Conclusione Parzialmente ammissibile; Violazione dell’art. 6-1
SECONDA SEZIONE
CAUSA SANTOS PINTO C. PORTOGALLO
( Richiesta no 39005/04)
SENTENZA
STRASBURGO
20 maggio 2008
DEFINITIVO
20/08/2008
Questa sentenza può subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Santos Pinto c. Portogallo,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Francesca Tulkens, presidentessa, Antonella Mularoni, Ireneu Cabral Barreto, Rıza Türmen, Vladimiro Zagrebelsky, Danutė Jočienė, András Sajó, giudici,
e da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 29 aprile 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 39005/04) diretta contro la Repubblica portoghese e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. R. F. S. P. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 28 ottobre 2004 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente è rappresentato da L. H., avvocato a Strasburgo. Il governo portoghese (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, la Sig. J. Miguel, procuratore generale aggiunto.
3. Il richiedente adduceva la violazione del suo diritto di accesso ad un tribunale in ragione di una decisione di rigetto del suo ricorso contro una decisione arbitrale che fissava l’importo di un’indennità di espropriazione. Adduceva peraltro una violazione del diritto al rispetto dei suoi beni.
4. Il 2 marzo 2006, la Corte ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi delle disposizioni dell’articolo 29 § 3, ha deciso che sarebbero state esaminate l’ammissibilità e la fondatezza della causa allo stesso tempo.
5. Tanto il richiedente che il Governo hanno depositato delle osservazioni scritte complementari (articolo 54 dell’ordinamento). Il richiedente ha peraltro, su richiesta della Corte, depositato delle ulteriori informazioni, il 6 dicembre 2007.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
6. Il richiedente è nato nel 1936 e risiede a Cahors (Francia).
7. Il richiedente era proprietario di un terreno agricolo, costituito da due appezzamenti adiacenti, ubicati a Cartaxo (Portogallo).
8. Con un’ordinanza del segretario di stato ai Lavori pubblici del 21 maggio 2001, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 7 giugno 2001, l’espropriazione dei due appezzamenti in causa, nominati coi numeri 95 e 95-I, fu dichiarata di utilità pubblica allo scopo di procedere alla costruzione di una bretella di accesso all’autostrada A1.
9. Questo fu all’origine di due procedimenti differenti.
A. Il procedimento concernente l’appezzamento nº 95
10. Con una lettera del 12 giugno 2001, l’istituto per la costruzione stradale (l’ICOR) l’entità espropriata, propose al richiedente di procedere ad un’espropriazione amichevole mediante il versamento della somma di 433 200 escudo portoghesi.
11. Avendo rifiutato il richiedente questa proposta, fu designato un perito, conformemente alla legge, dal presidente della corte di appello di Évora, per determinare il valore dell’appezzamento espropriato. La perizia ebbe luogo il 22 giugno 2001, avendo il perito rilevato in particolare che si trattava di una superficie di 850 m², coltivabile e che si trovava in quel momento ricoperta di erba.
12. L’ 11 luglio 2001, l’ICOR prese possesso del terreno.
13. A difetto di accordo tra le parti, fu nominata una commissione di arbitraggio dal presidente della corte di appello di Évora. Rese la sua decisione il 29 aprile 2002, fissando, all’unanimità, l’indennità di espropriazione a 2 532 euro (EUR).
14. Con una decisione del 4 novembre 2002, il giudice del tribunale di Cartaxo omologò la decisione arbitrale. Questa decisione fu notificata al richiedente con una lettera del 6 novembre 2002. Nella sua lettera, la cancelleria del tribunale di Cartaxo precisava che il richiedente aveva la possibilità di esercitare “il ricorso contemplato all’articolo 52 del codice delle espropriazioni, nel termine di 20 giorni.”
15. Con una lettera del 12 novembre 2002, il richiedente introdusse un ricorso contro la decisione in causa, considerando che l’indennità da versare sarebbe dovuta ammontare a 6 286 EUR.
16. Con un’ordinanza del 7 gennaio 2003, portata a cognizione del richiedente con una lettera del 24 gennaio 2003, il giudice del tribunale di Cartaxo invitò il richiedente a designare, entro dieci giorni, un avvocato, al motivo che la rappresentanza da parte di un consigliere era obbligatoria in questo tipo di procedimento.
