Conclusione: Violazione dell’articolo 3 – Interdizione della tortura, Articolo 3 Trattamento degradante – Trattamento disumano, (Risvolto patrimoniale,
SECONDA SEZIONE
CAUSA SCOPPOLA C. Italia (No 4)
( Richiesta no 65050/09)
SENTENZA
STRASBURGO
17 luglio 2012
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Scoppola c. Italia (no 4),
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa,
Dragoljub Popović,
Isabelle Berro-Lefèvre,
András Sajó,
Guido Raimondi,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, juges,et
di Stanley Naismith, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 26 giugno 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 65050/09) diretta contro la Repubblica italiana e di cui un cittadino di questo Stato, OMISSIS (“il richiedente”), ha investito la Corte il 10 dicembre 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da OMISSIS, avvocato a Roma. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, Io E. Spatafora.
3. Il richiedente adduce che la sua detenzione nel penitenziario di Parma è stata incompatibile col suo stato di salute.
4. Il 20 settembre 2010, la richiesta è stata comunicata al Governo. Siccome lo permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
5. Il richiedente è nato in 1940. Vecchio di settantadue anni, soffre di patologie cardiache e del metabolismo, di diabete, di un indebolimento della sua massa muscolare aggravata da una frattura del femore subito nel 2006, di ipertrofia della prostata e di depressione. Si sposta con la sedia a rotelle dal 1987.
6. Nel settembre 1999, al termine di una disputa coi suoi bambini, il richiedente uccise sua moglie e ferì uno dei suoi bambini. Nel gennaio 2002, fu condannato alla reclusione con la corte di basi di appello di Roma in perpetuo e collocato in detenzione nella prigione di Regina Cœli a Roma.
7. Durante la sua detenzione, il richiedente fu ricoverato a più riprese in ragione del suo stato di salute, giudicata incompatibile con la detenzione con le autorità nazionali competenti. Con un’ordinanza del 16 giugno 2006, il tribunale di applicazione delle pene di Roma accordò al richiedente la detenzione a domicilio affinché possa ricevere le cure adeguate. Mancanza di trovare un domicilio adattato, suddetta ordinanza fu revocata il 8 settembre 2006 e, il 23 settembre 2007, il richiedente fu trasferito al penitenziario di Parma che disponeva, secondo la direzione generale per i detenuti del ministero della Giustizia, di strutture adattate alle esigenze delle persone handicappate.
8. Le condizioni di detenzione del richiedente sono state oggetto della richiesta no 50550/06, Scoppola c. Italia, no 50550/06, 10 giugno 2008 nella quale la Corte conclude che c’era stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione del mantenimento in detenzione del richiedente nel penitenziario di Regina Cœli malgrado il suo stato di salute. Nella sua sentenza, la Corte rilevò in particolare che:
“49. La Corte non saprebbe ignorare gli sforzi esposti dalle autorità interne che hanno posto il richiedente in un penitenziario che dispone di un centro clinico e di mezzi per eliminare gli ostacoli architettonici, a sapere quello di Parma. Peraltro, alla prigione di Roma-Regina Coeli il richiedente è stato sottomesso ai numerosi esami medici, mirando a trattare le sue patologie dal metabolismo, e ha beneficiato di sedute di cinesiterapia. Però, la mancanza, nel capo delle autorità nazionali, di una volontà di umiliare o di abbassare l’interessato non esclude definitivamente una constatazione di violazione dell’articolo 3; questa disposizione può essere infranta anche bene da un’inoperosità o una mancanza di zelo da parte delle autorità pubbliche.
