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Testo originale e tradotto della sentenza selezionata

AFFAIRE S.C. CONCORDIA INTERNATIONAL S.R.L. CONSTANTA c. ROUMANIE

Tipologia: Sentenza
Importanza: 3
Articoli:
Numero: 38969/02/2009
Stato: Romania
Data: 2009-09-22 00:00:00
Organo: Sezione Terza
Testo Originale

TERZA SEZIONE
CAUSA S.C. CONCORDIA INTERNAŢIONAL S.R.L. CONSTANŢA C. ROMANIA
(Richiesta no 38969/02)
SENTENZA
STRASBURGO
22 settembre 2009
Questa sentenza diventerà definitiva nelle condizioni definite all’articolo 44 § 2 della Convenzione. Può subire dei ritocchi di forma.

Nella causa S.C. Concordia Internaţional S.R.L. Constanţa c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell’uomo, terza sezione, riunendosi in una camera composta da:
Josep Casadevall, presidente, Elisabet Fura, Corneliu Bîrsan, Alvina Gyulumyan, Egbert Myjer, Ineta Ziemele, Ann Power, giudici,
e da Santiago Quesada, cancelliere di sezione,
Dopo avere deliberato in camera del consiglio il 1 settembre 2009,
Rende la sentenza che ha adottato in questa data:
PROCEDIMENTO
1. All’origine della causa si trova una richiesta (no 38969/02) diretta contro la Romania e in cui una società commerciale rumena, S.C. C. I. S.R.L. C. (“la richiedente”), ha investito la Corte il 19 settembre 2002 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (“la Convenzione”).
2. La richiedente è rappresentata dalla Sig.ra M I., avvocato a Buzău. Il governo rumeno (“il Governo”) è rappresentato dal suo agente, il Sig. Răzvan-Horaţiu Radu, del ministero delle Cause estere.
3. Il 2 giugno 2008, il presidente della terza sezione ha deciso di comunicare la richiesta al Governo. Come permesso dall’articolo 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si sarebbe pronunciata sull’ammissibilità ed il merito allo stesso tempo.
IN FATTO
I. LE CIRCOSTANZE DELLO SPECIFICO
4. La società richiedente è una società a responsabilità limitata costituita nel 1994 ed avente la sua sede a Constanþa.
5. Con un giudizio definitivo del 29 settembre 1999, la Corte di arbitraggio commerciale internazionale presso la Camera di commercio e dell’ industria della Romania accolse un’azione iniziata dalla richiedente contro la società B., ed ordinò all’ultima di pagarle 26 394,87 dollari americani (USD) al tasso applicabile in data dell’ordinamento e 21 758 387 lei rumeni (ROL) a titolo degli oneri di arbitraggio.
La decisione arbitrale fu investita della formula esecutiva.
6. Il 17 novembre 1999, la richiedente chiese l’esecuzione dinnanzi al tribunale dipartimentale di Buzău. In seguito, l’ufficiale giudiziario di giustizia presso il tribunale dipartimentale ingiunse tramite due precetti alla società B. di pagare. In mancanza di pagamento da parte della società, gli immobili contemplati nei precetti sarebbero stati messi all’ asta.
7. Con un’ordinanza di aggiudicazione del 27 dicembre 2000, il tribunale di prima istanza di Pătârlagele aggiudicò definitivamente gli immobili a favore della richiedente e certificò che aveva pagato il prezzo dell’asta di 654 750 000 ROL, o circa 25 656 USD.
8. Con una sentenza definitiva del 16 marzo 2001, il tribunale dipartimentale di Buzău confermò l’aggiudicazione.
9. Il prezzo fu distribuito ai creditori ed la richiedente ricevette l’87%.
10. Il diritto di proprietà della richiedente fu inserito nel registro fondiario ed il 31 maggio 2001 fu messa in possesso di suddetti immobili.
11. Su ricorso per annullamento formato dal procuratore generale della Romania, con una sentenza del 22 marzo 2002, la Corte suprema di giustizia annullò la sentenza del 16 marzo 2001 e l’ordinanza di aggiudicazione del 27 dicembre 2000 e rinviò la causa dinnanzi al tribunale di prima istanza di Pătârlagele. Giudicò che le due decisioni avevano ignorato parecchie disposizioni legali legate all’esecuzione costretta degli immobili.
La pratica fu rinviata al tribunale di prima istanza il 22 gennaio 2003 e quest’’ultimo l’iscrisse al suo ruolo l’ 8 settembre 2003.
