. Il 3 marzo 2008, il Servizio dell’immigrazione della prefettura informò D. C. che la rimessa del permesso di soggiorno al suo cliente, il 3 marzo 2005, aveva chiuso i procedimenti amministrativi iniziati dall’interessato il 23 marzo 2003 ed il 25 novembre 2004.
11. Il 4 marzo 2008, il Servizio dell’immigrazione informò tramite lettera D. C. che il suo cliente doveva presentarsi alla prefettura il 13 marzo.
12. Il 13 marzo 2008, la prefettura constatò che il richiedente non aveva chiesto il rinnovo del suo permesso di soggiorno, scaduto dal 1 marzo 2007, e che soggiornava dunque irregolarmente in Italia. Gli notificò un decreto di espulsione adottato lo stesso giorno.
13. Il giorno stesso, D. C. chiese alla Corte di adottare, sul fondamento dell’articolo 39 del suo ordinamento, “tutte le misure che avrebbe stimato utile nell’interesse del richiedente” per evitare che questo venisse espulso. Precisando che il 30 gennaio 2002, il tribunale militare di Tunisi aveva condannato in contumacia il Sig. S. e nove altre persone a dieci anni di reclusione “per avere costituito in tempo di pace un’organizzazione terroristica operante all’estero”, sostenne che espellere il suo cliente l’avrebbe esposto al rischio di essere torturato, avrebbe violato il suo diritto al rispetto della sua vita familiare ed avrebbe impedito a sua figlia di sei anni di proseguire la sua scolarità.
14. Il 14 marzo 2008, la presidentessa della seconda sezione decise di indicare al governo italiano, in applicazione dell’articolo 39 precitato, che era auspicabile, nell’interesse delle parti e del buon svolgimento del procedimento dinnanzi alla Corte, di non espellere il richiedente verso la Tunisia fino a nuovo ordine. Attirò l’attenzione del Governo sul fatto che, quando uno Stato contraente non si conforma ad una misura indicata a titolo dell’articolo 39 dell’ordinamento, ciò può provocare una violazione dell’articolo 34 della Convenzione (vedere Mamatkoulov ed Askarov c. Turchia [GC], i numeri 46827/99 e 46951/99, §§ 128-129 e punto 5 del dispositivo, CEDH 2005-I).
15. Il 4 aprile 2008, il Governo depositò alla cancelleria una nota del Servizio dell’immigrazione che attestava che l’espulsione del richiedente era stata sospesa il 14 marzo, conformemente alla decisione della Corte di applicare l’articolo 39 del suo ordinamento.
16. Il 15 aprile 2008, il richiedente attaccò l’ordinanza d’espulsione dinnanzi al giudice conciliatore di Milano. Con una decisione del 28 aprile 2008, il giudice conciliatore fece diritto alla domanda introdotta dal richiedente e sospese l’espulsione aspettando la conclusione del procedimento a Strasburgo.
B. Le assicurazioni diplomatiche ottenute dalle autorità italiane
17. Il 10 dicembre 2008, l’ambasciata dell’Italia a Tunisi indirizzò al ministero tunisino delle Cause estere la seguente nota verbale (no 4566) :
“L’ambasciata dell’Italia presenta i suoi complimenti al ministero delle Cause Estere e si riferisce alle sue proprie note verbali precedenti ed alla visita in Tunisia della delegazione dei rappresentanti dei ministeri italiani dell’interno e della Giustizia, tenutasi il 24 luglio scorso, concernente un esame dei procedimenti da seguire a proposito dei ricorsi pendenti della Corte europea dei diritti dell’uomo, presentati dai cittadini tunisini, che sono stati o che potrebbero essere oggetto di decreti di espulsione.
L’ambasciata dell’Italia ringrazia il ministero delle Cause Estere e tramite questo il ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo per l’utile collaborazione espressa già per i casi trattati.
Conformemente a ciò che era stato convenuto all’epoca della riunione del 24 luglio, le autorità italiane hanno l’onore di sottoporre tramite via diplomatica la loro richiesta di elementi addizionali specifici che si rivelano necessari nel contenzioso in corso dinnanzi alla Corte di Strasburgo tra l’Italia ed i cittadini tunisini citati qui di seguito:
A questo effetto, l’ambasciata dell’Italia ha l’onore di chiedere al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente investire le autorità tunisine competenti affinché possano fornire tramite via diplomatica le assicurazioni specifiche sul cittadino tunisino Sig. S.E.B.I. riferendosi ai seguenti argomenti:
– in caso di espulsione verso la Tunisia del ricorrente, non sarà sottomesso a torture né a pene o trattamenti disumani o degradanti;
– che possa essere giudicato da un tribunale indipendente ed imparziale, secondo i procedimenti che, nell’insieme, saranno conformi ai principi di un processo equo e pubblico; [e], in caso di condanna [in] contumacia, [ottenere] la riapertura del procedimento penale a suo carico, ed a produrre ogni elemento pertinente a questo motivo;
– che possa, durante la sua eventuale detenzione, ricevere le visite dei suoi avvocati, così come dei membri della sua famiglia e di un medico.