17. L’ 11 febbraio 2003, il richiedente insistette sui suoi argomenti ed invitò il tribunale ad annullare la decisione arbitrale.
18. Con un’ordinanza del 17 febbraio 2003, il giudice, sottolineando che il richiedente non aveva dato seguito al suo invito del 7 gennaio 2003, dichiarò il ricorso inammissibile.
19. Il 13 marzo 2003, il richiedente, questa volta debitamente rappresentato da un avvocato, fece appello di questa decisione dinnanzi alla corte di appello di Évora. Addusse che la notificazione della decisione arbitrale che gli fu indirizzata non faceva menzione del fatto che il suo ricorso avrebbe potuto essere respinto in caso di non designazione di un avvocato. Per il richiedente, tale omissione, così come il rigetto ulteriore del suo ricorso, recava offesa al suo diritto di accesso ad un tribunale.
20. Con una sentenza del 29 aprile 2004, la corte di appello di Évora respinse il ricorso. Considerò che la semplice notificazione di una decisione arbitrale non esigeva di avvisare l’interessato delle conseguenze del difetto di rappresentanza da parte di un avvocato. La corte di appello sottolineò che gli era stata data l’opportunità di designare un avvocato, e che però non l’aveva fatto.
B. Il procedimento concernente l’appezzamento nº 95-I
21. In seguito all’omologazione della decisione arbitrale per il secondo appezzamento che aveva fissato l’importo dell’indennità di espropriazione a 8 976 EUR, il richiedente introdusse un ricorso simile a quello concernente l’appezzamento nº 95 che conobbe la stessa sorte del primo.
22. Il richiedente introdusse allora un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Évora, sollevando gli stessi mezzi del suo ricorso del 13 marzo 2003.
23. Con una sentenza del 1 luglio 2004, la corte di appello di Évora, deliberando in una formazione differente di quella che aveva esaminato il ricorso che riguardava l’appezzamento nº 95, accolse il ricorso del richiedente. La corte di appello considerò, riferendosi alla giurisprudenza dei corsi di appello di Puerto (sentenza del 29 aprile 2003) e di Lisbona (sentenza del 8 marzo 2001) così come alla sentenza della Corte suprema del 3 novembre 1988, che la notificazione indirizzata al richiedente ai fini di designazione di un avvocato avrebbe dovuto includere un’informazione sulle conseguenze del difetto di rappresentanza dell’interessato. Siccome è stato così, la corte di appello annullò l’ordinanza in causa del giudice del tribunale di Cartaxo ed ordinò il proseguimento del procedimento.
24. Secondo le informazioni trasmesse alla Corte dal richiedente, il procedimento è sempre pendente, in attesa dei risultato di una nuova stima dell’appezzamento in questione.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
25. L’articolo 32 del codice di procedimento civile dispone che la rappresentanza da parte di un avvocato è obbligatoria dinnanzi alle giurisdizioni civili quando il procedimento in causa è suscettibile delle vie di ricorso ordinarie e la posta finanziaria della controversia è superiore al “tasso di competenza” (alçada) del tribunale di prima istanza. Il tasso di competenza corrisponde ad un valore economico definito dalla legge, che si paragona alla posta della causa. Da questo valore dipendono in particolare l’apertura o meno della possibilità per le parti di interporre appello, e più generalmente le condizioni in cui un tribunale delibera senza che le sue decisioni vengano assoggettate alle vie di ricorso ordinarie. Il valore dei tassi di competenza è definito dalla legge di organizzazione dei tribunali giudiziali, adottata dalla legge nº 3/99 del 13 gennaio 1999. Al momento dei fatti, il valore del tasso di competenza del tribunale di prima istanza era di 3 740,98 EUR e quella della corte di appello era di 14 963,94 EUR, articolo 24 della legge nº 3/99.
