Conclusione Violazione dell’art. 6-1; violazione di P1-1; Soddisfazione equa riservata
SECONDA SEZIONE
CAUSA SELİN ASLI ÖZTÜRK C. TURCHIA
( Richiesta no 39523/03)
SENTENZA
(merito)
STRASBURGO
13 ottobre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Selin Aslı Öztürk c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, Nona Tsotsoria, Işıl Karakaş, giudici,
e daFrancesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l’ 8 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 39523/03) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui una cittadina di questo Stato, la Sig.na S. A. Ö. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 14 novembre 2003 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentata da J. E., avvocato ad Ankara e sua madre E. D. Ş.. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il 9 maggio 2007, la presidentessa della seconda sezione ha deciso di comunicare al Governo i motivi di appello tratti dagli articoli 6 e 13 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che sarebbero stati esaminati l’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
4. La camera ha deciso che non c’era luogo di tenere un’udienza.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. La richiedente è nata il 7 settembre 2000 e risiede ad Istanbul.
6. Il 22 marzo 1968, il padre della richiedente aveva sposato una cittadina tedesca. In una data non comunicata, la coppia si era separata senza divorziare.
7. La richiedente è nata dell’unione di suo padre con una nuova compagna.
8. Il 1 febbraio 2001, la corte d’appello di Bensheim (Germania) pronunciò il divorzio del padre della richiedente e di sua moglie tedesca. Il giudizio di divorzio diventò definitivo il 13 aprile 2001.
9. Il 22 maggio 2001, il padre della richiedente decedette senza avere chiesto l’exequatur o la riconoscenza del giudizio di divorzio in Turchia.
10. L’ 8 giugno 2001, la pretura di Ankara rilasciò un certificato di erede secondo cui un quarto della successione del padre della richiedente spettava alla sua moglie tedesca ed i restanti tre quarti alla richiedente.
11. Il 14 luglio 2001, agendo a nome della richiedente minorenne, sua madre introdusse un’azione dinnanzi alla corte d’appello di Ankara in vista di ottenere la riconoscenza del giudizio di divorzio estero.
12. Il 26 settembre 2001, il giudizio di divorzio ricevette exequatur da parte della corte d’appello.
13. Il 6 dicembre 2001, la Corte di cassazione annullò questo giudizio. Rilevò da prima che il giudizio estero non produceva alcun effetto in Turchia senza exequatur o riconoscenza. Osservò poi che, essendo deceduta una delle parti al procedimento il 22 maggio 2001, il matrimonio si era concluso col decesso e che, nella misura in cui i bambini non potevano chiedere l’exequatur o la riconoscenza del giudizio di divorzio dei loro genitori, la richiedente non aveva requisito per agire. La Corte di cassazione rilevò inoltre che la corte d’appello aveva deliberato sull’exequatur del giudizio estero mentre la richiedente aveva chiesto la sua riconoscenza. Nella sua opinione dissidente, il presidente arguì che in quanto a lui ogni persona che disponeva di un interesse giuridico poteva chiedere l’exequatur o la riconoscenza.
14. Il 1 ottobre 2002, la corte d’appello si conformò alla sentenza di cassazione e respinse l’istanza presentata dalla richiedente.
15. Il 4 marzo 2003, la Corte di cassazione confermò questo giudizio e, il 21 aprile 2003, respinse il ricorso per rettifica. Questa ultima sentenza fu notificata alla richiedente il 14 maggio 2003.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
16. All’epoca dei fatti, l’articolo 34 della vecchia legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privato si leggeva come segue:
“L’esecuzione in Turchia delle decisioni rese da giurisdizioni estere in cause civili e diventate definitive secondo le leggi del paese riguardato è legata al rilascio da parte del tribunale turco competente di una decisione di exequatur. “
17. Secondo l’articolo 35, il tribunale competente era la corte d’appello del luogo di residenza in Turchia della parte avversa, salvo eccezione. L’articolo 36 precisava che l’istanza di exequatur era fatta per mezzo di una richiesta ed indicava le informazione che dovevano figurare in questa richiesta. L’articolo 37 enumerava l’elenco dei documenti da unire alla richiesta.
