Conclusione Non-violazione di P1-1; Non luogo a procedere ad esaminare l’art. 6-1; violazione dell’art. 13; danno materiale – domanda respinta; Danno morale – risarcimento pecuniario; Rimborso oneri e spese – procedimento della Convenzione
SECONDA SEZIONE
CAUSA SAGGIO C. ITALIA
( Richiesta n? 41879/98)
SENTENZA
STRASBURGO
25 ottobre 2001
DEFINITIVO
25/01/2002
Questa sentenza diventer? definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? subire dei ritocchi di forma.
Nella causa Saggio c. Italia,
La Corte europea dei Diritti dell’uomo, seconda sezione, riunendosi in una camera composta da:
SIGG.. C.L. Rozakis, presidente,
A.B. Baka, B. Conforti, G. Bonello, la Sig.ra V. Str??nick?,
Sigg.. P. Lorenzen, il Sig. Fischbach, giudici, e del Sig. E. Fribergh, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 14 settembre 1999, 10 luglio 2001 e 27 settembre 2001,
Rende la sentenza che ha, adottata a questa ultima, data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (n? 41879/98) diretta contro l’Italia e in cui un cittadino di questo Stato, il Sig. A. S. (“il richiedente”), aveva investito la Commissione europea dei Diritti dell’uomo (“la Commissione”) il 19 dicembre 1997 in virt? del vecchio articolo 25 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle Libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? rappresentato da B. Sig., avvocato al foro di Bologna. Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, il Sig. U. Leanza ed il suo coagente, il Sig. V. Esposito.
3. Il richiedente adduceva in particolare che non aveva potuto ottenere il pagamento delle somme che gli erano dovute e che il sistema giudiziale italiano l’aveva privato di ogni tutela giurisdizionale a fare valere la sua lagnanza.
4. La richiesta ? stata trasmessa alla Corte il 1 novembre 1998, data di entrata in vigore del Protocollo n? 11 alla Convenzione (articolo 5 ? 2 del Protocollo n? 11).
5. La richiesta ? stata assegnata alla seconda sezione della Corte (articolo 52 ? 1 dell’ordinamento). In seno a questa, la camera incaricata di esaminare la causa (articolo 27 ? 1 della Convenzione) ? stata costituita conformemente all’articolo 26 ? 1 dell’ordinamento.
6. Con una decisione del 14 settembre 1999, la Corte ha dichiarato la richiesta parzialmente ammissibile.
7. Il richiedente ha depositato delle osservazioni scritte sul merito della causa, ma non il Governo (articolo 59 ? 1 dell’ordinamento).
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
8. Il richiedente fu impiegato in qualit? di quadro presso la societ? a responsabilit? limitata F. dall? 8 maggio 1989 al 6 luglio 1995, data alla quale si licenzi? perch? non aveva ottenuto pi? la sua retribuzione dal gennaio 1995.
9. Il 7 giugno 1995, il tribunale di Bologna dichiar? che la societ? F. non era in grado di far fronte ai suoi debiti.
10. Con un decreto del 23 giugno 1995, il ministro dell’industria pose la societ? F. in “amministrazione straordinaria” (amministrazione straordinaria) e l’autorizz? a continuare la sua attivit? produttiva per una durata di due anni e nomin? tre commissari liquidatori. Questa decisione, pubblicata nella Gazzetta ufficiale (Gazzetta Ufficiale) del 28 giugno 1995, fu comunicata al richiedente con lettera del 19 febbraio 1996 che precisava anche che non poteva essere iniziata nessuna azione in esecuzione contro la societ? F. e che ogni pagamento dei crediti non avrebbe potuto avere luogo che all’epoca della ripartizione dell’attivo.
11. Il richiedente ha indicato che il valore del suo credito ammonta a 209 255 134 lire somma dovuta a titolo di stipendi non pagati, trattamento di fine di rapporto e licenziamento di cui non aveva beneficiato.
