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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SANTOS PINTO c. PORTUGAL

Tipologia: Sentenza
Importanza: 2
Articoli: 06, 29
Numero: 39005/04/2008
Stato: Portogallo
Data: 2008-05-20 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusione Parzialmente ammissibile; Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA SANTOS PINTO C. PORTOGALLO
( Richiesta no 39005/04)
SENTENZA
STRASBURGO
20 maggio 2008
DEFINITIVO
20/08/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa Santos Pinto c. Portogallo,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Rıza Türmen, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 aprile 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 39005/04) diretta contro la Repubblica portoghese e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. R. F. S. P. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 ottobre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da L. H., avvocato a Strasburgo. Il governo portoghese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig. J. Miguel, procuratore generale aggiunto.
3. Il richiedente adduceva la violazione del suo diritto di accesso ad un tribunale in ragione di una decisione di rigetto del suo ricorso contro una decisione arbitrale che fissava l’importo di un’indennità di espropriazione. Adduceva peraltro una violazione del diritto al rispetto dei suoi beni.
4. Il 2 marzo 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte complementari (articolo 54 dell’ordinamento). Il richiedente ha peraltro, su richiesta della Corte, depositato delle ulteriori informazioni, il 6 dicembre 2007.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1936 e risiede a Cahors (Francia).
7. Il richiedente era proprietario di un terreno agricolo, costituito da due appezzamenti adiacenti, ubicati a Cartaxo (Portogallo).
8. Con un’ordinanza del segretario di stato ai Lavori pubblici del 21 maggio 2001, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 7 giugno 2001, l’espropriazione dei due appezzamenti in causa, nominati coi numeri 95 e 95-I, fu dichiarata di utilità pubblica allo scopo di procedere alla costruzione di una bretella di accesso all’autostrada A1.
9. Questo fu all’origine di due procedimenti differenti.
A. Il procedimento concernente l’appezzamento nº 95
10. Con una lettera del 12 giugno 2001, l’istituto per la costruzione stradale (l’ICOR) l’entità espropriata, propose al richiedente di procedere ad un’espropriazione amichevole mediante il versamento della somma di 433 200 escudo portoghesi.
11. Avendo rifiutato il richiedente questa proposta, fu designato un perito, conformemente alla legge, dal presidente della corte di appello di Évora, per determinare il valore dell’appezzamento espropriato. La perizia ebbe luogo il 22 giugno 2001, avendo il perito rilevato in particolare che si trattava di una superficie di 850 m², coltivabile e che si trovava in quel momento ricoperta di erba.
12. L’ 11 luglio 2001, l’ICOR prese possesso del terreno.
13. A difetto di accordo tra le parti, fu nominata una commissione di arbitraggio dal presidente della corte di appello di Évora. Rese la sua decisione il 29 aprile 2002, fissando, all’unanimità, l’indennità di espropriazione a 2 532 euro (EUR).
14. Con una decisione del 4 novembre 2002, il giudice del tribunale di Cartaxo omologò la decisione arbitrale. Questa decisione fu notificata al richiedente con una lettera del 6 novembre 2002. Nella sua lettera, la cancelleria del tribunale di Cartaxo precisava che il richiedente aveva la possibilità di esercitare “il ricorso contemplato all’articolo 52 del codice delle espropriazioni, nel termine di 20 giorni.”
15. Con una lettera del 12 novembre 2002, il richiedente introdusse un ricorso contro la decisione in causa, considerando che l’indennità da versare sarebbe dovuta ammontare a 6 286 EUR.
16. Con un’ordinanza del 7 gennaio 2003, portata a cognizione del richiedente con una lettera del 24 gennaio 2003, il giudice del tribunale di Cartaxo invitò il richiedente a designare, entro dieci giorni, un avvocato, al motivo che la rappresentanza da parte di un consigliere era obbligatoria in questo tipo di procedimento.
17. L’ 11 febbraio 2003, il richiedente insistette sui suoi argomenti ed invitò il tribunale ad annullare la decisione arbitrale.
18. Con un’ordinanza del 17 febbraio 2003, il giudice, sottolineando che il richiedente non aveva dato seguito al suo invito del 7 gennaio 2003, dichiarò il ricorso inammissibile.
19. Il 13 marzo 2003, il richiedente, questa volta debitamente rappresentato da un avvocato, fece appello di questa decisione dinnanzi alla corte di appello di Évora. Addusse che la notificazione della decisione arbitrale che gli fu indirizzata non faceva menzione del fatto che il suo ricorso avrebbe potuto essere respinto in caso di non designazione di un avvocato. Per il richiedente, tale omissione, così come il rigetto ulteriore del suo ricorso, recava offesa al suo diritto di accesso ad un tribunale.