18. Secondo l’articolo 38, il tribunale competente poteva accordare l’exequatur quando le seguenti condizioni venivano assolte.
a) esistenza della reciprocità tra la Turchia ed il paese riguardato;
b) oggetto della controversia che non dipende dalla competenza esclusiva dei tribunali turchi;
c,)conformità all’ordine pubblico;
d) rispetto dei diritti della difesa nella cornice del procedimento estero;
e) in materia di stato delle persone, il rispetto delle regole turche relative ai conflitti di leggi.
19. Secondo l’articolo 39, la richiesta così come la data di udienza veniva notificata alla parte avversa e l’istanza di exequatur veniva esaminata secondo le regole di procedimento normale. La parte avversa poteva opporsi all’istanza di exequatur invocando la mancata osservanza delle condizioni di exequatur o se il giudizio estero era stato interamente o parzialmente eseguito o in caso di apparizione di una ragione che impediva la sua esecuzione.
20. Secondo l’articolo 42, relativo alla riconoscenza dei giudizi esteri, l’accettazione del giudizio estero come prova e giudizio definitivo era legata alla constatazione da parte del tribunale competente che questo giudizio assolveva le condizioni dell’exequatur. I paragrafi a) e d) dell’articolo 38 non si applicavano alla riconoscenza.
21. Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, le regole di procedimento concernente l’exequatur si applicavano anche nella cornice di un’istanza di riconoscenza.
22. La legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privati, come era in vigore all’epoca dei fatti, non indicava espressamente le persone aventi requisito per chiedere l’exequatur o la riconoscenza di un giudizio estero. Tuttavia, secondo la giurisprudenza ben stabilita della Corte di cassazione, solo le parti al procedimento iniziale potevano chiedere l’exequatur o la riconoscenza. Così, nelle cause di divorzio, soli gli sposi divorziati potevano chiedere l’exequatur o la riconoscenza del loro giudizio di divorzio.
23. Il 12 dicembre 2007, è entrata in vigore la nuova legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privati. Secondo il suo articolo 52, ogni persona che dispone di un interesse giuridico nel rilascio dell’exequatur può fare l’istanza. Secondo le sentenze recenti della Corte di cassazione, ogni persona che dispone di un interesse giuridico può chiedere oramai la riconoscenza o l’exequatur di un giudizio estero.
24. Le disposizioni pertinenti del codice civile sono peraltro formulate, così:
Articolo 575
“La successione si apre con la morte del de cujus. (…) “
Articolo 599
“Col decesso del de cujus, gli eredi acquisiscono in pieno dritto la successione in comunione. “
Articolo 705
“L’acquisizione della proprietà fondiaria si fa con l’iscrizione [al registro fondiario].
In caso di successione, la proprietà è acquisita prima dell’iscrizione. (…) “
Secondo l’articolo 499 del codice civile, se lo sposo deceduto precedentemente lascia dei bambini, il coniuge superstite raccoglie un quarto della successione.
IN DIRITTO
I. SULL’ECCEZIONE PRELIMINARE DEL GOVERNO
25. Il Governo invita la Corte a respingere la richiesta per mancata osservanza del termine dei sei mesi. Ricordando che la decisione interna definitiva è intervenuta il 21 aprile 2003, avanza che la richiesta è stata introdotta il 15 marzo 2004. Aggiunge che la pratica della causa non contiene nessun documento che attesti l’introduzione della richiesta il 14 novembre 2003.
26. La richiedente combatte la tesi del Governo.
27. La Corte nota che, con una lettera del 16 dicembre 2003, ha informato la richiedente della registrazione della sua richiesta e che ha indicato il 14 novembre 2003 come data d’ introduzione. In questa stessa lettera, ha invitato l’interessata a restituirle il formulario di facoltà di rappresentanza debitamente compilato. Il 15 marzo 2004, ha accusato ricevuta del documento chiesto.
28. Con una lettera del 30 gennaio 2006, ha informato la richiedente della perdita del formulario di richiesta iniziale e l’ha invitata a farle giungere un nuovo formulario, il che fu fatto l’8 febbraio 2006.
29. La Corte nota così come la richiesta non è stata introdotta il 15 marzo 2004 come pretende il Governo, ma che questa data è quella in cui ha ricevuto il formulario di facoltà di rappresentanza.
30. Osserva poi che la sentenza della Corte di cassazione resa il 21 aprile 2003 e notificata alla richiedente il 14 maggio 2003 costituisce la decisione interna definitiva. Essendo stata introdotta la presente richiesta il 14 novembre 2003, il termine dei sei mesi da contare dalla notifica della decisione interna definitiva è stato ben rispettato.
