TERZA SEZIONE
AFFAIRE S.A. BIO D’ARDENNES contro BELGIO
(Applicazione n. 44457/11)
Art. 1 P 1 – Regolamentazione dell’uso dei beni – Rifiuto di indennizzo per l’abbattimento di bovini malati a causa del mancato rispetto degli obblighi sanitari – Nessun onere speciale o esorbitante per il proprietario
STRASBURGO
12 novembre 2019
Tale sentenza diventa definitiva alle condizioni previste dall’articolo 44 ? 2 della Convenzione. Pu? essere soggetta a modifiche editoriali.
Nel caso di S.A. Bio d’Ardennes contro il Belgio,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (Terza Sezione), composta da :
Georgios A. Serghides, Presidente,
Paul Lemmens,
Paulo Pinto de Albuquerque,
Alena Pol??kov?,
Mar?a El?segui,
Gilberto Felici,
Erik Wennerstr?m, giudici,
e Stephen Phillips, impiegato della sezione,
Dopo la delibera nelle camere di consiglio del 15 ottobre 2019,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:
PROCEDURA
1. La causa ha avuto origine in un ricorso (n. 44457/11) contro il Regno del Belgio, presentato alla Corte il 14 luglio 2011 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libert? fondamentali (“la Convenzione”) da Bio d’Ardennes, una societ? per azioni (S.A.) di diritto belga (“il ricorrente”).
2. La ricorrente era rappresentata dagli avv.ti J. Gollier e L. Cornelis, con domicilio eletto in Bruxelles. Il governo belga (“il governo”) era rappresentato dal suo agente, la sig.ra I. Niedlispacher, del Servizio pubblico federale di giustizia.
3. La ricorrente sostiene che il rifiuto di concederle un indennizzo a seguito dell’ordine di macellazione di 253 bovini ha costituito un’ingerenza sproporzionata nel suo diritto al rispetto dei suoi beni, garantito dall’art. 1 del protocollo n. 1 della Convenzione.
4. Il 28 maggio 2018 la domanda ? stata comunicata al Governo.
IN FATTO
LE CIRCOSTANZE DEL CASO
5. La ricorrente ? una societ? per azioni di diritto belga con sede a Bastogne.
Il contesto della macellazione del bestiame
6. Il richiedente ? un produttore di carne bovina. Gestisce due centri di ingrasso del bestiame, uno a Marchovelette e l’altro a Rillaar.
7. Nel luglio e nell’agosto 1998, la ricorrente ha acquistato da un commerciante belga, rispettivamente, 27 e 62 bovini di origine portoghese, che ha introdotto nella sua azienda a Marchovelette.
8. Tra l’ottobre 1998 e il luglio 1999 diversi vitelli che erano stati abortiti nell’azienda Marchovelette hanno dovuto essere eliminati dall’impianto di fusione. Tali vitelli non sono stati analizzati o dichiarati all’ispettorato veterinario, in contrasto con gli obblighi previsti dal regio decreto del 6 dicembre 1978 sul controllo della brucellosi bovina, una malattia infettiva dei bovini.
9. Il 22 gennaio 2000, 56 bovini sono stati trasferiti dall’azienda Marchovelette all’azienda Rillaar.
10. Con lettera 10 marzo 2000, l’ispettore veterinario ha notificato alla societ? ricorrente un focolaio di brucellosi nella mandria Marchovelette ed ? stato emesso un ordine di macellazione dei 116 bovini presenti nell’azienda.
11. Il 22 marzo 2000 ? stato emesso un ordine di macellazione supplementare per due bovini appena nati e i 118 bovini sono stati macellati.
12. Lo stesso giorno ? stato rilevato un altro focolaio di brucellosi nella mandria di Rillaar ed ? stato emesso un ordine di macellazione per i 59 bovini dell’azienda. Questi bovini sono stati effettivamente macellati.
13. Con lettera 7 aprile 2000, l’ispettore veterinario ha confermato alla societ? ricorrente che i pascoli adiacenti all’azienda Marchovelette potevano accogliere bovini solo dopo l’emanazione ufficiale delle misure restrittive imposte, vale a dire la pulizia, la disinfezione, il deposito separato del letame fino al 1o giugno 2000 e la sua rimozione, l’ulteriore disinfezione e la constatazione da parte dell’ispettorato veterinario che tali misure erano state correttamente eseguite.