50. Nello specifico, l’esigenza, sottolineata dal tribunale di applicazione delle pene di Roma, di porre il richiedente all’infuori dell’ambiente carcerario è restata lettera morta per le ragioni che non saprebbero essere imputate all’interessato. Agli occhi della Corte, nelle circostanze come queste della presente causa, una volta stabilita che il tentativo di porre il richiedente in detenzione a domicilio non poteva arrivare, apparteneva alle autorità di affrettarsi per soddisfare all’obbligo che è la loro di garantire delle condizioni di privazione di libertà conformi alla dignità umana. In particolare, il richiedente che non può essere curato al suo domicilio e nessuna struttura di accoglimento idoneo non essendo preparato a prenderlo incaricati, lo stato avrebbe dovuto o trasferire senza termine l’interessato in una prigione più meglio attrezzata per escludere ogni rischio di trattamenti disumani, o sospendere l’esecuzione di una pena che si analizzava oramai in trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione. Però, nella sua decisione che revoca la misura di detenzione a domicilio del richiedente, il tribunale di applicazione delle pene di Roma non ha preso in considerazione questa ultima possibilità che, secondo le disposizioni interne pertinenti, sarebbe potuto essere esaminata anche di ufficio.
51. Conformemente a ciò che precede, il richiedente ha continuato ad essere detenuto nel penitenziario di Roma. È solamente il 23 settembre 2007, o più di un anno dopo la data alla quale il tribunale di applicazione delle pene aveva constatato l’impossibilità di detenere il richiedente a domicilio che questo ultimo è stato trasferito in un’altra prigione, quella di Parma, dotata di strutture che, secondo il ministero della Giustizia, possono fare fronte alle difficoltà di mobilità del condannato. La Corte stima di non disporre, ora, di elementi sufficienti per pronunciarsi sulla qualità di queste strutture o, più in generale, sulle condizioni della detenzione del richiedente a Parma. Si limita ad osservare che la continuazione del suo soggiorno al penitenziario di Regina Coeli nelle circostanze menzionate più alto ha potuto solamente porrlo in una situazione suscettibile di suscitare, a casa lui, dei sentimenti consolidati di angoscia, di inferiorità e di umiliazione sufficientemente forte per costituire un “trattamento disumano o degradante”, al senso dell’articolo 3 della Convenzione. Le spiegazioni date dal Governo per giustificare il ritardo nel trasferimento al penitenziario di Parma-a sapere, che non era opportuno interrompere le terapie in corso alla prigione di Regina Coeli-, non saprebbero giustificare il mantenimento di un detenuto nelle condizioni che recano offesa alla sua dignità umana. “
9. La presente richiesta riguarda le condizioni di detenzione del richiedente posteriore al suo trasferimento alla prigione di Parma che ebbe luogo il 23 settembre 2007.
10. Ad una data che non è stata precisata, il richiedente presentò dinnanzi al tribunale di applicazione delle pene (TAP) di Bologna una domanda che prevede la sospensione dell’esecuzione della sua pena o, a difetto, il collocamento a domicilio, per ragioni di salute. Affermava che il suo stato di salute si era degradato ulteriormente nella prigione di Parma, dove era costretto di passare a letto le sue giornate.
11. All’udienza del 4 agosto 2009, il tribunale emise un’ordinanza provvisoria. Sostenendo in particolare su un rapporto medico invalso coi medici della prigione di Parma secondo che il richiedente soffriva di incidi patologia degenerativa, il tribunale sostenne che il trasferimento del richiedente in un centro medico esterno era estremamente urgente e sollecitò il Servizio Sanitario Nazionale, così come tutte le autorità competenti, a trovare una soluzione adattata allo stato del richiedente.
12. In seguito, il TAP rinviò la causa a tre riprese, il 24 settembre, 17 novembre, e 3 dicembre 2009, che sollecitano le autorità sanitarie di dare seguito alla sua ordinanza provvisoria del 4 agosto e di trovare un centro medico specializzato al seno del quale porre il richiedente.
13. Il 11 dicembre 2009, alla domanda dell’interessato, la presidentessa della seconda sezione decise di indicare al governo italiano, in applicazione dell’articolo 39 dell’ordinamento della Corte, che era augurabile, nell’interesse delle parti e del buono svolgimento del procedimento dinnanzi alla Corte, di trasferire di emergenza il richiedente in una struttura adeguata al suo stato di salute, per escludere ogni rischio di trattamenti disumani e degradanti.
