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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE SALVATORE COPPOLA ET AUTRES c. ITALIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli: 13, 08
Numero: 5179/05/2012
Stato: Italia
Data: 2012-12-18 00:00:00
Organo: Sezione Seconda
Testo Originale

Conclusioni: Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita privata,
Violazione dell’articolo 13 – Diritto ad un ricorso effettivo, Articolo 13 – Ricorso effettivo,

SECONDA SEZIONE

CAUSA SALVATORE COPPOLA ED ALTRI C. ITALIA

( Richieste numeri 5179/05, 14611/05, 29701/06, 9041/05, 8239/05)

SENTENZA

STRASBURGO

18 dicembre 2012

Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nel causa Coppola ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici e
da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 27 novembre 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine delle cause si trovano cinque richieste, numeri 5179/05, 14611/05, 29701/06, 9041/05 e 8239/05, dirette contro la Repubblica italiana e di cui dei cittadini di questo Stato (“i richiedenti”), (vedere riquadro annesso, hanno investito la Corte, entra dicembre 2004 e luglio 2006, in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I nomi dei rappresentanti dei richiedenti sono indicati nel quadro qui accluso. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, così come dal suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Le richieste sono state comunicate al Governo entro marzo 2007 e gennaio 2008. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
1. Richiesta no 5179/05 Coppola e Catania c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
4. Con un giudizio depositato il 8 gennaio 1988, il tribunale di Catania dichiarò il fallimento della società di fatto che esiste tra i richiedenti così come i fallimenti personali di questi.
5. Con una decisione del 10 gennaio 2003, affisso al tribunale il 21 febbraio 2003, il tribunale recintò il procedimento per ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
6. Il 20 settembre 2003, i richiedenti introdussero un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina che chiede il risarcimento del danno morale che stimavano avere subito in ragione della durata del procedimento così come del prolungamento delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento.
7. Con una decisione notificata al foro dello stato il 8 maggio 2004, la corte di appello accordò 10 000 euros, EUR, ad OMISSIS, 5 500 EUR al Sig. Giuseppe Coppola e 4 000 EUR ad OMISSIS.
8. Questa decisione diventò definitiva il 7 luglio 2004, ossia, sessanta giorni dopo la sua notificazione, conformemente all’articolo 325 del codice di procedimento civile.

2. Richiesta no 14611/05 Vittorino Iotti c. Italia

9. Con un giudizio depositato il 6 novembre 1984, il tribunale di Reggio Emilia dichiarò il fallimento personale del richiedente.
10. Con una decisione del 16 agosto 2001, il giudice delegato recintò il procedimento in ragione della ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
11. Il 19 giugno 2003, il richiedente introdusse istanza dinnanzi al tribunale per ottenere la sua riabilitazione.
12. Con un giudizio depositato il 12 agosto 2003, il tribunale respinse questa domanda in ragione di ciò che era prematura. Ricordò che, secondo l’articolo 143 capoverso 3 della legge sul fallimento, la riabilitazione poteva essere accordata solamente se la persona dichiarata in fallimento ha dato prova di buona condotta durante un periodo di almeno cinque anni dopo la chiusura del procedimento.

3. Richiesta no 29701/06 Suma c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
13. Con un giudizio depositato il 9 marzo 1991, il tribunale di Siracusa dichiarò il fallimento personale del richiedente.
14. Con una decisione depositata il 9 novembre 2005, affisso al tribunale il 10 novembre 2005, suddetta giurisdizione recintò il procedimento in ragione della ripartizione finale dell’attivo del fallimento. Questa decisione diventò definitiva il 25 novembre 2005, questo essere-a-argomento, quindici giorni dopo la sua affissione, al senso dell’articolo 119 della legge sul fallimento.

2. Il procedimento esecutivo
15. Nella cornice di un procedimento di esecuzione iniziata il 6 ottobre 1988 dal società C. S.p.a. concernente un bene immobile che appartiene al richiedente, il 15 dicembre 1993, questo bene fu venduto e, il 23 gennaio 1995, la somma che risulta dalla vendita fu versata all’attivo del fallimento.
3. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
16. Il 1 aprile 2004, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla “legge Pinto” per lamentarsi della durata del procedimento di fallimento e di quella di esecuzione così come delle incapacità che deriva del suo collocamento in fallimento.
17. Con una decisione del 23 marzo 2005, la corte accordò al richiedente 15 000,00 EUR a titolo di risarcimento morale per la durata dei procedimenti così come delle incapacità che derivano del collocamento in fallimento.
18. Il 7 giugno 2005, il richiedente si ricorse in cassazione.
19. Con una sentenza depositata il 16 gennaio 2007, la Corte di cassazione respinse il richiedente.

4. Richiesta no 9041/05 Spanò c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
20. Con un giudizio depositato il 24 settembre 1986, il tribunale di Trapani dichiarò il fallimento del società M.C di cui il richiedente era associato accomandante, così come il fallimento personale di questo ultimo.
21. Con una decisione depositata il 24 settembre 2003, il tribunale recintò il procedimento per ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
22. Il 4 febbraio 2003, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Caltanissetta conformemente alla “legge Pinto” per ottenere il risarcimento del danno che stimava avere subito in ragione della durata del procedimento così come delle incapacità che deriva del suo collocamento in fallimento.
23. Con una decisione depositata il 24 giugno 2003, la corte di appello accordò al richiedente 7 000 EUR a questo titolo. Questa decisione diventò definitiva il 9 agosto 2004.

