RIPORTIAMO LA PRESENTE SENTENZA PERCHE’ E’ INDICIZZATA NEL REPERTORIO DELLA CORTE SOTTO L’ARTICOLO 1-P1. RITENIAMO COMUNQUE CHE SI TRATTI DI UN ERRORE DI INDICIZZAZIONE DA PARTE DEL PERSONALE AMMINISTRATIVO DELLA CORTE IN QUANTO IL CONTENUTO EFFETTIVO DELLA SENTENZA FA RIFERIMENTO ALL’ARTICOLO 1-P7.
Conclusione Violazione dell’art. 3, in caso di espulsione verso la Tunisia,; Danno materiale – domanda respinta; Danno giuridico – constatazione di violazione sufficiente
GRANDE CAMERA
CAUSA SAADI C. ITALIA
(Richiesta no 37201/06)
SENTENZA
STRASBURGO
28 febbraio 2008
Questa sentenza pu? subire dei ritocchi di forma
Nella causa Saadi c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, riunendosi in una Grande Camera composta da:
Jean-Paul Costa, presidente, Christos Rozakis, Nicolas Bratza, Bo?tjan il Sig. Zupancic, Peer Lorenzen, Francesca Tulkens, Loukis Loucaides, Corneliu B?rsan, Nina Vajic, Vladimiro Zagrebelsky, Alvina Gyulumyan, Khanlar Hajiyev, Dean Spielmann, Egbert Myjer, Sverre Erik Jebens, Ineta Ziemele, Isabelle Berro-Lef?vre, giudici,,,,
e di Vincent Berger, giureconsulto,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio l? 11 luglio 2007 e il 23 gennaio 2008,
Rende la sentenza che ha adottato in questa ultima data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 37201/06) diretta contro la Repubblica italiana e in cui un cittadino tunisino, il Sig. N. S. (“il richiedente”), ha investito la Corte il 14 settembre 2006 in virt? dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”).
2. Il richiedente ? rappresentato dal Sig. S. C. e B. M., avvocati a Milano. Il governo italiano (“il Governo”) ? rappresentato dal suo agente, il Sig. I.M. Braguglia, e dal suo coagente aggiunto, il Sig. N. Lettieri.
3. Il richiedente adduceva che la messa in esecuzione della decisione di espellerlo verso la Tunisia l’avrebbe esposto al rischio di essere sottomesso a trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione ed ad un diniego flagrante di giustizia (articolo 6 della Convenzione). Inoltre, questa misura recherebbe offesa al suo diritto al rispetto della sua vita familiare (articolo 8 della Convenzione) e sarebbe stata presa a disprezzo delle garanzie di procedimento voluto dall’articolo 1 del Protocollo no 7.
4. La richiesta ? stata assegnata alla terza sezione della Corte, articolo 52 ? 1 dell’ordinamento. Il 16 ottobre 2006, il presidente della sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Avvalendosi dell’articolo 29 ? 3 della Convenzione, ha deciso che sarebbero stati esaminati l’ammissibilit? ed il merito della causa allo stesso tempo e che la richiesta sarebbe stata trattata con precedenza (articolo 41 dell’ordinamento).
5. Il 29 marzo 2007, una camera della terza sezione, composta da Bo?tjan il Sig. Zupan?i?, Corneliu B?rsan, Vladimiro Zagrebelsky, Alvina Gyuyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele ed Isabelle Berro-Lef?vre, giudici, cos? come da Santiago Quesada, cancelliere di sezione, si ? disfatta al profitto della Grande Camera, non essendosi opposte nessuna delle parti (articoli 30 della Convenzione e 72 dell’ordinamento).
6. La composizione della Grande Camera ? stata fissata conformemente agli articoli 27 ?? 2 e 3 della Convenzione e 24 dell’ordinamento.
7. Tanto il richiedente che il Governo hanno deposto un esposto sul merito della causa. Le parti hanno ciascuna sottoposto dei commenti scritti sull’esposto dell’altro. Alcune osservazioni sono state ricevute anche dal governo del Regno Unito, che il presidente aveva autorizzato ad intervenire nel procedimento scritto ed orale, articoli 36 ? 2 della Convenzione e 44 ? 2 dell’ordinamento.
8. Un’udienza si ? svolta in pubblico al Palazzo dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, l? 11 luglio 2007, articolo 59 ? 3 dell’ordinamento.
Sono comparsi:
-per il governo convenuto
Sig. N. Lettieri, magistrato, ministero delle Cause estere, coagente aggiunto,
La Sig.ra E. Mazzuco, prefetto,
La Sig. A. Bella, alto funzionario di polizia,
Il Sig. C. Galzerano, prefetto di polizia aggiunto, consiglieri;
-per il richiedente
Sig. S. C., avvocato, consigliere,;
-per il governo del Regno Unito il
Sig. D. Walton, agente, il Sig. J. Swift, avvocato, consigliere, il Sig. S. Braviner-Roman, ministero dell’interno, la Sig.ra A. Fitzgerald, ministero della Giustizia,
Il Sig. E. Adams, ministero della Giustizia, consiglieri.
La Corte ha sentito Sigg. C., Lettieri e Swift nelle loro dichiarazioni, cos? come nelle loro risposte alle domande poste dai giudici.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
9. Il richiedente ? nato nel 1974 e ha risieduto a Milano.
10. Il richiedente che ? entrato in Italia in una data non precisata tra 1996 e 1999, era titolare di un permesso di soggiorno rilasciato per “ragioni familiari” dalla prefettura (Questura) di Bologna il 29 dicembre 2001. La data di scadenza di questo permesso era fissata al 11 ottobre 2002.
A. I procedimenti penali condotti contro il richiedente in Italia ed in Tunisia
11. Il 9 ottobre 2002, il richiedente, sospettato, tra altri, di terrorismo internazionale, articolo 270 bis del codice penale, fu arrestato e messo in detenzione provvisoria. Il richiedente e cinque altre persone furono rinviati poi in giudizio dinnanzi alla corte d?assise di Milano.
12. La procura formul? quattro capi di accusa contro il richiedente. Secondo il primo, questo si era associato con altre persone per commettere degli atti di violenza tra cui degli attentati, in Stati diversi dall’Italia e allo scopo di seminare il terrore. Dal dicembre 2001 al settembre 2002, il richiedente sarebbe stato tra gli organizzatori e dirigenti di questa associazione, avrebbe formulato la dottrina ideologica di questa e dato gli ordini necessari per raggiungere gli obiettivi. Il secondo capo di accusa riguardava la falsificazione “di un gran numero di documenti, come passaporti, patenti, permessi di soggiorno.” Il richiedente era accusato anche di ricettazione e di avere tentato di favorire l’entrata sul territorio italiano di un numero indeterminato di stranieri a disprezzo delle leggi sull’immigrazione.
13. Durante i dibattimenti, il rappresentante della procura richiese la condanna del richiedente a tredici anni di detenzione. L’avvocato dell’interessato richiese il proscioglimento della violazione di terrorismo internazionale. Si rimise alla saggezza della corte d?assise in quanto agli altri capi di accusa.
14. Con una sentenza del 9 maggio 2005, la corte d?assise di Milano modific? la qualifica giuridica del primo capo di accusa. Stim? che i fatti rimproverati non erano costitutivi d?imputazione di terrorismo internazionale ma di quella di associazione di malviventi. Condann? il richiedente a quattro anni e sei mesi di detenzione per questa ultima imputazione, cos? come per falso in scritture e ricettazione. Prosciolse il richiedente dell’accusa di connivenza con l’immigrazione clandestina perch? i fatti rimproverati non si erano prodotti.
15. La corte d?assise inflisse al richiedente una pena accessoria di interdizione ad esercitare delle funzioni pubbliche per cinque anni, ed ordin? che dopo avere scontato la sua pena, l’interessato fosse espulso dal territorio italiano.
16. Nella motivazione della sua sentenza, lunga 331 pagine, la corte d?assise osserv? che le prove contro il richiedente risultavano in particolare dal contenuto di certe intercettazioni telefoniche e hertziane, dalle dichiarazioni di certi testimoni e da numerosi falsi documenti sequestrati. Nel loro insieme, questi elementi provavano che il richiedente era integrato in seno ad un’associazione che aveva per scopo la ricettazione di documenti rubati e la loro falsificazione, attivit? da cui l’interessato traeva i suoi mezzi di sussistenza. In compenso, non era stato stabilito che i documenti in questione erano stati utilizzati dai loro falsi titolari per penetrare illegalmente sul territorio italiano.
