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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SARICA ET DILAVER c. TURQUIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 1
Articoli: 41, 46, P1-1
Numero: 11765/05/2010
Stato: Turchia
Data: 2010-05-27 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Violazione di P1-1; Danno patrimoniale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento
SECONDA SEZIONE
CAUSA SARICA E DİLAVER C. TURCHIA
( Richiesta no 11765/05)
SENTENZA
STRASBURGO
27 maggio 2010
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Sarıca e Dilaver c. Turchia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Ireneu Cabral Barreto, Danutė Jočienė, Dragoljub Popović, András Sajó, Işıl Karakaş, Nona Tsotsoria, giudici,
e daSally Dollé, cancelliera di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 4 maggio 2010,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 11765/05) diretta contro la Repubblica della Turchia e in cui cinque cittadini di questo Stato, OMISSIS hanno investito la Corte il 9 marzo 2005 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I richiedenti sono rappresentati da B. S., avvocato ad Ankara. Il governo turco (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente.
3. Il 20 maggio 2008, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito della causa allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. I richiedenti sono nati rispettivamente nel 1940, 1951, 1958, 1934 e 1945. Risiedono a Kocaeli.
5. Il Sig. A. S., ai diritti del quale vengono i richiedenti, era proprietario di tre terreni situati a Kandıra (distretto di Kocaeli).
6. Nel 1983, il Sig. A. S. chiese al ministero della Difesa (“l’amministrazione”) l’espropriazione dei suoi terreni al motivo che erano stati de facto integrati in una zona militare.
7. Le autorità gli risposero che suddetti terreni erano utilizzati effettivamente per l’addestramento di unità militari e che dovevano essere oggetto di un’espropriazione formale in un futuro prossimo.
8. Con una lettera del 4 novembre 1998, l’amministrazione chiese al Sig. S. se era sempre favorevole all’espropriazione dei suoi terreni.
9. Il 10 novembre 1998, l’interessato rispose affermativamente e propose all’amministrazione un prezzo di 7 000 000 delle anziane lire turche (TRL) (o circa 25 dollari americani (USD) all’epoca dei fatti) per metro quadrato in compenso dell’espropriazione dei suoi terreni.
10. L’amministrazione non diede seguito a questa proposta.
11. Il 28 marzo 2001, avvalendosi di un prescrizione acquisitiva di vent’ anni, in virtù dell’articolo 38 della legge no 2942 in vigore all’epoca dei fatti, l’amministrazione investì la corte d’appello di Kandıra di un’azione tesa a fare registrare a nome del Tesoro i terreni in questione sul registro fondiario.
12. Avendo avuto cognizione di questo procedimento, il Sig. A. S. introdusse il 15 ottobre 2001 un’azione per danni ed interessi dinnanzi alla corte d’appello di Kandıra (“il tribunale”) in vista di ottenere risarcimento del danno causato dall’espropriazione di fatto dei suoi terreni, sollecitando a questo titolo un’indennità di 88 025 000 000 TRL, o circa 59 725 euro (EUR) all’epoca dei fatti, aumentata di interessi moratori al tasso legale a contare dall’introduzione della sua azione.
13. Con un giudizio del 7 marzo 2002, il tribunale respinse l’amministrazione della sua istanza e diede guadagno di causa al Sig. A. S.. Considerò che i terreni controversi erano occupati dall’amministrazione dal 1983 e che al momento della sua immissione nel processo, le condizioni della prescrizione acquisitiva poste dall’articolo 38 della legge no 2942 non erano riunite. Perciò, basandosi sul rapporto di perizia che aveva ordinato per determinare il valore dei terreni in causa in data dell’introduzione della richiesta, stimò che il Sig. S. aveva diritto ad un indennizzo di un importo di 88 025 000 000 TRL, o circa 71 890 EUR all’epoca dei fatti, aumentato di interessi moratori al tasso legale a contare dal 15 ottobre 2001, in compenso dell’iscrizione dei terreni controversi a nome del Tesoro.
14. Il Sig. A. S. decedette nel giugno 2002. I richiedenti continuarono il processo in qualità di eredi.
15. Il 27 dicembre 2002, la Corte di cassazione annullò il giudizio reso dalla giurisdizione di prima istanza. Rilevando che l’amministrazione occupava i terreni dal 1968, giudicò che le condizioni della prescrizione acquisitiva poste dall’articolo 38 della legge no 2942 erano riunite.
16. Il 18 marzo 2003, respinse il ricorso per rettifica della sentenza del 27 dicembre 2002.
17. Con una sentenza resa il 10 aprile 2003, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 4 novembre 2003, la Corte costituzionale, all’unanimità, dichiarò l’articolo 38 della legge no 2942 non conforme alla Costituzione e l’annullò.
18. Il 20 novembre 2003, il tribunale, deliberando su rinvio, persistette nel suo giudizio precedente e diede guadagno di causa ai richiedenti basandosi in particolare sulla decisione della Corte costituzionale. Perciò, condannò l’amministrazione a pagare ai richiedenti la somma di 88 025 000 000 di TRL, o circa 50 470 EUR all’epoca dei fatti, aumentata di interessi moratori al tasso legale a contare dal 15 ottobre 2001. Ordinò anche l’iscrizione dei terreni controversi a nome del Tesoro.
19. Il 24 febbraio 2004, la Corte di cassazione confermò in tutte le sue disposizioni il giudizio del 20 novembre 2003.
20. Il 13 aprile 2004, i richiedenti investirono l’ufficio locale dell’esecuzione e del recupero dei crediti (“l’ufficio dell’esecuzione”). Chiesero che l’importo del loro credito venisse aumentato di interessi moratori al tasso massimo applicabile ai debiti pubblici in virtù dell’articolo 46 della Costituzione. L’ufficio dell’esecuzione rilasciò all’amministrazione un’ingiunzione di pagamento a questo effetto.
21. Il 30 aprile 2004, contestando l’istanza dei richiedenti relativa all’applicazione del tasso massimo, l’amministrazione fece opposizione all’ingiunzione di pagamento.
22. Il 31 maggio 2004, il tribunale di esecuzione di Kandıra diede guadagno di causa all’amministrazione. Considerò che il tasso di interesse applicabile al credito dei richiedenti era il tasso legale, non il tasso massimo applicabile ai debiti pubblici. A questo riguardo, fece osservare che le disposizioni dell’articolo 46 della Costituzione riguardavano solamente i casi di espropriazione formale e che il credito degli interessati non risultava dalla concessione di un’indennità dovuta a titolo di tale espropriazione se non del sussidio di danni ed interessi in risarcimento del danno causato dall’espropriazione di fatto dei loro terreni.
23. Il 30 settembre 2004, la Corte di cassazione respinse il ricorso dei richiedenti e confermò in tutte le sue disposizioni il giudizio attaccato.