12. Con una lettera dell? 8 aprile 1999, la societ? F. inform? il richiedente che, sotto riserva di ulteriori verifiche, risultava dalla pratica che l’insieme dei suoi crediti ammontava a 203 954 032 lire di cui 144 679 032 lire rappresentavano un credito privilegiato.
13. Ad una data non precisata, il richiedente ricevette, da parte di un fondo di garanzia,
( fondo di garanzia presso l’INPDAI) la somma di 76 589 900 lire alla quale aveva diritto a titolo di trattamento di fine di rapporto. Il richiedente dovrebbe ricevere dunque ancora 127 364 132 lire.
14. Per?, risulta da una nota redatta dai commissari liquidatori della societ? F. che l’importo globale dei debiti di questa che ha cessato da molto ogni attivit? produttiva, ammonta a circa 1.104 miliardi di lire. Per fare fronte a questi debiti, la societ? in questione dispone della propriet? di certi immobili che sono per? in parte ipotecati e in parte sono oggetto di azioni revocatorie. I commissari liquidatori stanno provando a ricuperare certi crediti non pagati di cui il pi? importante ammonta a 200 miliardi di lire. Nella loro nota, i commissari liquidatori dichiarano non essere in grado di contemplare se ci saranno delle ripartizioni dell’attivo in favore del richiedente, essendo questa possibilit? condizionata dalla conclusione dei procedimenti di recupero dei crediti e dalle esigenze del ristabilimento di una protezione identica per tutti i creditori (par condicio creditorum. ) Il richiedente stima molto probabile che non sar? fatto nessuno altro pagamento a suo favore.
15. Secondo le informazione fornite dal Governo il 26 febbraio 2001, il procedimento di amministrazione straordinaria era, a questa data, ancora pendente dinnanzi ai commissari liquidatori.
II. IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE
16. All’epoca dei fatti, il procedimento di amministrazione straordinaria era regolamentato dalla legge n? 95 del 3 aprile 1979 (qui di seguito indicata come “legge Prodi”) cos? come dagli articoli 195 e seguenti del decreto reale n? 267 del 16 marzo 1942 ( qui di seguito indicato come “legge del fallimento”). Si applicava principalmente alle imprese commerciali che hanno un numero di impiegati non inferiore a tre cento e di cui la massa dei crediti ammontava a 35 000 000 000 lire o pi?, superando cinque volte il valore del capitale sociale versato. L’applicazione dell’amministrazione straordinaria escludeva la possibilit? di dichiarare il fallimento dell’impresa che era autorizzata a continuare la sua attivit? produttiva per una durata determinata, in ogni caso non superiore a cinque anni (articolo 2 ?? 1 e 2 del legge Prodi).
17. Il procedimento era preceduto da una fase preliminare dinnanzi al tribunale civile che dichiarava che l’impresa non era in grado di fare fronte ai suoi debiti. L’amministrazione straordinaria propriamente detta era pronunciata poi dal ministro dell’industria e diretta da uno o tre commissari liquidatori (articolo 1 ?? 5 e 6 del legge Prodi). Questi ultimi erano incaricati di verificare lo stato dei crediti e di stabilire un “programma di recupero” (piano di risanamento) ?( articolo 2 ?? 4 e 5 della legge Prodi) mirando a salvaguardare il valore tecnico, commerciale e produttivo dell’impresa in difficolt? cos? come le stazioni di lavoro.
