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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SC ALEDANI SRL c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 28874/04/2009
Stato: Romania
Data: 2009-05-26 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA SC ALEDANI SRL C. ROMANIA
( Richiesta no28874/04)
SENTENZA
STRASBURGO
26 maggio 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa SC Aledani SRL c. Romania,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura-Sandström, Corneliu Bîrsan, Boštjan il Sig. Zupančič, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Luccichi López Guerra, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 5 maggio 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data,:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 28874/04) diretta contro la Romania e in cui una società commerciale di dritto rumeno (“il richiedente”), ha investito la Corte l’ 11 luglio 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 4 settembre 2006, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. Il richiedente, la società a responsabilità limitata (SRL) A., è una società commerciale rumena la cui sede si trova a Ploieşti. È rappresentata dinnanzi alla Corte dal suo amministratore, il Sig. A. D..
5. Il richiedente acquisì all’epoca del processo di privatizzazione un edificio a destinazione tecnica, ubicato su un terreno di 575 m² delimitati da dei muri, confinante con un altro terreno appartnenete alla società commerciale S.
6. In seguito a parecchie controversie tra il richiedente ed la società S., riguardanti la proprietà dell’edificio e del suddetto terreno, con un giudizio definitivo del 23 novembre 1998, il tribunale di prima istanza di Sinaia constatò il diritto di proprietà del richiedente sull’edificio e sui muri. Nella stessa occasione, il tribunale giudicò che il richiedente non era il proprietario del terreno su cui l’edificio era situato che apparteneva a S. in virtù di un titolo emesso nel 1995 dal ministero dell’agricoltura e dell’alimentazione.
7. Il 14 marzo 2000, il richiedente investì la corte di appello di Ploieşti di un’azione contro la società S. ed il consiglio comunale di Sinaia, per annullamento parziale del titolo fondiario rilasciato a S sul terreno dove si trovava il suo edificio.
8. Con una sentenza del 27 giugno 2000, la corte di appello accolse la sua istanza, stimandola ben-fondata. Respinse a priori un’eccezione di inammissibilità dell’azione del richiedente per tardività che aveva sollevato la parte convenuta S.
9. Con una sentenza definitiva del 25 ottobre 2002, la Corte suprema di giustizia respinse il ricorso che aveva introdotto S. contro la sentenza della corte di appello, che confermò, pure indicando che i primi giudici avevano stimato a buon diritto che l’azione del richiedente non era tardiva. Nella motivazione della sua sentenza, la Corte suprema di giustizia si appellò al giudizio del 23 novembre 1998, per constatare una nuova volta che il richiedente era unicamente proprietario dell’edificio e dei muri.
10. Il 1 ottobre 2003, il procuratore generale della Romania introdusse un ricorso per annullamento contro le sentenze del 27 giugno 2000 e del 25 ottobre 2002, adducendo che la domanda introduttiva di istanza del richiedente era tardiva e che, quindi, le giurisdizioni che avevano reso suddette sentenze avevano respinto in modo erroneo l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla società convenuta S.
11. Con una sentenza definitiva del 15 marzo 2004, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia fece diritto al ricorso del procuratore generale e respinse la domanda introduttiva di istanza del richiedente come tardiva.
12. Con una sentenza definitiva del 17 marzo 2005, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia respinse una querela penale per truffa introdotta da S. contro A.D. e D.M, due rappresentanti della società richiedente.
13. Con una sentenza definitiva del 17 ottobre 2005, la corte di appello di Ploiesti fece diritto ad un’azione introdotta da S. e constatò che il richiedente non era il proprietario del terreno controverso.

II. IL DIRITTO E LE PRATICA INTERNA PERTINENTI

14. Gli articoli pertinenti del codice di procedimento civile in vigore all’epoca dei fatti disponevano:
Articolo 330
“Il procuratore generale può, o d’ufficio, o su richiesta del ministro della giustizia, formare, dinnanzi alla Corte suprema di giustizia, un ricorso per annullamento contro una decisione definitiva ed irrevocabile per i seguenti motivi:
1. quando i tribunali hanno superato le loro competenze,
2. quando la decisione, oggetto del ricorso per annullamento, ha ignorato essenzialmente la legge, ciò che ha provocato una soluzione erronea sul merito della causa, o quando questa decisione è manifestamente mal fondata. “
Articolo 3301
“Nei casi contemplati ai §§ 1 e 2 dell’articolo 330, il ricorso per annullamento può essere formato entro un anno a partire dalla data in cui la decisione prevista è diventata definitiva ed irrevocabile. “
15. Gli articoli 330 e 3301 precitati sono stati abrogati dall’articolo I § 17 dell’ordinanza di emergenza del Governo no 58 del 25 giugno 2003.
