Conclusioni: Violazione dell’articolo 8 – Diritto al rispetto della vita privata e familiare, Articolo 8-1 – Rispetto della vita privata,
Violazione dell’articolo 13 – Diritto ad un ricorso effettivo, Articolo 13 – Ricorso effettivo,
SECONDA SEZIONE
CAUSA SALVATORE COPPOLA ED ALTRI C. ITALIA
( Richieste numeri 5179/05, 14611/05, 29701/06, 9041/05, 8239/05)
SENTENZA
STRASBURGO
18 dicembre 2012
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.
Nel causa Coppola ed altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
Peer Lorenzen, presidente,
Guido Raimondi,
Dragoljub Popović,
András Sajó,
Nebojša Vučinić,
Paulo Pinto di Albuquerque,
Helen Keller, giudici e
da Francesca Elens-Passos, cancelliera collaboratrice di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 27 novembre 2012,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine delle cause si trovano cinque richieste, numeri 5179/05, 14611/05, 29701/06, 9041/05 e 8239/05, dirette contro la Repubblica italiana e di cui dei cittadini di questo Stato (“i richiedenti”), (vedere riquadro annesso, hanno investito la Corte, entra dicembre 2004 e luglio 2006, in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. I nomi dei rappresentanti dei richiedenti sono indicati nel quadro qui accluso. Il governo italiano (“il Governo”) è stato rappresentato dal suo agente, la Sig.ra E. Spatafora, così come dal suo coagente, la Sig.ra P. Accardo.
3. Le richieste sono state comunicate al Governo entro marzo 2007 e gennaio 2008. Come permette l’articolo 29 § 1 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DI LO SPECIFICO
1. Richiesta no 5179/05 Coppola e Catania c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
4. Con un giudizio depositato il 8 gennaio 1988, il tribunale di Catania dichiarò il fallimento della società di fatto che esiste tra i richiedenti così come i fallimenti personali di questi.
5. Con una decisione del 10 gennaio 2003, affisso al tribunale il 21 febbraio 2003, il tribunale recintò il procedimento per ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
6. Il 20 settembre 2003, i richiedenti introdussero un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina che chiede il risarcimento del danno morale che stimavano avere subito in ragione della durata del procedimento così come del prolungamento delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento.
7. Con una decisione notificata al foro dello stato il 8 maggio 2004, la corte di appello accordò 10 000 euros, EUR, ad OMISSIS, 5 500 EUR al Sig. Giuseppe Coppola e 4 000 EUR ad OMISSIS.
8. Questa decisione diventò definitiva il 7 luglio 2004, ossia, sessanta giorni dopo la sua notificazione, conformemente all’articolo 325 del codice di procedimento civile.
2. Richiesta no 14611/05 Vittorino Iotti c. Italia
9. Con un giudizio depositato il 6 novembre 1984, il tribunale di Reggio Emilia dichiarò il fallimento personale del richiedente.
10. Con una decisione del 16 agosto 2001, il giudice delegato recintò il procedimento in ragione della ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
11. Il 19 giugno 2003, il richiedente introdusse istanza dinnanzi al tribunale per ottenere la sua riabilitazione.
12. Con un giudizio depositato il 12 agosto 2003, il tribunale respinse questa domanda in ragione di ciò che era prematura. Ricordò che, secondo l’articolo 143 capoverso 3 della legge sul fallimento, la riabilitazione poteva essere accordata solamente se la persona dichiarata in fallimento ha dato prova di buona condotta durante un periodo di almeno cinque anni dopo la chiusura del procedimento.
3. Richiesta no 29701/06 Suma c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
13. Con un giudizio depositato il 9 marzo 1991, il tribunale di Siracusa dichiarò il fallimento personale del richiedente.
14. Con una decisione depositata il 9 novembre 2005, affisso al tribunale il 10 novembre 2005, suddetta giurisdizione recintò il procedimento in ragione della ripartizione finale dell’attivo del fallimento. Questa decisione diventò definitiva il 25 novembre 2005, questo essere-a-argomento, quindici giorni dopo la sua affissione, al senso dell’articolo 119 della legge sul fallimento.
2. Il procedimento esecutivo
15. Nella cornice di un procedimento di esecuzione iniziata il 6 ottobre 1988 dal società C. S.p.a. concernente un bene immobile che appartiene al richiedente, il 15 dicembre 1993, questo bene fu venduto e, il 23 gennaio 1995, la somma che risulta dalla vendita fu versata all’attivo del fallimento.
3. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
16. Il 1 aprile 2004, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Messina conformemente alla “legge Pinto” per lamentarsi della durata del procedimento di fallimento e di quella di esecuzione così come delle incapacità che deriva del suo collocamento in fallimento.
17. Con una decisione del 23 marzo 2005, la corte accordò al richiedente 15 000,00 EUR a titolo di risarcimento morale per la durata dei procedimenti così come delle incapacità che derivano del collocamento in fallimento.
18. Il 7 giugno 2005, il richiedente si ricorse in cassazione.
19. Con una sentenza depositata il 16 gennaio 2007, la Corte di cassazione respinse il richiedente.
4. Richiesta no 9041/05 Spanò c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
20. Con un giudizio depositato il 24 settembre 1986, il tribunale di Trapani dichiarò il fallimento del società M.C di cui il richiedente era associato accomandante, così come il fallimento personale di questo ultimo.
21. Con una decisione depositata il 24 settembre 2003, il tribunale recintò il procedimento per ripartizione finale dell’attivo del fallimento.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
22. Il 4 febbraio 2003, il richiedente introdusse un ricorso dinnanzi alla corte di appello di Caltanissetta conformemente alla “legge Pinto” per ottenere il risarcimento del danno che stimava avere subito in ragione della durata del procedimento così come delle incapacità che deriva del suo collocamento in fallimento.
23. Con una decisione depositata il 24 giugno 2003, la corte di appello accordò al richiedente 7 000 EUR a questo titolo. Questa decisione diventò definitiva il 9 agosto 2004.
5. Richiesta no 8239/05 Brugiafreddo e Falcone c. Italia
1. Il procedimento di fallimento
24. Con un giudizio depositato il 21 maggio 1993, il tribunale di Cuneo dichiarò il fallimento personale dei richiedenti, in quanto socie del società I.
25. Il 16 giugno 1993, i richiedenti introdussero un ricorso in opposizione per ottenere la revoca del loro collocamento in fallimento.
26. Con un giudizio depositato il 28 aprile 1999, il tribunale fece diritto alla domanda.
2. Il procedimento introdotto conformemente alla “legge Pinto”
27. Il 3 agosto 2001, i richiedenti investirono la corte di appello di Milano conformemente alla “legge Pinto” che si lamenta della durata eccessiva del procedimento.
28. Con una decisione depositata il 20 novembre 2001, la corte di appello accordò ad ogni richiedente 4 000 000 lire italiane (ITL) (circa 2 065,80 EUR, in risarcimento del danno morale che avevano subito congiuntamente in ragione della durata del procedimento così come 1 500 000 ITL, circa 774,60 EUR, per gli oneri e spese.
29. I richiedenti si ricorsero in cassazione, ma furono respinte da una sentenza depositata il 5 agosto 2004.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
30. Gli elementi di dritto interni pertinente sono esposti nei cause Campagnano c. Italia, no 77955/01, CEDH 2006-IV; Albanese c. Italia, no 77924/01, 23 marzo 2006 e Vitiello c. Italia, no 77962/01, 23 marzo 2006.
31. L’articolo 50 della vecchia legge sul fallimento era formulato così:
“La cancelleria di ogni tribunale tiene un registro pubblico dove sono registrati i nomi dei falliti. Il nome di un fallito è cancellato del registro dopo giudizio del tribunale. Lo fallito è sottoposto alle incapacità previste dalla legge finché il suo nome non è stato cancellato del registro. “
32. Questa disposizione è stata abrogata il 16 gennaio 2006 dall’articolo 47 della legge no 5 del 2006.
33. Con la sua sentenza no 39 del 5 marzo 2008, la Corte Costituzionale dichiarò l’articolo 50 della vecchia legge sul fallimento incostituzionale nella misura in cui questo contemplava che le incapacità personali che derivano del collocamento in fallimento perduravano al di là della chiusura del procedimento.
34. Nella sua sentenza no 4630 del 26 febbraio 2009, la Corte di cassazione rilevò che la legge no 5 del 2006 non indicava che era il dies ad quem della cessazione delle incapacità personali che derivano del fallimento quando il procedimento ci relativa era chiusa in vigore ad una data anteriore all’entrata della nuova legge. Per colmare questa lacuna, indicò che questa data corrispondeva a quella della chiusura del procedimento di fallimento.