18. Durante il procedimento di amministrazione straordinaria, nessuno creditore poteva introdurre dinnanzi alle giurisdizioni giudiziali delle domande individuali in esecuzione che miravano ad attaccare direttamente il patrimonio della societ? debitrice (articoli 201 e 51 della legge del fallimento). Ogni credito, anche privilegiato, doveva essere da prima verificato secondo il procedimento stabilito agli articoli 207 e 209 della legge del fallimento che, nelle loro parti pertinenti, si leggono cos?:
“Entro un mese a partire dalla sua nomina, il commissario liquidatore comunica ad ogni creditore l’importo del valore del suo credito che risulta dai documenti contabili dell’impresa. Entro quindici giorni a partire dal ricevimento della suddetta comunicazione, i creditori, possono indirizzare al commissario osservazioni o domande. “
“(…) Entro novanta giorni a partire dal decreto che ordina l’amministrazione straordinaria, il commissario redige un stato dei crediti accettati e respinti e lo deposito alla cancelleria del tribunale. A seguito del deposito alla cancelleria, lo stato dei crediti diventa esecutivo. “
19. Il(I) commissario(i) si fa(fanno) carico poi della liquidazione dell’attivo (articoli 210 e 211 della legge del fallimento) e della ripartizione ai creditori delle somme ottenute (articolo 212 della legge del fallimento). Ai termini dell’articolo 213 della legge del fallimento, il bilancio finale della liquidazione ed il piano di ripartizione ai creditori era depositato alla cancelleria del tribunale. Entro venti giorni a partire dalla comunicazione di questo deposito, i creditori avevano la facolt? di contestare il bilancio ed il piano di ripartizione dinnanzi al tribunale civile (paragrafo 2 dell’articolo 213 precitato).
20. La chiusura del procedimento di amministrazione straordinaria era pronunciata, su richiesta dei commissari o d? ufficio, da un’autorit? di controllo (autorit? di vigilanza ) ?( articolo 6 ? 6 del legge Prodi).
21. La legge Prodi ? stata abrogato poi da un decreto legislativo n? 270 dell? 8 luglio 1999, entrato in vigore a fine agosto 1999. Questo ultimo ha introdotto anche in particolare una nuova regolamentazione del procedimento di amministrazione straordinaria, che prevedeva la possibilit? per ogni creditore di contestare dinnanzi alle giurisdizioni giudiziali gli atti del commissario liquidatore ( articolo 17 del decreto-legge n? 270 del 8 luglio 1999).
IN DIRITTO
1. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N? 1
22. Il richiedente adduce che a causa della lentezza del procedimento di amministrazione straordinaria, non ha potuto ottenere il pagamento delle somme che gli erano dovute a titolo di stipendi non pagati e licenziamento di cui non aveva beneficiato. Nella sua decisione sull’ammissibilit? della richiesta, la Corte ha stimato che questa lagnanza deve essere esaminata sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo n? 1, cos? formulato,:
“Ogni persona fisica o morale ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno pu? essere privato della sua propriet? che a causa di utilit? pubblica e nelle condizioni previste dalla legge ed i principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
23. Il Governo osserva che ogni interferenza col diritto di propriet? del richiedente ? stata conforme all’interesse generale e che le autorit? nazionali non hanno infranto il giusto equilibrio richiesto in materia tra le esigenze della collettivit? e gli imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.
A. Sull’esistenza di un “bene” al senso dell’articolo 1
24. Secondo la giurisprudenza degli organi della Convenzione, un guadagno futuro costituisce un “bene” al senso dell’articolo 1 del Protocollo n? 1 se il guadagno ? stato acquisito o ? oggetto di un credito esigibile (sentenza Ambruosi c. Italia del 19 ottobre 2000, non pubblicata, ? 20; vedere anche St?rksen c. Norvegia, richiesta n? 19819/92, decisione della Commissione del 5 luglio 1994, Decisioni e rapporti, (DR, 78-B, pp,). 88-89 e 94-95).