5. Richiesta no 8239/05 Brugiafreddo e Falcone c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
24. Con un giudizio depositato il 21 maggio 1993, il tribunale di Cuneo dichiarò il fallimento personale dei richiedenti, in quanto socie del società I.
25. Il 16 giugno 1993, i richiedenti introdussero un ricorso in opposizione per ottenere la revoca del loro collocamento in fallimento.
26. Con un giudizio depositato il 28 aprile 1999, il tribunale fece diritto alla domanda.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
27. Il 3 agosto 2001, i richiedenti investirono la corte di appello di Milano conformemente alla “legge Pinto” che si lamenta della durata eccessiva del procedimento.
28. Con una decisione depositata il 20 novembre 2001, la corte di appello accordò ad ogni richiedente 4 000 000 lire italiane (ITL) (circa 2 065,80 EUR, in risarcimento del danno morale che avevano subito congiuntamente in ragione della durata del procedimento così come 1 500 000 ITL, circa 774,60 EUR, per gli oneri e spese.
29. I richiedenti si ricorsero in cassazione, ma furono respinte da una sentenza depositata il 5 agosto 2004.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
30. Gli elementi di dritto interni pertinente sono esposti nei cause Campagnano c. Italia, no 77955/01, CEDH 2006-IV; Albanese c. Italia, no 77924/01, 23 marzo 2006 e Vitiello c. Italia, no 77962/01, 23 marzo 2006.
31. L’articolo 50 della vecchia legge sul fallimento era formulato così:
“La cancelleria di ogni tribunale tiene un registro pubblico dove sono registrati i nomi dei falliti. Il nome di un fallito è cancellato del registro dopo giudizio del tribunale. Lo fallito è sottoposto alle incapacità previste dalla legge finché il suo nome non è stato cancellato del registro. “
32. Questa disposizione è stata abrogata il 16 gennaio 2006 dall’articolo 47 della legge no 5 del 2006.
33. Con la sua sentenza no 39 del 5 marzo 2008, la Corte Costituzionale dichiarò l’articolo 50 della vecchia legge sul fallimento incostituzionale nella misura in cui questo contemplava che le incapacità personali che derivano del collocamento in fallimento perduravano al di là della chiusura del procedimento.
34. Nella sua sentenza no 4630 del 26 febbraio 2009, la Corte di cassazione rilevò che la legge no 5 del 2006 non indicava che era il dies ad quem della cessazione delle incapacità personali che derivano del fallimento quando il procedimento ci relativa era chiusa in vigore ad una data anteriore all’entrata della nuova legge. Per colmare questa lacuna, indicò che questa data corrispondeva a quella della chiusura del procedimento di fallimento.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
35. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed ai problemi di fondo che pongono, la Corte stima necessaria di unirli e decida di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE (DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE)
36. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti denunciano un attentato al loro diritto al rispetto della vita privata e familiare in ragione dell’iscrizione del loro nome nel registro dei falliti e si lamentano di non potere chiedere la loro riabilitazione che cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento. L’articolo 8 della Convenzione, è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
A. Sull’ammissibilità
37. Il Governo fa valere che, conformemente all’interpretazione seguita dalla Corte Costituzionale e la Corte di cassazione, le incapacità che derivano dell’iscrizione dei nomi dei richiedenti nel registro dei falliti si sono concluse alle date alle quali i procedimenti di fallimento sono stati chiusi. Le richieste essendo state introdotte più di sei mesi dopo la chiusura dei differenti procedimenti di fallimento, sarebbero tardive dunque.
38. I richiedenti oppongono a questa tesi e reiterano i loro motivi di appello.
39. La Corte rileva che i richiedenti hanno omesso di supportare la parte del motivo di appello derivato del diritto al rispetto della vita familiare. Questa parte della richiesta deve essere respinta per difetto manifesto di fondamento dunque, al senso dell’articolo 35 §§ 4 e 5 della Convenzione.
40. In quanto al mezzo relativo alla vita privata, la Corte constata che le sentenze indicate dal governo convenuto sono state pronunciate nel marzo 2008 e nel febbraio 2009, paragrafi 33 e 34 sopra, posteriormente dunque all’introduzione delle richieste dinnanzi alla Corte. Di più, l’articolo 50 della vecchia legge sul fallimento essendo stato abrogato il 16 gennaio 2006, tutte le richieste in questione sono state introdotte bene dinnanzi alla Corte prima della scadenza del termine di sei mesi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere quadro annesso). Di conseguenza, l’eccezione del Governo deve essere respinta.
41. Questa parte del motivo di appello non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
42. La Corte ricorda avere trattato già di cause che sollevano delle questioni simili a quelle dei casi di specie ed avere constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione sotto l’angolo del diritto al rispetto della vita privata (vedere, tra molto altri, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62.
43. La Corte ha esaminato le cause in questione e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente potendo condurre ad una conclusione differente. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 (DIRITTO DI RIMANERE IN GIUSTIZIA), 8 DELLA CONVENZIONE (DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA), 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
44. I richiedenti, richieste nostro 1, 3, 4 e 5, si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto della loro corrispondenza, del loro diritto al rispetto dei beni e della loro libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata dei procedimenti. Questi motivi di appello rilevano degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti della richiesta no 5 si lamentano anche della loro incapacità prolungata di stare in giustizia in ragione della durata del procedimento. Il testo dell’articolo 8 è riprodotto sopra. Le altre disposizioni sono formulate così:
Articolo 6 § 1 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, pubblicamente ed in un termine ragionevole, da un tribunale indipendente ed imparziale, stabilito per legge che deciderà, o delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 2 del Protocollo no 4
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui.
4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in certe zone determinate, essere oggetto di restrizioni che, previste dalla legge, sono giustificate dall’interesse pubblico in una società democratica. “
45. Il Governo osserva che certi richiesti non hanno esaurito il rimedio previsto dalla “legge Pinto”, mentre di altri hanno ottenuto un risarcimento sufficiente nella cornice di questo procedimento.
46. I richiedenti contestano questa tesi e reiterano i loro motivi di appello.
47. In ciò che riguarda le richieste il nostro 1 e 4, i richiedenti hanno omesso di ricorrersi in cassazione per lamentarsi della durata eccessiva delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento. Questa parte delle richieste deve essere respinta per no-esaurimento delle vie di ricorso interni secondo l’articolo 35 §§ dunque 1 e 4 della Convenzione.