26. L’articolo 33 dello stesso codice si legge così:
“Se una parte non designa un avvocato, mentre la rappresentanza da parte di avvocato è obbligatoria, il tribunale, d’ufficio o su richiesta della parte avversa, ordina che una notificazione venga indirizzata alla parte in causa ai fini di designazione di avvocato, in un termine preciso, sotto pena di vedere la sua richiesta respinta, o il suo ricorso di restare senza seguito, o la sua difesa senza effetto. “
27. Secondo una sentenza della Corte suprema del 3 novembre 1988 (pubblicata sul Boletim do Ministério da Justiça nº 369, p. 609) la notificazione contemplata al suddetto articolo 33 è efficace solamente se menziona anche le conseguenze del difetto di rappresentanza. Almeno due sentenze della corte di appello di Puerto vanno nello stesso senso, sentenze del 13 febbraio 1996 e del 29 aprile 2003 i cui sommari sono disponibili nella banca dati del ministero della Giustizia: http://www.dgsi.pt. La Corte suprema amministrativa segue la stessa giurisprudenza. In compenso altre sentenze della corte di appello di Puerto, del 21 febbraio 1990 (sommario disponibile su http://www.dgsi.pt) così come della corte di appello di Lisbona, del 28 gennaio 1992 e 3 giugno 1993 (sommari disponibili su http://www.dgsi.pt) sembrano lasciare intendere che la menzione delle conseguenze del difetto di rappresentanza non sarebbe una formalità esigibile.
28. L’articolo 678 del codice di procedimento civile, concernente l’ammissibilità dei ricorsi, disponeva in particolare, al momento dei fatti:
“1. Un ricorso ordinario è ammissibile solamente nelle cause il cui valore è superiore al tasso di competenza del tribunale la cui decisione è attaccata ed unicamente se questa ultima è sfavorevole al ricorrente per una parte lei stessa superiora alla metà del tasso di competenza di questo tribunale
4. È sempre ammissibile, ammesso di seguire il procedimento contemplato agli articoli 732-A e 732-B [riguardanti l’armonizzazione della giurisprudenza], il ricorso contro la sentenza di una corte di appello che è in contraddizione con un’altra sentenza di questa stessa corte o di un’altra corte di appello sulla stessa questione fondamentale di diritto e che, per un motivo estraneo al tasso di competenza del tribunale, non è suscettibile di ricorso ordinario, salvo se l’orientamento che si libera da questa sentenza è conforme ad una giurisprudenza anteriore consolidata della Corte suprema.
(…) “
IN DIRITTO
I. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE
29. Il richiedente adduce che il rigetto del suo ricorso nella cornice del procedimento relativo all’appezzamento no 95 ha recato offesa al suo diritto di accesso ad un tribunale, previsto dall’articolo 6 § 1 della Convenzione, così formulato:
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
30. Il Governo si oppone a questa tesi.
A. Sull’ammissibilità
31. La Corte constata che questo motivo di appello non è manifestamente mal fondato ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
1. Argomenti delle parti
32. Il richiedente ricorda da prima, riferendosi alla giurisprudenza consolidata della Corte, che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi. Ora non ha avuto l’opportunità di fare valere la sua istanza in ragione del fatto che il tribunale di Cartaxo ha omesso di precisare, nella sua ordinanza del 7 gennaio 2003, che il ministero di un avvocato era obbligatorio e che il suo ricorso non avrebbe potuto essere esaminato se tale formalità non fosse stata compiuta. Per il richiedente, questo costituisce una violazione del diritto di accesso ad un tribunale.
33. Il richiedente sottolinea che la decisione inversa è stata presa nella cornice del ricorso che riguarda l’altro appezzamento di terreno. Ora tale differenza di interpretazione, nel contesto di un’esigenza procedurale, è contraria alla sicurezza giuridica che i giudicabili sono in diritto di aspettarsi da parte del loro sistema giudiziale.
34. Il richiedente ricorda a questo riguardo che non ha potuto introdurre un ricorso per armonizzazione di giurisprudenza, come previsto all’articolo 678 del codice di procedimento civile, essendo l’importo della controversia inferiore a quello del tasso di competenza pertinente.
