Conclusione Eccezione preliminare respinta (no-esaurimento delle vie di ricorso interni); Violazione di P1-1; Danno materiale – risarcimento pecuniario; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso parziale onere e spese – procedimento della Convenzione
PRIMA SEZIONE
CAUSA SCORDINO C. Italia (No 2)
( Richiesta no 36815/97)
SENTENZA
STRASBURGO
15 luglio 2004
DEFINITIVO
15/10/2004
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Scordino c. Italia (no 2),
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, prima sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG.. C.L. Rozakis, presidente,
P. Lorenzen, G. Bonello, A. Kovler, la Sig.ra E. Steiner, il
Sig. K. Hajiyev, giudici Sig.ra Sig. Del Tufo, giudice ad hoc,
e del Sig. S. Quesada, cancelliere aggiunto di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 24 giugno 2004,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 36815/97) diretta contro la Repubblica italiana e di cui quattro cittadini di questo Stato, Sigg.. G., E., M. e G. S. (“i richiedenti”), avevano investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 21 luglio 1993 in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiesta ? stata trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, data di entrata in vigore del Protocollo no 11 alla Convenzione (articolo 5 ? 2 del Protocollo no 11). ? stata assegnata alla prima sezione della Corte (articolo 52 ? 1 dell’ordinamento).
3. Sono rappresentati dinnanzi alla Corte da N. P., avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, I.M. Braguglia, e dal suo coagente, F. Crisafulli.
4. Il 1 novembre 2001, la Corte ha modificato la composizione delle sue sezioni (articolo 25 ? 1 dell’ordinamento). La presente richiesta ? stata assegnata alla prima sezione cos? ricomposta. In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa (articolo 27 ? 1 della Convenzione) ? stata costituita conformemente all’articolo 26 ? 1 dell’ordinamento. In seguito all’astensione del Sig. V. Zagrebelsky, giudice eletto a titolo dell’Italia (articolo 28), il Governo ha designato la Sig.ra Sig. del Tufo per riunirsi in qualit? di giudice ad hoc (articoli 27 ? 2 della Convenzione e 29 ? 1 dell’ordinamento).
5. I richiedenti adducevano in particolare la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 in ragione delle limitazioni imposte sui terreni oggetto della richiesta.
6. Con una decisione del 12 dicembre 2002, la camera ha dichiarato la richiesta ammissibile nella misura in cui ricadeva sulla trasgressione al diritto al rispetto dei beni addotti sotto dai richiedenti, rispetto ad un terreno di cui sono proprietari (paragrafi 10-11). Ha dichiarato la richiesta inammissibile per il surplus.
7. Tanto i richiedenti che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa (articolo 59 ? 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Nel 1992, i richiedenti hanno ereditato di A. S. dei terreni situati a Reggio Calabria, che figurano al catasto come foglio 111 appezzamenti 105, 107, 109 e 662.
9. Una parte degli appezzamenti 107 e 109 fu inclusa in un piano di urbanistica di zona, approvato dalla Regione Calabria il 20 giugno 1979. Questi terreni non sono oggetto della presente richiesta.
10. Conformemente alla decisione sull’ammissibilit? del 12 dicembre 2002, la richiesta ricade sul terreno di cui i richiedenti sono sempre proprietari e che non ? stato incluso sopra nel piano di urbanistica di zona (qui di seguito “il terreno”).
11. Il terreno in causa misura 3 685 metri quadrati.
A. La prima interdizione imposta da atto amministrativo
12. Il 25 marzo 1970, la municipalit? di Reggio Calabria adott? un piano generale di urbanistica, (piano regolatore generale – infra PRG) ed impose delle limitazioni che mirano l’espropriazione del terreno dei richiedenti.
13. Il 17 marzo 1975, la regione Calabria approv? il PRG di Reggio Calabria. Questo colpiva il terreno dei richiedenti per la creazione di infrastrutture scolastiche ed per la viabilit? e, di conseguenza, lo colpiva con un’interdizione assoluta di costruire in vista della sua espropriazione.
14. Conformemente all’articolo 2 della legge no 1187 del 1968, il permesso qui sopra di espropriare divent? nullo nel marzo 1980, dettagliata non essendo stato adottato nessuno piano di urbanistica entro cinque anni.
B. Il periodo che va del 1980 a 1985
15. Malgrado la scadenza del permesso di espropriare, il terreno dei richiedenti non fu libero di costrizione.
16. Difatti, nell’attesa della decisione della municipalit? di Reggio Calabria in quanto al nuovo uso del terreno controverso, questo fu sottoposto al regime contemplato all’articolo 4 della legge no 10 del 1977, disposizione considerata come applicabile a questo tipo di situazione dalla giurisprudenza (paragrafi 37-38 sotto).
17. Di conseguenza, il terreno dei richiedenti fu colpito dalle limitazioni al diritto di costruire derivanti dall’applicazione di queste leggi.
18. Con una decisione del 16 febbraio 1982, il Tribunale amministrativo di Calabria (TAR), investito di un ricorso, introdotto da uno terzo, annull? il piano generale di urbanistica.
C. La seconda interdizione con atto amministrativo
19. Il 6 maggio 1985, un piano generale di urbanistica quasi identico al piano annullato e che imponeva nuovamente le limitazioni sul terreno dei richiedenti fu approvato dalla Regione.
20. Con un atto notificato il 15 ottobre 1985, A. S. cit? la municipalit? di Reggio Calabria dinnanzi al TAR, per chiedere l’annullamento del nuovo P.R.G, nella misura in cui questo aveva reiterato le limitazioni che colpivano il terreno in causa. In seguito al decesso di A. S. nel novembre 1992, i richiedenti si costituirono nel procedimento.
Con un giudizio del 16 maggio 2001, il TAR dichiar? il ricorso inammissibile per tardivit?.
21. Nel frattempo, conformemente all’articolo 2 della legge no 1187 del 1968, il permesso di espropriare qui sopra era diventato nullo nel maggio 1990 non essendo stato adottato, nessuno piano di urbanistica dettagliata entro cinque anni.
Il terreno era stato quindi sottomesso alle limitazioni al diritto di costruire derivanti dell’applicazione dell’articolo 4 della legge no 10 del 1977.