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
16. Il richiedente si lamenta del fatto che l’annullamento della sentenza definitiva della Corte suprema di giustizia del 25 ottobre 2002 con la sentenza del 15 marzo 2004 dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia ha portato attentato al principio della sicurezza dei rapporti giuridici, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione che dispone:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile ”
A. Sull’ammissibilità
17. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Constata peraltro che questo non incontra nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararlo ammissibile.
B. Sul merito
18. Rinviando alle cause Sovtransavto Holding c. Ucraina (no 48553/99, CEDH 2002-VII), Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII) e Riabykh c. Russia (no 52854/99, CEDH 2003-IX) il Governo concede che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, l’ammissione di una via straordinaria di ricorso che rimette in causa una sentenza definitiva con un procedimento di supervisione è giudicata come un’incomprensione del principio della sicurezza dei rapporti giuridici.
19. Il Governo nota che la presente causa si distingue dalle cause SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Romania (no 22687/03) sentenza del 1 dicembre 2005, e Brumarescu precitata, nella misura in cui, nello specifico, la controversia opponeva degli individui che hanno ottenuto delle decisioni favorevoli e dove il ricorso per annullamento è stato formato su richiesta di una delle parti, e non di un’autorità dello stato.
20. Il Governo fa valere anche che il ricorso per annullamento aveva previsto nello specifico la protezione del principio di sicurezza dei rapporti giuridici, perché era stato introdotto per ovviare all’omissione delle giurisdizioni anteriori di prendere in conto la tardività dell’azione del richiedente.
21. Il richiedente contesta la tesi del Governo.
22. La Corte ricorda che il diritto ad un processo equo dinnanzi ad un tribunale, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, si deve interpretare alla luce del preambolo della Convenzione che enuncia la preminenza del diritto come elemento del patrimonio comune degli Stati contraenti. Uno degli elementi fondamentali della preminenza del diritto è il principio della sicurezza dei rapporti giuridici che vuole, tra l’altro, che la soluzione data in modo definitivo ad ogni controversia dai tribunali non venga più rimessa in causa (Brumarescu precitata, § 61,). In virtù di questo principio, nessuna parte è abilitata a sollecitare la supervisione di un giudizio definitivo ed esecutivo col solo fine di ottenere un riesame della causa ed una nuova decisione al suo motivo. La supervisione non deve diventare un appello travestito ed il semplice fatto che possano esistere due punti di vista sul motivo non è un motivo sufficiente per giudicare di nuovo una causa. Si può derogare a questo principio solo quando dei motivi sostanziali ed imperiosi lo esigono (Riabykh c. Russia, no 52854/99, § 52, CEDH 2003-IX).
23. La Corte nota che l’annullamento della decisione giudiziale definitiva era fondato unicamente sull’incomprensione addotta di un punto del procedimento da parte delle giurisdizioni ordinarie. Ora, questo argomento non è sufficiente per giustificare l’annullamento di una decisione definitiva, malgrado il fatto che gli individui erano parti anche al procedimento (vedere, tra molte altre, Raicu c. Romania, no 28104/03, § 25, 19 ottobre 2006 e Popea c. Romania, no 6248/03, §§ 33-37, 5 ottobre 2006)
24. Gli argomenti del Governo non sono suscettibili di portare la Corte a scostarsi dall’approccio seguito in altre cause similari, essendo la situazione di fatto sensibilmente la stessa (vedere particolarmente SC Maşinexportimport Industrial Group SA, Raicu e Popea precitate).
25. Questi elementi bastano alla Corte per concludere che l’annullamento con la Corte suprema di giustizia della sentenza definitiva del 25 ottobre 2002 ha infranto il principio della sicurezza dei rapporti giuridici, recando così offesa al diritto del richiedente ad un processo equo.
Di conseguenza, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 ALLA CONVENZIONE
26. Il richiedente denuncia una violazione del suo diritto al rispetto dei suoi beni, a causa dell’annullamento della sentenza definitiva del 25 ottobre 2002 da parte della Corte suprema di giustizia. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1, così formulato,:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
27. Il Governo solleva un’eccezione di inapplicabilità dell’articolo 1 del Protocollo no 1 alla Convenzione, stimando che il richiedente non ha né un “bene”, né una “speranza legittima”, relativamente al terreno in controversia.