17. Per ci? riguarda l’accusa di terrorismo internazionale, la corte d?assise nota innanzitutto che un’associazione aveva un carattere “terroristico” quando mirava a commettere degli atti violenti contro i civili o delle persone che non partecipano attivamente ad un conflitto armato allo scopo di seminare il terrore o di obbligare un governo o un’organizzazione internazionale a compiere od omettere un atto, e quando il movente era di natura politica, ideologica o religiosa. Nello specifico, non si sapeva se gli atti violenti che, secondo la tesi della procura, il richiedente ed i suoi complici si preparavano a commettere, si iscrivevano o meno nella cornice di un conflitto armato.
18. In pi?, gli elementi raccolti durante le investigazioni ed i dibattimenti non erano di natura tale da provare, al di l? di ogni dubbio ragionevole, che gli imputati avevano cominciato a mettere in pratica la loro intenzione di commettere degli atti di violenza, o avevano fornito un sostegno logistico o finanziario ad altre persone o associazioni che avevano delle finalit? terroristiche. Una tale prova non risultava in particolare dalle intercettazioni telefoniche e hertziane. Queste provavano unicamente che il richiedente ed i suoi complici intrattenevano dei rapporti con le persone e delle associazioni facenti parte dell’universo dell’islamismo integralista, che manifestavano un’ostilit? contro gli “infedeli”, e particolarmente verso quelli che si trovavano nei territori considerati come musulmani, e che il loro mondo relazionale si costituiva di “fratelli” uniti da convinzioni religiose ed ideologiche identiche.
19. Utilizzando un linguaggio criptato, gli imputati ed i loro corrispondenti avevano menzionato a pi? riprese una “partita di calcio”, destinata a rinforzare la loro fede in Dio. Secondo la corte d?assise, era completamente evidente che non si trattava di una manifestazione sportiva, ma di un’azione che rispondeva ai principi dell’islam pi? radicale. Per?, non era stato possibile comprendere di quale “azione” si trattasse n? dove si sarebbe dovuta svolgere.
20. Del resto, il richiedente aveva lasciato Milano il 17 gennaio 2002 e, facendo scalo ad Amsterdam, si era recato in Iran, da dove era ritornato in Italia il 14 febbraio 2002. Aveva parlato anche di un “responsabile dei fratelli” che si trovava in Iran. Certi membri del gruppo al quale il richiedente apparteneva si erano recati nei “campi di addestramento” in Afghanistan e si erano procurati delle armi, degli esplosivi e del materiale di osservazione e di registrazione visive. Nell’appartamento del richiedente ed in quelli dei suoi coimputati, la polizia aveva sequestrato del materiale di propaganda sulla jihad -o guerra santa-condotta a nome dell’islam. Inoltre, nelle conversazioni telefoniche effettuate dal suo luogo di detenzione in Italia, il richiedente, loquace coi membri della sua famiglia in Tunisia, aveva fatto riferimento al “martirio” di suo fratello F. S.; in altre conversazioni, aveva menzionato la sua intenzione di partecipare alla guerra santa.
21. Tuttavia, non era stato trovato alcun elemento ulteriore che avrebbe permesso di precisare l’esistenza e lo scopo di un’associazione terroristica. In particolare, mancava la prova che il richiedente ed i suoi complici avevano deciso di tradurre la loro fede integralista in azioni violente aventi le caratteristiche di un atto terroristico. Il loro desiderio di lanciarsi nella djihad e di eliminare i nemici dell’islam poteva realizzarsi molto bene col compimento di atti di guerra nella cornice di un conflitto armato, cio? di atti che non rientravano nella nozione di “terrorismo”. Non era stato stabilito se il fratello del richiedente era deceduto realmente in un attentato-suicidio e se questo ultimo era la “partita di calcio” al quale gli imputati avevano, a pi? riprese, fatto riferimento.
22. Il richiedente e la procura interposero appello. Il primo sollecit? un’assoluzione da tutti i capi di accusa, mentre il secondo chiese anche la condanna dell’imputato per terrorismo internazionale e connivenza con l’immigrazione clandestina.
23. Nel suo appello, la procura osserv? che ai termini della giurisprudenza della Corte di cassazione, gli elementi costitutivi dell?imputazione di terrorismo internazionale erano riuniti anche in mancanza di atto di violenza, essendo sufficiente l’esistenza di un progetto che mirava a commettere di un tale atto. Inoltre, un’azione poteva avere un carattere terroristico anche se era destinata ad essere compiuta nella cornice di un conflitto armato, a condizione tuttavia che i suoi autori non fossero membri delle “forze armate di un Stato” o di un “gruppo di insurrezione.” Nello specifico, risultava dai documenti della pratica che il richiedente ed i suoi soci si erano procurati ed avevano procurato a terzi dei documenti falsificati, delle armi, degli esplosivi e del denaro per commettere delle azioni violente che miravano ad affermare i valori ideologici dell’islam integralista. In pi?, gli imputati mantenevano dai contatti con persone ed organizzazioni facenti parte dell’universo del terrorismo internazionale ed avevano pianificato un’azione violenta ed illecita che sarebbe dovuta essere commessa nell’ottobre 2002 nella cornice della “guerra santa” ed in un paese differente dall’Italia. Solo l’arresto degli imputati imped? il compimento di questo atto. Peraltro, a questa epoca, il conflitto armato in Afghanistan era finito e quello che doveva avere luogo in Iraq non era ancora cominciato.
24. La procura osserv? anche che il fratello del richiedente, il Sig. F.S, era detenuto in Iran; il richiedente gli aveva reso visita in questo paese tra gennaio e febbraio 2002. Dopo la sua liberazione, il Sig. F. S. si era stabilito in Francia e aveva mantenuto dei contatti col richiedente. Era deceduto poi in un attentato-suicida, ci? di cui il richiedente e gli altri membri della sua famiglia erano fieri. Ci? risultava dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate nella struttura penitenziaria dove il richiedente era detenuto.
25. La procura chiese infine la produzione di nuove prove, cio? delle lettere e dichiarazioni provenenti da una persona sospettata di attivit? terroristiche, da una parte, e delle intercettazioni hertziane fatte in una moschea a Milano, dall?altro parte.
26. Il 13 marzo 2006, la corte d?assise di appello di Milano sollev? un’eccezione di incostituzionalit? dell’articolo 593 ? 2 del codice di procedimento penale (“il CPP”). Come modificata dalla legge no 46 del 20 febbraio 2006, questa disposizione contemplava che l’imputato e la procura potessero interporre appello solamente contro i verdetti di assoluzione se, dopo la fine del processo di prima istanza, delle nuove prove decisive erano apparse o erano state scoperte. La corte d?assise di appello ordin? la sospensione del procedimento nell’attesa della decisione della Corte costituzionale.
27. Con la sentenza no 26 del 6 febbraio 2007, la Corte costituzionale dichiar? le disposizioni interne pertinenti incostituzionali per il fatto che non permettevano alla procura di interporre appello contro tutti i giudizi di assoluzione ed per il fatto ci? contemplavano che gli appelli interposti dalla procura prima dell’entrata in vigore della legge no 46 del 20 febbraio 2006 erano inammissibili. La Corte costituzionale osserv? in particolare che questa ultima legge non rispettava il giusto equilibrio che deve regnare, nel processo penale, tra i diritti della difesa e quelli del pubblico ministero.
28. La prima udienza dinnanzi alla corte d?assise di appello di Milano fu fissata al 10 ottobre 2007.
29. Nel frattempo, l? 11 maggio 2005, o due giorni dopo la decisione della sentenza della corte d?assise di Milano, il tribunale militare di Tunisi aveva condannato il richiedente in contumacia a vent’ anni di detenzione per appartenenza ad un’organizzazione terroristica che agisce all’esteri in tempo di pace e per incitamento al terrorismo. Il condannato era privato inoltre dei suoi diritti civili ed era sottoposto ad un “controllo amministrativo” per una durata di cinque anni. Il richiedente afferma avere appreso la sua condanna solamente quando, il 2 luglio 2005, il dispositivo della sentenza, diventato definitivo, fu notificato a suo padre.