35. Il Governo ricorda al primo colpo che il diritto di accesso ad un tribunale non è assoluto e che suscita delle limitazioni, in particolare in materia di ammissibilità dei ricorsi la cui regolamentazione incombe sullo stato che gode di un certo margine di valutazione in questo ambito. Esigere dal giudicabile la rappresentanza obbligatoria da parte di un avvocato non potrebbe essere contrario a tale diritto di accesso. Nello specifico, il richiedente è stato invitato a designare un avvocato ma l’ha fatto solamente tardivamente, essendo dunque inevitabile il rigetto del suo ricorso. Ora aveva il dovere di sapere, anche non essendo giurista, che la mancata osservanza dell’ingiunzione del tribunale provocherebbe a questo riguardo delle conseguenze sfavorevoli a suo riguardo.
36. Per il Governo, se è vero che la corte di appello di Évora ha avuto un approccio differente a una questione di diritto simile -anche se il Governo sostiene che non c’era un’identità perfetta tra situazioni- ciò è solamente l’espressione dell’indipendenza dei tribunali, non garantendo la Convenzione il diritto affinché una stessa questione giuridica sia oggetto di soluzioni uniformi.
37. Infine, il Governo conferma che l’introduzione di un ricorso per armonizzazione di giurisprudenza era esclusa in virtù dell’importo ridotto della controversia. Ad ogni modo, il Governo esprime dei dubbi sull’esistenza di una contraddizione diretta tra la sentenze della corte di appello di Évora del 29 aprile 2004 e la sentenza della Corte suprema del 3 novembre 1988 e considera che tale ricorso per armonizzazione non avrebbe rivestito nessuna chance di successo.
2. Valutazione della Corte
38. La Corte ricorda al primo colpo la sua giurisprudenza consolidata secondo la quale non le appartiene di sostituirsi alle giurisdizioni interne. Appartiene al primo capo alle autorità nazionali, in particolare ai corsi e tribunali, che tocca interpretare la legislazione interna. Peraltro, il “diritto ad un tribunale” di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare, non è assoluto e si presta a limitazioni implicitamente ammesse, in particolare in quanto alle condizioni di ammissibilità di un ricorso, perché richiama anche per sua natura una regolamentazione da parte dello stato che gode a questo riguardo di un certo margine di valutazione (Annoni di Gussola ed altri c. Francia, numeri 31819/96 e 33293/96, § 48, CEDH 2000-XI). In compenso, se l’articolo 6 § 1 della Convenzione non obbliga gli Stati contraenti ad istituire dei corsi di appello o di cassazione, non da meno se tali giurisdizioni vengono istituite, il procedimento che si svolge deve presentare le garanzie contemplate all’articolo 6, in particolare per il fatto che garantisce alle parti in causa un diritto effettivo di accesso ai tribunali per le decisioni relative ai “loro diritti ed obblighi di carattere civile” (Levages Prestations Services c. Francia, sentenza del 23 ottobre 1996, Raccolta delle sentenze e decisioni 1996-V, p. 1544, § 44).
39. Il ruolo della Corte nello specifico si limita a verificare la compatibilità con la Convenzione degli effetti dell’interpretazione delle regole in questione da parte delle giurisdizioni interne. Ciò è particolarmente vero trattandosi dell’interpretazione di regole di natura procedurale come quelle relative alle formalità ed ai termini da rispettare per formare un ricorso; mirando questa regolamentazione a garantire la buona amministrazione della giustizia ed il rispetto, in particolare, del principio della sicurezza giuridica, gli interessati devono potersi aspettare che queste regole siano applicate (Miragall Escolano ed altri c. Spagna, numeri 38366/97, 38688/97, 40777/98, 40843/98, 41015/98, 41400/98, 41446/98, 41484/98, 41487/98 e 41509/98, § 33, CEDH 2000-I).
40. La Corte nota che nello specifico il richiedente si è visto opporre il difetto di rappresentanza da parte di un avvocato in uno dei procedimenti ma no nell’altro. Ne consegue il fallimento del primo procedimento, mentre il ricorso formato nella cornice del secondo fu incoronato da successo-essendo la situazione di fatto peraltro identica nei due procedimenti. Infine, i due ricorsi interposti dal richiedente furono esaminati da due formazioni differenti della corte di appello di Évora.