14. Il 24 dicembre 2009, il magistrato dell’applicazione delle pene, rilevando che le condizioni del richiedente non permettevano di aspettare ulteriormente la conclusione del procedimento dinnanzi al TAP di cui l’udienza era stata fissata al 7 gennaio 2010, ordinò che l’interessato fu posto nell’ospedale civile di Parma in attesa che il Servizio Sanitario trova un luogo di accoglimento disponibile che risponde ai criteri fissati nell’ordinanza del 4 agosto 2009.
15. Lo stesso giorno, il Sig. Scoppola rifiutò di essere ricoverato nell’ospedale civile di Parma, adducendo che questa struttura non era adattata al suo stato di salute.
16. Con un’ordinanza del 7 gennaio 2010, il tribunale di applicazione delle pene, facendo applicazione dell’articolo 147 § 1 del codice penale, ordinò la sospensione dell’esecuzione della pena del richiedente per un periodo di un anno ed il suo collocamento a domicilio in una struttura specializzata. Il tribunale constatò che, malgrado le numerose sollecitazioni indirizzate alle autorità sanitarie competenti, queste non avevano trovato ancora di centro medico specializzato adattato alle esigenze del richiedente. Ora, le condizioni dell’interessato non permettevano un rinvio ulteriore del procedimento. Basandosi in particolare su un rapporto medico invalso il 3 novembre 2009 col servizio sanitario della prigione di Parma, il tribunale affermò che il richiedente necessitava un seguito intensivo di cinesiterapia in un centro specializzato esterno all’ambiente penitenziario, nello scopo di provare a riabilitare un stato di salute particolarmente compromessa.
17. Il 8 gennaio 2010, il procuratore della Repubblica di Roma ordinò il collocamento in libertà del richiedente fino al 9 gennaio 2011.
18. Questo stesso giorno, il richiedente fu liberato e trasportato alle emergenze dell’ospedale civile di Parma. Dopo essere stato visitato, fu trasportato alla “Sistemò di Pulì Valparma”, un centro di cura convenzionata dalla sicurezza sociale, dove, il 19 febbraio 2010, fu esaminato da un medico ortopedico. Nel suo rapporto, il medico stabilisce che lo stato di salute del richiedente non permetteva di prevedere un’operazione chirurgica e sostenne che un rafforzamento muscolare intensivo dei membri inferiori si imporsi, nello scopo di migliorare la posizione si seduta nella sedia scorrevole. Il perito raccomandò almeno l’ospedalizzazione del richiedente in un centro medico specializzato durante otto mesi nello scopo di ottenere un risultato duraturo.
19. Nel frattempo, la presidentessa della seconda sezione riesaminò la richiesta alla luce degli sviluppi del procedimento interno il 20 gennaio 2010, e decise di togliere la misura provvisoria che aveva indicato il 11 dicembre 2009.
20. Il 8 aprile 2010, il richiedente fu trasferito all’ospedale civile “San Secondo”, a Fidenza.
21. Il 13 gennaio 2011, il TAP di Bologna prorogò il collocamento a domicilio del richiedente, per un periodo di un anno, vicino all’ospedale civile “San Secondo.”
Il 22 dicembre 2011, il TAP reiterò l’applicazione della misura della detenzione domiciliare per un periodo ulteriore di un anno, affermando che c’era luogo di confermare l’incompatibilità tra gli stati di salute del richiedente e la detenzione carceraria.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
22. La sospensione dell’esecuzione della pena è prevista dall’articolo 147 § 1 capoverso 2 del codice penale, ai termini del quale
“L’esecuzione di una pena può essere sospesa: (…)
2) se una pena privativa di libertà deve essere eseguita contro una persona che si trova in condizione di infermità fisica grave. “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DELLA CONVENZIONE
23. Il richiedente adduce che il suo mantenimento in detenzione alla prigione di Parma ha costituito un trattamento disumano e degradante contrario all’articolo 3 della Convenzione, così formulata,:
“Nessuno può essere sottomesso alla tortura né alle pene o trattamenti disumani o degradanti. “
24. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
25. Il Governo afferma innanzitutto che la Corte dovrebbe astenersi da decidere la presente richiesta. Considera che nella sentenza resa nella cornice della causa no 50550/06, Scoppola c. Italia, precitato, del 10 giugno 2008, la Corte aveva rinunciato ad esaminare le condizioni di detenzione del richiedente alla prigione di Parma. Di conseguenza, nella misura in cui la Corte potrebbe giungere ad una soluzione che conduce ad una contraddizione con la sua decisione anteriore, dovrebbe evitare di pronunciarsi nella presente richiesta e considerare l’opportunità di disfarsi in favore della Grande Camera.