25. Nello specifico, la Corte osserva che il richiedente ? stato impiegato in qualit? di quadro presso la societ? a responsabilit? limitata F. dall? 8 maggio 1989 al 6 luglio 1995, e che non aveva ottenuto pi? la sua retribuzione dal gennaio 1995 (paragrafo 8 sopra). In pi?, l? 8 aprile 1999, suddetta societ? ha informato il richiedente che l’insieme dei suoi crediti, verificati nella cornice del procedimento di amministrazione straordinaria, ammontava a 203 954 032 lire italiane (paragrafo 12 sopra). Avendo il debitore stesso riconosciuto il diritto del richiedente ad ottenere il pagamento di una somma di denaro, la Corte considera che il richiedente ? titolare di un “bene” al senso dell’articolo 1 del Protocollo n? 1.
B. Sull’esistenza di un’ingerenza
26. La Corte stima che c’? stata ingerenza nel diritto di propriet? del richiedente come garantisce l’articolo 1 del Protocollo n? 1. Difatti, a seguito all’adozione del procedimento di amministrazione straordinaria, il suo “bene” ? stato gestito da un organo dello stato e l’interessato si ? trovato, per un certo tempo, nell’impossibilit? di esigere il pagamento del suo credito.
C. la regola applicabile
27. L’articolo 1 del Protocollo n? 1 che garantisce in sostanza il diritto di propriet?, contiene tre norme distinte (sentenza James ed altri c. Regno Unito del 21 febbraio 1986, serie A n? 98, pp. 29-30, ? 37, ed Immobiliare Saffi c. Italia [GC], n? 22774/93, ? 44, CEDH 1999-V): la prima che si esprime nella prima frase del primo capoverso e riveste un carattere generale, enuncia il principio del rispetto della propriet?; la seconda, che figura nella seconda frase dello stesso capoverso, mira alla privazione di propriet? e la sottopone a certe condizioni; in quanto alla terza, registrata nel secondo capoverso, riconosce agli Stati contraenti il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale. La seconda e la terza che hanno munto agli esempi privati di attentati al diritto di propriet?, si devono interpretare alla luce del principio consacrato dalla prima (sentenza Aria Canada c. Regno Unito del 5 maggio 1995, serie A n? 316-a, p. 15, ? 30).
28. La Corte nota che non si ha avuto nello specifico n? espropriazione di fatto n? trasferimento di propriet?, perch? il diritto del richiedente a ricoprire il suo credito non ? stato mai messo in dubbio. L’applicazione del procedimento di amministrazione straordinaria si analizza in una regolamentazione dell’uso dei beni. Il secondo capoverso dell’articolo 1 del Protocollo n? 1 gioca dunque all’occorrenza.
D. Il rispetto delle condizioni del secondo capoverso
1. Scopo dell’ingerenza
29. La Corte riconosce che il procedimento di amministrazione straordinaria mira a garantire una gestione equa dei beni dell’impresa in liquidazione, in vista di garantire una protezione identica per tutti i creditori. Segue che l’ingerenza in questione perseguiva scopi legittimi conformi all’interesse generale, ossia una buona amministrazione della giustizia e la protezione dei diritti di altrui.
2. Proporzionalit? dell’ingerenza
30. La Corte ricorda che una misura di ingerenza, in particolare quella del cui esame dipende dal secondo paragrafo dell’articolo 1, deve predisporre un “giusto equilibrio” tra gli imperativi dell’interesse generale e quelli della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo. La ricerca di simile equilibrio si riflette nella struttura dell’articolo 1 tutto intero, dunque anche nel secondo capoverso: deve esistere un rapporto ragionevole di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e lo scopo mirato. Controllando il rispetto di questa esigenza, la Corte riconosce allo stato un grande margine di valutazione tanto per scegliere le modalit? di collocamento in opera che per giudicare se le loro conseguenze si trovano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in causa (sentenze Chassagnou ed altri c. Francia [GC], numeri 25088/94, 28331/95 e 28443/95, ? 75, CEDH 1999-III, ed Immobiliare Saffi c. Italia, precitato, ? 49.)