20. Con una sentenza del 29 aprile 2004, la corte di appello di Évora respinse il ricorso. Considerò che la semplice notificazione di una decisione arbitrale non esigeva di avvisare l’interessato delle conseguenze del difetto di rappresentanza da parte di un avvocato. La corte di appello sottolineò che gli era stata data l’opportunità di designare un avvocato, e che però non l’aveva fatto.
B. Il procedimento concernente l’appezzamento nº 95-I
21. In seguito all’omologazione della decisione arbitrale per il secondo appezzamento che aveva fissato l’importo dell’indennità di espropriazione a 8 976 EUR, il richiedente introdusse un ricorso simile a quello concernente l’appezzamento nº 95 che conobbe la stessa sorte del primo.
22. Il richiedente introdusse allora un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Évora, sollevando gli stessi mezzi del suo ricorso del 13 marzo 2003.
23. Con una sentenza del 1 luglio 2004, la corte di appello di Évora, deliberando in una formazione differente di quella che aveva esaminato il ricorso che riguardava l’appezzamento nº 95, accolse il ricorso del richiedente. La corte di appello considerò, riferendosi alla giurisprudenza dei corsi di appello di Puerto (sentenza del 29 aprile 2003) e di Lisbona (sentenza del 8 marzo 2001) così come alla sentenza della Corte suprema del 3 novembre 1988, che la notificazione indirizzata al richiedente ai fini di designazione di un avvocato avrebbe dovuto includere un’informazione sulle conseguenze del difetto di rappresentanza dell’interessato. Siccome è stato così, la corte di appello annullò l’ordinanza in causa del giudice del tribunale di Cartaxo ed ordinò il proseguimento del procedimento.
24. Secondo le informazioni trasmesse alla Corte dal richiedente, il procedimento è sempre pendente, in attesa dei risultato di una nuova stima dell’appezzamento in questione.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
25. L’articolo 32 del codice di procedimento civile dispone che la rappresentanza da parte di un avvocato è obbligatoria dinnanzi alle giurisdizioni civili quando il procedimento in causa è suscettibile delle vie di ricorso ordinarie e la posta finanziaria della controversia è superiore al “tasso di competenza” (alçada) del tribunale di prima istanza. Il tasso di competenza corrisponde ad un valore economico definito dalla legge, che si paragona alla posta della causa. Da questo valore dipendono in particolare l’apertura o meno della possibilità per le parti di interporre appello, e più generalmente le condizioni in cui un tribunale delibera senza che le sue decisioni vengano assoggettate alle vie di ricorso ordinarie. Il valore dei tassi di competenza è definito dalla legge di organizzazione dei tribunali giudiziali, adottata dalla legge nº 3/99 del 13 gennaio 1999. Al momento dei fatti, il valore del tasso di competenza del tribunale di prima istanza era di 3 740,98 EUR e quella della corte di appello era di 14 963,94 EUR, articolo 24 della legge nº 3/99.
26. L’articolo 33 dello stesso codice si legge così:
“Se una parte non designa un avvocato, mentre la rappresentanza da parte di avvocato è obbligatoria, il tribunale, d’ufficio o su richiesta della parte avversa, ordina che una notificazione venga indirizzata alla parte in causa ai fini di designazione di avvocato, in un termine preciso, sotto pena di vedere la sua richiesta respinta, o il suo ricorso di restare senza seguito, o la sua difesa senza effetto. “
27. Secondo una sentenza della Corte suprema del 3 novembre 1988 (pubblicata sul Boletim do Ministério da Justiça nº 369, p. 609) la notificazione contemplata al suddetto articolo 33 è efficace solamente se menziona anche le conseguenze del difetto di rappresentanza. Almeno due sentenze della corte di appello di Puerto vanno nello stesso senso, sentenze del 13 febbraio 1996 e del 29 aprile 2003 i cui sommari sono disponibili nella banca dati del ministero della Giustizia: http://www.dgsi.pt. La Corte suprema amministrativa segue la stessa giurisprudenza. In compenso altre sentenze della corte di appello di Puerto, del 21 febbraio 1990 (sommario disponibile su http://www.dgsi.pt) così come della corte di appello di Lisbona, del 28 gennaio 1992 e 3 giugno 1993 (sommari disponibili su http://www.dgsi.pt) sembrano lasciare intendere che la menzione delle conseguenze del difetto di rappresentanza non sarebbe una formalità esigibile.
28. L’articolo 678 del codice di procedimento civile, concernente l’ammissibilità dei ricorsi, disponeva in particolare, al momento dei fatti:
“1. Un ricorso ordinario è ammissibile solamente nelle cause il cui valore è superiore al tasso di competenza del tribunale la cui decisione è attaccata ed unicamente se questa ultima è sfavorevole al ricorrente per una parte lei stessa superiora alla metà del tasso di competenza di questo tribunale
4. È sempre ammissibile, ammesso di seguire il procedimento contemplato agli articoli 732-A e 732-B [riguardanti l’armonizzazione della giurisprudenza], il ricorso contro la sentenza di una corte di appello che è in contraddizione con un’altra sentenza di questa stessa corte o di un’altra corte di appello sulla stessa questione fondamentale di diritto e che, per un motivo estraneo al tasso di competenza del tribunale, non è suscettibile di ricorso ordinario, salvo se l’orientamento che si libera da questa sentenza è conforme ad una giurisprudenza anteriore consolidata della Corte suprema.