14. Nella notte tra il 27 e il 28 aprile 2000, l’azienda richiedente ha introdotto 76 nuovi capi di bestiame nei pascoli dell’azienda Marchovelette.
15. Il 28 aprile 2000 l’ispettore veterinario ha redatto un rapporto che registrava tali eventi, i 76 bovini sono stati sequestrati ai sensi dell’articolo 21 della legge del 24 marzo 1987 sulla salute degli animali e per essi ? stato emesso un ordine di macellazione. Questi bovini sono stati effettivamente macellati.
16. Con lettera del 20 giugno 2000, la revoca delle misure ? stata notificata all’ufficiale sanitario della societ? richiedente.
17. Il 26 luglio 2000 i servizi veterinari dell’Amministrazione per la salute degli animali e la qualit? dei prodotti animali del Ministero delle piccole e medie imprese e dell’agricoltura (succeduto nel 2003 all’Agenzia federale per la sicurezza della catena alimentare, “l’AFSCA”) hanno rifiutato il pagamento dell’indennizzo per l’abbattimento dei 253 bovini in base all’articolo 23, paragrafo 3, del regio decreto del 6 dicembre 1978 sul controllo della brucellosi bovina. Essi hanno constatato che la ricorrente aveva commesso numerose violazioni, in particolare degli artt. 3, 4, 7 e 9 del regio decreto 6 dicembre 1978 (successivo punto 29). I servizi veterinari hanno rilevato che le infrazioni commesse avevano determinato o avrebbero potuto determinare la diffusione della contaminazione all’intera mandria di Marchovelette o ai bovini introdotti illegalmente nel focolaio prima dell’autorizzazione al ripopolamento o ad altre mandrie e alle aziende limitrofe, nonch? un rischio di trasmissione della brucellosi al personale impiegato dalla ricorrente a seguito della manipolazione di bovini che avevano abortito a causa della brucellosi.
Il procedimento di risarcimento
18. L’8 dicembre 2001 la ricorrente ha notificato allo Stato belga un atto di citazione a comparire dinanzi al Tribunale di primo grado di Neufch?teau per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’abbattimento ordinato dei 253 bovini. Ha valutato la sua perdita a 275 037,85 EUR (EUR). In particolare, ha sostenuto che lo Stato belga ha commesso una serie di infrazioni senza le quali non avrebbe acquistato i bovini di origine portoghese (punto 7) e senza le quali non avrebbe quindi subito i danni derivanti dalla loro macellazione. Essa ha inoltre sostenuto che la politica di macellazione sistematica adottata dallo Stato senza alcun risarcimento costituisce un’ingerenza sproporzionata nel diritto di propriet? e negli interessi economici del richiedente, come garantito dall’articolo 1 del protocollo n. 1 della Convenzione.
19. Nel novembre 2003, l’AFSCA ? subentrata allo Stato belga nel procedimento.
20. Con atto di citazione del 23 febbraio 2006, la ricorrente ha proposto un ricorso contro la Dierengezondheidszorg Vlaanderen (in prosieguo: la “DGZ”), un’associazione riconosciuta per il controllo delle malattie animali, per un intervento forzato al fine di ottenere il risarcimento dei suoi danni. Essa ha sostenuto che tale associazione, responsabile dell’attuazione di talune parti della normativa applicabile, aveva commesso una serie di violazioni, in particolare del suo obbligo di informazione, senza le quali la ricorrente non avrebbe acquistato i bovini di origine portoghese.
21. Il 23 febbraio 2007 il Tribunale di primo grado di Neufch?teau ha respinto tutte le domande della ricorrente. Essa ha ritenuto che l’AFSCA non avesse commesso alcuna colpa nella gestione della brucellosi, che avesse rispettato le disposizioni di legge e che il diniego di risarcimento fosse giustificato alla luce delle numerose violazioni commesse dalla ricorrente. Il giudice ha ritenuto che la colpa della DGZ non fosse causalmente connessa al danno asserito dalla ricorrente. Per quanto riguarda l’art. 1 del Protocollo n. 1, il giudice di primo grado ha ritenuto che non si trattasse di una privazione della propriet? in quanto il bestiame rimaneva di propriet? del richiedente, che poteva venderlo a prezzi di macellazione, e che non vi fosse quindi alcuna violazione della disposizione invocata. Anche se ? stata ammessa una privazione di propriet?, le condizioni che consentono una tale privazione erano soddisfatte: le decisioni dell’AFSCA erano conformi alla legge, erano di interesse pubblico e il rifiuto del risarcimento era legato al comportamento del richiedente ed era proporzionato agli obblighi dell’agricoltore in considerazione della gravit? dei problemi connessi alla brucellosi.