31. Pertanto, la Corte respinge l’eccezione del Governo.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 DELLA CONVENZIONE
32. La richiedente si lamenta di non avere avuto accesso ad un tribunale nella misura in cui le giurisdizioni nazionali hanno respinto la sua istanza di riconoscenza per difetto di requisito per agire. Si lamenta che in ragione di questa restrizione la vecchia sposa di suo padre ha ereditato un quarto della successione. Adduce una violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato nelle sue parti pertinenti nello specifico,:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà della fondatezza di ogni accusa in materia penale diretta contro lei. “
A. Sull’ammissibilità
33. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Peraltro, non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
34. La richiedente reitera le sue affermazioni.
35. Il Governo ricorda che, secondo il diritto interno in vigore all’epoca dei fatti, solo le parti al procedimento iniziale potevano chiedere la riconoscenza di un giudizio di divorzio.
36. La Corte ricorda da prima che il “diritto ad un tribunale” di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto (Golder c. Regno Unito, 21 febbraio 1975, § 36, serie A no 18) non è assoluto e che suscita delle limitazioni implicitamente ammesse. Tuttavia, le limitazioni applicate non devono restringere l’accesso aperto all’individuo in un modo o ad un punto tale che il diritto se ne trovi raggiunto nella sua sostanza stessa; infine, si conciliano con l’articolo 6 § 1 solo se inseguono uno scopo legittimo e se esiste un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo previsto (Tolstoy Miloslavsky c. Regno Unito, 13 luglio 1995, § 59, serie A no 316-B, e Pastore c. Francia, no 48221/99, § 30, CEDH 2002-X).
37. La Corte ricorda anche che non ha per compito di sostituirsi alle giurisdizioni interne e che appartiene al primo capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai corsi ed ai tribunali, che tocca interpretare la legislazione interna. Il ruolo della Corte si limita a verificare la compatibilità con la Convenzione degli effetti di simile interpretazione. A questo riguardo, conviene ricordare che il ruolo della Corte non è di esaminare in abstracto la legislazione e la pratica pertinente, ma di ricercare se il modo in cui hanno toccato un richiedente ha infranto la Convenzione (Kaufmann c. Italia, no 14021/02, § 33, 19 maggio 2005, e, più recentemente, McDonald c. Francia, (dec.), no 18648/04, 29 aprile 2008).
38. Nella presente causa, la Corte nota che il giudizio di divorzio del padre della richiedente è stato pronunciato da una giurisdizione tedesca. Essendo deceduto suo padre prima di avere chiesto la riconoscenza di questo giudizio dinnanzi alle giurisdizioni turche, la richiedente ha fatto una domanda di riconoscenza che è stata respinta per difetto di requisito per agire.
39. La Corte osserva inoltre che all’epoca dei fatti la legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privato non menzionava espressamente quali persone avevano il requisito per chiedere l’exequatur o la riconoscenza. Essendo così, secondo la giurisprudenza ben stabilita della Corte di cassazione, solo le parti al procedimento iniziale potevano chiedere l’exequatur o la riconoscenza di un giudizio estero, il che escludeva la possibilità per i bambini di chiedere l’exequatur o la riconoscenza del giudizio di divorzio dei loro genitori.
40. La Corte considera dunque che la regola in questione aveva come base legale la giurisprudenza ben stabilita della Corte di cassazione. Può ammettere anche che questa regola inseguiva un scopo legittimo, ossia la protezione dei diritti delle parti al procedimento iniziale. Resta da sapere se, privando la richiedente della possibilità di chiedere la riconoscenza del giudizio di divorzio del suo defunto padre, i tribunali le hanno imposto un carico sproporzionato avendo portato rottura del giusto equilibrio tra, da una parte, la preoccupazione legittima di proteggere i diritti delle parti al giudizio per cui la riconoscenza è stata chiesta e, dall’altra parte, il diritto di accesso della richiedente ad un tribunale.