(…) “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
29. Il richiedente adduce che il rigetto del suo ricorso nella cornice del procedimento relativo all’appezzamento no 95 ha recato offesa al suo diritto di accesso ad un tribunale, previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
30. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
31. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
32. Il richiedente ricorda da prima, riferendosi alla giurisprudenza consolidata della Corte, che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi. Ora non ha avuto l’opportunità di fare valere la sua istanza in ragione del fatto che il tribunale di Cartaxo ha omesso di precisare, nella sua ordinanza del 7 gennaio 2003, che il ministero di un avvocato era obbligatorio e che il suo ricorso non avrebbe potuto essere esaminato se tale formalità non fosse stata compiuta. Per il richiedente, questo costituisce una violazione del diritto di accesso ad un tribunale.
33. Il richiedente sottolinea che la decisione inversa è stata presa nella cornice del ricorso che riguarda l’altro appezzamento di terreno. Ora tale differenza di interpretazione, nel contesto di un’esigenza procedurale, è contraria alla sicurezza giuridica che i giudicabili sono in diritto di aspettarsi da parte del loro sistema giudiziale.
34. Il richiedente ricorda a questo riguardo che non ha potuto introdurre un ricorso per armonizzazione di giurisprudenza, come previsto all’articolo 678 del codice di procedimento civile, essendo l’importo della controversia inferiore a quello del tasso di competenza pertinente.
35. Il Governo ricorda al primo colpo che il diritto di accesso ad un tribunale non è assoluto e che suscita delle limitazioni, in particolare in materia di ammissibilità dei ricorsi la cui regolamentazione incombe sullo stato che gode di un certo margine di valutazione in questo ambito. Esigere dal giudicabile la rappresentanza obbligatoria da parte di un avvocato non potrebbe essere contrario a tale diritto di accesso. Nello specifico, il richiedente è stato invitato a designare un avvocato ma l’ha fatto solamente tardivamente, essendo dunque inevitabile il rigetto del suo ricorso. Ora aveva il dovere di sapere, anche non essendo giurista, che la mancata osservanza dell’ingiunzione del tribunale provocherebbe a questo riguardo delle conseguenze sfavorevoli a suo riguardo.
36. Per il Governo, se è vero che la corte di appello di Évora ha avuto un approccio differente a una questione di diritto simile -anche se il Governo sostiene che non c’era un’identità perfetta tra situazioni- ciò è solamente l’espressione dell’indipendenza dei tribunali, non garantendo la Convenzione il diritto affinché una stessa questione giuridica sia oggetto di soluzioni uniformi.
37. Infine, il Governo conferma che l’introduzione di un ricorso per armonizzazione di giurisprudenza era esclusa in virtù dell’importo ridotto della controversia. Ad ogni modo, il Governo esprime dei dubbi sull’esistenza di una contraddizione diretta tra la sentenze della corte di appello di Évora del 29 aprile 2004 e la sentenza della Corte suprema del 3 novembre 1988 e considera che tale ricorso per armonizzazione non avrebbe rivestito nessuna chance di successo.
2. Valutazione della Corte
38. La Corte ricorda al primo colpo la sua giurisprudenza consolidata secondo la quale non le appartiene di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, in particolare ai corsi e tribunali, che tocca interpretare la legislazione interna. Peraltro, il “diritto ad un tribunale” di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare, non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in quanto alle condizioni di ammissibilità di un ricorso, perché richiama anche per sua natura una regolamentazione da parte dello stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione (Annoni di Gussola ed altri c. Francia, numeri 31819/96 e 33293/96, § 48, CEDH 2000-XI). In compenso, se l’articolo 6 § 1 della Convenzione non obbliga gli Stati contraenti ad istituire dei corsi di appello o di cassazione, non da meno se tali giurisdizioni vengono istituite, il procedimento che si svolge deve presentare le garanzie contemplate all’articolo 6, in particolare per il fatto che garantisce alle parti in causa un diritto effettivo di accesso ai tribunali per le decisioni relative ai “loro diritti ed obblighi di carattere civile” (Levages Prestations Services c. Francia, sentenza del 23 ottobre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, p. 1544, § 44).