22. Il 18 dicembre 2008 la Corte d’Appello di Liegi ha confermato la sentenza di primo grado. Essa ha ritenuto che la condotta adottata dall’AFSCA e il suo rifiuto di pagare il risarcimento fossero interferenze in conformit? con i requisiti di legalit?, finalit? legittime e giusto equilibrio.
23. Con sentenza del 20 gennaio 2011, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza nella parte in cui si ? pronunciata sulla responsabilit? della DGZ, ha respinto il ricorso per il resto e ha rinviato la causa, cos? limitata, alla Corte d’Appello di mons. Nella misura in cui il ricorso era diretto contro l’AFSCA, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza della Corte d’appello avesse giustificato giuridicamente la sua decisione di privare il ricorrente del diritto al risarcimento del danno.
Il procedimento successivo alla presentazione del ricorso
24. Con sentenza del 26 ottobre 2012, la Corte d’Appello di Mons ha dichiarato che, se non fosse stato per i difetti della DGZ, il ricorrente non avrebbe subito il danno derivante dalla perdita dei 27 bovini che facevano parte del primo lotto consegnato nel luglio 1998 (cfr. punto 7) e poi macellati senza risarcimento. La Corte d’appello ha dichiarato che la ricorrente non ha dimostrato che senza gli errori della DGZ il danno derivante dalla perdita degli altri 226 capi di bestiame non si sarebbe verificato.
25. Con sentenza del 22 febbraio 2013, la Corte d’Appello di Mons ha condannato la DGZ al pagamento della somma di EUR 29 058,48, corrispondente al valore dei 27 bovini abbattuti.
26. Sia la ricorrente che la DGZ hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione.
27. Con sentenza del 22 settembre 2016, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla DGZ. Ha accolto uno dei motivi dedotti dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione e ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Mons del 26 ottobre 2012 nella parte in cui si ? pronunciata sulla domanda della ricorrente di risarcimento per la perdita di 62 capi di bestiame che facevano parte del secondo lotto consegnato nell’agosto 1998 (punto 7). Il caso, cos? limitato, ? stato rinviato alla Corte d’appello di Bruxelles.
28. Al fine di limitare le spese di prosecuzione del procedimento, la ricorrente e la DGZ hanno raggiunto un accordo amichevole in base al quale la DGZ ha versato alla ricorrente un risarcimento forfettario di EUR 55 000 per la perdita dei 62 bovini interessati, rinunciando, senza alcun riconoscimento pregiudizievole, a tale parte del suo credito.
IL DIRITTO NAZIONALE PERTINENTE
Gli obblighi degli allevatori nell’ambito del controllo della brucellosi bovina
29. Al fine di prevenire la diffusione della brucellosi bovina, il regio decreto del 6 dicembre 1978 sul controllo della brucellosi bovina stabilisce una serie di obblighi per gli allevatori. In particolare, il responsabile dell’azienda ? tenuto a informare immediatamente l’ispettore veterinario se sospetta l’esistenza di brucellosi in un bovino (articolo 3, paragrafo 1). Non appena si accorge di un aborto o di sintomi precursori di un aborto o successivi in uno dei suoi bovini, ? tenuto a isolarlo e a farlo esaminare entro 48 ore da un veterinario abilitato (art. 4). Inoltre, conformemente all’articolo 7 ? 1 del regio decreto, non appena il responsabile dei bovini viene a conoscenza o non appena viene ufficialmente informato dall’ispettore veterinario o dal medico veterinario del sospetto di brucellosi, l’azienda interessata ? soggetta a una serie di misure in attesa dei risultati degli esami : l’allevamento ? posto sotto la sorveglianza dell’ispettore veterinario; i bovini sospetti di brucellosi sono isolati; ? vietato qualsiasi movimento di bovini da o verso l’azienda, ad eccezione del trasferimento diretto dei bovini al macello per la macellazione immediata; il responsabile ? tenuto ad effettuare regolarmente la pulizia e la disinfezione dei locali e dei luoghi occupati dai bovini sospetti di brucellosi. Non appena gli esami effettuati confermano l’esistenza della brucellosi, l’azienda ? considerata come un focolaio e sono vietati i movimenti di bovini verso o dal focolaio (articolo 9, paragrafo 3).