24. Il 26 ottobre 2004, la sentenza della Corte di cassazione del 24 febbraio 2004 fu notificata agli interessati.
25. L’amministrazione procedette al pagamento del credito dei richiedenti in due versamenti, saldando la somma di 89 216 600 000 TRL, o 47 045 EUR circa all’epoca dei fatti, il 21 ottobre 2004, e quella di 106 398 000 000 TRL, o 56 880 EUR circa all’epoca dei fatti, il 22 dicembre 2004.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
26. I passaggi pertinenti dell’articolo 46 della Costituzione, come modificato dall’articolo 18 della legge no 4709 del 3 ottobre 2001, sono formulati così:
“(…) L’indennità di espropriazione e l’indennità complementare diventate definitive saranno versate in contanti . Le indennità di espropriazione che rimangono insolute per una qualsiasi ragione saranno fruttifere al tasso massimo applicabile ai crediti pubblici “
27. Con una sentenza del 13 luglio 2005, l’assemblea plenaria della Corte di cassazione giudicò che l’articolo 46 della Costituzione si applicava solamente alle espropriazioni formali, non alle espropriazioni di fatto. A questo riguardo, ricordò la sua sentenza di principio del 16 maggio 1956 secondo cui l’occupazione, da parte dell’amministrazione, di terreni che non erano stati oggetto di un’espropriazione formale impegna la responsabilità da delitto dello stato sul fondamento del diritto degli obblighi che danno adito a risarcimento integrale-sotto forma di danni ed interessi -del danno causato all’ espropriato a causa della perdita di proprietà derivante dall’occupazione illegale.
28. Con una sentenza del 12 aprile 2006, l’assemblea plenaria della Corte di cassazione decise che gli interessi moratori menzionati all’articolo 46 della Costituzione si applicavano solamente in caso di difetto di pagamento di indennità dovute a titolo di un’espropriazione formale. Precisò che, nel caso di un’azione di maggiorazione di un’indennità di espropriazione formale, il tasso di interesse applicabile per il periodo che va dall’immissione nel processo del tribunale fino alla data della decisione definitiva era il tasso legale, e che il tasso massimo previsto per i debiti pubblici si applicava dopo questa data finché l’amministrazione non onorava il suo debito.
29. I dati economici pertinenti all’epoca dei fatti si possono riepilogare come segue:
* Tasso legale
– dal 15 ottobre 2001 al 30 giugno 2002: il 60%;
– dal 1 luglio 2002 al 30 giugno 2003: il 55%;
– dal 1 luglio 2003 al 31 dicembre 2003: il 55%;
– dal 1 gennaio 2004 al 30 giugno 2004: il 43%;
– dal 1 luglio 2004 al 22 dicembre 2004: il 38%.
* Tasso massimo applicabile ai crediti pubblici
– dal 15 ottobre 2001 al 30 gennaio 2002: il 120%
– dal 31 gennaio 2002 al 11 novembre 2003: il 84%
– dal 12 novembre 2003 al 22 dicembre 2004: il 48%.
* Peraltro, conviene segnalare che gli effetti dell’inflazione in Turchia possono essere valutati con riferimento agli indici dei prezzi al dettaglio pubblicati dall’istituto nazionale di statistica.
IN DIRITTO
I. SU LLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
30. Invocando l’articolo 1 del Protocollo no 1 e gli articoli 17 e 18 della Convenzione, i richiedenti denunciano un attentato al loro diritto al rispetto dei loro beni, rimproverando all’amministrazione di avere occupato i loro terreni per i lunghi anni senza che una decisione di espropriazione in buona e dovuta forma venisse presa. Peraltro, adducono che la decisione delle giurisdizioni nazionali di applicare al loro credito il tasso di interesse moratorio legale al posto del tasso massimo applicabile ai debiti pubblici, come definito dall’articolo 46 della Costituzione, ha condotto ad una riduzione dell’importo dell’indennità che era dovuta loro.
L’articolo 1 del Protocollo no 1 è formulato così:
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Le disposizioni pertinenti dell’articolo 17 della Convenzione si leggono così:
“Nessuna delle disposizioni del Convenzione può essere interpretata come se implicasse per un Stato, un gruppo o un individuo, un diritto qualsiasi di concedersi ad un’attività o di compiere un atto teso alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella Convenzione o alle limitazioni più ampie di questi diritti e libertà di quelle contemplato [dalla] Convenzione. “
L’articolo 18 della Convenzione dispone ciò che segue:
“Le restrizioni che, ai termini della presente Convenzione, sono portate a detti dritti e libertà possono essere applicate solamente nello scopo per cui sono state contemplate. “
A. Sull’ammissibilità
1. Sull’eccezione derivata dalla mancata osservanza del termine dei sei mesi
31. Il Governo eccepisce della mancata osservanza del termine dei sei mesi (l’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione) sostenendo che i richiedenti non hanno introdotto la presente richiesta nei sei seguenti mesi dopo la sentenza resa dalla Corte di cassazione il 24 febbraio 2004.
32. La Corte osserva che la sentenza in questione è stata notificata agli interessati il 26 ottobre 2004. Essendo stata introdotta La presente richiesta il 9 marzo 2005, l’eccezione del Governo non potrebbe essere considerata.
2. Sull’eccezione derivata dal non-esaurimento delle vie di ricorso interne
33. Il Governo eccepisce del non-esaurimento delle vie di ricorso interne (l’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione) facendo valere che i richiedenti non hanno esercitato il ricorso previsto dall’articolo 105 del codice degli obblighi.
34. La Corte osserva che il mezzo avanzato dal Governo riguarda una via di indennizzo accessoria che permette di riparare, in certe condizioni, una perdita non coperta dagli interessi moratori applicati ad un credito. Ora l’oggetto di questo ricorso non coincide con quello della querela formulata dalla parte richiedente che solleva la questione – più generale – della legalità della pratica dell’espropriazione di fatto denunciata nello specifico. Quindi, la Corte considera che l’eccezione del Governo non potrebbe essere considerata.
3. Altri motivi di inammissibilità
35. La Corte constata che i motivi di appello dei richiedenti non sono manifestamente malfondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione e che incontrano contro nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
1. Tesi delle parti
36. Il Governo sostiene che on c’è stato nessun attentato al diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo no 1. Riconoscendo che il procedimento di espropriazione non è stato messo in opera nelle condizioni previste dalla legge, fa osservare però che i terreni controversi sono stati occupati dal ministero della Difesa a causa di utilità pubblica e che le giurisdizioni nazionali investite dagli interessati li hanno indennizzati integralmente alla quota del valore dei terreni in questione concedendo loro dei danni ed interessi. Peraltro, avanza che l’applicazione al credito dei richiedenti del tasso legale degli interessi moratori in vigore all’epoca pertinente era conforme alla legge, essendo il tasso previsto dall’articolo 46 della Costituzione inapplicabile perché esclusivamente riservato ai casi di espropriazione formale. Inoltre, la determinazione del tasso degli interessi moratori dipenderebbe dal margine di valutazione di cui gli Stati contraenti godono in materia di determinazione delle modalità di risarcimento. In più, supponendo anche che il tasso massimo applicabile ai debiti pubblici fosse stato applicabile nello specifico, la differenza col tasso legale non sarebbe stata di natura tale da portare violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 poiché l’amministrazione si sarebbe conformata immediatamente alle decisioni di giustizia pagando il suo debito verso i richiedenti.
37. I richiedenti contestano la tesi del Governo e, adducendo che l’espropriazione dei loro terreni non era conforme al principio di legalità, sostengono che sono stati privati della loro proprietà in circostanze incompatibili con l’articolo 1 del Protocollo no 1. Sostengono che l’espropriazione di fatto è una pratica che permette ai poteri pubblici di acquisire un bene in ogni illegalità, senza rispettare le forme ed i procedimenti legali dell’espropriazione formale. Per ciò che riguarda l’indennizzo, gli interessati reiterano la loro tesi secondo la quale il tasso degli interessi moratori applicati alle indennità per espropriazione di fatto era insufficiente rispetto al tasso massimo applicabile ai debiti pubblici, in virtù dell’articolo 46 della Costituzione, e che ne è risultato per loro una perdita rispetto all’importo che avrebbe dovuto essere accordato loro a questo titolo.