39. Il ruolo della Corte nello specifico si limita a verificare la compatibilità con la Convenzione degli effetti dell’interpretazione delle regole in questione da parte delle giurisdizioni interne. Ciò è particolarmente vero trattandosi dell’interpretazione di regole di natura procedurale come quelle relative alle formalità ed ai termini da rispettare per formare un ricorso; mirando questa regolamentazione a garantire la buona amministrazione della giustizia ed il rispetto, in particolare, del principio della sicurezza giuridica, gli interessati devono potersi aspettare che queste regole siano applicate (Miragall Escolano ed altri c. Spagna, numeri 38366/97, 38688/97, 40777/98, 40843/98, 41015/98, 41400/98, 41446/98, 41484/98, 41487/98 e 41509/98, § 33, CEDH 2000-I).
40. La Corte nota che nello specifico il richiedente si è visto opporre il difetto di rappresentanza da parte di un avvocato in uno dei procedimenti ma no nell’altro. Ne consegue il fallimento del primo procedimento, mentre il ricorso formato nella cornice del secondo fu incoronato da successo-essendo la situazione di fatto peraltro identica nei due procedimenti. Infine, i due ricorsi interposti dal richiedente furono esaminati da due formazioni differenti della corte di appello di Évora.
41. A questo riguardo, la Corte riconosce che l’eventualità di divergenze di giurisprudenza è naturalmente inerente ad ogni sistema giudiziale che si fonda su un insieme di giurisdizioni del merito che ha autorità sulla loro giurisdizione territoriale. Ammette peraltro che tali divergenze possono apparire anche, come nello specifico, in seno ad una stessa giurisdizione. Ciò, in sé, non potrebbe essere contrario alla Convenzione.
42. Non da meno le giurisdizioni di ricorso, come i corsi di appello, devono portare un’attenzione particolare all’interpretazione armoniosa delle regole relative alle formalità e ai termini da rispettare per formare un ricorso. Ne va del rispetto del principio della sicurezza giuridica che è implicito nell’insieme degli articoli della Convenzione e costituisce uno degli elementi fondamentali dello stato di diritto (Baranowski c. Polonia, no 28358/95, § 56, CEDH 2000-III; vedere anche Beian c. Romania (no 1), no 30658/05, § 39, CEDH 2007 -… (brani)).
43. Nello specifico, la divergenza di valutazione di situazioni identiche da parte della corte di appello ha avuto per effetto di privare il richiedente della possibilità di fare esaminare da una giurisdizione superiore le sue obiezioni a proposito della decisione arbitrale su uno degli appezzamenti di terreno, mentre l’ha potuto fare nella cornice del procedimento relativo all’altro appezzamento dello stesso terreno.
44. Trattandosi di questo tipo di divergenza giurisprudenziale, il sistema portoghese dispone, come altri sistemi in Europa, dei mezzi per regolare dei conflitti come quello che è in causa, concedendo ad una giurisdizione suprema il potere di regolare i conflitti di giurisprudenza. Nello specifico, tuttavia, il richiedente era impedito a sottoporre questo conflitto alla Corte suprema in ragione del valore ridotto della controversia (vedere sopra paragrafi25 e 28). Così niente si oppone al fatto che gli Stati regolamentano l’accesso alle giurisdizioni di ricorso prendendo in conto, tra altri criteri, quello del valore economico della controversia, succede che nell’occorrenza l’applicazione di questa regola, nelle circostanze particolari dello specifico, ha privato il richiedente dell’accesso alla giurisdizione di ricorso. La Corte ricorda che la regolamentazione in materia di condizioni di ammissibilità dei ricorsi deve presentare una coerenza ed una chiarezza sufficiente (De Geouffre de la Pradelle c. Francia, sentenza del 16 dicembre 1992, serie A no 253-B, p. 43, § 35). Se il sistema portoghese non si presta in materia, in quanto tale, alla critica, non da meno la sua applicazione concreta nello specifico ha condotto ad un risultato contrario al principio della sicurezza giuridica e vicino al diniego di giustizia. La Corte ricorda a questo riguardo che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi (Airey c. Irlanda, sentenza del 9 ottobre 1979, serie A no 32, p. 12, § 24).
45. Visto ciò che precede, la Corte conclude che il diritto di accesso del richiedente ad un tribunale si è trovato raggiunto nella sua sostanza stessa. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
46. Il richiedente si lamenta dell’importo insufficiente dell’indennità di espropriazione. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1.