30. Il richiedente adduce che la sua famiglia ed il suo avvocato non sono in grado di ottenere una copia della sentenza di condanna decisa da parte del tribunale militare di Tunisi. Queste affermazioni sono confermate dalle dichiarazioni dell’avvocato tunisino del richiedente. Con una lettera del 22 maggio 2007, indirizzata al presidente della Repubblica tunisina ed al ministro tunisino della Giustizia e dei Diritti dell’uomo, i suoi rappresentanti dinnanzi alla Corte hanno sollecitato la trasmissione della sentenza in questione. La conclusione di questo passo non ? conosciuta.
B. L’ordinanza di espulsione presa contro il richiedente ed i ricorsi esercitati da questo ultimo per impedire l’esecuzione di questa misura e di ottenere un permesso di soggiorno e/o la concessione dello statuto di profugo
31. Il 4 agosto 2006, il richiedente che era stato detenuto senza interruzione dal 9 ottobre 2002, fu rimesso in libert?.
32. L? 8 agosto 2006, il ministro degli Interni ordin? la sua espulsione verso la Tunisia, e questo in applicazione delle disposizioni della decreto-legge no 144 del 27 luglio 2005, intitolato “misure urgenti per combattere il terrorismo internazionale” e diventato la legge no 155 del 31 luglio 2005. Osserv? che “risultava dai documenti della pratica” che il richiedente aveva sostenuto un “ruolo attivo” nella cornice di un’organizzazione incaricata di fornire un supporto logistico e finanziario alle persone appartenenti alle unit? integraliste islamiche in Italia ed all’estero. Quindi, il suo comportamento turbava l’ordine pubblico e metteva in pericolo la sicurezza nazionale.
33. Il ministro precis? che il richiedente non avrebbe potuto ritornare in Italia che sulla base di un’autorizzazione ministeriale ad hoc.
34. Il richiedente fu trasferito in un centro di detenzione provvisoria, centro di permanenza temporanea, di Milano. L? 11 agosto 2006, l’ordinanza d?espulsione fu convalidata dal giudice conciliatore di Milano.
35. L? 11 agosto 2006, il richiedente chiese asilo politico. Addusse essere stato condannato in contumacia in Tunisia per ragioni di natura politica e temere di essere sottoposto a tortura cos? come a “rappresaglie politiche e religiose.” Con una decisione del 16 agosto 2006, il prefetto (Questore) di Milano dichiar? questa domanda inammissibile al motivo che il richiedente era pericoloso per la sicurezza dello stato.
36. Il 6 settembre 2006, il direttore di un’organizzazione non governativa, l’organizzazione mondiale contro la tortura (“l’OMCT”), indirizz? una lettera al presidente del consiglio italiano. In questa corrispondenza, l’OMCT si dichiar? “vivamente preoccupata” per la situazione del richiedente, temendo che in caso d?espulsione verso la Tunisia, l’interessato fosse giudicato di nuovo per gli stessi fatti di quelli che imputatigli in Italia. L’omct ricord? anche che ai termini dell’articolo 3 della Convenzione dell’ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, “nessuno Stato parte non espeller?, non respinger?, n? non estrader? una persona verso un altro Stato dove ci sono dei motivi seri di credere che rischia di essere sottoposta alla tortura.”
37. Il 12 settembre 2006, il presidente di un’altra organizzazione non governativa, il Collettivo della comunit? tunisina in Europa, indirizz? un appello al governo italiano “affinch? metta fine alla sua politica d?espulsione in massa degli immigrati tunisini religiosi praticanti.” Addusse che i poteri pubblici italiani stavano utilizzando dei metodi disumani e rimproveravano a parecchi tunisini le loro convinzioni religiose. Secondo il presidente del collettivo, era “evidente” che al loro arrivo in Tunisia, i tunisini riguardati sarebbero stato “torturati e condannati a pesanti pene di prigione, e questo a causa delle autorit? italiane che li sospettano falsamente di terrorismo.” Il nome del richiedente figurava su un elenco di persone che rischiavano un?espulsione imminente verso la Tunisia che era annessa alla lettera del 12 settembre 2006.
38. La decisione del prefetto del 16 agosto 2006, paragrafo 35 sopra, fu notificata al richiedente il 14 settembre 2006. L’interessato non tent? nessun ricorso. Il 12 settembre 2006, aveva prodotto per?, dei documenti tra i quali la lettera dell’OMCT del 6 settembre 2006 ed i rapporti di Amnesty Internazionale e del Dipartimento di stato degli Stati Uniti dell’America relativo alla Tunisia, chiedendo che fossero trasmessi alla commissione territoriale per la concessione dello statuto di profugo. Il 15 settembre 2006, la prefettura di Milano indic? oralmente al richiedente che, visto il rifiuto della sua domanda di asilo, i documenti in questione non potevano essere presi in considerazione.
39. Il 14 settembre 2006, il richiedente, invocando l’articolo 39 dell’ordinamento, aveva chiesto alla Corte di sospendere o annullare la decisione di espellerlo verso la Tunisia. Il 15 settembre 2006, la Corte decise di chiedere al Governo italiano di fornirle delle informazione sulla questione di sapere, in particolare, se la condanna pronunciata contro il richiedente dal tribunale militare di Tunisi era definitiva e se esistevano, in diritto tunisino, dei ricorsi che permettono di riaprire il procedimento o di tenere un nuovo processo.
40. La risposta del Governo giunse alla cancelleria il 2 ottobre 2006. Secondo le autorit? italiane, quando una condanna ? pronunciata in contumacia, la legge tunisina conferisce al condannato il diritto di ottenere la riapertura del procedimento. Il Governo fece riferimento in particolare ad un fax dell’ambasciatore dall’Italia a Tunisi del 29 settembre 2006 precisando che, secondo le informazione fornite dal direttore della cooperazione internazionale del ministero della Giustizia tunisina, la condanna del richiedente non era definitiva, potendo opporsi alla sentenza resa al suo carico il condannato giudicato in contumacia.
41. Il 5 ottobre 2006, la Corte decise di applicare l’articolo 39 del suo ordinamento. Chiese al Governo di sospendere l?espulsione del richiedente fino a nuovo ordine.
42. Il termine massimale di detenzione in vista della sua espulsione con scadenza il 7 ottobre 2006, il richiedente fu rimesso in libert? a questa data. Il 6 ottobre 2006, una nuova ordinanza d?espulsione era stata per? presa, a suo carico. Il 7 ottobre 2006, questa ordinanza fu notificata al richiedente che fu ricondotto al centro di detenzione provvisoria di Milano. Dato che il richiedente aveva dichiarato essere entrato in Italia dalla Francia, la nuova ordinanza d?espulsione indicava che il paese di destinazione era la Francia, e non la Tunisia. Il 10 ottobre 2006, la nuova ordinanza d?espulsione fu convalidata dal giudice conciliatore di Milano.
43. Il 3 novembre 2006, il richiedente fu rimesso in libert? perch? dei nuovi elementi indicavano che era impossibile espellerlo verso la Francia. Lo stesso giorno, la corte d?assise di appello di Milano ordin? che, fin dalla sua liberazione, il richiedente fosse sottomesso alle misure di precauzione, cio? l’interdizione di lasciare il territorio italiano e l’obbligo di recarsi in un ufficio di polizia tutti i luned?, mercoled? e venerd?.
44. Il 27 settembre 2006, il richiedente aveva sollecitato nel frattempo, la concessione di un permesso di soggiorno. Con una nota del 4 dicembre 2006, la prefettura di Milano aveva risposto che questa domanda non poteva essere accolta. Difatti, un permesso “per ragioni di giustizia” poteva essere concesso solamente alla domanda delle autorit? giudiziali, quando queste stimavano che la presenza di uno straniero in Italia era necessaria al buono svolgimento di un’inchiesta penale. Il richiedente era colpito comunque da un’interdizione di lasciare il territorio italiano ed era dunque obbligato a restare in Italia. In pi?, per ottenere un permesso di soggiorno, era necessario produrre un passaporto o altro documento similare.
45. Dinnanzi alla Corte, il richiedente addusse che le autorit? tunisine avevano negato di rinnovare il suo passaporto, ci? che aveva fatto fallire ogni altro tentativo di regolarizzazione della sua situazione.