Con decisione dell’ 11 novembre 2003, in seguito ai cambiamenti legislativi intervenuti in materia di esecuzione forzata degli immobili, la causa fu cancellata dal ruolo del tribunale di prima istanza per essere rinviata all’ufficiale giudiziario di giustizia che aveva la competenza di organizzare delle aste pubbliche e di preparare a questo riguardo l’atto di aggiudicazione. Risulta dai documenti della pratica che la pratica di esecuzione è attualmente sospesa.
12. Il 24 aprile 2002, la società B. formò un’azione per direttissima tendente alla sua reintegrazione nei suoi immobili. L’azione fu accolta da una decisione esecutiva del 25 aprile 2002 e l’indomani la società B. fu reintegrata negli immobili.
13. Il 16 maggio 2002, la società B. introdusse un’azione contro la richiedente affinché venisse rimessa nella situazione anteriore all’ordinanza di aggiudicazione. Con un giudizio del 15 luglio 2002, diventato definitivo in seguito all’annullamento dell’appello della richiedente per difetto di pagamento del diritto di bollo, il tribunale di prima istanza di Pătârlagele ordinò la rimessa delle parti nella situazione anteriore e la radiazione del diritto di proprietà della richiedente. Nei suoi considerando, il tribunale confermò anche che la società B. aveva saldato integralmente il credito di 26 394,87 USD e 21 758 387 ROL e considerò che la rimessa delle parti nella situazione anteriore implicava che la società B. recuperasse la proprietà dei beni e che la richiedente incassasse la somma registrata a suo nome.
14. Su ricorso della richiedente contro la decisione del 25 aprile 2002 (paragrafo 12 sopra) il tribunale dipartimentale di Buzău annullò questa decisione e rinviò la causa dinnanzi alla sezione commerciale del tribunale dipartimentale. Su richiesta delle parti, il tribunale unì la causa con una nuova richiesta della richiedente con la quale richiedeva lo sfratto della società B. La richiedente chiese in accessorio il prezzo dell’asta e le spese per la conservazione degli immobili. Le parti convennero anche di continuare il giudizio in virtù del diritto comune.
15. Con un giudizio esecutivo del 7 ottobre 2003, il tribunale dipartimentale considerò che le domande che tendevano alla reintegrazione ed allo sfratto erano restate senza oggetto, ma obbligò la società B. a pagare 25 656 USD per il prezzo dell’asta, così come le spese di conservazione.
16. Il 27 febbraio 2004, la corte di appello di Ploieşti accolse l’appello della società B. e respinse l’istanza della richiedente per ricuperare il prezzo dell’asta e le spese di conservazione. Constatò che la società B. aveva pagato il credito e che questo importo è restato nel patrimonio della richiedente anche dopo che la società B. fu reintegrata nei suoi immobili.
17. Con una sentenza definitiva del 5 aprile 2005, l’Alta Corte di cassazione e di giustizia (la vecchia Corte suprema di giustizia) accolse il ricorso della richiedente e constatò che la società aveva pagato il credito. Stimò inoltre che il prezzo dell’asta era differente da quel credito e che in seguito all’annullamento dell’asta ed ad un ritorno delle parti nella situazione anteriore, la richiedente avrebbe dovuto ricevere il prezzo dell’asta.
18. Il 15 marzo 2006, l’Alta Corte accolse la contestazione per annullamento della società B., annullò la sentenza del 5 aprile 2005 e fissò un nuovo termine per il giudizio del ricorso. Un’istanza di ricusazione della formazione di giudizio fattadal richiedente fu respinta. Su richiesta della richiedente, il Consiglio superiore della magistratura confermò l’inesistenza dei fatti che avrebbero potuto essere oggetto di una responsabilità disciplinare.
Il 17 gennaio 2007, l’Alta Corte respinse come mal fondato il ricorso della richiedente contro il giudizio del 27 febbraio 2004.
II. IL DIRITTO E LA PRATICA INTERNA PERTINENTI
19. Le disposizioni legali e la giurisprudenza interna pertinenti sono descritti nella sentenza Brumărescu c. Romania ([GC], no 28342/95, §§ 31-44, CEDH 1999-VII, e SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Romania (no 22687/03, § 22, 1 dicembre 2005,).
IN DIRITTO
I. SULLE VIOLAZIONI ADDOTTE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 DELLA CONVENZIONE E 1 DEL PROTOCOLLO NO 1
20. La richiedente adduce che l’annullamento della sentenza definitiva del tribunale dipartimentale di Buzău del 16 marzo 2001 con l’ammissione del ricorso per annullamento introdotto dal procuratore generale ha portato attentato al principio della sicurezza dei rapporti giuridici ed al suo diritto al rispetto dei beni. Invoca gli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, così formulati nelle loro parti pertinenti:
Articolo 6 § 1
“Ogni persona ha diritto affinché la sua causa sia equamente sentita da un tribunale indipendente ed imparziale che deciderà delle contestazioni sui suoi diritti ed obblighi di carattere civile “
Articolo 1 del Protocollo no 1
“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non a causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni precedenti non recano offesa al diritto che possiedono gli Stati di mettere in vigore le leggi che giudicano necessarie per regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale o per garantire il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle multe. “
A. Sull’ammissibilità
21. La Corte constata che questi motivi di appello non sono manifestamente mal fondati ai sensi dell’articolo 35 § 3 della Convenzione. Rileva peraltro che non incontrano nessun altro motivo di inammissibilità. Conviene dunque dichiararli ammissibili.