Poiché la scadenza per la presentazione delle osservazioni del governo italiano a Strasburgo per suddetto caso è fissata al 16 dicembre prossimo, l’ambasciata dell’Italia sarebbe grata al ministero delle Cause Estere di volere cortesemente farle giungere gli elementi richiesti al più presto e fondamentali per la strategia di difesa del governo italiano e suggerisce che la Sig.ra C., primo segretario [dell ‘] ambasciata, possa recarsi al ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo per fornire ogni delucidazione opportuna.
L’ambasciata dell’Italia ringrazia in anticipo il ministero delle Cause Estere per l’attenzione che sarà riservata alla presente nota e coglie l’occasione per rinnovargli le assicurazioni della sua alta considerazione. ”
18. Il 3 gennaio 2009, le autorità tunisine fecero pervenire la loro risposta, firmata dall’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali. Nelle sue parti pertinenti, questa risposta si legge come segue:
“Nella sua nota verbale in data del 10 dicembre 2008, l’ambasciata dell’Italia a Tunisi ha sollecitato, delle autorità tunisine, le assicurazioni, qui di seguito enumerate, concernenti il cittadino tunisino E. S. nel caso venisse espulso verso la Tunisia.
(…)
II. Conviene, prima di tutto, precisare che l’interessato è oggetto di un giudizio di contumacia per adesione ad un’organizzazione terroristica operante all’estero così come per le sue attività in vista di reclutare dei membri per questa organizzazione.
Se l’interessato [viene] espulso verso la Tunisia, sarà, fin dal suo arrivo in Tunisia, presentato ad un giudice. Potrà esercitare allora il suo diritto di opposizione, essendo sentito che l’ammissibilità dell’opposizione nella forma ha per conseguenza, in applicazione dell’articolo 182 del codice di procedimento penale, di annientare i giudizi attaccati e di permettergli di essere giudicato di nuovo e di presentare i mezzi di difesa che giudica utili.
All’epoca della sua comparizione dinnanzi al giudice, l’interessato beneficerà obbligatoriamente dell’assistenza di avvocati di sua scelta. Se si rivela che non ha i mezzi, degli avvocati gli saranno commessi d’ufficio a spese dello stato. Il giudice ordinerà in seguito o la liberazione dell’imputato o il suo arresto. Godrà, per tutto il suo processo, dell’insieme delle seguenti garanzie:
1. La garanzia del rispetto della dignità dell’interessato:
Il rispetto della dignità dell’interessato viene garantito, la sua origine risiede nel principio del rispetto della dignità di ogni persona qualunque sia o lo stato in cui si trova, principio fondamentale riconosciuto dal diritto tunisino e garantito per ogni persona e più particolarmente per i detenuti il cui statuto è regolamentato minuziosamente.
È a questo riguardo utile ricordare che l’articolo 13 della Costituzione tunisina dispone nel suo capoverso 2 che “ogni individuo che ha perso la sua libertà è trattato umanamente, nel rispetto della sua dignità.”
La Tunisia ha ratificato peraltro senza nessuna riserva la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ha riconosciuto così la competenza del comitato contro la tortura per ricevere ed esaminare le comunicazioni presentate da o per conto di individui che dipendono dalla sua giurisdizione che pretendono di essere vittime di violazioni delle disposizioni della Convenzione( ratifica con la legge no 88-79 dell’ 11 luglio 1988. Gazzetta ufficiale della Repubblica tunisino no 48 del 12-15 luglio 1988, pagina 1035).
Le disposizioni di suddetta Convenzione sono state trasposte in diritto interno, l’articolo 101 bis del codice penale definisce la tortura come “ogni atto tramite cui un dolore o delle sofferenze acute, fisiche o mentali, vengono inflitti intenzionalmente ad una persona in particolare ai fini di ottenere da lei o da una terza persona delle informazioni o delle confessioni, di punirla di un atto che lei o una terza persona hanno commesso o sono sospettate di averlo commesso, di intimidire o di fare pressione su un terza persona, o quando il dolore o le sofferenze acute sono inflitte per ogni altro motivo fondato su una forma di discriminazione [qualunque] sia.”