47. La Corte rileva che il richiedente non ha sollevato nessuno elemento che permette di pensare che l’indennità in causa non fosse in rapporto ragionevole col valore dell’appezzamento in questione. Non potrebbe così mettere a questo riguardo in causa le conclusioni delle giurisdizioni interne. Ne segue che non c’è nessuna apparenza di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, essendo questo motivo di appello di conseguenza manifestamente mal fondato. La Corte lo dichiara inammissibile dunque, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
48. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
49. Il richiedente non ha fatto richiesta di soddisfazione equa. Pertanto, la Corte stima che non c’è luogo di concedergli di somma a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dal diritto di accesso ad un tribunale ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 20 maggio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa

Testo Tradotto

Conclusion Partiellement recevable ; Violation de l’art. 6-1
DEUXIÈME SECTION
AFFAIRE SANTOS PINTO c. PORTUGAL
(Requête no 39005/04)
ARRÊT
STRASBOURG
20 mai 2008
DÉFINITIF
20/08/2008
Cet arrêt peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Santos Pinto c. Portugal,
La Cour européenne des Droits de l’Homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Françoise Tulkens, présidente,
Antonella Mularoni,
Ireneu Cabral Barreto,
Rıza Türmen,
Vladimiro Zagrebelsky,
Danutė Jočienė,
András Sajó, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 29 avril 2008,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 39005/04) dirigée contre la République portugaise et dont un ressortissant de cet Etat, M. R. F. S. P. (« le requérant »), a saisi la Cour le 28 octobre 2004 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des Droits de l’Homme et des Libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Le requérant est représenté par Me L. H., avocat à Strasbourg. Le gouvernement portugais (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. J. Miguel, procureur général adjoint.
3. Le requérant alléguait la violation de son droit d’accès à un tribunal en raison d’une décision de rejet de son recours contre une décision arbitrale fixant le montant d’une indemnité d’expropriation. Il alléguait par ailleurs une violation du droit au respect de ses biens.
4. Le 2 mars 2006, la Cour a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Se prévalant des dispositions de l’article 29 § 3, elle a décidé que seraient examinés en même temps la recevabilité et le bien-fondé de l’affaire.
5. Tant le requérant que le Gouvernement ont déposé des observations écrites complémentaires (article 54 du règlement). Le requérant a par ailleurs, sur demande de la Cour, déposé des renseignements supplémentaires, le 6 décembre 2007.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
6. Le requérant est né en 1936 et réside à Cahors (France).
7. Le requérant était propriétaire d’un terrain agricole, constitué de deux parcelles adjacentes, sis à Cartaxo (Portugal).
8. Par une ordonnance du secrétaire d’Etat aux Travaux publics du 21 mai 2001, publiée au Journal officiel le 7 juin 2001, l’expropriation des deux parcelles en cause, désignées par les numéros 95 et 95-I, fut déclarée d’utilité publique dans le but d’y procéder à la construction d’une bretelle d’accès à l’autoroute A1.
9. Ceci fut à l’origine de deux procédures différentes.
A. La procédure concernant la parcelle nº 95
10. Par une lettre du 12 juin 2001, l’Institut pour la construction routière (l’ICOR), l’entité expropriante, proposa au requérant de procéder à une expropriation amiable moyennant le versement de la somme de 433 200 escudos portugais.
11. Le requérant ayant refusé cette proposition, un expert fut désigné, conformément à la loi, par le président de la cour d’appel d’Évora, afin de déterminer la valeur de la parcelle expropriée. L’expertise eut lieu le 22 juin 2001, l’expert ayant notamment relevé qu’il s’agissait d’une surface de 850 m², cultivable et qui se trouvait à ce moment-là en herbe.
12. Le 11 juillet 2001, l’ICOR prit possession du terrain.
13. A défaut d’accord entre les parties, une commission d’arbitrage fut nommée par le président de la cour d’appel d’Évora. Elle rendit sa décision le 29 avril 2002, fixant, à l’unanimité, l’indemnité d’expropriation à 2 532 euros (EUR).
14. Par une décision du 4 novembre 2002, le juge du tribunal de Cartaxo homologua la décision arbitrale. Cette décision fut notifiée au requérant par lettre du 6 novembre 2002. Dans sa lettre, le greffe du tribunal de Cartaxo précisait que le requérant avait la possibilité d’exercer « le recours prévu à l’article 52 du code des expropriations, dans le délai de 20 jours ».
15. Par une lettre du 12 novembre 2002, le requérant introduisit un recours contre la décision en cause, considérant que l’indemnité à verser devrait s’élever à 6 286 EUR.
16. Par une ordonnance du 7 janvier 2003, portée à la connaissance du requérant par lettre du 24 janvier 2003, le juge du tribunal de Cartaxo invita le requérant à constituer, dans les dix jours, un avocat, au motif que la représentation par un conseil était obligatoire dans ce type de procédure.
17. Le 11 février 2003, le requérant insista sur ses arguments et invita le tribunal à infirmer la décision arbitrale.
18. Par une ordonnance du 17 février 2003, le juge, soulignant que le requérant n’avait pas donné suite à son invitation du 7 janvier 2003, déclara le recours irrecevable.
19. Le 13 mars 2003, le requérant, cette fois dûment représenté par un avocat, fit appel de cette décision devant la cour d’appel d’Évora. Il allégua que la notification de la décision arbitrale qui lui fut adressée ne faisait pas mention du fait que son recours pourrait être rejeté en cas de non constitution d’un avocat. Pour le requérant, une telle omission, ainsi que le rejet ultérieur de son recours, portait atteinte à son droit d’accès à un tribunal.
