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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SCOPPOLA c. ITALIE (N° 4)

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 03
Numero: 65050/09/2012
Stato: Italia
Data: 2012-07-17 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione: Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 Trattamento degradante – Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale,

SECONDA SEZIONE

CAUSA SCOPPOLA C. Italia (No 4)

( Richiesta no 65050/09)

SENTENZA

STRASBURGO

17 luglio 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Scoppola c. Italia (no 4),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, juges,et
di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 giugno 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 65050/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 10 dicembre 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, Io E. Spatafora.
3. Il richiedente adduce che la sua detenzione nel penitenziario di Parma è stata incompatibile col suo stato di salute.
4. Il 20 settembre 2010, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato in 1940. Vecchio di settantadue anni, soffre di patologie cardiache e del metabolismo, di diabete, di un indebolimento della sua massa muscolare aggravata da una frattura del femore subito nel 2006, di ipertrofia della prostata e di depressione. Si sposta con la sedia a rotelle dal 1987.
6. Nel settembre 1999, al termine di una disputa coi suoi bambini, il richiedente uccise sua moglie e ferì uno dei suoi bambini. Nel gennaio 2002, fu condannato alla reclusione con la corte di basi di appello di Roma in perpetuo e collocato in detenzione nella prigione di Regina Cœli a Roma.
7. Durante la sua detenzione, il richiedente fu ricoverato a più riprese in ragione del suo stato di salute, giudicata incompatibile con la detenzione con le autorità nazionali competenti. Con un’ordinanza del 16 giugno 2006, il tribunale di applicazione delle pene di Roma accordò al richiedente la detenzione a domicilio affinché possa ricevere le cure adeguate. Mancanza di trovare un domicilio adattato, suddetta ordinanza fu revocata il 8 settembre 2006 e, il 23 settembre 2007, il richiedente fu trasferito al penitenziario di Parma che disponeva, secondo la direzione generale per i detenuti del ministero della Giustizia, di strutture adattate alle esigenze delle persone handicappate.
8. Le condizioni di detenzione del richiedente sono state oggetto della richiesta no 50550/06, Scoppola c. Italia, no 50550/06, 10 giugno 2008 nella quale la Corte conclude che c’era stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione del mantenimento in detenzione del richiedente nel penitenziario di Regina Cœli malgrado il suo stato di salute. Nella sua sentenza, la Corte rilevò in particolare che:
“49. La Corte non saprebbe ignorare gli sforzi esposti dalle autorità interne che hanno posto il richiedente in un penitenziario che dispone di un centro clinico e di mezzi per eliminare gli ostacoli architettonici, a sapere quello di Parma. Peraltro, alla prigione di Roma-Regina Coeli il richiedente è stato sottomesso ai numerosi esami medici, mirando a trattare le sue patologie dal metabolismo, e ha beneficiato di sedute di cinesiterapia. Però, la mancanza, nel capo delle autorità nazionali, di una volontà di umiliare o di abbassare l’interessato non esclude definitivamente una constatazione di violazione dell’articolo 3; questa disposizione può essere infranta anche bene da un’inoperosità o una mancanza di zelo da parte delle autorità pubbliche.
50. Nello specifico, l’esigenza, sottolineata dal tribunale di applicazione delle pene di Roma, di porre il richiedente all’infuori dell’ambiente carcerario è restata lettera morta per le ragioni che non saprebbero essere imputate all’interessato. Agli occhi della Corte, nelle circostanze come queste della presente causa, una volta stabilita che il tentativo di porre il richiedente in detenzione a domicilio non poteva arrivare, apparteneva alle autorità di affrettarsi per soddisfare all’obbligo che è la loro di garantire delle condizioni di privazione di libertà conformi alla dignità umana. In particolare, il richiedente che non può essere curato al suo domicilio e nessuna struttura di accoglimento idoneo non essendo preparato a prenderlo incaricati, lo stato avrebbe dovuto o trasferire senza termine l’interessato in una prigione più meglio attrezzata per escludere ogni rischio di trattamenti disumani, o sospendere l’esecuzione di una pena che si analizzava oramai in trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione. Però, nella sua decisione che revoca la misura di detenzione a domicilio del richiedente, il tribunale di applicazione delle pene di Roma non ha preso in considerazione questa ultima possibilità che, secondo le disposizioni interne pertinenti, sarebbe potuto essere esaminata anche di ufficio.
51. Conformemente a ciò che precede, il richiedente ha continuato ad essere detenuto nel penitenziario di Roma. È solamente il 23 settembre 2007, o più di un anno dopo la data alla quale il tribunale di applicazione delle pene aveva constatato l’impossibilità di detenere il richiedente a domicilio che questo ultimo è stato trasferito in un’altra prigione, quella di Parma, dotata di strutture che, secondo il ministero della Giustizia, possono fare fronte alle difficoltà di mobilità del condannato. La Corte stima di non disporre, ora, di elementi sufficienti per pronunciarsi sulla qualità di queste strutture o, più in generale, sulle condizioni della detenzione del richiedente a Parma. Si limita ad osservare che la continuazione del suo soggiorno al penitenziario di Regina Coeli nelle circostanze menzionate più alto ha potuto solamente porrlo in una situazione suscettibile di suscitare, a casa lui, dei sentimenti consolidati di angoscia, di inferiorità e di umiliazione sufficientemente forte per costituire un “trattamento disumano o degradante”, al senso dell’articolo 3 della Convenzione. Le spiegazioni date dal Governo per giustificare il ritardo nel trasferimento al penitenziario di Parma-a sapere, che non era opportuno interrompere le terapie in corso alla prigione di Regina Coeli-, non saprebbero giustificare il mantenimento di un detenuto nelle condizioni che recano offesa alla sua dignità umana. “
9. La presente richiesta riguarda le condizioni di detenzione del richiedente posteriore al suo trasferimento alla prigione di Parma che ebbe luogo il 23 settembre 2007.
10. Ad una data che non è stata precisata, il richiedente presentò dinnanzi al tribunale di applicazione delle pene (TAP) di Bologna una domanda che prevede la sospensione dell’esecuzione della sua pena o, a difetto, il collocamento a domicilio, per ragioni di salute. Affermava che il suo stato di salute si era degradato ulteriormente nella prigione di Parma, dove era costretto di passare a letto le sue giornate.
11. All’udienza del 4 agosto 2009, il tribunale emise un’ordinanza provvisoria. Sostenendo in particolare su un rapporto medico invalso coi medici della prigione di Parma secondo che il richiedente soffriva di incidi patologia degenerativa, il tribunale sostenne che il trasferimento del richiedente in un centro medico esterno era estremamente urgente e sollecitò il Servizio Sanitario Nazionale, così come tutte le autorità competenti, a trovare una soluzione adattata allo stato del richiedente.
12. In seguito, il TAP rinviò la causa a tre riprese, il 24 settembre, 17 novembre, e 3 dicembre 2009, che sollecitano le autorità sanitarie di dare seguito alla sua ordinanza provvisoria del 4 agosto e di trovare un centro medico specializzato al seno del quale porre il richiedente.