Il legislatore ha contemplato delle pene severe per questo genere di violazioni, così l’articolo 101 bis sopracitato dispone che venga punito di una detenzione di otto anni il funzionario o assimilato che sottopone una persona a tortura e questo, nell’esercizio o in occasione dell’esercizio delle sue funzioni.”
È da segnalare che la custodia cautelare è, secondo l’articolo 12 della Costituzione, sottoposta al controllo giudiziale e che si può procedere al carcere preventivo solo su ordine giurisdizionale. È vietato sottoporre chiunque ad una detenzione arbitraria. Parecchi garanzie accompagnano il procedimento della custodia cautelare e tendono a garantire il rispetto dell’integrità fisica e morale del detenuto di cui in particolare:
– Il diritto della persona in custodia cautelare di informare, fin dal suo arresto, i membri della sua famiglia.
– Il diritto di chiedere durante il periodo di custodia cautelare o alla sua scadenza di essere sottomessi ad un esame medico. Questo diritto può essere esercitato all’occorrenza dai membri della famiglia.
– La durata del carcere preventivo è regolamentata, il suo prolungamento è eccezionale e deve essere motivato dal giudice.
C’è luogo anche di notare che [la] legge del 14 maggio 2001 relativa all’organizzazione delle prigioni dispone nel suo articolo primo che ha per obiettivo di regolare “le condizioni di detenzione nelle prigioni in vista di garantire l’integrità fisica e morale del detenuto, di prepararlo alla vita libera e di aiutare il suo reinserimento.”
Questo dispositivo legislativo è rinforzato dal collocamento in posto di un sistema di controllo destinato a garantire il rispetto effettivo della dignità dei detenuti. Si tratta di parecchi tipi di controlli effettuati da diversi organi ed istituzioni:
– C’è da prima un controllo giudiziale assicurato dal giudice di esecuzione delle pene tenuto, secondo i termini dell’articolo 342-3 del codice di procedimento penale tunisino, [a] visitare la struttura penitenziaria che dipende dalla sua giurisdizione per prendere cognizione delle condizioni dei detenuti, queste visite sono in pratica effettuate in media a ragione di due volte la settimana.
– C’è poi il controllo effettuato dal comitato superiore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, il presidente di questa istituzione nazionale indipendente può effettuare delle visite inopinate alle strutture penitenziarie per informarsi dello stato e delle condizioni dei detenuti.
– C’è anche il controllo amministrativo interno effettuato dai servizi dell’ispezione generale del ministero della Giustizia e dei diritti dell’uomo e l’ispezione generale che dipende dalla direzione generale delle prigioni e della rieducazione. È da notare in questa cornice che l’amministrazione penitenziaria dipende dal ministero della Giustizia e che gli ispettori di suddetto ministero sono dei magistrati di formazione il che costituisce una garanzia supplementare di un controllo rigoroso delle condizioni di detenzione.
– Bisogna segnalare infine che il comitato internazionale della Croce Rossa è abilitato dal 2005 ad effettuare delle visite nei luoghi di detenzione, prigioni e locali della polizia abilitati ad accogliere dei detenuti in custodia cautelare. Al termine di queste visite dei rapporti dettagliati vengono stabiliti e degli incontri sono organizzati coi servizi riguardati per mettere in opera le raccomandazioni formulate dal comitato sullo stato dei detenuti.
Le autorità tunisine ricordano che non esitano ad indagare su tutte le affermazioni di tortura ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli che lasciano credere che un atto di maltrattamenti è stato commesso. Si citeranno per delucidazione due esempi:
– Il primo esempio riguarda tre agenti dell’amministrazione penitenziaria perseguiti per vie di fatto su un detenuto; l’inchiesta sollecitata a questo effetto è arrivata alla condanna di tre agenti delle prigioni ad una pena di detenzione di quattro anni ciascuno (sentenza della corte di appello di Tunisi resa il 25 gennaio 2002).
– Il secondo esempio riguarda un agente di polizia condannato a 15 anni di detenzione per percosse e lesioni volontarie che hanno causato la morte senza intenzione di darla (sentenza resa dalla corte di appello di Tunisi il 2 aprile 2002).
Questi due esempi dimostrano che le autorità tunisine non tollerano nessuno maltrattamento e non esitano ad impegnare i perseguimenti necessari contro gli agenti dell’applicazione della legge ogni volta che ci sono dei motivi ragionevoli che lasciano credere che gli atti di tale natura [siano] stati commessi.