Diritto all’indennizzo per il controllo della brucellosi bovina
30. Nella versione applicabile all’epoca, l’articolo 23 ? 1 del Regio Decreto del 6 dicembre 1978 prevedeva che l’indennizzo fosse concesso al responsabile dell’azienda in caso di macellazione di un bovino secondo le disposizioni del suddetto Regio Decreto, nei limiti degli stanziamenti di bilancio. Il comma 3 dello stesso articolo prevedeva che l’avente diritto perdesse ogni beneficio del risarcimento se avesse violato le disposizioni del decreto o se avesse violato le istruzioni impartite dall’ispettore veterinario in esecuzione del decreto.
Azione per responsabilit? civile contro lo Stato
31. L’azione di risarcimento danni contro lo Stato per colpa di uno dei suoi organi pu? essere proposta sulla base delle seguenti disposizioni del Codice Civile, che costituiscono il diritto comune della responsabilit? civile:
Articolo 1382
“Ogni atto dell’uomo, che provoca un danno ad un altro, obbliga colui che l’ha compiuto a ripararlo. ?
Articolo 1383
“Ognuno ? responsabile dei danni che ha causato, non solo per il proprio atto, ma anche per la propria negligenza o imprudenza. ?
Azione per il risarcimento di danni eccezionali dinanzi al Consiglio di Stato
32. All’epoca dei fatti, l’articolo 11 della legge sul Consiglio di Stato, coordinato il 12 gennaio 1973, prevedeva che, in mancanza di un altro tribunale competente, la Divisione amministrativa del Consiglio di Stato si pronunciasse con equit?, tenendo conto di tutte le circostanze di interesse pubblico e privato, sulle richieste di risarcimento di danni eccezionali, morali o materiali, causati da un’autorit? amministrativa. La suddetta disposizione specifica che la richiesta ? ammissibile solo dopo che l’autorit? amministrativa in questione ha respinto una richiesta di risarcimento in tutto o in parte o non si ? pronunciata per sessanta giorni.
IN DIRITTO
SULL’ALLEGATO VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1 DELLA CONVENZIONE
33. La ricorrente sostiene che il rifiuto di concederle un indennizzo per l’abbattimento del bestiame ha costituito un’ingerenza sproporzionata nel suo diritto al rispetto dei suoi beni, garantito dall’art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione, che recita come segue:
“Ogni persona fisica o giuridica ha il diritto al rispetto della sua propriet?. Nessuno pu? essere privato dei suoi beni se non nell’interesse pubblico e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.
Le disposizioni che precedono non pregiudicano il diritto degli Stati di emanare le leggi che ritengono necessarie per regolamentare l’uso dei beni in conformit? all’interesse pubblico o per assicurare il pagamento di tasse o altri contributi o multe. ?
Sulla ricevibilit?
L’eccezione sollevata dal Governo
34. Il Governo solleva un’eccezione basata sulla non esaurimento dei rimedi interni, poich? la ricorrente non aveva presentato una richiesta di risarcimento al Consiglio di Stato ai sensi dell’articolo 11 delle leggi sul Consiglio di Stato (paragrafo 32 di cui sopra). Il Governo ha sostenuto che il fatto che la ricorrente avesse scelto il ricorso giurisdizionale non significava che avesse perso il diritto di comparire dinanzi al Consiglio di Stato, tanto pi? che i tribunali nazionali avevano stabilito che non vi era alcuna colpa da parte dell’AFSCA. Egli fornisce un esempio di sentenza emessa dal Consiglio di Stato in un caso che considera simile al presente per dimostrare l’efficacia del ricorso.
35. La ricorrente sostiene che tale procedura ? residuale rispetto alla competenza dei tribunali a risarcire a terzi le violazioni illecite e illecite causate dalle autorit? amministrative. Il Consiglio di Stato ? competente solo se l’azione dell’autorit? interessata ? legittima e senza colpa, cosa che, a suo parere, non ? avvenuta nel caso in questione. Inoltre, in tali casi, il Consiglio di Stato si pronuncia in materia di equit?, il che esclude qualsiasi controllo di legittimit? e di convenzionalit?. Presentando un ricorso dinanzi al giudice ai sensi degli articoli 1382 e 1383 del Codice civile (cfr. punto 31), il ricorrente aveva permesso di verificare la compatibilit? delle norme giuridiche belghe con la Convenzione, essendo la sentenza della Corte di cassazione la decisione nazionale definitiva su questo punto.