13. Il 11 dicembre 2009, alla domanda dell’interessato, la presidentessa della seconda sezione decise di indicare al governo italiano, in applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento della Corte, che era augurabile, nell’interesse delle parti e del buono svolgimento del procedimento dinnanzi alla Corte, di trasferire di emergenza il richiedente in una struttura adeguata al suo stato di salute, per escludere ogni rischio di trattamenti disumani e degradanti.
14. Il 24 dicembre 2009, il magistrato dell’applicazione delle pene, rilevando che le condizioni del richiedente non permettevano di aspettare ulteriormente la conclusione del procedimento dinnanzi al TAP di cui l’udienza era stata fissata al 7 gennaio 2010, ordinò che l’interessato fu posto nell’ospedale civile di Parma in attesa che il Servizio Sanitario trova un luogo di accoglimento disponibile che risponde ai criteri fissati nell’ordinanza del 4 agosto 2009.
15. Lo stesso giorno, il Sig. Scoppola rifiutò di essere ricoverato nell’ospedale civile di Parma, adducendo che questa struttura non era adattata al suo stato di salute.
16. Con un’ordinanza del 7 gennaio 2010, il tribunale di applicazione delle pene, facendo applicazione dell’articolo 147 § 1 del codice penale, ordinò la sospensione dell’esecuzione della pena del richiedente per un periodo di un anno ed il suo collocamento a domicilio in una struttura specializzata. Il tribunale constatò che, malgrado le numerose sollecitazioni indirizzate alle autorità sanitarie competenti, queste non avevano trovato ancora di centro medico specializzato adattato alle esigenze del richiedente. Ora, le condizioni dell’interessato non permettevano un rinvio ulteriore del procedimento. Basandosi in particolare su un rapporto medico invalso il 3 novembre 2009 col servizio sanitario della prigione di Parma, il tribunale affermò che il richiedente necessitava un seguito intensivo di cinesiterapia in un centro specializzato esterno all’ambiente penitenziario, nello scopo di provare a riabilitare un stato di salute particolarmente compromessa.
17. Il 8 gennaio 2010, il procuratore della Repubblica di Roma ordinò il collocamento in libertà del richiedente fino al 9 gennaio 2011.
18. Questo stesso giorno, il richiedente fu liberato e trasportato alle emergenze dell’ospedale civile di Parma. Dopo essere stato visitato, fu trasportato alla “Sistemò di Pulì Valparma”, un centro di cura convenzionata dalla sicurezza sociale, dove, il 19 febbraio 2010, fu esaminato da un medico ortopedico. Nel suo rapporto, il medico stabilisce che lo stato di salute del richiedente non permetteva di prevedere un’operazione chirurgica e sostenne che un rafforzamento muscolare intensivo dei membri inferiori si imporsi, nello scopo di migliorare la posizione si seduta nella sedia scorrevole. Il perito raccomandò almeno l’ospedalizzazione del richiedente in un centro medico specializzato durante otto mesi nello scopo di ottenere un risultato duraturo.
19. Nel frattempo, la presidentessa della seconda sezione riesaminò la richiesta alla luce degli sviluppi del procedimento interno il 20 gennaio 2010, e decise di togliere la misura provvisoria che aveva indicato il 11 dicembre 2009.
20. Il 8 aprile 2010, il richiedente fu trasferito all’ospedale civile “San Secondo”, a Fidenza.
21. Il 13 gennaio 2011, il TAP di Bologna prorogò il collocamento a domicilio del richiedente, per un periodo di un anno, vicino all’ospedale civile “San Secondo.”
Il 22 dicembre 2011, il TAP reiterò l’applicazione della misura della detenzione domiciliare per un periodo ulteriore di un anno, affermando che c’era luogo di confermare l’incompatibilità tra gli stati di salute del richiedente e la detenzione carceraria.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
22. La sospensione dell’esecuzione della pena è prevista dall’articolo 147 § 1 capoverso 2 del codice penale, ai termini del quale
“L’esecuzione di una pena può essere sospesa: (…)
2) se una pena privativa di libertà deve essere eseguita contro una persona che si trova in condizione di infermità fisica grave. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
23. Il richiedente adduce che il suo mantenimento in detenzione alla prigione di Parma ha costituito un trattamento disumano e degradante contrario all’articolo 3 della Convenzione, così formulata,:
“Nessuno può essere sottomesso alla tortura né alle pene o trattamenti disumani o degradanti. “
24. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
25. Il Governo afferma innanzitutto che la Corte dovrebbe astenersi da decidere la presente richiesta. Considera che nella sentenza resa nella cornice della causa no 50550/06, Scoppola c. Italia, precitato, del 10 giugno 2008, la Corte aveva rinunciato ad esaminare le condizioni di detenzione del richiedente alla prigione di Parma. Di conseguenza, nella misura in cui la Corte potrebbe giungere ad una soluzione che conduce ad una contraddizione con la sua decisione anteriore, dovrebbe evitare di pronunciarsi nella presente richiesta e considerare l’opportunità di disfarsi in favore della Grande Camera.
26. In secondo luogo, il Governo sostiene che il richiedente non ha più la qualità di vittima richiesta dalla Convenzione. Stima che i passi compiuti dalle autorità nazionali dopo l’introduzione della richiesta dinnanzi alla Corte hanno permesso di giungere ad una soluzione soddisfacente per il richiedente, dal momento che niente giustifica il perseguimento dell’esame della causa.
27. Il richiedente non ha presentato di osservazioni su queste questioni.
28. Trattandosi della prima eccezione sollevata dal Governo, nella misura in cui metterebbe in causa la competenza della Corte ad esaminare la presente causa, questa ricorda innanzitutto che in virtù del paragrafo 2 dell’articolo 32, “, e)n caso di contestazione sul punto di sapere se la Corte è competente, la Corte decide”, Emre c. Svizzera (no 2), no 5056/10, § 39, 11 ottobre 2011.
Peraltro, la Corte osserva che nessuna risoluzione, anche intermedio, non è stata adottata dal Comitato dei Ministri nella cornice dell’esecuzione nella causa no 50550/06. Ricorda avere detto già in passato che non sconfina sulle competenze che il Comitato dei Ministri trae dall’articolo 46 quando conosce di fatti nuovi nella cornice di una nuova richiesta, Verein gegen Tierfabriken Schweiz (VgT, c,). Svizzera (no 2) [GC], no 32772/02, §§ 66 e suiv, CEDH 2009; Emre c. Svizzera, precitato, § 39.
29. Nello specifico, per determinare se si è in presenza di una nuova richiesta che si distingue essenzialmente, al senso della giurisprudenza precitata, della prima, importa di sottolineare che la sentenza della Corte del 10 giugno 2008 riguardava le condizioni di detenzione del richiedente alla prigione di Regina Cœli a Roma, alla luce delle informazione che gli erano disponibili al momento della decisione e sulla base delle affermazioni sollevate dal richiedente. Nella sua sentenza del 2008, la Corte rilevò non disporre, [all’epoca], di elementi sufficienti per pronunciarsi, sulle condizioni della detenzione del richiedente a Parma” (vedere paragrafo 51 della sentenza del 10 giugno 2008). Questa constatazione non saprebbe essere assimilata, siccome affermalo il Governo, ad una rinuncia della Corte ad esaminare il seguito della detenzione del richiedente.
30. In seguito a questa sentenza, il richiedente investe il tribunale di applicazione delle pene di Bologna, competente ratione loci, per lamentarsi della sua detenzione alla prigione di Parma, dove affermava che il suo stato si era degradato ulteriormente mancanza di un seguito appropriato alle sue patologie. Nella cornice di questo nuovo procedimento, il tribunale si pronunciò a più riprese ed accolse il ricorso del richiedente che si appella sui rapporti medici stabiliti dai medici della prigione in questione.