D. La terza interdizione con atto amministrativo
22. Il 4 giugno 1990, il presidente della Regione Calabria approv? una variante al P.R.G. con la quale la municipalit? di Reggio Calabria aveva, il 5 gennaio 1990, modificato la destinazione del terreno ed aveva colpito questo per la costruzione di un centro sociale.
Il terreno era colpito quindi di un nuovo permesso di espropriare assortito di interdizione a costruire.
E. Il periodo a contare dal giugno 1995
23. Conformemente all’articolo 2 della legge no 1187 del 1968, il permesso di qui sopra espropriare divent? nullo nel giugno 1995.
24. In pi?, il terreno ? stato sottomesso alle limitazioni al diritto di costruire derivanti dall’applicazione dell’articolo 4 della legge no 10 del 1977.
II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNI PERTINENTI
A. Nozioni generali in materia di urbanistica
25. Ai termini dell’articolo 42 ?? 2 e 3 della Costituzione italiana, “la propriet? privata ? garantita e riconosciuta dalla legge che ne determina i modi di acquisizione e di godimento, cos? come i limiti, allo scopo di garantire la sua funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La propriet? privata pu? essere espropriata, nei casi previsti dalla legge, salvo indennizzo, per le ragioni di interesse generale”.
26. La legge di urbanistica (legge no 1150 di 1942 e modifiche) regolamenta lo sviluppo urbanistico del territorio.
27. Il piano generale di urbanistica (piano regolatore generale – infra PRG9 ? un atto dalla durata indeterminata. Il procedimento di adozione di un PRG comincia con una decisione della municipalit? (delibera di adozione) che ? seguita da un periodo durante il quale ogni decisione sulle richieste di permesso che si possono urtare con la realizzazione del PRG vengono sospese (Legge no 1902 di 1952 e le sue modifiche). L’approvazione del PRG dipende della competenza delle regioni (articolo 1 del decreto presidenziale (DPR) no 8 di 1972 ed articoli 79 e 80 del DPR no 616 del 19779 mentre prima si effettuava tramite decreto del presidente della Repubblica. Una volta approvato il PRG, viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (bollettino delle leggi) e depositato al municipio.
28. Quando regolamenta in modo preciso il territorio, il PRG pu? essere eseguito de plano; molto frequentemente, il PRG ha bisogno per la sua applicazione di un atto complementare, in particolare un piano dettagliato di urbanistica (piano particolareggiato) che ha una durata determinata. Difatti, una volta adottato il piano dettagliato, (piano che equivale ad una dichiarazione di utilit? pubblica) l’amministrazione dispone di un termine di rigore, che non supera dieci anni (al senso dell? articolo 16 della legge di urbanistica) per espropriare ed in ogni caso per eseguirlo sotto pena di decadenza del piano. Quando il PRG ha bisogno di un piano di urbanistica dettagliata per la sua applicazione, incombe sulla municipalit? di adottarne uno. Tuttavia, nessuno termine di rigore ? contemplato per l’adozione di un piano dettagliato.
B. Imposizione e durata di un’interdizione a costruire: i principi fissati dalla Corte costituzionale
29. Le limitazioni al diritto di disporre della propriet?, come un’interdizione a costruire, sono imposte all’epoca dell’adozione di un piano di urbanistica. Uguale interdizione pu? mirare a un’espropriazione (vincolo preordinato all’esproprio) quando il terreno in questione ? destinato ad un uso pubblico o alla realizzazione di edifici o di infrastrutture pubbliche (articolo 7 no 3 e no 4 della legge di urbanistica).
30. La legge di urbanistica, nel suo testo originale, disponeva che le limitazioni al diritto di propriet? degli individui previste da un piano generale di urbanistica, in particolare le interdizioni a costruire, avevano una durata equivalente a quella del piano generale di urbanistica, ossia avevano una durata indeterminata; allo stesso tempo, non era contemplato nessuno indennizzo per i proprietari (articolo 40).
31. La Corte costituzionale ? stata investita della questione di sapere se un’interdizione che porta grave attentato al diritto di propriet? -per esempio un permesso di espropriare (vincolo espropriativo) o un’interdizione acostruire (vincolo di in edificabilit?) – che poteva essere prolungato sine die senza nessuna forma di indennizzo era compatibile col diritto di propriet?.
32. Con le sentenze rese tra il 1966 e il 1968 (vedere in particolare le sentenze no 6 del 1966 e no 55 del 29 maggio 1968), la Corte costituzionale ha concluso negativamente e ha dichiarato la legge di urbanistica incostituzionale nella misura in cui permetteva di imporre per una durata indeterminata delle limitazioni che portano gravi attentati al diritto di propriet?, per esempio un’interdizione a costruire o un permesso di espropriare, nella mancanza di ogni indennizzo.
La Corte costituzionale ha precisato che la legge pu? limitare il diritto di propriet? degli individui, purch? non svuoti questo diritto della sua sostanza. Inoltre, il diritto di costruire deve essere considerato come una facolt? inerente al diritto di propriet? che non pu? essere limitato che per ragioni di utilit? pubblica precise e reali. In caso di espropriazione o di limitazioni a durata indeterminata che recano offesa alla sostanza stessa del diritto in questione, il proprietario deve ricevere un compenso finanziario. In compenso, nessuno indennizzo ? dovuto quando un’interdizione a costruire ? contemplata per una durata determinata.
33. Alla luce di queste sentenze della Corte costituzionale applicabili in caso di limitazioni gravi al diritto di propriet?, il legislatore aveva due opzioni: delle interdizioni a durata determinata senza indennizzo, o delle interdizioni a durata indeterminata con indennizzo immediato.
34. Il legislatore italiano ha dato seguito a queste sentenze scegliendo la prima opzione ed adottando, il 19 novembre 1968, la legge no 1187 di 1968, che portava modifica della legge di urbanistica. Ai termini dell’articolo 2 ? 1 di questa legge, all’epoca dell’adozione di un piano generale di urbanistica, le autorit? locali potevano imporre agli individui delle interdizioni in vista dell’espropriazione di un terreno, cos? come delle interdizioni a costruire. Per?, queste limitazioni diventavano nulle se l’espropriazione non aveva luogo entro cinque anni, o se nessuno piano di urbanistica di esecuzione, in particolare un piano di urbanistica dettagliata, non veniva adottato entro cinque anni.