Alcuni casi di condanna per maltrattamenti sono stati segnalati nel rapporto presentato dalla Tunisia dinnanzi al Consiglio dei diritti dell’uomo e dinnanzi al Comitato dei diritti dell’uomo che denota così una politica di volontà dello stato a perseguire e reprimere ogni atto di tortura o dei cattivi trattamenti, il che è di natura tale da confutare ogni affermazione di violazione sistematica dei diritti dell’uomo.
In conclusione, è evidente che:
– Se E. S. [viene] espulso verso la Tunisia, sarà presentato ad un giudice e beneficerà dell’assistenza di un avvocato.
– L’interessato potrà esercitare il suo diritto di opposizione contro il giudizio reso a suo carico. L’ammissibilità dell’opposizione ha per effetto di annientare tutti gli effetti del giudizio e la causa sarà giudicata di nuovo.
– L’autorità giudiziaria competente deciderà o la sua scarcerazione o il suo arresto .
– Ad ogni modo, l’interessato beneficerà di tutte le garanzie che offerte dalla legislazione tunisina.
2. La garanzia di un processo equo agli interessati:
Se egli [viene] espulso in Tunisia, l’interessato beneficerà in particolare di procedimenti di perseguimento, di istruzione e di giudizio che offrono tutte le garanzie necessarie ad un processo equo,:
– Il rispetto del principio della separazione tra le autorità di perseguimento, di istruzione e di giudizio.
– L’istruzione in materia di crimini è obbligatoria. Ubbidisce al principio del doppio grado di giurisdizione, giudice istruttore e camera di accusa.
– Le udienze di giudizio sono pubbliche e rispettano il principio del contraddittorio.
– Ogni persona sospettata di crimine ha obbligatoriamente diritto all’assistenza di uno o parecchi avvocati. Gliene viene, all’occorrenza, commesso uno d’ufficio e gli oneri sono supportati dallo stato. L’assistenza dell’avvocato prosegue durante tutte le tappe del procedimento: istruzione preparatoria e fase di giudizio.
– L’esame dei crimini è della competenza dei corsi criminali che sono formati da cinque magistrati, questa formazione allargata rinforza le garanzie dell’imputato.
– Il principio del doppio grado di giurisdizione in materia criminale è consacrato dal diritto tunisino. Il diritto di fare appello ai giudizi di condanna è dunque un diritto fondamentale per l’imputato.
– Nessuna condanna può essere resa se non sulla base di prove solide sono state oggetto di dibattimenti contraddittori dinnanzi alla giurisdizione competente. Anche la confessione dell’imputato non è considerata come una prova determinante. Questa posizione è stata confermata dalla sentenza della Corte di cassazione tunisina no 12150 del 26 gennaio 2005 con cui la Corte ha affermato che la confessione estorta con violenza è nulla e non avvenuta e questo, in applicazione dell’articolo 152 del codice di procedimento penale che dispone che: “la confessione, come ogni elemento di prova, è lasciata alla libera valutazione dei giudici.” Il giudice dunque deve valutare tutte le prove che gli vengono presentate per decidere della forza probante da conferire a suddette prove secondo la sua intima convinzione.
3. La garanzia del diritto di ricevere delle visite:
Se l’arresto dell’interessato viene deciso dall’autorità giudiziale competente, beneficerà dei diritti garantiti ai detenuti dalla legge del 14 maggio 2001 relativa all’organizzazione delle prigioni. Questa legge consacra il diritto di ogni prevenuto a ricevere la visita dell’avvocato incaricato della sua difesa, senza la presenza di un agente della prigione, così come la visita dei membri della sua famiglia. Se il suo arresto [viene] deciso, l’interessato godrà di questo diritto conformemente alla regolamentazione in vigore e senza nessuna restrizione.
4. La garanzia del diritto di beneficiare delle cure mediche:
La legge precitata relativa all’organizzazione delle prigioni dispone che ogni detenuto abbia diritto alla gratuità delle cure e dei medicinali dentro alle prigioni e, a difetto, nella struttura ospedaliera. Inoltre, l’articolo 336 del codice di procedura penale autorizza il giudice di esecuzione delle pene a sottoporre il condannato ad esame medico.
Se l’arresto dell’interessato fosse deciso, sarebbe sottoposto ad esame medico fin dalla sua ammissione nell’unità penitenziaria. Potrà, d’altra parte, beneficiare ulteriormente di un seguito medico nella cornice di esami periodici. In conclusione, l’interessato beneficerà di un seguito medico regolare come ogni detenuto e non c’è luogo per questo fatto di autorizzare il suo esame da un altro medico.
Le autorità tunisine reiterano la loro volontà di cooperare pienamente con la parte italiana fornendole tutte le informazione ed i dati utili alla sua difesa nel procedimento in corso dinnanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo.”