B. Sul merito
22. Il Governo reitera i suoi argomenti invocati in cause simili concernenti i ricorsi per annullamento. In particolare, pure riconoscendo che il diritto ad un processo equo implica anche il rispetto del principio della sicurezza dei rapporti giuridici e che la Corte ha sanzionato già il riesame da parte della Corte suprema di giustizia di una sentenza definitiva in seguito ad un ricorso per annullamento (Brumărescu, precitata), il Governo sottolinea che questa via di ricorso è stata annullata nel 2003 dal codice di procedimento civile.
Per ciò che riguarda il motivo di appello derivato dall’articolo 1 del Protocollo no 1, il Governo considera che l’ingerenza nel diritto di proprietà della richiedente era previsto dalla legge all’epoca dei fatti, inseguiva un scopo legittimo, ossia l’applicazione corretta della legge ed era proporzionato allo scopo previsto. Anche se l’ordinanza che aveva aggiudicato degli immobili a favore della richiedente nel conto di un credito è stata annullata in seguito al ricorso per annullamento, la società B. aveva pagato questo credito. Adduce anche che l’importo di 25 656 USD che era il prezzo dell’asta, è entrato nel patrimonio della richiedente e che questa non ha subito nessuno danno dall’accoglimento del ricorso per annullamento.
23. La richiedente sostiene che l’accoglimento del ricorso per annullamento da parte del procuratore generale, la Corte suprema di giustizia ha proceduto ad un nuovo esame della causa e che ha valutato, in modo erroneo, i documenti della pratica ed i fatti della controversia. Adduce anche che l’accoglimento del ricorso per annullamento l’ha privata del suo diritto di proprietà sugli immobili controversi.
24. La Corte ha trattato a più riprese cause che sollevano delle questioni simili a quella del presente caso in cui ha concluso alla violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1, in ragione della rimessa in causa della soluzione data in modo definitivo ad una controversia e della privazione dei richiedenti dei beni di cui beneficiavano alla conclusione del procedimento, consecutiva ad un ricorso per annullamento (vedere, tra altre, Brumărescu, precitata, §§ 61, 77 e 80, SC Maşinexportimport Industrial Group SA, precitata, §§ 32 e 46-47, e Piata Bazar Dorobanti SRL c. Romania, no 37513/03, §§ 23 e 33, 4 ottobre 2007).
25. Avendo esaminato la presente causa, la Corte considera che il Governo non ha fornito nessuno fatto né argomento convincente da poter condurre ad una conclusione differente. In particolare, rileva che la Corte suprema di giustizia, investita dal procuratore generale, ha riesaminato la causa e che, con un’interpretazione differente dei documenti versati alla pratica, ha annullato, il 22 marzo 2002, la sentenza resa in ultima istanza il 16 marzo 2001 dal tribunale dipartimentale di Buzău che aveva confermato l’aggiudicazione definitiva degli immobili a favore della richiedente.
26. Alla vista di ciò che precede e degli elementi della pratica, la Corte conclude che l’annullamento da parte della Corte suprema di giustizia della decisione definitiva precitata ha infranto il principio della sicurezza dei rapporti giuridici, recando offesa al diritto della richiedente ad un processo equo ed al suo diritto al rispetto dei suoi beni.
27. Di conseguenza, c’è stata violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1.
II. SULLE ALTRE VIOLAZIONI ADDOTTE
28. La richiedente si lamenta della durata del procedimento di esecuzione della decisione arbitrale, ripresa in seguito all’ammissione del ricorso per annullamento, ed in particolare del termine necessario affinché la causa venisse iscritta al ruolo (paragrafo 11 sopra).
29. Tenuto conto delle suoi conclusioni che figurano sopra ai paragrafi 24-27, la Corte stima che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza di questo motivo di appello.
30. La richiedente si lamenta anche della conclusione e della durata irragionevole del procedimento deciso dalla sentenza del 17 gennaio 2007 dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia e della mancanza di imparzialità dei giudici.
31. Tenuto conto dell’insieme degli elementi in suo possesso, e nella misura in cui è competente per conoscere delle affermazioni formulate, la Corte non ha rilevato nessuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà garantiti dagli articoli della Convenzione. Ne segue che questa parte della richiesta è manifestamente mal fondata e deve essere respinta in applicazione dell’articolo 35 §§ 3 e 4 della Convenzione.