35. Il a suddetto rticolo 2 contemplava anche, nel suo secondo paragrafo, una proroga ex lege, per un periodo di cinque anni, dei termini fissati dai piani di urbanistica approvati prima della data della sua entrata in vigore. Le leggi numeri 756 del 1973, 696 di 1975 e 6 del 1977 hanno prorogato questi stessi termini fino all’entrata in vigore della legge no 10 del 1977 (disposizioni in materia di costruzione dei suoli).
36. Con la sentenza no 92 del 12 maggio 1982, la Corte costituzionale ha precisato la portata della legge no 10 del 1977, affermando che anche dopo la sua entrata in vigore il diritto di costruire restava una facolt? inerente al diritto di propriet?. In quanto alle interdizioni a costruire, la Corte ha precisato che queste restano sottoposte alla legge no 1187 del 1968, ossia la loro durata non pu? superare cinque anni in mancanza di adozione di un piano dettagliato.
C. Situazione dopo la scadenza di un’interdizione a costruire che mira all’espropriazione
37. Secondo la giurisprudenza, nel caso in cui l’interdizione a costruire scada, in virt? dell’articolo 2 ? 1 della legge no 1187 del 1968, alla fine del termine di cinque anni, i terreni riguardati non ricuperano automaticamente la loro destinazione originale e non sono automaticamente riservati all’uso al quale erano destinati i terreni vicini. La determinazione della nuova destinazione di un terreno richiede un atto positivo dell’amministrazione, come un piano dettagliato di urbanistica.
38. Nell’attesa di un tale atto, i terreni riguardati sono considerati, conformemente alla giurisprudenza, come essendo sottoposti al regime contemplato all’articolo 4 della legge no 10 del 1977, relativo ai terreni delle municipalit? che non hanno adottato dei piani generali di urbanistica (giurisprudenza del Consiglio di stato, vedere in particolare le sentenze della camera plenaria numero 7 e 10 del 1984).
Secondo l’articolo 4 di questa legge, un permesso di costruire pu? essere concesso per un volume molto ridotto ed unicamente se il terreno ? situato all’infuori di un settore urbanizzato, quando certe condizioni sono riunite. Se il terreno ? situato dentro ad un settore urbanizzato, ogni nuova costruzione ? vietata.
D. Inerzia dell’amministrazione
39. Dopo la scadenza di un’interdizione a costruire, incombe sulla municipalit? di determinare velocemente la nuova destinazione del terreno riguardato; tuttavia nessuno termine ? contemplato.
40. L’inerzia dell’amministrazione pu? essere attaccata dagli interessati dinnanzi alle giurisdizioni amministrative (sentenza del Consiglio di stato, sez. IV, 20.5.96 no 664). Queste ultime possono ordinare alla municipalit? di determinare la nuova destinazione degli immobili riguardati, senza potere sostituirsi tuttavia alle autorit? riguardate nella scelta di questa. Nella sentenza no 67 del 1990, riguardante un caso di espropriazione in cui era in causa l’inerzia dell’amministrazione, la Corte costituzionale ha affermato che il ricorso che permette di attaccare l’inerzia dell’amministrazione dinnanzi al tribunale amministrativo ? inoperante e per questo fatto poco efficace (“defatigante e non conclusivo con conseguente scarsa efficacia”).
41. La Corte costituzionale ? stata investita della questione di sapere se la sottomissione di un terreno al regime previsto dall’articolo 4 della legge no 10/1977 ? compatibile con la Costituzione, dato che questo regime provoca un’interdizione a costruire sine die- in ragione dell’inerzia dell’amministrazione nella determinazione di una nuova destinazione del terreno riguardato, in particolare nell’adozione di un piano di urbanistica,-e nessuno indennizzo ? contemplato. Nella sentenza no 185 del 1993, la Corte costituzionale ha dichiarato la questione inammissibile, poich? dipende dalla competenza esclusiva del legislatore di intervenire velocemente ed in modo adeguato per ovviare alla situazione.
E. Rinnovo di un’interdizione a costruire con atto amministrativo
42. Con una sentenza del 1989 (no 575), la Corte costituzionale ha indicato che alla scadenza del termine di cinque anni contemplati all’articolo 2 della legge no 1187 del 1968 ed all’epoca dell’elaborazione di un nuovo piano di sviluppo del territorio, le autorit? locali possono rinnovare l’interdizione a costruire per ragioni di utilit? pubblica. Questa sentenza ha riconosciuto il potere dell’amministrazione di rinnovare un’interdizione dopo la scadenza della prima.
Tuttavia, il potere dell’amministrazione di rinnovare l’interdizione assoluta a costruire non si pu? tradurre in un’interdizione sine die in mancanza di ogni forma di indennizzo. Difatti, quando l’interdizione a costruire svuota di ogni sostanza il diritto di propriet?, in ragione dell’incertezza considerevole generata dalla sua proroga per una durata indeterminata o il suo rinnovo, il proprietario dovrebbe essere indennizzato (vedere anche la sentenza della Corte costituzionale no 305 di 1996 e la sentenza del Consiglio di stato no 159 del 1994).
F. Assenza di indennizzo
43. La Corte di cassazione ha indicato che in caso di limitazioni del diritto di propriet? in vista di espropriazione, ed anche nella mancanza di ogni indennizzo, il proprietario riguardato ? titolare di un semplice interesse legittimo (interessato legittimo) cio? di una posizione individuale protetta in modo indiretto e subordinato al rispetto dell’interesse pubblico e non di un diritto pieno ed assoluto (diritto soggettivo) alla concessione di un compenso finanziario (vedere le sentenze della camera plenaria della Corte di cassazione numero 11308 del 28 ottobre 1995, 11257 del 15 ottobre 1992 e 3987 del 10 giugno 1983).