31. Le considerazioni che precedono permettono alla Corte di concludere che il fatti oggetto della presente richiesta costituisca dei fatti nuovi suscettibili di dare adito ad una notizia raggiunta dell’articolo 3, per l’esame della quale la Corte è competente. Segue che la prima eccezione del Governo non saprebbe essere considerata.
32. Trattandosi dell’eccezione concernente il difetto della qualità di vittima del richiedente, la Corte stima che la questione sollevata è legata strettamente a queste che dovrà abbordare all’epoca dell’esame della fondatezza della richiesta. Conviene quindi unire questa questione all’esame del merito.
33. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
34. Il richiedente sostiene che il carattere disumano e degradante della sua detenzione nella prigione di Parma è stata constatata dai giudici dell’applicazione della pena di Bologna. Con le ordinanze del 4 agosto, 24 settembre, 17 novembre, 3 dicembre, 24 dicembre 2009 e 7 gennaio 2010, i magistrati di applicazione delle pene non hanno smesso di affermare l’incompatibilità del suo stato di salute con la detenzione in una determinazione penitenziaria e di raccomandare il suo collocamento in una struttura esterna all’ambiente carcerario.
35. Le giurisdizioni nazionali erano giunte peraltro, già prima a questa conclusione alcuni anni, quando, il 21 giugno 2006, il TAP di Roma aveva ordinato il suo collocamento a domicilio in ragione del suo stato di salute, giudicata incompatibile con la detenzione in ambiente penitenziario. Questa circostanza, esaminata dalla Corte nella cornice della richiesta no 50550/06, fatto rendere ancora più pesante solamente il bilancio della sua detenzione.
Ora, in dispetto di questi molteplici richiami delle autorità giudiziali, reiterati col passare degli anni, non ha potuto lasciare l’ambiente penitenziario che il 7 gennaio 2010.
36. Il richiedente afferma essere stato obbligato di passare a letto tutte le sue giornate, incapace di compiere il minimo gesto e di gestire le sue esigenze fisiologiche in modo autonome. Il suo stato di salute, necessitando che un’assistenza sanitaria specializzata, continua, non è compatibile con la detenzione in nessuna determinazione penitenziaria, ivi compreso quello di Parma.
Inoltre, il richiedente afferma avere rifiutato l’ospedalizzazione nell’ospedale civile di questa stessa città, il 24 dicembre 2009, poiché i servizi forniti da un ospedale civile ordinario non sono neanche in grado di prendere incaricati una situazione come la sua. Di più, questa ospedalizzazione era stata considerata solamente dal magistrato dell’applicazione delle pene come una misura temporanea, per palliare all’inerzia dell’amministrazione.
37. Il richiedente considera che la sola ragione avendo impedito il suo pronto trasferimento in una struttura adeguata è la lentezza dell’amministrazione, nessuna responsabilità che non può essere imputato al suo proprio comportamento.
38. In conclusione, il richiedente stima essere stato vittima di un trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione.
39. Il Governo fa valere innanzitutto che lo stato di salute del richiedente non gli ha impedito, nel 1999, mentre era già vecchio di vent’ anni, di commettere dei reati estremamente gravi e di infliggere dei cattivi trattamenti ai membri della sua famiglia.
40. Comunque sia, considera che le autorità competenti hanno messo in opera tutte le misure possibili e necessarie per garantire al richiedente delle condizioni di vita compatibile con l’articolo 3 della Convenzione e per prodigargli le cure di cui aveva bisogno. Difatti, fu di trasferito prima poi in una determinazione penitenziaria altamente specializzata, a sapere la prigione di Parma, ottenne la sospensione dell’esecuzione della sua pena.
41. Il Governo fa valere che il penitenziario di Parma è la migliore struttura nel suo genere esistente in Italia, dotata di un centro clinico in misura di amministrare delle cure specializzate di alto livello. Afferma che i forti pisolini sono stati spesi per fare funzionare questo centro che accoglie di numerosi detenuti sofferenti di patologie diverse.
42. Riguardando in particolare il trattamento riservato al richiedente durante il secondo semestre 2009, il Governo sostiene che questo, collocato in seno alla sezione per paraplegico, beneficiò di parecchie visite mediche specializzate, così come di sedute regolari di fisioterapie, e fu ricoverato due volte nello scopo di effettuare degli esami. Inoltre, un compagno di detenzione fu reclutato dall’amministrazione penitenziaria per aiutare il richiedente nell’esercizio delle sue attività.
43. Certo, in un secondo tempo questa struttura fu considerata come non essendo adattata completamente alle condizioni del richiedente, così che delle cure prodigate in una struttura esterna sarebbero state probabilmente più efficaci. Però, questa constatazione saprebbe implicare solamente la detenzione a Parma è stato contrario all’articolo 3 della Convenzione e che il richiedente è stato oggetto di trattamenti disumani o degradanti.
44. Inoltre, il Governo è di parere che il comportamento del richiedente ha ostacolato seriamente gli sforzi delle autorità di trovare una soluzione adeguata. A questo proposito, attira l’attenzione della Corte sul rifiuto opposto da questo, il 24 dicembre 2009, alla sua ospedalizzazione nell’ospedale civile di Parma. Se questo rifiuto non spiega interamente le difficoltà incontrate dalle autorità competenti per trasferire il richiedente in un centro medico specializzato, dimostra tuttavia l’atteggiamento negativo e poco collaborative dell’interessato.
45. Così, il Governo fa valere che il ritardo messo dalle autorità per trovare un centro di accoglimento per il richiedente è stato dovuto a differenti fattori: la difficoltà di segnare un luogo dove il richiedente possa beneficiare di cure di un livello superiore a quelli prodigato a Parma; la complessità delle patologie a trattare; la mancanza di collaborazione dell’interessato.
2. Valutazione della Corte
a) Principi generali
46. Affinché una pena ed il trattamento di cui si accompagna possano essere qualificati come “disumani” o “degradanti”, la sofferenza o l’umiliazione devono andare in ogni caso al di là di queste che comprendi inevitabilmente una forma data di trattamento o di pena legittima, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 68, 11 luglio 2006.
47. Trattandosi in particolare di persone private di libertà, l’articolo 3 impone allo stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongono l’interessato ad un sconforto o una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI, e Fiume c. Francia, no 33834/03, § 62, 11 luglio 2006. Così, la mancanza di cure mediche adeguate, e, più generalmente, la detenzione di una persona malata nelle condizioni inadeguate, può in principio costituire un trattamento contrario all’articolo 3 (vedere, per esempio, İlhan c. Turchia [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII. Oltre la salute del prigioniero, è il suo benessere che deve essere garantito di un modo adeguato, Mouisel c. Francia, no 67263/01, § 40, CEDH 2002-IX.
48. Le condizioni di detenzione di una persona malata devono garantire la protezione della sua salute, avuta riguardo alle contigenze ordinarie e ragionevoli della detenzione. Se il non si può dedurre un obbligo generale di rimettere in libertà o di trasferire in un ospedale civile un detenuto, anche se questo ultimo soffre di una malattia particolarmente difficile a curare (Mouisel, precitato, § 40, l’articolo 3 della Convenzione impone in ogni caso allo stato di proteggere l’integrità fisica delle persone private di libertà. La Corte saprebbe escludere solamente, nelle condizioni particolarmente gravi, si possa trovarsi in presenza di situazioni dove una buona amministrazione della giustizia penale esige che le misure di natura umanitaria siano prese per ornare, Matencio c. Francia, no 58749/00, § 76,15 gennaio 2004, e Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 38, 15 gennaio 2004.