20. Par un arrêt du 29 avril 2004, la cour d’appel d’Évora rejeta le recours. Elle considéra que la simple notification d’une décision arbitrale n’exigeait pas de prévenir l’intéressé des conséquences du défaut de représentation par un avocat. La cour d’appel souligna que l’opportunité lui avait été donnée de constituer un avocat, et qu’il ne l’avait cependant pas fait.
B. La procédure concernant la parcelle nº 95-I
21. Suite à l’homologation de la décision arbitrale pour la seconde parcelle, qui avait fixé le montant de l’indemnité d’expropriation à 8 976 EUR, le requérant introduisit un recours similaire à celui concernant la parcelle nº 95, qui connut le même sort que le premier.
22. Le requérant introduisit alors un recours devant la cour d’appel d’Évora, soulevant les mêmes moyens que dans son recours du 13 mars 2003.
23. Par un arrêt du 1er juillet 2004, la cour d’appel d’Évora, statuant dans une formation différente de celle qui avait examiné le recours portant sur la parcelle nº 95, accueillit le recours du requérant. La cour d’appel considéra, se référant à la jurisprudence des cours d’appel de Porto (arrêt du 29 avril 2003) et de Lisbonne (arrêt du 8 mars 2001) ainsi qu’à l’arrêt de la Cour suprême du 3 novembre 1988, que la notification adressée au requérant aux fins de constitution d’un avocat aurait dû inclure une information sur les conséquences du défaut de représentation de l’intéressé. Comme tel n’avait pas été le cas, la cour d’appel annula l’ordonnance en cause du juge du tribunal de Cartaxo et ordonna la poursuite de la procédure.
24. Selon les renseignements transmis à la Cour par le requérant, la procédure est toujours pendante, en attente des résultats d’une nouvelle expertise de la parcelle en question.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
25. L’article 32 du code de procédure civile dispose que la représentation par un avocat est obligatoire devant les juridictions civiles lorsque la procédure en cause est susceptible des voies de recours ordinaires et que l’enjeu financier du litige est supérieur au « taux de compétence » (alçada) du tribunal de première instance. Le taux de compétence correspond à une valeur économique définie par la loi, que l’on compare à l’enjeu de l’affaire. De cette valeur dépendent en particulier l’ouverture ou non de la possibilité pour les parties d’interjeter appel, et plus généralement les conditions dans lesquelles un tribunal statue sans que ses décisions soient assujetties aux voies de recours ordinaires. La valeur des taux de compétence est définie par la loi d’organisation des tribunaux judiciaires, adoptée par la loi nº 3/99 du 13 janvier 1999. Au moment des faits, la valeur du taux de compétence du tribunal de première instance était de 3 740,98 EUR et celle de la cour d’appel était de 14 963,94 EUR (article 24 de la loi nº 3/99).
26. L’article 33 du même code se lit ainsi :
« Si une partie ne constitue pas un avocat, alors que la représentation par avocat est obligatoire, le tribunal, d’office ou sur demande de la partie adverse, ordonne qu’une notification soit adressée à la partie en cause aux fins de constitution d’avocat, dans un délai précis, sous peine de voir sa demande rejetée, ou son recours rester sans suite, ou sa défense sans effet. »
27. Selon un arrêt de la Cour suprême du 3 novembre 1988 (publié au Boletim do Ministério da Justiça nº 369, p. 609), la notification prévue à l’article 33 susmentionné n’est efficace que si elle mentionne également les conséquences du défaut de représentation. Au moins deux arrêts de la cour d’appel de Porto vont dans le même sens (arrêts des 13 février 1996 et du 29 avril 2003, dont les sommaires sont disponibles dans la base de données du ministère de la Justice : http://www.dgsi.pt). La Cour suprême administrative suit la même jurisprudence. En revanche, d’autres arrêts de la cour d’appel de Porto (du 21 février 1990, sommaire disponible sur http://www.dgsi.pt) ainsi que de la cour d’appel de Lisbonne (des 28 janvier 1992 et 3 juin 1993, sommaires disponibles sur http://www.dgsi.pt) semblent laisser entendre que la mention des conséquences du défaut de représentation ne serait pas une formalité exigible.
28. L’article 678 du code de procédure civile, concernant la recevabilité des recours, disposait notamment, au moment des faits :
« 1. Un recours ordinaire n’est recevable que dans les causes dont la valeur est supérieure au taux de compétence du tribunal dont la décision est attaquée et uniquement si cette dernière est défavorable à l’appelant pour une part elle-même supérieure à la moitié du taux de compétence de ce tribunal (…)
4. Est toujours recevable, à charge de suivre la procédure prévue aux articles 732-A et 732-B [portant sur l’harmonisation de jurisprudence], le recours contre l’arrêt d’une cour d’appel qui est en contradiction avec un autre arrêt de cette même cour ou d’une autre cour d’appel sur la même question fondamentale de droit et qui, pour un motif étranger au taux de compétence du tribunal, n’est pas susceptible de recours ordinaire, sauf si l’orientation qui se dégage de cet arrêt est conforme à une jurisprudence constante antérieure de la Cour suprême.