46. Ad una data non precisata, il richiedente introdusse anche dinnanzi al tribunale amministrativo regionale (“il TAR”) di Lombardia un ricorso che mirava ad ottenere l’annullamento dell’ordinanza d?espulsione del 6 ottobre 2006 cos? come la sospensione dell’esecuzione di questo atto.
47. Con una decisione del 9 novembre 2006, il TAR di Lombardia dichiar? che non c’era luogo a deliberare sulla questione della sospensione ed ordin? la trasmissione della pratica al TAR del Lazio, giurisdizione competente ratione loci.
48. Il TAR di Lombardia osserv? in particolare che la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva sollecitato gi? la sospensione dell’esecuzione dell’ordinanza controversa ed aveva ovviato di conseguenza ad ogni danno che pu? essere addotto dal richiedente.
49. Secondo le informazione fornite dal richiedente il 29 maggio 2007, il procedimento dinnanzi al TAR del Lazio era, a questa data, ancora pendente.
50. Il 18 gennaio 2007, il richiedente indirizz? un esposto alla prefettura di Milano. Sottoline? che la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva chiesto di sospendere l’esecuzione della sua espulsione in ragione di un rischio concreto che subisse dei trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione. Quindi, il richiedente chiese di essere sentito dalla commissione territoriale per la concessione dello statuto di profugo in vista di vedersi accordare asilo politico. Secondo le informazione fornite dal richiedente l?11 luglio 2007, a questa data non era stato dato alcun seguito al suo esposto. In una nota del 20 luglio 2007, il ministero italiano dell’interno precis? che l’esposto del 18 gennaio 2007 non poteva analizzarsi in una nuova richiesta di asilo n? in un appello contro la decisione di rifiuto resa dal prefetto di Milano il 16 agosto 2006, paragrafo 35 sopra.
C. Le assicurazioni diplomatiche chieste dall’Italia alla Tunisia
51. Il 29 maggio 2007, l’ambasciata dell’Italia a Tunisi indirizz? una nota verbale al governo tunisino per chiedere delle assicurazioni diplomatiche secondo le quali, in caso d?espulsione verso la Tunisia, il richiedente non sarebbe stato sottomesso ai trattamenti contrari all’articolo 3 della Convenzione e non avrebbe subito nessuno diniego flagrante di giustizia.
52. La nota in questione, redatta in francese, si legge come segue:
“L’ambasciata dell’Italia presenta i suoi complimenti al ministero delle Cause estere e, a seguito del colloquio tra gli ambasciatori dell’Italia il Sig. Arturo Olivieri e S.E. il ministro della Giustizia e dei Diritti dell’uomo il Sig. B?chir Tekkari, in margine della visita del ministro italiano della Giustizia il Sig. Cl?mente Mastella, il 28 maggio 2007, ha l’onore di chiedere la preziosa collaborazione delle autorit? tunisine per un sviluppo positivo del seguente caso.
Il cittadino tunisino N. S., nato a Haidra, Tunisia, il 30.11.1974, ? stata oggetto di un decreto d?espulsione dell’Italia verso la Tunisia, decisa dal ministero dell’interno l? 08.08.2006.
Dopo l’emanazione di suddetto decreto, questo ultimo ha fatto ricorso dinnanzi alla Corte europea dei Diritti dell’uomo di Strasburgo il 14.09.2006, chiedendo ed ottenendo la decisione di sospensione dell?espulsione in questione.
Questo ricorso ? basato sulla tesi secondo la quale sarebbe stato condannato in contumacia ad una pena di 20 anni di reclusione per i crimini legati al terrorismo, attraverso una sentenza che proviene dal tribunale militare di Tunisi il 11.05.2005, notificata al padre del condannato il 02.07.2005. A causa di questa condanna, in caso di applicazione del decreto d?espulsione verso il suo paese di origine, il Sig. S. sostiene che rischierebbe di essere incarcerato, una volta espulso in Tunisia, sulla base di un giudizio iniquo e di essere sottoposto a tortura e trattamenti degradanti e disumani, in allegato copia della notificazione della sentenza esibita dall’interessato.
Per riunire tutti gli elementi necessari per valutare questo caso, la Corte europea dei Diritti dell’uomo ha indirizzato una richiesta al governo italiano, in vista di ottenere una copia della sentenza di condanna e di conoscere se il governo italiano ha ben l’intenzione prima di procedere all?espulsione di chiedere delle garanzie diplomatiche al governo tunisino.
Alla luce di ci? che precede, l’ambasciata dell’Italia, pur contando sulla sensibilit? delle autorit? tunisine in materia, ha l’onore di formulare, nel rispetto delle prerogative giurisdizionali dello stato tunisino, la seguente urgente richiesta di garanzie, in quanto elemento formale indispensabile per la soluzione del caso in sospeso:
-nel caso in cui l’informazione fornita dal Sig. S. in quanto all’esistenza di una condanna che proviene dal tribunale militare di Tunisi a suo riguardo che data l? 11.05.2005 corrisponde alla verit?, trasmettere una copia integrale di suddetta sentenza, prima del 11.07.2007, data dell’udienza presso la Corte, e confermare che potr? fare opposizione, ed essere giudicato da un tribunale indipendente ed imparziale, secondo un procedimento che sia, nell’insieme, conforme ai principi di un processo equo e pubblico;
-smentire i timori espressi dal Sig. S. di essere sottoposto alla tortura ed a pene o a trattamenti disumani e degradanti al suo ritorno in Tunisia;
-che nel caso in cui fosse incarcerato, potr? ricevere la visita dei suoi avvocati cos? come dei membri della sua famiglia.
L’ambasciata dell’Italia sarebbe inoltre grata alle autorit? tunisine se volessero cortesemente tenerla informata dello stato di detenzione del chiamato N. S., nel caso in cui fosse incarcerato.
La soluzione del caso sopraindicato ha delle implicazioni importanti sui futuri aspetti della sicurezza.
Le suddette precisazioni, che la Corte europea dei Diritti dell’uomo ha chiesto al governo italiano, sono indispensabili per potere procedere all?espulsione.
In una certa misura, questo caso costituisce un precedente, rispetto ai numerosi altri casi in sospeso, e la risposta positiva ?ne siamo persuasi -delle autorit? tunisine render? pi? facile procedere ad eventuali ulteriori sfratti nell’avvenire.
Pure essendo perfettamente cosciente della delicatezza di questo argomento, l’ambasciata dell’Italia conta sulla comprensione delle autorit? tunisine in vista di una risposta nello spirito di una lotta efficace contro il terrorismo internazionale, nella cornice delle relazioni di amicizia tra i nostri due paesi. “
53. Il governo italiano precis? che simili assicurazioni non erano mai state chieste prima alle autorit? tunisine.
54. Il 4 luglio 2007, il ministero tunisino delle Cause estere indirizz? una nota verbale all’ambasciata italiana a Tunisi. Questa corrispondenza si legge come segue:
“Il ministero delle Cause estere presenta i suoi complimenti all’ambasciata dell’Italia a Tunisi e riferendosi alla sua nota verbale no 2533 in data del 2 luglio 2007, relativa al detenuto N. S. che si trova in Italia attualmente, ha l’onore di fare parte che il governo tunisino conferma la sua disposizione ad accettare il trasferimento in Tunisia di detenuti tunisini all’estero una volta confermata la loro identit? e questo nella cornice del rigoroso rispetto della legislazione nazionale in vigore e sotto la sola garanzia delle leggi tunisine pertinenti.
Il ministero delle Cause estere cogliw questa occasione per rinnovare all’ambasciata dall’Italia a Tunisi le assicurazioni della sua alta considerazione. “
55. Una seconda nota verbale, del 10 luglio 2007, ? redatta cos?:
“Il ministero delle Cause estere presenta i suoi complimenti all’ambasciata dall’Italia a Tunisi e, riferendosi alla sua nota verbale no 2588 del 5 luglio 2007, ha l’onore di confermarle il tenore della nota verbale del ministero no 511 del 4 luglio 2007.
Il ministero delle Cause estere riafferma con la presente che le leggi tunisine garantiscono e proteggono i diritti in vigore dei detenuti in Tunisia e garantiscono loro dei processi giusti ed equi e ricorda che la Tunisia ha aderito volontariamente ai trattati e convenzioni internazionali pertinenti.