48. Per ciò che è delle richieste i nostri 3 e 5, la Corte rileva che i procedimenti interni sono durati rispettivamente circa quindici anni e sei anni. Stima che, avuto riguardo agli elementi delle cause in questione, avrebbe potuto accordare, nella mancanza di vie di ricorso interni, 22 000 e 4 500 EUR rispettivamente. Nota che i richiedenti hanno ottenuto 15 000 EUR, nel primo caso, e 2 065,80 EUR, nel secondo caso, ciò che rappresenta circa il 68%, nel primo caso, ed il 46%, nel secondo caso, dell’importo che la Corte avrebbe potuto accordare agli interessati allo sguardo dei criteri emanati nella sua giurisprudenza, Cocchiarella c. Italia [GC], no 886/01, § 146, CEDH 2006-V, Di Salute c. Italia, no 56079/00, déc., 14 giugno 2007, mutatis mutandis, Di Blasi c. Italia, no 1595/02, §§ 19-30, 5 ottobre 2006, Gallucci c,. Italia, no 10756/02, §§ 24-30, 12 giugno 2007, Esposito c,. Italia, no 35771/03, §§ 16-28 e 31-35, 27 novembre 2007 e, mutatis mutandis, Garino c. Italia, déc.), nostri 16605/03, 16641/03 e 16644/03, 18 maggio 2006.
49. La Corte considera che, in queste due cause, le correzioni si sono rivelate sufficienti ed appropriate. Ne segue che i richiedenti non possono più definirsi vittime, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, della violazione che adducono. Questo motivo di appello deve essere respinto in applicazione degli articoli 34 e 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1, 13, 17 E 53 DELLA CONVENZIONE
50. Invocando gli articoli 6 § 1, sotto l’angolo del diritto ad un tribunale, e 13 della Convenzione, i richiedenti, richieste i nostri 2 e 3, denunciano la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi del prolungamento delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento. Il richiedente della richiesta no 3 invoca a questo titolo perciò gli articoli 17 e 53 della Convenzione. Il testo dell’articolo 6 § 1 sono riprodotti sopra. Gli altri articoli in questione dispongono così:
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
Articolo 17
“Nessuna delle disposizioni del Convenzione può essere interpretata come implicante per un Stato, un raggruppamento o un individuo, un diritto qualsiasi di concedersi ad un’attività o di compiere un atto che mira alla distruzione dei diritti o libertà riconosciuti nella Convenzione o a limitazioni più ampie di questi diritti e libertà di quelle contemplate [nella] Convenzione. “
Articolo 53
“Nessuna delle disposizioni del Convenzione sarà interpretata come limitante o recante offesa ai diritti dell’uomo ed alle libertà fondamentali che potrebbero essere riconosciute conformemente alle leggi di ogni Parte contraente o a ogni altra Convenzione alla quale questa Parte contraente è parte. “
A. Sull’ammissibilità
51. Il Governo contesta questa tesi.
52. I richiedenti reiterano il loro motivo di appello.
53. La Corte ricorda che, padrona della qualifica giuridica dei fatti delle cause, non si considera come legata da quella che assegnano loro i richiedenti. Un motivo di appello si distingue coi fatti che denuncia e non coi semplici mezzi o argomenti di diritto invocato (vedere, per esempio, Guerra ed altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I.
54. Alla vista delle circostanze dello specifico, la Corte considera che questo motivo di appello deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Bottaro c. Italia, no 56298/00, §§ 41-46 17 luglio 2003, nei suoi due risvolti.
55. In ciò che riguarda il primo risvolto, sollevato unicamente nella richiesta no 3 e legato alla durata delle incapacità che derivano della dichiarazione di fallimento, paragrafo 43 sopra, la Corte ricorda avere concluso alla no-violazione degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4, paragrafo 47 sopra. Pertanto, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, la Corte stima che questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente male fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione, Brancatelli c. Italia (déc), no 21229/02, 11 maggio 2006.
56. In quanto al secondo risvolto del motivo di appello, sollevato nelle due richieste in questione e cadendo sulle incapacità che derivano dell’iscrizione dei nomi dei richiedenti nel registro dei falliti, la Corte constata che questo non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
57. La Corte ha trattato già di cause che sollevano delle questioni simili e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c). Italia, precitata, §§ 41-46 e Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 58-59.
58. La Corte ha esaminato le richieste i nostri 2 e 3 e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento potendo condurre ad una conclusione differente in questi due casi.
59. Pertanto, conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione concernente le incapacità che derivano dell’iscrizione dei nomi dei richiedenti nel registro dei falliti.
V. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1
60. I richiedenti, richieste nostri 3, 4 e 5, si lamentano della limitazione dei loro diritti elettorali in seguito al loro collocamento in fallimento. Invocano così l’articolo 3 del Protocollo no 1 formula:
“Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, nelle condizioni che garantiscono la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. .”
61. Il Governo contesta questa tesi.
62. I richiedenti reiterano il loro motivo di appello.
63. La Corte rileva che questo motivo di appello è stato introdotto più di sei mesi dopo la cessazione dell’interdizione controversa (vedere quadro annesso). La Corte constata dunque che questo motivo di appello è tardivo e che deve essere respinto conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
VI. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE (TERMINE RAGIONEVOLE)
64. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti, richiesta nostri 3, 4 e 5, si lamenta della durata del procedimento di fallimento. Il richiedente della richiesta no 3 si lamenta anche della durata del procedimento di esecuzione.
65. Il Governo osserva che certi richiesti non hanno esaurito il rimedio previsto dalla “legge Pinto”, mentre di altri hanno ottenuto un risarcimento sufficiente nella cornice di questo procedimento.
66. In quanto alle richieste i nostri 3 e 5, la Corte rinvia alle considerazioni sviluppate nella cornice del motivo di appello dei richiedenti derivati della durata delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento. Per le ragioni esposte sopra 48 e 49 ai paragrafi, stima che i richiedenti non possono più definirsi vittime, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, della violazione che adducono. Questo motivo di appello deve essere respinto in applicazione degli articoli 34 e 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
67. In ciò che riguarda la richiesta no 4, la Corte reitera che il richiedente ha omesso di ricorrersi in cassazione per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento (vedere sopra paragrafo 47). Questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne dunque, al senso dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
VII. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
68. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
69. Il sono richieste dai richiedenti a titolo del danno patrimoniale e morale che avrebbero subito figurano nel quadro qui accluso.
70. Il Governo oppone a queste pretese.
71. La Corte non vede di legame di causalità tra le violazioni constatate ed i danni patrimoniali addotti e respingi queste domande. In quanto alla violazione degli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, la Corte stima che, avuto riguardo all’insieme delle circostanze delle cause, le constatazioni di violazione che figura nella presente sentenza forniscono in loro stessi una soddisfazione equa sufficiente (vedere Campagnano c). Italia, precitata, § 81.
B. Oneri e spese
72. Il sono richieste dai richiedenti per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte figurano nel quadro qui accluso.
73. Il Governo contesta queste pretese.
74. Tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 500 EUR per il procedimento dinnanzi a lei e l’accordo per ogni richiesta, congiuntamente ai richiedenti, quando si tratta di una richiesta introdotta da parecchi richiedenti.
C. Interessi moratori
75. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;