49. Applicando i principi suddetti, la Corte ha concluso già che il mantenimento in detenzione per un periodo prolungato di una persona di un’età avanzata, e per di più malata, può entrare nel campo di protezione dell’articolo 3, Papon c. Francia (no 1) (déc.), no 64666/01, CEDH 2001-VI; Sawoniuk c. Regno Unito, déc.), no 63716/00, CEDH 2001-VI, e Priebke c. Italia, déc.), no 48799/99, 5 aprile 2001. Di più, la Corte ha giudicato che mantenere in detenzione una persona tetraplegica, nelle condizioni inadatte al suo stato di salute, era costitutivo di un trattamento degradante, Price c. Regno Unito, no 33394/96, § 30, CEDH 2001-VII. Ha considerato anche che certi trattamenti possono infrangere l’articolo 3 per il fatto che sono inflitti ad una persona che soffre di agitazioni mentali, Keenan c. Regno Unito, no 27229/95, §§ 111-115, CEDH 2001-III. Ciò che è, la Corte deve tenere conto, in particolare, di tre elementi per esaminare la compatibilità di un stato di salute che preoccupa col mantenimento in detenzione del richiedente, e cioè: ha, la condizione del detenuto, b) la qualità delle cure dispensate e c, l’opportunità di mantenere la detenzione allo visto dello stato di salute del richiedente (Sakkopoulos, precitato, § 39.
(b) Applicazione di questi principi al caso di specie
50. La Corte osserva che la prigione di Parma è dotata di un centro clinico e di una sezione per handicappati, ciò che fa di lei una struttura penitenziaria adattata alle esigenze dei detenuti raggiunti di patologie degenerative. Nella sua sentenza del 10 giugno 2008, la Corte aveva accolto la scelta delle autorità nazionali di trasferire il richiedente in questa determinazione, tenuto conto dell’impossibilità di porrlo in detenzione a domicilio (vedere § 49 sentenza Scoppola, precitato,).
51. Però, forza è di constatare che questa struttura si è rialzata velocemente disadattata per prendere incaricati in modo adeguata il richiedente di cui lo stato di salute è particolarmente grave. La Corte ricorda che il richiedente che non ha camminato più dal 1987 e ha subito, nell’aprile 2006, una frattura del femore, non può spostarsi che in poltrona scorrevole. Manca di ogni autonomia e è costretto di passare a letto tutte le sue giornate. Vecchio di 72 anni, soffre di patologie cardiache e del metabolismo, di diabete, di un indebolimento della sua massa muscolare che impedisce la posizione seduta, di ipertrofia della prostata e di depressione.
52. L’incompatibilità della detenzione del richiedente nella prigione di Parma col suo stato di salute è stata affermata così, a più riprese dai giudici dell’applicazione delle pene che si sono appellate sui conclusioni dei medici della prigione.
53. Il 4 agosto 2009, il TAP di Bologna ordinò il collocamento del richiedente in un ambiente esterno alla prigione. Secondo la Corte, è a contare almeno di questa data che le autorità competenti avrebbero dovuto tutto mettere in opera per garantire al richiedente il collocamento in un ambiente idoneo che garantisce un seguito medico appropriato. Ora, malgrado parecchie sollecitazioni del tribunale (vedere sopra paragrafi 11-14), ed in dispetto dell’indicazione di una misura provvisoria da parte della Corte (vedere sopra paragrafo 13), queste non sono state in grado di trovare un luogo di accoglimento che garantisse la salute ed il benessere del richiedente. È solamente il 7 gennaio 2010 che il richiedente lasciò l’ambiente penitenziario, il TAP avendo deciso in ultima istanza di ordinare la sospensione dell’esecuzione della pena del richiedente per permettere il suo collocamento a domicilio in un ambiente ospedaliero specializzato.
54. La Corte non sottovaluta le difficoltà legate alla presa incaricata di detenuti raggiunti di patologie come queste sofferto dal richiedente. Tuttavia, considera che le ragioni avanzate dal Governo per giustificare il mantenimento del richiedente nella prigione di Parma nelle condizioni che recano offesa alla sua dignità umana durante parecchi mesi in dispetto dei pareri contrari dei periti e dei giudici dell’applicazione delle pene, non saprebbero né dispensare l’Italia della sua obblighi faccia ai detenuti malati né essere imputate al comportamento dell’interessato.
55. A questo ultimo riguardo, concernente in particolare il rifiuto del richiedente di essere trasferito ha l’ospedale civile di Parma, è difficile per la Corte concepire che questo rifiuto sia stato in grado, in sé, di ostacolare gli sforzi delle autorità di trovare una struttura adeguata. Basta a questo proposito osservare che suddetta ospedalizzazione era stata prevista provvisoriamente dal TAP, nell’attesa che il servizio sanitario nazionale trova una soluzione definitiva adatta, e nello scopo di uscire da un vicolo cieco installato da parecchi mesi.
56. Nello specifico, niente prova l’esistenza di un’intenzione di umiliare o di abbassare il richiedente. Però, trattandosi dell’obbligo positivo dello stato di proteggere la salute dei prigionieri in modo adeguati che comprende anche un obbligo di celerità, l’intenzionalità del comportamento rimproverato allo stato convenuto non saprebbe costituire un elemento decisivo. Così, se conviene prendere in conto la questione di sapere se lo scopo del trattamento era di umiliare o di abbassare la vittima, la mancanza di un tale scopo non saprebbe escludere in modo definitiva la constatazione di violazione dell’articolo 3 (vedere, tra altri, Peers c. Grecia, no 28524/95, § 74, CEDH 2001-III.
57. La Corte stima che la continuazione del soggiorno del richiedente al penitenziario di Parma nelle circostanze menzionate più alto ha potuto solamente porrlo in una situazione suscettibile di suscitare, a casa lui, dei sentimenti consolidati di angoscia sufficientemente forte per costituire un “trattamento disumano o degradante”, al senso dell’articolo 3 della Convenzione. Per di più, sebbene la Corte sia chiamata nella cornice della presente richiesta a pronunciarsi esclusivamente sulla detenzione del richiedente a Parma, non saprebbe ignorare il fatto che il richiedente era stato detenuto già nelle condizioni giudicate incompatibili con la Convenzione. Questa circostanza ha potuto aggravare solamente ulteriormente il sentimento di angoscia provata col richiedente.
58. Tenuto conto degli elementi sopra, la Corte stima che l’eccezione del Governo derivato del difetto della qualità di vittima del richiedente deve essere respinta e conclude che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione del trattamento disumano e degradante subito dal richiedente.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
59. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
60. Richiede 9 333 euro (EUR) a titolo del danno giuridico che avrebbe subito a causa di essere stato detenuto nelle cattive condizioni di detenzione alla prigione di Parma.
61. Il Governo si oppone.
62. La Corte considera il richiedente ha subito un torto giuridico certo. Deliberando in equità, decide di concedere al richiedente l’intimo richiesta a questo titolo.
B. Oneri e spese
63. Giustificativo all’appoggio, il richiedente chiede anche 9 988 EUR per l’insieme degli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
64. Il Governo non ha presentato di osservazioni su questo punto.
65. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo di 6 000 EUR ogni onere confuso e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
66. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unito al merito l’eccezione preliminare del Governo concernente il difetto della qualità di vittima del richiedente e la respinge;