Quindi, a fronte della decisione delle autorit? municipali che gli impongono un’interdizione a costruire, il proprietario pu? investire le giurisdizioni amministrative per fare constatare se, nell’esercizio del suo potere discrezionale, l’amministrazione ha rispettato le regole fissate dalla legge e non ha superato il margine di valutazione di cui dispone nella valutazione dell’equilibrio tra gli interessi pubblici e quello degli individui. Tuttavia, anche se le giurisdizioni amministrative annullano l’interdizione a costruire, nessuno compenso finanziario ? dovuto quando l’interdizione a costruire ? stata ordinata per una durata determinata, in particolare se ? sottoposta al termine di cinque anni previsti dall’articolo 2 della legge no 1187 del 1968.
44. Nella sua sentenza no 179 del 12 – 20 maggio 1999, la Corte costituzionale, ricordando i principi fissati nella sua giurisprudenza anteriore (vedere le sentenze citate no 82 al ? 32 ed al ? 36 cos? come le sentenze del 1982, no 575 del 1989, no 344 del 1995) ha dichiarato incompatibile con la Costituzione la mancanza di disposizione legale che contempla una forma di indennizzo nei casi in cui l’amministrazione rinnovava un permesso di espropriare o un’interdizione a costruire in modo tale che il diritto di propriet? si trovava gravemente danneggiato. Le limitazioni al diritto di propriet? erano problematiche quando un’interdizione era imposta prorogata o sine die o quando era rinnovata molte volte per un periodo determinato.
Pure lasciando intatta la possibilit? per l’amministrazione di rinnovare le interdizioni a costruire, la corte ha affermato che ? necessario che il legislatore intervenga e contempli una forma di indennizzo, precisando i criteri e le modalit? di questo.
La Corte costituzionale non ha escluso che un giudice investito di una domanda di indennizzo prima dell’intervento del legislatore possa ricercare nel sistema giuridico dei criteri che gli permettano di concedere, all’occorrenza, un indennizzo.
Infine, ha precisato che l’obbligo di indennizzare riguarda solamente il periodo dopo i primi cinque anni di interdizione (periodo di franchigia).
G. Il Repertorio delle disposizioni sull’espropriazione
45. Il decreto del Presidente della Repubblica no 327 del 2001, successivamente modificato dal decreto legislativo no 302 del 2002, ed entrato in vigore il 30 giugno 2003, ha codificato le disposizioni esistenti in materia di espropriazione ed i principi elaborati in materia dalla giurisprudenza.
Ai termini dell’articolo 39 del Repertorio, “nell’attesa di una riorganizzazione della materia, in caso di una nuova imposizione di un permesso di espropriare o di una limitazione che ha in sostanza un effetto espropriatore, il proprietario del terreno ha diritto ad un indennizzo, in rapporto al danno effettivo. ” Nessuna disposizione contempla le modalit? di ottenimento e di determinazione di questa indennit?.
IN DIRITTO
I. SULLE ECCEZIONI PRELIMINARI DEL GOVERNO
A. Sulla prima eccezione
46. Il Governo solleva un’eccezione derivata dal non esaurimento delle vie di ricorso interne, al motivo che il ricorso che mira l’annullamento del piano generale di urbanistica del 1985 ? stato respinto dal tribunale amministrativo come essendo tardivo.
47. I richiedenti chiedono il rigetto dell’eccezione.
48. La Corte nota al primo colpo che la decisione del tribunale amministrativo ? stata resa il 16 maggio 2001, e che il Governo non ne ha fatto menzione che dopo la decisione della Corte sull’ammissibilit? della richiesta.
Il Governo ad ogni modo, ha gi? sollevato un’eccezione derivata dal non esaurimento a proposito del ricorso dinnanzi al tribunale amministrativo, allo stadio dell’esame iniziale dell’ammissibilit?, e che questa eccezione ? stata gi? respinta. La Corte rileva che il Governo fonda la sua eccezione su degli argomenti che non sono di natura tale da rimettere in causa la sua decisione.
49. Di conseguenza, la Corte non vede ragioni di scostarsi da questa conclusione.
B. Sulla seconda eccezione
50. Il Governo sostiene che, dalla sentenza della Corte costituzionale no 179 del 1999, i richiedenti avevano la possibilit? di chiedere un indennizzo dinnanzi alle giurisdizioni nazionali, ci? che non hanno fatto a questo giorno.
51. Secondo il Governo, questo pone, in primo luogo, un problema di non esaurimento delle vie di ricorso interne.
52. In secondo luogo, il Governo sostiene che questo elemento deve essere preso in conto per la soddisfazione equa, per il caso in cui la Corte concludesse alla violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Secondo lui, se la Corte accordasse una somma a titolo di una soddisfazione equa, i richiedenti potrebbero essere indennizzati due volte. Il giudice nazionale sarebbe posto inoltre, meglio per determinare l’indennizzo, rispetto alla Corte che non potrebbe nello specifico che procedere ad una “valutazione sommaria ed approssimativa.”
53. I richiedenti si oppongono alla tesi del Governo.
54. Fanno osservare da prima che l’eccezione derivata dal non esaurimento delle vie di ricorso interne ? tardiva, dato che il Governo non l’ha sollevata prima della decisione di ammissibilit?. Poi, pure riconoscendo che la sentenza no 179 del 1999 della Corte costituzionale ha fissato il principio secondo il quale le situazioni come quelle del caso specifico dovrebbero essere indennizzate, i richiedenti osservano che la richiesta ? stata introdotta molto prima di questa sentenza.
55. In quanto alle ripercussioni di questa giurisprudenza del 1999 sull’eventuale soddisfazione equa, i richiedenti sostengono che il rischio di un doppio indennizzo ? inesistente, poich? le giurisdizioni nazionali terrebbero certamente in conto il fatto che la Corte ha accordato loro una somma a titolo della soddisfazione equa.