2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati degli articoli 8 della Convenzione, in quanto al diritto al rispetto della vita privata, le cinque richieste, e 13 della Convenzione, in quanto alla parte di questo motivo di appello legato alle incapacità che derivano dell’iscrizione del nome dei richiedenti nel registro dei falliti, richieste numero 2 e 3, ed inammissibili per il surplus;

3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione, diritto al rispetto della vita privata, per l’insieme delle richieste,;

4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione concernente le richieste numero 2 e 3;

5. Stabilisce
a) che le constatazioni di violazione costituiscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale subito dai richiedenti per ciò che riguarda la violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione;
b) che lo stato convenuto deve versare, entro tre mesi, 500 EUR, cinque cento euro, più ogni importo che può essere dovuto congiuntamente a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese per ogni richiesta, ai richiedenti, quando si tratta di una richiesta introdotta da parecchi richiedenti;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;

6. Respinge la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 18 dicembre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Peer Lorenzen
Cancelliera collaboratrice Presidente

ALLEGATO

No Richiesta No Introdotta il Richiedendo
Data di nascita
Luogo di residenza Rappresentato da Date di comunicazione delle richieste al governo convenuto Date di cessazione dell’interdizione dei diritti elettorali Domanda a titolo di soddisfazione equa
1 5179/05 23/12/2004 OMISSIS Catania,
1967, 1940 e 1948, Gravina di Catania (Catania) OMISSIS, avvocato a Catania 9/3/2007 Danno morale: 65 000 EUR, il Sig. Salvatore Coppola, 44 500 EUR, il Sig. Giuseppe Coppola,
36 000 EUR, la Sig.ra Maria Catania.
Oneri e spese: i richiedenti si rimettono alla saggezza della Corte
2 14611/05 23/2/2005 OMISSIS, 1932, Parma, OMISSIS, avvocato a Parma 9/3/2007 Danno patrimoniale: 20 000 EUR,
Danno morale: 50 000 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte: 7 838,50 EUR;
dinnanzi alle giurisdizioni nazionali: 2 541,78 EUR
3 29701/06 11/7/2006 OMISSIS, Avola (Siracusa), OMISSIS, avvocato ad Avola 14/1/2008 9/3/1996 Danno morale: 25 000 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte: 3 506,25 EUR;
dinnanzi alle istanze interne: 5 300,12 EUR
4 9041/05 22/2/2005 OMISSIS, 1954, Valderice (Trapani), OMISSIS, avvocato ad Erice (Trapani) 16/04/2007 24/09/1991 Danno morale e materiale: 516 456,89 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte: il richiedente si rimette alla saggezza della Corte
5 8239/05 3/2/2005 OMISSIS, 1962, Cuneo, OMISSIS, avvocato ad Alba 5/11/2007 21/05/1998 Danno morale: 50 000 EUR, per ciascuna dei richiedenti,
Danno patrimoniale: 293 319,73 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte e le istanze nazionali: 39 278,78 EUR

Testo Tradotto

Conclusions : Violation de l’article 8 – Droit au respect de la vie privée et familiale (Article 8-1 – Respect de la vie privée)
Violation de l’article 13 – Droit à un recours effectif (Article 13 – Recours effectif)

DEUXIÈME SECTION

AFFAIRE SALVATORE COPPOLA ET AUTRES c. ITALIE

(Requêtes nos 5179/05, 14611/05, 29701/06, 9041/05, 8239/05)

ARRÊT

STRASBOURG

18 décembre 2012

Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire Coppola et autres c. Italie,
La Cour européenne des droits de l’homme (deuxième section), siégeant en une chambre composée de :
Peer Lorenzen, président,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Helen Keller, juges,
et de Françoise Elens-Passos, greffière adjointe de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 27 novembre 2012,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine des affaires se trouvent cinq requêtes (nos 5179/05, 14611/05, 29701/06, 9041/05 et 8239/05) dirigées contre la République italienne et dont des ressortissants de cet Etat (« les requérants »), (voir tableau annexe), ont saisi la Cour, entre décembre 2004 et juillet 2006, en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. Les noms des représentants des requérants sont indiqués dans le tableau en annexe. Le gouvernement italien (« le Gouvernement ») a été représenté par son agent, Mme E. Spatafora, ainsi que par son coagent, Mme P. Accardo.
3. Les requêtes ont été communiquées au Gouvernement entre mars 2007 et janvier 2008. Comme le permet l’article 29 § 1 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
1. Requête no 5179/05 Coppola et Catania c. Italie
1. La procédure de faillite
4. Par un jugement déposé le 8 janvier 1988, le tribunal de Catane déclara la faillite de la société de fait existant entre les requérants ainsi que la faillite personnelle de ceux-ci.
5. Par une décision du 10 janvier 2003, affichée au tribunal le 21 février 2003, le tribunal clôtura la procédure pour répartition finale de l’actif de la faillite.
2. La procédure introduite conformément à la « loi Pinto »
6. Le 20 septembre 2003, les requérants introduisirent un recours devant la cour d’appel de Messine demandant la réparation du préjudice moral qu’ils estimaient avoir subi en raison de la durée de la procédure ainsi que du prolongement des incapacités dérivant de leur mise en faillite.
7. Par une décision notifiée au barreau de l’Etat le 8 mai 2004, la cour d’appel accorda 10 000 euros (EUR) à OMISSIS, 5 500 EUR à M. Giuseppe Coppola et 4 000 EUR à OMISSIS.
8. Cette décision devint définitive le 7 juillet 2004, c’est-à-dire, soixante jours après sa notification, conformément à l’article 325 du code de procédure civile.