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
19. I ricorsi che si possono formare contro un’ordinanza d’espulsione in Italia e le regole che disciplinano la riapertura di un processo in contumacia in Tunisia sono descritti in Saadi c. Italia ([GC], no 37201/06, §§ 58-60, 28 febbraio 2008).
III. TESTI E DOCUMENTI INTERNAZIONALI
20. Si trova nella sentenza Saadi precitata una descrizione dei testi, documenti internazionali e sorgenti delle seguenti informazioni: l’accordo di cooperazione in materia di lotta contro la criminalità firmato dall’Italia e la Tunisia e l’accordo di associazione tra la Tunisia, l’unione europea ed i suoi Stati membri, (§§ 61-62); gli articoli 1, 32 e 33 della Convenzione delle Nazioni unite del 1951 relativi allo statuto di profughi (§ 63); le linee direttive del Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa (§ 64); i rapporti relativi alla Tunisia di Amnesty Internazionale (§§ 65-72) e di Human Rights Watch (§§ 73-79); le attività del Comitato internazionale del Croce Rossa (§§ 80-81); il rapporto del Dipartimento di stato americano relativo ai diritti dell’uomo in Tunisia (§§ 82-93); le altre sorgenti di informazione relative al rispetto dei diritti dell’uomo in Tunisia (§ 94).
21. Dopo l’adozione della sentenza Saadi, Amnesty International ha pubblicato il suo rapporto annuale 2008. Le parti pertinenti della sezione di questo rapporto consacrato alla Tunisia sono riferite in Ben Khemais c. Italia (no 246/07, § 34,… 2009).
22. Nella sua risoluzione 1433(2005) relativa alla legalità della detenzione di persone da parte degli Stati Uniti a Guantanamo Bay, l’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa ha chiesto al governo americano, tra l’altro, “di non rinviare o trasferire i detenuti basandosi su delle “assicurazioni diplomatiche” di un paese conosciuto per ricorrere sistematicamente alla tortura ed in ogni caso se la mancanza di rischio di maltrattamento non è fermamente stabilita.”
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
23. Il richiedente considera che l’esecuzione della sua espulsione l’esporrebbe ad un rischio di trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione. Questa disposizione si legge come segue:
“Nessuno può essere sottomesso a tortura né a pene o trattamenti disumani o degradanti. “
24. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
25. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
26. Il richiedente rinvia alle inchieste condotte da Amnesty International e dal Dipartimento di stato degli Stati Uniti d’America che dimostrerebbero che in caso di espulsione verso la Tunisia, sarebbe esposto ad un rischio concreto e serio di violazione dei diritti garantiti dall’articolo 3 della Convenzione.
27. Il Governo sottolinea che la Tunisia ha ratificato i principali strumenti internazionali in materia di protezione dei diritti dell’uomo, ivi compreso il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, il Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e la Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Ricorda anche che nel 1995, la Tunisia ha firmato con l’unione europea un accordo di associazione in virtù del quale la questione del rispetto delle libertà fondamentali e dei principi democratici è un elemento del dialogo politico tra i firmatari. Sottolinea peraltro che le autorità tunisine permettono alla Croce Rossa internazionale di visitare le prigioni.
28. Secondo il Governo, si può presumere che la Tunisia non si scosterà dagli obblighi che gli spettano in virtù dei trattati internazionali.
29. In più, il sistema giuridico italiano contemplerebbe delle garanzie per l’individuo-ivi compresa la possibilità di ottenere lo statuto di profugo-che renderebbero “praticamente impossibile una repressione contraria alle esigenze della Convenzione.”
30. Il Governo arguisce ancora che le affermazioni relative ad un pericolo di morte o al rischio di essere esposto a tortura o a trattamenti disumani e degradanti devono essere supportate da elementi di prova adeguati; e che nello specifico, il richiedente non ha né prodotto i elementi precisi a questo riguardo né fornito spiegazioni dettagliate, ma che si è limitato a descrivere una presunta situazione generalizzata in Tunisia. Le “sorgenti internazionali” citate dal richiedente sarebbero vaghe e non pertinenti, come gli articoli di stampa prodotti dall’interessato.
31. Il Governo rinvia alle assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine, in cui vede il risultato di un dialogo intergovernativo molto fruttuoso. Queste assicurazioni garantirebbero una protezione adeguata del richiedente contro il rischio di subire, in Tunisia, dei trattamenti vietati dalla Convenzione.