Valutazione della Corte
36. La Corte constata che la ricorrente ha proposto un’azione di risarcimento danni ai sensi degli artt. 1382 e 1383 del codice civile, da lei perseguita dinanzi ai giudici nazionali e anche dinanzi alla Corte di Cassazione, adducendo una violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione. Lo scopo del ricorso era quello di ottenere il risarcimento per l’abbattimento di 253 capi di bestiame dimostrando che l’AFSCA e la DGZ avevano commesso colpe senza le quali il ricorrente non avrebbe subito danni. La ricorrente ha quindi dato ai giudici nazionali la possibilit? di porre rimedio alla presunta violazione. Non pu? essere criticata, come il Governo, per non aver fatto ricorso anche al rimedio previsto dall’articolo 11 delle leggi sul Consiglio di Stato. Infatti, anche supponendo che tale rimedio avrebbe consentito al ricorrente di ottenere il risarcimento del danno subito, laddove un rimedio fosse stato utilizzato, non era richiesto l’uso di un altro rimedio praticamente con lo stesso scopo (cfr., tra l’altro, Micallef c. Malta [GC], n. 17056/06, ? 58, CEDU 2009, e Uzan e altri c. Turchia, n. 19620/05 e altri 3, ? 174, 5 marzo 2019).
37. Inoltre, ritenendo che il ricorso non fosse manifestamente infondato ai sensi dell’articolo 35, paragrafo 3, lettera a), della Convenzione e che non sollevasse alcun altro motivo di irricevibilit?, la Corte lo ha dichiarato ammissibile.
Nel merito
Tesi delle parti
a) Il richiedente
38. La ricorrente ritiene che l’abbattimento dei suoi bovini abbia costituito una privazione di beni ai sensi dell’art. 1, primo comma, seconda frase, del protocollo n. 1, in quanto ha portato, di fatto, alla distruzione totale, obbligatoria e irrecuperabile dei beni in questione. Di conseguenza, essa sostiene che il bestiame ? il suo “strumento di lavoro” e dovrebbe quindi beneficiare di una protezione pi? ampia. Da questi elementi si deduce che, salvo circostanze eccezionali, l’assenza di compensazione in relazione al valore del bene costituisce una violazione eccessiva del diritto di propriet?. Tuttavia, il concetto di “circostanze eccezionali”, cos? come interpretato dalla Corte, riguarderebbe solo situazioni molto rare che riguardano l’intero regime politico o economico di un paese, il che non ? il caso in questo caso. Di conseguenza, la ricorrente ritiene che la violazione dei suoi diritti sia stata particolarmente grave e che le sarebbe stato richiesto un risarcimento, almeno parziale. A tale proposito, essa fa riferimento ad altre normative con finalit? analoghe, che sanzionano il mancato rispetto degli obblighi sanitari da parte di una sanzione pi? misurata, riducendo il diritto al risarcimento senza annullarlo.
39. La ricorrente non contesta di aver commesso una serie di violazioni della legislazione vigente. Essa ritiene, tuttavia, che il mancato rispetto di talune disposizioni interne debba essere considerato alla luce delle particolari circostanze che lo spiegano e che rendono il rifiuto di risarcimento eccessivo e contrario all’art. 1 del Protocollo n. 1 nel caso di specie. Essa sostiene di aver avuto motivi legittimi, a seguito di uno screening del bestiame, per credere che gli animali fossero in piena salute e che gli aborti avvenuti tra il 1998 e il 2000 potessero essere spiegati da fattori diversi dalla brucellosi. La ricorrente sostiene che nel 1998 la brucellosi non era una malattia comune ma, al contrario, era quasi scomparsa in Belgio. A riprova di ci?, sostiene che ? stato considerato l’ultimo caso di brucellosi diagnosticato in Belgio prima di ottenere lo status di “ufficialmente libero”. Inoltre, la brucellosi ? una malattia particolarmente difficile da diagnosticare a causa del lungo periodo di incubazione.