26. In secondo luogo, il Governo sostiene che il richiedente non ha più la qualità di vittima richiesta dalla Convenzione. Stima che i passi compiuti dalle autorità nazionali dopo l’introduzione della richiesta dinnanzi alla Corte hanno permesso di giungere ad una soluzione soddisfacente per il richiedente, dal momento che niente giustifica il perseguimento dell’esame della causa.
27. Il richiedente non ha presentato di osservazioni su queste questioni.
28. Trattandosi della prima eccezione sollevata dal Governo, nella misura in cui metterebbe in causa la competenza della Corte ad esaminare la presente causa, questa ricorda innanzitutto che in virtù del paragrafo 2 dell’articolo 32, “, e)n caso di contestazione sul punto di sapere se la Corte è competente, la Corte decide”, Emre c. Svizzera (no 2), no 5056/10, § 39, 11 ottobre 2011.
Peraltro, la Corte osserva che nessuna risoluzione, anche intermedio, non è stata adottata dal Comitato dei Ministri nella cornice dell’esecuzione nella causa no 50550/06. Ricorda avere detto già in passato che non sconfina sulle competenze che il Comitato dei Ministri trae dall’articolo 46 quando conosce di fatti nuovi nella cornice di una nuova richiesta, Verein gegen Tierfabriken Schweiz (VgT, c,). Svizzera (no 2) [GC], no 32772/02, §§ 66 e suiv, CEDH 2009; Emre c. Svizzera, precitato, § 39.
29. Nello specifico, per determinare se si è in presenza di una nuova richiesta che si distingue essenzialmente, al senso della giurisprudenza precitata, della prima, importa di sottolineare che la sentenza della Corte del 10 giugno 2008 riguardava le condizioni di detenzione del richiedente alla prigione di Regina Cœli a Roma, alla luce delle informazione che gli erano disponibili al momento della decisione e sulla base delle affermazioni sollevate dal richiedente. Nella sua sentenza del 2008, la Corte rilevò non disporre, [all’epoca], di elementi sufficienti per pronunciarsi, sulle condizioni della detenzione del richiedente a Parma” (vedere paragrafo 51 della sentenza del 10 giugno 2008). Questa constatazione non saprebbe essere assimilata, siccome affermalo il Governo, ad una rinuncia della Corte ad esaminare il seguito della detenzione del richiedente.
30. In seguito a questa sentenza, il richiedente investe il tribunale di applicazione delle pene di Bologna, competente ratione loci, per lamentarsi della sua detenzione alla prigione di Parma, dove affermava che il suo stato si era degradato ulteriormente mancanza di un seguito appropriato alle sue patologie. Nella cornice di questo nuovo procedimento, il tribunale si pronunciò a più riprese ed accolse il ricorso del richiedente che si appella sui rapporti medici stabiliti dai medici della prigione in questione.
31. Le considerazioni che precedono permettono alla Corte di concludere che il fatti oggetto della presente richiesta costituisca dei fatti nuovi suscettibili di dare adito ad una notizia raggiunta dell’articolo 3, per l’esame della quale la Corte è competente. Segue che la prima eccezione del Governo non saprebbe essere considerata.