2. Requête no 14611/05 Vittorino Iotti c. Italie

9. Par un jugement déposé le 6 novembre 1984, le tribunal de Reggio Emilia déclara la faillite personnelle du requérant.
10. Par une décision du 16 août 2001, le juge délégué clôtura la procédure en raison de la répartition finale de l’actif de la faillite.
11. Le 19 juin 2003, le requérant introduisit une demande devant le tribunal afin d’obtenir sa réhabilitation.
12. Par un jugement déposé le 12 août 2003, le tribunal rejeta cette demande en raison de ce qu’elle était prématurée. Il rappela que, selon l’article 143 alinéa 3 de la loi sur la faillite, la réhabilitation ne pouvait être accordée que si la personne déclarée en faillite a fait preuve de bonne conduite pendant une période d’au moins cinq ans après la clôture de la procédure.

3. Requête no 29701/06 Suma c. Italie
1. La procédure de faillite
13. Par un jugement déposé le 9 mars 1991, le tribunal de Syracuse déclara la faillite personnelle du requérant.
14. Par une décision déposée le 9 novembre 2005, affichée au tribunal le 10 novembre 2005, ladite juridiction clôtura la procédure en raison de la répartition finale de l’actif de la faillite. Cette décision devint définitive le 25 novembre 2005, c’est-à-dire, quinze jours après son affichage, au sens de l’article 119 de la loi sur la faillite.

2. La procédure exécutive
15. Dans le cadre d’une procédure d’exécution entamée le 6 octobre 1988 par la société C. S.p.a. concernant un bien immeuble appartenant au requérant, le 15 décembre 1993, ce bien fut vendu et, le 23 janvier 1995, la somme résultant de la vente fut versée à l’actif de la faillite.
3. La procédure introduite conformément à la « loi Pinto »
16. Le 1er avril 2004, le requérant introduisit un recours devant la cour d’appel de Messine conformément à la « loi Pinto » pour se plaindre de la durée de la procédure de faillite et de celle d’exécution ainsi que des incapacités dérivant de sa mise en faillite.
17. Par une décision du 23 mars 2005, la cour accorda au requérant 15 000,00 EUR à titre de dédommagement moral pour la durée des procédures ainsi que des incapacités dérivant de la mise en faillite.
18. Le 7 juin 2005, le requérant se pourvut en cassation.
19. Par un arrêt déposé le 16 janvier 2007, la Cour de cassation débouta le requérant.

4. Requête no 9041/05 Spanò c. Italie
1. La procédure de faillite
20. Par un jugement déposé le 24 septembre 1986, le tribunal de Trapani déclara la faillite de la société M.C., dont le requérant était associé commanditaire, ainsi que la faillite personnelle de ce dernier.
21. Par une décision déposée le 24 septembre 2003, le tribunal clôtura la procédure pour répartition finale de l’actif de la faillite.
2. La procédure introduite conformément à la « loi Pinto »
22. Le 4 février 2003, le requérant introduisit un recours devant la cour d’appel de Caltanissetta conformément à la « loi Pinto » afin d’obtenir la réparation du préjudice qu’il estimait avoir subi en raison de la durée de la procédure ainsi que des incapacités dérivant de sa mise en faillite.
23. Par une décision déposée le 24 juin 2003, la cour d’appel accorda au requérant 7 000 EUR à ce titre. Cette décision devint définitive le 9 août 2004.