2. Valutazione della Corte
38. La Corte esaminerà i motivi di appello dei richiedenti tratti dagli articoli 17 e 18 della Convenzione combinati con l’articolo 1 del Protocollo no 1 solamente sotto l’angolo di questa ultima disposizione.
39. Per ciò che riguarda la questione dell’esistenza di un’ingerenza, la Corte nota che le parti si accordano a dire che c’è stata “privazione di proprietà.”
40. A questo riguardo, rileva che le giurisdizioni nazionali hanno constatato che l’amministrazione aveva occupato i terreni dei richiedenti senza che un procedimento di espropriazione fosse stato messo in opera nelle condizioni previste dalla legge. Perciò, hanno deciso di concedere in compenso agli interessati dei danni ed interessi per espropriazione di fatto dell’iscrizione fondiaria dei beni in causa a nome del Tesoro. La Corte conclude che la sentenza confermativa resa dalla Corte di cassazione il 24 febbraio 2004 e notificata ai richiedenti il 26 ottobre 2004 ha avuto bene per effetto di privarli dei loro beni ai sensi della seconda frase dell’articolo 1 del Protocollo no 1 (Carbonara e Ventura c. Italia, no 24638/94, § 61, CEDH 2000-VI, e Brumărescu c. Romania [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
41. Ora per essere compatibile con l’articolo 1 del Protocollo no 1, tale ingerenza deve essere operata “a causa di utilità pubblica” e “nelle condizioni previste dalla legge e dei principi generali di diritto internazionale”: deve predisporre un “giusto equilibrio” tra le esigenze dell’interesse generale della comunità e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e Lönnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, § 69, serie A no 52) essendo sentito che la necessità di esaminare la questione del giusto equilibrio può farsi sentire solo “quando si è rivelato che l’ingerenza controversa ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria”, Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, e Beyeler c. Italia [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I.
42. Difatti, essendo la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, inerente all’insieme della Convenzione (Iatridis, precitata, § 58) l’articolo 1 del Protocollo no 1 esige, innanzitutto e soprattutto, che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale.
43. In questo contesto, la Corte osserva da prima che la pratica dell’espropriazione di fatto permette all’amministrazione di occupare un bene immobiliare e di trasformarne irreversibilmente la destinazione, in modo tale che sia considerato alla fine come acquisizione al patrimonio pubblico senza che ci sia stato il minimo atto formale e declaratorio del trasferimento di proprietà. In mancanza di tale atto, il solo elemento che permette di legittimare il trasferimento del bene occupato e di garantire in modo retroattivo una certa sicurezza giuridica è il giudizio del tribunale investito che ordina il trasferimento di proprietà dopo avere constatato l’illegalità dell’occupazione denunciata ed assegnato ai richiedenti dei danni ed interessi, detti “indennità di espropriazione di fatto”. Questa pratica ha per effetto di costringere gli interessati-che rimangono formalmente proprietari dei loro beni sul piano giuridico stare in giudizio contro l’amministrazione che, fino ad allora, non ha mai dovuto giustificare il suo atto con un qualsiasi motivo di utilità pubblica poiché la realtà di tale motivo può essere oggetto solo di una valutazione a posteriori da parte dei tribunali. Detto diversamente, la constatazione di un’espropriazione di fatto tende in ogni caso ad interinare volontariamente una situazione giuridicamente irregolare creata dall’amministrazione ed a permettere a questa di trarre profitto dal suo comportamento illegale.
44. Ne segue che l’espropriazione di fatto costituisce una pratica che permette all’amministrazione di occupare un bene e di trasformarlo senza avere indennizzato prima di tutto il suo proprietario. Sono i giudicabili che devono iniziare un’azione in indennizzo dunque e, per questo fatto, impegnare degli oneri di procedimento per fare valere i loro diritti, mentre in materia di espropriazione formale, il procedimento è scatenato dall’amministrazione espropriata che deve in principio sopportare gli oneri di giustizia in mancanza di ordinamento amichevole.
45. Alla vista di ciò che precede, la Corte stima che questo procedimento che permette all’amministrazione di passare oltre le regole dell’espropriazione formale espone i giudicabili al rischio di un risultato imprevedibile ed arbitrario. Non è atto a garantire un grado sufficiente di sicurezza giuridica e non potrebbe costituire un’alternativa ad un’espropriazione in buona e dovuta forma (Scordino c. Italia (no 3), no 43662/98, § 89, 17 maggio 2005, e Guiso-Gallisay c. Italia, no 58858/00, § 87, 8 dicembre 2005).
46. Nella presente causa, la Corte osserva che l’amministrazione si è appropriata dei terreni dei richiedenti a disprezzo delle regole che regolano l’espropriazione formale e senza versare loro alcuna indennità a questo titolo.
47. Nota che le giurisdizioni turche hanno interinato la pratica dell’espropriazione di fatto giudicando che i richiedenti erano stati privati dei loro beni a causa dell’occupazione dei loro terreni da parte dell’amministrazione a causa di utilità pubblica.
48. Ora, in mancanza di un atto formale di espropriazione, la Corte stima che questa situazione non poteva essere considerata come “prevedibile” per gli interessati poiché è solamente da quando il giudizio della corte d’appello di Kandıra è diventato definitivo – acquisendo forza di cosa giudicata dopo la sentenza confermativa della Corte di cassazione-che si può concludere all’applicazione effettiva della pratica dell’espropriazione di fatto e che il metodo adoperato dall’amministrazione per annettere i terreni controversi alla tenuta pubblica è stato sanzionato. Detto diversamente, è solamente il 24 febbraio 2004-data in cui la Corte di cassazione ha confermato il giudizio della corte d’appello di Kandıra -che i richiedenti hanno beneficiato della “sicurezza giuridica” concernente la privazione dei loro terreni.
49. Per ciò che riguarda la questione dell’indennizzo, la Corte potrebbe ammettere che il tasso di interesse massimo applicabile ai debiti pubblici in virtù dell’articolo 46 della Costituzione sia riservato alle espropriazioni formali ed escluso in materia di espropriazione senza base legale. Difatti, il fatto che il credito delle richiedenti vittime di un’espropriazione irregolare nella forma sia aumentato di un tasso meno elevato sul periodo che va dalla data della decisione della Corte di cassazione fino a quella del suo pagamento completo da parte dell’amministrazione è di natura tale da avvantaggiare i poteri pubblici ed ad incitarli a privilegiare le espropriazioni senza base legale a scapito delle espropriazioni classiche, per ragioni economiche. Questa situazione non è di natura tale da favorire la buona amministrazione dei procedimenti di espropriazione e da prevenire degli episodi di illegalità (Scordino, precitata, § 96).
50. Alla luce di queste considerazioni, la Corte stima che la situazione in causa ha permesso all’amministrazione di derivare profitto da un’occupazione illegale dei terreni a scapito dei richiedenti.
51. Perciò, stima che l’ingerenza controversa non è compatibile col principio di legalità e che ha infranto il diritto dei richiedenti al rispetto dei loro beni dunque.
52. Quindi, c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1.
II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 46 DELLA CONVENZIONE
53. Ai termini dell’articolo 46 della Convenzione,
“1. Le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte nelle controversie alle quali sono parti.