2. Dichiara la richiesta ammissibile;

3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione;

4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 9 333 EUR, novemila tre cento trentatre euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
ii, 6 000 EUR, seimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;

5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 17 luglio 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion: Violation de l’article 3 – Interdiction de la torture (Article 3 Traitement dégradant – Traitement inhumain) (Volet matériel)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE SCOPPOLA c. ITALIE (No 4)

(Requête no 65050/09)

ARRÊT

STRASBOURG

17 juillet 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Scoppola c. Italie (no 4),
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Stanley Naismith, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 26 juin 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 65050/09) dirigée contre la République italienne et dont un ressortissant de cet État, OMISSIS (« le requérant »), a saisi la Cour le 10 décembre 2009 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par OMISSIS, avocat à Rome. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Me E. Spatafora.
3. Le requérant allègue que sa détention dans le pénitencier de Parme a été incompatible avec son état de santé.
4. Le 20 septembre 2010, la requête a été communiquée au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
5. Le requérant est né en 1940. Âgé de soixante-douze ans, il souffre de pathologies cardiaques et du métabolisme, de diabète, d’un affaiblissement de sa masse musculaire aggravée par une fracture du fémur subie en 2006, d’hypertrophie de la prostate et de dépression. Il se déplace en fauteuil roulant depuis 1987.
6. En septembre 1999, à l’issue d’une dispute avec ses enfants, le requérant tua sa femme et blessa l’un de ses enfants. En janvier 2002, il fut condamné à la réclusion à perpétuité par la cour d’assises d’appel de Rome et placé en détention dans la prison de Regina Cœli à Rome.
7. Pendant sa détention, le requérant fut hospitalisé à plusieurs reprises en raison de son état de santé, jugé incompatible avec la détention par les autorités nationales compétentes. Par une ordonnance du 16 juin 2006, le tribunal d’application des peines de Rome accorda au requérant la détention à domicile afin qu’il puisse recevoir les soins adéquats. Faute de trouver un domicile adapté, ladite ordonnance fut révoquée le 8 septembre 2006 et, le 23 septembre 2007, le requérant fut transféré au pénitentiaire de Parme qui disposait, selon la direction générale pour les détenus du ministère de la Justice, de structures adaptées aux exigences des personnes handicapées.
8. Les conditions de détention du requérant ont fait l’objet de la requête no 50550/06 (Scoppola c. Italie, no 50550/06, 10 juin 2008), dans laquelle la Cour conclut qu’il y avait eu violation de l’article 3 de la Convention en raison du maintien en détention du requérant dans le pénitentiaire de Regina Cœli malgré son état de santé. Dans son arrêt, la Cour releva notamment que :
« 49. La Cour ne saurait ignorer les efforts déployés par les autorités internes, qui ont placé le requérant dans un pénitencier disposant d’un centre clinique et de moyens pour éliminer les obstacles architecturaux, à savoir celui de Parme. Par ailleurs, à la prison de Rome-Regina Coeli le requérant a été soumis à des nombreux examens médicaux, visant à traiter ses pathologies du métabolisme, et a bénéficié de séances de kinésithérapie. Cependant, l’absence, dans le chef des autorités nationales, d’une volonté d’humilier ou de rabaisser l’intéressé n’exclut pas définitivement un constat de violation de l’article 3 ; cette disposition peut aussi bien être enfreinte par une inaction ou un manque de diligence de la part des autorités publiques.
50. En l’espèce, l’exigence, soulignée par le tribunal d’application des peines de Rome, de placer le requérant en dehors du milieu carcéral est restée lettre morte pour des raisons qui ne sauraient être imputées à l’intéressé. Aux yeux de la Cour, dans des circonstances telles que celles de la présente affaire, une fois établi que la tentative de placer le requérant en détention à domicile ne pouvait aboutir, il appartenait aux autorités de s’activer pour satisfaire à l’obligation qui est la leur d’assurer des conditions de privation de liberté conformes à la dignité humaine. En particulier, le requérant ne pouvant pas être soigné à son domicile et aucune structure d’accueil idoine n’étant disposée à le prendre en charge, l’État aurait dû soit transférer sans délai l’intéressé dans une prison mieux équipée afin d’exclure tout risque de traitements inhumains, soit suspendre l’exécution d’une peine qui s’analysait désormais en traitement contraire à l’article 3 de la Convention. Cependant, dans sa décision révoquant la mesure de détention à domicile du requérant, le tribunal d’application des peines de Rome n’a pas pris en considération cette dernière possibilité qui, selon les dispositions internes pertinentes, aurait pu être examinée même d’office.
51. En conséquence de ce qui précède, le requérant a continué à être détenu dans le pénitencier de Rome. Ce n’est que le 23 septembre 2007, soit plus d’un an après la date à laquelle le tribunal d’application des peines avait constaté l’impossibilité de détenir le requérant à domicile, que ce dernier a été transféré dans une autre prison, celle de Parme, dotée de structures qui, selon le ministère de la Justice, peuvent faire face aux difficultés de mobilité du condamné. La Cour estime de ne pas disposer, à présent, d’éléments suffisants pour se prononcer sur la qualité de ces structures ou, plus en général, sur les conditions de la détention du requérant à Parme. Elle se borne à observer que la continuation de son séjour au pénitencier de Regina Coeli dans les circonstances mentionnées plus haut n’a pu que le placer dans une situation susceptible de susciter, chez lui, des sentiments constants d’angoisse, d’infériorité et d’humiliation suffisamment forts pour constituer un « traitement inhumain ou dégradant », au sens de l’article 3 de la Convention. Les explications données par le Gouvernement pour justifier le retard dans le transfert au pénitencier de Parme – à savoir, qu’il n’était pas opportun d’interrompre les thérapies en cours à la prison de Regina Coeli –, ne sauraient justifier le maintien d’un détenu dans des conditions portant atteinte à sa dignité humaine. »
9. La présente requête concerne les conditions de détention du requérant postérieures à son transfèrement à la prison de Parme, qui eut lieu le 23 septembre 2007.
10. A une date qui n’a pas été précisée, le requérant présenta devant le tribunal d’application des peines (TAP) de Bologne une demande visant la suspension de l’exécution de sa peine ou, à défaut, le placement à domicile, pour raisons de santé. Il affirmait que son état de santé s’était ultérieurement dégradé dans la prison de Parme, où il était contraint de passer ses journées au lit.
11. A l’audience du 4 août 2009, le tribunal émit une ordonnance provisoire. S’appuyant notamment sur un rapport médical établi par les médecins de la prison de Parme, selon lequel le requérant souffrait de graves pathologie dégénératives, le tribunal soutint que le transfèrement du requérant dans un centre médical externe était extrêmement urgent et sollicita le Service Sanitaire Nationale, ainsi que toutes les autorités compétentes, à trouver une solution adaptée à l’état du requérant.
12. Par la suite, le TAP reporta l’affaire à trois reprises, les 24 septembre, 17 novembre, et 3 décembre 2009, sollicitant les autorités sanitaires de donner suite à son ordonnance provisoire du 4 août et de trouver un centre médical spécialisé au sein duquel placer le requérant.