56. Nella misura in cui il Governo solleva un’eccezione derivata dal non esaurimento di vie ricorso interne, la Corte ricorda che nella cornice dell’articolo 35 ? 1 della Convenzione un richiedente deve avvalersi normalmente dei ricorsi disponibili e sufficienti per permettergli di ottenere risarcimento delle violazioni che adduce (Aksoy c. Turchia, sentenza del 18 dicembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-VI, p. 2276, ? 52). Tuttavia, le disposizioni dell’articolo 35 della Convenzione non prescrivono al tempo stesso l’esaurimento che i ricorsi relativi alle violazioni incriminate, disponibili ed adeguati. Devono esistere non solo ad un grado sufficiente di certezza in teoria ma anche in pratica, altrimenti sono mancanti dell’effettivit? e dell’accessibilit? voluta (Akdivar ed altri c. Turchia, sentenza del 16 settembre 1996, Raccolta 1996-IV, ? 66.) In pi?, secondo i “principi di diritto internazionali generalmente riconosciuti”, certe circostanze private possono dispensare il richiedente dall’obbligo di esaurire i ricorsi interni che si offrono a lui (Selmouni c. Francia [GC], no 25803/94, ? 74, CEDH 1999-V, ? 75). Inoltre, sta allo stato che eccepisce del non esaurimento stabilire l’esistenza di un ricorso accessibile e sufficiente (Akdivar, precitato, ? 68).
57. Nello specifico, la Corte stima che il governo convenuto non ha dimostrato che i richiedenti disponevano, a partire dal 1999, di un ricorso accessibile ed efficace per chiedere un indennizzo per le limitazioni imposte sul loro terreno.
58. La Corte rileva a questo riguardo che, nella sentenza no 179 del 1999, la Corte costituzionale ha sancito la mancanza di disposizione legale in diritto italiano contemplando una forma di indennizzo nei casi in cui l’amministrazione rinnovava un permesso di espropriare o un’interdizione a costruire in modo tale che il diritto di propriet? si trovava gravemente danneggiato. La Corte costituzionale non ha escluso che un giudice investito di una domanda di indennizzo prima dell’intervento del legislatore possa ricercare nel sistema giuridico dei criteri che gli permettono di concedere, all’occorrenza, un indennizzo (paragrafo 44 sopra).
59. Inoltre, la Corte nota che il Repertorio delle disposizioni in materia di espropriazione, in vigore dal giugno 2003, ha codificato il principio – affermato dalla Corte costituzionale -che nei casi come quello dello specifico, il proprietario del terreno ha diritto ad un indennizzo, in rapporto al danno effettivo. Per?, il Repertorio non ha contemplato le condizioni di ottenimento n? le modalit? di pagamento di una tale indennit?, “nell’attesa di una riorganizzazione in materia”( paragrafo 45 sopra).
60. La Corte constata che il Governo non ha prodotto nessuno giudizio nazionale che mostra l’applicazione di questa giurisprudenza e del Repertorio.
61. In queste condizioni, la Corte non ? persuasa dalla tesi del Governo secondo la quale, dal 1999, esiste una forma di indennizzo al livello nazionale.
62. Per?, supponendo anche che la possibilit? di chiedere un indennizzo alle giurisdizioni nazionali esista, la Corte giudica improbabile che i richiedenti ricevano un doppio indennizzo, dato che le giurisdizioni nazionali, nella valutazione dei fatti della causa che sarebbe loro sottoposta, prenderebbero inevitabilmente in conto ogni importo che la Corte avrebbe accordato loro. Ad ogni modo, tenuto conto della durata e della gravit? dell’ingerenza controversa, la Corte considera che sarebbe assolutamente irragionevole aspettarsi che i richiedenti impegnino un procedimento nazionale e ne sopportino i costi (Serghides e Christophorou c. Cipro (soddisfazione equa, sentenza del 10 giugno 2003, no 44730/98).
63. In conclusione, l’eccezione del Governo deve essere respinta.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
64. I richiedenti adducono che le limitazioni imposte sul loro terreno per un lungo periodo e in mancanza di indennizzo portano attentato al loro diritto al rispetto dei beni, come garantito dall’articolo 1 del Protocollo no 1 che ? formulato cos?:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessari eper regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’esistenza di un’ingerenza nel diritto di propriet? dei richiedenti
65. La Corte nota che le parti si accordano a dire che c’? stata ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni.
66. Resta da esaminare se suddetta ingerenza ha infranto o meno l’articolo 1 del Protocollo no 1.
B. Sulla giustificazione dell’ingerenza nel diritto di propriet? dei richiedenti
1. La regola applicabile
67. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo no 1 contiene tre norme distinte ( Iatridis c. Grecia, [GC], no 31107/96, ? 55, CEDH 1999-II).
68. I richiedenti adducono essere vittime di un grave attentato al loro diritto al rispetto dei beni, derivante dall’effetto combinato delle interdizioni a costruire in vista dell’espropriazione del terreno che ha ridotto a nulla il valore di questo e le possibilit? di disporne.
69. Il Governo sostiene che la situazione controversa dipenda dalla regolamentazione dell’uso dei beni.
70. La Corte nota che il terreno dei richiedenti ? stato l’oggetto di interdizioni a costruire in vista di un’espropriazione. Ora queste misure non hanno provocato una privazione formale di propriet?, al senso della secondo frase del primo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1, poich? il diritto di propriet? del richiedente ? restato giuridicamente intatto.
In mancanza di un trasferimento di propriet?, la Corte deve guardare al di l? delle apparenze e deve analizzare la realt? della situazione controversa. A questo riguardo, importa di ricercare se suddetta situazione non equivaleva ad un’espropriazione di fatto, come pretende l’interessato (vedere, mutatis mutandis, Airey c. Irlanda, sentenza del 9 ottobre 1979, serie A no 32, p. 14, ? 25).
71. La Corte rileva che gli effetti denunciati dai richiedenti derivano tutti dalla diminuzione della disponibilit? del bene in causa. Risultano dalle limitazioni portate al diritto di propriet? cos? come delle conseguenze di queste sul valore dell’immobile. Tuttavia, sebbene abbia perso della sua sostanza, il diritto in causa non ? sparito. Gli effetti delle misure in questione non sono assimilabili ad una privazione di propriet?. La Corte nota a questo argomento che i richiedenti non hanno perso l’accesso al terreno n? la padronanza di questo e che in principio la possibilit? di vendere il terreno, anche se resa pi? ardua, ? rimasta (sentenze Loizidou c. Turchia, 18 dicembre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-VI, p. 2237, ? 63, e Sporrong e L?nnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, serie A no 52, pp. 24-25, ? 63). In queste condizioni, la Corte stima che non c’? stata espropriazione di fatto e, quindi, che la seconda frase del primo capoverso non si trova ad applicabilee nello specifico.