IN DIRITTO
I. SULLA CONGIUNZIONE DELLE RICHIESTE
35. Tenuto conto della similitudine delle richieste in quanto ai fatti ed ai problemi di fondo che pongono, la Corte stima necessaria di unirli e decida di esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.
II. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE (DIRITTO AL RISPETTO DELLA VITA PRIVATA E FAMILIARE)
36. Invocando l’articolo 8 della Convenzione, i richiedenti denunciano un attentato al loro diritto al rispetto della vita privata e familiare in ragione dell’iscrizione del loro nome nel registro dei falliti e si lamentano di non potere chiedere la loro riabilitazione che cinque anni dopo la chiusura del procedimento di fallimento. L’articolo 8 della Convenzione, è formulato così:
“1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza.
2. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di questo diritto se non per quanto questa ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui. “
A. Sull’ammissibilità
37. Il Governo fa valere che, conformemente all’interpretazione seguita dalla Corte Costituzionale e la Corte di cassazione, le incapacità che derivano dell’iscrizione dei nomi dei richiedenti nel registro dei falliti si sono concluse alle date alle quali i procedimenti di fallimento sono stati chiusi. Le richieste essendo state introdotte più di sei mesi dopo la chiusura dei differenti procedimenti di fallimento, sarebbero tardive dunque.
38. I richiedenti oppongono a questa tesi e reiterano i loro motivi di appello.
39. La Corte rileva che i richiedenti hanno omesso di supportare la parte del motivo di appello derivato del diritto al rispetto della vita familiare. Questa parte della richiesta deve essere respinta per difetto manifesto di fondamento dunque, al senso dell’articolo 35 §§ 4 e 5 della Convenzione.
40. In quanto al mezzo relativo alla vita privata, la Corte constata che le sentenze indicate dal governo convenuto sono state pronunciate nel marzo 2008 e nel febbraio 2009, paragrafi 33 e 34 sopra, posteriormente dunque all’introduzione delle richieste dinnanzi alla Corte. Di più, l’articolo 50 della vecchia legge sul fallimento essendo stato abrogato il 16 gennaio 2006, tutte le richieste in questione sono state introdotte bene dinnanzi alla Corte prima della scadenza del termine di sei mesi dell’articolo 35 § 1 della Convenzione (vedere quadro annesso). Di conseguenza, l’eccezione del Governo deve essere respinta.
41. Questa parte del motivo di appello non è manifestamente male fondata al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che non cozza contro nessuno altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararla ammissibile dunque.
B. Sul merito
42. La Corte ricorda avere trattato già di cause che sollevano delle questioni simili a quelle dei casi di specie ed avere constatato la violazione dell’articolo 8 della Convenzione sotto l’angolo del diritto al rispetto della vita privata (vedere, tra molto altri, Campagnano c. Italia, precitata, §§ 50-66, Albanese c. Italia, precitata, §§ 50-66 e Vitiello c. Italia, precitata, §§ 44-62.
43. La Corte ha esaminato le cause in questione e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente potendo condurre ad una conclusione differente. La Corte stima dunque che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione.
III. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1 (DIRITTO DI RIMANERE IN GIUSTIZIA), 8 DELLA CONVENZIONE (DIRITTO AL RISPETTO DELLA CORRISPONDENZA), 1 DEL PROTOCOLLO NO 1 E 2 DEL PROTOCOLLO NO 4
44. I richiedenti, richieste nostro 1, 3, 4 e 5, si lamentano della violazione del loro diritto al rispetto della loro corrispondenza, del loro diritto al rispetto dei beni e della loro libertà di circolazione, in particolare in ragione della durata dei procedimenti. Questi motivi di appello rilevano degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti della richiesta no 5 si lamentano anche della loro incapacità prolungata di stare in giustizia in ragione della durata del procedimento. Il testo dell’articolo 8 è riprodotto sopra. Le altre disposizioni sono formulate così:
Articolo 6 § 1 della Convenzione
“1. Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita, pubblicamente ed in un termine ragionevole, da un tribunale indipendente ed imparziale, stabilito per legge che deciderà, o delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
Articolo 2 del Protocollo no 4
“1. Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di un Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di scegliere liberamente la sua residenza.
2. Ogni persona è libera di lasciare qualsiasi paese, ivi compreso il suo.
3. L’esercizio di questi diritti non può essere oggetto di altre restrizioni se non quelle che, previste dalla legge, costituiscono delle misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla sicurezza pubblica, al mantenimento dell’ordine pubblico, alla prevenzione delle violazioni penali, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e libertà altrui.