28. Il Governo stima che la sentenza del 25 ottobre 2002 non conferisce al richiedente nessuno diritto, reale o di credito, sul terreno controverso. Il solo effetto della sentenza precitata consisterebbe nel fatto che il terreno è ritornato nel patrimonio dal municipio di Sinaia.
29. Il richiedente si oppone a questa tesi. Adduce che il procedimento amministrativo necessario per ottenere un titolo di proprietà sul terreno è stato reso impossibile in seguito all’attribuzione illegale del terreno a S., perché l’annullamento del titolo di questa ultima società era una tappa preliminare a ogni altro passo.
30. La Corte osserva che il diritto di proprietà del richiedente sul terreno in controversia non è provato da nessuno titolo e non è stato stabilito dalle decisioni di giustizia che hanno deciso su questo problema. Per questa ragione, e stimando di non potere speculare sulla conclusione di un eventuale passo amministrativo o di altra natura che avrebbe potuto seguire il richiedente per farsi rilasciare un titolo di proprietà, la Corte stima che questa non ha un “bene”, ai sensi della Convenzione, sul terreno in controversia.
31. Ne segue che il motivo di appello esaminato è incompatibile ratione materiae con le disposizioni della Convenzione ai sensi dell’articolo 35 § 3 e deve essere respinto in applicazione dell’articolo 35 § 4.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
32. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
33. A titolo del danno materiale, il richiedente sollecita 41 062 EUR (somma che rappresenta il controvalore attualizzato del terreno) la mancanza al guadagno afferente così come il rimborso di certi oneri notarili. Chiede anche 50 000 EUR per il danno morale subito in ragione del processo penale scatenato contro A.D. e D.M.
34. Concernente la domanda a titolo del danno materiale, il Governo ricorda le sue osservazioni a titolo dell’eccezione di inammissibilità ratione materiae.
35. Allo sguardo della richiesta a titolo del danno morale, il Governo fa valere che le pretese a questo titolo sono state formulate a capo di due persone fisiche e che, non avendo la società richiedente chiesto niente a suo nome proprio, questa parte delle pretese deve essere respinta.
36. La Corte nota che nello specifico, l’unica base da considerare per la concessione di una soddisfazione equa risiede nel fatto che una sentenza definitiva favorevole al richiedente è stata rivista in seguito all’ammissione di una via straordinaria di ricorso, in violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
37. Per ciò che riguarda il danno materiale addotto, la Corte rinvia alla constatazione di mancanza del bene controverso nel patrimonio del richiedente ed a ben fondato dell’eccezione ratione materiae sollevata dal Governo (§§ 30 e 31 sopra). Non c’è dunque luogo di accordare al richiedente un’indennità a questo titolo.
38. In quanto al danno morale, la Corte stima che il richiedente ha subito verosimilmente una frustrazione in ragione del suddetto ricorso per annullamento.
39. Avuto riguardo all’insieme degli elementi che si trovano in suo possesso e deliberando in equità, come esige l’articolo 41 della Convenzione, la Corte assegna al richiedente 2 000 EUR per danno morale.
B. Oneri e spese
40. Il richiedente chiede 2 123,94 EUR a titolo degli oneri e delle spese sostenuti dinnanzi alle giurisdizioni interne, che rappresentano gli oneri di giustizia e la parcella di avvocato. Fornisce dei giustificativi.
41. Il Governo non si oppone alla concessione al richiedente di una somma corrispondente agli oneri e spese necessari, legata al procedimento giudiziale, interno ed a quello dinnanzi alla Corte e che sono stati provati sufficientemente. Fa valere che una grande parte degli oneri e spese richiesti non sono legati al procedimento da cui il richiedente deriva il motivo di appello.
42. Secondo la giurisprudenza della Corte, un richiedente può ottenere il rimborso dei suoi oneri e spese solo nella misura in cui si stabilisca la loro realtà, la loro necessità ed il carattere ragionevole del loro tasso. Nello specifico e tenuto conto degli elementi in suo possesso e dei suddetti criteri, la Corte stima ragionevole la somma di 500 EUR ogni onere compreso e l’accorda al richiedente.