13. Le 11 décembre 2009, à la demande de l’intéressé, la présidente de la deuxième section décida d’indiquer au gouvernement italien, en application de l’article 39 du règlement de la Cour, qu’il était souhaitable, dans l’intérêt des parties et du bon déroulement de la procédure devant la Cour, de transférer d’urgence le requérant dans une structure adéquate à son état de santé, afin d’exclure tout risque de traitements inhumains et dégradants.
14. Le 24 décembre 2009, le magistrat de l’application des peines, relevant que les conditions du requérant ne permettaient pas d’attendre ultérieurement l’issue de la procédure devant le TAP, dont l’audience avaient été fixée au 7 janvier 2010, ordonna que l’intéressé fut placé dans l’hôpital civil de Parme en attendant que le Service Sanitaire trouve un lieu d’accueil disponible répondant aux critères fixés dans l’ordonnance du 4 août 2009.
15. Le même jour, M. Scoppola refusa d’être hospitalisé dans l’hôpital civil de Parme, alléguant que cette structure n’était pas adaptée à son état de santé.
16. Par une ordonnance du 7 janvier 2010, le tribunal d’application des peines, faisant application de l’article 147 § 1 du code pénal, ordonna la suspension de l’exécution de la peine du requérant pour une période d’un an et son placement à domicile dans une structure spécialisée. Le tribunal constata que, malgré les nombreuses sollicitations adressée aux autorités sanitaires compétentes, celles-ci n’avaient pas encore trouvé de centre médical spécialisé adapté aux exigences du requérant. Or, les conditions de l’intéressé ne permettaient guère un renvoi ultérieur de la procédure. Se basant notamment sur un rapport médical établi le 3 novembre 2009 par le service sanitaire de la prison de Parme, le tribunal affirma que le requérant nécessitait un suivi intensif de kinésithérapie dans un centre spécialisé extérieur au milieu pénitentiaire, dans le but d’essayer de réhabiliter un état de santé particulièrement compromis.
17. Le 8 janvier 2010, le procureur de la République de Rome ordonna la mise en liberté du requérant jusqu’au 9 janvier 2011.
18. Ce même jour, le requérant fut libéré et transporté aux urgences de l’hôpital civil de Parme. Après avoir été visité, il fut transporté à la « Casa di Cura Valparma », un centre de soin conventionné par la sécurité sociale, où, le 19 février 2010, il fut examiné par un médecin orthopédiste. Dans son rapport, le médecin établit que l’état de santé du requérant ne permettait pas d’envisager une opération chirurgicale et soutint qu’un renforcement musculaire intensif des membres inférieurs s’imposait, dans le but d’améliorer la position assise dans la chaise roulante. L’expert recommanda l’hospitalisation du requérant dans un centre médical spécialisé pendant huit mois au moins dans le but d’obtenir un résultat durable.
19. Entre-temps, le 20 janvier 2010, la présidente de la deuxième section réexamina la requête à la lumière des développements de la procédure interne et décida de lever la mesure provisoire qu’elle avait indiquée le 11 décembre 2009.
20. Le 8 avril 2010, le requérant fut transféré à l’hôpital civil « San Secondo », à Fidenza.
21. Le 13 janvier 2011, le TAP de Bologne prorogea le placement à domicile du requérant, pour une période d’un an, près de l’hôpital civil « San Secondo ».
Le 22 décembre 2011, le TAP réitéra l’application de la mesure de la détention domiciliaire pour une période ultérieure d’un an, affirmant qu’il y avait lieu de confirmer l’incompatibilité entre l’état de santé du requérant et la détention carcérale.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
22. La suspension de l’exécution de la peine est prévue par l’article 147 § 1 alinéa 2 du code pénal, aux termes duquel
« L’exécution d’une peine peut être suspendue : (…)
2) si une peine privative de liberté doit être exécutée à l’encontre d’une personne se trouvant en condition d’infirmité physique grave (…). »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DE LA CONVENTION
23. Le requérant allègue que son maintien en détention à la prison de Parme a constitué un traitement inhumain et dégradant contraire à l’article 3 de la Convention, ainsi libellé :
« Nul ne peut être soumis à la torture ni à des peines ou traitements inhumains ou dégradants. »
24. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
25. Le Gouvernement affirme tout d’abord que la Cour devrait s’abstenir de décider la présente requête. Il considère que dans l’arrêt rendu dans le cadre de l’affaire no 50550/06 (Scoppola c. Italie, précité, du 10 juin 2008), la Cour avait renoncé à examiner les conditions de détention du requérant à la prison de Parme. Par conséquent, dans la mesure où la Cour pourrait parvenir à une solution conduisant à une contradiction avec sa décision antérieure, elle devrait éviter de se prononcer dans la présente requête et considérer l’opportunité de se dessaisir en faveur de la Grande Chambre.
26. En deuxième lieu, le Gouvernement soutient que le requérant n’a plus la qualité de victime requise par la Convention. Il estime que les démarches accomplies par les autorités nationales après l’introduction de la requête devant la Cour ont permis de parvenir à une solution satisfaisante pour le requérant, dès lors que rien ne justifie la poursuite de l’examen de l’affaire.
27. Le requérant n’a pas présenté d’observations sur ces questions.
28. S’agissant de la première exception soulevée par le Gouvernement, dans la mesure où elle mettrait en cause la compétence de la Cour à examiner la présente affaire, celle-ci rappelle tout d’abord qu’en vertu du paragraphe 2 de l’article 32, « (e)n cas de contestation sur le point de savoir si la Cour est compétente, la Cour décide » (Emre c. Suisse (no 2), no 5056/10, § 39, 11 octobre 2011).
Par ailleurs, la Cour observe qu’aucune résolution, même intermédiaire, n’a été adoptée par le Comité des Ministres dans le cadre de l’exécution dans l’affaire no 50550/06. Elle rappelle avoir déjà dit par le passé qu’elle n’empiète pas sur les compétences que le Comité des Ministres tire de l’article 46 lorsqu’elle connaît de faits nouveaux dans le cadre d’une nouvelle requête (Verein gegen Tierfabriken Schweiz (VgT) c. Suisse (no 2) [GC], no 32772/02, §§ 66 et suiv, CEDH 2009 ; Emre c. Suisse, précité, § 39).
29. En l’espèce, afin de déterminer si l’on est en présence d’une nouvelle requête qui se distingue essentiellement, au sens de la jurisprudence précitée, de la première, il importe de souligner que l’arrêt de la Cour du 10 juin 2008 concernait les conditions de détention du requérant à la prison de Regina Cœli à Rome, à la lumière des informations qui lui étaient disponibles au moment de la décision et sur la base des allégations soulevées par le requérant. Dans son arrêt de 2008, la Cour releva « ne pas disposer, [à l’époque], d’éléments suffisants pour se prononcer (…), sur les conditions de la détention du requérant à Parme » (voir paragraphe 51 de l’arrêt du 10 juin 2008). Cette constatation ne saurait être assimilée, comme l’affirme le Gouvernement, à une renonciation de la Cour à examiner la suite de la détention du requérant.
30. A la suite de cet arrêt, le requérant saisit le tribunal d’application des peines de Bologne, compétent ratione loci, afin de se plaindre de sa détention à la prison de Parme, où il affirmait que son état s’était ultérieurement dégradé faute d’un suivi approprié à ses pathologies. Dans le cadre de cette nouvelle procédure, le tribunal se prononça à plusieurs reprises et accueillit le recours du requérant s’appuyant sur les rapports médicaux établis par les médecins de la prison en question.
31. Les considérations qui précèdent permettent à la Cour de conclure que les faits objet de la présente requête constituent des faits nouveaux susceptibles de donner lieu à une nouvelle atteinte de l’article 3, pour l’examen de laquelle la Cour est compétente. Il s’ensuit que la première exception du Gouvernement ne saurait être retenue.