72. La Corte ? di parere che le misure controverse non dipendano neanche dalla regolamentazione dell’uso dei beni, al senso del secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Difatti, se ? vero che si tratta di interdizioni a costruire che regolamentano il territorio (sentenza Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 25, ? 64) non ne rimane meno delle stesse misure che miravano allo stesso tempo l’espropriazione del terreno (paragrafi 13, 19, 22 sopra).
73. Quindi, la Corte stima che la situazione denunciata dai richiedenti dipende dalla prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1, sentenze Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 25, ? 65, Erkner e Hofauer c. Austria, 23 aprile 1987, serie Ha no 117, pp. 65-66, ? 74, e Poiss c. Austria, 23 aprile 1987, serie Ha no 117, p. 108, ? 64; Elia Srl c. Italia, no 37710/97, CEDH 2001-X, ? 57.
2. Il rispetto della norma enunciata alla prima frase del primo capoverso
74. Ai fini della prima frase del primo capoverso, la Corte deve ricercare se un giusto equilibrio ? stato mantenuto tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (sentenze Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 26, ? 69, e Phocas c. Francia, 23 aprile 1996, Raccolta 1996-II, p. 542, ? 53).
a) Tesi difesa dai richiedenti
75. I richiedenti sostengono che la situazione denunciata non ? conforme all’articolo 1 del Protocollo no 1.
76. Fanno osservare che l’ingerenza nel loro diritto al rispetto del beni dura da pi? di trentaquattro anni, dato che, gi? prima dell’entrata in vigore del piano generale di urbanistica del 1975 e della prima interdizione imposta da questo, il loro terreno si trovava sotto l’influenza delle misure di salvaguardia a contare dalla decisione presa dalla municipalit? nel 1970.
77. I richiedenti osservano che dopo la scadenza dell’interdizione a costruire imposta nel piano generale di urbanistica del 1975, il terreno ? stato sottomesso al regime della legge no 10 del 1977, ci? che equivale ad una nuova interdizione a costruire che ? durata fino all’entrata in vigore del nuovo piano generale di urbanistica; che questo ha colpito con una nuova interdizione a costruire il terreno in vista dell’espropriazione di questo; che nel 1990, una nuova interdizione che mirava l’espropriazione ? stata imposta e che a questo giorno il terreno non sempre ? stato espropriato.
78. I richiedenti fanno osservare che i principi fissati dalla Corte costituzionale non sono stati presi in conto nella giurisprudenza del Consiglio di stato e della Corte di cassazione. Di conseguenza, il loro terreno ? potuto essere sottomesso per una durata indeterminata ad un’interdizione a costruire senza possibilit? di indennizzo.
79. I richiedenti affermano che, per effetto combinato delle interdizioni a costruire in vista dell’espropriazione del terreno, il loro diritto di propriet? “? stato congelato” durante tutto questo periodo: hanno perso il pieno godimento del terreno ed il valore di questo ? stata reso nullo.
80. In quanto alla possibilit? di utilizzare il terreno sotto l’influenza delle misure controverse, i richiedenti adducono che ? stato loro impossibile sfruttare il terreno ai fini agricoli.
81. In quanto alla possibilit? di vendere il terreno, i richiedenti sostengono che la situazione controversa ha eliminato ogni possibilit? concreta di trovare un acquirente.
82. Tenuto conto della gravit? dell’attentato al loro diritto di propriet?, i richiedenti sostengono che la mancanza di indennizzo ? incompatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1 e che c’? stata rottura del giusto equilibiro.
b) Tesi difesa dal Governo,
83. Il Governo sostiene che la situazione denunciata dai richiedenti ? compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1.
84. Innanzitutto, il Governo fa osservare che la situazione denunciata non si analizza in una privazione di propriet? e non pu? essere assimilata a questa. Difatti, la lagnanza dei richiedenti riguarda l’interdizione a costruire che riguarda il loro terreno, misura che non equivale all’impossibilit? di utilizzare il terreno.
85. Il Governo osserva poi che le limitazioni che colpiscono il terreno controverso sono previste dalla legge e rispondono all’interesse pubblico, poich? si tratta di costruire delle scuole o dei centri sociali o di creare dei parchi pubblici.
86. I richiedenti avrebbero avuto inoltre, sempre la possibilit? di vendere il terreno, malgrado il rischio di espropriazione. Difatti, in caso di espropriazione, un’indennit? sarebbe versata dall’amministrazione.
87. Infine, il Governo fa osservare che i richiedenti non hanno fornito la prova che era impossibile un uso alterno del terreno.
88. Avuto riguardo di queste considerazioni, il Governo afferma che non c’? stata rottura del giusto equilibrio nello specifico, poich? le interdizioni a costruire controverse dipendono dal margine di valutazione lasciato agli Stati che sono particolarmente ampi in questo campo.
89. In conclusione, il Governo chiede alla Corte di concludere alla mancanza di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
c) Valutazione della Corte
90. La Corte constata che il terreno dei richiedenti ? stato sottomesso ad un’interdizione a costruire in vista della sua espropriazione, in virt? del piano generale di urbanistica. Dopo la sua scadenza, l’interdizione ? stata mantenuta in applicazione del regime previsto dalla legge no 10 del 1977. Due interdizioni a costruire in vista dell’espropriazione sono state imposte in seguito, successivamente dal piano generale di urbanistica. Dopo la scadenza dell’ultima interdizione, il terreno ? stato sottoposto di nuovo alle limitazioni al diritto di costruire contemplate dalla legge no 10 del 1977 (paragrafi 12-24 sopra).
91. Ne risulta che l’ingerenza controversa dura da ventinove anni se si prende come punto di partenza l’approvazione del piano generale di urbanistica da parte della regione nel 1975 (paragrafo 13 sopra) e da trentaquattro anni se si parte dalla decisione della municipalit? in vista della sua adozione( paragrafo 12 sopra).
92. La Corte giudica naturale che, anche in un campo complesso e difficile come il piano di sviluppo del territorio, gli Stati contraenti godano di un grande margine di valutazione per condurre la loro politica urbanistica (sentenza Sporrong e L?nnroth, precitato, p. 26, ? 69).
Tiene per stabilito che l’ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni soddisfaceva le esigenze dell’interesse generale. Non potrebbe rinunciare per tanto al suo potere di controllo.