Il ministero delle Cause estere coglie questa occasione per rinnovare all’ambasciata dall’Italia a Tunisi le assicurazioni della sua alta considerazione. “
D. La situazione familiare del richiedente
56. Il richiedente afferma che in Italia vive con un’italiana, la Sig.ra V., che ha sposato secondo il rito islamico. La coppia ha un bambino di otto anni, nato il 22 luglio 1999, di nazionalit? italiana che frequenta la scuola in Italia. La Sig.ra V. ? in stato di disoccupazione e attualmente non beneficia di nessuno sussidio familiare. ? colpita da una forma di ischemia.
57. Risulta da una nota del ministero dell’interno del 10 luglio 2007 che, il 10 febbraio 2007, il richiedente ha sposato, secondo il rito islamico, un’altra moglie, la Sig.ra G. pure residente ufficialmente in via Cefalonia, a Milano, dove abita la Sig.ra V., il richiedente sarebbe per? di facto separato delle sue due spose. Difatti, dalla fine del 2006, risiederebbe in modo stabile in via Ulisse Dini, a Milano, dove dividerebbe un appartamento con altri tunisini.
II. I DIRITTI INTERNI PERTINENTI
A. I ricorsi contro un’ordinanza d?espulsione in Italia
58. Un’ordinanza d?espulsione pu? essere attaccata dinnanzi al TAR, giurisdizione competente per esaminare la legalit? di ogni atto amministrativo ed annullarlo per incomprensione dei diritti fondamentali dell’individuo (vedere, per esempio, Sardinas Albo c. Italia, d?c.), no 56271/00, CEDH 2004-I). Un appello pu? essere interposto dinnanzi al Consiglio di stato contro le decisioni del TAR.
59. Nel procedimento dinnanzi al TAR, la sospensione dell’atto amministrativo controverso non ? automatica, ma pu? essere concessa su richiesta (Sardinas Albo, decisione precitata). Per?, quando come nel caso del richiedente, l?espulsione ? ordinata ai termini del decreto-legge no 144 del 2005, i ricorsi al TAR o al Consiglio di stato non possono sospendere in nessun caso l’esecuzione dell’ordinanza d?espulsione ,articolo 4 ?? 4 e 4bis del decreto-legge in questione.
B. La riapertura di un processo in contumacia in Tunisia
60. Nella loro traduzione francese prodotta dal Governo, le disposizioni pertinenti del codice di procedimento penale tunisino si leggono come segue:
Articolo 175
“Nell?impossibilit? per l’imputato toccato personalmente di comparire alla data che gli ? fissata, il tribunale passa oltre e rende una decisione che ? reputata contraddittoria. Se l’imputato che non compare ? stato citato regolarmente, sebbene non toccato personalmente, ? giudicato in contumacia. La notificazione del giudizio di contumacia ? fatta dal cancelliere del tribunale che ha reso la sentenza.
L’opposizione al giudizio di contumacia ? fatta dall’oppositore in persona o dal suo rappresentante, alla cancelleria del tribunale che ha reso la decisione nei dieci giorni dalla notificazione di questo giudizio.
Se l’oppositore rimane fuori dal territorio della Repubblica, il termine ? portato a trenta giorni.
Se l’oppositore ? detenuto, l’opposizione ? ricevuta dal sorvegliante-capo della prigione che la comunica, senza termine, alla cancelleria del tribunale.
L’opposizione ? fatta, o con dichiarazione verbale di cui ? preparato atto seduta stante, o con dichiarazione scritta. L’oppositore deve firmare e, se non vuole o non pu? firmare, ne viene fatta menzione.
Il cancelliere fissa subito la data di udienza e avvisa l’oppositore; in ogni caso questa udienza deve avere luogo nel termine di un mese al massimo della data dell’opposizione.
L’oppositore o il suo rappresentante avvisano l’opposizione e citano almeno tramite ufficiale giudiziario*-notaio le parti interessate, eccetto il rappresentante del ministero pubblico, tre giorni prima della data dell’udienza in mancanza di ci? l’opposizione ? respinta. “
Articolo 176
“Se la notificazione non ? stata fatta a nessuno o se non risulta dagli atti di esecuzione del giudizio che l’imputato ne ha avuto cognizione, l’opposizione ? ammissibile fino alla scadenza dei termini di prescrizione della pena. “
Articolo 180, come modificato dalla legge no 2004-43 del 17 aprile 2000,
“L’opposizione ? sospensiva di esecuzione. Quando la pena pronunciata ? la pena capitale, l’oppositore ? incarcerato e la pena non pu? essere eseguita prima che il giudizio non sia definitivo. “
Articolo 213
“L’appello non ? pi? ammissibile, salvo caso di forza maggiore, se non ? stato fatto al pi? tardi dieci giorni dopo la decisione della sentenza resa in contraddittorio al senso del capoverso primo dell’articolo 175, o dopo la scadenza del termine di opposizione se il giudizio ? stato reso in contumacia o dopo la notificazione del giudizio reso in contumacia iterativa.
Per il procuratore generale della Repubblica e gli avvocati generali presso i corsi di appello, il termine di appello ? di sessanta giorni a contare dal giorno della decisione del giudizio. Devono inoltre, pena il decadimento, notificare civilmente i loro ricorsi in suddetto termine all’imputato ed alle persone responsabili. “
III. TESTI E DOCUMENTI INTERNAZIONALI
A. L’accordo di cooperazione in materia di lotta contro la criminalit? firmata dall’Italia e la Tunisia e l’accordo di associazione tra la Tunisia, l’unione europea ed i suoi Stati membri
61. Il 13 dicembre 2003, il governo italiano e tunisino hanno firmato a Tunisi un accordo in materia di lotta contro la criminalit? con il quale le Parti contraenti si sono avviate a scambiare delle informazione, in particolare per ci? che riguarda le attivit? di gruppi terroristici, i flussi migratori e la produzione e l’uso di falsi documenti, ed a favorire l’armonizzazione delle loro legislazioni nazionali. Gli articoli 10 e 16 di questo accordo si leggono come segue:
Articolo 10
“Le Parti contraenti, in conformit? con le loro legislazioni nazionali, si accordano sul fatto che la cooperazione in materia di lotta contro la criminalit?, come previsto dalle disposizioni del presente accordo, si estender? alla ricerca di persone che si sono sottratte alla giustizia e sono responsabili di fatti delittuosi, cos? come all’utilizzazione dell?espulsione, quando le circostanze lo richiedono e salvo applicazione delle disposizioni in materia di estradizione. “
Articolo 16
“Il presente accordo pregiudica i diritti ed obblighi derivanti da altri accordi internazionali, multilaterali o bilaterali, sottoscritti dalle Parti contraenti. “
62. La Tunisia ha firmato anche a Bruxelles, il 17 luglio 1995, un accordo di associazione con l’unione europea ed i suoi Stati membri. Questo testo che riguarda per l’essenziale la cooperazione nei settori commerciali ed economici, precisa nel suo articolo 2 che le relazioni tra le Parti contraenti, cos? come come le disposizioni dell’accordo stesso, devono basarsi sul rispetto dei diritti dell’uomo e dei principi democratici che costituiscono un “elemento essenziale” dell’accordo.
B. Gli articoli 1, 32 e 33 della Convenzione delle Nazioni unite del 1951 relativi allo statuto dei profughi
63. L’Italia fa parte della Convenzione dalle Nazioni unite del 1951 relativa allo statuto dei profughi. Gli articoli 1, 32 e 33 di questa Convenzione dispongono:
Articolo 1
“Ai fini della presente Convenzione, il termine ” rifugiato” si applicher? ad ogni persona che, (…) temendo con ragione di essere perseguitata a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalit?, della sua appartenenza ad un certo gruppo sociale o delle sue opinioni politiche, si trovi fuori dal paese di cui ha la nazionalit? e che non pu? o, a causa di questo timore, non vuole vantarsi della protezione di questo paese; o che, se non ha nazionalit? e si trova fuori dal paese nel quale aveva la sua residenza abituale in seguito a tali avvenimenti, non pu? o, in ragione di suddetta timore, non vuole tornare l?. “
Articolo 32
“1. Gli Stati contraenti non espelleranno un profugo che si trova regolarmente sul loro territorio se non per ragioni di sicurezza nazionale o di ordine pubblico.