41. A questo riguardo, la Corte riconosce che l’eventualità di divergenze di giurisprudenza è naturalmente inerente ad ogni sistema giudiziale che si fonda su un insieme di giurisdizioni del merito che ha autorità sulla loro giurisdizione territoriale. Ammette peraltro che tali divergenze possono apparire anche, come nello specifico, in seno ad una stessa giurisdizione. Ciò, in sé, non potrebbe essere contrario alla Convenzione.
42. Non da meno le giurisdizioni di ricorso, come i corsi di appello, devono portare un’attenzione particolare all’interpretazione armoniosa delle regole relative alle formalità e ai termini da rispettare per formare un ricorso. Ne va del rispetto del principio della sicurezza giuridica che è implicito nell’insieme degli articoli della Convenzione e costituisce uno degli elementi fondamentali dello stato di diritto (Baranowski c. Polonia, no 28358/95, § 56, CEDH 2000-III; vedere anche Beian c. Romania (no 1), no 30658/05, § 39, CEDH 2007 -… (brani)).
43. Nello specifico, la divergenza di valutazione di situazioni identiche da parte della corte di appello ha avuto per effetto di privare il richiedente della possibilità di fare esaminare da una giurisdizione superiore le sue obiezioni a proposito della decisione arbitrale su uno degli appezzamenti di terreno, mentre l’ha potuto fare nella cornice del procedimento relativo all’altro appezzamento dello stesso terreno.
44. Trattandosi di questo tipo di divergenza giurisprudenziale, il sistema portoghese dispone, come altri sistemi in Europa, dei mezzi per regolare dei conflitti come quello che è in causa, concedendo ad una giurisdizione suprema il potere di regolare i conflitti di giurisprudenza. Nello specifico, tuttavia, il richiedente era impedito a sottoporre questo conflitto alla Corte suprema in ragione del valore ridotto della controversia (vedere sopra paragrafi25 e 28). Così niente si oppone al fatto che gli Stati regolamentano l’accesso alle giurisdizioni di ricorso prendendo in conto, tra altri criteri, quello del valore economico della controversia, succede che nell’occorrenza l’applicazione di questa regola, nelle circostanze particolari dello specifico, ha privato il richiedente dell’accesso alla giurisdizione di ricorso. La Corte ricorda che la regolamentazione in materia di condizioni di ammissibilità dei ricorsi deve presentare una coerenza ed una chiarezza sufficiente (De Geouffre de la Pradelle c. Francia, sentenza del 16 dicembre 1992, serie A no 253-B, p. 43, § 35). Se il sistema portoghese non si presta in materia, in quanto tale, alla critica, non da meno la sua applicazione concreta nello specifico ha condotto ad un risultato contrario al principio della sicurezza giuridica e vicino al diniego di giustizia. La Corte ricorda a questo riguardo che la Convenzione ha per scopo di proteggere dei diritti non teorici o illusori, ma concreti ed effettivi (Airey c. Irlanda, sentenza del 9 ottobre 1979, serie A no 32, p. 12, § 24).
45. Visto ciò che precede, la Corte conclude che il diritto di accesso del richiedente ad un tribunale si è trovato raggiunto nella sua sostanza stessa. Pertanto, c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
46. Il richiedente si lamenta dell’importo insufficiente dell’indennità di espropriazione. Invoca l’articolo 1 del Protocollo no 1.
47. La Corte rileva che il richiedente non ha sollevato nessuno elemento che permette di pensare che l’indennità in causa non fosse in rapporto ragionevole col valore dell’appezzamento in questione. Non potrebbe così mettere a questo riguardo in causa le conclusioni delle giurisdizioni interne. Ne segue che non c’è nessuna apparenza di violazione dell’articolo 1 del Protocollo no 1, essendo questo motivo di appello di conseguenza manifestamente mal fondato. La Corte lo dichiara inammissibile dunque, in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
48. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
49. Il richiedente non ha fatto richiesta di soddisfazione equa. Pertanto, la Corte stima che non c’è luogo di concedergli di somma a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto al motivo di appello derivato dal diritto di accesso ad un tribunale ed inammissibile per il surplus;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 20 maggio 2008 in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Francesca Tulkens
Cancelliera collaboratrice Presidentessa