93. Gli appartiene di verificare che l’equilibrio voluto ? stato preservato in modo compatibile col diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni, al senso della prima frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
94. La Corte stima che i richiedenti sono restati in un’incertezza totale in quanto alla sorte della loro propriet? durante tutto il periodo riguardato: in un primo tempo, dato che il terreno era oggetto di un’interdizione imposta dal piano generale di urbanistica in vista dell’espropriazione, sarebbe potuto essere espropriato purch? un piano dettagliato venga adottato, ci? che non ? stato il caso (paragrafo 14 sopra); dopo 1980, il terreno poteva essere colpito in ogni momento di nuovo da un’altra interdizione in vista della sua espropriazione, ci? che si ? prodotto cinque anni pi? tardi, nel maggio 1985, con l’approvazione del nuovo piano generale di urbanistica (paragrafo 19 sopra) e poi ancora nel 1990, con una decisione che modifica il piano generale di urbanistica (paragrafo 22 sopra). Il terreno pu? essere colpito attualmente, in ogni momento da una nuova interdizione in vista della sua espropriazione (paragrafo 24 sopra).
95. La Corte nota che il diritto interno non permetteva di ovviare all’incertezza che ha pesato sugli interessati tra il 1980 e il 1985 e dal 1995 (paragrafi 16-17, 24, 39-40 sopra).
96. Stima inoltre che l’esistenza, durante tutto il periodo riguardato, di interdizioni a costruire ha ostacolato il pieno godimento del diritto di propriet? dei richiedenti e ha accentuato le ripercussioni dannose sulla situazione di questi indebolendo considerevolmente, tra altri, le probabilit? di vendere il terreno. La Corte nota che il Governo si ? limitato a contestare l’affermazione dei richiedenti che il terreno non poteva essere sfruttato diversamente, senza fornire tuttavia l’indicazione di un uso alterno possibile di questo.
97. Infine, constata che i richiedenti non hanno avuto indennizzo.
98. Le circostanze della causa, in particolare l’incertezza e l’inesistenza di ogni ricorso interno effettivo suscettibile di ovviare alla situazione controversa, combinata con l’ostacolo al pieno godimento del diritto di propriet? e la mancanza di indennizzo, portano la Corte a considerare che i richiedenti hanno dovuto sopportare un carico speciale ed esorbitante che ha rotto il giudto equilibro che deve regnare tra, da una parte, le esigenze dell’interesse generale e, dall?altra parte, la salvaguardia del diritto al rispetto dei beni (sentenze Sporrong e L?nnroth, precitata, p; 28, ?? 73-74; Erkner e Hofauer, precitata, p. 66-67, ?? 78-79; Elia, precitata, ? 83)
99. In conclusione, c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
III. SULL’APPLICAZIONE DELLA?ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
100. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno materiale
a) Argomenti dei richiedenti
101. I richiedenti sollecitano a titolo del danno materiale una somma forfetaria che possa riparare la privazione di godimento del loro terreno, durante pi? di trent’ anni, e di derivarne beneficio sfruttando questo.
102. I richiedenti si riferiscono alla sentenza Loizidou ( Loizidou c. Turchia (articolo 50), Raccolta 1998-IV) ed adducono che la soddisfazione equa deve riparare il danno subito. In mancanza di altri elementi, il danno che deriva dalla privazione di godimento del terreno si concepisce come un tipo di rendita che dovrebbe corrispondere al 4% per anno del valore del terreno, pi? interessi e tassi di inflazione.
103. Per valutare le loro pretese, i richiedenti hanno dovuto ricorrere ad un perito che ha depositato il suo rapporto nel marzo 2003.
104. Secondo questo, il terreno dei richiedenti era fuori mercato e non offriva altre utilizzazioni alternative.
105. Il perito ha determinato il valore venale del terreno nel 1970, momento che, secondo i richiedenti, coincide con l’inizio del periodo da considerare ( paragrafo 12 sopra). Ha determinato anche il valore venale del terreno nel 1975, anno dell’approvazione del piano generale di urbanistica che impone il primo permesso di espropriazione (paragrafo 13 sopra).
106. Per fare questo, il perito ha utilizzato il metodo comparativo che si basa sul paragone del terreno coi terreni vicini che sono stati costruiti. Il perito si ? basato su delle perizie giudiziali concernenti questi terreni, su degli atti di vendita e sul bollettino regionale che indica le indennit? di espropriazione.
107. Il valore del terreno controverso nel 1970 era di 52 189 EUR.
108. Il valore del terreno controverso nel 1975 era di 87 602, 97 EUR.
109. Una volta determinato il valore del terreno, il perito ha calcolato la rendita secondo i criteri indicati sopra (paragrafo 102). Questo importo ammonta a 1 130 521, 80 EUR per il terreno in causa.
110. In pi? del terreno oggetto della richiesta, la perizia ha preso in conto il danno subito dai richiedenti rispetto ad altri terreni, anche sottomessi ai permessi di espropriare (paragrafo 10 sopra). Questo altro danno ammonta a 4 235 848, 26 EUR.
b) Argomenti del Governo
111. Il Governo sostiene che la perizia depositata dai richiedenti non pu? essere considerata come un documento obiettivo poich? ? stata realizzata su loro richiesta.
112. Secondo lui, la perizia non ? motivata in modo adeguato, nella misura in cui il perito non ha precisato le ragioni per le quali il terreno sarebbe invendibile e sarebbe diversamente inutilizzabile.
113. Il Governo osserva poi che le somme richieste sono eccessive, non sono in rapporto diretto con la violazione addotta e non sono basate su un ragionamento convincente.
Secondo il Governo, la somma accordata a questo titolo non dovrebbe superare in nessun caso il valore venale del terreno, diversamente gli interessati trarrebbero beneficio dalla violazione constatata.
c) Valutazione della Corte
114. La Corte ricorda al primo colpo che l’oggetto del contenzioso si trova delimitato dalla sua decisione sull’ammissibilit?, tanto per il suo esame sul merito che, a fortiori, per ci? che riguarda la soddisfazione equa (mutatis mutandis, Rieme c. Svezia, sentenza del 22 aprile 1992, serie A n 226-B, ? 51).