2. La sentenza definitiva della Corte è trasmessa al Comitato dei Ministri che ne sorveglia l’esecuzione. “
54. La Corte ha giudicato che la pratica dell’espropriazione di fatto portava violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1 per il fatto che era incompatibile col principio di legalità e, a fortiori, con le esigenze della sicurezza giuridica ( paragrafi 45 e 51-52 sopra).
55. Peraltro, alla vista in particolare del numero elevato di richieste di cui si trova investita sulla stessa questione, stima che la violazione del diritto dei richiedenti a titolo dell’articolo 1 del Protocollo no 1 trae la sua origine da un problema strutturale legato ai maneggi extragiudiziali con cui l’amministrazione turca si appropria dei beni in modo irregolare. Ora, la Corte ha riaffermato già l’impossibilità di mettere sullo stesso piano l’espropriazione regolare e l’espropriazione di fatto (paragrafo 45 sopra, e Guiso-Gallisay c. Italia (soddisfazione equa) [GC], no 58858/00, § 95, 22 dicembre 2009). In queste condizioni, avute riguardo alle circostanze dello specifico, la Corte si propone di analizzare le conseguenze che possono essere derivate dall’articolo 46 della Convenzione per lo stato convenuto prima di esaminare le richieste di soddisfazione equa presentate a titolo dell’articolo 41 della Convenzione.
56. A questo riguardo, la Corte ricorda che ai termini di questa disposizione, le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive rese da lei nelle controversie ai quali sono parti, il Comitato dei Ministri essendo incaricato di sorvegliarne l’esecuzione. Ne deriva in particolare che, quando la Corte constata una violazione, lo stato convenuto ha non solo l’obbligo giuridico di versare agli interessati la somma assegnata a titolo della soddisfazione equa prevista dall’articolo 41 della Convenzione, ma anche di scegliere, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, le misure generali e/o , all’occorrenza, individuali da integrare nel suo ordine giuridico interno per mettere un termine alla violazione constatata dalla Corte e di cancellarne per quanto possibile le conseguenze. Lo stato convenuto rimane libero, sotto il controllo del Comitato dei Ministri, di scegliere i mezzi per adempiere il suo obbligo giuridico allo sguardo dell’articolo 46 della Convenzione, per quanto questi mezzi siano compatibili con le conclusioni contenute nella sentenza della Corte (Scozzari e Giunta c. Italia [GC], i numeri 39221/98 e 41963/98, § 249, CEDH 2000-VIII, e Broniowski c. Polonia [GC], no 31443/96, § 192, CEDH 2004-VI).
57. Inoltre, risulta dalla Convenzione, ed in particolare del suo articolo 1 che ratificando la Convenzione, gli Stati contraenti si avviano a fare in modo che il loro diritto interno sia compatibile con questa (Maestri c. Italia [GC], no 39748/98, § 47, CEDH 2004-I).
58. Sebbene in principio, non appartenga alla Corte di definire quali possano essere le misure di correzione appropriate affinché lo stato convenuto adempia ai suoi obblighi allo sguardo dell’articolo 46 della Convenzione, avuto riguardo alla situazione di carattere strutturale che constata, la Corte osserva che le misure generali a livello nazionale si impone sicuramente nella cornice dell’esecuzione della presente sentenza, misure che devono prendere in considerazione le numerose persone riguardate.
59. Per assolvere i suoi obblighi a titolo dell’articolo 46 della Convenzione, la Corte stima che lo stato dovrebbe, innanzitutto, prendere delle misure tese a prevenire ogni occupazione illegale di beni immobiliari, sia che si tratti di occupazione senza titolo dall’inizio o di occupazione inizialmente autorizzata e diventata senza titolo in seguito.
60. In questa ottica, sarebbe concepibile autorizzare l’occupazione di tali beni solo quando è stabilito che il progetto e le decisioni di espropriazione sono state adottate nel rispetto delle regole fissate dalla legge e che sono abbinati di una linea di bilancio atta a garantire un indennizzo veloce ed adeguato degli interessati.
61. Inoltre, lo stato convenuto dovrebbe scoraggiare le pratiche non conformi alle regole delle espropriazioni in buona e dovuta forma, adottando delle disposizioni dissuasive e ricercando all’occorrenza, le responsabilità degli autori di tali pratiche.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
62. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
63. Sostenendo che il tasso degli interessi moratori applicato alle indennità per espropriazione senza base legale è insufficiente, i richiedenti stimano di avere subito un danno patrimoniale che ammonta a 43 854 EUR. A titolo del danno morale, sollecitano congiuntamente 50 000 EUR. Chiedono che queste indennità siano aumentate a contare dal 26 ottobre 2004 di interessi moratori al tasso massimo applicato dalla Banca centrale europea per i conti di risparmi.
64. Il Governo invita la Corte a respingere le pretese dei richiedenti, che giudica eccessive e prive di fondamento. Avanza che non hanno dimostrato di avere subito un danno e che la concessione di una soddisfazione equa costituirebbe per gli interessati un arricchimento senza causa. Non formula nessuna osservazione in quanto agli oneri e alle spese.
65. Per ciò che riguarda il danno patrimoniale, la Corte stima che, tenuto conto dell’insieme delle circostanze della causa, ed in particolare del fatto che i richiedenti hanno ottenuto l’interezza dei danni e degli interessi che hanno chiesto dinnanzi a giurisdizioni nazionali (paragrafi 12 e 18 sopra) il suo esame può limitarsi alla questione di sapere se gli interessi moratori legali applicati al loro credito hanno compensato il deprezzamento monetario registrato sul periodo che va dall’immissione nel processo della corte d’appello di Kandıra al pagamento effettivo delle somme assegnate da lui. Avendo proceduto al suo proprio calcolo alla luce dei dati economici pertinenti di cui dispone (paragrafo 29 sopra) e della sua giurisprudenza (Aka c. Turchia, 23 settembre 1998, §§ 55-57, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-VI) la Corte stima che gli interessati non hanno subito alcun danno distinto da quello che ha causato loro la perdita dei loro terreni consecutiva all’espropriazione di fatto denunciata nello specifico. Respinge dunque la richiesta dei richiedenti per danno patrimoniale.
66. Trattandosi del danno morale, la Corte stima che il sentimento di impotenza e di frustrazione provato dai richiedenti di fronte allo spodestamento illegale dei loro beni ed alla necessità di investire i tribunali per fare valere i loro diritti ha causato agli interessati un danno morale certo che richiede un risarcimento adeguato. Quindi, deliberando in equità, come vuole l’articolo 41 della Convenzione, la Corte decide di assegnare congiuntamente ai richiedenti 1 800 EUR sotto questo capo.
B. Oneri e spese
67. Per ciò che riguarda gli oneri e le spese, i richiedenti sollecitano 15 000 lire turchi (TRY)-o circa 8 000 EUR – per la parcella di avvocato e 1 122 TRY -o circa 600 EUR- per gli oneri di traduzione. A titolo di giustificativo, forniscono una convenzione di parcella e delle ricevute relative agli oneri di traduzione.
68. Il Governo non formula nessun commento su questo punto.
69. Tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei suoi criteri in materia (Bottazzi c. Italia [GC], no 34884/97, § 30, CEDH 1999-V, e Sawicka c. Polonia, no 37645/97, § 54, 1 ottobre 2002) la Corte stima ragionevole la somma di 1 000 EUR ogni onere compreso e l’accorda congiuntamente ai richiedenti.