41. A questo riguardo, la Corte rileva che la limitazione controversa ha impedito non solo la richiedente di ottenere la riconoscenza del giudizio di divorzio di suo padre, ma che è diventata un ostacolo insormontabile all’epoca di ogni tentativo di rivendicazione sulla totalità della successione del suo defunto padre (vedere, mutatis mutandis, Lupaş ed altri c. Romania, numeri 1434/02, 35370/02 e 1385/03, § 73, CEDH 2006-XV (brani)). La richiedente-unica erede diretta di suo padre-si è trovata nell’impossibilità assoluta di fare riconoscere una situazione giuridica che riguardava suo padre defunto e di fare valere tutti i suoi diritti successori. La giurisprudenza della Corte di cassazione non contemplava nessuna deroga per i casi come quello della presente causa, in cui lo sposo divorziato è deceduto senza avere chiesto la riconoscenza, in più in un termine molto breve. Difatti, la Corte osserva che il padre della richiedente è deceduto il 22 maggio 2001, o circa un mese e dieci giorni dopo che il giudizio di divorzio fu diventato definitivo.
42. La Corte nota anche che la nuova legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privati, entrata in vigore il 12 dicembre 2007, permette ad ogni persona che ha un interesse giuridico nel rilascio dell’exequatur di farne istanza. Le sentenze recenti della Corte di cassazione applicano la nuova legge nel senso che ogni persona che ha un interesse può chiedere la riconoscenza o l’exequatur del giudizio estero.
43. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte stima che la regola controversa ha imposto un carico sproporzionato alla richiedente che l’ha privata di ogni possibilità concreta di ottenere la riconoscenza, e che ha recato così offesa alla sostanza stessa del suo diritto di accesso ad un tribunale.
44. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
45. La richiedente si lamenta inoltre di un’incomprensione del suo diritto al rispetto dei suoi beni a ragione del rifiuto delle giurisdizioni nazionali di accordare la riconoscenza al giudizio di divorzio pronunziato all’estero, il che ha provocato la perdita per lei di un quarto dell’eredità di suo padre. Adduce inoltre la mancanza di un ricorso interno effettivo che le avrebbe permesso di fare valere questo motivo di appello. Vede nell’impossibilità addotta una violazione dell’articolo 13 della Convenzione e dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
46. La Corte stima opportuno esaminare questi motivi di appello sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 la cui parte pertinente si legge come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. (…) “
A. Sull’ammissibilità
47. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Peraltro, non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
48. La richiedente sostiene che in caso di decesso del de cujus la proprietà del suo patrimonio è trasmessa immediatamente ed automaticamente ai suoi eredi universali. Aggiunge che quando suo padre è deceduto, era divorziato già dalla sua ex-moglir con un giudizio tedesco che disponeva della re judicata. Fa osservare che è l’unica figlia di suo padre defunto e stima che a questo titolo può pretendere di avere una speranza legittima di ereditare nell’insieme i beni paterni.
49. Il Governo sostiene che l’articolo 1 del Protocollo no 1 non è applicabile nelle circostanze dello specifico. Stima che si tratta qui di un guadagno futuro e che la richiedente, potendo sperare di ottenere dei diritti successori solo al termine del procedimento che ha intentato, non ha acquisito mai il diritto di proprietà in questione; quindi, non potrebbe secondo il Governo pretendere di disporre di un bene ai sensi dell’articolo invocato.
50. La Corte osserva da prima che la richiedente aveva già ottenuto tramite successione una parte del patrimonio di fuoco suo padre (paragrafo 10 sopra). Difatti, in virtù dell’articolo 599 del codice civile turco, alla morte del de cujus, ha acquisito automaticamente i suoi diritti ereditari sulla successione che sono devoluti agli eredi in comunione (paragrafo 24 sopra). La richiedente avendo disposto così di un interesse patrimoniale sull’insieme dei beni che componevano il patrimonio di suo padre defunto ed avendo ottenuto i tre quarti della successione, poteva sperare di raccogliere il resto. L’articolo 1 del Protocollo no 1 si applica dunque ai fatti della causa.
51. La Corte considera che, nella misura in cui la richiedente è stata privata del quarto della successione di suo padre, il rifiuto delle giurisdizioni turche di accordare la riconoscenza del giudizio di divorzio estero ha costituito un’ingerenza nel diritto dell’interessata al rispetto dei suoi beni. Stima di dovere esaminare questa ingerenza alla luce della norma generale.