III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE
32. Ai termini dell’articolo 41 della Convenzione,
“Se la Corte dichiara che c’è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, la Corte accorda alla parte lesa, se c’è luogo, una soddisfazione equa. “
A. Danno
33. La richiedente richiede 250 000 euro (EUR) a titolo del danno materiale che avrebbe subito, importo rappresentante il valore degli immobili controversi. La richiedente chiede inoltre 100 000 EUR per la mancanza di guadagno derivante dell’attività commerciale non svolta. Non chiede alcun risarcimento per il suo eventuale danno morale.
Il 3 settembre 2008, prima delle sue osservazioni sull’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, la richiedente ha mandato una perizia del maggio 2001 attestante un valore degli immobili di 4 568 401 901 lei rumeni (ROL), o circa 183 400 EUR a questa data.
34. Il Governo reitera le sue osservazioni sul merito della causa e conclude che la richiedente ha ricevuto il prezzo dell’asta pubblica e che non ha subito nessuno danno. Considera che la richiedente non ha versato alla pratica dei giustificativa per il valore degli immobili o per la mancanza di guadagno.
Il 29 settembre 2008, prima delle sue osservazioni sull’applicazione dell’articolo 41 della Convenzione, il Governo ha mandato una perizia del settembre 2008 secondo la quale il prezzo degli immobili ammontava a 323 780 EUR senza IVA.
35. La Corte ricorda che una sentenza che constata una violazione provoca per lo stato convenuto l’obbligo giuridico, allo sguardo della Convenzione, di mettere un termine alla violazione e di cancellarne le conseguenze. Se il diritto interno permette di cancellare solo imperfettamente le conseguenze di questa violazione, l’articolo 41 della Convenzione conferisce alla Corte il potere di accordare un risarcimento alla parte lesa dall’atto o dall’omissione a proposito dei quali una violazione della Convenzione è stata constatata. Nell’esercizio di questo potere, dispone di una certa latitudine; l’aggettivo “equo” e la parte della frase “se c’è luogo” lo testimoniano.
36. La Corte stima, nelle circostanze dello specifico, che il pagamento del valore reale del bene controverso aggiudicato a favore della richiedente e confermato dalla sentenza definitiva del 16 marzo 2001 del tribunale dipartimentale di Buzău porrebbe per quanto possibile la richiedente in una situazione equivalente a quella in cui si troverebbe se le esigenze degli articoli 6 della Convenzione e 1 del Protocollo no 1 non fossero stati ignorati.
A questo riguardo e tenuto conto degli elementi della pratica, la Corte stima che c’è luogo di assegnare alla richiedente 250 000 EUR a titolo del danno materiale.
37. Trattandosi tuttavia della mancanza al guadagno causato presumibilmente dall’impossibilità di godere degli immobili, la Corte osserva che la richiedente non ha corredato le sue pretese dei giustificative pertinenti che avrebbero permesso alla Corte di stabilire il valore del danno addotto. Non c’è dunque luogo di accordare alla richiedente un’indennità a questo titolo (Dragne ed altri c. Romania (soddisfazione equa), no 78047/01, § 18, 16 novembre 2006).
B. Oneri e spese
38. La richiedente non sollecita nessuna somma a questo titolo.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,
1. Dichiara la richiesta ammissibile in quanto ai motivi di appello tratti dall’articolo 6 § 1 della Convenzione concernenti la sicurezza dei rapporti giuridici e dell’articolo 1 del Protocollo no 1, ed inammissibile per i motivi di appello legati al procedimento deciso dalla sentenza del 17 gennaio 2007 dell’Alta Corte di cassazione e di giustizia;
2. Stabilisce che c’è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione in ragione della mancata osservanza del principio della sicurezza dei rapporti giuridici e dell’articolo 1 del Protocollo no 1;
3. Stabilisce che non c’è luogo di deliberare sull’ammissibilità e la fondatezza del motivo di appello della durata del procedimento di esecuzione ripresa in seguito all’ammissione del ricorso per annullamento;
4. Stabilisce
a) che lo stato convenuto deve versare alla richiedente, nei tre mesi a contare dal giorno in cui la sentenza sarà diventata definitiva in virtù dell’articolo 44 § 2 della Convenzione, 250 000 EUR (due cento cinquantamila euro) da convertire nella moneta dello stato convenuto al tasso applicabile in data dell’ordinamento, per danno materiale, più ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta;
b) che a contare dalla scadenza di suddetto termine e fino al versamento, questo importo sarà da aumentare di un interesse semplice ad un tasso uguale a quello della facilità di prestito marginale della Banca centrale europea applicabile durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuale;
5. Respinge la domanda di soddisfazione equa per il surplus.
Fatto in francese, poi comunicato per iscritto il 22 settembre 2009, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 dell’ordinamento.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Cancelliere Presidente

Testo Tradotto

TROISIÈME SECTION
AFFAIRE S.C. CONCORDIA INTERNAŢIONAL S.R.L. CONSTANŢA c. ROUMANIE
(Requête no 38969/02)
ARRÊT
STRASBOURG
22 septembre 2009
Cet arrêt deviendra définitif dans les conditions définies à l’article 44 § 2 de la Convention. Il peut subir des retouches de forme.