C. Interessi moratori
43. La Corte giudica appropriato basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello tratto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione dell’incomprensione del principio di sicurezza dei rapporti giuridici;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la presente sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, 2 000 EUR (duemila euro) per danno morale e 500 EUR (cinque cento euro) per oneri e spese;
b) che le somme in questione saranno da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento e che conviene aggiungere ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta a queste;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 26 maggio 2009 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE SC ALEDANI SRL c. ROUMANIE
(Requête no28874/04)
ARRÊT
STRASBOURG
26 mai 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire SC Aledani SRL c. Roumanie,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura-Sandström,
Corneliu Bîrsan,
Boštjan M. Zupančič,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Luis López Guerra, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 5 mai 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 28874/04) dirigée contre la Roumanie et dont une société commerciale de droit roumain (« la requérante »), a saisi la Cour le 11 juillet 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 4 septembre 2006, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La requérante, la société à responsabilité limitée (SRL) A., est une société commerciale roumaine dont le siège se trouve à Ploieşti. Elle est représentée devant la Cour par son administrateur, M. A. D..
5. La requérante acquit lors du processus de privatisation un bâtiment à destination technique, sis sur un terrain de 575 m² délimité par des murs, en voisinage d’un autre terrain appartenant à la société commerciale S.
6. A la suite de plusieurs litiges entre la requérante et la société S., portant sur la propriété du bâtiment et du terrain susmentionnés, par un jugement définitif du 23 novembre 1998, le tribunal de première instance de Sinaia constata le droit de propriété de la requérante sur le bâtiment et les murs. A la même occasion, le tribunal jugea que la requérante n’était pas propriétaire du terrain sur lequel le bâtiment était situé, qui appartenait à S. en vertu d’un titre émis en 1995 par le ministère de l’agriculture et de l’alimentation.
7. Le 14 mars 2000, la requérante saisit la cour d’appel de Ploieşti d’une action contre la société S. et le conseil municipal de Sinaia, en annulation partielle du titre foncier délivré à S sur le terrain où se situait son bâtiment.
8. Par un arrêt du 27 juin 2000, la cour d’appel accueillit sa demande, l’estimant bien-fondée. Elle rejeta préalablement une exception d’irrecevabilité de l’action de la requérante pour tardiveté, qu’avait soulevée la partie défenderesse S.
9. Par un arrêt définitif du 25 octobre 2002, la Cour suprême de justice rejeta le recours qu’avait introduit S. contre l’arrêt de la cour d’appel, qu’elle confirma, tout en indiquant que les premiers juges avaient estimé à juste titre que l’action de la requérante n’était pas tardive. Dans la motivation de son arrêt, la Cour suprême de justice s’appuya sur le jugement du 23 novembre 1998, pour constater une nouvelle fois que la requérante était propriétaire uniquement du bâtiment et des murs.
10. Le 1er octobre 2003, le procureur général de la Roumanie introduisit un recours en annulation contre les arrêts du 27 juin 2000 et du 25 octobre 2002, alléguant que la demande introductive d’instance de la requérante était tardive et que, dès lors, les juridictions qui avaient rendu lesdits arrêts avaient rejeté de manière erronée l’exception d’irrecevabilité soulevée par la société défenderesse S.
11. Par un arrêt définitif du 15 mars 2004, la Haute Cour de cassation et de justice fit droit au recours du procureur général et rejeta la demande introductive d’instance de la requérante comme étant tardive.
12. Par un arrêt définitif du 17 mars 2005, la Haute Cour de cassation et de justice rejeta une plainte pénale pour escroquerie introduite par S. contre A.D. et D.M., deux représentants de la société requérante.
13. Par un arrêt définitif du 17 octobre 2005, la cour d’appel de Ploiesti fit droit à une action introduite par S. et constata que la requérante n’était pas propriétaire du terrain litigieux.