2. L?espulsione di questo profugo non avr? luogo che in esecuzione di una decisione resa conformemente al procedimento previsto dalla legge. “
Articolo 33
“1. Nessuno degli Stati contraenti espeller? o respinger?, in qualunque modo questo sia, un profugo sulle frontiere dei territori dove la sua vita o la sua libert? sarebbero minacciate in ragione della sua razza, della sua religione, della sua nazionalit?, della sua appartenenza ad un certo gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.
2. Il beneficio della presente disposizione non potr? essere invocato tuttavia da un profugo per il quale ci saranno delle ragioni serie di considerare come pericolo per la sicurezza del paese in cui si trova o che, essendo stato oggetto di una condanna definitiva per un crimine o reato particolarmente grave, costituisca una minaccia per la comunit? di suddetto paese. “
C. Le linee direttive del Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa
64. L?11 luglio 2002, all’epoca della 804ma riunione dei Delegati dei Ministri, il Comitato dei Ministri del Consiglio dell’Europa ha adottato delle linee direttive sui diritti dell’uomo e la lotta contro il terrorismo. Il punto IV di questo testo, intitolato “Interdizione assoluta della tortura”, ? formulato cos?:
“Il ricorso alla tortura o alle pene o trattamenti disumani o degradanti sono proibiti in particolare in termini assoluti, in ogni circostanza, all’epoca dell’arresto, dell’interrogatorio e della detenzione di una persona sospettata di attivit? terroristiche o condannate per tali attivit?, e qualunque siano stati i maneggi di cui questa persona ? sospettata o per i quali ? stata condannata. “
Ai termini del punto XII ? 2 di questo stesso documento,
“Lo stato che ? oggetto di una domanda di asilo ha l’obbligo di assicurarsi che la repressione eventuale del richiedente nel suo paese di origine o in un altro paese non l’esporr? alla pena di morte, alla tortura o alle pene o trattamenti disumani o degradanti. Ne va parimenti in caso d?espulsione. “
D. Il rapporto di Amnesty Internazionale relativo alla Tunisia
65. In un rapporto concernente la situazione in Tunisia nel 2006, Amnesty International rileva che al termine di processi iniqui, almeno dodici persone perseguite per attivit? terroristiche sono state condannate a pesanti pene di detenzione. Nuovi casi di tortura e di cattivi trattamenti sono stati segnalati. Centinaia di prigionieri politici restano incarcerati da pi? di dieci anni ed il loro stato di salute si sarebbe degradato. Peraltro, centotrentacinque prigionieri sono stati rimessi in libert? in seguito ad un’amnistia; erano incarcerati da pi? di quattordici anni, dopo essere stati giudicati in modo iniquo per appartenenza all’organizzazione islamica vietata In-Nahda. Certi erano in cattiva salute a causa delle condizioni carcerarie estremamente faticose e delle torture subite prima del loro processo.
66. Nel dicembre 2006, delle sparatorie hanno avuto luogo a sud di Tunisi tra la polizia e dei presunti membri del Gruppo salafiste per la predicazione ed il combattimento. Parecchie decine di persone sono state uccise e dei poliziotti sono stati feriti.
67. Nel giugno 2006, il Parlamento europeo ha richiesto l’organizzazione di una sessione Unione europea – Tunisia, per dibattere della situazione dei diritti dell’uomo nel paese. Nell’ottobre 2006, l’unione europea ha criticato il governo tunisino per avere annullato una conferenza internazionale sul diritto al lavoro.
68. Per ci? che riguarda la “guerra contro il terrorismo”, Amnesty International sottolinea che le autorit? tunisine non hanno risposto alla domanda del delatore speciale delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti dell’uomo che desiderava rendersi nel paese. Alcune persone sospettate di attivit? terroristiche sono state arrestate e sono state giudicate in virt? di un legge antiterrorismo, stimata “controversa”, del 2003. Questa legge ed il codice di giustizia militare sono stati utilizzati contro i tunisini rimpatriati contro il loro gradimento dalla Bosnia-Erzegovina, dalla Bulgaria e dall’Italia e che erano accusati di appartenenza a organizzazioni terroristiche operanti all’estero. In questo genere di cause, talvolta troncate dai tribunali militari, i contatti degli avvocati coi loro clienti sono sottoposti a restrizioni sempre pi? numerose. Dei casi di detenzione in isolamento e di tortura durante la custodia a vista sono stati riferiti; si cita, in particolare, le vicissitudini del Sig. H. S. e del Sig. B. F., espulsi dalla Bosnia-Erzegovina, cos? come di sei membri di un “gruppo di Zarzis.”
69. Amnesty International denuncia inoltre dell’importanti limitazioni al diritto alla libert? di espressione ed un rischio di assillo e di violenza contro i difensori dei diritti dell’uomo, dei loro prossimi, delle mogli che portano il velo islamico cos? come degli oppositori e detrattori del governo.
70. Per ci? che riguarda l’indipendenza della giustizia, Amnesty International nota che gli avvocati hanno protestato pubblicamente contro un progetto di legge che instaura un istituto superiore degli avvocati che sar? incaricato della formazione dei futuri avvocati, una missione che incombeva prima sull’ordine degli avvocati ed all’associazione dei magistrati. Nell’ottobre 2006, il capo della delegazione della Commissione europea a Tunisi ha deplorato pubblicamente la lentezza dei riforme politiche e ha richiesto un miglioramento della formazione dei giudici e degli avvocati per rinforzare l’indipendenza della giustizia. I giudici devono ottenere l’autorizzazione del segretario di stato alla Giustizia per recarsi all?estero.
71. Il 19 giugno 2007, Amnesty International ha emesso una dichiarazione concernente il richiedente. Questo documento si legge come segue:
“Amnesty internazionale teme che N. S. sia torturato e subisca altre gravi violazioni dei diritti umani se ? rinviato in Tunisia dalle autorit? italiane. Questa preoccupazione si basa sul seguito continuo delle violazioni dei diritti umani in Tunisia che garantiamo, in particolare le violazioni commesse contro quelli che sono rinviati con la forza nella cornice della “guerra contro il terrorismo.”
N. S. ? stato condannato in contumacia a vent’ anni di detenzione dal tribunale militare permanente di Tunisi per appartenenza ad un’organizzazione terroristica che opera all’estero in tempo di pace ed incitamento al terrorismo. Sebbene debba essere giudicato di nuovo dalla stessa giurisdizione militare, i tribunali militari della Tunisia violano un certo numero di garanzie del diritto ad un processo equo. Il tribunale militare si costituisce di quattro consiglieri e di un presidente il quale, solamente, ? un giudice civile. Il procedimento contempla delle restrizioni al diritto ad un’udienza pubblica. L’area del tribunale in un campo militare limita l’accesso al grande pubblico. Le persone condannate da un tribunale militare possono interporre unicamente appello dinnanzi alla Corte militare di cassazione. Gli imputati civili hanno fatto sapere frequentemente che non erano stati informati del loro diritto ad un difensore o, in particolare nella mancanza di un avvocato, non hanno compreso che erano interrogati da un giudice istruttore, perch? questo portava un’uniforme militare.
Gli avvocati della difesa cozzano contro le restrizioni in materia di accesso alla pratica dei loro clienti e la loro azione ? ostacolata, perch? non ricevono informazioni concernenti il procedimento, come le date delle udienze. A differenza delle giurisdizioni penali ordinarie, i tribunali militari non danno agli avvocati accesso ad un registro delle cause in corso, per pi? informazioni, vedere il rapporto di Amnesty Internazionale,: “Tunisia: il ciclo dell’ingiustizia”, indice di AI MDE 30/001/2003.
Le autorit? tunisine continuano anche di applicare la legge antiterroristica molto controversa del 2003 per arrestare, detenere e giudicare degli indiziati di terrorismo. Quelli che sono riconosciuti colpevoli sono condannati a pesanti pene di prigione. La legge antiterroristica e delle disposizioni del Codice di giustizia militare sono servite anche contro cittadini tunisini che sono stati rinviati in Tunisia contro la loro volont? dalle autorit? di altri paesi, in particolare la Bosnia-Erzegovina, la Bulgaria e l’Italia. Le persone rinviate sono state arrestate al loro arrivo dalle autorit? tunisine e, per molti di esse, imputate di avere dei legami con le “organizzazioni terroristiche” che operano all’estero. Certe sono stati tradotte dinnanzi al sistema di giustizia militare.