C. Interessi moratori
70. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentato di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare congiuntamente ai richiedenti, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme, da convertire in lire turche al tasso applicabile in data dell’ordinamento:
i. 1 800 EUR (mille otto cento euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per danno morale
ii. 1 000 EUR (mille euro) più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dagli interessati, per oneri e spese;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
4. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 27 maggio 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Sally Dollé Francesca Tulkens
Cancelliera Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Violation de P1-1 ; Dommage matériel – demande rejetée ; Préjudice moral – réparation
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE SARICA ET DİLAVER c. TURQUIE
(Requête no 11765/05)
ARRÊT
STRASBOURG
27 mai 2010
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Sarıca et Dilaver c. Turquie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Ireneu Cabral Barreto,
Danutė Jočienė,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Işıl Karakaş,
Nona Tsotsoria, juges,
et de Sally Dollé, greffière de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 4 mai 2010,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 11765/05) dirigée contre la République de Turquie et dont cinq ressortissants de cet Etat, OMISSIS ont saisi la Cour le 9 mars 2005 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les requérants sont représentés par Me B. S., avocate à Ankara. Le gouvernement turc (« le Gouvernement ») est représenté par son agent.
3. Le 20 mai 2008, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond de l’affaire.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. Les requérants sont nés respectivement en 1940, 1951, 1958, 1934 et 1945. Ils résident à Kocaeli.
5. Feu M. A. S., aux droits duquel viennent les requérants, était propriétaire de trois terrains situés à Kandıra (district de Kocaeli).
6. En 1983, M. A. S. demanda au ministère de la Défense (« l’administration ») l’expropriation de ses terrains au motif qu’ils avaient de facto été intégrés dans une zone militaire.
7. Les autorités lui répondirent que lesdits terrains étaient effectivement utilisés pour l’entraînement d’unités militaires et qu’ils allaient faire l’objet d’une expropriation formelle dans un avenir proche.
8. Par une lettre du 4 novembre 1998, l’administration demanda à M. S. s’il était toujours favorable à l’expropriation de ses terrains.
9. Le 10 novembre 1998, l’intéressé répondit par l’affirmative et proposa à l’administration un prix de 7 000 000 d’anciennes livres turques (TRL) (soit environ 25 dollars américains (USD) à l’époque des faits) par mètre carré en contrepartie de l’expropriation de ses terrains.
10. L’administration ne donna pas suite à cette proposition.
11. Le 28 mars 2001, se prévalant d’une prescription acquisitive de vingt ans (en vertu de l’article 38 de la loi no 2942 en vigueur à l’époque des faits), l’administration saisit le tribunal de grande instance de Kandıra d’une action tendant à faire enregistrer au nom du Trésor les terrains en question sur le registre foncier.
12. Ayant eu connaissance de cette procédure, M. A. S. introduisit le 15 octobre 2001 une action en dommages et intérêts devant le tribunal de grande instance de Kandıra (« le tribunal ») en vue d’obtenir réparation du préjudice causé par l’expropriation de fait de ses terrains, sollicitant à ce titre une indemnité de 88 025 000 000 TRL (soit environ 59 725 euros (EUR) à l’époque des faits), augmentée d’intérêts moratoires au taux légal à compter de l’introduction de son action.
13. Par un jugement du 7 mars 2002, le tribunal débouta l’administration de sa demande et donna gain de cause à M. A. S.. Il considéra que les terrains litigieux étaient occupés par l’administration depuis 1983 et qu’au moment de sa saisine, les conditions de la prescription acquisitive posées par l’article 38 de la loi no 2942 n’étaient pas réunies. En conséquence, se fondant sur le rapport d’expertise qu’il avait ordonnée pour déterminer la valeur des terrains en cause à la date d’introduction de la requête, il estima que M. S. avait droit à une indemnisation d’un montant de 88 025 000 000 TRL (soit environ 71 890 EUR à l’époque des faits), augmentée d’intérêts moratoires au taux légal à compter du 15 octobre 2001, en contrepartie de l’inscription des terrains litigieux au nom du Trésor.
14. M. A. S. décéda en juin 2002. Les requérants continuèrent le procès en qualité d’héritiers.
15. Le 27 décembre 2002, la Cour de cassation cassa le jugement rendu par la juridiction de première instance. Relevant que l’administration occupait les terrains depuis 1968, elle jugea que les conditions de la prescription acquisitive posées par l’article 38 de la loi no 2942 étaient réunies.
16. Le 18 mars 2003, elle rejeta le recours en rectification de l’arrêt du 27 décembre 2002.
17. Par un arrêt rendu le 10 avril 2003, publié au Journal officiel le 4 novembre 2003, la Cour constitutionnelle, à l’unanimité, déclara l’article 38 de la loi no 2942 non conforme à la Constitution et l’annula.
18. Le 20 novembre 2003, le tribunal, statuant sur renvoi, persista dans son jugement précédent et donna gain de cause aux requérants en se fondant notamment sur la décision de la Cour constitutionnelle. En conséquence, il condamna l’administration à payer aux requérants la somme de 88 025 000 000 de TRL (soit environ 50 470 EUR à l’époque des faits), augmentée d’intérêts moratoires au taux légal à compter du 15 octobre 2001. Il ordonna également l’inscription des terrains litigieux au nom du Trésor.
19. Le 24 février 2004, la Cour de cassation confirma en toutes ses dispositions le jugement du 20 novembre 2003.
20. Le 13 avril 2004, les requérants saisirent le bureau local de l’exécution et du recouvrement des créances (« le bureau de l’exécution »). Ils demandèrent que le montant de leur créance soit augmenté d’intérêts moratoires au taux maximum applicable aux dettes publiques en vertu de l’article 46 de la Constitution. Le bureau de l’exécution délivra à l’administration une injonction de payer à cet effet.
21. Le 30 avril 2004, contestant la demande des requérants relative à l’application du taux maximum, l’administration fit opposition à l’injonction de payer.
22. Le 31 mai 2004, le tribunal d’exécution de Kandıra donna gain de cause à l’administration. Il considéra que le taux d’intérêt applicable à la créance des requérants était le taux légal, non le taux maximum applicable aux dettes publiques. A cet égard, il fit observer que les dispositions de l’article 46 de la Constitution ne concernaient que les cas d’expropriation formelle et que la créance des intéressés ne résultait pas de l’octroi d’une indemnité due au titre d’une telle expropriation sinon de l’allocation de dommages et intérêts en réparation du préjudice causé par l’expropriation de fait de leurs terrains.
23. Le 30 septembre 2004, la Cour de cassation rejeta le pourvoi des requérants et confirma en toutes ses dispositions le jugement attaqué.
24. Le 26 octobre 2004, l’arrêt de la Cour de cassation du 24 février 2004 fut notifié aux intéressés.
25. L’administration procéda au paiement de la créance des requérants en deux versements, s’acquittant de la somme de 89 216 600 000 TRL (soit 47 045 EUR environ à l’époque des faits) le 21 octobre 2004, et de celle de 106 398 000 000 TRL (soit 56 880 EUR environ à l’époque des faits) le 22 décembre 2004.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
26. Les passages pertinents de l’article 46 de la Constitution, tel que modifié par l’article 18 de la loi no 4709 du 3 octobre 2001, sont ainsi libellés :
« (…) L’indemnité d’expropriation et l’indemnité complémentaire devenue définitive seront versées en espèces et au comptant (…) Les indemnités d’expropriation demeurant impayées pour une raison quelconque seront productives d’intérêts au taux maximum applicable aux créances publiques (…) »
27. Par un arrêt du 13 juillet 2005, l’assemblée plénière de la Cour de cassation jugea que l’article 46 de la Constitution ne s’appliquait qu’aux expropriations formelles, non aux expropriations de fait. A cet égard, elle rappela son arrêt de principe du 16 mai 1956 selon lequel l’occupation, par l’administration, de terrains n’ayant pas fait l’objet d’une expropriation formelle engage la responsabilité délictuelle de l’Etat sur le fondement du droit des obligations, laquelle donne lieu à réparation intégrale – sous forme de dommages et intérêts – du préjudice causé à l’exproprié du fait de la perte de propriété découlant de l’occupation illégale.