32. Trattandosi dell’eccezione concernente il difetto della qualità di vittima del richiedente, la Corte stima che la questione sollevata è legata strettamente a queste che dovrà abbordare all’epoca dell’esame della fondatezza della richiesta. Conviene quindi unire questa questione all’esame del merito.
33. La Corte constata che la richiesta non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
34. Il richiedente sostiene che il carattere disumano e degradante della sua detenzione nella prigione di Parma è stata constatata dai giudici dell’applicazione della pena di Bologna. Con le ordinanze del 4 agosto, 24 settembre, 17 novembre, 3 dicembre, 24 dicembre 2009 e 7 gennaio 2010, i magistrati di applicazione delle pene non hanno smesso di affermare l’incompatibilità del suo stato di salute con la detenzione in una determinazione penitenziaria e di raccomandare il suo collocamento in una struttura esterna all’ambiente carcerario.
35. Le giurisdizioni nazionali erano giunte peraltro, già prima a questa conclusione alcuni anni, quando, il 21 giugno 2006, il TAP di Roma aveva ordinato il suo collocamento a domicilio in ragione del suo stato di salute, giudicata incompatibile con la detenzione in ambiente penitenziario. Questa circostanza, esaminata dalla Corte nella cornice della richiesta no 50550/06, fatto rendere ancora più pesante solamente il bilancio della sua detenzione.
Ora, in dispetto di questi molteplici richiami delle autorità giudiziali, reiterati col passare degli anni, non ha potuto lasciare l’ambiente penitenziario che il 7 gennaio 2010.
36. Il richiedente afferma essere stato obbligato di passare a letto tutte le sue giornate, incapace di compiere il minimo gesto e di gestire le sue esigenze fisiologiche in modo autonome. Il suo stato di salute, necessitando che un’assistenza sanitaria specializzata, continua, non è compatibile con la detenzione in nessuna determinazione penitenziaria, ivi compreso quello di Parma.
Inoltre, il richiedente afferma avere rifiutato l’ospedalizzazione nell’ospedale civile di questa stessa città, il 24 dicembre 2009, poiché i servizi forniti da un ospedale civile ordinario non sono neanche in grado di prendere incaricati una situazione come la sua. Di più, questa ospedalizzazione era stata considerata solamente dal magistrato dell’applicazione delle pene come una misura temporanea, per palliare all’inerzia dell’amministrazione.
37. Il richiedente considera che la sola ragione avendo impedito il suo pronto trasferimento in una struttura adeguata è la lentezza dell’amministrazione, nessuna responsabilità che non può essere imputato al suo proprio comportamento.
38. In conclusione, il richiedente stima essere stato vittima di un trattamento contrario all’articolo 3 della Convenzione.
39. Il Governo fa valere innanzitutto che lo stato di salute del richiedente non gli ha impedito, nel 1999, mentre era già vecchio di vent’ anni, di commettere dei reati estremamente gravi e di infliggere dei cattivi trattamenti ai membri della sua famiglia.
40. Comunque sia, considera che le autorità competenti hanno messo in opera tutte le misure possibili e necessarie per garantire al richiedente delle condizioni di vita compatibile con l’articolo 3 della Convenzione e per prodigargli le cure di cui aveva bisogno. Difatti, fu di trasferito prima poi in una determinazione penitenziaria altamente specializzata, a sapere la prigione di Parma, ottenne la sospensione dell’esecuzione della sua pena.
41. Il Governo fa valere che il penitenziario di Parma è la migliore struttura nel suo genere esistente in Italia, dotata di un centro clinico in misura di amministrare delle cure specializzate di alto livello. Afferma che i forti pisolini sono stati spesi per fare funzionare questo centro che accoglie di numerosi detenuti sofferenti di patologie diverse.
42. Riguardando in particolare il trattamento riservato al richiedente durante il secondo semestre 2009, il Governo sostiene che questo, collocato in seno alla sezione per paraplegico, beneficiò di parecchie visite mediche specializzate, così come di sedute regolari di fisioterapie, e fu ricoverato due volte nello scopo di effettuare degli esami. Inoltre, un compagno di detenzione fu reclutato dall’amministrazione penitenziaria per aiutare il richiedente nell’esercizio delle sue attività.