4. I diritti riconosciuti al paragrafo 1 possono anche, in certe zone determinate, essere oggetto di restrizioni che, previste dalla legge, sono giustificate dall’interesse pubblico in una società democratica. “
45. Il Governo osserva che certi richiesti non hanno esaurito il rimedio previsto dalla “legge Pinto”, mentre di altri hanno ottenuto un risarcimento sufficiente nella cornice di questo procedimento.
46. I richiedenti contestano questa tesi e reiterano i loro motivi di appello.
47. In ciò che riguarda le richieste il nostro 1 e 4, i richiedenti hanno omesso di ricorrersi in cassazione per lamentarsi della durata eccessiva delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento. Questa parte delle richieste deve essere respinta per no-esaurimento delle vie di ricorso interni secondo l’articolo 35 §§ dunque 1 e 4 della Convenzione.
48. Per ciò che è delle richieste i nostri 3 e 5, la Corte rileva che i procedimenti interni sono durati rispettivamente circa quindici anni e sei anni. Stima che, avuto riguardo agli elementi delle cause in questione, avrebbe potuto accordare, nella mancanza di vie di ricorso interni, 22 000 e 4 500 EUR rispettivamente. Nota che i richiedenti hanno ottenuto 15 000 EUR, nel primo caso, e 2 065,80 EUR, nel secondo caso, ciò che rappresenta circa il 68%, nel primo caso, ed il 46%, nel secondo caso, dell’importo che la Corte avrebbe potuto accordare agli interessati allo sguardo dei criteri emanati nella sua giurisprudenza, Cocchiarella c. Italia [GC], no 886/01, § 146, CEDH 2006-V, Di Salute c. Italia, no 56079/00, déc., 14 giugno 2007, mutatis mutandis, Di Blasi c. Italia, no 1595/02, §§ 19-30, 5 ottobre 2006, Gallucci c,. Italia, no 10756/02, §§ 24-30, 12 giugno 2007, Esposito c,. Italia, no 35771/03, §§ 16-28 e 31-35, 27 novembre 2007 e, mutatis mutandis, Garino c. Italia, déc.), nostri 16605/03, 16641/03 e 16644/03, 18 maggio 2006.
49. La Corte considera che, in queste due cause, le correzioni si sono rivelate sufficienti ed appropriate. Ne segue che i richiedenti non possono più definirsi vittime, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, della violazione che adducono. Questo motivo di appello deve essere respinto in applicazione degli articoli 34 e 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
IV. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DEGLI ARTICOLI 6 § 1, 13, 17 E 53 DELLA CONVENZIONE
50. Invocando gli articoli 6 § 1, sotto l’angolo del diritto ad un tribunale, e 13 della Convenzione, i richiedenti, richieste i nostri 2 e 3, denunciano la mancanza di un ricorso effettivo per lamentarsi del prolungamento delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento. Il richiedente della richiesta no 3 invoca a questo titolo perciò gli articoli 17 e 53 della Convenzione. Il testo dell’articolo 6 § 1 sono riprodotti sopra. Gli altri articoli in questione dispongono così:
Articolo 13
“Ogni persona i cui i diritti e libertà riconosciuti nella Convenzione sono stati violati, ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, anche se la violazione fosse stata commessa da persone agendo nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
Articolo 17
“Nessuna delle disposizioni del Convenzione può essere interpretata come implicante per un Stato, un raggruppamento o un individuo, un diritto qualsiasi di concedersi ad un’attività o di compiere un atto che mira alla distruzione dei diritti o libertà riconosciuti nella Convenzione o a limitazioni più ampie di questi diritti e libertà di quelle contemplate [nella] Convenzione. “
Articolo 53
“Nessuna delle disposizioni del Convenzione sarà interpretata come limitante o recante offesa ai diritti dell’uomo ed alle libertà fondamentali che potrebbero essere riconosciute conformemente alle leggi di ogni Parte contraente o a ogni altra Convenzione alla quale questa Parte contraente è parte. “
A. Sull’ammissibilità
51. Il Governo contesta questa tesi.
52. I richiedenti reiterano il loro motivo di appello.
53. La Corte ricorda che, padrona della qualifica giuridica dei fatti delle cause, non si considera come legata da quella che assegnano loro i richiedenti. Un motivo di appello si distingue coi fatti che denuncia e non coi semplici mezzi o argomenti di diritto invocato (vedere, per esempio, Guerra ed altri c. Italia, 19 febbraio 1998, § 44, Raccolta delle sentenze e decisioni 1998-I.