En l’affaire S.C. Concordia Internaţional S.R.L. Constanţa c. Roumanie,
La Cour européenne des droits de l’homme (troisième section), siégeant en une chambre composée de :
Josep Casadevall, président,
Elisabet Fura,
Corneliu Bîrsan,
Alvina Gyulumyan,
Egbert Myjer,
Ineta Ziemele,
Ann Power, juges,
et de Santiago Quesada, greffier de section,
Après en avoir délibéré en chambre du conseil le 1er septembre 2009,
Rend l’arrêt que voici, adopté à cette date :
PROCÉDURE
1. A l’origine de l’affaire se trouve une requête (no 38969/02) dirigée contre la Roumanie et dont une société commerciale roumaine, S.C. C. I. S.R.L. C. (« la requérante »), a saisi la Cour le 19 septembre 2002 en vertu de l’article 34 de la Convention de sauvegarde des droits de l’homme et des libertés fondamentales (« la Convention »).
2. La requérante est représentée par Mme M I., avocat à Buzău. Le gouvernement roumain (« le Gouvernement ») est représenté par son agent, M. Răzvan-Horaţiu Radu, du ministère des Affaires étrangères.
3. Le 2 juin 2008, le président de la troisième section a décidé de communiquer la requête au Gouvernement. Comme le permet l’article 29 § 3 de la Convention, il a en outre été décidé que la chambre se prononcerait en même temps sur la recevabilité et le fond.
EN FAIT
I. LES CIRCONSTANCES DE L’ESPÈCE
4. La société requérante est une société à responsabilité limitée constituée en 1994 et ayant son siège à Constanţa.
5. Par un jugement définitif du 29 septembre 1999, la Cour d’arbitrage commercial international près la Chambre de commerce et d’industrie de Roumanie accueillit une action entamée par la requérante contre la société B., et ordonna à la dernière de lui payer 26 394,87 dollars américains (USD) au taux applicable à la date du règlement et 21 758 387 lei roumains (ROL) au titre des frais d’arbitrage.
La décision arbitrale fut investie de la formule exécutoire.
6. Le 17 novembre 1999, la requérante demanda l’exécution devant le tribunal départemental de Buzău. Par la suite, l’huissier de justice auprès du tribunal départemental assigna par deux commandements la société B. à payer. Faute pour la société de payer, les immeubles prévus dans les commandements furent mises aux enchères.
7. Par une ordonnance d’adjudication du 27 décembre 2000, le tribunal de première instance de Pătârlagele adjudiqua définitivement les immeubles en faveur de la requérante et certifia qu’elle avait payé le prix de l’enchère de 654 750 000 ROL, soit environ 25 656 USD.
8. Par un arrêt définitif du 16 mars 2001, le tribunal départemental de Buzău confirma l’adjudication.
9. Le prix fut distribué aux créditeurs et la requérante reçut 87%.
10. Le droit de propriété de la requérante fut inscrit dans le registre foncier et le 31 mai 2001 elle fut mise en possession desdits immeubles.
11. Sur recours en annulation formé par le procureur général de la Roumanie, par un arrêt du 22 mars 2002, la Cour suprême de justice cassa l’arrêt du 16 mars 2001 et l’ordonnance d’adjudication du 27 décembre 2000 et renvoya l’affaire devant le tribunal de première instance de Pătârlagele. Elle jugea que les deux décisions avaient méconnu plusieurs dispositions légales liées à l’exécution forcée des immeubles.
Le dossier fut renvoyé au tribunal de première instance le 22 janvier 2003 et le dernier l’inscrivit à son rôle le 8 septembre 2003.
Par décision du 11 novembre 2003, à la suite des changements législatifs intervenus en matière d’exécution forcée des immeubles, l’affaire fut rayée du rôle du tribunal de première instance pour être renvoyée à l’huissier de justice, qui avait la compétence pour organiser des ventes aux enchères et de dresser à cet égard l’acte d’adjudication. Il ressort des pièces du dossier que le dossier d’exécution est actuellement suspendu.