32. S’agissant de l’exception concernant le défaut de la qualité de victime du requérant, la Cour estime que la question soulevée est étroitement liée à celles qu’elle devra aborder lors de l’examen du bien-fondé de la requête. Il convient dès lors de joindre cette question à l’examen du fond.
33. La Cour constate que la requête n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 (a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
34. Le requérant soutient que le caractère inhumain et dégradant de sa détention dans la prison de Parme a été constaté par les juges de l’application des peine de Bologne. Par les ordonnances des 4 août, 24 septembre, 17 novembre, 3 décembre, 24 décembre 2009 et 7 janvier 2010, les magistrats d’application des peines n’ont pas cessé d’affirmer l’incompatibilité de son état de santé avec la détention dans un établissement pénitentiaire et de recommander son placement dans une structure extérieure au milieu carcéral.
35. Par ailleurs, les juridictions nationales étaient déjà parvenues à cette conclusion quelques années auparavant, lorsque, le 21 juin 2006, le TAP de Rome avait ordonné son placement à domicile en raison de son état de santé, jugé incompatible avec la détention en milieu pénitentiaire. Cette circonstance, examinée par la Cour dans le cadre de la requête no 50550/06, ne fait que rendre encore plus lourd le bilan de sa détention.
Or, en dépit de ces multiples rappels des autorités judiciaires, réitérés au fil des années, il n’a pu quitter le milieu pénitentiaire que le 7 janvier 2010.
36. Le requérant affirme avoir été obligé de passer toutes ses journées au lit, incapable d’accomplir le moindre geste et de gérer ses exigences physiologiques de façon autonome. Son état de santé, nécessitant une assistance médicale spécialisée continue, n’est compatible avec la détention en aucun établissement pénitentiaire, y compris celui de Parme.
En outre, le requérant affirme avoir refusé l’hospitalisation dans l’hôpital civil de cette même ville, le 24 décembre 2009, puisque les services fournis par un hôpital civil ordinaire ne sont pas non plus en mesure de prendre en charge une situation telle que la sienne. De plus, cette hospitalisation avait été envisagée par le magistrat de l’application des peines seulement comme une mesure temporaire, afin de pallier à l’inertie de l’administration.
37. Le requérant considère que la seule raison ayant empêché son prompt transfèrement dans une structure adéquate est la lenteur de l’administration, aucune responsabilité ne pouvant être imputé à son propre comportement.
38. En conclusion, le requérant estime avoir été victime d’un traitement contraire à l’article 3 de la Convention.
39. Le Gouvernement fait valoir tout d’abord que l’état de santé du requérant ne lui a pas empêché, en 1999, alors qu’il était déjà âgé de soixante ans, de commettre des délits extrêmement graves et d’infliger de mauvais traitements aux membres de sa famille.
40. Quoi qu’il en soit, il considère que les autorités compétentes ont mis en œuvre toutes les mesures possibles et nécessaires pour garantir au requérant des conditions de vie compatibles avec l’article 3 de la Convention et pour lui prodiguer les soins dont il avait besoin. En effet, il fut d’abord transféré dans un établissement pénitentiaire hautement spécialisé, à savoir la prison de Parme, puis obtint la suspension de l’exécution de sa peine.
41. Le Gouvernement fait valoir que le pénitencier de Parme est la meilleure structure dans son genre existant en Italie, dotée d’un centre clinique en mesure d’administrer des soins spécialisés de haut niveau. Il affirme que de fortes sommes ont été dépensées pour faire fonctionner ce centre, qui accueille de nombreux détenus souffrants de pathologies diverses.
42. Concernant en particulier le traitement réservé au requérant au cours du second semestre 2009, le Gouvernement soutient que celui-ci, placé au sein de la section pour paraplégiques, bénéficia de plusieurs visites médicales spécialisées, ainsi que de séances régulières de physiothérapies, et fut hospitalisé deux fois dans le but d’effectuer des examens. En outre, un codétenu fut recruté par l’administration pénitentiaire pour aider le requérant dans l’exercice de ses activités.
43. Certes, dans un deuxième temps cette structure fut considérée comme n’étant pas complètement adaptée aux conditions du requérant, si bien que des soins prodigués dans une structure extérieure auraient été probablement plus efficaces. Cependant, ce constat ne saurait impliquer que la détention à Parme a été contraire à l’article 3 de la Convention et que le requérant a fait l’objet de traitements inhumains ou dégradants.
44. En outre, le Gouvernement est d’avis que le comportement du requérant a sérieusement entravé les efforts des autorités de trouver une solution adéquate. A ce propos, il attire l’attention de la Cour sur le refus opposé par celui-ci, le 24 décembre 2009, à son hospitalisation dans l’hôpital civil de Parme. Si ce refus n’explique pas entièrement les difficultés rencontrées par les autorités compétentes pour transférer le requérant dans un centre médical spécialisé, il démontre néanmoins l’attitude négative et peu collaborative de l’intéressé.
45. Ainsi, le Gouvernement fait valoir que le retard mis par les autorités pour trouver un centre d’accueil pour le requérant a été dû à différents facteurs : la difficulté de repérer un lieu où le requérant puisse bénéficier de soins d’un niveau supérieur à ceux prodigués à Parme ; la complexité des pathologies à traiter ; l’absence de collaboration de l’intéressé.
2. Appréciation de la Cour
(a) Principes généraux
46. Pour qu’une peine et le traitement dont elle s’accompagne puissent être qualifiés d’« inhumains » ou de « dégradants », la souffrance ou l’humiliation doivent en tout cas aller au-delà de celles que comporte inévitablement une forme donnée de traitement ou de peine légitimes (Jalloh c. Allemagne [GC], no 54810/00, § 68, 11 juillet 2006).
47. S’agissant en particulier de personnes privées de liberté, l’article 3 impose à l’Etat l’obligation positive de s’assurer que tout prisonnier est détenu dans des conditions compatibles avec le respect de la dignité humaine, que les modalités d’exécution de la mesure ne soumettent pas l’intéressé à une détresse ou une épreuve d’une intensité qui excède le niveau inévitable de souffrance inhérent à la détention et que, eu égard aux exigences pratiques de l’emprisonnement, la santé et le bien-être du prisonnier sont assurés de manière adéquate, notamment par l’administration des soins médicaux requis (Kudła c. Pologne [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI, et Riviere c. France, no 33834/03, § 62, 11 juillet 2006). Ainsi, le manque de soins médicaux appropriés, et, plus généralement, la détention d’une personne malade dans des conditions inadéquates, peut en principe constituer un traitement contraire à l’article 3 (voir, par exemple, İlhan c. Turquie [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII). Outre la santé du prisonnier, c’est son bien-être qui doit être assuré d’une manière adéquate (Mouisel c. France, no 67263/01, § 40, CEDH 2002 IX).
48. Les conditions de détention d’une personne malade doivent garantir la protection de sa santé, eu égard aux contingences ordinaires et raisonnables de l’emprisonnement. Si l’on ne peut en déduire une obligation générale de remettre en liberté ou bien de transférer dans un hôpital civil un détenu, même si ce dernier souffre d’une maladie particulièrement difficile à soigner (Mouisel, précité, § 40), l’article 3 de la Convention impose en tout cas à l’État de protéger l’intégrité physique des personnes privées de liberté. La Cour ne saurait exclure que, dans des conditions particulièrement graves, l’on puisse se trouver en présence de situations où une bonne administration de la justice pénale exige que des mesures de nature humanitaire soient prises pour y parer (Matencio c. France, no 58749/00, § 76,15 janvier 2004, et Sakkopoulos c. Grèce, no 61828/00, § 38, 15 janvier 2004).