54. Alla vista delle circostanze dello specifico, la Corte considera che questo motivo di appello deve essere esaminato unicamente sotto l’angolo dell’articolo 13 della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, Bottaro c. Italia, no 56298/00, §§ 41-46 17 luglio 2003, nei suoi due risvolti.
55. In ciò che riguarda il primo risvolto, sollevato unicamente nella richiesta no 3 e legato alla durata delle incapacità che derivano della dichiarazione di fallimento, paragrafo 43 sopra, la Corte ricorda avere concluso alla no-violazione degli articoli 8 della Convenzione, 1 del Protocollo no 1 e 2 del Protocollo no 4, paragrafo 47 sopra. Pertanto, non trattandosi di motivi di appello “difendibili” allo sguardo della Convenzione, la Corte stima che questa parte della richiesta deve essere respinta in quanto manifestamente male fondata secondo l’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione, Brancatelli c. Italia (déc), no 21229/02, 11 maggio 2006.
56. In quanto al secondo risvolto del motivo di appello, sollevato nelle due richieste in questione e cadendo sulle incapacità che derivano dell’iscrizione dei nomi dei richiedenti nel registro dei falliti, la Corte constata che questo non è manifestamente male fondato al senso dell’articolo 35 § 3, ha, della Convenzione. La Corte rileva peraltro che incontra nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dichiararlo ammissibile dunque.
B. Sul merito
57. La Corte ha trattato già di cause che sollevano delle questioni simili e ha constatato la violazione dell’articolo 13 della Convenzione (vedere Bottaro c). Italia, precitata, §§ 41-46 e Di Blasi c. Italia, precitata, §§ 58-59.
58. La Corte ha esaminato le richieste i nostri 2 e 3 e ha considerato che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento potendo condurre ad una conclusione differente in questi due casi.
59. Pertanto, conclude che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione concernente le incapacità che derivano dell’iscrizione dei nomi dei richiedenti nel registro dei falliti.
V. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 3 DEL PROTOCOLLO NO 1
60. I richiedenti, richieste nostri 3, 4 e 5, si lamentano della limitazione dei loro diritti elettorali in seguito al loro collocamento in fallimento. Invocano così l’articolo 3 del Protocollo no 1 formula:
“Le Alte Parti contraenti si impegnano ad organizzare, ad intervalli ragionevoli, delle elezioni libere dallo scrutino segreto, nelle condizioni che garantiscono la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo. .”
61. Il Governo contesta questa tesi.
62. I richiedenti reiterano il loro motivo di appello.
63. La Corte rileva che questo motivo di appello è stato introdotto più di sei mesi dopo la cessazione dell’interdizione controversa (vedere quadro annesso). La Corte constata dunque che questo motivo di appello è tardivo e che deve essere respinto conformemente all’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
VI. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE (TERMINE RAGIONEVOLE)
64. Invocando l’articolo 6 § 1 della Convenzione, i richiedenti, richiesta nostri 3, 4 e 5, si lamenta della durata del procedimento di fallimento. Il richiedente della richiesta no 3 si lamenta anche della durata del procedimento di esecuzione.
65. Il Governo osserva che certi richiesti non hanno esaurito il rimedio previsto dalla “legge Pinto”, mentre di altri hanno ottenuto un risarcimento sufficiente nella cornice di questo procedimento.
66. In quanto alle richieste i nostri 3 e 5, la Corte rinvia alle considerazioni sviluppate nella cornice del motivo di appello dei richiedenti derivati della durata delle incapacità che derivano del loro collocamento in fallimento. Per le ragioni esposte sopra 48 e 49 ai paragrafi, stima che i richiedenti non possono più definirsi vittime, al senso dell’articolo 34 della Convenzione, della violazione che adducono. Questo motivo di appello deve essere respinto in applicazione degli articoli 34 e 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
67. In ciò che riguarda la richiesta no 4, la Corte reitera che il richiedente ha omesso di ricorrersi in cassazione per lamentarsi della durata eccessiva del procedimento (vedere sopra paragrafo 47). Questa parte della richiesta è inammissibile per non-esaurimento delle vie di ricorso interne dunque, al senso dell’articolo 35 §§ 1 e 4 della Convenzione.
VII. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
68. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
69. Il sono richieste dai richiedenti a titolo del danno patrimoniale e morale che avrebbero subito figurano nel quadro qui accluso.