5. Requête no 8239/05 Brugiafreddo et Falcone c. Italie
1. La procédure de faillite
24. Par un jugement déposé le 21 mai 1993, le tribunal de Cuneo déclara la faillite personnelle des requérantes, en tant qu’associées de la société I.
25. Le 16 juin 1993, les requérantes introduisirent un recours en opposition afin d’obtenir la révocation de leur mise en faillite.
26. Par un jugement déposé le 28 avril 1999, le tribunal fit droit à la demande.
2. La procédure introduite conformément à la « loi Pinto »
27. Le 3 août 2001, les requérantes saisirent la cour d’appel de Milan conformément à la « loi Pinto » se plaignant de la durée excessive de la procédure.
28. Par une décision déposée le 20 novembre 2001, la cour d’appel accorda à chaque requérante 4 000 000 lires italiennes (ITL) (environ 2 065,80 EUR) en réparation du dommage moral qu’elles avaient subi en raison de la durée de la procédure ainsi que 1 500 000 ITL (environ 774,60 EUR) conjointement pour les frais et dépens.
29. Les requérantes se pourvurent en cassation, mais elles furent déboutées par un arrêt déposé le 5 août 2004.
II. LE DROIT INTERNE PERTINENT
30. Les éléments de droit interne pertinent sont exposés dans les affaires Campagnano c. Italie, no 77955/01, CEDH 2006 IV ; Albanese c. Italie, no 77924/01, 23 mars 2006 et Vitiello c. Italie, no 77962/01, 23 mars 2006.
31. L’article 50 de l’ancienne loi sur la faillite était ainsi libellé :
« Le greffe de chaque tribunal tient un registre public où sont consignés les noms des faillis. Le nom d’un failli est rayé du registre après jugement du tribunal. Le failli est soumis aux incapacités prévues par la loi tant que son nom n’a pas été rayé du registre. »
32. Cette disposition a été abrogée le 16 janvier 2006 par l’article 47 de la loi no 5 de 2006.
33. Par son arrêt no 39 du 5 mars 2008, la Cour Constitutionnelle déclara l’article 50 de l’ancienne loi sur la faillite inconstitutionnel dans la mesure où celui-ci prévoyait que les incapacités personnelles dérivant de la mise en faillite perduraient au-delà de la clôture de la procédure.
34. Dans son arrêt no 4630 du 26 février 2009, la Cour de cassation releva que la loi no 5 de 2006 n’indiquait pas quel était le dies ad quem de la cessation des incapacités personnelles dérivant de la faillite lorsque la procédure y relative était close à une date antérieure à l’entrée en vigueur de la nouvelle loi. Afin de combler cette lacune, elle indiqua que cette date correspondait à celle de la clôture de la procédure de faillite.
EN DROIT
I. SUR LA JONCTION DES REQUÊTES
35. Compte tenu de la similitude des requêtes quant aux faits et aux problèmes de fond qu’elles posent, la Cour estime nécessaire de les joindre et décide de les examiner conjointement dans un seul arrêt.
II. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 8 DE LA CONVENTION (DROIT AU RESPECT DE LA VIE PRIVÉE ET FAMILIALE)
36. Invoquant l’article 8 de la Convention, les requérants dénoncent une atteinte à leur droit au respect de la vie privée et familiale en raison de l’inscription de leur nom dans le registre des faillis et se plaignent de ne pouvoir demander leur réhabilitation que cinq ans après la clôture de la procédure de faillite. L’article 8 de la Convention, est ainsi libellé :
« 1. Toute personne a droit au respect de sa vie privée et familiale (…) et de sa correspondance.
2. Il ne peut y avoir ingérence d’une autorité publique dans l’exercice de ce droit que pour autant que cette ingérence est prévue par la loi et qu’elle constitue une mesure qui, dans une société démocratique, est nécessaire à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au bien-être économique du pays, à la défense de l’ordre et à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui. »
A. Sur la recevabilité
37. Le Gouvernement fait valoir que, conformément à l’interprétation suivie par la Cour Constitutionnelle et la Cour de cassation, les incapacités dérivant de l’inscription des noms des requérants dans le registre des faillis ont pris fin aux dates auxquelles les procédures de faillite ont été closes. Les requêtes ayant été introduites plus de six mois après la clôture des différentes procédures de faillite, elles seraient donc tardives.
38. Les requérants s’opposent à cette thèse et réitèrent leurs griefs.
39. La Cour relève que les requérants ont omis d’étayer la partie du grief tirée du droit au respect de la vie familiale. Cette partie de la requête doit donc être rejetée pour défaut manifeste de fondement, au sens de l’article 35 §§ 4 et 5 de la Convention.
40. Quant au moyen relatif à la vie privée, la Cour constate que les arrêts indiqués par le gouvernement défendeur ont été prononcés en mars 2008 et en février 2009 (paragraphes 33 et 34 ci-dessus), postérieurement donc à l’introduction des requêtes devant la Cour. De plus, l’article 50 de l’ancienne loi sur la faillite ayant été abrogé le 16 janvier 2006, toutes les requêtes en question ont bien été introduites devant la Cour avant l’expiration du délai de six mois de l’article 35 § 1 de la Convention (voir tableau annexe). Par conséquent, l’exception du Gouvernement doit être rejetée.
41. Cette partie du grief n’est pas manifestement mal fondée au sens de l’article 35 § 3 (a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’elle ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de la déclarer recevable.
B. Sur le fond
42. La Cour rappelle avoir déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables à celles des cas d’espèce et avoir constaté la violation de l’article 8 de la Convention sous l’angle du droit au respect de la vie privée (voir, parmi beaucoup d’autres, Campagnano c. Italie, précité, §§ 50-66, Albanese c. Italie, précité, §§ 50-66 et Vitiello c. Italie, précité, §§ 44-62).
43. La Cour a examiné les affaires en question et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente. La Cour estime donc qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention.
III. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 6 § 1 (DROIT D’ESTER EN JUSTICE), 8 DE LA CONVENTION (DROIT AU RESPECT DE LA CORRESPONDANCE), 1 DU PROTOCOLE NO 1 ET 2 DU PROTOCOLE NO 4
44. Les requérants (requêtes nos 1, 3, 4 et 5) se plaignent de la violation de leur droit au respect de leur correspondance, de leur droit au respect des biens et de leur liberté de circulation, notamment en raison de la durée des procédures. Ces griefs relèvent des articles 8 de la Convention, 1 du Protocole no 1 et 2 du Protocole no 4. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, les requérantes de la requête no 5 se plaignent aussi de leur incapacité prolongée d’ester en justice en raison de la durée de la procédure. Le texte de l’article 8 est reproduit ci-dessus. Les autres dispositions sont ainsi libellées :
Article 6 § 1 de la Convention
« 1. Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement, publiquement et dans un délai raisonnable, par un tribunal indépendant et impartial, établi par la loi, qui décidera, soit des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
Article 2 du Protocole no 4
« 1. Quiconque se trouve régulièrement sur le territoire d’un Etat a le droit d’y circuler librement et d’y choisir librement sa résidence.
2. Toute personne est libre de quitter n’importe quel pays, y compris le sien.
3. L’exercice de ces droits ne peut faire l’objet d’autres restrictions que celles qui, prévues par la loi, constituent des mesures nécessaires, dans une société démocratique, à la sécurité nationale, à la sûreté publique, au maintien de l’ordre public, à la prévention des infractions pénales, à la protection de la santé ou de la morale, ou à la protection des droits et libertés d’autrui.
4. Les droits reconnus au paragraphe 1 peuvent également, dans certaines zones déterminées, faire l’objet de restrictions qui, prévues par la loi, sont justifiées par l’intérêt public dans une société démocratique. »
45. Le Gouvernement observe que certains requérants n’ont pas épuisé le remède prévu par la « loi Pinto », alors que d’autres ont obtenu un dédommagement suffisant dans le cadre de cette procédure.
46. Les requérants contestent cette thèse et réitèrent leurs griefs.
47. En ce qui concerne les requêtes nos 1 et 4, les requérants ont omis de se pourvoir en cassation pour se plaindre de la durée excessive des incapacités dérivant de leur mise en faillite. Cette partie des requêtes doit donc être rejetée pour non-épuisement des voies de recours internes selon l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