12. Le 24 avril 2002, la société B. forma une action en référé tendant à sa réintégration dans ses immeubles. L’action fut accueillie par une décision exécutoire du 25 avril 2002 et le lendemain la société B. fut réintégrée dans les immeubles.
13. Le 16 mai 2002, la société B. introduisit une action contre la requérante pour qu’elle soit remise dans la situation antérieure à l’ordonnance d’adjudication. Par un jugement du 15 juillet 2002, devenu définitif à la suite de l’annulation de l’appel de la requérante pour défaut de paiement du droit de timbre, le tribunal de première instance de Pătârlagele ordonna la remise des parties dans la situation antérieure et la radiation du droit de propriété de la requérante. Dans ses considérants, le tribunal confirma aussi que la société B. avait acquitté intégralement la créance de 26 394,87 USD et 21 758 387 ROL et considéra que la remise des parties dans la situation antérieure impliquait que la société B. recouvrera la propriété des biens et que la requérante encaissera les somme consignées à son nom.
14. Sur recours de la requérante contre la décision du 25 avril 2002 (paragraphe 12 ci-dessus), le tribunal départemental de Buzău cassa cette décision et renvoya l’affaire devant la section commerciale du tribunal départemental. Sur demande des parties, le tribunal joignit l’affaire avec une nouvelle demande de la requérante par laquelle elle réclamait l’expulsion de la société B. La requérante demanda en subsidiaire le prix de l’enchère et les dépens pour la conservation des immeubles. Les parties convinrent également de continuer le jugement en vertu du droit commun.
15. Par un jugement exécutoire du 7 octobre 2003, le tribunal départemental considéra que les demandes tendant à la réintégration et à l’expulsion étaient restées sans objet, mais obligea la société B. à payer 25 656 USD pour le prix de l’enchère, ainsi que les dépens de conservation.
16. Le 27 février 2004, la cour d’appel de Ploieşti accueillit l’appel de la société B. et rejeta la demande de la requérante pour récupérer le prix de l’enchère et les dépens de conservation. Elle constata que la société B. avait payé la créance et que ce montant est resté dans le patrimoine de la requérante même après que la société B. fut réintégrée dans ses immeubles.
17. Par un arrêt définitif du 5 avril 2005, la Haute Cour de cassation et de justice (l’ancienne Cour suprême de justice) accueillit le recours de la requérante et constata que la société avait payée la créance. Elle estima en outre que le prix de l’enchère était différent de cette créance et que suite à l’annulation de l’enchère et à un retour des parties dans la situation antérieure, la requérante devrait recevoir le prix de l’enchère.
18. Le 15 mars 2006, la Haute Cour accueillit la contestation en annulation de la société B., annula l’arrêt du 5 avril 2005 et fixa un nouveau délai pour le jugement du recours. Une demande de récusation de la formation de jugement faite par la requérante fut rejetée. Sur demande de la requérante, le Conseil supérieur de la magistrature confirma l’inexistence des faits qui pourraient faire l’objet d’une responsabilité disciplinaire.
Le 17 janvier 2007, la Haute Cour rejeta comme mal fondé le recours de la requérante contre le jugement du 27 février 2004.
II. LE DROIT ET LA PRATIQUE INTERNES PERTINENTS
19. Les dispositions légales et la jurisprudence internes pertinentes sont décrites dans l’arrêt Brumărescu c. Roumanie ([GC], no 28342/95, §§ 31-44, CEDH 1999-VII) et SC Maşinexportimport Industrial Group SA c. Roumanie (no 22687/03, § 22, 1er décembre 2005).
EN DROIT
I. SUR LES VIOLATIONS ALLÉGUÉES DES ARTICLES 6 § 1 DE LA CONVENTION ET 1 DU PROTOCOLE No 1
20. La requérante allègue que l’annulation de l’arrêt définitif du tribunal départemental de Buzău du 16 mars 2001 par l’admission du recours en annulation introduit par le procureur général a porté atteinte au principe de la sécurité des rapports juridiques et à son droit au respect des biens. Elle invoque les articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, ainsi libellés dans leurs parties pertinentes :
Article 6 § 1
« Toute personne a droit à ce que sa cause soit entendue équitablement (…) par un tribunal indépendant et impartial (…), qui décidera (…) des contestations sur ses droits et obligations de caractère civil (…) »
Article 1 du Protocole no 1
« Toute personne physique ou morale a droit au respect de ses biens. Nul ne peut être privé de sa propriété que pour cause d’utilité publique et dans les conditions prévues par la loi et les principes généraux du droit international.