43. Certo, in un secondo tempo questa struttura fu considerata come non essendo adattata completamente alle condizioni del richiedente, così che delle cure prodigate in una struttura esterna sarebbero state probabilmente più efficaci. Però, questa constatazione saprebbe implicare solamente la detenzione a Parma è stato contrario all’articolo 3 della Convenzione e che il richiedente è stato oggetto di trattamenti disumani o degradanti.
44. Inoltre, il Governo è di parere che il comportamento del richiedente ha ostacolato seriamente gli sforzi delle autorità di trovare una soluzione adeguata. A questo proposito, attira l’attenzione della Corte sul rifiuto opposto da questo, il 24 dicembre 2009, alla sua ospedalizzazione nell’ospedale civile di Parma. Se questo rifiuto non spiega interamente le difficoltà incontrate dalle autorità competenti per trasferire il richiedente in un centro medico specializzato, dimostra tuttavia l’atteggiamento negativo e poco collaborative dell’interessato.
45. Così, il Governo fa valere che il ritardo messo dalle autorità per trovare un centro di accoglimento per il richiedente è stato dovuto a differenti fattori: la difficoltà di segnare un luogo dove il richiedente possa beneficiare di cure di un livello superiore a quelli prodigato a Parma; la complessità delle patologie a trattare; la mancanza di collaborazione dell’interessato.
2. Valutazione della Corte
a) Principi generali
46. Affinché una pena ed il trattamento di cui si accompagna possano essere qualificati come “disumani” o “degradanti”, la sofferenza o l’umiliazione devono andare in ogni caso al di là di queste che comprendi inevitabilmente una forma data di trattamento o di pena legittima, Jalloh c. Germania [GC], no 54810/00, § 68, 11 luglio 2006.
47. Trattandosi in particolare di persone private di libertà, l’articolo 3 impone allo stato l’obbligo positivo di assicurarsi che ogni prigioniero sia detenuto nelle condizioni compatibili col rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongono l’interessato ad un sconforto o una prova di un’intensità che supera il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, avuto riguardo alle esigenze pratiche della detenzione, la salute ed il benessere del prigioniero sono garantiti in modo adeguata, in particolare con l’amministrazione delle cure mediche richieste, Kudła c. Polonia [GC], no 30210/96, § 94, CEDH 2000-XI, e Fiume c. Francia, no 33834/03, § 62, 11 luglio 2006. Così, la mancanza di cure mediche adeguate, e, più generalmente, la detenzione di una persona malata nelle condizioni inadeguate, può in principio costituire un trattamento contrario all’articolo 3 (vedere, per esempio, İlhan c. Turchia [GC], no 22277/93, § 87, CEDH 2000-VII. Oltre la salute del prigioniero, è il suo benessere che deve essere garantito di un modo adeguato, Mouisel c. Francia, no 67263/01, § 40, CEDH 2002-IX.
48. Le condizioni di detenzione di una persona malata devono garantire la protezione della sua salute, avuta riguardo alle contigenze ordinarie e ragionevoli della detenzione. Se il non si può dedurre un obbligo generale di rimettere in libertà o di trasferire in un ospedale civile un detenuto, anche se questo ultimo soffre di una malattia particolarmente difficile a curare (Mouisel, precitato, § 40, l’articolo 3 della Convenzione impone in ogni caso allo stato di proteggere l’integrità fisica delle persone private di libertà. La Corte saprebbe escludere solamente, nelle condizioni particolarmente gravi, si possa trovarsi in presenza di situazioni dove una buona amministrazione della giustizia penale esige che le misure di natura umanitaria siano prese per ornare, Matencio c. Francia, no 58749/00, § 76,15 gennaio 2004, e Sakkopoulos c. Grecia, no 61828/00, § 38, 15 gennaio 2004.