(…) »
EN DROIT
I. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION
29. Le requérant allègue que le rejet de son recours dans le cadre de la procédure relative à la parcelle no 95 a porté atteinte à son droit d’accès à un tribunal, prévu par l’article 6 § 1 de la Convention, ainsi libellé :
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
30. Le Gouvernement s’oppose à cette thèse.
A. Sur la recevabilité
31. La Cour constate que ce grief n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
1. Arguments des parties
32. Le requérant rappelle d’abord, se référant à la jurisprudence constante de la Cour, que la Convention a pour but de protéger des droits non pas théoriques ou illusoires, mais concrets et effectifs. Or il n’a pas eu l’opportunité de faire valoir sa demande en raison du fait que le tribunal de Cartaxo a omis de préciser, dans son ordonnance du 7 janvier 2003, que le ministère d’avocat était obligatoire et que son recours ne serait pas examiné si une telle formalité n’était pas accomplie. Pour le requérant, ceci constitue une violation du droit d’accès à un tribunal.
33. Le requérant souligne que la décision inverse a été prise dans le cadre du recours concernant l’autre parcelle de terrain. Or une telle différence d’interprétation, dans le contexte d’une exigence procédurale, est contraire à la sécurité juridique que les justiciables sont en droit d’attendre de la part de leur système judiciaire.
34. Le requérant rappelle à cet égard qu’il n’a pas pu introduire un recours en harmonisation de jurisprudence, tel que prévu à l’article 678 du code de procédure civile, le montant du litige étant inférieur à celui du taux de compétence pertinent.
35. Le Gouvernement rappelle d’emblée que le droit d’accès à un tribunal n’est pas absolu et qu’il se prête à des limitations, notamment en matière de recevabilité des recours, dont la réglementation incombe à l’Etat, qui jouit d’une certaine marge d’appréciation dans ce domaine. Exiger du justiciable la représentation obligatoire par un avocat ne saurait être contraire à un tel droit d’accès. En l’espèce, le requérant a été invité à constituer un avocat mais il ne l’a fait que tardivement, le rejet de son recours étant donc inévitable. Or il se devait de savoir, même n’étant pas juriste, que le non-respect de l’injonction du tribunal à cet égard entraînerait des conséquences défavorables à son égard.
36. Pour le Gouvernement, s’il est vrai que la cour d’appel d’Évora a eu une approche différente d’une question de droit similaire – même si le Gouvernement soutient qu’il n’y avait pas une identité parfaite de situations – cela n’est que l’expression de l’indépendance des tribunaux, la Convention ne garantissant pas le droit à ce qu’une même question juridique fasse l’objet de solutions uniformes.
37. Enfin, le Gouvernement confirme que l’introduction d’un recours en harmonisation de jurisprudence était exclue en vertu du montant réduit du litige. En tout état de cause, le Gouvernement émet des doutes sur l’existence d’une contradiction directe entre l’arrêt de la cour d’appel d’Évora du 29 avril 2004 et l’arrêt de la Cour suprême du 3 novembre 1988 et considère qu’un tel recours en harmonisation n’eût revêtu aucune chance de succès.
2. Appréciation de la Cour
38. La Cour rappelle d’emblée sa jurisprudence constante selon laquelle il ne lui appartient pas de se substituer aux juridictions internes. C’est au premier chef aux autorités nationales, notamment aux cours et tribunaux, qu’il incombe d’interpréter la législation interne. Par ailleurs, le « droit à un tribunal », dont le droit d’accès constitue un aspect particulier, n’est pas absolu et se prête à des limitations implicitement admises, notamment quant aux conditions de recevabilité d’un recours, car il appelle de par sa nature même une réglementation par l’Etat, lequel jouit à cet égard d’une certaine marge d’appréciation (Annoni di Gussola et autres c. France, nos 31819/96 et 33293/96, § 48, CEDH 2000-XI). En revanche, si l’article 6 § 1 de la Convention n’oblige pas les Etats contractants à instituer des cours d’appel ou de cassation, il n’en demeure pas moins que si de telles juridictions sont instituées, la procédure qui s’y déroule doit présenter les garanties prévues à l’article 6, notamment en ce qu’il assure aux plaideurs un droit effectif d’accès aux tribunaux pour les décisions relatives à « leurs droits et obligations de caractère civil » (Levages Prestations Services c. France, arrêt du 23 octobre 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996-V, p. 1544, § 44).