Quelli che sono stati rinviati in Tunisia recentemente sono stati messi al segreto. Sono stati allora sottomessi alla tortura ed ad altri cattivi trattamenti. Sono stati condannati anche a pesanti pene di prigione in seguito a processi iniqui. A questo riguardo, citiamo, a titolo di esempi, le informazioni qui di seguito su altre cause:
-il 3 giugno 2007, H T.? stato rinviato con la forza della Francia in Tunisia e ? stato arrestato al suo arrivo. ? stato mantenuto al segreto alla Direzione della Sicurezza di stato del ministero dell’interno a Tunisi per dieci giorni nel corso dai quali sarebbe stato torturato o avrebbe subito altri cattivi trattamenti. ? detenuto attualmente alla prigione di Momaguia nell’attesa del seguito dell’inchiesta.
Aveva lasciato la Tunisia nel 1999 ed aveva vissuto poi in Germania e, ra 2000 e 2006, in Italia. ? stato arrestato il 5 maggio 2007 alla frontiera franco-tedesca in quanto immigrato clandestino e mantenuto al centro di detenzione della citt? francese di Metz sotto l’influenza di un’ordinanza d?espulsione. Il 6 maggio, ? stato presentato ad un giudice che ha prolungato la sua detenzione di quindici giorni e che l’ha informato che era oggetto di un’inchiesta della polizia francese, perch? questa lo sospettava “di portare un sostegno logistico” ad una rete che aiutava degli individui a recarsi in Iraq per partecipare al conflitto armato contro le forze della coalizione diretta dagli Stati Uniti, affermazione che nega. Nessuno capo di accusa ? stato considerato contro lui in Francia. Lo stesso giorno, ha fatto una domanda di asilo ed il 7 maggio 2007, ? stato condotto al centro di ritenzione di Mesnil-Amelot per soggiornarvi mentre la sua domanda di asilo era trattata. Questa ? stata oggetto di un procedimento di valutazione accelerata (“procedimento prioritario”) e ? stata respinta il 25 maggio. Sebbene H. T. abbia fatto appello dinnanzi alla Commissione dei ricorsi dei profughi (CRR), l’appello non ha avuto effetto sospensivo per le decisioni prese a titolo del procedimento prioritario e gli interessati possono essere ricondotti alla frontiera prima che una decisione sia stata pronunciata a proposito del loro ricorso. H. T. ha fatto anche appello alla decisione dinnanzi al tribunale amministrativo, in vano.
-Nel maggio 2004, T. B., un cittadino tunisino, ? stato rinviato contro la sua volont? della Francia in Tunisia dopo il rigetto della sua domanda di asilo. ? stato arrestato al suo arrivo in Tunisia e ? stato accusato a titolo della legge antiterroristica del 2003. Nel febbraio 2005, il Consiglio di stato che ? la pi? alta giurisdizione amministrativa della Francia, ha annullato l’ordinanza d?espulsione di T. B.. Nel marzo 2006, questo ? stato condannato al termine di un processo iniquo in Tunisia a dieci anni di detenzione per appartenenza al Fronte islamico tunisino, capo di accusa per il quale ha scontato gi? 36 mesi di prigione in Francia. La condanna ? stata ridotta a cinque anni in appello nell’ottobre 2005. ? detenuto sempre in Tunisia.
-A. R., un cittadino tunisino che aveva lavorato per pi? di dieci anni in Europa, ? stato espulso dall’Irlanda in Tunisia nell’aprile 2004 dopo il rigetto della sua domanda di asilo. ? stato arrestato al suo arrivo in Tunisia e ? stato condotto alla Direzione della sicurezza di stato del ministero dell’interno, dove ? stato mantenuto al segreto durante parecchi giorni e dove sarebbe stato colpito, sospeso al soffitto e minacciato di morte. ? stato accusato a titolo della legge antiterroristica del 2003 di appartenenza ad un’organizzazione terroristica che opera all’estero. Nessuna inchiesta ? stata condotta a proposito delle affermazioni di torture che avrebbe subito, sebbene il suo avvocato avesse deposto lamento. Nel marzo 2005, A. R. ? stato riconosciuto colpevole sulla base di “confessioni” ottenute sotto la tortura e ? stato condannato a dieci anni di detenzione a titolo della legislazione antiterroristica. La sua condanna ? stata ridotta a cinque anni in appello nel settembre 2005. ? sempre in prigione in Tunisia.
-Nell’aprile 2004, sette giovani sono stati condannati, al termine di un processo iniquo, per appartenenza ad un’organizzazione terroristica, possesso o fabbricazione di esplosivi, furto, consultazione di siti Web vietati ed organizzazione di riunioni non autorizzate. Due altri sono stati condannati in contumacia. Facevano parte delle decine di persone arrestate nel febbraio 2003 a Zarzis nel sud della Tunisia che ? stata liberata, per la maggior parte, durante lo stesso mese. Il procedimento non ha rispettato le norme internazionali relative ad un processo equo. Secondo gli avvocati della difesa, la maggior parte delle date di arresto indicate nei rapporti di polizia sono state falsificate ed in un caso, anche il luogo dell’arresto. Non c’? stata inchiesta sulle affermazioni dei convenuti secondo le quali gli imputati sarebbero stati colpiti, sospesi al soffitto e minacciati di stupro. Le condanne si fondavano quasi interamente sulle confessioni ottenute sotto costrizione. Gli imputati hanno negato l’insieme dei capi di accusa che erano portati contro essi al tribunale. Nel luglio 2004, la corte di appello di Tunisi ha ridotto le condanne di sei di essi di diciannove anni e tre mesi a tredici anni di detenzione. Il loro ricorso ? stato respinto dalla Corte di cassazione nel dicembre 2004. Un altro imputato che era minorenne al momento dell’arresto ha visto la sua condanna ridotta a ventiquattro mesi di prigione. Sono stati liberati tutti nel marzo 2006 in virt? di una grazia presidenziale.
Le violazioni dei diritti umani che sono stati commessi in questi casi sono tipiche di ci? che ? moneta corrente in Tunisia e che toccano le persone arrestate nel paese cos? come quelle che sono rinviate dall’estero in relazione alle affermazioni di violazioni di natura politica o riguardanti la sicurezza. Stimiamo perci? che N. S. si esporrebbe ad un rischio serio di tortura e di processo iniquo se fosse rimesso alle autorit? tunisine. “
72. Una dichiarazione similare ? stata emessa da Amnesty International il 23 luglio 2007.
E. Il rapporto di Human Rights Watch relativo alla Tunisia
73. Nel suo rapporto uscito nel 2007 concernente la Tunisia, Human Rights Watch afferma che il governo tunisino utilizza la minaccia del terrorismo e dell’estremismo religioso come pretesto per reprimere i suoi oppositori. Ci sono delle affermazioni costanti e credibili di utilizzazione della tortura e di cattivi trattamenti contro gli indiziati per ottenere delle confessioni. I condannati sarebbero sottoposti anche a cattivi trattamenti inflitti volontariamente.
74. Malgrado la concessione di un’amnistia a numerosi membri del partito islamico illegale In-Nahda, il numero di prigionieri politici supera le 350 persone. Ci sono stati degli arresti in massa di giovani uomini che sono stati perseguiti in seguito ai termini del legge antiterrorismo del 2003. I vecchi prigionieri politici liberati sono controllati da vicino dalle autorit? che negano di rinnovare i loro passaporti e di dar loro accesso alla maggior parte degli impieghi.
75. Secondo Human Rights Watch, il sistema giudiziale manca di indipendenza. I giudici istruttori interrogano gli indiziati senza la presenza dei loro avvocati, e la procura ed i giudici chiudono gli occhi sulle affermazioni di tortura, anche se sono formulate tramite un avvocato. Gli imputati sono condannati spesso sulla base di confessioni estorte o di dichiarazioni di testimoni che non hanno potuto interrogare n? fare interrogare.