70. Il Governo oppone a queste pretese.
71. La Corte non vede di legame di causalità tra le violazioni constatate ed i danni patrimoniali addotti e respingi queste domande. In quanto alla violazione degli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione, la Corte stima che, avuto riguardo all’insieme delle circostanze delle cause, le constatazioni di violazione che figura nella presente sentenza forniscono in loro stessi una soddisfazione equa sufficiente (vedere Campagnano c). Italia, precitata, § 81.
B. Oneri e spese
72. Il sono richieste dai richiedenti per gli oneri e spese impegnate dinnanzi alle giurisdizioni interne e dinnanzi alla Corte figurano nel quadro qui accluso.
73. Il Governo contesta queste pretese.
74. Tenuto conto dei documenti in suo possesso e della sua giurisprudenza, la Corte stima ragionevole la somma di 500 EUR per il procedimento dinnanzi a lei e l’accordo per ogni richiesta, congiuntamente ai richiedenti, quando si tratta di una richiesta introdotta da parecchi richiedenti.
C. Interessi moratori
75. La Corte giudica appropriato ricalcare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea aumentata di tre punti percentuale.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Decide di unire le richieste e di esaminarle congiuntamente in una sola sentenza;
2. Dichiara le richieste ammissibili in quanto ai motivi di appello derivati degli articoli 8 della Convenzione, in quanto al diritto al rispetto della vita privata, le cinque richieste, e 13 della Convenzione, in quanto alla parte di questo motivo di appello legato alle incapacità che derivano dell’iscrizione del nome dei richiedenti nel registro dei falliti, richieste numero 2 e 3, ed inammissibili per il surplus;
3. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione, diritto al rispetto della vita privata, per l’insieme delle richieste,;
4. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione concernente le richieste numero 2 e 3;
5. Stabilisce
a) che le constatazioni di violazione costituiscono di per sé una soddisfazione equa sufficiente per il danno morale subito dai richiedenti per ciò che riguarda la violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata) e 13 della Convenzione;
b) che lo stato convenuto deve versare, entro tre mesi, 500 EUR, cinque cento euro, più ogni importo che può essere dovuto congiuntamente a titolo di imposta dai richiedenti, per oneri e spese per ogni richiesta, ai richiedenti, quando si tratta di una richiesta introdotta da parecchi richiedenti;
c) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale,;
6. Respinge la richiesta di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 18 dicembre 2012, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Francesca Elens-Passos Peer Lorenzen
Cancelliera collaboratrice Presidente
ALLEGATO
No Richiesta No Introdotta il Richiedendo
Data di nascita
Luogo di residenza Rappresentato da Date di comunicazione delle richieste al governo convenuto Date di cessazione dell’interdizione dei diritti elettorali Domanda a titolo di soddisfazione equa
1 5179/05 23/12/2004 OMISSIS Catania,
1967, 1940 e 1948, Gravina di Catania (Catania) OMISSIS, avvocato a Catania 9/3/2007 Danno morale: 65 000 EUR, il Sig. Salvatore Coppola, 44 500 EUR, il Sig. Giuseppe Coppola,
36 000 EUR, la Sig.ra Maria Catania.
Oneri e spese: i richiedenti si rimettono alla saggezza della Corte
2 14611/05 23/2/2005 OMISSIS, 1932, Parma, OMISSIS, avvocato a Parma 9/3/2007 Danno patrimoniale: 20 000 EUR,
Danno morale: 50 000 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte: 7 838,50 EUR;
dinnanzi alle giurisdizioni nazionali: 2 541,78 EUR
3 29701/06 11/7/2006 OMISSIS, Avola (Siracusa), OMISSIS, avvocato ad Avola 14/1/2008 9/3/1996 Danno morale: 25 000 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte: 3 506,25 EUR;
dinnanzi alle istanze interne: 5 300,12 EUR
4 9041/05 22/2/2005 OMISSIS, 1954, Valderice (Trapani), OMISSIS, avvocato ad Erice (Trapani) 16/04/2007 24/09/1991 Danno morale e materiale: 516 456,89 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte: il richiedente si rimette alla saggezza della Corte
5 8239/05 3/2/2005 OMISSIS, 1962, Cuneo, OMISSIS, avvocato ad Alba 5/11/2007 21/05/1998 Danno morale: 50 000 EUR, per ciascuna dei richiedenti,
Danno patrimoniale: 293 319,73 EUR.
Oneri e spese dinnanzi alla Corte e le istanze nazionali: 39 278,78 EUR