39. Le rôle de la Cour en l’espèce se limite à vérifier la compatibilité avec la Convention des effets de l’interprétation des règles en question par les juridictions internes. Cela est particulièrement vrai s’agissant de l’interprétation de règles de nature procédurale telles que celles relatives aux formalités et aux délais à respecter pour former un recours ; cette réglementation visant à assurer la bonne administration de la justice et le respect, en particulier, du principe de la sécurité juridique, les intéressés doivent pouvoir s’attendre à ce que ces règles soient appliquées (Miragall Escolano et autres c. Espagne, nos 38366/97, 38688/97, 40777/98, 40843/98, 41015/98, 41400/98, 41446/98, 41484/98, 41487/98 et 41509/98, § 33, CEDH 2000-I).
40. La Cour note qu’en l’espèce le requérant s’est vu opposer le défaut de représentation par un avocat dans l’une des procédures mais non dans l’autre. S’ensuivit l’échec de la première procédure, tandis que le recours formé dans le cadre de la seconde fut couronné de succès – la situation de fait étant par ailleurs identique dans les deux procédures. Enfin, les deux recours interjetés par le requérant furent examinés par deux formations différentes de la cour d’appel d’Évora.
41. A cet égard, la Cour reconnaît que l’éventualité de divergences de jurisprudence est naturellement inhérente à tout système judiciaire reposant sur un ensemble de juridictions du fond ayant autorité sur leur ressort territorial. Elle admet par ailleurs que de telles divergences peuvent également apparaître, comme en l’espèce, au sein d’une même juridiction. Cela, en soi, ne saurait être contraire à la Convention.
42. Il n’en demeure pas moins que les juridictions de recours, telles que les cours d’appel, doivent porter une attention particulière à l’interprétation harmonieuse des règles relatives aux formalités et délais à respecter pour former un recours. Il y va du respect du principe de la sécurité juridique, qui est implicite dans l’ensemble des articles de la Convention et constitue l’un des éléments fondamentaux de l’Etat de droit (Baranowski c. Pologne, no 28358/95, § 56, CEDH 2000-III ; voir également Beian c. Roumanie (no 1), no 30658/05, § 39, CEDH 2007-… (extraits)).
43. En l’espèce, la divergence d’appréciation de situations identiques par la cour d’appel a eu pour effet de priver le requérant de la possibilité de faire examiner par une juridiction supérieure ses objections à propos de la décision arbitrale sur l’une des parcelles de terrain, alors qu’il a pu le faire dans le cadre de la procédure relative à l’autre parcelle du même terrain.
44. S’agissant de ce type de divergence jurisprudentielle, le système portugais dispose, à l’instar d’autres systèmes en Europe, des moyens de régler des conflits comme celui qui est en cause, octroyant à une juridiction suprême le pouvoir de régler les conflits de jurisprudence. En l’espèce, toutefois, le requérant était empêché de soumettre ce conflit à la Cour suprême en raison de la valeur réduite du litige (voir paragraphes 25 et 28 ci-dessus). Si rien ne s’oppose à ce que les Etats réglementent l’accès aux juridictions de recours en prenant en compte, entre autres critères, celui de la valeur économique du litige, toujours est-il qu’en l’occurrence l’application de cette règle, dans les circonstances particulières de l’espèce, a privé le requérant de l’accès à la juridiction de recours. La Cour rappelle que la réglementation en matière de conditions de recevabilité des recours doit présenter une cohérence et une clarté suffisantes (De Geouffre de la Pradelle c. France, arrêt du 16 décembre 1992, série A no 253-B, p. 43, § 35). Si le système portugais en la matière ne prête pas, en tant que tel, à la critique, il n’en demeure pas moins que son application concrète en l’espèce a conduit à un résultat contraire au principe de la sécurité juridique et proche du déni de justice. La Cour rappelle à cet égard que la Convention a pour but de protéger des droits non pas théoriques ou illusoires, mais concrets et effectifs (Airey c. Irlande, arrêt du 9 octobre 1979, série A no 32, p. 12, § 24).
45. Vu ce qui précède, la Cour conclut que le droit d’accès du requérant à un tribunal s’est trouvé atteint dans sa substance même. Partant, il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 1 DU PROTOCOLE No 1
46. Le requérant se plaint du montant insuffisant de l’indemnité d’expropriation. Il invoque l’article 1 du Protocole no 1.
47. La Cour relève cependant que le requérant n’a soulevé aucun élément permettant de penser que l’indemnité en cause n’était pas en rapport raisonnable avec la valeur de la parcelle en question. Elle ne saurait ainsi mettre en cause les conclusions des juridictions internes à cet égard. Il s’ensuit qu’il n’y a aucune apparence de violation de l’article 1 du Protocole no 1, ce grief étant par conséquent manifestement mal fondé. La Cour le déclare donc irrecevable, en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
48. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
49. Le requérant n’a présenté aucune demande de satisfaction équitable. Partant, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de lui octroyer de somme à ce titre.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant au grief tiré du droit d’accès à un tribunal et irrecevable pour le surplus ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 20 mai 2008 en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Françoise Tulkens
Greffière adjointe Présidente

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