Les dispositions précédentes ne portent pas atteinte au droit que possèdent les Etats de mettre en vigueur les lois qu’ils jugent nécessaires pour réglementer l’usage des biens conformément à l’intérêt général ou pour assurer le paiement des impôts ou d’autres contributions ou des amendes. »
A. Sur la recevabilité
21. La Cour constate que ces griefs ne sont pas manifestement mal fondés au sens de l’article 35 § 3 de la Convention. Elle relève par ailleurs qu’ils ne se heurtent à aucun autre motif d’irrecevabilité. Il convient donc de les déclarer recevables.
B. Sur le fond
22. Le Gouvernement réitère ses arguments invoqués dans des affaires similaires concernant des recours en annulation. En particulier, tout en reconnaissant que le droit à un procès équitable implique également le respect du principe de la sécurité des rapports juridiques et que la Cour a déjà sanctionné le réexamen par la Cour suprême de justice d’un arrêt définitif à la suite d’un recours en annulation (Brumărescu, précité), le Gouvernement souligne que cette voie de recours a été supprimée en 2003 du code de procédure civile.
En ce qui concerne le grief tiré de l’article 1 du Protocole no 1, le Gouvernement considère que l’ingérence dans le droit de propriété de la requérante était prévue par la loi à l’époque des faits, poursuivait un but légitime, à savoir l’application correcte de la loi et était proportionnée au but visé. Même si l’ordonnance qui avait adjudiqué des immeubles en faveur de la requérante dans le compte d’une créance a été annulée suite au recours en annulation, la société B. avait payé cette créance. Il allègue également que le montant de 25 656 USD, qui était le prix de l’enchère, est entré dans le patrimoine de la requérante et que celle-ci n’a subi aucun préjudice par l’accueil du recours en annulation.
23. La requérante soutient qu’en accueillant le recours en annulation du procureur général, la Cour suprême de justice a procédé à un nouvel examen de l’affaire et qu’elle a évalué, de façon erronée, les pièces du dossier et les faits du litige. Elle allègue également que l’accueil du recours en annulation l’a privé de son droit de propriété sur les immeubles litigieux.
24. La Cour a traité à maintes reprises d’affaires soulevant des questions semblables à celle de la présente espèce, dans lesquelles elle a conclu à la violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1, en raison de la remise en cause de la solution donnée de manière définitive à un litige et de la privation des requérants des biens dont ils bénéficiaient à l’issue de la procédure, consécutives à un recours en annulation (voir, entre autres, Brumărescu, précité, §§ 61, 77 et 80, SC Maşinexportimport Industrial Group SA, précité, §§ 32 et 46-47, et Piata Bazar Dorobanti SRL c. Roumanie, no 37513/03, §§ 23 et 33, 4 octobre 2007).
25. Ayant examiné la présente affaire, la Cour considère que le Gouvernement n’a fourni aucun fait ni argument convaincant pouvant mener à une conclusion différente. En particulier, elle relève que la Cour suprême de justice, saisie par le procureur général, a réexaminé l’affaire et que, par une interprétation différente des pièces versées au dossier, elle a annulé, le 22 mars 2002, l’arrêt rendu en dernier ressort le 16 mars 2001 par le tribunal départemental de Buzău qui avait confirmé l’adjudication définitive des immeubles en faveur de la requérante.
26. Au vu de ce qui précède et des éléments du dossier, la Cour conclut que l’annulation par la Cour suprême de justice de la décision définitive précitée a enfreint le principe de la sécurité des rapports juridiques, portant atteinte au droit de la requérante à un procès équitable et à son droit au respect de ses biens.
27. Par conséquent, il y a eu violation des articles 6 § 1 de la Convention et 1 du Protocole no 1.
II. SUR LES AUTRES VIOLATIONS ALLÉGUÉES
28. La requérante se plaint de la durée de la procédure d’exécution de la décision arbitrale, reprise suite à l’admission du recours en annulation, et en particulier du délai nécessaire pour que l’affaire soit inscrite au rôle (paragraphe 11 ci-dessus).
29. Compte tenu de ses conclusions figurant aux paragraphes 24-27 ci-dessus, la Cour estime qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé de ce grief.
30. La requérante se plaint également de l’issue et de la durée déraisonnable de la procédure tranchée par l’arrêt du 17 janvier 2007 de la Haute Cour de cassation et de justice et du manque d’impartialité des juges.
31. Compte tenu de l’ensemble des éléments en sa possession, et dans la mesure où elle est compétente pour connaître des allégations formulées, la Cour n’a relevé aucune apparence de violation des droits et libertés garantis par les articles de la Convention. Il s’ensuit que cette partie de la requête est manifestement mal fondée et doit être rejetée en application de l’article 35 §§ 3 et 4 de la Convention.