76. Anche se il Comitato internazionale del Croce Rossa continua il suo programma di visite nelle prigioni tunisine, le autorit? rifiutano l’accesso ai luoghi di detenzione alle organizzazioni indipendenti di difesa dei diritti dell’uomo. L’impegno preso nell’aprile 2005 di permettere delle visite di Human Rights Watch ? restato lettera morta.
77. La legge detta “antiterrorismo” del 2003 d? una definizione molto ampia della nozione di “terrorismo” che pu? essere utilizzats per accusare delle persone che hanno esercitato semplicemente il loro diritto di critica politica. Dal 2005, pi? di 200 persone sono state accusate di volere raggiungere dei movimenti djihadistes all’estero o di organizzare delle attivit? terroristiche. Gli arresti sono stati effettuati dai poliziotti in civile e le famiglie degli imputati sono restate per giorni o delle settimane senza notizie dei loro prossimi. Durante i processi, la grande maggioranza degli imputati ha affermato che le loro confessioni erano state ottenute sotto la tortura o sotto la minaccia della tortura. Questi imputati sono stati condannati a pesanti pene di prigione senza che si fosse stabilito che avevano commesso un atto specifico di violenza o che possedessero delle armi o degli esplosivi.
78. Nel febbraio 2006, sei persone imputate di fare parte del gruppo terroristico “Zarzis” hanno beneficiato di un’amnistia presidenziale dopo avere scontato tre anni di prigione. Erano state condannate sulla base di confessioni che sarebbero state strappate loro e della circostanza che avevano copiato su Internet delle istruzioni per la fabbricazione di bombe. Nel 2005, il Sig. A. R. B. ? stato condannato a quattro anni di detenzione per avere copiato e incollato su un foro in linea la dichiarazione di un gruppo minaccioso di lanciare degli attacchi dinamitardi se il presidente della Tunisia se avesse accettato di ricevere la visita del Primo ministro israeliano.
79. Infine, Human Rights Watch segnala che il 15 giugno 2006 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che deplora la repressione dei difensori dei diritti dell’uomo in Tunisia.
F. Le attivit? del Comitato internazionale del Croce Rossa
80. Il Comitato internazionale del Croce Rossa ha firmato, il 26 aprile 2005, un accordo con le autorit? tunisine per visitare le prigioni e valutare le condizioni carcerarie. Questo accordo ? intervenuto un anno dopo la decisione delle autorit? di permettere di visitare le prigioni al solo Comitato internazionale del Croce Rossa, organizzazione qualificata come “rigorosamente umanitaria”, tenuta al segreto sul compimento delle sue missioni. L’accordo tra il governo tunisino ed i Comitati internazionali del Croce Rossa riguarda tutte le instaurazioni penitenziarie in Tunisia, “ivi compreso le unit? di detenzione provvisoria ed i luoghi di custodia a vista.”
81. Il 29 dicembre 2005, il Sig. Bernard Pfefferl?, delegato regionale per la Tunisia/Africa del Nord del Comitato internazionale del Croce Rossa, ha dichiarato che il Comitato ha potuto visitare “senza ostacoli” una decina di prigioni e ha potuto incontrare dei detenuti in Tunisia. Il Sig. Pfefferl? ha indicato che, dall’inizio della missione, nel giugno 2005, una squadra del Comitato internazionale della Croce Rossa si era resa in nove prigioni, a due riprese per due di esse, ed aveva incontrato la met? dei detenuti che aveva contemplato visitare. Rifiutandosi a maggiori indicazioni “in ragione della natura dei [loro] accordi”, ha precisato tuttavia che questi accordi autorizzavano il Comitato internazionale della Croce Rossa a visitare l’insieme delle prigioni ed ad incontrare “in tutta libert? i detenuti e secondo la [sua] libera scelta.”
G. Il rapporto del Dipartimento di stato americano relativo ai diritti dell’uomo in Tunisia
82. Nel suo rapporto “sulle pratiche in materia di diritti dell’uomo”, pubblicato l? 8 marzo 2006, il Dipartimento di stato americano denuncia delle violazioni dei diritti fondamentali perpetrati dal governo tunisino.
83. Sebbene non ci siano stati omicidi commessi dalle autorit? tunisine per i ragioni politiche, il rapporto denuncia il decesso di due persone, il Sig. M. E. A. O.ed il Sig. B. R., sopraggiunte rispettivamente durante e dopo la loro detenzione nelle mani della polizia.
84. Riferendosi ai dati raccolti da Amnesty International, il Dipartimento di stato segnala le differenti forme di tortura e dei cattivi trattamenti inflitti dalle autorit? tunisine per ottenere delle confessioni: scariche elettriche, immersione della testa nell’acqua, pugni, di bastone e di manganello, sospensione alle barre delle unit? che provocano una perdita di coscienza, bruciature di sigarette sul corpo. I poliziotti abusano inoltre, sessualmente delle spose dei prigionieri islamici per ottenere delle informazione o per infliggere una punizione.
85. Questi atti di tortura sono tuttavia molto difficili da provare, perch? le autorit? rifiutano alle vittime l’accesso alle cure mediche fino alla scomparsa delle tracce delle sevizie. In pi?, la polizia e le autorit? giudiziali negano regolarmente di dare seguito alle affermazioni dei cattivi trattamenti, e le confessioni estorte sotto tortura sono considerate regolarmente dai tribunali.
86. I prigionieri politici e gli integralisti religiosi sono le vittime privilegiate della tortura che ? perpetrata principalmente durante la custodia a vista, in particolare nei locali del ministero dell’interno. Il rapporto fa riferimento a parecchi casi di tortura denunciati nel 2005 dalle organizzazioni non governative tra le quali il Consiglio nazionale per le libert? in Tunisia e l’associazione per la lotta contro la tortura in Tunisia. A dispetto delle denunce delle vittime, nessuna investigazione ? stata impegnata dalle autorit? tunisine su questi abusi e nessuno agente dello stato ? stato perseguito.
87. Le condizioni di carcerazione nelle prigioni tunisine sono lontano da rispettare le norme internazionali. I prigionieri sono posti in spazi esigui e dividono lo stesso letto e gli stessi servizi. Il rischio di malattie contagiose ? molto elevato in ragione della sovrappopolazione e delle cattive condizioni di igiene. I detenuti non hanno accesso alle cure mediche adeguate.
88. I prigionieri politici sono trasferiti spesso da una struttura all’altra, il che rende difficili le visite delle loro famiglie e scoraggia ogni inchiesta che riguarda le loro condizioni di detenzione.
89. Nell? aprile 2005, alla conclusione di un lungo negoziato, il governo tunisino ha firmato un accordo che permette al Croce Rossa internazionale di visitare le prigioni. Le visite sono cominciate in giugno. A dicembre, la Croce Rossa ha dichiarato che le autorit? penitenziarie avevano rispettato l’accordo e che non avevano posto ostacoli alle visite.
90. In compenso, questa stessa possibilit? non ? stata riconosciuta a Human Rights Watch, malgrado l’impegno verbale preso nell’aprile 2005 col governo tunisino. Questo ultimo si ? impegnato anche a vietare la detenzione prolungata in celle d? isolamento.
91. Sebbene esplicitamente vietate dalla legge tunisina, arresti e detenzioni arbitrarie hanno luogo. Secondo la legge, la durata massimale di custodia a vista ? di sei giorni durante i quali le famiglie devono essere informate. Queste regole per?, sono talvolta ignorate. Le custodie a vista si abituano molto spesso al segreto e le autorit? prolungano il periodo di detenzione falsificando la data dell’arresto.
92. Il governo tunisino nega l’esistenza di prigionieri politici e, di conseguenza, il loro numero esatto ? impossibile da determinare. Per?, l’associazione internazionale per il sostegno ai prigionieri politici ha censito 542 prigionieri politici dei quali quasi tutti sarebbero degli integralisti religiosi che appartengono ai movimenti di opposizione vietati dalla legge, arrestati per appartenenza ad associazioni illegali pericolose per l’ordine pubblico.
93. Il rapporto fa stato di ostacoli diffusi al diritto al rispetto della vita privata e familiare dei prigionieri politici e di loro prossimi, come il collocamento in posto di controlli della corrispondenza e di intercettazioni telefoniche cos? come la confisca dei documenti di identit?.
H. Altre sorgenti
94. Dinnanzi alla Corte, il richiedente ha prodotto un documento dell’associazione internazionale di sostegn