115. La Corte non pu? prendere di conseguenza in conto che le pretese relative al terreno per il quale ha appena constatato la violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (paragrafi 6, 10, 99 sopra).
116. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze in modo da ristabilire tanto quanto si pu? fare la situazione anteriore a questa ( Iatridis c. Grecia (soddisfazione equa) [GC], no 31107/96, ? 32, CEDH 2000-XI). Se la natura della violazione permette in integrum una restitutio, incombe sullo stato convenuto di realizzarla, non avendo la Corte n? la competenza n? la possibilit? pratica di compierla lei stessa. Se il diritto nazionale non permette in compenso, o permette solamente imperfettamente di cancellare le conseguenze della violazione, l’articolo 41 abilita la Corte ad accordare, se c’? luogo, alla parte lesa la soddisfazione che gli sembra appropriata (Brumarescu c. Romania (soddisfazione equa) [GC], no 28342/95, ? 20, CEDH 2000-I).
117. La Corte ha detto che l’ingerenza controversa soddisfaceva le esigenze dell’interesse generale (paragrafo 92 sopra) ci? significa che nessuno atto illegale o arbitrario ? stato constatato.
118. In quanto all’indennizzo da fissare nello specifico, questa non dovr? riflettere l’idea di una cancellazione totale delle conseguenze dell’ingerenza controversa, (Papamichalopoulos ed altri c. Grecia (articolo 50) del 31 ottobre 1995, serie A no 330-B, p. 59, ?? 36 e 39; Ex Re di Grecia precitata, ? 78) in mancanza di una constatazione di illegalit? (paragrafo 98 sopra). La Corte considera inoltre che i richiedenti non si trovino in una situazione similare a quella del causa Loizidou, precitata, poich? non hanno sofferto mai di una perdita di padronanza totale del loro terreno e hanno potuto accedervi liberamente, (paragrafo 71 sopra).
119. La Corte stima poi che le circostanze della causa non suscitano una valutazione precisa del danno materiale. Il tipo di danno in questione presenta un carattere intrinsecamente aleatorio, ci? che rende impossibile un calcolo preciso delle somme necessarie al suo risarcimento (Lallement c. Francia, no 46044/99, ? 16; Sporrong e L?nnroth c. Svezia (articolo 50), sentenza del 18 dicembre 1984, serie A no 88, ? 32).
120. Agli occhi della Corte, c’? luogo di accordare una somma che tenga conto dell’indisponibilit? del terreno a contare dal 1975, ossia dall’approvazione del piano generale di urbanistica che colpisce il terreno dei richiedenti con un permesso di espropriazione (paragrafo 13 sopra).
121. La Corte stima poi che il punto di partenza del ragionamento deve essere il valore probabile del terreno a questa stessa epoca ed allontana di questo fatto le pretese dei richiedenti nella misura in cui queste sono fondate sul valore reale o attualizzato del terreno.
122. Per valutare il valore del terreno nel 1975, la Corte deve prendere in considerazione il fatto che la constatazione di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 non riguarda i permessi di espropriare e le interdizioni a costruire in quanto tali (paragrafi 91 e 92 sopra).
Inoltre, la Corte non perde di vista le conclusioni della perizia depositata dai richiedenti ( paragrafo 108 sopra) di cui il Governo non ha contestato gli elementi concernenti la valutazione del terreno 8paragrafi 110-112 sopra).
123. Una volte determinato il valore del terreno nel 1975, la Corte stima che, in mancanza di altri elementi, c’? luogo di considerare che il danno che deriva dall’indisponibilit? del terreno durante il periodo considerato pu? essere compensato dal versamento di una somma che corrisponde all’interesse legale durante tutto questo periodo applicato l controvalore del terreno cos? determinato.
124. Alla luce di queste considerazioni, e deliberando in equit? come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte accorda 160 000 EUR.
B. Danno morale
125. A titolo del danno morale, i richiedenti richiedono 60 000 EUR, e desiderano essere indennizzati per l’incertezza nella quale l’amministrazione li ha lasciati dal 1970.
126. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte, pure sottolineando che la somma ? eccessiva, ed emette dei dubbi in quanto alla gravit? della violazione, tenuto conto del fatto che si tratta qui di un attentato al diritto al rispetto dei beni.
127. Tenuto conto delle circostanze della causa, la Corte considera che la violazione della Convenzione ha portato ai richiedenti un torto morale che risulta dall’incertezza della situazione controversa.
128. La Corte assegna a ciascuno dei richiedenti la somma di 500 EUR per questo capo, o 2 000 EUR al totale.
C. Oneri e spese
129. I richiedenti presentano un progetto di nota di parcella redatta sulla base della tabella nazionale e sollecitano il rimborso di 23 700 000 EUR pi? 2 474, 84 EUR per oneri.
Inoltre, i richiedenti chiedono il rimborso degli oneri di perizia a concorrenza di 4 899, 37 EUR.
130. Secondo il Governo, non c’? luogo di rimborsare gli oneri di perizia. In quanto agli oneri e parcella di avvocato, il Governo ricorda che questi possono essere rimborsati solamente se necessari e provati.
131. La Corte non dubita della necessit? degli oneri richiesti n? che siano stati effettivamente impegnati a questo titolo. Trova per? eccessiva la somma rivendicata. La Corte considera quindi che non c?? di rimborsarli che in parte.
Tenuto conto delle circostanze della causa, e deliberando in equit? come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte giudica ragionevole di assegnare ai richiedenti un importo di 4 000 EUR.
D. Interessi moratori
132. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMIT?,
1. Respinge le eccezioni preliminari del Governo;
2. Stabilisce che c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le seguenti somme:
i. 160 000 EUR, cento sessantamila euro, per danno materiale,;
ii. 2 000 EUR, duemila euro, per danno morale,;
iii. 4 000 EUR, quattromila euro, per oneri e spese,;
iv. ogni importo che pu? essere dovuto a titolo di imposta su suddette somme;
b) che a contare della scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilit? di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 15 luglio 2004 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Christos Rozakis
Cancelliere aggiunge Presidente
SENTENZA SCORDINO C. ITALIA (N? 2)
SENTENZA SCORDINO C. ITALIA (N? 2)