52. A questo motivo, la Corte osserva che le giurisdizioni nazionali hanno considerato che la richiedente non aveva alcun requisito per agire. Per fare questo, si sono basate sulla giurisprudenza della Corte di cassazione concernente l’articolo 42 della vecchia legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privati secondo la quale solo le parti al procedimento iniziale potevano chiedere la riconoscenza. A questo riguardo, la Corte ricorda che può conoscere solamente in modo limitato degli errori di fatto o di diritto presumibilmente commessi dalle giurisdizioni interne alle quali spetta al primo capo di interpretare e di applicare il diritto interno (García Ruiz c. Spagna [GC], no 30544/96, § 28, CEDH 1999-I). Essendo così, la Corte non giudica utile dedicarsi in astratto sulla legge applicabile in materia; le tocca in compenso verificare se il modo in cui il diritto interno è stato interpretato ed applicato nei casi sottomessi al suo esame si concilia con la Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Pla e Puncernau c. Andorra, no 69498/01, § 46 in fine, CEDH 2004-VIII, e, più recentemente, Karaman c. Turchia, no 6489/03, § 30, 15 gennaio 2008).
53. La Corte ricorda di avere concluso sotto l’angolo dell’articolo 6 della Convenzione che la regola controversa, come è stata interpretata dalle giurisdizioni nazionali, ha imposto un carico sproporzionato alla richiedente che l’ha privata di ogni possibilità concreta di ottenere la riconoscenza, e che ha recato così offesa alla sostanza stessa del diritto di accesso dell’interessata ad un tribunale (paragrafo 43 sopra). L’impossibilità per la richiedente di accedere ad un tribunale l’ha privata difatti, definitivamente della possibilità di fare riconoscere in Turchia il giudizio di divorzio di suo padre pronunziato all’estero, il che ha avuto per effetto di privarla del quarto della successione.
54. Di conseguenza, l’interpretazione restrittiva e rigorosa data dalla Corte di cassazione dell’articolo 42 della vecchia legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privati che consiste nel dire che i bambini non potevano chiedere la riconoscenza del giudizio di divorzio dei loro genitori-anche in caso di decesso di questi ultimi -è di natura tale da rompere il giusto equilibro tra le esigenze dell’interesse generale e gli imperativi della salvaguardia dei diritti individuali nella misura in cui, nello specifico, la richiedente non poteva rivendicare più la totalità della successione di suo padre defunto.
55. La Corte sottolinea di nuovo l’entrata in vigore della nuova legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privato che permette ad ogni persona che ha un interesse giuridico nel rilascio dell’exequatur di farne richiesta; i bambini possono così oramai chiedere l’exequatur o la riconoscenza del giudizio di divorzio dei loro genitori.
56. Alla luce delle considerazioni sopra ed alla vista dell’insieme degli elementi della pratica, l’applicazione dell’articolo 42 della vecchia legge relativa al diritto ed al procedimento internazionale privati non era compatibile con le esigenze dell’articolo 1 del Protocollo no 1. C’è stata dunque violazione di questa disposizione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE
57. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, la richiedente sostiene infine che il rigetto della sua istanza di riconoscenza da parte delle giurisdizioni nazionali costituisce un attentato al suo diritto alla vita familiare.
58. Avuto riguardo alle sue conclusioni sopra sul terreno dell’articolo 6 della Convenzione (paragrafi 43 e 44 sopra) la Corte stima che questo motivo di appello è ammissibile ma che non c’è luogo di esaminarlo separatamente sul merito.
V. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
59. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
60. La richiedente richiede 3 397 821 lire turche, circa 1 950 000 euro, per danno materiale. A titolo di giustificativo, fornisce l’elenco dei beni che figurano nel patrimonio del de cujus ed il loro valore, determinato per certo da periti giudiziali. Non ha presentato alcuna richiesta per oneri e spese
61. Il Governo contesta questa pretesa.
62. La Corte stima che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 non è matura, così che conviene riservarla tenendo in conto l’eventualità di un accordo tra lo stato convenuto ed i richiedenti.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Dichiara, all’unanimità, la richiesta ammissibile,;
2. Stabilisce, per sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
3. Stabilisce, per sei voci contro una, che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
4. Stabilisce, all’unanimità, che non c’è luogo di esaminare separatamente i motivi di appello tratti dagli articoli 8 e 13 della Convenzione;
5. Stabilisce, all’unanimità, che la questione dell’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione non è matura;
perciò,
a) la riserva per intero;
b) invita il Governo ed la richiedente ad indirizzarle per iscritto, nel termine di sei mesi a contare del giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, le loro osservazioni su questa questione e, in particolare, a darle cognizione di ogni accordo al quale potrebbero arrivare;
c) riserva l’ulteriore procedimento e delega alla presidentessa della camera la cura di fissarlo all’occorrenza.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 13 ottobre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa
Alla presente sentenza si trova unita, conformemente agli articoli 45 § 2 della Convenzione e 74 § 2 dell’ordinamento, l’esposizione dell’opinione dissidente del giudice Vladimiro Zagrebelsky.