49. Applicando i principi suddetti, la Corte ha concluso già che il mantenimento in detenzione per un periodo prolungato di una persona di un’età avanzata, e per di più malata, può entrare nel campo di protezione dell’articolo 3, Papon c. Francia (no 1) (déc.), no 64666/01, CEDH 2001-VI; Sawoniuk c. Regno Unito, déc.), no 63716/00, CEDH 2001-VI, e Priebke c. Italia, déc.), no 48799/99, 5 aprile 2001. Di più, la Corte ha giudicato che mantenere in detenzione una persona tetraplegica, nelle condizioni inadatte al suo stato di salute, era costitutivo di un trattamento degradante, Price c. Regno Unito, no 33394/96, § 30, CEDH 2001-VII. Ha considerato anche che certi trattamenti possono infrangere l’articolo 3 per il fatto che sono inflitti ad una persona che soffre di agitazioni mentali, Keenan c. Regno Unito, no 27229/95, §§ 111-115, CEDH 2001-III. Ciò che è, la Corte deve tenere conto, in particolare, di tre elementi per esaminare la compatibilità di un stato di salute che preoccupa col mantenimento in detenzione del richiedente, e cioè: ha, la condizione del detenuto, b) la qualità delle cure dispensate e c, l’opportunità di mantenere la detenzione allo visto dello stato di salute del richiedente (Sakkopoulos, precitato, § 39.
(b) Applicazione di questi principi al caso di specie
50. La Corte osserva che la prigione di Parma è dotata di un centro clinico e di una sezione per handicappati, ciò che fa di lei una struttura penitenziaria adattata alle esigenze dei detenuti raggiunti di patologie degenerative. Nella sua sentenza del 10 giugno 2008, la Corte aveva accolto la scelta delle autorità nazionali di trasferire il richiedente in questa determinazione, tenuto conto dell’impossibilità di porrlo in detenzione a domicilio (vedere § 49 sentenza Scoppola, precitato,).
51. Però, forza è di constatare che questa struttura si è rialzata velocemente disadattata per prendere incaricati in modo adeguata il richiedente di cui lo stato di salute è particolarmente grave. La Corte ricorda che il richiedente che non ha camminato più dal 1987 e ha subito, nell’aprile 2006, una frattura del femore, non può spostarsi che in poltrona scorrevole. Manca di ogni autonomia e è costretto di passare a letto tutte le sue giornate. Vecchio di 72 anni, soffre di patologie cardiache e del metabolismo, di diabete, di un indebolimento della sua massa muscolare che impedisce la posizione seduta, di ipertrofia della prostata e di depressione.
52. L’incompatibilità della detenzione del richiedente nella prigione di Parma col suo stato di salute è stata affermata così, a più riprese dai giudici dell’applicazione delle pene che si sono appellate sui conclusioni dei medici della prigione.
53. Il 4 agosto 2009, il TAP di Bologna ordinò il collocamento del richiedente in un ambiente esterno alla prigione. Secondo la Corte, è a contare almeno di questa data che le autorità competenti avrebbero dovuto tutto mettere in opera per garantire al richiedente il collocamento in un ambiente idoneo che garantisce un seguito medico appropriato. Ora, malgrado parecchie sollecitazioni del tribunale (vedere sopra paragrafi 11-14), ed in dispetto dell’indicazione di una misura provvisoria da parte della Corte (vedere sopra paragrafo 13), queste non sono state in grado di trovare un luogo di accoglimento che garantisse la salute ed il benessere del richiedente. È solamente il 7 gennaio 2010 che il richiedente lasciò l’ambiente penitenziario, il TAP avendo deciso in ultima istanza di ordinare la sospensione dell’esecuzione della pena del richiedente per permettere il suo collocamento a domicilio in un ambiente ospedaliero specializzato.