28. Par un arrêt du 12 avril 2006, l’assemblée plénière de la Cour de cassation décida que les intérêts moratoires mentionnés à l’article 46 de la Constitution ne s’appliquaient qu’en cas de défaut de paiement d’indemnités dues au titre d’une expropriation formelle. Elle précisa que, dans le cas d’une action en majoration d’une indemnité d’expropriation formelle, le taux d’intérêt applicable pour la période allant de la saisine du tribunal jusqu’à la date de la décision définitive était le taux légal, et que le taux maximum prévu pour les dettes publiques s’appliquait après cette date jusqu’à ce que l’administration honore sa dette.
29. Les données économiques pertinentes à l’époque des faits peuvent se résumer comme suit :
* Taux légal
– du 15 octobre 2001 au 30 juin 2002 : 60 % ;
– du 1er juillet 2002 au 30 juin 2003 : 55 % ;
– du 1er juillet 2003 au 31 décembre 2003 : 55 % ;
– du 1er janvier 2004 au 30 juin 2004 : 43 % ;
– du 1er juillet 2004 au 22 décembre 2004 : 38 %.
* Taux maximum applicable aux créances publiques
– du 15 octobre 2001 au 30 janvier 2002 : 120 %
– du 31 janvier 2002 au 11 novembre 2003 : 84 %
– du 12 novembre 2003 au 22 décembre 2004 : 48 %.
* Par ailleurs, il convient de signaler que les effets de l’inflation en Turquie peuvent être évalués par référence aux indices des prix de détail publiés par l’Institut national de la statistique.
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
30. Invoquant l’article 1 du Protocole no 1 et les articles 17 et 18 de la Convention, les requérants dénoncent une atteinte à leur droit au respect de leurs biens, reprochant à l’administration d’avoir occupé leurs terrains pendant de longues années sans qu’une décision d’expropriation en bonne et due forme n’ait été prise. Par ailleurs, ils allèguent que la décision des juridictions nationales d’appliquer à leur créance le taux d’intérêt moratoire légal en lieu et place du taux maximum applicable aux dettes publiques, tel que défini par l’article 46 de la Constitution, a conduit à une réduction du montant de l’indemnité qui leur était due.
L’article 1 du Protocole no 1 est ainsi libellé :
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
Les dispositions pertinentes de l’article 17 de la Convention se lisent ainsi :
« Aucune des dispositions de la (…) Convention ne peut être interprétée comme impliquant pour un Etat, un groupement ou un individu, un droit quelconque de se livrer à une activité ou d’accomplir un acte visant à la destruction des droits ou libertés reconnus dans la (…) Convention ou à des limitations plus amples de ces droits et libertés que celles prévues à [la] Convention. »
L’article 18 de la Convention dispose ce qui suit :
« Les restrictions qui, aux termes de la présente Convention, sont apportées auxdits droits et libertés ne peuvent être appliquées que dans le but pour lequel elles ont été prévues. »
A. Sur la recevabilité
1. Sur l’exception tirée du non-respect du délai de six mois
31. Le Gouvernement excipe du non-respect du délai de six mois (l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention), soutenant que les requérants n’ont pas introduit la présente requête dans les six mois ayant suivi l’arrêt rendu par la Cour de cassation le 24 février 2004.
32. La Cour observe que l’arrêt en question a été notifié aux intéressés le 26 octobre 2004. La présente requête ayant été introduite le 9 mars 2005, l’exception du Gouvernement ne saurait être retenue.
2. Sur l’exception tirée du non-épuisement des voies de recours internes
33. Le Gouvernement excipe du non-épuisement des voies de recours internes (l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention), faisant valoir que les requérants n’ont pas exercé le recours prévu par l’article 105 du code des obligations.
34. La Cour observe que le moyen avancé par le Gouvernement porte sur une voie d’indemnisation accessoire permettant de réparer, dans certaines conditions, une perte non couverte par les intérêts moratoires appliqués à une créance. Or l’objet de ce recours ne coïncide pas avec celui de la plainte formulée par la partie requérante, qui soulève la question – plus générale – de la légalité de la pratique de l’expropriation de fait dénoncée en l’espèce. Dès lors, la Cour considère que l’exception du Gouvernement ne saurait être retenue.
3. Autres motifs d’irrecevabilité
35. La Cour constate que les griefs des requérants ne sont pas manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § 3 de la Convention et qu’ils ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
1. Thèses des parties
36. Le Gouvernement soutient qu’il n’y a eu aucune atteinte au droit des requérants au respect de leurs biens au sens de l’article 1 du Protocole no 1. Reconnaissant que la procédure d’expropriation n’a pas été mise en œuvre dans les conditions prévues par la loi, il fait cependant observer que les terrains litigieux ont été occupés par le ministère de la Défense pour cause d’utilité publique et que les juridictions nationales saisies par les intéressés les ont intégralement indemnisés à la hauteur de la valeur des terrains en question en leur octroyant des dommages et intérêts. Par ailleurs, il avance que l’application à la créance des requérants du taux légal des intérêts moratoires en vigueur à l’époque pertinente était conforme à la loi, le taux prévu par l’article 46 de la Constitution étant inapplicable car exclusivement réservé aux cas d’expropriation formelle. En outre, la détermination du taux des intérêts moratoires relèverait de la marge d’appréciation dont les Etats contractants jouissent en matière de fixation des modalités de dédommagement. De plus, à supposer même que le taux maximal applicable aux dettes publiques ait pu être appliqué en l’espèce, la différence avec le taux légal n’aurait pas été de nature à emporter violation de l’article 1 du Protocole no 1 puisque l’administration se serait immédiatement conformée aux décisions de justice en payant sa dette envers les requérants.
37. Les requérants contestent la thèse du Gouvernement et, alléguant que l’expropriation de leurs terrains n’était pas conforme au principe de légalité, soutiennent qu’ils en ont été privés de leur propriété dans des circonstances incompatibles avec l’article 1 du Protocole no 1. Ils plaident que l’expropriation de fait est une pratique qui permet aux pouvoirs publics d’acquérir un bien en toute illégalité, sans respecter les formes et les procédures légales de l’expropriation formelle. En ce qui concerne l’indemnisation, les intéressés réitèrent leur thèse selon laquelle le taux des intérêts moratoires appliqué aux indemnités pour expropriation de fait était insuffisant par rapport au taux maximal applicable aux dettes publiques, en vertu de l’article 46 de la Constitution, et qu’il en est résulté pour eux une perte par rapport au montant qui aurait dû leur être accordé à ce titre.
2. Appréciation de la Cour
38. La Cour examinera les griefs des requérants tirés des articles 17 et 18 de la Convention combinés avec l’article 1 du Protocole no 1 seulement sous l’angle de cette dernière disposition.