Infine, come dinanzi ai giudici nazionali, la ricorrente sostiene che le autorit? belghe non l’hanno informata in tempo utile che un caso di brucellosi era stato individuato nell’azienda del commerciante che aveva consegnato il bestiame alla ricorrente. Di conseguenza, l’applicazione non qualificata e automatica dell’articolo 23 ? 3 del Regio Decreto del 6 dicembre 1978 ha costituito una violazione sproporzionata e ingiustificata del diritto al rispetto dei propri beni.
b) Il governo
41. Il Governo sostiene innanzitutto che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l’ingerenza in questione costituisce un controllo sull’uso della propriet? e rientra quindi nell’ambito di applicazione del secondo comma della disposizione invocata. Il bestiame ? rimasto di propriet? della societ? richiedente, che aveva il diritto di venderlo e di ricevere il – non trascurabile – prezzo del macellaio, poich? la carne proveniente da animali affetti da brucellosi ? idonea al consumo umano. Il governo sottolinea inoltre che il caso in esame si colloca nel contesto generale della lotta contro la brucellosi bovina, essendo il Belgio stato pesantemente contaminato fino alla fine degli anni ’80, cosicch? la ricorrente non poteva ignorare gli obblighi che le incombono in forza del regio decreto del 6 dicembre 1978 (cfr. punto 29). Il rifiuto di risarcire il richiedente per l’abbattimento del bestiame ? stato chiaramente motivato dalle numerose violazioni delle disposizioni regolamentari riscontrate. Tale rifiuto di risarcimento era prevedibile in quanto espressamente previsto dall’articolo 23 ? 3 del Regio Decreto del 6 dicembre 1978 (paragrafo 30 di cui sopra).
42. Il governo ricorda l’importanza della lotta contro la brucellosi bovina, che pu? avere conseguenze disastrose per la salute e per l’economia e che spiega le drastiche misure adottate dallo Stato belga per contenere i focolai individuati e per mantenere la qualifica di “ufficialmente indenne” del Belgio. Questa malattia presenta difficolt? di individuazione a causa del lungo periodo di incubazione e della lenta evoluzione dei sintomi, da qui l’importanza della seria collaborazione degli operatori per effettuare i test necessari e per attirare l’attenzione dell’ASFCA sul minimo sospetto. Il comportamento della societ? ricorrente, le molteplici infrazioni commesse nonostante il contesto generale della lotta contro la brucellosi e la gravit? dei rischi connessi costituiscono circostanze eccezionali che giustificano la mancata concessione di un indennizzo alla ricorrente. Se si fosse conformata al regio decreto 6 dicembre 1978, la ricorrente avrebbe potuto ottenere una compensazione finanziaria che le avrebbe consentito di raggiungere, dopo la rivendita al prezzo di macellazione, l’85 % del valore di sostituzione stimato del bestiame.
43. Per quanto riguarda la “perdita dello strumento di lavoro”, il Governo sostiene che il bestiame non costituiva uno strumento di lavoro ai sensi della giurisprudenza della Corte e che, in ogni caso, l’abbattimento del bestiame non era tale da rendere impossibile alla ricorrente la prosecuzione della sua attivit?, poich? essa ha potuto accogliere nuovi bovini non appena sono state revocate le misure sanitarie.
Valutazione della Corte
a) Principi generali applicabili
44. La Corte ricorda che non solo un’ingerenza nel diritto di propriet? deve essere finalizzata, di fatto come in linea di principio, ad un “fine legittimo” conforme all'”interesse generale”, ma deve anche esistere un ragionevole rapporto di proporzionalit? tra i mezzi impiegati e il fine perseguito da qualsiasi misura applicata dallo Stato, comprese le misure volte a regolamentare l’uso dei beni di un individuo. Ci? si esprime nel concetto di “giusto equilibrio” che deve essere raggiunto tra le esigenze dell’interesse generale della comunit? e la necessit? di salvaguardare i diritti fondamentali dell’individuo (Sporrong e L?nnroth c. Svezia, 23 settembre 1982, ? 69, Serie A n. 52, e Hutten-Czapska c. Polonia [GC], n. 35014/97, ? 167, CEDU 2006-VIII). Nel verificare il rispetto di tale requisito, la Corte riconosce che lo Stato dispone di un margine di discrezionalit? sia nella scelta delle modalit? di attuazione, sia nel valutare se le loro conseguenze siano legittimate, nell’interesse generale, dalla preoccupazione di raggiungere l’obiettivo della legge in questione (v., in particolare, Chassagnou e a. c.). Francia [GC], nn. 25088/94 e altri 2, ? 75, CEDU 1999-III, e G.I.E.M. S.R.L. e altri contro Italia [GC], nn. 1828/06 e altri 2, ? 293, 28 giugno 2018).