32. Sottolinea che le autorità tunisine hanno corredato suddette assicurazioni con una “lunga e rassicurante spiegazione, in fatto ed in diritto, delle ragioni per cui bisogna credere loro”, e stima che la loro buona fede non dovrebbe essere messa in dubbio. Aggiunge che il rispetto effettivo di queste assicurazioni ha potuto essere verificato all’epoca dai controlli del Comitato superiore dei diritti dell’uomo e della Croce Rossa, così come dalle visite degli avvocati e dei prossimi del richiedente.
33. Secondo il Governo, l’impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di visitare il suo cliente nel caso venisse incarcerato in Tunisia si spiega col fatto che questo Stato non ha aderito alla Convenzione. Sarebbe dunque ragionevole non permettere le visite di avvocati stranieri che operano fuori dalla cornice nazionale ed internazionale in cui si iscrive la Tunisia. A questo riguardo, il Governo osserva che l’interessato potrà, se lo desidera, dare mandato agli avvocati tunisini di sua scelta affinché procedano, in collaborazione con i loro omologhi italiani, alla preparazione della sua difesa dinnanzi alla Corte.
34. Secondo il Governo, le assicurazioni date dalla Tunisia sono rassicuranti per ciò che riguarda la sicurezza ed il benessere del richiedente così come il rispetto del suo diritto ad un processo equo. Sottolineando che nella causa Saadi precitata, la Corte stessa ha chiesto se tali assicurazioni fossero state sollecitate ed ottenute, il Governo stima che, senza che sia questione di rimetterli in causa, i principi affermati dalla Grande Camera devono essere adattati alle particolari circostanze dei fatti del caso specifico.
2. Valutazione della Corte
35. I principi generali relativi alla responsabilità degli Stati contraenti in caso di espulsione, agli elementi da considerare per valutare il rischio di esposizione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione ed alla nozione di “tortura” e di “trattamenti disumani e degradanti” è riassunta nella sentenza Saadi (precitata, §§ 124-136) in cui la Corte ha riaffermato anche l’impossibilità di mettere sulla bilancia il rischio di maltrattamenti ed i motivi invocati per l’espulsione per determinare se la responsabilità di un Stato è impegnata sul terreno dell’articolo 3 (§§ 137-141).
36. La Corte ricorda le conclusioni a cui è giunta nella causa Saadi (precitata §§ 143-146) che erano le seguenti:
– i testi internazionali pertinenti fanno stato di numerosi casi regolari di tortura e di maltrattamenti inflitti in Tunisia a persone sospettate o riconosciute colpevoli di terrorismo;
– questi testi descrivono una situazione preoccupante;
– le visite del Comitato internazionale della Croce Rossa nei luoghi di detenzione tunisina non possono dissipare il rischio di sottomissione a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione.
37. La Corte non vede nello specifico nessuna ragione di ritornare su queste conclusione che del resto si trovano confermate dal rapporto 2008 di Amnesty Internazionale relativo alla Tunisia (vedere sopra il paragrafo 20). Nota per di più che in Italia, il richiedente è stato accusato di appartenere ad un’organizzazione terroristica integralista (vedere sopra il paragrafo 8). Inoltre, il richiedente è stato condannato in Tunisia per appartenenza, in tempo di pace, ad un’organizzazione terroristica (vedere sopra il paragrafo 13).
38. In queste condizioni, la Corte stima che nello specifico, dei fatti seri ed accertati giustificano la costatazione di un rischio reale di vedere il richiedente subire dei trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione se venisse espulso verso la Tunisia (vedere, mutatis mutandis, Saadi, precitata, § 146). Resta da verificare se le assicurazioni diplomatiche fornite dalle autorità tunisine bastano ad allontanare questo rischio.
39. A questo riguardo, la Corte ricorda, primariamente, che l’esistenza di testi interni e l’accettazione di trattati internazionali che garantiscono, in principio, il rispetto dei diritti fondamentali non basta, da sola, a garantire una protezione adeguata contro il rischio di maltrattamenti quando, come nello specifico, delle sorgenti affidabili fanno stato di pratiche delle autorità- o tollerate da queste -manifestamente contrarie ai principi della Convenzione (Saadi, precitata, § 147 in fine). Secondariamente, appartiene alla Corte di esaminare se le assicurazioni date dallo stato di destinazione forniscono, nella loro applicazione effettiva, una garanzia sufficiente in quanto alla protezione del richiedente contro il rischio di trattamenti vietati dalla Convenzione (Chahal c. Regno Unito, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, § 105, 15 novembre 1996). Il peso da accordare alle assicurazioni provenienti dallo stato di destinazione dipende difatti, in ogni caso, dalle circostanze che prevalgono all’epoca considerata (Saadi, precitata, § 148 in fine).