31. La Corte stima che in principio un sistema di sospensione temporanea del pagamento dei crediti di un’impresa commerciale in crisi autorizzata a continuare la sua attivit? produttiva nell’interesse dell’economia nazionale, non ? criticabile in s?, visto in particolare il margine di valutazione autorizzato dal secondo capoverso dell’articolo 1. Per?, un tale sistema porta il rischio di imporre ai creditori un carico eccessivo in quanto alla possibilit? di ricoprire i loro beni e deve contemplare certe garanzie di procedimento per badare al fatto che il collocamento in opera del sistema e la sua incidenza sul diritto di propriet? degli individui non siano dunque n? arbitrari n? imprevedibili (vedere, mutatis mutandis, la sentenza Immobiliare Saffi c. Italia, precitata, ? 54).
32. Ora, la Corte fa osservare che il sistema italiano in vigore all’epoca dei fatti soffriva di una certa rigidit?: difatti, una volta iniziato il procedimento di amministrazione straordinario, nessuno creditore poteva introdurre dinnanzi alle giurisdizioni giudiziali delle domande individuali in esecuzione che miravano ad attaccare direttamente anche il patrimonio della societ? debitrice, dovendo ogni credito, privilegiato, essere di prima verificato dai commissari liquidatori (paragrafo 18 sopra). Solo il deposito, da parte di questi ultimi, del bilancio finale della liquidazione e del piano di ripartizione apriva ai creditori la possibilit? di contestare, dinnanzi al tribunale civile, le somme che erano state accordate loro (paragrafo 19 sopra). In pi?, i creditori non disponevano di nessuno mezzo effettivo per controllare l’attivit? dei commissari liquidatori o per sollecitare il compimento dei compiti che erano affidati loro.
33. La Corte deve verificare per? se, tenuto conto dello stato finanziario della societ? F. e delle circostanze private del caso di specifico, la durata del procedimento di amministrazione straordinaria ha violato il diritto di propriet? del richiedente.
34. A questo riguardo, conviene osservare che la societ? F. ha cessato da molto la sua attivit? produttiva e che l’importo globale dei suoi debiti ammonta a circa 1.104 miliardi di lire. La massa attiva del patrimonio ? costituita da certi immobili, in parte ipotecati, e da crediti il cui il pagamento ? incerto e il cui importo ? in ogni caso largamente inferiore all’insieme delle passivit? (paragrafo 14 sopra). La Corte nota che il richiedente ha ottenuto gi? il versamento di pi? di un terzo della somma che sollecitava (vedere sopra paragrafo 13). Per ci? che ? delle sue possibilit? di ricoprire il restante di questa, la Corte osserva che i commissari liquidatori stimano che la questione di sapere se il richiedente otterr? altri pagamenti a suo favore ? condizionata dalla conclusione dei procedimenti che hanno impegnato per ricuperare i crediti del societ? F. (paragrafo 14 sopra). Il richiedente stesso stima molto probabile che nessuno pagamento sar? fatto a suo favore.
35. Alla vista di ci? che precede, la Corte stima che la causa principale del ritardo nel pagamento del credito del richiedente non ? la lunghezza o la natura del procedimento di liquidazione, ma piuttosto la mancanza di risorse finanziarie del debitore e le difficolt? a ricuperare i suoi crediti, delle circostanze che non si potrebbe mettere a carico dello stato. Questo ultimo non ha infranto dunque, nel caso specifico, l’equilibrio che deve esistere in materia tra le protezioni del diritto degli individui al rispetto dei loro beni e le esigenze dell’interesse generale.
Di conseguenza, non c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n? 1.
2. SULLA VIOLAZIONE ADDOTTA DELL’ARTICOLO 6 ? 1 DELLA CONVENZIONE
36. Il richiedente adduce che non ha avuto la possibilit? di fare valere i suoi diritti dinnanzi ad un’istanza nazionale capace di offrirgli una correzione appropriata. Invoca l’articolo 6 ? 1 della Convenzione che, nelle sue parti pertinenti, ? formulato cos?:
“Ogni persona ha diritto a ci? che la sua causa sia sentita da un tribunale chi decider? delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile. “
37. Il Governo nota che il richiedente deve prima sottoporre le sue pretese al commissario liquidatore, e che potr? contestare lo stato dei crediti dinnanzi alle giurisdizioni giudiziali dopo il deposito alla cancelleria di questo ultimo. In ogni caso, avr? diritto alla concessione di una somma a titolo del deprezzamento della moneta.