48. Pour ce qui est des requêtes nos 3 et 5, la Cour relève que les procédures internes ont duré respectivement environ quinze ans et six ans. Elle estime que, eu égard aux éléments des affaires en question, elle aurait pu accorder, en l’absence de voies de recours internes, 22 000 et 4 500 EUR respectivement. Elle note que les requérants ont obtenu 15 000 EUR, dans le premier cas, et 2 065,80 EUR, dans le deuxième cas, ce qui représente environ 68 %, dans le premier cas, et 46 %, dans le deuxième cas, du montant que la Cour aurait pu accorder aux intéressés au regard des critères dégagés dans sa jurisprudence (Cocchiarella c. Italie [GC], no 886/01, § 146, CEDH 2006 V, Di Sante c. Italie, no 56079/00, déc., 14 juin 2007, mutatis mutandis, De Blasi c. Italie, no 1595/02, §§ 19-30, 5 octobre 2006, Gallucci c. Italie, no 10756/02, §§ 24-30, 12 juin 2007, Esposito c. Italie, no 35771/03, §§ 16-28 et 31-35, 27 novembre 2007 et, mutatis mutandis, Garino c. Italie (déc.), nos 16605/03, 16641/03 et 16644/03, 18 mai 2006).
49. La Cour considère que, dans ces deux affaires, les redressements se sont avérés suffisants et appropriés. Il s’ensuit que les requérants ne peuvent plus se prétendre victimes, au sens de l’article 34 de la Convention, de la violation qu’ils allèguent. Ce grief doit être rejeté en application des articles 34 et 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
IV. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DES ARTICLES 6 § 1, 13, 17 et 53 DE LA CONVENTION
50. Invoquant les articles 6 § 1, sous l’angle du droit à un tribunal, et 13 de la Convention, les requérants (requêtes nos 2 et 3) dénoncent le manque d’un recours effectif pour se plaindre du prolongement des incapacités dérivant de leur mise en faillite. Le requérant de la requête no 3 invoque à ce titre aussi les articles 17 et 53 de la Convention. Le texte de l’article 6 § 1 est reproduit ci-dessus. Les autres articles en question disposent ainsi :
Article 13
« Toute personne dont les droits et libertés reconnus dans la (…) Convention ont été violés, a droit à l’octroi d’un recours effectif devant une instance nationale, alors même que la violation aurait été commise par des personnes agissant dans l’exercice de leurs fonctions officielles. »
Article 17
« Aucune des dispositions de la (…) Convention ne peut être interprétée comme impliquant pour un Etat, un groupement ou un individu, un droit quelconque de se livrer à une activité ou d’accomplir un acte visant à la destruction des droits ou libertés reconnus dans la (…) Convention ou à des limitations plus amples de ces droits et libertés que celles prévues à [la] Convention. »
Article 53
« Aucune des dispositions de la (…) Convention ne sera interprétée comme limitant ou portant atteinte aux droits de l’homme et aux libertés fondamentales qui pourraient être reconnus conformément aux lois de toute Partie contractante ou à toute autre Convention à laquelle cette Partie contractante est partie. »
A. Sur la recevabilité
51. Le Gouvernement conteste cette thèse.
52. Les requérants réitèrent leur grief.
53. La Cour rappelle que, maîtresse de la qualification juridique des faits des causes, elle ne se considère pas comme liée par celle que leur attribuent les requérants. Un grief se caractérise par les faits qu’il dénonce et non par les simples moyens ou arguments de droit invoqués (voir, par exemple, Guerra et autres c. Italie, 19 février 1998, § 44, Recueil des arrêts et décisions 1998 I).
54. Au vu des circonstances de l’espèce, la Cour considère que ce grief doit être examiné uniquement sous l’angle de l’article 13 de la Convention (voir, mutatis mutandis, Bottaro c. Italie, no 56298/00, §§ 41-46 17 juillet 2003) dans ses deux volets.
55. En ce qui concerne le premier volet, soulevé uniquement dans la requête no 3 et lié à la durée des incapacités dérivant de la déclaration de faillite (paragraphe 43 ci-dessus), la Cour rappelle avoir conclu à la non violation des articles 8 de la Convention, 1 du Protocole no 1 et 2 du Protocole no 4 (paragraphe 47 ci-dessus). Partant, ne s’agissant pas de griefs « défendables » au regard de la Convention, la Cour estime que cette partie de la requête doit être rejetée en tant que manifestement mal fondée selon l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention (Brancatelli c. Italie (déc), no 21229/02, 11 mai 2006).
56. Quant au deuxième volet du grief, soulevé dans les deux requêtes en question et portant sur les incapacités dérivant de l’inscription des noms des requérants dans le registre des faillis, la Cour constate que celui-ci n’est pas manifestement mal fondé au sens de l’article 35 § 3 (a) de la Convention. La Cour relève par ailleurs qu’il ne se heurte à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de le déclarer recevable.
B. Sur le fond
57. La Cour a déjà traité d’affaires soulevant des questions semblables et a constaté la violation de l’article 13 de la Convention (voir Bottaro c. Italie, précité, §§ 41-46 et De Blasi c. Italie, précité, §§ 58-59).
58. La Cour a examiné les requêtes nos 2 et 3 et considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument pouvant mener à une conclusion différente dans ces deux cas.
59. Partant, elle conclut qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention concernant les incapacités dérivant de l’inscription des noms des requérants dans le registre des faillis.
V. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 3 DU PROTOCOLE No 1
60. Les requérants (requêtes nos 3, 4 et 5) se plaignent de la limitation de leurs droits électoraux à la suite de leur mise en faillite. Ils invoquent l’article 3 du Protocole no 1 ainsi libellé :
« Les Hautes Parties contractantes s’engagent à organiser, à des intervalles raisonnables, des élections libres au scrutin secret, dans les conditions qui assurent la libre expression de l’opinion du peuple sur le choix du corps législatif. ».
61. Le Gouvernement conteste cette thèse.
62. Les requérants réitèrent leur grief.
63. La Cour relève que ce grief a été introduit plus de six mois après la cessation de l’interdiction litigieuse (voir tableau annexe). La Cour constate donc que ce grief est tardif et qu’il doit être rejeté conformément à l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
VI. SUR LA VIOLATION ALLÉGUÉE DE L’ARTICLE 6 § 1 DE LA CONVENTION (DÉLAI RAISONNABLE)
64. Invoquant l’article 6 § 1 de la Convention, les requérants (requête nos 3, 4 et 5) se plaignent de la durée de la procédure de faillite. Le requérant de la requête no 3 se plaint aussi de la durée de la procédure d’exécution.
65. Le Gouvernement observe que certains requérants n’ont pas épuisé le remède prévu par la « loi Pinto », alors que d’autres ont obtenu un dédommagement suffisant dans le cadre de cette procédure.
66. Quant aux requêtes nos 3 et 5, la Cour renvoie aux considérations développées dans le cadre du grief des requérants tiré de la durée des incapacités dérivant de leur mise en faillite. Pour les raisons exposées aux paragraphes 48 et 49 ci-dessus, elle estime que les requérants ne peuvent plus se prétendre victimes, au sens de l’article 34 de la Convention, de la violation qu’ils allèguent. Ce grief doit être rejeté en application des articles 34 et 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
67. En ce qui concerne la requête no 4, la Cour réitère que le requérant a omis de se pourvoir en cassation pour se plaindre de la durée excessive de la procédure (voir paragraphe 47 ci-dessus). Cette partie de la requête est donc irrecevable pour non-épuisement des voies de recours internes, au sens de l’article 35 §§ 1 et 4 de la Convention.
VII. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
68. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
69. Les sommes réclamées par les requérants au titre du préjudice matériel et moral qu’ils auraient subi figurent dans le tableau en annexe.
70. Le Gouvernement s’oppose à ces prétentions.
71. La Cour n’aperçoit pas de lien de causalité entre les violations constatées et les dommages matériels allégués et rejette ces demandes. Quant à la violation des articles 8 (droit au respect de la vie privée) et 13 de la Convention, la Cour estime que, eu égard à l’ensemble des circonstances des affaires, les constats de violation figurant dans le présent arrêt fournissent en eux-mêmes une satisfaction équitable suffisante (voir Campagnano c. Italie, précité, § 81).
B. Frais et dépens
72. Les sommes réclamées par les requérants pour les frais et dépens engagés devant les juridictions internes et devant la Cour figurent dans le tableau en annexe.
73. Le Gouvernement conteste ces prétentions.
74. Compte tenu des documents en sa possession et de sa jurisprudence, la Cour estime raisonnable la somme de 500 EUR pour la procédure devant elle et l’accorde pour chaque requête (conjointement aux requérants, lorsqu’il s’agit d’une requête introduite par plusieurs requérants).
C. Intérêts moratoires
75. La Cour juge approprié de calquer le taux des intérêts moratoires sur le taux d’intérêt de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne majoré de trois points de pourcentage.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Décide de joindre les requêtes et de les examiner conjointement dans un seul arrêt ;