40. Nel presente caso, l’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali ha garantito che la dignità umana del richiedente verrebbe rispettata in Tunisia, che non sarebbe sottomesso a tortura, a trattamenti disumani o degradanti o ad una detenzione arbitraria, che beneficerebbe di cure mediche adeguate e che potrebbe ricevere delle visite del suo avvocato e dei membri della sua famiglia. Oltre le leggi tunisine pertinenti ed i trattati internazionali firmati dalla Tunisia, queste assicurazioni si fondano sui seguenti elementi:
– i controlli praticati dal giudice di esecuzione delle pene, dal comitato superiore dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (istituzione nazionale indipendente) e dai servizi d’ispezione generale del ministero di Giustizia e dei Diritti dell’uomo;
– due casi di condanna di agenti dell’amministrazione penitenziaria e di un agente di polizia per maltrattamenti;
– la giurisprudenza interna, ai termini della quale una confessione estorta sotto costrizione è nulla e non avvenuta.
41. La Corte nota, però, che non è stabilito che l’avvocato generale alla direzione generale dei servizi giudiziali era competente per dare queste assicurazioni a nome dello stato (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko c. Ucraina, no 2440/07, § 73, 23 ottobre 2008). In più, tenuto conto del fatto che delle sorgenti internazionali serie ed affidabili hanno indicato che le affermazioni di maltrattamenti non venivano esaminate dalle autorità tunisine competenti (Saadi, precitata, § 143) il semplice richiamo a due casi di condanna di agenti dello stato per percosse e lesioni su dei detenuti non potrebbe bastare ad allontanare il rischio di tali trattamenti o a convincere la Corte dell’esistenza di un sistema effettivo di protezione contro la tortura, in mancanza del quale è difficile verificare che le assicurazioni date saranno rispettate. A questo riguardo, la Corte ricorda che nel suo rapporto 2008 relativo alla Tunisia, Amnesty International ha precisato in particolare che benché numerosi detenuti si siano lamentati di essere stati torturato durante la loro custodia cautelare, “le autorità non hanno praticamente mai condotto alcuna inchiesta né preso una qualsiasi misura per tradurre in giustizia i torturatori presunti.”
42. In più, nella sentenza Saadi precitata (§ 146), la Corte ha constatato una reticenza delle autorità tunisine a cooperare con le organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti dell’uomo, come Human Rights Watch. Nel suo rapporto 2008 precitato, Amnesty International ha notato peraltro che benché il numero di membri del comitato superiore dei diritti dell’uomo sia stato aumentato, questo non includeva organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti fondamentali.” L’impossibilità per il rappresentante del richiedente dinnanzi alla Corte di rendere visita al suo cliente nel caso venisse incarcerato in Tunisia conferma anche la difficoltà di accesso dei prigionieri tunisini a consiglieri stranieri indipendenti quando sono parti ai procedimenti giudiziali dinnanzi a delle giurisdizioni internazionali. Queste ultime rischiano dunque, una volta un richiedente espulso in Tunisia, di trovarsi nell’impossibilità di verificare la sua situazione e di conoscere di eventuali motivi di appello che potrebbe sollevare in quanto ai trattamenti ai quali è sottoposto (Ben Khemais, precitata, § 63).
43. In queste circostanze, la Corte non potrebbe aderire alla tesi del Governo secondo cui le assicurazioni date nel presente caso offrono una protezione efficace contro il rischio serio che corre il richiedente di essere sottomesso ai trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Soldatenko precitata, §§ 73-74). Ricorda al contrario il principio affermato dall’assemblea parlamentare del Consiglio dell’Europa nella sua risoluzione 1433(2005) secondo cui le assicurazioni diplomatiche non possono bastare quando la mancanza di pericolo di maltrattamento non è fermamente stabilita (vedere sopra il paragrafo 22).
44. Pertanto, la decisione di espellere l’interessato verso la Tunisia violerebbe l’articolo 3 della Convenzione nel caso fosse messa in esecuzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
45. Il richiedente si lamenta di una mancanza di equità del procedimento penale diretto contro lui in Tunisia. Invoca l’articolo 6 della Convenzione.
46. Il Governo considera che questo motivo di appello non potrebbe essere considerato.
47. La Corte considera che questo motivo di appello è ammissibile (Saadi, precitata, § 152). Però, avendo constatato che l’espulsione del richiedente verso la Tunisia costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione (vedere sopra il paragrafo 44) e non avendo nessun motivo di dubitare che il governo convenuto si conformerà alla presente sentenza, non stima necessario decidere la questione ipotetica di sapere se, in caso di espulsione verso la Tunisia, ci sarebbe anche violazione dell’articolo 6 della Convenzione (Saadi, precitata, § 160).