39. En ce qui concerne la question de l’existence d’une ingérence, la Cour note que les parties s’accordent à dire qu’il y a eu « privation de propriété ».
40. A cet égard, elle relève que les juridictions nationales ont constaté que l’administration avait occupé les terrains des requérants sans qu’une procédure d’expropriation n’ait été mise en œuvre dans les conditions prévues par la loi. En conséquence, elles ont décidé d’octroyer aux intéressés des dommages et intérêts pour expropriation de fait en contrepartie de l’inscription foncière des biens en cause au nom du Trésor. La Cour conclut que l’arrêt confirmatif rendu par la Cour de cassation le 24 février 2004 et notifié aux requérants le 26 octobre 2004 a bien eu pour effet de les priver de leurs biens au sens de la deuxième phrase de l’article 1 du Protocole no 1 (Carbonara et Ventura c. Italie, no 24638/94, § 61, CEDH 2000-VI, et Brumărescu c. Roumanie [GC], no 28342/95, § 77, CEDH 1999-VII).
41. Or pour être compatible avec l’article 1 du Protocole no 1, une telle ingérence doit être opérée « pour cause d’utilité publique » et « dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux de droit international » : elle doit ménager un « juste équilibre » entre les exigences de l’intérêt général de la communauté et les impératifs de la sauvegarde des droits fondamentaux de l’individu (Sporrong et Lönnroth c. Suède, 23 septembre 1982, § 69, série A no 52), étant entendu que la nécessité d’examiner la question du juste équilibre ne peut se faire sentir que « lorsqu’il s’est avéré que l’ingérence litigieuse a respecté le principe de légalité et n’était pas arbitraire » (Iatridis c. Grèce [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999-II, et Beyeler c. Italie [GC], no 33202/96, § 107, CEDH 2000-I).
42. En effet, la prééminence du droit, l’un des principes fondamentaux d’une société démocratique, étant inhérente à l’ensemble de la Convention (Iatridis, précité, § 58), l’article 1 du Protocole no 1 exige, avant tout et surtout, qu’une ingérence de l’autorité publique dans la jouissance du droit au respect des biens soit légale.
43. Dans ce contexte, la Cour observe d’abord que la pratique de l’expropriation de fait permet à l’administration d’occuper un bien immobilier et d’en transformer irréversiblement la destination, de telle sorte qu’il soit finalement considéré comme acquis au patrimoine public sans qu’il y ait eu le moindre acte formel et déclaratoire du transfert de propriété. En l’absence d’un tel acte, le seul élément qui permette de légitimer le transfert du bien occupé et de garantir rétroactivement une certaine sécurité juridique est le jugement du tribunal saisi qui ordonne le transfert de propriété après avoir constaté l’illégalité de l’occupation dénoncée et alloué aux demandeurs des dommages et intérêts, dits « indemnité d’expropriation de fait ». Cette pratique a pour effet de contraindre les intéressés – qui demeurent formellement propriétaires de leurs biens sur le plan juridique – à ester en justice contre l’administration qui, jusqu’alors, n’a jamais eu à justifier son acte par un quelconque motif d’utilité publique puisque la réalité d’un tel motif ne peut faire l’objet que d’une appréciation a posteriori par les tribunaux. Autrement dit, le constat d’une expropriation de fait tend dans tous les cas à entériner juridiquement une situation irrégulière volontairement créée par l’administration et à permettre à celle-ci de tirer bénéfice de son comportement illégal.
44. Il s’ensuit que l’expropriation de fait constitue une pratique permettant à l’administration d’occuper un bien et de le transformer sans avoir indemnisé au préalable son propriétaire. Ce sont donc les justiciables qui doivent entamer une action en indemnisation et, de ce fait, engager des frais de procédure pour faire valoir leurs droits, alors qu’en matière d’expropriation formelle, la procédure est déclenchée par l’administration expropriante, qui doit en principe supporter les frais de justice à défaut de règlement amiable.
45. A l’aune de ce qui précède, la Cour estime que ce procédé permettant à l’administration de passer outre les règles de l’expropriation formelle expose les justiciables au risque d’un résultat imprévisible et arbitraire. Il n’est pas apte à assurer un degré suffisant de sécurité juridique et ne saurait constituer une alternative à une expropriation en bonne et due forme (Scordino c. Italie (no 3), no 43662/98, § 89, 17 mai 2005, et Guiso-Gallisay c. Italie, no 58858/00, § 87, 8 décembre 2005).
46. Dans la présente affaire, la Cour observe que l’administration s’est appropriée les terrains des requérants au mépris des règles régissant l’expropriation formelle et sans leur verser d’indemnité à ce titre.
47. Elle note que les juridictions turques ont entériné la pratique de l’expropriation de fait en jugeant que les requérants avaient été privés de leurs biens du fait de l’occupation de leurs terrains par l’administration pour cause d’utilité publique.
48. Or, en l’absence d’un acte formel d’expropriation, la Cour estime que cette situation ne pouvait être considérée comme « prévisible » pour les intéressés puisque ce n’est que depuis que le jugement du tribunal de grande instance de Kandıra est devenu définitif – en acquérant force de chose jugée après l’arrêt confirmatif de la Cour de cassation – que l’on peut conclure à l’application effective de la pratique de l’expropriation de fait et que la méthode employée par l’administration pour rattacher les terrains litigieux au domaine public a été sanctionnée. Autrement dit, ce n’est que le 24 février 2004 – date à laquelle la Cour de cassation a confirmé le jugement du tribunal de grande instance de Kandıra – que les requérants ont bénéficié de la « sécurité juridique » concernant la privation de leurs terrains.
49. En ce qui concerne la question de l’indemnisation, la Cour ne saurait admettre que le taux d’intérêt maximal applicable aux dettes publiques en vertu de l’article 46 de la Constitution soit réservé aux expropriations formelles et exclu en matière d’expropriation sans base légale. En effet, le fait que la créance des requérants victimes d’une expropriation irrégulière en la forme soit majorée d’un taux moins élevé sur la période allant de la date de la décision de la Cour de cassation jusqu’à celle de son paiement complet par l’administration est de nature à avantager les pouvoirs publics et à les inciter à privilégier les expropriations sans base légale au détriment des expropriations classiques, pour des raisons économiques. Cette situation n’est pas de nature à favoriser la bonne administration des procédures d’expropriation et à prévenir des épisodes d’illégalité (Scordino, précité, § 96).
50. A la lumière de ces considérations, la Cour estime que la situation en cause a permis à l’administration de tirer parti d’une occupation illégale des terrains au détriment des requérants.
51. En conséquence, elle estime que l’ingérence litigieuse n’est pas compatible avec le principe de légalité et qu’elle a donc enfreint le droit des requérants au respect de leurs biens.
52. Dès lors, il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1.
II. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 46 DE LA CONVENTION
53. Aux termes de l’article 46 de la Convention,
« 1. Les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs de la Cour dans les litiges auxquels elles sont parties.
2. L’arrêt définitif de la Cour est transmis au Comité des Ministres qui en surveille l’exécution. »
54. La Cour a jugé que la pratique de l’expropriation de fait emportait violation de l’article 1 du Protocole no 1 en ce qu’elle était incompatible avec le principe de légalité et, a fortiori, avec les exigences de la sécurité juridique (paragraphes 45 et 51-52 ci-dessus).