2. Déclare les requêtes recevables quant aux griefs tirés des articles 8 de la Convention, quant au droit au respect de la vie privée (les cinq requêtes), et 13 de la Convention, quant à la partie de ce grief liée aux incapacités dérivant de l’inscription du nom des requérants dans le registre des faillis (requêtes nos 2 et 3), et irrecevables pour le surplus ;

3. Dit qu’il y a eu violation de l’article 8 de la Convention (droit au respect de la vie privée) pour l’ensemble des requêtes ;

4. Dit qu’il y a eu violation de l’article 13 de la Convention concernant les requêtes nos 2 et 3 ;

5. Dit
a) que les constats de violation constituent en eux-mêmes une satisfaction équitable suffisante pour le préjudice moral subi par les requérants en ce qui concerne la violation de l’article 8 (droit au respect de la vie privée) et 13 de la Convention ;
b) que l’Etat défendeur doit verser, dans les trois mois, 500 EUR (cinq cents euros), plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt par les requérants, pour frais et dépens pour chaque requête (conjointement aux requérants, lorsqu’il s’agit d’une requête introduite par plusieurs requérants) ;
c) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ces montants seront à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;

6. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 18 décembre 2012, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Françoise Elens-Passos Peer Lorenzen
Greffière adjointe Président

ANNEXE

No Requête No Introduite le Requérant
Date de naissance
Lieu de résidence Représenté par Dates de communication des requêtes au gouvernement défendeur Dates de cessation de l’interdiction des droits électoraux Demande à titre de satisfaction équitable
1 5179/05 23/12/2004 M. Salvatore Coppola, M. Giuseppe Coppola et Mme Maria Catania,
1967, 1940 et 1948, Gravina di Catania (Catane)
OMISSIS, avocat à Catane 9/3/2007 Dommage moral: 65 000 EUR (M. Salvatore Coppola), 44 500 EUR (M. Giuseppe Coppola),
36 000 EUR (Mme Maria Catania).
Frais et dépens: les requérants se remettent à la sagesse de la Cour
2 14611/05 23/2/2005 OMISSIS, 1932, Parme OMISSIS, avocat à Parme
9/3/2007 Dommage matériel : 20 000 EUR,
Dommage moral : 50 000 EUR.
Frais et dépens devant la Cour : 7 838,50 EUR ;
devant les juridictions nationales : 2 541,78 EUR
3 29701/06 11/7/2006 OMISSIS, Avola (Syracuse) OMISSIS, avocat à Avola 14/1/2008 9/3/1996 Dommage moral: 25 000 EUR.
Frais et dépens devant la Cour: 3 506,25 EUR ;
devant les instances internes : 5 300,12 EUR
4 9041/05 22/2/2005 OMISSIS, 1954, Valderice (Trapani) OMISSIS, avocat à Erice (Trapani) 16/04/2007 24/09/1991 Dommage moral et matériel : 516 456,89 EUR.
Frais et dépens devant la Cour : le requérant se remet à la sagesse de la Cour
5 8239/05 3/2/2005 OMISSIS, 1962, Cuneo
OMISSIS, avocat à Alba 5/11/2007 21/05/1998 Dommage moral: 50 000 EUR, pour chacune des requérants
Dommage matériel: 293 319,73 EUR.
Frais et dépens devant la Cour et les instances nationales : 39 278,78 EUR

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