II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
14. Les articles pertinents du code de procédure civile en vigueur à l’époque des faits disposaient :
Article 330
« Le procureur général peut, soit d’office, soit à la demande du ministre de la justice, former, devant la Cour suprême de justice, un recours en annulation contre une décision définitive et irrévocable pour les motifs suivants :
1. lorsque les tribunaux ont dépassé leurs compétences,
2. lorsque la décision, objet du recours en annulation, a méconnu essentiellement la loi, ce qui a entraîné une solution erronée sur le fond de l’affaire, ou lorsque cette décision est manifestement mal fondée. »
Article 3301
« Dans les cas prévus aux §§ 1 et 2 de l’article 330, le recours en annulation peut être formé dans un délai d’un an à partir de la date où la décision visée est devenue définitive et irrévocable. »
15. Les articles 330 et 3301 précités ont été abrogés par l’article I § 17 de l’ordonnance d’urgence du Gouvernement no 58 du 25 juin 2003.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
16. La requérante se plaint de ce que l’annulation de l’arrêt définitif de la Cour suprême de justice du 25 octobre 2002 par l’arrêt du 15 mars 2004 de la Haute Cour de cassation et de justice a porté atteinte au principe de la sécurité des rapports juridiques, garanti par l’article 6 § 1 de la Convention, qui dispose :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…) qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
A. Sur la recevabilité
17. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle constate par ailleurs que celui-ci ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
18. Renvoyant aux affaires Sovtransavto Holding c. Ukraine (no 48553/99, CEDH 2002-VII), Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, CEDH 1999-VII et Riabykh c. Russie, no 52854/99, CEDH 2003-IX), le Gouvernement concède que, selon la jurisprudence constante de la Cour, l’admission d’une voie extraordinaire de recours qui remet en cause un arrêt définitif par une procédure de supervision est jugée comme une méconnaissance du principe de la sécurité des rapports juridiques.
19. Le Gouvernement remarque que la présente affaire se distingue des affaires SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Roumanie (no 22687/03, arrêt du 1er décembre 2005) et Brumarescu précitée, dans la mesure où, en l’espèce, le litige opposait des particuliers qui ont obtenu des décisions favorables et où le recours en annulation a été formé à la demande d’une des parties, et non d’une autorité de l’Etat.
20. Le Gouvernement fait valoir également que le recours en annulation avait visé en l’espèce la protection du principe de sécurité des rapports juridiques, car il avait été introduit pour remédier à l’omission des juridictions antérieures de prendre en compte la tardiveté de l’action de la requérante.
21. La requérante conteste la thèse du Gouvernement.
22. La Cour rappelle que le droit à un procès équitable devant un tribunal, garanti par l’article 6 § 1 de la Convention, doit s’interpréter à la lumière du préambule de la Convention, qui énonce la prééminence du droit comme élément du patrimoine commun des Etats contractants. Un des éléments fondamentaux de la prééminence du droit est le principe de la sécurité des rapports juridiques, qui veut, entre autres, que la solution donnée de manière définitive à tout litige par les tribunaux ne soit plus remise en cause (Brumarescu précité, § 61). En vertu de ce principe, aucune partie n’est habilitée à solliciter la supervision d’un jugement définitif et exécutoire à la seule fin d’obtenir un réexamen de l’affaire et une nouvelle décision à son sujet. La supervision ne doit pas devenir un appel déguisé et le simple fait qu’il puisse exister deux points de vue sur le sujet n’est pas un motif suffisant pour rejuger une affaire. Il ne peut être dérogé à ce principe que lorsque des motifs substantiels et impérieux l’exigent (Riabykh c. Russie, no 52854/99, § 52, CEDH 2003-IX).
23. La Cour remarque que l’annulation de la décision judiciaire définitive était uniquement fondée sur la méconnaissance alléguée d’un point de procédure par les juridictions ordinaires. Or, cet argument n’est pas suffisant pour justifier l’annulation d’une décision définitive, malgré le fait que des particuliers étaient également parties à la procédure (voir, parmi beaucoup d’autres, Raicu c. Roumanie, no 28104/03, § 25, 19 octobre 2006 et Popea c. Roumanie, no 6248/03, §§ 33-37, 5 octobre 2006).
24. Les arguments du Gouvernement ne sont susceptibles d’amener la Cour à s’écarter de l’approche suivie dans d’autres affaires similaires, la situation de fait étant sensiblement la même (voir notamment SC Maşinexportimport Industrial Group SA, Raicu et Popea précitées)
25. Ces éléments suffisent à la Cour pour conclure que l’annulation par la Cour suprême de justice de l’arrêt définitif du 25 octobre 2002 a enfreint le principe de la sécurité des rapports juridiques, portant ainsi atteinte au droit de la requérante à un procès équitable.
Par conséquent, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1 À LA CONVENTION
26. La requérante dénonce une violation de son droit au respect de ses biens, du fait de l’annulation de l’arrêt définitif du 25 octobre 2002 par la Cour suprême de justice. Elle invoque l’article 1 du Protocole no 1, ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
27. Le Gouvernement soulève une exception d’inapplicabilité de l’article 1 du Protocole no 1 à la Convention, estimant que la requérante n’a ni un « bien », ni une « espérance légitime », relativement au terrain en litige.