55. Par ailleurs, au vu notamment du nombre élevé de requêtes dont elle se trouve saisie sur la même question, elle estime que la violation du droit des requérants au titre de l’article 1 du Protocole no 1 tire son origine d’un problème structurel lié à des agissements extrajudiciaires par lesquels l’administration turque s’approprie des biens de manière irrégulière. Or, la Cour a déjà réaffirmé l’impossibilité de mettre sur le même plan l’expropriation régulière et l’expropriation de fait (paragraphe 45 ci-dessus, et Guiso-Gallisay c. Italie (satisfaction équitable) [GC], no 58858/00, § 95, 22 décembre 2009). Dans ces conditions, eu égard aux circonstances de l’espèce, la Cour se propose d’analyser les conséquences pouvant être tirées de l’article 46 de la Convention pour l’Etat défendeur avant d’examiner les demandes de satisfaction équitable présentées au titre de l’article 41 de la Convention.
56. A cet égard, la Cour rappelle qu’aux termes de cette disposition, les Hautes Parties contractantes s’engagent à se conformer aux arrêts définitifs rendus par elle dans les litiges auxquels elles sont parties, le Comité des Ministres étant chargé d’en surveiller l’exécution. Il en découle notamment que, lorsque la Cour constate une violation, l’Etat défendeur a l’obligation juridique non seulement de verser aux intéressés les sommes allouées au titre de la satisfaction équitable prévue par l’article 41 de la Convention, mais aussi de choisir, sous le contrôle du Comité des Ministres, les mesures générales et/ou, le cas échéant, individuelles à intégrer dans son ordre juridique interne afin de mettre un terme à la violation constatée par la Cour et d’en effacer autant que possible les conséquences. L’Etat défendeur demeure libre, sous le contrôle du Comité des Ministres, de choisir les moyens de s’acquitter de son obligation juridique au regard de l’article 46 de la Convention, pour autant que ces moyens soient compatibles avec les conclusions contenues dans l’arrêt de la Cour (Scozzari et Giunta c. Italie [GC], nos 39221/98 et 41963/98, § 249, CEDH 2000-VIII, et Broniowski c. Pologne [GC], no 31443/96, § 192, CEDH 2004-V).
57. En outre, il résulte de la Convention, et notamment de son article 1, qu’en ratifiant la Convention, les Etats contractants s’engagent à faire en sorte que leur droit interne soit compatible avec celle-ci (Maestri c. Italie [GC], no 39748/98, § 47, CEDH 2004-I).
58. Bien qu’en principe, il n’appartienne pas à la Cour de définir quelles peuvent être les mesures de redressement appropriées pour que l’Etat défendeur s’acquitte de ses obligations au regard de l’article 46 de la Convention, eu égard à la situation de caractère structurel qu’elle constate, la Cour observe que des mesures générales au niveau national s’imposent sans aucun doute dans le cadre de l’exécution du présent arrêt, mesures qui doivent prendre en considération les nombreuses personnes touchées.
59. Pour remplir ses obligations au titre de l’article 46 de la Convention, la Cour estime que l’Etat devrait, avant tout, prendre des mesures visant à prévenir toute occupation illégale de biens immobiliers, qu’il s’agisse d’occupation sans titre depuis le début ou d’occupation initialement autorisée et devenue sans titre par la suite.
60. Dans cette optique, il serait concevable de n’autoriser l’occupation de tels biens que lorsqu’il est établi que le projet et les décisions d’expropriation ont été adoptés dans le respect des règles fixées par la loi et qu’ils sont assortis d’une ligne budgétaire apte à garantir une indemnisation rapide et adéquate des intéressés.
61. En outre, l’Etat défendeur devrait décourager les pratiques non conformes aux règles des expropriations en bonne et due forme, en adoptant des dispositions dissuasives et en recherchant le cas échéant, les responsabilités des auteurs de telles pratiques.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
62. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
63. Soutenant que le taux des intérêts moratoires appliqué aux indemnités pour expropriation sans base légale est insuffisant, les requérants estiment avoir subi un préjudice matériel s’élevant à 43 854 EUR. Au titre du préjudice moral, ils sollicitent conjointement 50 000 EUR. Ils demandent que ces indemnités soient majorées à compter du 26 octobre 2004 d’intérêts moratoires au taux maximal appliqué par la Banque centrale européenne pour les comptes d’épargnes.
64. Le Gouvernement invite la Cour à rejeter les prétentions des requérants, qu’il juge excessives et dépourvues de fondement. Il avance qu’ils n’ont pas démontré avoir subi un dommage et que l’octroi d’une satisfaction équitable constituerait pour les intéressés un enrichissement sans cause. Il ne formule aucune observation quant aux frais et dépens.
65. En ce qui concerne le préjudice matériel, la Cour estime que, compte tenu de l’ensemble des circonstances de l’affaire, et notamment du fait que les requérants ont obtenu l’intégralité des dommages et intérêts qu’ils ont demandés devant juridictions nationales (paragraphes 12 et 18 ci-dessus), son examen peut se limiter à la question de savoir si les intérêts moratoires légaux appliqués à leur créance ont compensé la dépréciation monétaire enregistrée sur la période allant de la saisine du tribunal de grande instance de Kandıra au paiement effectif des sommes allouées par lui. Ayant procédé à son propre calcul à la lumière des données économiques pertinentes dont elle dispose (paragraphe 29 ci-dessus) et de sa jurisprudence (Aka c. Turquie, 23 septembre 1998, §§ 55-57, Recueil des arrêts et décisions 1998-VI), la Cour estime que les intéressés n’ont pas subi de préjudice distinct de celui que leur a causé la perte de leurs terrains consécutive à l’expropriation de fait dénoncée en l’espèce. Elle rejette donc la demande des requérants pour préjudice matériel.
66. S’agissant du préjudice moral, la Cour estime que le sentiment d’impuissance et de frustration ressenti par les requérants face à la dépossession illégale de leurs biens et à la nécessité de saisir les tribunaux pour faire valoir leurs droits a causé aux intéressés un préjudice moral certain appelant une réparation adéquate. Dès lors, statuant en équité, comme le veut l’article 41 de la Convention, la Cour décide d’allouer conjointement aux requérants 1 800 EUR de ce chef.
B. Frais et dépens
67. En ce qui concerne les frais et dépens, les requérants sollicitent 15 000 livres turques (TRY) – soit environ 8 000 EUR – pour les honoraires d’avocat et 1 122 TRY – soit environ 600 EUR – pour les frais de traduction. A titre de justificatif, ils fournissent une convention d’honoraires et des quittances relatives à des frais de traduction.
68. Le Gouvernement ne formule aucun commentaire sur ce point.
69. Compte tenu des documents en sa possession et de ses critères en la matière (Bottazzi c. Italie [GC], no 34884/97, § 30, CEDH 1999-V, et Sawicka c. Pologne, no 37645/97, § 54, 1er octobre 2002), la Cour estime raisonnable la somme de 1 000 EUR tous frais confondus et l’accorde conjointement aux requérants.
C. Intérêts moratoires
70. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser conjointement aux requérants, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif conformément à l’article 44 § 2 de la Convention, les sommes suivantes, à convertir en livres turques au taux applicable à la date du règlement :
i. 1 800 EUR (mille huit cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt, pour dommage moral,
ii. 1 000 EUR (mille euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les intéressés, pour frais et dépens ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
4. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 27 mai 2010, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Sally Dollé Françoise Tulkens
Greffière Présidente

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