49. En appliquant les principes susmentionnés, la Cour a déjà conclu que le maintien en détention pour une période prolongée d’une personne d’un âge avancé, et de surcroît malade, peut entrer dans le champ de protection de l’article 3 (Papon c. France (no 1) (déc.), no 64666/01, CEDH 2001-VI ; Sawoniuk c. Royaume-Uni (déc.), no 63716/00, CEDH 2001-VI, et Priebke c. Italie (déc.), no 48799/99, 5 avril 2001). De plus, la Cour a jugé que maintenir en détention une personne tétraplégique, dans des conditions inadaptées à son état de santé, était constitutif d’un traitement dégradant (Price c. Royaume-Uni, no 33394/96, § 30, CEDH 2001 VII). Elle a aussi considéré que certains traitements peuvent enfreindre l’article 3 du fait qu’ils sont infligés à une personne souffrant de troubles mentaux (Keenan c. Royaume-Uni, no 27229/95, §§ 111-115, CEDH 2001-III). Cela étant, la Cour doit tenir compte, notamment, de trois éléments afin d’examiner la compatibilité d’un état de santé préoccupant avec le maintien en détention du requérant, à savoir : a) la condition du détenu, b) la qualité des soins dispensés et c) l’opportunité de maintenir la détention au vu de l’état de santé du requérant (Sakkopoulos, précité, § 39).
(b) Application de ces principes au cas d’espèce
50. La Cour observe que la prison de Parme est dotée d’un centre clinique et d’une section pour handicapés, ce qui fait d’elle une structure pénitentiaire adaptée aux exigences des détenus atteints de pathologies dégénératives. Dans son arrêt du 10 juin 2008, la Cour avait salué le choix des autorités nationales de transférer le requérant dans cet établissement, compte tenu de l’impossibilité de le placer en détention à domicile (voir arrêt Scoppola, précité, § 49).
51. Cependant, force est de constater que cette structure s’est rapidement relevée inadaptée pour prendre en charge de façon adéquate le requérant, dont l’état de santé est particulièrement grave. La Cour rappelle que le requérant, qui n’a plus marché depuis 1987 et a subi, en avril 2006, une fracture du fémur, ne peut se déplacer qu’en fauteuil roulant. Il manque de toute autonomie et est contraint de passer toutes ses journées au lit. Âgé de 72 ans, il souffre de pathologies cardiaques et du métabolisme, de diabète, d’un affaiblissement de sa masse musculaire empêchant la position assise, d’hypertrophie de la prostate et de dépression.
52. Ainsi, l’incompatibilité de la détention du requérant dans la prison de Parme avec son état de santé a été affirmée à plusieurs reprises par les juges de l’application des peines, lesquels se sont appuyés sur les conclusions des médecins de la prison.
53. Le 4 août 2009, le TAP de Bologne ordonna le placement du requérant dans un milieu extérieur à la prison. Selon la Cour, c’est à compter de cette date au moins que les autorités compétentes auraient dû tout mettre en œuvre pour garantir au requérant le placement dans un environnement idoine garantissant un suivi médical approprié. Or, malgré plusieurs sollicitations du tribunal (voir paragraphes 11-14 ci-dessus), et en dépit de l’indication d’une mesure provisoire de la part de la Cour (voir paragraphe 13 ci-dessus), celles-ci n’ont pas été en mesure de trouver un lieu d’accueil qui garantisse la santé et le bien-être du requérant. Ce n’est que le 7 janvier 2010 que le requérant quitta le milieu pénitentiaire, le TAP ayant décidé en dernier ressort d’ordonner la suspension de l’exécution de la peine du requérant afin de permettre son placement à domicile dans un environnement hospitalier spécialisé.
54. La Cour ne sous-estime pas les difficultés liées à la prise en charge de détenus atteints de pathologies telles que celles souffertes par le requérant. Néanmoins, elle considère que les raisons avancées par le Gouvernement pour justifier le maintien du requérant dans la prison de Parme dans des conditions portant atteinte à sa dignité humaine pendant plusieurs mois en dépit des avis contraires des experts et des juges de l’application des peines, ne sauraient ni dispenser l’Italie de ses obligations face aux détenus malades ni être imputées au comportement de l’intéressé.
55. A ce dernier égard, concernant notamment le refus du requérant d’être transféré a l’hôpital civil de Parme, il est difficile pour la Cour de concevoir que ce refus ait été en mesure, en lui-même, d’entraver les efforts des autorités de trouver une structure adéquate. Il suffit à ce propos d’observer que ladite hospitalisation avait été envisagée par le TAP à titre provisoire, dans l’attente que le service sanitaire national trouve une solution définitive convenable, et dans le but de sortir d’une impasse installée depuis plusieurs mois.
56. En l’espèce, rien ne prouve l’existence d’une intention d’humilier ou de rabaisser le requérant. Cependant, s’agissant de l’obligation positive de l’État de protéger la santé des prisonniers de manière adéquate, qui comporte également une obligation de célérité, l’intentionnalité du comportement reproché à l’État défendeur ne saurait constituer un élément décisif. Ainsi, s’il convient de prendre en compte la question de savoir si le but du traitement était d’humilier ou de rabaisser la victime, l’absence d’un tel but ne saurait exclure de façon définitive le constat de violation de l’article 3 (voir, parmi d’autres, Peers c. Grèce, no 28524/95, § 74, CEDH 2001 III).
57. La Cour estime que la continuation du séjour du requérant au pénitencier de Parme dans les circonstances mentionnées plus haut n’a pu que le placer dans une situation susceptible de susciter, chez lui, des sentiments constants d’angoisse suffisamment forts pour constituer un « traitement inhumain ou dégradant », au sens de l’article 3 de la Convention. De surcroît, bien que la Cour soit appelée dans le cadre de la présente requête à se prononcer exclusivement sur la détention du requérant à Parme, elle ne saurait ignorer le fait que le requérant avait déjà été détenu dans des conditions jugées incompatibles avec la Convention. Cette circonstance n’a pu qu’aggraver ultérieurement le sentiment d’angoisse éprouvé par le requérant.
58. Compte tenu des éléments ci-dessus, la Cour estime que l’exception du Gouvernement tirée du défaut de la qualité de victime du requérant doit être rejetée et conclut qu’il y a eu violation de l’article 3 de la Convention en raison du traitement inhumain et dégradant subi par le requérant.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
59. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
60. Il réclame 9 333 euros (EUR) au titre du préjudice moral qu’il aurait subi du fait d’avoir été détenu dans des mauvaises conditions de détention à la prison de Parme.
61. Le Gouvernement s’y oppose.
62. La Cour considère le requérant a subi un tort moral certain. Statuant en équité, elle décide d’octroyer au requérant la somme réclamée à ce titre.
B. Frais et dépens
63. Justificatif à l’appui, le requérant demande également 9 988 EUR pour l’ensemble des frais et dépens engagés devant les juridictions internes et devant la Cour.
64. Le Gouvernement n’a pas présenté d’observations sur ce point.
65. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 6 000 EUR tous frais confondus et l’accorde au requérant.
C. Intérêts moratoires
66. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Joint au fond l’exception préliminaire du Gouvernement concernant le défaut de la qualité de victime du requérant et la rejette ;

2. Déclare la requête recevable ;

3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 3 de la Convention ;

4. Dit
a) que l’État défendeur doit verser au requérant, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes :
i) 9 333 EUR (neuf mille trois cent trente-trois euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral ;
ii) 6 000 EUR (six mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par le requérant, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 17 juillet 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Stanley Naismith Françoise Tulkens
Greffier Présidente

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