38. Il richiedente osserva che solo lo stato di crediti pu? essere attaccato dinnanzi alle giurisdizioni giudiziali e pu? essere fatto valere che non dispone, nel dritto italiano, di nessuno mezzo efficace per accelerare il procedimento di amministrazione straordinaria.
39. La Corte osserva che l’essenza della lagnanza del richiedente ricade sull’impossibilit? di sottoporre ad un’istanza nazionale, prima del deposito dello stato di crediti, una domanda di pagamento delle somme dovute o di contestare gli atti del commissario liquidatore. Per questo fatto, stima pi? indicato esaminare questa lagnanza sotto l’angolo dell’obbligo pi? generale, che l’articolo 13 della Convenzione fa pesare sugli Stati, di offrire un ricorso effettivo che permette di lamentarsi delle violazioni della Convenzione (vedere, mutatis mutandis, la sentenza Aksoy c. Turchia del 18 dicembre 1996, Raccolta 1996-VI, pp. 2285-2286, ?? 92-94).
3. SULLA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 13 DELLA CONVENZIONE
40. L’articolo 13 della Convenzione ? formulato cos?:
“Ogni persona i cui i diritti e libert? riconosciuti nella presente Convenzione sono stati violati ha diritto alla concessione di un ricorso effettivo dinnanzi ad un’istanza nazionale, allorch? la violazione fosse stata commessa dalle persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali. “
41. Ai termini della giurisprudenza della Corte, l’articolo 13 garantisce l’esistenza in diritto interno di un ricorso che permette di prevalersi dei diritti e libert? della Convenzione, come si possono trovare ivi consacrati. Questa disposizione ha per conseguenza di esigere, per le lamentele che si possono stimare “difendibili” allo sguardo della Convenzione o dei suoi Protocolli, un ricorso interno che abilita dunque l’istanza nazionale competente a conoscere del contenuto della lagnanza ed ad offrire la correzione appropriata, anche se gli Stati contraenti godono di un certo margine di valutazione in quanto al modo di conformarsi agli obblighi che fanno loro questa disposizione. La portata dell’obbligo che deriva dell’articolo 13 varia in funzione della natura della lagnanza che il richiedente fonda sulla Convenzione. Tuttavia, il ricorso esatto deve essere “effettivo” in pratica come in diritto, particolarmente nel senso che il suo esercizio non deve essere ostacolato in modo ingiustificato dagli atti od omissioni delle autorit? dello stato convenuto (sentenze Aydin c. Turchia del 25 settembre 1997, Raccolta 1997-VI, p. 1895, ? 103, e Kaya c. Turchia del 19 febbraio 1998, Raccolta 1998-I, pp. 329-330, ? 106); in quanto al carattere “difendibile” della lagnanza fondata sulla Convenzione (vedere le sentenze Boyle e Rice c. Regno Unito del 27 aprile 1988, serie A n? 131, p. 23, ? 52, e Powell e Rayner c. Regno Unito del 21 febbraio 1990, serie A n? 172, p. 14, ? 31).
42. Nello specifico, il richiedente aveva una lagnanza difendibile sotto l’angolo dell’articolo 1 del Protocollo n? 1.
43. Aveva dritto a sottoporre la sua lagnanza ad un’istanza nazionale capace dunque di offrirgli una correzione appropriata. Per?, a seguito dell’adozione del procedimento di amministrazione straordinaria, per circa quattro anni e due mesi il richiedente non ha potuto investire nessuna autorit? per fare valere il suo diritto a ricoprire i suoi crediti o per contestare gli atti del commissario liquidatore, non disponendo di nessuno mezzo effettivo per sollecitare allo stesso tempo l’esame della sua pratica.