III. SUR L’APPLICATION DE L’ARTICLE 41 DE LA CONVENTION
32. Aux termes de l’article 41 de la Convention,
« Si la Cour déclare qu’il y a eu violation de la Convention ou de ses Protocoles, et si le droit interne de la Haute Partie contractante ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, la Cour accorde à la partie lésée, s’il y a lieu, une satisfaction équitable. »
A. Dommage
33. La requérante réclame 250 000 euros (EUR) au titre du préjudice matériel qu’elle aurait subi, montant représentant la valeur des immeubles litigieux. La requérante demande en outre 100 000 EUR pour le manque à gagner découlant de l’activité commerciale non déroulée. Elle ne demande pas de réparation pour son éventuel préjudice moral.
Le 3 septembre 2008, avant ses observations sur l’application de l’article 41 de la Convention, la requérante a envoyé une expertise de mai 2001 qui atteste une valeur des immeubles de 4 568 401 901 lei roumains (ROL), soit environ 183 400 EUR à cette date.
34. Le Gouvernement réitère ses observations sur le fond de l’affaire et conclut que la requérante a reçu le prix de la vente aux enchères et qu’elle n’a subi aucun préjudice. Il considère que la requérante n’a pas versé au dossier des justificatifs pour la valeur des immeubles ou pour le manque à gagner.
Le 29 septembre 2008, avant ses observations sur l’application de l’article 41 de la Convention, le Gouvernement a envoyé une expertise de septembre 2008 selon laquelle le prix des immeubles s’élevait à 323 780 EUR sans TVA.
35. La Cour rappelle qu’un arrêt constatant une violation entraîne pour l’Etat défendeur l’obligation juridique, au regard de la Convention, de mettre un terme à la violation et d’en effacer les conséquences. Si le droit interne ne permet d’effacer qu’imparfaitement les conséquences de cette violation, l’article 41 de la Convention confère à la Cour le pouvoir d’accorder une réparation à la partie lésée par l’acte ou l’omission à propos desquels une violation de la Convention a été constatée. Dans l’exercice de ce pouvoir, elle dispose d’une certaine latitude ; l’adjectif « équitable » et la partie de la phrase « s’il y a lieu » en témoignent.
36. La Cour estime, dans les circonstances de l’espèce, que le paiement de la valeur actuelle du bien litigieux adjudiqué en faveur de la requérante et confirmé par l’arrêt définitif du 16 mars 2001 du tribunal départemental de Buzău placerait la requérante autant que possible dans une situation équivalente à celle où elle se trouverait si les exigences des articles 6 de la Convention et 1 du Protocole no 1 n’avaient pas été méconnues.
A cet égard et compte tenu des éléments du dossier, la Cour estime qu’il y a lieu d’allouer à la requérante 250 000 EUR au titre du préjudice matériel.
37. S’agissant pourtant du manque à gagner prétendument causé par l’impossibilité de jouir des immeubles, la Cour observe que la requérante n’a pas accompagné ses prétentions des justificatifs pertinents qui auraient permis à la Cour d’établir la valeur du préjudice allégué. Il n’y a donc pas lieu d’accorder à la requérante une indemnité à ce titre (Dragne et autres c. Roumanie (satisfaction équitable), no 78047/01, § 18, 16 novembre 2006).
B. Frais et dépens
38. La requérante ne sollicite aucune somme à ce titre.
PAR CES MOTIFS, LA COUR, À L’UNANIMITÉ,
1. Déclare la requête recevable quant aux griefs tirés de l’article 6 § 1 de la Convention concernant la sécurité des rapports juridiques et de l’article 1 du Protocole no 1, et irrecevable pour les griefs liés à la procédure tranchée par l’arrêt du 17 janvier 2007 de la Haute Cour de cassation et de justice ;
2. Dit qu’il y a eu violation de l’article 6 § 1 de la Convention en raison du non-respect du principe de la sécurité des rapports juridiques et de l’article 1 du Protocole no 1 ;
3. Dit qu’il n’y a pas lieu de statuer sur la recevabilité et le bien-fondé du grief de la durée de la procédure d’exécution reprise suite à l’admission du recours en annulation ;
4. Dit
a) que l’Etat défendeur doit verser à la requérante, dans les trois mois à compter du jour où l’arrêt sera devenu définitif en vertu de l’article 44 § 2 de la Convention, 250 000 EUR (deux cent cinquante mille euros) à convertir dans la monnaie de l’Etat défendeur au taux applicable à la date du règlement, pour dommage matériel, plus tout montant pouvant être dû à titre d’impôt ;
b) qu’à compter de l’expiration dudit délai et jusqu’au versement, ce montant sera à majorer d’un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
5. Rejette la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
Fait en français, puis communiqué par écrit le 22 septembre 2009, en application de l’article 77 §§ 2 et 3 du règlement.
Santiago Quesada Josep Casadevall
Greffier Président

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