54. La Corte non sottovaluta le difficoltà legate alla presa incaricata di detenuti raggiunti di patologie come queste sofferto dal richiedente. Tuttavia, considera che le ragioni avanzate dal Governo per giustificare il mantenimento del richiedente nella prigione di Parma nelle condizioni che recano offesa alla sua dignità umana durante parecchi mesi in dispetto dei pareri contrari dei periti e dei giudici dell’applicazione delle pene, non saprebbero né dispensare l’Italia della sua obblighi faccia ai detenuti malati né essere imputate al comportamento dell’interessato.
55. A questo ultimo riguardo, concernente in particolare il rifiuto del richiedente di essere trasferito ha l’ospedale civile di Parma, è difficile per la Corte concepire che questo rifiuto sia stato in grado, in sé, di ostacolare gli sforzi delle autorità di trovare una struttura adeguata. Basta a questo proposito osservare che suddetta ospedalizzazione era stata prevista provvisoriamente dal TAP, nell’attesa che il servizio sanitario nazionale trova una soluzione definitiva adatta, e nello scopo di uscire da un vicolo cieco installato da parecchi mesi.
56. Nello specifico, niente prova l’esistenza di un’intenzione di umiliare o di abbassare il richiedente. Però, trattandosi dell’obbligo positivo dello stato di proteggere la salute dei prigionieri in modo adeguati che comprende anche un obbligo di celerità, l’intenzionalità del comportamento rimproverato allo stato convenuto non saprebbe costituire un elemento decisivo. Così, se conviene prendere in conto la questione di sapere se lo scopo del trattamento era di umiliare o di abbassare la vittima, la mancanza di un tale scopo non saprebbe escludere in modo definitiva la constatazione di violazione dell’articolo 3 (vedere, tra altri, Peers c. Grecia, no 28524/95, § 74, CEDH 2001-III.
57. La Corte stima che la continuazione del soggiorno del richiedente al penitenziario di Parma nelle circostanze menzionate più alto ha potuto solamente porrlo in una situazione suscettibile di suscitare, a casa lui, dei sentimenti consolidati di angoscia sufficientemente forte per costituire un “trattamento disumano o degradante”, al senso dell’articolo 3 della Convenzione. Per di più, sebbene la Corte sia chiamata nella cornice della presente richiesta a pronunciarsi esclusivamente sulla detenzione del richiedente a Parma, non saprebbe ignorare il fatto che il richiedente era stato detenuto già nelle condizioni giudicate incompatibili con la Convenzione. Questa circostanza ha potuto aggravare solamente ulteriormente il sentimento di angoscia provata col richiedente.
58. Tenuto conto degli elementi sopra, la Corte stima che l’eccezione del Governo derivato del difetto della qualità di vittima del richiedente deve essere respinta e conclude che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione in ragione del trattamento disumano e degradante subito dal richiedente.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
59. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
60. Richiede 9 333 euro (EUR) a titolo del danno giuridico che avrebbe subito a causa di essere stato detenuto nelle cattive condizioni di detenzione alla prigione di Parma.
61. Il Governo si oppone.
62. La Corte considera il richiedente ha subito un torto giuridico certo. Deliberando in equità, decide di concedere al richiedente l’intimo richiesta a questo titolo.
B. Oneri e spese
63. Giustificativo all’appoggio, il richiedente chiede anche 9 988 EUR per l’insieme degli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte.
64. Il Governo non ha presentato di osservazioni su questo punto.
65. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente non può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese che nella misura in cui si trovano stabilisco la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevoli del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto dei documenti nel suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole l’intimo di 6 000 EUR ogni onere confuso e l’accordo al richiedente.
C. Interessi moratori
66. La Corte giudica appropriata di ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti di percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Unito al merito l’eccezione preliminare del Governo concernente il difetto della qualità di vittima del richiedente e la respinge;
2. Dichiara la richiesta ammissibile;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare del giorno dove la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, il seguente somme:
i, 9 333 EUR, novemila tre cento trentatre euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale,;
ii, 6 000 EUR, seimila euro, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal richiedente, per oneri e spese,;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 17 luglio 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Stanley Naismith Francesca Tulkens
Cancelliere Presidentessa