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
48. Il richiedente adduce che la sua espulsione verso la Tunisia lo priverebbe dei legami affettivi con sua moglie ed i suoi due bambini residenti in Italia. Invoca l’articolo 8 della Convenzione che è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto di suo corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
49. Il Governo considera che questo motivo di appello non saprebbe essere considerato.
50. La Corte considera che questo motivo di appello è ammissibile (Saadi, precitata, § 163). Però, avendo constatato che l’espulsione del richiedente verso la Tunisia costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione (vedere sopra il paragrafo 44) e non avendo nessuno motivo di dubitare che il governo convenuto si conformerà alla presente sentenza, non stima necessario decidere la questione ipotetica di sapere se, in caso di espulsione verso la Tunisia, ci sarebbe anche violazione dell’articolo 8 della Convenzione (Saadi, precitata, § 170).
IV. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
51. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
52. Il richiedente sollecita 25 000 euro (EUR) a titolo del danno materiale che stima avere subito. Adduce che questa somma copre la mancanza al guadagno derivante della sua situazione irregolare a seguito dell’ordinanza d’espulsione a suo carico. Chiede inoltre 10 000 EUR per danno morale.
53. Il Governo si oppone.
54. La Corte ricorda che è in grado di concedere delle somme a titolo di soddisfazione equa prevista dall’articolo 41 quando la perdita o i danni richiesti sono stati causati dalla violazione constatata, non presupponendo in compenso che lo stato debba versare delle somme per i danni che non gli sono imputabili (Perote Pellon c. Spagna, no 45238/99, § 57, 25 luglio 2002).
55. Nello specifico, la Corte ha constatato che il collocamento in esecuzione dell’espulsione del richiedente verso la Tunisia violerebbe l’articolo 3 della Convenzione. Invece, non ha rilevato alcuna violazione della Convenzione a causa della sua situazione irregolare. Quindi, non vede nessun legame di causalità tra la violazione constatata nella presente sentenza ed il danno materiale addotto dal richiedente (Saadi precitata, § 187,).
56. Trattandosi del danno morale subito dal richiedente, la Corte stima che la constatazione che l’espulsione, se fosse condotta all’ esecuzione, costituirebbe una violazione dell’articolo 3 della Convenzione, rappresenta una soddisfazione equa sufficiente (Saadi precitata, § 188,).
B. Oneri e spese
57. Il richiedente chiede il rimborso degli oneri incorsi dinnanzi al giudice conciliatore di Milano, che valuta a 1 623 EUR. Ha sollecitato anche il rimborso degli oneri afferenti al procedimento dinnanzi alla Corte che ammonta secondo lui a 22 700 EUR.
58. Il Governo considera eccessivi questi importi.
59. La Corte ricorda che, quando constata una violazione della Convenzione, può accordare ai richiedenti il pagamento di oneri e spese che hanno sostenuto dinnanzi alle giurisdizioni nazionali per prevenire o fare correggere da queste suddetta violazione. Occorre anche che si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso (vedere, in particolare, la sentenza Zimmermann e Steiner c. Svizzera del 13 luglio 1983, serie A no 66, § 36, ed la sentenza Hertel c. Svizzera, del 25 agosto 1998, Raccolta 1998-VI, § 63). La Corte considera che gli oneri afferenti al ricorso dinnanzi al giudice conciliatore di Milano sono stati sostenuti per prevenire le violazioni derivanti dall’eventuale collocamento in esecuzione dell’ordinanza d’espulsione. La Corte dunque assegna la somma chiesta dal richiedente a questo titolo.
60. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese riferiti al presente procedimento, la Corte giudica eccessiva la richiesta del richiedente e, deliberando in equità, decide di assegnargli 5 000 EUR a questo titolo.
C. Interessi moratori
61. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso d’interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che, nell’eventualità del collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia, ci sarebbe violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
3. Stabilisce che non c’è luogo di esaminare anche se il collocamento in esecuzione della decisione di espellere il richiedente verso la Tunisia violerebbe anche gli articoli 6 e 8 della Convenzione;
4. Stabilisce che la constatazione di violazione rappresenta una soddisfazione equa sufficiente per ogni danno morale subito dal richiedente;
5. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 6 623 EUR (seimila sei cento ventitre euro) per oneri e spese, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta col richiedente;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
6. Respingi la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 5 maggio 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Pasos Ireneu Cabral Barreto
Cancelliera collaboratrice Presidente