b) Applicazione al caso di specie
45. Il Tribunale rileva in primo luogo che la ricorrente ha ottenuto il risarcimento dei danni per le colpe commesse dalla DGZ in relazione a 27 bovini abbattuti e che ha anche raggiunto un accordo amichevole con tale associazione per altri 62 bovini (punti 24 e 28). Al momento dell’aggiornamento del fascicolo nel febbraio 2018, la ricorrente ha tuttavia dichiarato di voler mantenere la sua domanda nella sua interezza, nella misura in cui ritiene che le denunce fatte valere contro lo Stato belga non siano state interessate dal risarcimento parziale che ha ricevuto, poich? la maggior parte del suo danno non ? stata risarcita.
46. Il Tribunale prende atto della volont? della ricorrente di mantenere la sua domanda nella sua interezza e osserva che il governo non ha sollevato alcuna obiezione al riguardo. Stando cos? le cose, nulla impedisce alla Corte di prendere in considerazione tali fattori, se del caso, nell’esaminare la proporzionalit? delle misure contestate (cfr., ad esempio, Pinnacle Meat Processors Company e altri 8 contro Regno Unito, n. 33298/96, decisione della Commissione del 21 ottobre 1998, non pubblicata).
Sulla natura dell’infrazione
47. ? pacifico che le misure di macellazione in questione costituiscono una violazione dei beni del ricorrente ai sensi dell’art. 1 del Protocollo n. 1.
48. La Corte ha gi? dichiarato che una misura di abbattimento preventivo degli ovini per prevenire l’insorgenza di un’epizoozia di afta epizootica sul territorio nazionale equivaleva a una regolamentazione dell’uso dei beni (Chagnon e Fournier c. Francia, nn. 44174/06 e 44190/06, ? 36, 15 luglio 2010). Non c’? bisogno di decidere altrimenti nel caso immediato, poich?, come ha sottolineato il governo, i bovini macellati sono rimasti di propriet? del richiedente, che potrebbe venderli e ricevere il valore della macellazione. L’interferenza rientra pertanto nel campo di applicazione dell’articolo 1, secondo comma, del protocollo n. 1.
49. Ci? premesso, tale norma deve comunque essere interpretata alla luce del principio generale del rispetto della propriet? di cui al primo comma del primo sottoparagrafo del citato articolo (G.I.E.M. S.R.L. e altri, citato, ? 289, e Leki? c. Slovenia [GC], n. 36480/07, ? 92, 11 dicembre 2018).
Sulla giustificazione dell’infrazione
50. La ricorrente non contesta la legittimit? delle misure di macellazione e il rifiuto di risarcire i danni previsti dal regio decreto 6 dicembre 1978, n? il legittimo obiettivo di interesse pubblico da esse perseguito. Tuttavia, le parti non sono d’accordo sul fatto che tali misure siano proporzionate all’obiettivo perseguito.
51. La ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, solo circostanze eccezionali possono giustificare un totale mancato risarcimento (Jahn e altri c. Germania [GC], nn. 46720/99 e 2 altri, ? 94, CEDU 2005-VI, e Scordino c. Italia (n. 1) [GC], n. 36813/97, ? 95, CEDU 2006-V). La giurisprudenza invocata dal ricorrente si riferisce alla privazione di beni di cui all’articolo 1, primo comma, seconda frase, del protocollo n. 1. Tale criterio non ? applicabile nel caso in cui sia in discussione un provvedimento che disciplina l’uso dei beni. In tali casi, la mancanza di compensazione ? uno dei fattori da prendere in considerazione per determinare se sia stato raggiunto un giusto equilibrio, ma non pu?, di per s?, costituire una violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (Depalle c. Francia [GC], n. 34044/02, ? 91, CEDU 2010, e Malfatto e Mieille c. Francia, nn. 40886/06 e 51946/07, ? 64, 6 ottobre 2016). La Corte si concentrer? quindi sulla questione se l’abbattimento del bestiame senza indennizzo abbia trovato un giusto equilibrio, nelle circostanze del caso di specie, tra l’interesse pubblico e i diritti fondamentali della ricorrente, o se le abbia imposto un onere speciale o esorbitante.