44. Per questo fatto, la Corte stima che le regole che regolano il procedimento di amministrazione straordinaria fino a fine agosto 1999, abbinate alla lunghezza della verifica dello stato dei crediti, hanno ostacolato in modo ingiustificato il suo diritto di disporre di un ricorso “effettivo” al senso dell’articolo 13 della Convenzione.
Di conseguenza, c’? stata violazione di questa disposizione.
4. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
45. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’? stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette di cancellare che imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’? luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
46. Il richiedente sollecita il versamento di 20 000 000 lire italiane a titolo di danno morale. Adduce inoltre che un procedimento giudiziale veloce ed efficace gli avrebbe permesso di incassare in un termine ragionevole il restante della somma che gli ? dovuta. Questa ultima ammonta a 127 364 132 lire italiane, il che corrisponderebbe al danno materiale subito.
47. Il Governo stima che la semplice constatazione della violazione della Convenzione fornirebbe in si una soddisfazione equa sufficiente ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione.
48. La Corte osserva che l’importo di 127 364 132 lire italiane, richiesto dal richiedente a titolo di danno materiale, che era stato oggetto del procedimento nazionale di amministrazione straordinaria, alla data delle ultime informazione, era ancora pendente,. La Corte non potrebbe speculare, a questo stadio, sui risultati ai quali questo procedimento potr? arrivare e sottolinea che ad ogni modo la violazione della Convenzione non condiziona, in s? la formazione dello stato di crediti da parte dei commissari liquidatori e che il richiedente potr? eventualmente beneficiare di una somma per compensare il deprezzamento della moneta. C’? pertanto luogo di respingere la domanda formulata a titolo di danno materiale. Peraltro, la Corte stima che il richiedente ha subito un torto morale certo. Avuto riguardo alle circostanze della causa e deliberando su una base equa come vuole l’articolo 41 della Convenzione, decide di concedere egli 10 000 000 lire italiane.
B. Oneri e spese
49. Il richiedente sollecita il rimborso degli oneri e spese per il procedimento dinnanzi agli organi della Convenzione. Chiede 6 919 320 lire italiane.
50. Il Governo si rimette alla saggezza della Corte.
51. Avuto riguardo degli elementi nel suo possesso ed della pratica la Corte decide in materia, di assegnare al richiedente l’importo sollecitato.
C. Interessi moratori
52. Secondo le informazione di cui dispone la Corte, il tasso di interesse legale applicabile in Italia alla data di adozione della presente sentenza era del 3,5% l’anno.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE,
1. Stabilisce (con cinque voci contro due) che non c’? stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n? 1;
2. Stabilisce ( all’unanimit?) che non si impone di esaminare la lagnanza formulata dal richiedente sul terreno dell’articolo 6 ? 1 della Convenzione;
3. Stabilisce (all’unanimit?) che c’? stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
4. Stabilisce (all’unanimit?)
a) che lo stato convenuto deve versare al richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sar? diventata definitiva conformemente all’articolo 44 ? 2 della Convenzione, le seguenti somme: 10 000 000, dieci milioni, lire italiane per danno morale e 6 919 320, sei milioni nove cento diciannovemila tre cento venti, lire per oneri e spese;
b) che questi importi saranno da aumentare di un interesse semplice del 3,5% l’anno a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento;
5. Respinge, all’unanimit?, la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, comunicato poi per iscritto il 25 ottobre 2001 in applicazione dell’articolo 77 ?? 2 e 3 dell’ordinamento.
Erik Fribergh Christos Rozakis
Cancelliere Pr?sident
SENTENZA SAGGIO C. ITALIA
SENTENZA SAGGIO C. ITALIA