28. Le Gouvernement estime que l’arrêt du 25 octobre 2002 ne confère à la requérante aucun droit, réel ou de créance, sur le terrain litigieux. Le seul effet de l’arrêt précité consisterait dans le fait que le terrain est revenu dans le patrimoine de la mairie de Sinaia.
29. La requérante s’oppose à cette thèse. Elle allègue que la procédure administrative nécessaire pour obtenir un titre de propriété sur le terrain a été rendue impossible à la suite de l’attribution illégale du terrain à S., car l’annulation du titre de cette dernière société était une étape préalable à toute autre démarche.
30. La Cour observe que le droit de propriété de la requérante sur le terrain en litige n’est prouvé par aucun titre et n’a pas été établi par les décisions de justice ayant tranché ce problème. Pour cette raison, et estimant ne pas pouvoir spéculer sur l’issue d’une éventuelle démarche administrative ou d’autre nature qu’aurait pu suivre la requérante pour se faire délivrer un titre de propriété, la Cour estime que celle-ci n’a pas un « bien », au sens de la Convention, sur le terrain en litige.
31. Il s’ensuit que le grief examiné est incompatible ratione materiae avec les dispositions de la Convention au sens de l’article 35 § 3 et doit être rejetée en application de l’article 35 § 4.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
32. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
33. Au titre du préjudice matériel, la requérante sollicite 41 062 EUR, somme représentant la contrevaleur actualisée du terrain, le manque à gagner afférent ainsi que le remboursement de certains frais notariaux. Elle demande également 50 000 EUR pour le préjudice moral subi en raison du procès pénal déclenché à l’encontre de A.D. et D.M.
34. Concernant la demande au titre du préjudice matériel, le Gouvernement rappelle ses remarques au titre de l’exception d’irrecevabilité ratione materiae.
35. Au regard de la demande au titre du préjudice moral, le Gouvernement fait valoir que les prétentions à ce titre ont été formulées dans le chef de deux personnes physiques et que, la société requérante n’ayant rien demandé en son nom propre, cette partie des prétentions doit être rejetée.
36. La Cour note qu’en l’espèce, la seule base à retenir pour l’octroi d’une satisfaction équitable réside dans le fait qu’un arrêt définitif favorable à la requérante a été révisé à la suite de l’admission d’une voie extraordinaire de recours, en violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
37. En ce qui concerne le dommage matériel allégué, la Cour renvoie au constat d’absence du bien litigieux dans le patrimoine de la requérante et au bien fondé de l’exception ratione materiae soulevée par le Gouvernement (§§ 30 et 31 ci-dessus). Il n’y a donc pas lieu d’accorder à la requérante une indemnité à ce titre.
38. Quant au préjudice moral, la Cour estime que la requérante a vraisemblablement subi une frustration en raison du recours en annulation susmentionné.
39. Eu égard à l’ensemble des éléments se trouvant en sa possession et statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour alloue à la requérante 2 000 EUR pour préjudice moral.
B. Frais et dépens
40. La requérante demande 2 123,94 EUR au titre des frais et dépens encourus devant les juridictions internes, représentant les frais de justice et les honoraires d’avocat. Elle fournit des justificatifs.
41. Le Gouvernement ne s’oppose pas à l’octroi à la requérante d’une somme correspondant aux frais et dépens nécessaires, liés à la procédure judiciaire interne et à celle devant la Cour et qui ont été suffisamment prouvés. Il fait valoir qu’une grande partie des frais et dépens réclamés ne sont pas liés à la procédure dont la requérante tire grief.
42. Selon la jurisprudence de la Cour, un requérant ne peut obtenir le remboursement de ses frais et dépens que dans la mesure où se trouvent établis leur réalité, leur nécessité et le caractère raisonnable de leur taux. En l’espèce et compte tenu des éléments en sa possession et des critères susmentionnés, la Cour estime raisonnable la somme de 500 EUR tous frais confondus et l’accorde à la requérante.
C. Intérêts moratoires
43. La Cour juge approprié de baser le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré de l’article 6 § 1 de la Convention et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention en raison de la méconnaissance du principe de sécurité des rapports juridiques ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où le présent arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, 2 000 EUR (deux mille euros) pour préjudice moral et 500 EUR (cinq cents euros) pour frais et dépens ;
b) que les sommes en question seront à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement et qu’il convient d’ajouter à celles-ci tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
c) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 26 mai 2009 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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