52. La Corte rileva che il regio decreto del 6 dicembre 1978 prevede, in linea di principio, un indennizzo parziale per l’abbattimento dei bovini affetti da brucellosi. Alla ricorrente ? stato negato tale risarcimento a causa delle numerose inadempienze che le sono state commesse. Il diniego di risarcimento in tal caso ? espressamente previsto dall’art. 23, n. 3, del regio decreto, e la ricorrente non ha sostenuto di non essere a conoscenza dei suoi obblighi statutari o di non aver commesso gli inadempimenti di cui ? stata accusata.
53. Ha tentato, senza successo, di dimostrare davanti ai tribunali nazionali che le autorit? avevano commesso una serie di colpe che erano alla radice del danno che aveva subito. La sua domanda ? stata debitamente esaminata dai giudici nazionali, che hanno ritenuto, dopo aver ascoltato le argomentazioni delle parti ed esaminato tutti gli elementi del fascicolo, che il suo reclamo contro l’AFSCA fosse infondato. Cos? facendo, i giudici nazionali hanno verificato che le condizioni che giustificano una violazione del diritto di propriet?, cos? come interpretate dalla Corte, fossero soddisfatte nelle circostanze del caso di specie, in particolare che le misure di macellazione fossero previste dalla legge, che perseguissero uno scopo legittimo e che fossero proporzionate allo scopo perseguito (punti 21 e 22 supra). La Corte non trova nel ragionamento dei giudici nazionali alcun elemento che le consenta di concludere che le loro decisioni siano arbitrarie o manifestamente irragionevoli.
54. Inoltre, la Corte rileva e tiene conto, nell’esaminare la proporzionalit? delle misure contestate, del fatto che la ricorrente ha ottenuto un risarcimento finanziario per 89 dei bovini abbattuti a causa di errori commessi dalla DGZ (paragrafi 25 e 28).
55. Il fatto che altre normative simili penalizzino il mancato rispetto degli obblighi sanitari da esse previsti riducendo il diritto all’indennizzo piuttosto che escluderlo non ? tale da turbare il giusto equilibrio da raggiungere nel caso di specie tra la tutela della propriet? e le esigenze di interesse pubblico. Le autorit? nazionali dispongono di un certo margine di valutazione quando si tratta di tutelare la salute pubblica e la sicurezza alimentare sul loro territorio (Chagnon e Fournier, gi? citati, ? 57) nel determinare le sanzioni per il mancato rispetto degli obblighi sanitari, in funzione dei rischi che tale mancato rispetto comporta e delle caratteristiche delle malattie animali che tali obblighi mirano a sradicare.
56. Secondo il Tribunale, il fatto di determinare se il bestiame costituisse lo “strumento di lavoro” del ricorrente, come interpretato dalla Corte (v., in proposito, Lallement c. Francia, n. 46044/99, 11 aprile 2002), non modifica la conclusione nella fattispecie. Come ha sottolineato il governo, la ricorrente ha potuto continuare la sua attivit? accogliendo nuovi capi di bestiame non appena le misure sanitarie sono state revocate il 20 giugno 2000 (cfr. paragrafo 16). La ricorrente non ha sostenuto che ci? fosse stato impossibile o eccessivamente difficile per lei.
57. Tali elementi sono sufficienti affinch? la Corte concluda che, tenuto conto dell’importanza per gli Stati della lotta contro le malattie animali e del margine di discrezionalit? di cui godono gli Stati a tale riguardo, la ricorrente non ha dovuto sostenere un onere speciale o esorbitante a causa del rifiuto di pagare un indennizzo per l’abbattimento dei suoi bovini.
58. Di conseguenza, non vi ? stata alcuna violazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1.
PER TALI MOTIVI, IL TRIBUNALE, ALL’UNANIMIT?, RITIENE CHE NON VI SIA STATA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N. 1,
Dichiara la domanda ammissibile ;
2. constata che non vi ? stata alcuna violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 della Convenzione.
Fatto in francese e comunicato per iscritto il 12 novembre 2019, ai sensi dell’articolo 77 ?? 2 e 3 del Regolamento.
Stephen Phillips- Georgios A. Serghides
Cancelliere Presidente