F.T.
F.E.P.
OPINIONE DISSIDENTE DEL GIUDICE ZAGREBELSKY
Mi dispiace di non potere condividere le conclusioni della maggioranza in questa causa. Mi spiegherò.
1. All’epoca in cui gli avvenimenti si sono svolti, secondo la legge in vigore come interpretata dalla giurisprudenza ben stabilita della Corte di cassazione (paragrafi 16, 33 e 34 della sentenza) l’exequatur o la riconoscenza di una sentenza estera poteva essere ordinata solamente su richiesta delle persone che erano state parti al procedimento iniziale.
La maggioranza ammette al paragrafo 34 che questa “regola inseguiva uno scopo legittimo, ossia la protezione dei diritti delle parti al procedimento iniziale”. Ciò vuole dire, ai miei occhi, che la Corte ammetta che l’esclusione di altre persone (la richiedente nello specifico) poteva giustificarsi nella preoccupazione di lasciare le parti al procedimento che era arrivato alla sentenza di divorzio di cui si tratta soli i capi degli effetti di questo in un ordine giuridico differente di quello in cui la sentenza era stata resa. Tale soluzione può trovare un fondamento ragionevole specialmente nell’ambito sensibile del matrimonio e delle questioni che vi sono legate. Nello specifico, mi sembra fuori luogo speculare sulle ragioni dell’atteggiamento passivo o negativo del padre della richiedente. Naturalmente, una scelta legislativa differente può da parte sua giustificarsi per ragioni domestiche. E la soluzione adottata dalla Turchia con la riforma del 2007 non si presta alla critica. Ma ciò che voglio sottolineare, è che né una né un’altra soluzione “vengono richieste” dalla Convenzione. Appartiene allo stato dunque adottare quella che trova preferibile in un dato momento.
Ciò dicendo, occorre secondo me prendere atto del fatto che la richiedente non aveva all’epoca nessuno diritto, né in dritto interno né ancora meno a livello convenzionale, di farsi valere dinnanzi ad un giudice. Non aveva di conseguenza nessuno diritto di accesso ad un giudice ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione. La soluzione adottata dalla maggioranza della camera si manifesta nella creazione di un diritto-la riconoscenza o l’exequatur del divorzio di suo padre-che non esisteva all’epoca in diritto interno.
2. La maggioranza, dopo avere assegnato alla richiedente il diritto alla riconoscenza, o l’exequatur, nell’ordine giuridico turco del divorzio di suo padre ed aver concluso alla violazione dell’articolo 6 della Convenzione, ha considerato che la richiedente era titolare di un bene ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1, il quarto del patrimonio di suo padre, e che l’impossibilità di accedere ad un tribunale l’aveva privata del quarto della successione (paragrafi 50 e 53 della sentenza).
Secondo me, anche se si ammettesse che la richiedente avesse avuto il diritto di investire un giudice per chiedere la riconoscenza o l’exequatur del divorzio di suo padre, la conclusione della maggioranza secondo la quale c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 sarebbe ingiustificata. Difatti, il diritto di investire un giudice non comprendere il diritto di ottenere guadagno di causa. Nello specifico, la riconoscenza di un giudizio estero, o il suo exequatur, è in diritto turco assoggettato ad un certo numero di condizioni (paragrafi 17 a 21 della sentenza), in modo tale che l’accettazione dell’istanza da parte della richiedente non sarebbe stata automatica. La “parte avversa” avrebbe potuto opporsi (paragrafo 19). La Corte non dispone di nessuno elemento per dire che la richiedente, accedendo ad un giudice per chiedere la riconoscenza o l’exequatur del divorzio di suo padre, avrebbe ottenuto ciò che chiedeva. Ora senza riconoscenza o exequatur del divorzio di suo padre, non aveva nessuno diritto sul quarto della successione.
Stimo di conseguenza che la Corte non avrebbe dovuto riconoscere l’esistenza di un “bene” ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Ciò facendo, tra l’altro, la Corte mi sembra abbia sconfinato sui diritti della moglie del padre della richiedente, senza che abbia avuto la possibilità di fare ascoltare le sue ragioni.